Chi di noi non ha avuto, negli anni cruciali dell'adolescenza, un "migliore amico"?
Silvia Avallone ci racconta la storia di due migliori amiche, che insieme vivono un periodo della loro vita indimenticabile, che delineerà le loro personalità e il loro futuro. E nonostante il tempo, la vita, le ambizioni, le delusioni... le allontaneranno alzando muri, tutto il turbinio di emozioni e i ricordi, che quell'amicizia racchiude in sé, resteranno incisi dentro di loro anche nell'età adulta.
UN'AMICIZIAdi Silvia Avallone
La prima è rossa di capelli, nel vestire è un po' punk e non segue la moda dei suoi coetanei (preferisce nascondersi in felpe oversize con cappuccio calato in testa a nascondere il viso), ama leggere (soprattutto poesie), ascolta punk hardcore e metal, frequenta il Pascoli a T ed è la secchiona non integrata del gruppo classe, presa in giro, oggetto di risatine di scherno e senza amici.
Beatrice ha charme, ha carisma, una chioma riccia e bruna da fare invidia, un fisichetto che promette bene già da ragazzina; è intelligente e determinata, veste all'ultima moda e la sua è una famiglia benestante, di quelle che - a vederle brevemente da fuori - paiono uscite dalle riviste patinate a simboleggiare la felicità famigliare e a ricordare ai comuni mortali quanto invece essi siano brutti e insanabilmente perseguitati dalla sfiga più nera.
Elisa vive con suo padre Paolo, ingegnere informatico e docente universitario, col quale non ha un buon rapporto. O meglio, non ha mai avuto alcun rapporto, visto che ha vissuto sempre con mamma Annabella e il fratello maggiore Niccolò a Biella, fino a quel momento (ha quattordici anni nel 2000).
Ma purtroppo, essendo la sua una famiglia disfunzionale, la serenità non ha mai bussato alla porta di casa loro (o al massimo l'ha fatto ma non l'è stato aperto), e attualmente Elisa ha dovuto subire la decisione dei suoi genitori (separati da anni) di far vivere il figlio maschio (che si cala hashish e marijuana come fossero tic tac) con quella squinternata della madre (un'eterna ragazzina, incapace di prendere seriamente e con responsabilità il proprio ruolo genitoriale), mentre Elisa si trasferisce, contro la sua volontà, dal serioso e quasi sconosciuto padre.
Elisa non riesce a rapportarsi a un genitore che ha praticamente sempre sentito per telefono alle feste comandate ma che, per i figli, è stato assente.
Ma ormai questo è e si deve accontentare.
La sua vita a T procede nel più totale piatto anonimato, fino a quando la bellissima Beatrice le dà corda, le telefona, dandole addirittura appuntamento.
Un primo approccio (a dire il vero, non è esattamente il primo in assoluto, in quanto le due si sono incontrate tempo prima, su una spiaggia: due anime affrante da una situazione famigliare opprimente, in cerca di una muta e reciproca consolazione) davvero singolare, che le vede protagoniste del furto di un paio di jeans in una boutique elegante di T.
Dopo quell'episodio, tra le due nasce un legame che si farà via via sempre più saldo, rendendole inseparabili e complici, nonostante le differenze caratteriali (e non solo), anzi, forse proprio grazie ad esse.
È Bea ad aiutare Elisa a "sbocciare", a farsi avanti con il ragazzo che le piace (Lorenzo, che ricambia, tra l'altro), a fare il piercing alle labbra, a truccarsi, a vestire meglio, a provare a uscire dal bozzolo di timidezza ed invisibilità in cui è rinchiusa e ad essere più sicura di sé.
Elisa è ipnotizzata dal fascino di questa coetanea sfacciata e spontanea allo stesso tempo, alla cui ombra lei si ripara per sentirsi almeno un po' importante, per non essere più la sfigata che viene da Biella e che nessuno calcola manco di striscio; le luci scintillanti, di cui Bea brilla in modo naturale, illuminano un pochino anche lei, che accanto all'amica si sente qualcuno, fosse anche solo per osmosi.
"...sembro grigia. La magia è sempre appartenuta a Beatrice. Era lei che sfiorandomi mi rendeva interessante. Lei che irradiava un bagliore di stelle intorno."
Il racconto di quest'amicizia (che ha inizio nel 2000) è frutto di un percorso a ritroso che la protagonista e narratrice - Elisa - sta facendo con la memoria oggi (2019), in cui si è decisa finalmente a scrivere un libro (sogno riposto nel cassetto da quand'era una studentessa che buttava giù poesie tristi).
In questo suo memoir, Elisa ha posto al centro l'amicizia con Beatrice Rossetti, con cui però ha perso ogni contatto personale da ben tredici anni.
E la Beatrice di oggi non è una donna qualsiasi: è la Rossetti, quella famosa, che compare ogni giorno sulle riviste, i cui amori sono oggetto di gossip, la cui "sbrilluccicante" vita è costantemente sotto i riflettori (in tutti i sensi), a cui basta indossare un cappello perché diventi di moda o un rossetto perché vada a ruba un minuto dopo. È la Bea che tutti amano e odiano, invidiano e adorano, di cui si segue ogni scatto perfetto sui social, che sorride alle telecamere con il suo trucco perfetto, che vola da una località all'altra senza fermarsi un attimo.
Questa Beatrice non è la Bea con cui Elisa ha condiviso gli anni dell'adolescenza.
O per meglio dire..., sì, è ciò che la stessa Bea ha sempre desiderato diventare (famosa, ricca, acclamata, seguita, imitata...) ma Elisa non la riconosce, sa che dietro quella facciata c'è un passato che la Rossetti si guarda bene dal rendere pubblico.
Perché? Se ne vergogna?
Si vergogna di parlare della sua famiglia, perfetta all'esterno ma infelice e disperata dentro le mura di casa? Di sua madre, una modella mancata che ha riversato ambizioni e frustrazioni sulla minore delle figlie (Bea, appunto)? Si vergogna di dire che con il padre non ha alcun rapporto e che lo odia? E che dire di quel suo primo amore, Gabriele, un operaio con la fissa del motocross, bello sì ma analfabeta e senza futuro? Anche di Elisa si vergogna di parlare? Di dire quanto fossero legate e che lei ha addirittura vissuto un periodo a casa di quest'amica mezza punk e disagiata, e con il padre di lei, un prof universitario fissato con internet e sempre chiuso in casa?
Elisa scrive, trascorre ore al pc buttando giù parole, vecchi ricordi chiusi nel cassettini segreti della sua memoria, e che, nel diventare parole, riacquisiscono forza, vitalità, senso e valore.
Scrive di sé, di com'era impacciata e goffa, arrabbiata con il mondo (in primis con suo padre, soprattutto perché questi cercava in tutti i modi di abbattere il muro di risentimenti e diffidenza della figlia); di sua madre, creatura incomprensibile e bizzarra, desiderosa di indipendenza e leggerezza ma costretta dalla vita a gestire due figli strani quanto lei. Una madre non sempre attenta, spesso fatalmente distratta, eppure così amata da Elisa, che ha faticato e sofferto molto nel recidere il cordone ombelicale che le legava.
Scrive di Lorenzo, il primo (ed unico?) amore della sua vita, con il quale era convinta di poter stare per sempre.
Ma soprattutto scrive di lei, di Bea, del loro rapporto fatto di pazzie adolescenziali, di risate e pianti, di abbracci e litigate, di silenzi e squilli per far pace, di andate e ritorni - perché Bea era così: un'onda anomala, che s'alzava, travolgeva tutti, inondava tutto, e poi si ritirava... per poi tornare più forte di prima.
"...non posso prescindere da quello che la ragazzina dei miei diari è diventata: un personaggio pubblico, di quelli ingombranti. Anzi, direi che più ingombrante di te, al mondo, non c’è nessuno."
Scrivendo, la schiva e solitaria Elisa - la cui vita attuale è tornata al grigiore e alla noia di quand'era la ragazzina spaesata e invisibile prima di conoscere Bea - si prende, in un certo senso, la propria rivincita; è come si dicesse al mondo: Sicuri di conoscere davvero la famosa Beatrice Rossetti? Sicuri che ella sia semplicemente la bellona senza mai un riccio fuori posto che ammirate sulle copertine e sui social? In realtà, nessuno di voi la conosce realmente! Io invece sì, e avrei tanto di qual materiale da offrire che si potrebbero riempire colonne e colonne di riviste di gossip!
Ma Elisa non scrive per svendere la propria ex-amica, per vendicarsi dei tredici anni di silenzio e per la ragione per la quale le due si sono allontanate; no, scrive per mettersi in gioco, fare i conti con se stessa affidando alle parole il potere di restituirle tutta la complessità e le contraddizioni di due persone che hanno fatto un pezzetto di strada insieme, che si sono perse ma che, Elisa lo sente, restano irrimediabilmente legate; due donne con le loro storie, che non vengono mostrate al mondo ma che pure, silenziosamente, restano dentro e parlano di chi siano realmente.
Di anno in anno, Elisa ha provato con tutta se stessa a rimuovere questa amicizia, a coprirla "con gittate di cemento", a fingere che non sia mai esistita. Ha senso tentare di riportarla in vita attraverso fiumi di parole, scavando nei ricordi?
Leggiamo la storia di quest'amicizia speciale che, dopotutto, è come tante altre; anzi, è una delle tante possibili, ma che a modo suo ha sostenuto le due protagoniste quando sono state talmente fragili da rischiare di rompersi; peccato che però, a un certo punto, qualcosa tra loro si è spezzato.
"il lutto per un’amicizia finita non si risolve. Non c’è modo di curarlo, rielaborarlo, chiudere e andare avanti. Rimane lì, piantato in gola, a metà tra il rancore e la nostalgia."
E nonostante il dolore, a quasi trentaquattro anni Elisa lo ha imparato:
"...non si vive, e non si cresce, senza passare attraverso un’amicizia sbagliata".
Quindi finisce così, come un voler portare semplicemente a galla un passato ormai morto - che sarà stato pure complicato e difficile per tanti versi, ma comunque vivo, reale, bello, pieno -, tanto per sottolineare il piattume del proprio presente, le assenze mai colmate, gli amori interrotti e i modesti obiettivi raggiunti?
L'amicizia con Bea è persa per sempre e vive solo nei ricordi e, adesso, nelle pagine di questo libro?
Molto bello questo romanzo dell'Avallone, l'ho letto con molto interesse e coinvolgimento; mi sono piaciute le due amiche dai caratteri contrastanti ma che pure si incastravano alla perfezione; la loro psicologia viene fuori benissimo e così pure i loro conflitti interiori, emotivi, non solo personali ma in special modo famigliari: non è facile nascere in alcuni tipi di famiglie, così anomale, "malfunzionanti", che per assurdo funzionano solo in quel modo "sbagliato, arrangiato, strano."
Un bellissimo ed emozionante romanzo di formazione che ci ricorda quanto crescere e diventare adulti sia una delle sfide più complicate da affrontare ma anche la più incredibile.
Assolutamente consigliato; la penna dell'Autrice scivola sulle pagine con una leggerezza e una maestria nel tratteggiare i propri personaggi, tali da rendere questa lettura, di certo non breve, straordinariamente agile e appassionante.
Nota: nel leggere del rapporto tra Bea ed Eli, in cui una "domina" sull'altra, che ne è quasi soggiogata, il pensiero è andato a un'altra amicizia letteraria, forse più famosa e celebrata (per via anche della serie tv, in onda in queste settimane sulla Rai) ma non vi nego che ho preferito questa a quella... geniale. 😉
Ciao Angela, della Avallone ho letto solo, molti anni fa, "Acciaio" e purtroppo non mi era piaciuto... questa storia però mi incuriosisce molto e magari prima o poi la leggerò ;-)
RispondiEliminaConosco Acciaio di fama (mi pare che ci sia anche il film) ma non mi sono mai sentita particolarmente attratta da leggerlo.
EliminaQuesto mi è piaciuto!!
Ciao Angela,anch'io holetto Acciaio e ricordo lo stile coinvolgente dell'autrice con cui affrontava temi importanti i problemi degli operai che lavoravano nell'acciaieria a Piombino. Anche in quel romanzo le protagoniste sono due ragazze adolescenti e i loro sogni. La resa dei conti sarà dolorosa ma necessaria. Mi par di capire che anche "Un'amicizia" affronta il tema delle difficoltà che le due giovani protagoniste dovranno affrontare per approdare all'età adulta. Prendo nota :)
RispondiEliminaCiao Aquila!!
EliminaGrazie per avermi dato dei dettagli su Acciaio, che non conoscevo.
Sì, è proprio così circa Un'amicizia. 😉