lunedì 18 agosto 2025

Recensione || NEVER FLINCH. LA LOTTERIA DEGLI INNOCENTI di Stephen King



Un uomo, accusato ingiustamente di un reato che non ha commesso, viene ucciso in carcere; un serial killer decide di vendicarne la morte uccidendo un certo numero di innocenti.
L'investigatrice privata Holly Gibney dà il proprio prezioso contributo alla polizia per individuare l'assassino ma questi non sarà l'unico uomo a cui darà la caccia: una femminista, che ha assunto Holly  come guardia del corpo, sta ricevendo pericolose minacce da uno stalker mosso da uno spirito religioso decisamente fanatico.



NEVER FLINCH. LA LOTTERIA DEGLI INNOCENTI
di Stephen King


Sperling&Kupfer
trad. L. Briasco
512 pp
Quando l'ispettrice Izzy Jaynes e tutto il dipartimento di polizia di Buckeye si vede recapitare una lettera in cui un certo Bill Wilson (nome sicuramente falso) minaccia una diabolica missione di espiazione, capiscono sin da subito di essere di fronte ad un'indagine oscura e pericolosa. 
Tale Wilson promette vendetta: ha intenzione, infatti, di uccidere tredici innocenti e un colpevole come riscatto per «l'inutile morte di un innocente».
L'innocente cui fa riferimento il killer è Alan Duffrey, accusato e condannato per possesso di materiale pedopornografico; l'uomo è stato ucciso in prigione e della sua morte - frutto di un clamoroso errore giudiziario - qualcuno deve rendere conto e pagare lo scotto.
Il "signor Wilson" non toglierà la vita a chi materialmente ha contribuito a condannare ingiustamente un innocente, bensì si vendicherà a sua volta su degli innocenti.

"Quando avrà finito, il mondo intero saprà che se un innocente muore, altri innocenti devono morire insieme a lui. È l’unica espiazione davvero perfetta.
«Perché i colpevoli soffriranno»"

Purtroppo, come avremo modo di constatare nel corso della lettura, il killer sceglie a caso le proprie vittime; esse non hanno alcun collegamento né con Duffrey né con il vero colpevole del reato contestato a Duffrey (e che ha deciso di confessare per ragioni egoistiche e perché è in una condizione in cui "non ha più nulla da perdere"...) né con il giudice o la giuria che ha emesso sentenza.

Il nome vero del serial killer lo conosceremo molto più in là, ma ciò che ci viene detto è che spesso - in taluni contesti, come durante le riunioni degli Alcolisti Anonimi cui partecipa - si fa chiamare Trig.
 
Ovviamente - proprio come Bill Wilson - anche Trig è un soprannome per cui Izzy e la sua amica detective Holly Gibney devono assolutamente individuare l'identità che si cela dietro questi pseudonimi; non solo, ma devono capire come si muove, se c'è un minimo di criterio nella scelta delle vittime innocenti e, soprattutto, perché lo sta facendo.
Sì, certo, la motivazione ufficiale e dichiarata è vendicare Duffrey... Ma perché l'assassino ha così a cuore il caso? È forse un parente o un amico di Duffrey? Cosa lo lega all'ingiusta condanna di cui quell'uomo è stata vittima?

Parallelamente, seguiamo le vicende turbolente di Kate McKay, attivista dal notevole carisma, simbolo di una nuova ondata di femminismo, che tiene numerose ed affollatissime conferenze in diversi stati, "predicando" con fervore soprattutto sul diritto delle donne di poter decidere della propria vita e del proprio corpo, ad es. in merito all'aborto. 

Le sale in cui Kate - seguita ed assistita dalla sua stretta e fedele collaboratrice, la giovane Corrie Anderson - va ad urlare con passione e convinzione "Potere alle donne!", si riempiono ovviamente di sostenitori ed estimatori dell'attivista ma anche di detrattori ed in particolare di frange di cristiani estremisti che la ritengono un'assassina di feti e, di conseguenza, una donna pericolosa, portatrice di messaggi diabolici e contrari alla fede cristiana.
Tra questi cristiani si acquatta, nell'ombra degli angoli meno illuminati delle sale, qualcuno più fanatico di altri che è intenzionato a mettere a tacere la McKay, costi quel che costi. 
All'inizio si tratta solo di piccoli sabotaggi, ma presto il pericolo si fa reale e proprio Holly viene chiamata da Kate per proteggerla facendole da bodyguard.

La Gibney, quindi, si muove tra due casi che viaggiano su due binari distinti e distanti ma che, a un certo punto, si incroceranno: da una parte, Holly vuole essere d'aiuto all'amica Izzy, cercando di ragionare con lei su come arrivare a capire chi si celi dietro il nomignolo Trig, dall'altra deve fare i conti con una datrice di lavoro - Kate - che è bella tosta, una donna altamente sicura di sé, che quasi si sente imbattibile e inaffondabile, ma che dovrà accettare, suo malgrado, come il suo stalker sia tenace e determinato almeno quanto lei, e che quelli che, inizialmente, erano solo dei dispettucci (per quanto comunque già sgradevoli e, in una certa misura, pericolosi), man mano diventano dei reati che mettono a rischio la vita sua, di Corrie, della stessa Holly e del fiume di gente che va ad ascoltare (per osannarla o insultarla) la McKay.

La narrazione segue la prospettiva dei numerosi personaggi che, in vari modi e per diverse ragioni, sono coinvolti nelle vicende riguardanti i due casi (Trig/Kate), compresa quella del criminale che ha architettato questa sanguinosa "lotteria degli innocenti".

Trigg è una persona intelligente, scaltra, che, nell'organizzare la sua malvagia missione omicida, si sforza di stare attento a non lasciare tracce del proprio passaggio sulle varie (e, il più delle volte, estemporanee) scene del crimine, ma ha un enorme problema: è una personalità disturbata e in ogni momento (tanto più in quelli cruciali) sente la voce sprezzante di suo padre (morto) che lo prende in giro o lo rimprovera, fatto che lo manda in ansia e che innesca rabbia e frustrazione, così da porlo in una condizione di estrema violenza ma anche di vulnerabilità.

E quando si è vulnerabili, è più facile commettere errori e sviste, e se poi sulle tracce del serial killer c'è una riflessiva Holly, che non smette di rimuginare su particolari e dettagli ambigui fino a quando non le si accende la lampadina, c'è da star certi che presto o tardi si arriverà al colpevole.

C'è solo da sperare di non arrivare troppo tardi e che il serial killer non finisca per portare a termine il proprio malefico piano criminale...

Cosa dire di questo romanzo?

Premessa n.1: non ho letto molti libri di King, anzi, ne ho letti decisamente meno di quanto avrei voluto, il che non mi rende un'esperta della produzione letteraria kinghiana.
Premessa n.2: so che Holly è presente in altri romanzi precedenti a questo, e così pure altri personaggi che compaiono qui, ma io non ho mai letto null'altro, prima, con Holly Gibney.

Detto questo, onestamente mi tocca ammettere che per almeno metà libro mi sono quasi... annoiata; ho trovato il ritmo lento, troppo dilatato, ciò che veniva raccontato - nonostante ci fosse questo serial killer  in giro ad ammazzare gente a caso - non mi coinvolgeva, non mi dava suspense, non mi sembrava proprio granché, ecco, forse perché mi sono accostata a questo romanzo con l'idea che, essendo scritto dal maestro dell'horror (lo so che Never flinch non è horror e non mi aspettavo lo fosse), risultasse appassionante, con personaggi che mi inchiodassero al testo e che fossero, se non malvagi sino al diabolico, quanto meno interessanti, impattanti.

Ora, riconosco che Holly non è male come personaggio principale: una donna over 50, coi capelli brizzolati, minuta e tanto, tanto insicura, con numerose fragilità e con una bassa autostima, che però riesce a tirar fuori intuizioni importanti per risolvere i casi ai quali lavora. Mi è sembrato un personaggio complesso, ben costruito e questo mi è piaciuto.

Trig, invece, che comunque è principale anch'egli in questo thriller (poco "thrilleroso", ahimè), mi ha convinto poco, l'ho trovato piatto e privo di mordente, artificioso, insomma non mi ha stupito né in bene né in male.

L'idea di base è carina, un po' meno interessante la storia parallela della femminista invasata (al pari dei fanatici religiosi che la vogliono morta) e che va in giro urlando in nome del potere alle donne; anche lo stalker che la pedina (di cui conosceremo la storia personale) non mi ha conquistata.

Insomma, nel complesso devo dire che questo romanzo non mi ha entusiasmata, l'ho trovato debole su molti fronti, privo di tensione per la maggior parte della trama; si salva nelle ultime cento pagine, in cui il ritmo si fa più dinamico, si sente l'adrenalina dovuta alla corsa contro il tempo per fermare Trig e verso la fine, infatti, la mia attenzione ha avuto un picco verso l'alto.
Finale criptico e, per questo, positivo.

Salvo il romanzo per l'ultima parte, che mi ha coinvolta maggiormente; purtroppo per 2/3 non mi ha presa, come dicevo, e non ho mollato per testardaggine mia.

Ultima confessione: mentre leggevo, spesso mi son ritrovata a chiedermi: ma l'ha scritto davvero Stephen King?????

Senza infamia e senza lode.
Non lo consiglio spassionatamente, ma solo a chi ama King a prescindere.




sabato 16 agosto 2025

Recensione// IL CANTO DEGLI INNOCENTI di Piergiorgio Pulixi

 


In questo primo volume della serie "I canti del male", il commissario Vito Strega deve vedersela con due casi complessi e di non facile soluzione.
Il primo ha a che fare con una serie di omicidi compiuti, senza ombra di dubbio, da dei ragazzini...
Il secondo, invece, ha al centro Vito stesso: egli costituisce per sé stesso il più importante caso da risolvere per poter essere un uomo davvero libero da tormenti e demoni interiori e tornare a svolgere il suo lavoro con professionalità, sostenuto da un'intuizione geniale che lo rende unico e indispensabile.


IL CANTO DEGLI INNOCENTI
di Piergiorgio Pulixi


Bur Rizzoli
264 pp

Vito Strega è giunto ad un momento piuttosto critico della sua vita personale e professionale.

Commissario di polizia tanto brillante quanto misterioso e tormentato, ha di recente commesso, mentre era in servizio, un'azione grave (di quelle che i colleghi difficilmente dimenticano o perdonano del tutto) che potrebbe costargli la carriera, per non compromettere la quale è costretto ad accettare di andare in analisi.
"Punizione" che non gli è affatto nuova ma questa volta, con la  tenace e determinata dottoressa Livia Salerno, sembra andare leggermente meglio, nel senso che quanto meno la psicologa ha un minimo di accesso alla personalità complicata del poliziotto, conoscenza necessaria, del resto, perché lei possa, al termine delle loro turbolenti sedute, dichiarare se Vito Strega sia o no idoneo ad essere reintegrato e riammesso in servizio.

E di lui c'è un gran bisogno perché in città si sta verificando, a una velocità preoccupante, una sfilza di omicidi efferati di cui si conoscono i colpevoli... eppure...

L'ispettrice Teresa Brusca, che si occupa del caso e che deve portare risultati il prima possibile all'iracondo vicequestore Palamara, sa di aver bisogno del punto di vista del collega Strega, e infatti non esita a chiedergli pareri e ad esporgli ciò che si sa degli omicidi, nonostante l'uomo sia momentaneamente sospeso.

La situazione è questa ed è semplice e chiara: alcuni ragazzini (anche molto giovani, persino tredici anni)  si stanno rendendo autori, a pochissimi giorni l'un dall'altro, di violenti assassinii a danno di adulti a loro vicini.
Cosa spinge questi minori a commettere tali reati e ad andarne fieri, tanto da mettersi a ridacchiare o a rispondere con indifferenza a chi li interroga?

In teoria, i casi parrebbero di immediata soluzione in quanto l'identità di ogni assassino è nota oltre ogni ragionevole dubbio, ma Strega è del parere che chiudere tutto troppo velocemente sia un grande errore.

Questa scia di delitti, compiuti da ragazzini dal volto angelico e lo sguardo imperscrutabile,  è un mistero inquietante che da subito coinvolge Strega, che non riesce a non indagare e a non rifletterci su anche se non gli toccherebbe.

Sostenuto dall'amica e collega Teresa Brusca (che ha un'infatuazione per lui...), Vito si sforza di far caso a dettagli, di farsi domande e cercare piste per risalire all'origini di tutto, rispondendo in primis a un interrogativo imprescindibile: e se dietro questi crimini commessi tutti da minorenni ci fosse un intreccio ben più oscuro di ciò che appare?
E se ci fosse una mente diabolica che sta armando la mano di questi ragazzi? Quale "burattinaio" si nasconde dietro la loro furia? Quale "missione" sta perseguendo e perché?

Parallelamente all'indagine - che vede Vito e Teresa mettersi sulle tracce dei giovanissimi killer, cercando di conoscere i contesti da cui provengono e le ragioni che si celano dietro ai loro folli gesti -, Strega porta avanti anche una propria privata battaglia: quella contro sé stesso e il suo amore verso l'ex-moglie, Cinzia.

Cinzia l'ha lasciato perché negli anni Strega era cambiato, dandosi anima e corpo al proprio lavoro, finendo per trascurare ogni altro ambito dell'esistenza personale e di coppia.

Il suo lavoro ha marchiato l'anima di Strega, rendendolo cupo, tormentato dai casi da risolvere, dai criminali da acchiappare, per non parlare di quel maledetto e persistente "canto degli innocenti", il costante e atroce lamento, che gli riempie la testa, di tutte quelle vittime che gli chiedono di non lasciarli soli, di dare loro giustizia.
E Vito Strega prende sul serio ogni indagine e sa come attingere sia alla sua vasta conoscenza ed esperienza in materia filosofica, psicologica e criminologica, sia a quel formidabile intuito che lo rende capace di risolvere i casi più spinosi.

Ma tutta questa dedizione non poteva non influire sul matrimonio con Cinzia, la quale a un certo punto si è decisa ad interrompere la relazione con Strega e attualmente sta con un altro uomo.

Se lei è riuscita ad andare avanti e a rifarsi una vita senza Vito, quest'ultimo non si dà pace, sente di amare ancora Cinzia e non immagina un futuro senza di lei.

Vito è un uomo dal fisico imponente, statutario, affascinante e riservato, la cui aurea di mistero lo rende, agli occhi di molte donne, pieno di carisma, intrigante, insomma un uomo tutto da scoprire.

Ma Vito ha il cuore impegnato e occupato dall'amore per Cinzia e sono solo tre le donne che attualmente possono avvicinarglisi e offrirgli amicizia e compagnia: la signora Ada e l'adolescente Jessica (sue vicine di casa) e l'imprevedibile e snob gatta Sofia.

A dire il vero c'è un'altra donna che fa capolino, apparentemente in modo casuale, nella sua vita: si chiama Marina e Vito Strega diventa ben presto la sua ossessione...


"Il canto degli innocenti" è un noir psicologico che mi è piaciuto moltissimo in quanto unisce un'indagine interessante, con dei killer così giovani da rendere tutto più sinistro e inquietante, e la storia personale del protagonista, un uomo brillante e perspicace, devoto e appassionato nello svolgimento della propria professione, che nasconde nell'animo profonde cicatrici, traumi mai risolti, rimpianti e fragilità che lo rendono la persona complessa che è, umanamente travagliata ma professionalmente affidabile e di certo molto empatica quando si tratta di dedicarsi con tutta sé stessa a un caso e alle persone coinvolte.

Vito Strega è un personaggio che ho già imparato ad apprezzare e amare, lo trovo davvero molto ben tratteggiato nel suo essere sia fragile e dilaniato da malesseri interiori che intelligente, intuitivo e combattivo quando c'è da individuare e fermare criminali.
Come ormai dico sempre, la scrittura di Pulixi è tanto tanto scorrevole, i capitoli sono relativamente brevi, i personaggi interessanti e si procede nella lettura ad un ritmo incalzante.

Non posso che consigliarlo.



Romanzi recensiti (in cui c'è Vito Strega):

lunedì 11 agosto 2025

PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA



Un paio di anteprime che hanno attirato la mia attenzione.


L'ULTIMO BALLO
di Mark Billingham


Fazi Ed.
trad. S. Terziani
360 pp
19 euro
USCITA
2 SETTEMBRE 2025
A Blackpool, cittadina sul mare nella contea del Lancashire, il detective Declan Miller è tornato al lavoro dopo un periodo di lutto; sua moglie Alex, collega investigatrice e compagna di ballo amatoriale, è stata assassinata in circostanze misteriose. 

Al rientro, Miller trova la nuova partner Sara Xiu, giovane detective appassionata di heavy metal e motori. 
Alla coppia viene affidata l’indagine su un duplice omicidio: due uomini sono stati uccisi al Sands Hotel, in due stanze a pochi metri l’una dall’altra, con la stessa modalità, un colpo di pistola in fronte. 
A destare agitazione nelle forze dell’ordine e nello stesso Miller è il fatto che una delle vittime sia il giovane Adrian Cutler, rampollo di una famiglia malavitosa. 
I primi indizi suggeriscono che ci siano di mezzo un sicario e un lavoro mal riuscito. 

Miller inizia a indagare con i suoi metodi non sempre ortodossi e riallaccia i contatti con la sua vecchia rete di conoscenze: gli amici del gruppo di ballo, l’informatrice senzatetto Finn e persino il fantasma della moglie, che continua a comparire nella sua cucina. 
Il fatto che Alex prima di morire stesse indagando sulla famiglia Cutler complica le cose e, mentre Miller si avvicina alla verità, si rende conto che il pericolo è in agguato anche per lui.


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Come riportato dalla pagina facebook dedicata alla amata e indimenticata scrittrice Lucinda Riley, ad ottobre verrà pubblicato da Giunti Editore L’ULTIMA CANZONE D’AMORE di Lucinda Riley.


Negli anni ’90, Lucinda pubblicò questa storia dal titolo Losing You con il nome Lucinda Edmonds.
Il romanzo, quindi, rinasce con una nuova anima, grazie al lavoro appassionato del figlio Harry Whittaker, in una versione rieditata. 

Proprio come ha fatto con Atlas – La storia di Pa’ Salt, Harry ci regala di nuovo la voce di sua madre.


L'ULTIMA CANZONE D'AMORE
di Lucinda Riley



Anni ʼ60. Con e Orla scappano dalla selvaggia e provinciale Irlanda e giungono a Londra convinti di 
Giunti ed.
22 euro
USCITA
21 OTTOBRE 2025

poter realizzare i propri sogni.
Con è un bravissimo musicista e sa di potercela fare. All’inizio è molto difficile, i soldi guadagnati cantando per strada o in metropolitana non bastano neanche per il latte.
Ma è solo questione di tempo e finalmente un giorno accade il miracolo: Con è notato da una band che sta cercando un bassista. È fatta! 
Mentre lui comincia a calcare i palcoscenici di pub e locali scrivendo le sue canzoni, Orla trova la sua strada come modella. La fama è immediata, anche se tutto ha un prezzo… 

1986. I Fishermen hanno accettato di tornare a suonare insieme per un grande concerto di beneficenza allo stadio di Wembley. Ma il quarto membro della band, Con Daly, rubacuori e portavoce di una generazione, è scomparso ormai da diciassette anni, a seguito di un atto di violenza estrema e apparentemente inspiegabile. 
Solo una persona ha la possibilità di svelare il mistero di quella notte, perché se Con dovesse riapparire prima che la verità venga a galla, la storia potrebbe ripetersi con conseguenze ancora più tragiche. 

Dall’Irlanda a Carnaby Street, nel cuore della Swinging London si consumano le storie d’amore e passione, gelosia e vendetta, di protagonisti cui ambizione sfrontata, bellezza e gioventù non vi lasceranno indifferenti.



sabato 9 agosto 2025

[ Recensione ] IL RAGAZZO CON LA KEFIAH ARANCIONE di Alae Al Said



Un palestinese con i capelli arancioni, e con una kefiah dello stesso colore quale accessorio distintivo, non se ne vedono di frequente ma sono i tratti che rendono speciale ed unico il protagonista di questo romanzo, in cui leggiamo una storia di amicizia che si staglia sullo sfondo della storia di un popolo di cui oggi, forse più che mai, sentiamo parlare e leggiamo quotidianamente.



IL RAGAZZO CON LA KEFIAH ARANCIONE
di Alae Al Said




Ponte alle grazie
484 pp
Quando, nel 1994, Loai Qasrawi, palestinese nato e cresciuto ad Al Khalil, in Cisgiordania, si ritrova davanti un giornalista americano venuto per ascoltare la storia della sua fabbrica di kefiah, comincia a parlare di sé, a raccontare la propria storia e quella di un amico carissimo il cui dolce, e insieme amaro, ricordo è strettamente legato a una kefiah arancione. 

Negli anni Sessanta Loai è un ragazzino dai capelli rossi, dalla corporatura minuta e dal carattere timido; portato per lo studio, è uno di quegli studenti che a scuola si distinguono per essere brillanti, attenti, diligenti nei compiti ma non a tutti piace questa sua naturale inclinazione ad essere il primo della classe.

Ad esempio, non piace ad Amir, un compagno di classe che - chissà perché, poi!? - lo detesta con tutto sé stesso, non tanto perché Loai è bravo ma per via dei suoi capelli arancioni.
I suoi capelli fiammeggianti spiccano su quel corpo, agli occhi dei compagni prepotenti, insignificante, e costituiscono una sorta di richiamo perché il tranquillo Loai divenga un facile bersaglio per atti feroci di bullismo.
Non solo, ma ad essere motivo di dileggio sono anche le kefiah realizzate dall'azienda della famiglia di Loai, che produce tra l'altro bellissime e particolari kefiah di colore arancione.

Non passa giorno senza che Loai non venga preso di mira da Amir&co., i quali lo tormentano, lo umiliano e lo rendono oggetto di scherno con i loro comportamenti scorretti e perfidi, che vanno ben oltre i semplici dispetti tra compagni di classe.

E gli adulti attorno - tranne la giovanissima e bella insegnante di Matematica - sembrano non farci caso, declassando tutto a innocenti ragazzate; a casa, se la mamma e il fratello maggiore di Loai danno importanza alla sofferenza del ragazzo (il quale comincia addirittura a odiare la scuola, proprio lui che è sempre stato il tipico secchione), il padre è oltremodo irritato da questi piagnistei ed è convinto che questi episodi che fanno piangere il figlio, in realtà gli torneranno utili in quanto lo renderanno uomo e più pronto ad affrontare la vita, che è dura e aggressiva. 

La consolazione che Loai non riesce a trovare in classe e neppure in casa, la trova casualmente per strada, una mattina in cui ha marinato la scuola, ed ha il nome e il volto di un ragazzino poco più grande di lui: Ahmad.

L’incontro con Ahmad, ragazzo povero ma forte e sicuro di sé, che soffre per una difficile situazione famigliare (che lo porta a stare il più possibile lontano da casa) gli offre una via di fuga e un modo per accettarsi: insieme condividono sogni di riscatto, si aprono, si raccontano, si sfogano e nasce un’amicizia speciale, di quelle che capitano poche volte nella vita e che sembrano davvero destinate a durare per sempre.

La loro amicizia si fa ogni giorno più stretta e vigorosa, è un punto di riferimento per entrambi, aiutandoli ad affrontare con più coraggio i piccoli, grandi problemi della vita, e anche se qualche screzio non mancherà e sembrerà allontanarli, il legame che li avvicina è troppo forte per essere spezzato.

 

" quell’amico gagliardo, fragile, orgoglioso e sognatore, ogni volta si scopriva emozionato al pensiero di rivederlo. Anche se si era trovato dei buoni compagni e la sua vita era cambiata, un’amicizia come quella non gli si ripropose mai più."


Negli anni dopo la scuola, i due si perdono di vista ma le loro strade tornano ad incrociarsi - sempre apparentemente per un puro caso - nel corso di un periodo storico tra i più dolorosi per i palestinesi.

Loai e Ahmad vivono, prima con speranza e poi con angoscia, gli eventi che conducono alla Guerra dei sei giorni, al termine della quale Israele avrà conquistato Cisgiordania, Striscia di Gaza, il Sinai e le Alture del Golan, assumendo il controllo di territori abitati per lo più da arabi palestinesi.  

Si apre una nuova e ancor più drammatica fase dell'occupazione israeliana: la prepotenza e la violenza - proprio come, in piccolo, era successo al giovanissimo Loai negli anni della scuola - si abbattono spietate sui due smarriti amici e sull’intero loro popolo; Loai ha di nuovo Ahmad al suo fianco, ma la realtà in cui vivono è troppo dura e la tragedia è dietro l'angolo, non solo per loro due ma per tutte le famiglie palestinesi che si vedono piombare in casa militari israeliani, che si vedono cacciati dalle loro case, che si vedono puntare addosso fucili, arrestati, maltrattati nel corpo e nell'anima, uccisi.

"Cosa si prende da una casa poco prima di diventare profughi? Cosa si prende con sé poco prima di diventare esuli, di raggiungere una tenda in cui si passerà il resto della propria esistenza, lontano da tutto, anche da sé stessi?"
" Non sarebbero state le foto e neanche tutte quelle cose ammassate dentro le lenzuola a ricondurla alla casa. Sarebbero state le chiavi. Giacché le chiavi riassumono l’essenza di un’abitazione: chiudono e riaprono eternamente la culla della  memoria. Sarebbero tornati, presto sarebbero tornati, si disse. E anche se gli invasori avessero cambiato la serratura, non importava, quelle chiavi avrebbero custodito i ricordi impressi tra quelle mura."

I dolorosi giorni della Nakba (catastrofe) di diciannove anni prima, ancora impressa nella memoria dei palestinesi, sembrano non dover finire mai e tra queste pagine avvertiamo con forza tutta la sofferenza di un popolo costretto a vivere sotto occupazione in casa propria.

Il bullismo subito dal protagonista quando era solo un ragazzino si riflette, in scala maggiore, nella violazione dei diritti del popolo palestinese da parte della potenza occupante, Israele.


Il ragazzo con la kefiah arancione è un romanzo che commuove, emoziona, fa riflettere grazie ai temi presenti e alla genuina intensità con cui vengono trattati: l'amicizia, il bullismo, i legami famigliari, le tradizioni e l'attaccamento alle proprie radici, le ingiustizie, la sumud (perseverare nella resistenza; cosa che ai palestinesi riesce parecchio bene), la resistenza (che inevitabilmente implica la lotta), il perdono, e tutto sullo sfondo di una terra martoriata e di un popolo che nella capacità di resistere ha mostrato la propria forza, rivendicando tenacemente il diritto alla propria terra.

L'autrice è stata molto brava e convincente nella costruzione dei personaggi (principali e secondari), dei quali comprendiamo i caratteri, le aspirazioni, le fragilità, del contesto storico e del periodo di riferimento (dal 1961 al 1994) e dà modo al lettore di ripercorrere alcuni tratti salienti del cosiddetto "conflitto arabo-israeliano".

Toccanti le parole usate da un giovane Ahmad nel riflettere sul significato che cela la trama della kefiah palestinese:

«Guardatela, non vi sembra una recinzione? Il loro progetto (degli israeliani) è rinchiuderci dentro una grande prigione. È già successo con i profughi del Quarantotto, sono isolati e dimenticati. Quindi, la recinzione sulla kefiah potrebbe essere la metafora del dramma palestinese»."

 

La kefiah racconta l’aspirazione alla libertà; indossandola, i palestinesi sentono di appartenere a qualcosa di più grande, affermano semplicemente di esserci, di esistere.

"Ed essere, avere dei diritti, uno stato in cui possano riconoscersi, è l’unica cosa che vuole questo popolo".


Lo consiglio, è un libro che non lascia indifferenti, tanto più che sotto i nostri occhi si sta consumando un genocidio a  danno dei palestinesi.


Citazioni


"la rida, una richiesta di benedizione che i figli fanno ai propri genitori: è un promemoria del desiderio di essere accettati. Erda alay significa ‘accettami per ciò che sono, con i miei errori e le mie debolezze
di figlio’, significa ‘sii grato per ciò che sono, nonostante tutto. Anche se a volte posso sembrare ingrato, distante o assente’. Erda alay è una supplica per l’accettazione e la gratitudine, un invito a trovare pace in un dono divino. È il desiderio umile di un figlio di sentirsi accolto e amato tra le braccia dei propri genitori. Significa ‘perdonami, accettami, concedimi la tua benedizione e chiedi a Dio di benedirmi’.
A questa richiesta, il genitore risponde Allah yerda alek, che significa ‘che Dio ti conceda il perdono e la benedizione, perché io lo farò’. È un momento meraviglioso, perché la preghiera di un genitore a Dio è inappellabile. Erda alay significa anche ‘non andare contro di me, non lamentarti di me davanti a Dio’. Annulla ogni rancore, ogni risentimento."

" a volte i sogni più belli li conserviamo nei luoghi più lugubri, inaspettati. Perché non ci crediamo abbastanza, perché ci sembrano impossibili."

" Ché non si muore mica quando si smette di respirare, si muore quando qualcuno ti strappa di dosso la dignità."

"se non si è liberi, non si può vagheggiare. Che la libertà è la chiave dei sogni, che solo una volta raggiunta si può pensare a sé stessi."

"Come era possibile che tutto stesse accadendo come diciannove anni prima? Non aveva vissuto la Nakba, eppure la Catastrofe era così nitidamente impressa nella sua memoria. Non quella personale, ma quella collettiva arrivata fino a lui. Alcune esperienze, alcuni momenti storici restano indelebili, sono così traumatizzanti che inglobano, si mangiano, tutti gli altri ricordi. Divengono il pilastro, la rappresentazione che  abbiamo di noi stessi, le nostre radici, l’essenza di cui ci nutriamo e di cui si nutre la comunità. L’esilio forzato, il racconto della Nakba, tramandato da nonno a nipote, e di casa in casa, era divenuto l’elemento caratterizzante dell’identità di ogni palestinese. Anche chi non l’aveva vissuta poteva rammentarla, sentire quella ferita. Si dice che il vagito di un neonato palestinese sia più forte di quello degli altri bambini della terra; forse perché lo strappo dall’utero materno gli ricorda lo strappo dei suoi avi dalla terra natia.
Assorbiamo la storia del nostro popolo dal cordone ombelicale, mentre ci nutriamo della sostanza di nostra madre. Quella sostanza impregna in noi pezzetti di memoria collettiva, e non appena nasciamo, li ricongiungiamo alla realtà divenendo testimoni di un’ingiustizia epocale. Un bambino palestinese è un racconto che grida, che vuole essere narrato."


giovedì 7 agosto 2025

LIBRI LETTI A LUGLIO 2025

 

Buongiorno!

Ecco i libri letti a luglio.



  1. IL CERCHIO DI PIETRE di D. Gabaldon: quarto volume della saga storica fantasy/romance Outlander. Sono trascorsi vent'anni da quando Jamie e Claire si sono separati e la donna è decisa a ritornare nel passato dal suo amore... (4.5/5). PER GLI AMANTI DELLA SAGA.
  2. LA SPOSA GITANA di C. Mola: thriller che inaugura la serie con l'ispettrice Elena Blanco (4/5).  BELLO. OK SE NON DANNO FASTIDIO LE DESCRIZIONI DETTAGLIATE DI SCENE TRUCULENTE.
  3. STORIA DELLA BAMBINA PERDUTA di E. Ferrante: ultimo capitolo della saga L'amica geniale. Lenù e Lilia, ormai donne mature, sono giunte all'ultima fase della loro amicizia che, tra alti e bassi, è durata decenni (4.5/5). SE SIETE PRONTI A LASCIARE ANDARE LILA, LENÙ E IL RIONE...
  4. LA SPIA DELLA REGINA di C. Marchant: romanzo storico con narrazione su doppia linea temporale che ci porta alla corte della regina Elisabetta I - tra intrighi di palazzo e congiure - e in una antica dimora di campagna in cui ogni angolo ha qualcosa da raccontare (4/5). SCRITTO BENE E SCORREVOLE. PER CHI AMA LA FICTION STORICA.
  5. RIMOZIONE FORZATA di E. Black: urban fantasy/paranormal romance con vampiro sexy e possessivo e l'umana vergine ma tosta (3/5). PER GLI AMANTI DEL GENERE.
  6. I PUNKINARI di A. Pagani, M. Zatini: libro a fumetti - mentre attendono e sperano di essere chiamati dal mister ad entrare in campo, due calciatori passano il tempo sfidandosi a colpi di freddure e battute umoristiche (4/5). ARGUTO E SPASSOSO.


READING CHALLENGE


Per la sfida letteraria, nel mese di luglio gli obiettivi erano i seguenti:


- LIBRO CHE RACCONTI NAPOLI
- LIBRO CON COPERTINA VIOLA
- LIBRO SCRITTO IN FORMA DI DIARIO O EPISTOLARIO

- L'amore che mi resta di M. Marzano



Io ho scelto un obiettivo delle categorie fisse - LIBRO PRESTATO DA UNA PERSONA A CUI VUOI BENE - e nel mio caso è questo romanzo tratto da una storia vera: IL DIO CHE HAI SCELTO PER ME di Martina Pucciarelli in cui, mescolando elementi reali ad altri fittizi, l'autrice racconta com'è stato vivere e crescere in una famiglia di ferventi Testimoni di Geova (4/5). SE VI PIACCIONO STORIE VERE E TESTIMONIANZA, QUESTO LIBRO FA PER VOI.

lunedì 4 agosto 2025

SPLENDI COME VITA di M.G. Calandrone || LA STRADA GIOVANE di Antonio Albanese [ recensione audiolibri ]



In questo periodo sto ascoltando diversi audiolibri; attualmente ho in corso Demon Copperhead di Barbara Kingsolver, che mi sta piacendo ma che ascolto con calma, considerata la molte (più di 23 ore di ascolto = 656 pp)

Nel weekend, però, ho avuto voglia di interromperlo temporaneamente per concedermi due ascolti brevi.

La mia duplice scelta, in modo piuttosto istintivo, è ricaduta sui seguenti libri, che hanno la comune caratteristica di essere letti dall'autore stesso.



LA STRADA GIOVANE di Antonio Albanese (Feltrinelli, 128 pp., 2025).


L'esordio dell'attore Antonio Albanese nella narrativa trae ispirazione da una storia familiare, che egli
racconta (e legge) con una grande naturalezza e che, attraverso un linguaggio semplice, arriva al lettore con immediatezza, trascinandolo in un tempo cupo, difficile, doloroso, e trasmettendocene paure, speranze, spaesamento, malinconia e una tenera e commovente voglia di tornare, semplicemente, a casa, al sicuro tra le braccia dei propri cari.

Il protagonista è Nino, un giovane proveniente dalla Sicilia, da una famiglia di fornai, e sposato con la bella Maria Assunta.

Incontriamo Nino quando è passato ormai l'8 settembre, mentre è all'interno di un campo di prigionia in Austria, a patire fame, freddo e paura. 
In quanto internato militare, non ci sono diritti ed è duro sopravvivere giorno per giorno; l'unico conforto viene dal legame di amicizia con Lorenzo, un giovane toscano di Piombino, un tipo socievole e spigliato, con cui lavora nelle cucine governate dal Piemontese, un gigantesco macellaio. 

Insieme, i tre approfittano della confusione durante i festeggiamenti di capodanno del '44 per organizzare la loro fuga. 

Com'è intuibile, la conquista della libertà è contrassegnata da freddo, fame e dalla paura di essere riacciuffati dai tedeschi, andando incontro a una brutta fine.
Non è facile né orientarsi né tanto meno trovare cibo e riparo, anche perché la gente è comprensibilmente terrorizzata, sul chi va là e non esita a sparare per prima al minimo dubbio di essersi imbattuti in eventuali nemici.

Nino deve attraversare tutta la penisola per raggiungere la sua amata Sicilia, che sembra più  irraggiungibile e lontana che mai, ma Nino resiste e macina chilometri, nascondendosi, dormendo ora all'addiaccio ora in ripari di fortuna, sorretto dalla voglia di tornare a casa e dal pensiero dei propri amati.

Il suo viaggio verso casa è un'odissea fatta di pericoli, privazioni, e di numerosi incontri con persone di ogni tipo, tra cui un gruppo di partigiani che lo prende con sé per un po', convinto che egli sia un soldato tedesco in fuga.

La solitudine della fuga rocambolesca toglie la parola al giovane che, terrorizzato e spaurito, non riesce ad articolare suono al cospetto delle persone in cui man mano si imbatte, venendo scambiato ora per uno scemo ora per uno straniero e ora per un italiano probabilmente muto.

Mentre continuano i bombardamenti, attraverso un Sud devastato dall'avanzata, a Nino non resta che il salvagente dei ricordi, il pensiero della bellezza e del calore degli affetti che lui vuol raggiungere a tutti i costi. 
Se chiude gli occhi davanti alle brutture che gli sono intorno, forse riesce a sentire il profumo buono e accogliente del pane appena sfornato dal padre, o quello dolce della vaniglia dei biscotti, e su tutti il calore dei baci di Maria Assunta che, il ragazzo spera, forse lo sta ancora aspettando.


Un libro breve ma che si lascia apprezzare per la sua narrazione fluida, piacevole (come lo è anche la lettura stessa di Albanese, coinvolgente ma misurata e sobria al tempo stesso), per la sensibilità, l'umanità e la tenerezza che caratterizzano il lungo e difficile cammino di un giovane che sta cercando di aggrapparsi alla vita con le unghie e con i denti, senza mai perdere sé stesso, la propria dignità di essere umano, ma anzi custodendola gelosamente anche di fronte a chi, invece, sembra averla persa a causa di una guerra spietata (c'è qualcosa di più disumanizzante della guerra?) e abbrutente.
Ci sembra di essere lì con Nino, di vedere le cose con i suoi occhi, di provare i suoi timori, il freddo e la fame, di osservarlo addormentarsi cullato dai suoi dolci ricordi e di sperare ardentemente che alla fine di quel viaggio di disperata speranza, ci sia casa, che è sinonimo di amore, abbracci, lacrime di felicità, rifugio dal male.

Per me questa prima prova narrativa di Antonio Albanese è promossa.





SPLENDI COME VITA di Maria Grazia Calandrone (Ponte alle grazie, 224 pp., 2021).

Intenso, potente, commovente, delicato e poetico, traboccante di  autenticità nel racconto di aneddoti e momenti di vita vera, capace di trascinare il lettore (o ascoltatore) nella fiumana di emozioni che accompagnano la narrazione; questo romanzo è una lettera d'amore della Calandrone alla propria madre adottiva ed infatti al centro vi è proprio la ricostruzione del complesso e profondo rapporto dell'autrice con Consolazione, sua madre.

La donna, assieme al marito Giacomo Calandrone, hanno adottato la piccola Maria Grazia quando questa aveva solo otto mesi ed era stata abbandonata dai genitori, amanti clandestini in un piccolo paese del Molise (erano gli anni Sessanta, non c’era il divorzio e l’abbandono del tetto coniugale era punibile come reato), morti suicidi.

All'età di (soli) quattro anni, Consolazione (insegnante di professione) fa una scelta che potremmo definire "strana", discutibile...: confessa alla bimba di non essere la loro figlia biologica, ma appunto di essere stata adottata.
Questa amara e dolorosa verità viene recepita meglio dalla figlia (evidentemente troppo piccola per capirne la "reale portata") che dalla madre stessa, la quale da quel momento non riuscirà più a rapportarsi con Maria Grazia in modo naturale e sereno, ma riverserà nel loro legame tutta l'ansia, la paura e l'atroce dubbio che questa verità le avrebbe sicuramente allontanate, creando una frattura insanabile.

Consolazione, infatti, consapevole di non essere la "madre vera", matura la convinzione di non essere amata abbastanza da quella bambina che non ha partorito, e a nulla varranno i tentativi della figlia di rassicurare la genitrice (finta o vera, è l'unica che abbia mai conosciuto, è colei che l'ha scelta, cresciuta, amata) di non essere per lei una madre "di serie B".

Si genera, quindi, una distanza emotiva frutto di un senso di "disamore" nato dalla rivelazione dell'adozione, e ciò darà vita, nel corso del tempo, incomprensioni, silenzi, ferite, comportamenti anche ostili da parte di Consolazione verso quella figlia che cresce, curiosa e vivace, sotto i suoi occhi.

Una figlia che non smette di amare la Madre (nel corso della narrazione, ella si riferisce ai genitori chiamandoli sempre così, "madre", "padre"), di restarle vicina anche quando lei la manda via. 

"Splende la vita. 
Splende come vita
a volte splende quieta come il tuo corpo abbandonato al sonno
a volte sfolgora come il lampo del sorriso
ma la terra non splende
la cenere non splende.
Davvero mamma, non sappiano niente e non siamo che corpo
e non siamo più in nessun luogo dopo
probabilmente
e questo precipizio di parole non è buono a rifare 
neanche una molecola del tuo sorriso.

...faticavo a raggiungerti alla fine
ma eri vita
accessibile
vita dovuta e vita che ho dovuto lasciare andare.

...senza difese
splendi come vita.


In questo libro, la scrittrice e poetessa ci racconta non solo del legame con la madre, ma anche di quello con il padre e, attraverso il ricordo di specifici episodi, di dettagli, di momenti che le sono rimasti dentro, ci avviciniamo un po' al suo mondo, soprattutto a quello interiore, essendo il testo ricco, profondo di riflessioni e memorie, contrassegnato da una scelta sentita e attenta di parole per comunicare le tante e contrastanti emozioni che le si agitano dentro; il finale è struggente, splendidamente toccante e a me ha messo i brividi.

Una scrittura lirica e potente, che anche nel suo raccontare di dolore, smarrimento, perdita, confusione, malattia, tenerezza e freddezza, accoglienza e rifiuto, senso di inadeguatezza, amore e disamore, allontanamento e vicinanza, riesce ad essere luminosa e a regalare questa luce - che ogni vita contiene in sé - al lettore (ascoltatore).

Una lettura che consiglio perché è emotivamente trascinante, scritta magistralmente (e letta altrettanto bene, considerato che l'ascoltiamo dalla viva voce dell'autrice), che coinvolge e commuove perché la Calandrone ci cattura con la sua ammirevole capacità di osservare e descrivere - il mondo, le persone, i legami, i sentimenti... - con lo sguardo sensibile, spontaneo, penetrante e vero dei poeti.


giovedì 31 luglio 2025

IL CERCHIO DI PIETRE di Diana Gabaldon (Outlander #4) [ RECENSIONE ]



Cosa è accaduto dopo la sanguinosa battaglia di Culloden, avvenuta nell'aprile 1746?
Mentre l'highlander Jamie Fraser deve rimettere in sesto la propria vita dopo la disfatta e in una condizione di prigionia - sostenuto solo dalla speranza di tornare a casa, a Lallybroch, e da quella di aver fatto bene a mandar via Claire e il bimbo che portava in grembo -, nel maggio del 1968, a Inverness, Claire Beuchamp Randall (Fraser) sta cercando di scoprire se l'unico amore della sua vita sia sopravvissuto al disastro di Culloden e cosa ne sia stato di lui dopo.




IL CERCHIO DI PIETRE
di Diana Gabaldon



Corbaccio
trad. V. Galassi
589 pp
"« Lo sai che cosa significa vivere vent'anni senza un cuore? Vivere come un uomo a metà, abituarti a campare con il pezzetto che ti è rimasto, stuccando le crepe con qualsiasi genere di malta ti capiti a tiro?»".


Nel terzo capitolo della saga fantasy/romance/storica, abbiamo lasciato Jamie e Claire divisi dagli eventi storici che entrambi sapevano si sarebbero verificati a Culloden.
Hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per evitare quella battaglia - sapendone gli esiti drammatici per gli scozzesi - ma la Storia ha fatto il proprio corso senza deviare di un millimetro.

Claire, spinta dal marito, ha lasciato il 1746 per ritornare nel suo presente, quindi nel 1948, da Frank Randall, il quale - seppur decisamente perplesso, sgomento, incredulo, ferito - ha accolto non solo la moglie, tornata spaesata dal suo soggiorno di tre anni con le fate (?!?!), ma anche il figlio che portava in grembo.
Ma a dispetto di una paternità non sua, Frank ha amato follemente, dal primo momento, quel frugoletto coi capelli rossi chiamata Brianna (in omaggio al padre di Jamie), la quale è cresciuta adorando quel padre gentile ed elegante, fine storico dalla mente brillante, e cercando di captare i segreti celati dietro gli occhi sognanti di quella madre medico eppure a volte così "svagata", come se vivesse a Boston ma con la mente fosse altrove.

Sì, ma altrove... dove?

Il momento della verità è giunto anche per la bella e impetuosa Brianna: Claire ha raccontato la verità alla figlia, dicendole che il suo cuore è rimasto in Scozia, nelle mani dell'uomo amato, che poi è il vero padre della ragazza; la rivelazione aveva ovviamente scioccato sia Bree che lo storico e amico Roger MacKenzie Wakefield.
Ma, passato lo shock e capito che Claire non è una pazza bugiarda, Bree e Roger decidono di aiutare la donna a scoprire cosa ne sia stato di James Alexander Malconm MacKenzie Fraser dopo Culloden, scoprendo la prigionia e, soprattutto, che vent'anni dopo l'uomo fosse ancora in vita e che facesse il tipografo ad Edimburgo.

In un costante andare e venire dal passato al presente, seguiamo le avventure di Jamie, la sua prigionia ad Ardsmuir, la singolare ed acerba amicizia con il maggiore John William Grey, il trasferimento nella tenuta di un nobiluomo e tutto ciò che ne consegue; ma a un certo punto le strade dei due innamorati tornano ad incrociarsi in quanto Claire, incoraggiata dalla figlia, decide di tornare a Craigh na Dun e attraversare le pietre, sperando di ritrovarsi nella Edimburgo del 1766.

"Ero viva, comunque. Viva e con una piccola sensazione di certezza simile a una minuscolo sole che mi ardeva sotto le costole. Lui era qui. Lo sapevo adesso, pur non avendolo saputo al momento di attraversare le pietre: quello era stato un salto di fede. Ma avevo gettato il mio pensiero per Jamie come un'ancora di salvataggio in un torrente impetuoso: il cavo che stringevo tra le mani si era fatto teso e mi aveva trattato in salvo. (...) Mi trovavo qui, e in qualche punto di quello strano territorio del passato c'era l'uomo che cercavo. I ricordi di angoscia e terrore andavano svanendo via via che mi rendevo conto che il dado era tratto. Non potevo tornare indietro: un viaggio di ritorno sarebbe stato quasi sicuramente fatale. (...) Non c'era altro da fare che andare avanti... e trovarlo".

E lo trova, il suo Jamie, chiaramente più maturo ma sempre vigoroso, affascinante, intraprendente, determinato e pericolosamente con le mani in pasta in affari non proprio tranquilli.

"Sollevai il mento per guardarlo. « P-pensavo che fossi morto». Pur avendo voluto infondere un tono leggero a quelle parole, la voce mi tradì. Le lacrime presero a scorrermi lungo le guance per poi inzuppargli la stoffa grezza della camicia quando lui mi trasse con forza a sé. 
Che impiegai qualche tempo prima di accorgermi che tremava anche lui e per lo stesso motivo. Non so quanto a lungo restammo seduti su quel pavimento polveroso, a piangere l'uno tra le braccia dell'altra tutta la nostalgia provata nei vent'anni di separazione".

Il loro incontro, dopo vent'anni di lontananza, vissuti nell'amara e dolorosa certezza di aver definitivamente perso l'altro/a, è emozionante ma, com'è tipico di Jamie e Claire quando sono insieme, mai del tutto quieto.
Da subito, infatti, Claire si immerge mani e piedi nel quotidiano movimentato e spericolato a cui è abituato il marito, andando incontro a pericoli, correndo e nascondendosi per le strade sporche e fangose di una città tanto suggestiva quanto rumorosa e caotica, conoscendo uomini e donne di malaffare, ma non c'è in Claire mai, in nessun momento, il benché minimo pentimento per aver lasciato il tranquillo e rassicurante 1968 per infilarsi in un periodo e in un contesto più irrequieti e non privi di insidie.

Se c'è lui al suo fianco, Claire può smettere di aver paura.
Jamie è il suo faro, la sua roccia, il suo punto di riferimento e si fida di lui adesso come si fidava di lui due decenni prima.

Ma rivedersi dopo molti anni, cambiati nel corpo e nella testa - non nel cuore, dove l'amore reciproco non ha mai smesso di essere vivo e forte -, non può non creare momenti di imbarazzo, di disagio, e i due si sentono a volte come degli adolescenti al primo appuntamento.

Ma il loro legame è così solido che ritornare ad essere l'affiata coppia di un tempo non è così difficile.
Certo, hanno tanto da dirsi.

Claire è ansiosa di mostrargli le foto della loro Brianna, di parlargli di quanto gli somigli, e vuol sapere tutto di Jamie, di come e cosa ha vissuto in sua assenza.

E Jamie, pian piano, sembra aprirsi un po'..., se non fosse che decide di nascondere qualche "dettaglio" della propria vita alla moglie, decisione che innescherà litigi e conflitti quando, tornati a casa, a Lallybroch (da una diffidente Jenny), la verità taciuta emergerà creando non pochi scompigli.

Claire non può non chiedersi se tornare indietro sia stata davvero una buona idea: cosa si aspettava di trovare, dopo tanti anni d'assenza accanto al proprio uomo? Credeva forse che il mondo di Jamie si fosse fermato, che fosse rimasto sospeso e immobile nel momento in cui lei aveva varcato le pietre?
È ovvio che lui sia andato avanti a vivere la propria vita e che essa si sia arricchita di altre persone, legami, affari, problemi...

E problemi è stata, è e resterà la parola d'ordine dei coniugi Fraser, che si ritroveranno ancora una volta davanti a nuove sfide, nuove gatte da pelare, e il libro si chiude infatti con una situazione amara che vede marito e moglie molto preoccupati e in procinto di infilarsi in una nuova impresa piena di incertezze.


Mi sono gustata la lettura di questo romanzo tornando molto volentieri in Scozia, accanto al guerriero dai capelli rossi, che sopravvive a battaglie, prigionie, ferite profonde, esecuzioni che vengono annullate per il rotto della cuffia, e che continua a vivere costantemente all'insegna di sempre più vivaci peripezie, pronto a condurre gli affari con audacia, in un mix di sicurezza ed incoscienza, incurante dei rischi, o meglio, consapevole che ce ne siano e disponibile ad affrontarli.

Claire è sempre lei: amorevole e testarda, appassionata e leale, coraggiosa e intrepida come sa che dev'essere la compagna di vita di uno come Jamie Fraser.

Per me leggerli è come per i protagonisti tornare a Lallybroch: avere la sensazione di essere in un luogo famigliare, ritrovarsi con cari amici di vecchia data e sedersi con loro davanti al caminetto, ad ascoltare col fiato sospeso le loro eccitanti avventure.

Procedere col prossimo libro non potrà che essere un piacere.




LIBRI DELLA SAGA

1. Outlander
    1.La straniera

2. Dragonfly in Amber
    2. L'amuleto d'ambra
    3. Il ritorno

3. Voyager
    4. Il cerchio di pietre
    5. La collina delle fate

4. Drums of Autumn
     6. Tamburi d'autunno
    7. Passione oltre il tempo

5. The Fiery Cross
    8. La croce di fuoco
    9. Vessilli di guerra

6. A Breath of Snow and Ashes
    10. Nevi infuocate
    11. Cannoni per la libertà

7. An Echo in the Bone
    12. Destini incrociati
    13. Il prezzo della vittoria

8. Written in My Own Heart's Blood
    14. Legami di sangue
    15. Prigioniero di nessuno

9. Go Tell the Bees That I Am Gone
    16. Quando accadrà dillo alle api

martedì 29 luglio 2025

Recensione || LA SPOSA GITANA di Carmen Mola



Un duplice, efferato e crudo omicidio scuote Madrid: due giovani sorelle, a distanza di alcuni anni, vengono assassinate nel medesimo modo e a pochi giorni dal matrimonio.
Se l'assassino del primo omicidio è in galera, chi ha commesso il secondo?
L'ispettrice Elena Blanco, affiancata dal suo efficiente team, indaga.



LA SPOSA GITANA
Il primo caso dell'ispettrice Elena Blanco
di Carmen Mola


Salani Ed.
trad. S.Cavarero
416 pp
In un luogo e in un tempo che (inizialmente) non ci vengono chiariti, un bambino è chiuso in un posto buio, dal quale non può scappare; affamato, sporco e spaventato, il bambino ha come unica compagnia un cane... e una colonia di vermiciattoli in cerca di cibo...

Chi è questo bambino e perché è stato lasciato solo?

Per la risposta a questa domanda ci sarà da attendere, anche perché a richiamare la nostra attenzione è un'altra persona, e anch'essa è sola e in balia di un destino che più perfido non potrebbe essere.

Dopo un'allegra serata trascorsa in compagnia delle amiche per festeggiare il proprio addio al nubilato, la bella Susana Macaya torna a casa, ma qualcuno l'aspetta nel buio per toglierle la vita.
Il suo assassino è attento, meticoloso, preciso, cauto e ha un piano da portare a termine; un piano diabolico, che prevede l'uccisione della ragazza secondo modalità a dir poco crudeli, disgustose e decisamente inumane, in cui la vittima va incontro ad una lenta e atroce sofferenza fisica e psicologica.

Quando il suo povero cadavere viene rinvenuto, due giorni dopo l'addio al nubilato, Susana ha addosso il vestito della festa e la scena che si presenta agli occhi della polizia mette alla prova i nervi e lo stomaco anche di chi, per mestiere, dovrebbe essere abituato a scene di sadismo.

Essendo un caso di omicidio molto particolare, esso passa dalla polizia alla BAC, la Brigada de Análisis de Casos, capeggiata dalla brava ispettrice Elena Blanco, affiancata dalla sua eccellente squadra.

Uno dei primi poliziotti ad arrivare sul posto è Zàrate, che non accetta di essere estromesso dal caso così cerca in tutti i modi di entrare nelle grazie di Elena e poter seguire le indagini di quello che sarebbe il suo primo omicidio.

Le indagini partono immediatamente sotto le direttive della Blanco e vengono ascoltate tutte le persone che conoscevano la vittima e che avevano con lei dei legami molto forti, a partire dal fidanzato, l'amica del cuore, i genitori.

Questi ultimi sono una coppia "mista", nel senso che il marito/padre (Moses) è un gitano, mentre sue moglie Sonia non lo è; quest'aspetto assume, sin dai primi momenti, grande rilevanza, in quanto - nel parlare con i genitori di Susana - Elena capisce quanto il padre non condividesse le scelte della figlia di vivere "da non gitana", come del resto non aveva condiviso le stesse scelte da parte della primogenita, Lara.

La cosa più drammatica e assurda è che anche Lara, sette anni prima, era stata assassinata poco prima del matrimonio e il modus operandi della sua morte è praticamente identico a quello di Susana.

Sette anni prima il colpevole fu arrestato e condannato: si trattava di Miguel Vista, di professione fotografo, assoldato da Moses Macaya per lavorare per lui nella sua agenzia che si occupa di organizzazione di eventi.

Ma se Miguel - che s'è sempre professato innocente ed estraneo all'omicidio - è dietro le sbarre, chi ha ammazzato Susanna? 

Si tratta forse di un emulatore, di un killer che ha voluto imitare la modalità terribile con cui Vista ha torturato e tolto la vita alla povera Lara?

Ma poi perché accanirsi contro questa famiglia?
Non basta che Sonia a Moses hanno dovuto seppellire il corpo seviziato della prima figlia, adesso devono fare la stessa cosa pure col cadavere della figlia che era loro rimasta...

Anche per un "osso duro" come Elena Blanco è una prova difficile dover dire ai Macaya in che condizioni è stato rinvenuto il corpo di Susana, ma certo non può esimersi dal farlo.

Entrando sempre più nella vita della vittima, raccogliendo informazioni su lei e su chi le era intorno, Blanco&co. capiscono che l'appartenenza dei Macaya alla cultura gitana è un fattore che ha il proprio peso: in famiglia, non si respirava un'aria serena in quanto Moses non faceva che litigare con Susana (e con Lara, prima) perché non rispettava le proprie radici e abitudini culturali, e anche con Sonia, per averlo convinto a crescere le loro figlie come delle "paya" (non gitane, appunto).

Inoltre, a rendere Moses ancora più arrabbiato era stata la scoperta che Susana avesse una doppia vita, fatta di condotte che l'uomo reputava disonorevoli, indecenti e vergognose.

Il dubbio è prepotente: può un padre arrivare ad uccidere la propria figlia, se non ne condivide lo stile di vita o se la ritiene ribelle?

Blanco sa che, purtroppo, la risposta può essere sì, può arrivare a farlo e la cronaca nera ce ne dà triste conferma.
Ma può arrivare a togliere la vita a una figlia (comunque amata) nel modo barbaro e truce in cui è avvenuto l'omicidio?

Cosa e chi c'è dietro la violenta (e comune) morte di Lara e Susana? 

La ricerca affannosa e complicata della mano assassina succhia ogni energia agli agenti della BAC e allo stesso Zàrate, che si lascia coinvolgere dal caso non solo per imparare da chi è più esperto di lui ad acciuffare serial killer, ma anche per una ragione più personale e che ha a che fare con una persona a lui cara: Salvador Santos.

Salvador è un poliziotto ormai in pensione, attualmente vittima dell'Alzheimer, patologia sempre più aggressiva che sta rubando ricordi, pensieri, capacità dalla mente del pover'uomo, che è stato il mentore di Zàrate, il quale infatti gli è affezionato come un figlio.

Al tempo dell'omicidio di Lara Macaya, fu proprio Santos ad occuparsi del caso, a interrogare Moses, Vista ed altri, e ad accusare il fotografo di omicidio, riuscendo a sbatterlo dentro.

Proprio in virtù del fatto che anche Susana sia stata uccisa nel medesimo modo della sorella, Blanco si chiede giustamente se l'assassino non sia lo stesso e, di conseguenza, se Miguel Vista non sia in effetti innocente.
C'è la possibilità che Salvador Santos non abbia condotto bene le indagini o che, addirittura, abbia volutamente preso decisioni discutibili per risolvere un caso spinoso?

Certo, parlare con lui ed ottenere risposte alle tante domande non sarà semplice, vista la sua malattia, ma Blanco e la sua squadra sono decisi a fare di tutto per districare ogni nodo, per sondare ogni possibile pista, per fare i collegamenti giusti, dubitando anche di chi sembra pulito ed estraneo ed invece nasconde lati oscuri.

La stessa Blanco ha i suoi personalissimi demoni che la ossessionano da otto anni, cioè da quando il suo unico figlio, Lucas, scomparve nel nulla.
Lucas, a quel tempo, aveva solo cinque anni e dal drammatico giorno in cui del bimbo si persero le tracce, Elena ha fatto installare una fotocamera davanti al portone del suo palazzo, convinta che il responsabile della scomparsa di Lucas (il suo cuore di mamma le sussurra che questi è vivo e che è stato rapito) prima o poi si farà vivo...

E a proposito di bambini, non dimenticate il ragazzino al chiuso e in compagnia del cane: scopriremo anche la sua identità.


"La sposa gitana" per me è stata una lettura appassionante, che mi ha tenuta incollata sino alla fine, via via sempre più curiosa di mettere al posto giusto ogni tessera e di risolvere ogni enigma: c'è tanta carne al fuoco, si toccano tematiche importanti, come gli effetti dolorosi del decadimento cognitivo dovuto all'Alzheimer, i rapporti tra culture differenti, le relazioni genitori-figli, la linea rossa che separa un poliziotto integerrimo da uno che, all'occorrenza, l'attraversa per convenienza o necessità, ma soprattutto - disclaimer - è un romanzo che non lesina su dettagli crudi e raccapriccianti quando si descrivono scene particolarmente angoscianti, e le descrizioni vivide e dettagliate possono davvero dar fastidio a chi è molto sensibile.

Mi è piaciuta l'ispettrice Blanco che, dietro i suoi modi ruvidi e scontrosi, non è affatto priva di empatia e custodisce la grande pena di essere una madre privata del suo bene più caro.
Il finale è aperto e costituisce un bel colpo di scena che conduce dritto dritto al secondo volume della serie (La rete porpora).

Mi sono imbattuta in diverse recensioni molto negative del libro, però io ammetto di averlo apprezzato, come già mi era successo con La Bestia, sempre di Carmen Mola.



Gli autori.
Carmen Mola è lo pseudonimo di tre scrittori e sceneggiatori spagnoli Jorge Díaz, Antonio Mercero e Agustín Martínez, La sposa gitana è il primo libro di una serie che ruota attorno all'ispettrice Elena Blanco; i successivi sono La rete porpora, La bambina senza nome, Las Madres, El clan Hanno scritto anche due thriller storici: La Bestia (recensione) e Infierno.


giovedì 24 luglio 2025

[ Storie dietro storie ] Dietro le pagine di... LA SPIA DELLA REGINA (The Queen's spy)




Nel corso di questo mese ho pubblicato la recensione di un romanzo storico, LA SPIA DELLA REGINA di Clare Marchant, la cui trama si svolge seguendo una doppia linea temporale, il 1584 e il 2021.

Spulciando alcune interviste rilasciate dall'autrice in merito a cosa e/o chi le abbia ispirato la scrittura del romanzo, ho letto come il protagonista (Tom Lutton) sia apparso alla sua immaginazione del tutto all'improvviso, in un giorno in cui lei era impegnata a scrivere "Il profumo dei fiori di zafferano" (The secrets of Saffron Hall): ha provato all'istante una grande simpatia per questo bambino silenzioso (sordomuto) e solenne. 
Così, quando ha iniziato a fare ricerche e a pianificare "La spia della regina", sapeva di volere proprio un personaggio come Tom quale protagonista storico, così da esplorarne la disabilità e capire in che modo questa potesse trasformarsi nella sua forza.

La parte narrativa ambientata nel passato vede Elisabetta I sul trono inglese; la sovrana - di fede protestante - viene contrastata da chi vorrebbe invece una regina cattolica e, a tale scopo, ambisce a mettere sul trono Maria Stuarda, sua cugina, la quale fu imprigionata per 18 anni da Elisabetta e decapitata proprio con l'accusa di cospirazione.

Scegliere un protagonista affetto da sordità e mutismo è singolare e originale e la Marchant è stata incoraggiata ad impiegarla dalla scoperta, durante le ricerche storiche sul periodo Tudor, di un matrimonio di un sordomuto; il racconto delle nozze l'ha ispirata nella descrizione del momento in cui Tom sposa la sua Isabel.

Questo, inoltre, le ha anche suggerito delle idee su come Tom avrebbe potuto usare i gesti e i segni con le mani per il resto della sua vita per comunicare con gli altri; per essere più specifici, sapendo che in epoca Tudor si usavano tavolette di cera, questo aspetto si è rivelato molto utile per Tom per comunicare, perché infatti il personaggio usa molto le tavolette per riportare i propri pensieri.

Durante la fase iniziale di stesura del romanzo, l'autrice ha avuto non pochi dubbi su quanto fosse giusta la scelta di un personaggio principale con quella caratteristica, anche perché non è stato facile trovare le parole giuste per descrivere come Tom sperimentava le cose e conosceva il mondo attorno a sé usando solo i sensi che aveva, resi più acuti per forza di cose; ad es.,  l'olfatto più sviluppato avrebbe dato a Tom lo svantaggio di avvertire gli odori più sgradevoli ma, per contro, anche l'enorme e speciale vantaggio di imparare a distinguere e identificare molte varietà di erbe, cosa assolutamente necessaria per uno speziale.

Nel libro emerge la conoscenza che la Marchant ha delle erbe, interesse natole nel corso della scrittura de Il profumo dei fiori di zafferano, quando lesse un articolo sulla coltivazione dello zafferano e capì che sarebbe stato perfetto per la sua storia; man mano, si è interessata ad altre erbe e piante medicinali del XVI secolo, restandone affascinata.
Così ha iniziato a informarsi sui giardini monastici dove poter trovare le diverse erbe e apprendere come esse venissero coltivate; ha scoperto che un certo Hugh Morgan, il farmacista di Elisabetta I, aveva introdotto la vaniglia alla corte Tudor, anche se ne La spia della regina è Tom Lutton a portarla a palazzo per la prima volta.

Come già accennato nella mia recensione, se la storia di Tom è fittizia, non lo è l'intricato e pericoloso universo delle congiure di palazzo: nel cercare informazioni storiche sul periodo di riferimento, la scrittrice si è imbattuta in particolari ed episodi realmente verificatesi che poi ha inserito nel romanzo, come ad es. il particolare relativo alla congiura di Babington, in cui c'era un uomo (pare che la spia fosse uno degli uomini di Walsingham) con un cappotto blu che consegnò una lettera a Babington. Ebbene, il dettaglio del cappotto blu è presente anche in una scena che vede coinvolto Tom.

Questo signor Anthony Babington era solo un giovane ventiquattrenne quando morì, e la sua fine fu davvero orribile.
Arrestato con l'accusa di voler uccidere la regina Elisabetta a favore di Maria Stuarda, l'uomo - che in realtà aveva deciso già da un po' di smettere l'attività di cospiratore e provare a rifarsi una vita fuggendo in Francia - viene coinvolto in un complotto ordito da Walsingham (considerato il "padre" dei servizi segreti britannici e il capo dello spionaggio durante il regno di Elisabetta I) e il 20 settembre 1586 avviene la sua esecuzione.

Dopo essere stato trainato dai cavalli, viene soffocato dal cappio dell’impiccagione e, ancora vivo,  sventrato e squartato, che era la classica condanna a morte per i traditori così come deciso dalla corona d’Inghilterra.



Per adesso è tutto, spero che leggere qualche piccola informazione susciti la vostra curiosità su questo romanzo.




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martedì 22 luglio 2025

Recensione: RIMOZIONE FORZATA di Emma Black



Partecipare a feste rumorose e affollate non è mai stato il passatempo preferito di Alice, la protagonista di questo paranormal romance, tanto meno a quelle in stile gotico.
Ma le basta andarvi una volta sola per fare un incontro che le stravolgerà la vita come mai avrebbe 
immaginato...


RIMOZIONE FORZATA
di Emma Black



504 pp

Alice Cooper è una giovane donna bella ma poco consapevole di esserlo; ama passare il tempo libero con le amiche del cuore ma resta, in fondo in fondo, una tipa piuttosto pantofolaia e inesperta in fatto di uomini.

È ancora vergine, per dirne una.

Una sera le sue amiche insistono per portarla ad un party a tema gotico e lì incontra Bill, un uomo affascinante e misterioso, oltre che bello e sexy da mozzare il fiato. 

Che sia finalmente giunto il momento di dire bye bye alla propria verginità?

Bill scatena in lei pensieri audaci e voglie travolgenti di lasciarsi andare al godimento dei sensi più sfrenato; l'attrazione è ricambiata ed infatti tra i due scoppia in pochi minuti una passione impetuosa che li porta diritti dritti in albergo, pronti a dare sfogo ai propri istinti.

Alice è convinta di poter trascorrere la notte con Bill senza troppe conseguenze.

Ma quella notte segnerà l'inizio di un cambio radicale della propria esistenza.

Lui, infatti, non è chi dice di essere, a partire dal nome: non si chiama Bill, ma Tom Fabius Buteo e non è un uomo, ma un vampiro millenario, un Centurione della Decima Legione, la preferita di Giulio Cesare.

Alice viene scaraventata a forza in un mondo parallelo, e fino a quel momento sconosciuto e reputato fantasioso, che non le appartiene e molto lontano dalle romanticherie alla Twilight.

La società vampiresca cui appartiene Tom ha una struttura complessa, articolata, regolamentata da un rigido codice di leggi e comportamenti, di tradizioni e costumi, di gerarchie, che sgomenta Alice ma al quale ella, che lo voglia o meno, dovrà adattarsi.

Anche perché comunque non potrà più tornare alla sua vecchia vita, alla sua casa, al suo lavoro, alle sue amiche, alle sue abitudini.
Tom, possessivo ed egoista, ha fatto in modo che tra lui e la ragazza si stabilisse (in quella stessa notte) un legame intimo e praticamente indistruttibile, ma lo fa senza curarsi di ciò che desidera Alice, che quindi prende molto male questa prepotenza da parte di un uomo che, alla fine, è un perfetto sconosciuto.

Alice entra pian piano nella realtà paranormale che circonda Tom, conoscendo i suoi più stretti e fidati amici e collaboratori, tra cui il simpatico e disponibile Doc, che da subito prende in simpatia l'umana divenendo per lei, in breve tempo, un grande amico e un rassicurante punto di riferimento.

Il rapporto con Tom, invece, sembra peggiorare ad ogni occasione che passano insieme: i due fanno scintille in tutti i sensi.

Se da una parte, infatti, non fanno che scontrarsi, litigare, urlarsi contro, rinfacciarsi di tutto, accusarsi, giurarsi di odiarsi a vicenda, dall'altra la forza attrattiva, che li fa sentire intimamente uniti, è innegabile.

Alice, suo malgrado, deve fare i conti con la consapevolezza di essere legata a lui anima e corpo,  anche quando Tom è odioso e la tratta male, anche quando la sminuisce o la ignora, anche quando usa le proprie capacità sovrannaturali per "usarla" come un burattino...

Lui, insomma, non fa molto per farsi amare, anzi, ed infatti Alice vorrebbe che quel legame, che la unisce al vampiro, potesse essere sciolto, ma quando un vampiro si unisce (sebbene non ancora carnalmente) ad una donna (umana o vampira che sia), non è affatto semplice rompere questa unione.

Stando in mezzo ai vampiri, Alice viene messa davanti a un mondo irto di sfide, pericoli, vendette, brame di potere, corruzione, crudeltà, e anche davanti alla sconcertante scoperta che c'è qualcosa di molto personale ed ancestrale che la lega ai vampiri a prescindere da Tom.

La protagonista si vedrà spesso al centro di esperienze avventurose, dolorose e scoperte inquietanti attraverso le quali avrà modo di dimostrare a sé stessa, a Tom e a chiunque di non essere un fiorellino delicato, una verginella da proteggere, bensì di possedere la tempra di una guerriera.

Il legame con Tom subirà gli inevitabili alti e bassi dovuti ai tentativi, spesso fallimentari, da parte di entrambi di accettarsi per come sono, con pregi e difetti; l'autrice dà molta importanza al tratteggio delle personalità dei protagonisti, alle loro paure più segrete, a quelle cose che li avvicinano o li separano, e la loro relazione sentimentale sarà molto turbolenta ma avrà anche modo di evolvere e maturare.


Rimozione forzata è il primo libro della serie Legio X e mescola la passione infuocata del romance con l'avventura e il dinamismo del paranormal a tema vampiri.
Io non amo particolarmente il genere, tanto meno i vampiri (anche se in passato ho avuto modo di farmi coinvolgere dai baldi guerrieri della Confraternita del Pugnale Nero di J.R. Ward), ma devo dire che questo romanzo è piacevole nello stile, vivace sia per via dei numerosi personaggi (ben caratterizzati) che delle dinamiche in cui essi si muovono, molto movimentate e descritte vividamente.

Non so, onestamente, se proseguirò con la serie ma sicuramente essa può piacere agli amanti del genere paranormal fantasy/romance.
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