L'ISOLA DELLE ANIME
di Piergiorgio Pulixi
Ed. Rizzoli 445 pp 2019 |
Ѐ così: ci sono casi irrisolti che un investigatore, quando li prende a cuore, non riesce ad abbandonare mai del tutto perché è come se tra lui e la vittima (che non ha avuto ancora giustizia) si fosse stabilito un legame intimo che, a lungo andare, si trasforma in una vera e propria ossessione.
Esperienza, questa, che conosce bene l'ispettore Moreno Barrali, la cui vita - ormai agli sgoccioli a causa di un tumore che procede inesorabile, e che si sta impadronendo non solo del suo corpo ma anche della sua mente - è trascorsa cercando di risolvere i due casi di omicidio che gli sono rimasti più di tutti appiccicati addosso.
Siamo in Sardegna, sui monti della Barbagia, e una delle primissime scene cui ci troviamo ad "assistere" è terribile e spaventosa: durante una notte del 1961 un bambino, in compagnia del suo fedele cagnolino, si imbatte nel cadavere di una giovane donna, barbaramente uccisa, e in un uomo, un gigante grosso e minaccioso col volto coperto da una maschera terrificante e il capo avvolto da pelli di caprone.
Il giovanissimo spettatore resta muto e impietrito davanti a una tale visione e lo stesso lettore ne condivide lo sconcerto e il turbamento: chi sono quella povera ragazza e quell'omone con la maschera, dal'aspetto animalesco che mette i brividi e che probabilmente è anche l'assassino?
Passano gli anni e nel 1975 e poi nel 1986 avvengono due omicidi efferati, aventi diversi elementi in comune: due ragazze molto giovani, i cui corpi vengono ritrovati senza vita nei pressi di siti nuragici considerati sacri da tempi antichissimi, sono state trucidate la notte de sa die de sos mortos (la notte dei morti o delle anime) e di loro non si sa niente di niente e, fatto ancor più strano, nessuno ne ha mai denunciato la scomparsa o le ha mai cercate.
Pantumas. Fantasmi.
Quando Moreno inizia a lavorare in polizia è molto giovane ed inesperto e se quel primo caso del '75 lo sconcerta, il successivo dell'86 non fa che gettarlo nello sconforto più totale: in lui nascono, e negli anni si acuiscono, numerosi sensi di colpa per non aver saputo risolvere quegli omicidi orribili e dare giustizia (e, ancor prima, un'identità) a quelle povere ragazze uccise senza pietà.
Moreno non rinuncerà mai a indagare personalmente, per cercare di raccogliere quante più informazioni possibili sulle modalità degli omicidi, soffermandosi su tutti quei particolari che possono fornirgli almeno una pista su cui concentrarsi.
Ad essere certa è una cosa: questi cold case sono strettamente legati a culti, riti e tradizioni ataviche che ancora trovano seguito, e solo entrando in questo buio e misterioso universo fatto di leggende e pratiche rituali, che al giorno d'oggi paiono folli e irrazionali ma che comunque risvegliano turbamenti e più di un brivido anche a chi dice di non crederci, è possibile avvicinarsi alla verità.
Ed infatti negli anni Barrali si fa una grande cultura circa i siti archeologici aventi una valenza sacrale, le celebrazioni tribali, i culti di divinità antiche, e questo anche grazie alla collaborazione con alcuni studiosi esperti in antropologia culturale, tra cui il professor Valerio Nonnis.
Ma adesso che la malattia sta prendendo piede e in polizia nessuno più vuol sentir parlare di questi casi vecchi e ormai archiviati, chi prenderà il testimone di Barrali per poter continuare a indagare e portare alla luce la verità?
A venire in aiuto al povero e disperato Moreno, ci pensano due colleghe, tanto brave quanto complicate: le ispettrici Mara Rais ed Eva Croce, per ragioni differenti, vengono "sbattute" nella sezione Delitti insoluti della questura di Cagliari. Quando si viene confinati in questa sorta di limbo, è perché c'è una punizione da scontare, ed infatti la cagliaritana Mara ha subito un'ingiustizia da parte di un superiore e di alcune infami colleghe, che le è costato il trasferimento alla Insoluti.
Eva, invece, viene da Milano e anche lei è stata mandata a Cagliari dopo aver commesso qualcosa che non fa onore a un poliziotto; ma per lei non è un dramma lasciare la sua città per andarsene in un posto lontano, anzi, è forse ciò che le ci vuole per dimenticare la tragedia che le ha segnato l'esistenza, condannandola alla più cieca solitudine.
Le due donne non potrebbero essere più diverse, fisicamente e caratterialmente: Mara è una sarda doc, ruvida, sarcastica, irritante e con la lingua decisamente troppo lunga e pungente (fatto, questo, che le causa non pochi problemi nei rapporti interpersonali); ama vestire bene, è single - o meglio, separata - e ha una figlioletta, che è la sua sola ragione di vita.
Eva è un'investigatrice specializzata in sette e delitti rituali; veste come una metallara, ha origini irlandesi ma cerca di nascondere tutto ciò che riguarda se stessa e il passato; si trincera dietro muri di silenzi, è un tipo riservato, angoloso e diffidente.
Però entrambe, pur stuzzicandosi da subito e pur provando una subitanea reciproca diffidenza, formano una miscela esplosiva, in cui l’irruenza e l'istinto di Rais e l’acume di Croce possono aiutarle ad ottenere buoni risultati.
Relegate in archivio, tra faldoni e fascicoli impolverati di casi non freddi ma congelati, le due finiscono per essere fagocitate dall'incubo di Barrali, che le porta in bilico sul filo del tempo, sospese tra un presente claustrofobico e i crimini di un passato lontano.
I casi del '75 e dell'86 diventano oggetto di un rinnovato interesse quando viene segnalata la scomparsa di una ragazza, Dolores Murgia.
Moreno sente che non è un allontanamento volontario e teme e trema all'idea che la sua scomparsa misteriosa abbia a che fare con il serial killer dei due vecchi casi.
E se davvero l'assassino fosse tornato a colpire?
"Il male non sanato genera altro male, in una spirale infinita"
In attesa di trovare la ragazza, emerge come la stessa frequentasse i neonuragici, una sorta di pseudoreligione i cui adepti sono convinti che i nuraghi siano dotati di poteri terapeutici e mettano in collegamento con le stelle e altri pianeti.
A capo di una tale ed assurda setta - che purtroppo ha il suo bel seguito di fedeli - c'è un brutto ceffo, già noto alle forze dell'ordine: Roberto Melis, un soggetto con qualche precedente e denunce varie a carico, che però finora non è stato mai arrestato.
Potrebbe essere questo santone il nuovo assassino che, scherzando in maniera macabra, sta cercando di replicare gli efferati omicidi del passato?
Eva e Mara dovranno imparare a fare squadra e a misurarsi con i rituali di una remota e selvaggia religione che potrebbe avere i suoi lunghi tentacoli ancora ben attivi nel presente.
Contemporaneamente alle ricerche portate avanti da Mara ed Eva, conosciamo i Ladu, una famiglia residente nella Barbagia superiore; si tratta di una comunità chiusa in sé stessa, che ancora crede fermamente nei riti pagani, nel culto della terra e in tante usanze e superstizioni considerate sacre e vòlte a ingraziarsi le antiche divinità affinché benedicano il loro lavoro, i raccolti, le greggi e, in generale, le famiglie, e se per avere il loro favore c'è bisogno di versare sangue, così sia.
Hanno un loro modo di parlare (un sardo antico, incomprensibile a chi non è della loro comunità), di concepire i ruoli famigliari; al di sopra di tutti ci sono gli anziani, che si sentono responsabili del destino dei membri della famiglia e, se decidono qualcosa, essa va eseguita senza fiatare.
In particolare, conosciamo Bastianu, un omone forte, devoto ai culti e alle tradizioni degli avi, e suo figlio Micheli, ancora molto giovane, che si troverà combattuto tra la fedeltà al proprio "clan" (con tutto ciò che questo significa a livello di scelte e sacrifici) e il desiderio, fino a un certo punto mai espresso, di poter avere una vita diversa, più luminosa, aperta, felice, ricca di possibilità, lontana dalla comunità agropastorale in cui è nato e che lo limita terribilmente.
Cosa lega i Ladu all'indagine condotta dalle due sbirre?
Arrivare alla scoperta della verità non sarà affatto semplice, soprattutto perché diventerà via via chiaro che non ci si può fidare di tutti, in polizia: e se tra loro ci fosse una talpa, una spia?
"...la verità non è mai qualcosa di complesso.La verità è sempre estremamente banale, semplice".
Per ottenere i risultati sperati - capire chi sia l'uomo da individuare e fermare, e cosa ne sia stato della povera Dolores -, le due ispettrici devono capire il modo di ragionare dell'uomo che stanno cercando, e questo obiettivo diventa l'incubo, anzi la maledizione, non solo di Eva, Mara e lo stesso Barrali, ma anche di tutti i loro colleghi che mettono anima e corpo in questa indagine, che si prospetta ricca di sorprese, di piccole e graduali conquiste che possono, man mano, rivelarsi degli abbagli, e che giunge alla fine regalandoci il colpo di scena finale che, nel suo essere amaro e drammatico, chiude inevitabilmente il cerchio.
Anche questa volta - dopo Lo stupore della notte (RECENSIONE) - lo scrittore sardo Piergiorgio Pulixi non sbaglia un colpo: il contesto - questa Sardegna aspra, selvatica, ricca di pratiche ancestrali e poco note (tanto più a chi è "di fuori") - è descritto in modo magistrale, tanto che ci sembra di trovarci di fronte ad un vero e proprio personaggio, a una grande dea dalla bellezza sovrumana, a volte spaventosa ma senza dubbio affascinante, in cui tanto i luoghi antichi, quanto i silenzi stessi che li pervadono, sono carichi di sacralità, di storia, e davanti ad essi l'uomo non può che sentirsi piccolo e nutrire profondo rispetto.
I capitoli, brevi e incisivi, sono come delle istantanee, degli scatti fotografici precisi dell'ambiente naturale e umano; l'Autore sa di cosa sta parlando perché è la sua terra, la sua gente, e quest'appartenenza si "respira", si sente tutta e fa sì che ogni descrizione e ogni dettaglio, lungi dal rallentare il ritmo narrativo, si sposino perfettamente con lo sviluppo degli eventi; il lettore, quindi, non viene solo piacevolmente "intrattenuto" dalle movimentate e appassionanti vicende che coinvolgono i personaggi, ma sente l'incanto e l'attrattiva della cultura e della "memoria della terra", si lascia suggestionare da questa Sardegna di cui Pulixi ci racconta, con dovizia di particolari, riti pagani, tradizioni, usi e costumi che affondano le proprie radici in tempi lontanissimi ma che ancora esercitano il loro oscuro fascino.
Ma non è solo l'ambientazione a intrigarci, bensì anche la dimensione umana; i personaggi sono ben tratteggiati, a cominciare dalle due donne protagoniste - Eva e Mara - così agli antipodi come carattere, vissuto, aspetto fisico, eppure accomunate da un'intelligenza spiccata, da una evidente sensibilità e passione verso il proprio lavoro, in special modo verso le vittime che pretendono giustizia.
Una sensibilità che possiede, a mio avviso, l'Autore stesso verso l'universo femminile, adottandone il punto di vista (come già con Rosa Lopez nel precedente romanzo) in modo naturale, mai forzato, anzi restituendocene complessità, contraddizioni, fragilità, voglia di riscatto, bisogno di perdonarsi per poter ricominciare a vivere.
Non mi resta che consigliare questo bellissimo noir, scritto in modo egregio, con intrecci sempre avvincenti, che sanno sorprendere e coinvolgere, svelando i lati più ambigui, tormentati e imprevedibili dell'essere umano.