Lucinda Riley tra queste pagine ci fa viaggiare tra India ed Europa, dai primi decenni del Novecento ai nostri giorni; ci cattura e ci fa sognare con storie che ruotano attorno ad una indissolubile amicizia, nata sotto il cielo stellato di un'India magica e piena di fascino, e ad un amore travolgente, sincero, unico come la rosa di mezzanotte, speciale e raro come il suo colore viola, e capace di nascere e resistere anche tra rovi ed erbacce.
IL PROFUMO DELLA ROSA DI MEZZANOTTE
di Lucinda Riley
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Giunti Editore trad. L. Maldera 624 pp
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"...credimi, ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne spieghi un documento scritto dal pugno di un uomo. Ci sono il cuore di una madre, e la sua anima, che le sussurrano cose impossibili da ignorare. Mio figlio non è morto".
È il 2000 quando Anahita (Anni) Chavan compie cento anni.
Vive in India, a Darjeeling, ed è circondata dalla sua famiglia, che l'ama, la rispetta ed è molto premurosa con lei.
Eppure nel cuore dell'anziana donna c'è una nuvola di tristezza che l'accompagna ormai da tanti e tanti anni.
Il suo pensiero va all'amato figlio, che tutti credono sia morto quando aveva tre anni.
Tutti tranne sua madre: Anni è infatti convinta che egli non sia morto tanto tempo fa, ma che anzi sia ancora vivo; certo, sarà anziano (avrà più di ottant'anni), ma vivo. E, considerata l'età, non gli resta chissà quanto ancora da vivere... Sarebbe così bello avere conferma del fatto che non è morto da piccolo e che abbia, magari, condotto una vita serena e felice...!
Anni ci spera con tutto il cuore e qualcosa le dice che ha ragione; del resto, non ha mai avvertito il canto degli spiriti ad annunciarle la morte del suo "bambino", e siccome il suo sesto senso non ha mai fallito, non ha ragione per credere che su suo figlio Moh sia successo.
Anni, infatti, ha sempre avuto un dono speciale, tramandatole da sua madre e che lei di certo ha trasmesso a qualcuno della famiglia: il dono di sentire le cose prima che avvengano e che le si palesano attraverso un canto speciale, che sente solo lei; un canto che può essere triste o lieto, in base a ciò che sta per accadere a lei o alle persone cui vuol bene (che siano vicine o lontane non ha importanza). Non solo, ma Anni ha imparato da sua madre degli importanti princìpi della medicina ayurvedica, così sa come usare piante e spezie naturali per poter guarire i malanni delle persone.
Consapevole che i suoi giorni sulla terra sono quasi giunti al termine, Anahita decide di consegnare al giovane pronipote Ari Malik (nipote di sua figlia Muna) un manoscritto per lei fondamentale; in esso c'è la storia della sua vita e si parla del figlioletto perduto, di Moh: Anni è convinta che Ari (l'unico tra i nipoti ad avere ereditato gli occhi blu, proprio come Moh) possa, leggendolo, scoprire quale sia stato realmente il destino di Moh.
Il giovanotto, però, è completamente assorbito dal lavoro e dalla carriera; la sua professione, che lo porta a viaggiare moltissimo, prende il sopravvento nella sua vita, rovinandogliela in parte: la fidanzata lo lascia e si sposa con un altro; i suoi genitori restano feriti dalla sua assenza al funerale di nonna Anahita. Insomma, Ari dopo dieci anni dalla dipartita della sua saggia bisnonna, deve farsi qualche domanda su come e per cosa sta vivendo e cercare di ritrovare se stesso.
Quale modo migliore se non ripartire dalle proprie radici?
Si ricorda allora del manoscritto di Anahita, che lui aveva riposto in un cassetto con noncuranza. Una sera lo prende e comincia a leggerlo, scoprendo che in realtà esso è una lunghissima lettera che la bisnonna ha scritto all'amato figlioletto perduto Moh.
Immergendosi nella lettura - e il lettore con lui - Ari ha modo di conoscere la vita di Anahita sin dall'infanzia trascorsa in India, i poteri speciali della sua mamma guaritrice, l'amicizia con la principessina indiana Indira (con cui si instaurano un legame ed un'affinità incredibili, che daranno vita ad un'amicizia bellissima, vera, di quelle che forse sbocciano rare volte nella vita), il viaggio delle due amiche in Inghilterra per studiare in collegio, l'inizio della prima guerra mondiale e il trasferimento temporaneo nel Devon, presso la dimora della vedova (lady Maud) di un ex ufficiale britannico, per sfuggire ai bombardamenti.
Le due signorine si ritrovano, quindi, a soggiornare nell'imponente ed immensa Astbury Hall, dove però ricevono trattamenti decisamente differenti: se Indira è, ovviamente, trattata come la principessa che è, con tutti i privilegi che ne conseguono, Anni è considerata alla stregua di una cameriera.
La ragazzina capisce dal primo momento che lady Maud la guarda con disprezzo e non fa nulla per dimostrarle il contrario, anzi; ciò quello che non immagina è che quella donna sarà per lei una vera spina nel fianco anche negli anni a venire...
Ari apprende come la sua bisnonna abbia sviluppato un carattere determinato e una forza interiore che l'aiuteranno nei tanti momenti di sconforto che la vita le metterà davanti; diventerà una bravissima infermiera e nel suo cuore prenderà posto un grande amore, quello per Donald Astbury, il figlio di lady Maud.
Tra i due nasce un sentimento solido, puro: nonostante la consapevolezza di come le differenze sociali siano profonde tra loro, i due si amano senza esitazioni e con la passione e lo slancio tipici dell'età, di chi è giovane e sente di poter vincere contro tutto e tutti pur di godere appieno della propria felicità accanto all'amato/a.
Ma sono tempi in cui le apparenze, il titolo nobiliare e gli obblighi verso la famiglia sono inderogabili, e difendere il loro amore e gridarlo e viverlo alla luce del sole non sarà, per Donald ed Anni, una passeggiata.
Soprattutto a causa di quell'arpia di lady Maud, il cui egoismo causerà non pochi danni in famiglia.
Il racconto del passato (1911-1922) - attraverso la lettura del manoscritto - è interrotta dalla narrazione del presente (2011), in cui le vicende di Ari e il suo interesse per la storia di Anahita e dello zio Moh scorrono parallelamente (per poi incrociarsi) con la storia di un altro personaggio principale: Rebecca Bradley.
Bella e famosa attrice americana, Rebecca si trova ad Astbury Hall, l'antico castello scelto come set del suo nuovo film.
Ha un fidanzato, Jack, anch'egli attore, col quale però è un po' in crisi, soprattutto dopo che egli ha annunciato che lui e Rebecca si sposeranno; peccato che la fidanzata non abbia ancora detto sì... e anzi, più passano i giorni e più i dubbi sulla voglia di legare la propria vita con quella di Jack, aumentano.
Star lontana da lui - con la motivazione del lavoro - potrebbe giovare al suo umore e chiarirle le idee circa la sua relazione.
Il film che sta girando è ambientato in un'epoca passata e, per entrare meglio nella parte del personaggio, Rebecca indossa i bellissimi abiti di una lady che ha vissuto ad Astbury: lady Violet, la nonna dell'attuale proprietario, lord Anthony Astbury.
L'uomo è un individuo particolare, schivo, solitario, non amante del caos e molto sulla difensiva circa la storia della propria famiglia; con Rebecca (che si ritrova a soggiornare lì per evitare l'assalto dei giornalisti) è fin troppo gentile e insiste sulla somiglianza tra lei e sua nonna Violet, particolare che in effetti non è sfuggito alla stessa attrice...
Come anticipavo prima, il soggiorno di Rebecca nel maniero si interseca con l'arrivo di Ari Malik, il quale giunge in quei giorni ad Astbury Hall con una misteriosa richiesta: avere delle informazioni sulla propria defunta bisnonna, Anahita Chavan che - stando al racconto lasciato nelle mani di Ari - ha trascorso non poco tempo tra quelle sontuose e antiche mura.
Forse, indagando sulla storia della nobile famiglia, sarà possibile accedere a qualche informazione utile per mettere insieme tutte le tessere del puzzle e chiarire cosa sia successo davvero a Moh, a quel figlio frutto di un amore tanto grande quanto fortemente contrastato.
E mentre lord Anthony si dimostra palesemente infastidito dalla curiosità del giovane indiano nei confronti dei propri antenati, Rebecca ha modo di leggere il diario personale di Donald Astbury, che chiarisce alcuni punti della storia tra lui ed Anni.
Come sempre fa (faceva, purtroppo...) la Riley nei suoi romanzi, il lettore viaggia tra passato e presente, da un luogo all'altro, ascolta più voci ed è portato ad immedesimarsi in più personaggi e punti di vista, facendosi un quadro della situazione progressivamente più chiaro e completo, che lo irretiscono completamente, trasportandolo nelle atmosfere di diversi anni prima e in luoghi lontani ed esotici come l'India ai tempi della colonialismo britannico, che attraverso gli occhi di una giovanissima Anni ci appare magica, colorata, affascinante; ma il fascino non finisce quando ci si sposta in Inghilterra, dove veniamo introdotti nella bella villa degli Astbury, con le sue feste, le sue etichette.
E anche in tempi più recenti, Astbury Hall esercita un magnetismo misterioso: su Ari, ansioso di chiudere il cerchio su nonna Anni e lo zio Moh; su Rebecca, che sembra la reincarnazione della defunta lady Violet e che si lascia coinvolgere (a livello fisico, oltre che emotivamente) dalla storia di questa famiglia al punto di vivere la propria permanenza nel castello con un senso crescente di inquietudine, ansia, irrequietezza.
Uno stato d'animo che contagia pure il lettore, anche perché ogni tanto, nel corso della narrazione, con perizia l'Autrice introduce piccoli e sibillini elementi che ci fanno presagire che sotto c'è un mistero, che forse lord Astbury nasconde un segreto, e con lui la sua fedelissima cameriera...
Mi sono piaciute moltissimo la sfumatura mystery e la pennellata di giallo (direi "quasi thriller") che a un certo punto daranno un bel tocco di suspense al racconto, alzando l'asticella della tensione narrativa, che poi porterà alla "soluzione" di ogni nodo, mistero e dubbio.
Durante la lettura delle interessantissime vicende e avventure che vedono protagonisti Anahita, Indira, Donald, Ari, Rebecca ed Anthony (e di volta in volta, con loro, tutti gli altri personaggi secondari ma tutt'altro che irrilevanti) ho provato un'altalena di emozioni, e andando verso il finale esse sono confluite in una diffusa venatura malinconica, nostalgica: in più di 600 pagine, accadono molte cose, belle e brutte, felici e tristi, e si giunge alla fine con la speranza di sapere cosa sia successo a Moh, perché in fondo è da lì che siamo partiti: dal desiderio mai sopito di una madre di sapere che ne è stato del proprio adorato figliolo, drammaticamente strappatole dalle braccia.
E la Riley, con la delicatezza e la carica empatica che le appartengono, aggiunge - andando verso l'epilogo - un particolare che unisce mamma e figlio e che a me ha regalato un brivido di commozione: la vita è stata severa con Anahita, le ha tolto tanto, soprattutto in termini di persone amate, ma c'è un momento, breve e veloce - e a lei ignoto - in cui si verifica una sorta di... "congiunzione astrale", e in cui la verità sarà vicinissima al suo cuore.
Che altro aggiungere?
Ho amato questo romanzo dalla prima all'ultima pagina; l'ho trovato davvero molto bello, emozionante, ricco di intrecci sapientemente costruiti, di personaggi accattivanti, variegati e tratteggiati in maniera completa; suggestive le ambientazioni indiana ed inglese, il periodo storico (l'Autrice, come del resto era sua abitudine, è stata molto accurata circa il contesto storico-sociale), l'alternanza tra presente e passato, la scrittura attenta, generosa..., in una parola... tutto!
Chi mi legge da un po' lo sa, amo la Riley, le sue storie non mi hanno mai delusa e resterà una delle mie scrittrici preferite; mi fa tristezza il pensiero che ci è stata tolta troppo presto. Sono certa che ci avrebbe fatto sognare ancora.
Fortunatamente, è stata una scrittrice prolifica, per cui ho ancora diversi suoi romanzi da recuperare.
È un romanzo corposo ma scorre fluido e agile in modo sorprendente. Consigliato a chi ha voglia di viaggiare con l'immaginazione in luoghi e tempi lontani e di tuffarsi in storie intricate ed intriganti, che danno il tempo di affezionarsi ai personaggi e alle loro vicissitudini.