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lunedì 8 gennaio 2024

* RECENSIONE * L'AMORE MOLESTO di Elena Ferrante



Con la sua penna affilata e schietta, Elena Ferrante scava nel rapporto tra una donna e la sua sfuggente madre, morta suicida (almeno così sembra).


L'AMORE MOLESTO 
di Elena Ferrante



Ed. E/O
176 pp
"Ero così decisa a diventare diversa da lei, che perdevo a una a una le ragioni per assomigliarle."


A quarantacinque anni Delia diventa orfana di madre; proprio nel giorno del suo compleanno, infatti, Amalia viene ritrovata morta, annegata nel tratto di mare di fronte alla località che chiamano Spaccavento.

Che cosa l'è accaduto? Perché si è tolta la vita, ammesso che sia suicidio?
C'era qualcuno con lei la notte in cui è morta? 

Delia fa ritorno da Roma nella città natale, Napoli, in cui viveva la mamma, per organizzare le esequie e, soprattutto, per indagare su questa morte tanto improvvisa quanto tragica.
Sua madre, una donna di sessantatré anni, aveva indosso solo un reggiseno di pizzo, lezioso e lontano dal genere di biancheria - decisamente più semplice - solitamente da lei indossata. 
Delia ripensa al fatto che prima di morire la madre l'avesse chiamata diverse volte al telefono per raccontarle di un uomo che la importunava; si era lasciata andare ad una serie di frasi sconnesse, illogiche, che aveva impensierito la figlia lontana.

E adesso Amalia è morta, non c'è più e Delia non può rivolgerle alcuna domanda.

Eppure il desiderio e l'impellente bisogno di sapere, di indagare, di far cadere ogni velo di mistero sulla propria genitrice, la costringono a restare a Napoli.

Chi era davvero Amalia?

Se lo chiede, Delia, perché si accorge di conoscerla poco, in fondo.
Era la madre di tre figlie femmine, con le quali a un certo punto è andata via di casa, lasciando da solo il marito violento, che per anni l'aveva riempita di botte e tormentata con la sua folle gelosia.

Ne aveva ben donde il padre, di essere roso dalla gelosia più cieca e violenta? Amalia era realmente una donna ambigua, una moglie bugiarda, con una doppia vita, che amava farsi ammirare dagli uomini e sedurli?

"L'infanzia è una fabbrica di menzogne che durano all'imperfetto: la mia almeno era stata così."

Delia riporta alla memoria molti frammenti di ricordi legati all'infanzia a Napoli, in casa con quel padre duro, aggressivo, rozzo, e quella madre inafferrabile, che sembrava non disdegnare le attenzioni di altri uomini e che subiva, remissiva, gli insulti e le botte del marito; alcuni ricordi sono confusi, altri più chiari e Delia capisce che solo buttandosi a capofitto nella caotica e rumorosa città da cui è fuggita, può cercare di capire tante cose su Amalia e, di riflesso, su sé stessa.

Ed è ciò che fa.

Resta a Napoli e comincia a far domande: alla vicina di casa, al burbero e apprensivo zio Filippo (fratello della madre), va in giro per le strade, immergendosi nei chiacchiericci e nelle grida dei vicoli, nel trafficare delle motorette, camminando di fretta sul selciato, respirando gli odori forti di quella vivace città di mare, nella quale si sente ora estranea (non riesce più a parlare il dialetto napoletano in modo spontaneo, fluente, ma anzi il suo ne è una brutta copia, stentata e quasi ridicola) ora parte integrante di qualcosa che le appartiene nelle viscere, nell'anima, di cui è figlia.

Sale e scende dagli autobus, immaginandosi assieme ad Amalia, mentre uomini sconosciuti allungano le mani e lanciano sguardi insistenti e lascivi; va nel negozio di biancheria in cui è stato acquistato il capo di intimo che la madre aveva su quando è annegata.
Incontra persone che potrebbero, in qualche modo, aiutarla a capire, ricordare, mettere a fuoco; tra questi c'è un individuo la cui presenza - tanto nel presente quanto nel passato - è molto ingombrante: Caserta, un uomo anziano che sua madre ha frequentato, che suo padre ha picchiato e con cui pare che Amalia avesse (avuto?) un relazione, che fosse solo di amicizia o qualcosa di più Delia non lo sa con certezza, ma di certo questo Caserta la inquieta, un po' la spaventa e sicuramente la ripugna.

Quella di Delia si trasforma in una sorta di indagine che si snoda in una Napoli libera e soffocante insieme, personaggio in prima linea e vivo tanto quanto le persone che ruotano attorno alla protagonista.

Il quadro che ne viene fuori è quello di vicende famigliari come tante se ne vedono, fatte di quotidiani strazi e litigi, di tradimenti veri o presunti, di donne (mogli, madri, sorelle) che ci si aspetta siano e restino sempre sottomesse, docili, che "le prendano" senza ribellarsi e che restino accanto al coniuge anche quando questi sarebbe capace di ammazzarle.

Delia cerca di ricostruire "il personaggio" di Amalia, di individuarne la vera identità, i difetti e le qualità, e il lettore si ritrova a fare lo stesso "lavoro": Amalia è una donna che ha cercato di essere libera nonostante le percosse, le ingiurie continue, le umiliazioni, le limitazioni; faceva il contrario di ciò che il violento marito si aspettava da lei, pur essendo brava a rabbonirlo con qualche parola mansueta.

Più "conosce" Amalia, più Delia crede di vederne le enormi differenze rispetto a sé stessa.
Fa di tutto per convincersene: Io non sono come te.
Ma la domanda iniziale resta: chi era Amalia?  Perché per prendere le distanze da lei, per dichiarare la diversità e la lontananza dal modello femminile materno, Delia deve prima capire chi era realmente la donna.

In questo travagliato processo di costruzione, decostruzione e ricostruzione dell'immagine materna,  del suo passato, della sua complessa personalità, del loro rapporto madre-figlia, Delia viene messa davanti a diverse e scomode verità, che la turberanno non poco e la spingeranno ad avere diversi confronti e faccia a faccia (con l'odiato padre, ad es.), difficili ma necessari, e soprattutto a capire meglio sé stessa, a mettere ordine tra i ricordi infantili che per decenni sono rimasti come sospesi nella sua memoria. 
La morte della madre, inspiegabile e inaspettata e, per questo, in un certo senso avvolta nel mistero, diventa l'opportunità per la riservata e sola Delia per guardarsi dentro con onestà, senza filtri e distorsioni.

"Ero, all'imperfetto. Mi sentivo lei coi suoi pensieri, libera e felice, sfuggita alla macchina per cucire, ai guanti, all'ago e al filo, a mio padre, alle sue tele, alla carta giallastra su cui era finita in sgorbi sanguigni. Ero identica a lei e tuttavia soffrivo per l'incompiutezza di quell'identità. Riuscivamo a essere «io» solo nel gioco, ormai, e lo sapevo."

"L'amore molesto" è un romanzo breve, si legge (per me: si ascolta) in un soffio, scorre senza intoppi grazie a una scrittura tagliente, energica e quasi aggressiva, al racconto verace della città di Napoli e dei suoi abitanti, all'alone di mistero concernente Amalia (la sua personalità, le sue azioni passate, i suoi legami), all'intensità emotiva (a volte delicata, più spesso brutale) che sprigionano le vicende personali e famigliari narrate.

Leggere l'esordio letterario di Elena Ferrante mi ha messo su una gran voglia di restare a Napoli, riprendendo magari le tetralogia dell'Amica geniale, come mi sono ripromessa di fare.

sabato 6 gennaio 2024

⌛ RECENSIONE ⌛ IL SENSO DI UNA FINE di Julian Barnes



Un romanzo breve ma che, attraverso numerosi flashback e ricordi da parte del protagonista, con intensità e con una scrittura raffinata, colta e coinvolgente, induce a riflettere sul senso dell'esistenza, dello scorrere del tempo e sugli inganni della memoria.


IL SENSO DI UNA FINE 
di Julian Barnes 



Einaudi Ed.
trad. S. Basso
161 pp
"Con quale frequenza raccontiamo la storia della nostra vita? Aggiustandola, migliorandola, applicandovi tagli strategici? 
E più avanti si va negli anni, meno corriamo il rischio che qualcuno intorno a noi ci possa contestare quella versione dei fatti, ricordandoci che la nostra vita non è la nostra vita, 
ma solo la storia che ne abbiamo raccontato. 
Agli altri, ma soprattutto a noi stessi."


Ricevere un'eredità a sorpresa, senza che il beneficiario se lo aspetti, è sicuramente un evento che fa piacere, a prescindere poi dall'entità materiale del lascito.

È ciò che succede a Tony Webster, un uomo in là con gli anni al quale giunge una lettera da parte di un avvocato che gli annuncia un’inattesa quanto enigmatica eredità.
Ad avergliela lasciata è una certa Mrs Sarah Ford, deceduta da qualche mese. 

Chi è Sarah Ford?

No, non è una quasi sconosciuta zia zitella che lo ha nominato unico erede dei propri beni, bensì una persona che sbuca dal lontano passato di Tony e che egli ha visto una sola volta nella propria vita (e ben 40 anni fa!), vale a dire quando era uno studente universitario ed aveva una relazione con la figlia di Sarah, Veronica.

Con Veronica non è durata molto eppure quel fidanzamento ha avuto la sua importanza per Tony (per diverse ragioni, di cui una in particolare e che coinvolge un'altra persona vicina a lui), che trascorse anche una notte a casa dei genitori di lei, unica occasione in cui conobbe Sarah Ford.

L'eredità lasciatagli dalla mancata suocera è accompagnata da un'informazione che stupisce Tony e lo riporta con virulenza indietro nel tempo, facendo riaffiorare tanti ricordi di gioventù e non pochi turbamenti, sensi di colpa, indefiniti rimpianti: oltre a ricevere dei soldi, a Tony spetta anche la copia originale del diario di Adrian Finn.

Chi è Adrian Finn?

Adrian è stato un carissimo amico di Tony negli anni della scuola; assieme ad altri due compagni, formavano un quartetto di inseparabili, tra i quali Adrian spiccava e si distingueva per essere il più colto tra loro, il più intelligente, quello che si lasciava andare a disquisizioni filosofiche con la stessa facilità e dimestichezza con cui gli altri parlavano di ragazze, a ragionamenti su argomenti importanti ed esistenzialistici, insomma non era un giovanotto vanesio ma, anzi, un tipo intellettuale che prometteva una bella e onorata carriera in qualsiasi ambito avesse scelto di lavorare.

Adrian era suo amico anche nel breve periodo in cui Tony aveva frequentato Veronica ed ha smesso di esserlo quando, lasciato da Veronica, il giovane Webster era stato informato dallo stesso Finn del proprio fidanzamento... con Veronica.

Veronica e Adrian insieme?

Per Tony è stato un colpo, una sorta di doppio tradimento: Veronica ha mollato lui per mettersi con quel noioso di Adrian? Inconcepibile!! E lui che era praticamente il suo migliore amico che fa? Si mette con la sua ex?

Il legame d'amicizia tra i due ragazzi si spezza e dopo non molto Tony apprende, con grande turbamento e dispiacere, una spiacevole notizia riguardante Adrian..

La narrazione è un continuo andare dal passato al presente, un flusso di ricordi tramite i quali il protagonista ci porta con sé negli anni in cui era uno studente, raccontandoci il suo rapporto con i coetanei, le esperienze che hanno caratterizzato la propria educazione morale, sentimentale e sessuale, le delusioni, il senso di inadeguatezza e quella fastidiosa consapevolezza che sin da giovane l'ha accompagnato, per non abbandonarlo neppure nella senilità: l'essere un individuo dalla natura così... piatta, il suo essere "grigio", mai brillante, privo di qualsiasi guizzo o dinamicità che lo inducessero mai a primeggiare, a porsi obiettivi ambiziosi.

Tony Webster è sempre stato un uomo privo di grosse qualità, mediocre in tutto: nel lavoro, negli studi, nei rapporti interpersonali, in amore, come marito e padre.
Lui si definisce tranquillo e pacifico ma Veronica era convinta - già da quando erano giovani - che egli fosse un codardo, uno che teneva lontano il rischio, che non si faceva domande "pericolose" che potessero scuoterlo e minare le sue scarse certezze; uno che "ristagnava", privo di nerbo, di verve.

Nel presente, Tony ci racconta del proprio matrimonio e di come esso sia finito in un divorzio; con l'ex - Margareth - ha mantenuto ottimi rapporti ed infatti a lei l'uomo confida insicurezze, pensieri, dubbi, perplessità in merito a tutto ciò che lo tormenta: la singolare decisione di questa emerita (quasi) sconosciuta, il ricordo di Veronica, della loro fugace storia d'amore, i problemi riscontrati in quella breve relazione, l'amicizia (interrotta) con Adrian.

A Margareth Tony non nasconde nulla perché lei è sempre stata un punto di riferimento solido, un porto sicuro: lei così serena, imperturbabile, comprensiva, ascoltatrice empatica, paziente e soprattutto limpida, trasparente, onesta, priva di zone d'ombra.
Margareth non è mai stata una donna misteriosa, al contrario di Veronica, furba, enigmatica, circondata da un alone di mistero che inevitabilmente le conferiva un certo fascino.

E Veronica ricompare anch'ella nel presente, portandosi dietro il suo essere complicata, difficile da capire e con cui Tony ha sempre avuto problemi a rapportarsi, essendo lui fin troppo banale e semplice nei confronti di tutti e di ogni cosa.

Ricordate il diario di Adrian che Mrs Ford ha lasciato scritto debba andare a Tony Webster? Ebbene, è nelle mani di Veronica, che non ha alcuna intenzione di darlo a quell'ex che, da 40 anni a questa parte, non è cambiato per niente.
Per lei, Tony Webster non capiva niente prima e non capisce niente neppure adesso; gli sfugge ogni dettaglio importante, lo si deve imboccare come fosse un ragazzino a cui spiegare tutto.

Perché Veronica si rifiuta di separarsi da quel diario? E perché Tony ci tiene tanto ad averlo, cosa crede (o spera) di trovarvi scritto e che sia, in qualche modo, "dedicato a lui"?

"Il senso di una fine" esplora con grande finezza psicologica e una notevole fluidità la vita con i suoi dolori inesplorati, i segreti, i rimorsi che fanno male ("significa morsicato due volte: ed è questa la sensazione che si prova"), la fallacia che emerge quando si raccontano episodi del passato illudendosi di farlo in maniera oggettiva quando invece la memoria è fragile, è costellata di "buchi" e inganni, intaccata da cose non dette, dalla mancanza della giusta ed esatta "documentazione storica" e quindi delle informazioni sufficienti.

Quanti errori di valutazione si commettono perché crediamo che l'evento x sia conseguenza dell'evento y, ma non sapevamo in realtà che c'erano di mezzo altri fattori a complicare il tutto?

Leggiamo di suicidi e delle possibili e razionali ragioni di chi sceglie di porre fine alla propria vita, di rapporti umani (amicizia, amore), dell'influenza della filosofia su alcune menti più brillanti di altre, di reminiscenze inaffidabili, di spiegazioni sbagliate che ci si è dati di fatti che invece si conoscevano poco o per niente, di parole atroci dette e che ormai è impossibile rimangiarsi, della tristezza provata nel rendersi conto di quanto inetti si è stati in certi momenti e in certe azioni, di come si sarebbe potuto affrontare determinate fasi della vita con più coraggio e non con quella mollezza che dà un senso di illusoria tranquillità.

Come spesso accade alle storie in cui il filo della memoria lega il racconto del presente con il passato, ho avvertito durante la lettura delle note malinconiche e nostalgiche, a volte struggenti, figlie della consapevolezza di come non ci resti unicamente che la possibilità di pensare a ciò che è stato senza potervi intervenire per modificarlo, per correggere il tiro, per chiedere scusa a chi si è ferito, per rimediare agli errori commessi.

Un libro che mi è piaciuto per lo stile e le tematiche presenti.

Cercherò altro di questo autore.


ALCUNE CITAZIONI


"Che ne sapevo io della vita, io che ero sempre vissuto con tanta cautela? Che non avevo mai vinto né perso, ma avevo lasciato che la vita mi succedesse? Io che avevo avuto le ambizioni di tanti, ma che mi ero ben presto rassegnato a non vederle realizzate? Che avevo evitato il dolore e l’avevo chiamato attitudine alla sopravvivenza?"

"...sono comunque gli occhi che continuiamo a guardare, no? È negli occhi che abbiamo incontrato l’altro ed è lì che ancora lo troviamo. Gli stessi occhi nella stessa faccia di quando ci siamo conosciuti, abbiamo fatto l’amore, ci siamo sposati..."

"All’improvviso mi sembra che una delle differenze tra la gioventù e la vecchiaia potrebbe essere questa: da giovani, ci inventiamo un futuro diverso per noi stessi; da vecchi, un passato diverso per gli altri."

"Il tempo però… ah, come può trascinarci alla deriva e confonderci le idee. Credevamo di aver raggiunto la maturità quando ci eravamo soltanto messi in salvo, al sicuro. Fantasticavamo sul nostro senso di responsabilità, non riconoscendolo per quello che era, e cioè vigliaccheria. Ciò che abbiamo chiamato realismo si è rivelato un modo per evitare le cose, ben più che affrontarle. Già, il tempo ci riserva… il tempo necessario a farci percepire le nostre più salde risoluzioni come traballanti, le nostre certezze come capricci momentanei."

"La vita non è solo fatta di somme e sottrazioni. C’è anche l’accumulo, la moltiplicazione delle perdite, dei fallimenti."

"Certe volte penso che lo scopo dell’esistenza sia quello di riconciliarci, per sfinimento, con la sua perdita finale, dimostrandoci che, indipendentemente dal tempo che ci vorrà, la vita non è affatto all’altezza della propria fama."

sabato 30 dicembre 2023

🌾 RECENSIONE 🌾 PREZIOSO VELENO di Mary Webb



Nella placida campagna inglese, la vita della giovane Prudence Sarn è un continuo lavorare nei campi, da mattina a sera, per aiutare il fratello ad accumulare beni e danaro, con l'obiettivo di diventare un ricco possidente.
Ma quando il lavoro diventa ossessione per la ricchezza a discapito dei sentimenti e dei legami umani, esso si trasforma da fonte di benedizione a una vera e propria maledizione.



PREZIOSO VELENO 
di Mary Webb


Ed. Elliot
283 pp
Prue Sarn è solo una ragazzina quando suo padre muore, di botto e senza che se ne sia mai compresa la reale causa.
Una cosa è certa: la sera in cui è morto, l'uomo aveva appena finito di rimproverare aspramente lei e il fratello maggiore Gideon per aver mentito e non essere andati in chiesa ad ascoltare il sermone del pastore.
Furioso per la sfuriata paterna, il giovane Gideon gli aveva dato una testata nello stomaco e il genitore era morto all'istante.

Questo singolare episodio (raccontato da Prue all'inizio della storia) ci dà una prima idea di chi e cosa sia Gideon Sarn: un ragazzo (e poi un uomo) orgoglioso, quasi sempre serio, dal temperamento iracondo, facile alle sfuriate, alle urla, agli improperi più duri e feroci, restio a perdonare e fin troppo fedele nel serbare rancore.

Ma Prue ci tiene a precisare, nel corso del racconto che Gideon era sì un uomo testardo, dalla volontà granitica, ma sapeva essere anche generoso, a volte sorrideva e, in alcuni momenti, è stato capace di gesti dolci e gentili.

Prue racconta al lettore la storia della sua famiglia a ritroso, andando indietro nel tempo con la memoria e presentandoci via via i vari personaggi che hanno contribuito a rendere la sua vita a Sarn meno noiosa.

Ci parla della sua mamma, una donnina timida, riservata, dall'animo semplice e puro come quello di un bambino, incapace di essere una figura genitoriale con un minimo di autorevolezza e, anzi, dal carattere arrendevole, pronta a farsi piccola piccola a un accenno di rimprovero, sempre impaurita e col timore di fare e dire la cosa sbagliata.
Una persona come Gideon, forte e con la tendenza a comandare, non può che guardare con disprezzo persone come la mamma, che per lui sono più un peso che un aiuto.

E sì, perché Gideon ha sempre visto gli altri in funzione del lavoro da assegnare loro nei propri campi: se mi servi, ok, se batti la fiacca, potresti anche togliere il disturbo perché sei solo una bocca da sfamare.

E Gideon Sarn non ha soldi e cibo da buttare: lui deve lavorare, lavorare, lavorare... per accumulare, fare soldi, comprare terre, case e diventare ricco, ricchissimo! L'uomo più ricco di Sarn.

Prue gli è utile per raggiungere i propri scopi: lei è ubbidiente, instancabile lavoratrice, non si tira indietro dallo sgobbare fuori e dentro casa, per cui è la sorella-aiutante ideale.
Se non ci fosse Prue, Gideon non riuscirebbe a fare progressi verso il proprio obiettivo.

E Prue lo vede come il fratellone, con le sue spalle larghe, il suo sguardo immobile e concentrato, le sue gambe solide, la braccia vigorose, dedica forze, tempo e risorse nel duro lavoro nei campi: pretende che chi lavora per lui si dia da fare ma egli è primo che non si risparmia. Esiste solo il lavoro per Sarn.

Non ha amici, non coltiva grandi relazioni sociali, non gode del tempo in pace con la famiglia... Una sola persona riesce a farsi strada nel suo cuore (e comunque senza mai distoglierlo dal lavoro) ed è Jancis, una dolce e bionda fanciulla, tanto bella quanto amabile, che lo ama e che vuol essere la moglie di Sarn.
Gideon sembra far sul serio con lei, anche se Prue vede come non la tratti sempre bene e lei stessa si ritrova di sovente a consolare una Jancis in lacrime a causa della durezza e del cinismo del fidanzato.

Prue è una ragazza buona, generosa, servizievole, una figlia premurosa e una sorella obbediente; non è sempliciotta come la mamma, bensì è intelligente, ha uno spirito libero, si impegna per imparare a leggere e scrivere, ha l'abitudine di riportare impressioni, pensieri, sentimenti e fatti salienti in un quadernetto, che tiene in soffitta, al riparo da occhi indiscreti.
Ha un corpo bello e formoso al punto giusto e sarebbe anche bella se non fosse per un difetto congenito visibile a tutti: ha il labbro leporino.

E questa è, al suo tempo e nel suo villaggio incastonato tra i campi e le foreste delle Midlands Occidentali, una malformazione malvista dalla gente, che vede in essa un che di luciferino, di malvagio, legato al mondo della stregoneria.

Le superstizioni sono qualcosa di duro a sparire e Prue, nella sua sita, ne farà le spese varie volte.

Quando è in mezzo a persone che non conosce, Prue si accorge degli sguardi che la trafiggono: sguardi di disapprovazione, disprezzo, diffidenza, paura, malignità. Niente di buono, insomma, né di gentile o amichevole.

C'è solo uno sconosciuto che riesce a guardarla con simpatia, per nulla impressionato dal labbro leporino: il tessitore Kester Woodseaves (che non è del posto), il quale sembra apprezzarla nonostante la sua "deformità". I suoi sguardi aperti e franchi fanno arrossire Prue, che non vi è abituata e non crede davvero che qualcuno (un giovane uomo tanto meno!) possa posare gli occhi su di lei e sorriderle, parlarle in amicizia, con affabilità, senza chiamarla strega.

Il cuore di Prue Sarn si apre al dolce sentimento dell'amore, pur consapevole che un uomo istruito e ambito come Kester non potrebbe mai scegliere una donnina infelice come lei.

Le settimane e i mesi passano, tra faticosi lavori nei campi, giorni di mercato, chiacchiere di paese e una larga parte della narrazione di Prue scorre placida come un ruscelletto il cui corso nulla devia o inquina; del resto, la vita di campagna è notoriamente sinonimo di lavoro, certo, ma anche di pace, tranquillità, silenzi interrotti soltanto dai lieti suoni e rumori della natura o dell'operare umano.

La natura ha il suo posto importante nella storia e ad essa si dà spazio e risalto attraverso descrizioni poetiche, molto minuziose e gradevoli da leggere, che instillano il desiderio di essere lì, di camminare tra il grano giallo e alto, di fermarsi a guardare gli animali al pascolo o ad ammirare le specie più diverse di piante, alberi e fiori, di chiudere gli occhi per ascoltare meglio il canto degli uccellini, di restare a guardare il sole rosso fuoco mentre incontra la distesa di terra arata e si tuffa in essa, di fantasticare sulla forma delle nuvole in cielo...

La serenità e la quiete proprie di questo magnifico paesaggio fanno da cornice alle vicende narrate che, da un certo momento in poi, perdono il carattere della tranquillità per far posto ad avvenimenti più vivaci e non in senso buono...: cominceranno ad accadere, a Prue e ai suoi cari, una serie di fatti che ruberanno la pace e l'armonia dalla sua casa e a portare sconforto, smarrimento, perdite materiali e conseguente disperazione e rabbia, addirittura morte.

Un susseguirsi di tragedie dolorose, troppe per un'anima sensibile come Prue, che dovrà affrontare l'ultima prova, quella più difficile e che la riguarda personalmente perché ha a che fare con ciò che lei è e come, purtroppo, viene giudicato da persone cattive, maligne e molto ignoranti.

Cosa ne sarà della sete di beni materiali che rischia di divorare ogni possibilità di felicità per Gideon?
Cosa ne farà il buon Kester dei sentimenti sinceri e silenziosi dell'innamorata Prue, convinta di non meritare l'amore di alcun uomo?

"Prezioso veleno" è un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1924 ed è considerato un classico della letteratura inglese, in cui l'autrice ha ben disegnato, con la forza evocativa delle parole, la fatica e l'impareggiabile bellezza della vita rurale dell'Inghilterra ai tempi di Napoleone; una bellezza e un paesaggio bucolico sporcati da superstizioni e leggende popolari mischiate a tanti passi delle Sacre Scritture che, in base al cuore -puro o meno- di chi le cita, vengono citate per sostenere e giustificare la propria condotta.

Confesso di aver risentito, per almeno metà libro, della lentezza di una narrazione fin troppo rilassata, in cui non accadeva granché di eccitante, ma questo "problema" l'autrice l'ha risolto andando verso la fine, quando una sequela di disgrazie ha mosso le acque calme delle esistenze di questi uomini e donne di campagna.

Se Prue mi è piaciuta per il suo essere determinata e saggia, onesta ed altruista, gentile ma non debole e, al contrario, molto ardita e coraggiosa quando le circostanze lo richiedevano, ad avermi impressionato per la durezza di cuore, il sangue freddo e il cinismo è stato Gideon, la cui smania di ricchezza non può che portargli più male che bene. A cosa si è disposti a rinunciare pur di perseguire il fine di arricchirsi? *

Consigliato a chi cerca una lettura molto rilassante, dal "sapore" antico, rustico, che racconta di gente semplice e che ha i contorni e il finale di una favola; giunti all'ultima pagina si sorride al pensiero che anche per l'eroina del romanzo possa giungere il momento della meritata felicità.

"Io già ti amo, e se è così mentre gli alberi sono spogli, che cosa succederà quando saranno verdi?"


*  Mi ha fatto pensare a quel passo della Bibbia in sui racconta di un uomo che aveva la stessa "malattia" del giovane: «La campagna di un uomo ricco fruttò abbondantemente; egli ragionava così, fra sé: "Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?" E disse: "Questo farò: demolirò i miei granai, ne costruirò altri più grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all'anima mia: 'Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; ripòsati, mangia, bevi, divèrtiti'". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?" Così è di chi accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio». (Luca 12,16-21)

venerdì 29 dicembre 2023

< RECENSIONE > L'UMILIAZIONE di Philip Roth



Breve e triste storia di un ultra sessantenne che, nonostante la lunga e dignitosa carriera d'attore alle spalle, non riesce più a trovare il senso né del proprio mestiere né di sé stesso. Smarrito, depresso e frustrato, pensa di poterlo trovato in una relazione amorosa.


L'UMILIAZIONE
di Philip Roth

Einaudi
trad. V.Mantovani
113 pp
Simon Axler è un attore di teatro, tra i più famosi e apprezzati della sua generazione, che però - superati i sessant'anni - sente di aver perso la magia dell'amata professione, il proprio talento e quella sicurezza che lo ha sempre accompagnato sul palcoscenico. 

Una sorta di depressione l'ha colto: non si sente più capace di recitare, teme di essere ridicolo, di non piacere più al suo pubblico.
Vede sé stesso come un idiota senza capacità, ormai incamminatosi nel viale del tramonto professionale ed esistenziale.

A nulla servono le esortazioni del suo agente, che cerca di convincerlo che nessuno è esente da momenti di crisi, che però sono passeggeri, non è grave: sono fasi della vita, le si affronta e le si supera, riacquistando fiducia in sé stessi e rialzandosi più forti di prima.

Ma Simon non si lascia persuadere da discorsi retorici e per lui vuoti: al di là delle chiacchiere c'è la realtà dei fatti: lui non riesce più a salire su un palco e si sente sconfitto e inutile.

A livello affettivo, poi, non va meglio, a causa di un matrimonio naufragato alle spalle.

Per non impazzire del tutto decide di farsi ricoverare in un istituto psichiatrico per "curarsi" e rimettersi in sesto; lì conosce una donna, Sybil, che gli racconta la propria drammatica storia e che gli chiede addirittura aiuto per darle una mano a "risolverla". Mano che, saggiamente, l'attore rifiuta di darle in quanto lo metterebbe nei guai...

Uscito dall'ospedale, una nuova opportunità di vita gli si apre ed è rappresentata da una donna più giovane di lui di venticinque anni: Pegeen.
La donna non è una nuova conoscente, tutt'altro: è la figlia di una coppia di colleghi e amici di vecchia data dello stesso Simon.

Con Pegeen scoppia la passione, l'intesa a letto è perfetta e con lei accanto Axler si sente rinascere, si sente vivo e nuovamente in grado di immaginare un futuro non più deprimente.

Ma la disillusione è dietro l'angolo, pronta a sferrare il suo attacco impietoso e fatale alle spalle già stanche del "vecchio" Simon.

"L'umiliazione" è un romanzo breve che ruota attorno alle frustrazioni e alle paranoie del protagonista, la cui mente viaggia a mille all'ora, perdendosi in ricordi, domande, timori, desideri repressi; l'età avanza e non porta con sé saggezza e serenità, né l'equilibrata soddisfazione di aver raggiunto comunque dei traguardi fino a quel momento, bensì è foriera di nuovi terrori e angosce, della cupa consapevolezza di essere sulle soglie di un dirupo, davanti al quale non ci si può che chiedere: "Che faccio, mi butto? Tanto a che serve continuare a vivere?".
L'illusione di poter riassaporare le gioie della vita attraverso la relazione con una donna più giovane, con cui i desideri erotici si risvegliano (le scene riguardanti il sesso sono decisamente esplicite, io le ho trovate più fastidiose che altro), diventa una forma di consolazione a fronte di una prospettiva esistenziale grigia e piatta.
In poche pagine Roth, con il suo inconfondibile stile essenziale e diretto, ci mostra la discesa verso l'autodistruzione di un uomo non più in grado di ritrovarsi e di ritrovare ciò che dà (ancora) senso al proprio esistere, e al quale non restano altro che briciole di disincanto e disinganno.
Roth è un pilastro della letteratura contemporanea, però questo suo romanzo non è proprio un capolavoro imperdibile..., per cui non mi sento di consigliarlo in maniera spassionata, a meno che non siate delle sue fans sfegatate. 


mercoledì 27 dicembre 2023

# RECENSIONE # LA BESTIA di Carmen Mola



Madrid, 1834. Una terribile epidemia di colera sta mettendo in ginocchio la città ma questa non è l'unica piaga ad infestare le strade: c'è un essere spietato, oscuro e inafferrabile che rapisce le bambine dei quartieri più poveri e ne smembra i corpi. 
Lo chiamano la Bestia.
Chi è? Cosa lo spinge a commettere certe atrocità e a profanare i corpi delle povere innocenti, tutte aventi più o meno la medesima età (puberale)?
Un romanzo storico avvincente, con il ritmo di un thriller e le atmosfere cupe di un noir, che ci porta per le vie di una Madrid pericolosa, in cui si annidano spaventosi segreti e intrighi fatali.


LA BESTIA 
di Carmen Mola


Ed. Salani
trad. M. Sottini
496 pp
Lucía è una ragazzina di 14 anni che vive con la mamma Candida e la sorella minore Clara; la loro vita è contrassegnata da stenti, povertà e, adesso, malattia: la mamma si è ammalata di colera, a causa della quale vengono scacciate di casa per questioni di igiene e prevenzione dell'epidemia e da quel momento le cose peggiorano.
Candida muore, lasciando a Lucía tutta la responsabilità di badare alla sorellina.
Racimolare un tozzo di pane secco da mettere sotto i denti è tutt'altro che facile ma Lucía è determinata a non morire di fame e di freddo, e pur di sfamare Clara è disposta a rubare... e non solo.

È proprio un furtarello a dare inizio a quello che sarà per lei e Clara un vero e proprio incubo.
Un giorno ruba, nell'abitazione di un religioso, un anello con uno strano simbolo e non sa, non immagina minimamente che quell'oggetto la metterà in seri guai.

Non solo, ma per garantire cibo e vestiti per sé e per Clara si decide a fare una cosa che, se fosse ancora in vita Candida, non avrebbe mai neanche lontanamente pensato di fare: prostituirsi...

Lucía sa di attirare le attenzioni e gli sguardi lascivi degli uomini, con la sua chioma rossa ribelle, la sua pelle bianca come il latte, il corpo con le forme al posto giusto e un viso già bello che promette di diventarlo ancora di più.

Benché il sol pensiero di concedersi per danaro a degli uomini di ogni genere la ripugni moltissimo, Lucía sente che, in quel momento, è l'unica strada per fare soldi velocemente; il suo obiettivo è prendere Clara e andare via da quella città infestata dalla piaga del colera, verso una nuova vita e un futuro più roseo.

Si reca quindi presso il più noto bordello di Madrid (frequentato anche da uomini importanti e ricchi) e diventa ben presto la preferita di colei che lo gestisce e che vede in quella ragazza dai capelli rossi e dallo sguardo deciso una sicura fonte di guadagni.

Intanto, nei popolosi, sporchi e infettati quartieri poveri di Madrid, la gente non muore solo di colera e altre malattie, o di povertà: la morte sta scegliendo le sue prede: tutte ragazzine di circa 11-12 anni, che all'improvviso scompaiono; alcune di esse, dopo diverso tempo, sono state ritrovate morte, con il loro debole corpo mutilato e con in bocca un oggetto (un distintivo), che parrebbe essere una sorta di "firma" da parte dell'assassino.

La povera gente mormora che si tratti di una creatura mostruosa, feroce e inafferrabile (un grosso animale forse...?), ma non tutti si accontentano di darsi spiegazioni di questo genere, che non portano a nulla e non spingono a indagare ma solo a rassegnarsi di fronte a queste morti.

Del resto, sono solo delle ragazzine provenienti da famiglie di straccioni e la polizia non è motivata a indagare seriamente.
A nessuno interessa individuare la mano assassina? E che dire del destino di quelle ragazze svanite nel nulla e ancora non ritrovate (né vive né morte)?

A qualcuno però interessa e costui si chiama Diego, un giornalista testardo e temerario che non accetta la storiella dell'animale feroce acquattato nel buio che si avventa sulle fanciulle e mette pure nella loro bocca un distintivo (sarebbe assurdo), così decide di avviare una personale e meticolosa indagine, coinvolgendo l'amico Donoso, un poliziotto guercio, cinico ma leale.

Diego si appassiona al caso della cosiddetta Bestia, fa domande in giro, cerca di collegare informazioni e possibili indizi, vuol mettere in guardia i madrileni circa la presenza di un assassino di bambine che si aggira tra loro, ma trovare appoggi è difficile, a cominciare dal capo del giornale per cui scrive e che è scettico nel voler affrontare un caso su cui c'è poco materiale e nessuna certezza.

Determinato e mosso da giusti principi, Diego non si arrende e quando conosce la duchessa Ana Castelar (di cui si infatua, ricambiato) crede di aver trovato in lei un'alleata nella ricerca della verità; non solo, ma il destino gli presenta anche Lucía, che è disperata perché Clara è scomparsa, non si trova da nessuna parte e non c'è alcuno che possa aiutarla a capire dove sia finita.

E se fosse anche lei vittima della Bestia?

A complicare le cose si aggiunge un fatto inaspettato che, se da una parte potrebbe sembrare la soluzione al caso delle ragazzine assassinate, dall'altra non lo risolve affatto, perché altre bambine continuano a sparire (come Clara, appunto) nonostante colui che sembrava essere la Bestia sia stato ucciso.

Anche Diego e la stessa Lucía sono persuasi che l'omone dall'aspetto spaventoso trovato assassinato potesse essere la Bestia, ma se così fosse e se avesse rapito lui Clara, come farà Lucía a scoprire cosa è successo alla sorella e a ritrovarla?


La narrazione è in terza persona e ci presenta diverse prospettive, non solo quella di Lucia o Diego, ma anche della stessa Bestia, di Donoso, delle ragazzine rapite, così da avere la possibilità di vedere i fatti drammatici e oscuri che stanno accadendo da più punti di vista.

Il ritratto che ne viene fuori è quello di una Madrid in cui avvengono, di nascosto e col favore delle tenebre, cose atroci, abominevoli.

Chi c'è davvero dietro i rapimenti delle ragazzine? 
A chi appartiene la mano assassina, che non solo uccide ma prima tortura crudelmente, dilaniando i poveri corpi della sfortunate vittime?
Con che criterio queste ultime vengono scelte?

Ciò che Diego, Lucía ed altri personaggi interessati (ciascuno per ragioni proprie) alle funeste vicende, scopriranno è qualcosa di abietto, l'essenza del Male che si annida dietro esistenze ammantate di religiosità, di benessere e ricchezze, di buona reputazione agli occhi della società ma che covano il marcio, la crudeltà, portando avanti superstizioni medievali bagnate di sangue vergine, che nascondono fini politici (i riferimento storici al carlismo hanno un posto non irrilevante nella storia) e che mescolano una fede malata e deviata con credenze pagane e innominabili.

Allora chi o cosa è la Bestia? Sì, è vero, è una creatura mostruosa, ma essa non ha le corna in testa, il forcone in mano e la pelle butterata o viscida: è una Bestia "a più teste", furba, subdola, che si aggira per le strade della capitale spagnola in maniera sottile, una piovra avvelenata che allunga i propri minacciosi tentacoli ovunque, infilandosi tra uomini di chiesa, donne ricche e annoiate e personaggi di spicco insospettabili, legati tra loro da patti segreti, siglati con sangue e giuramenti.

"La Bestia" è un thriller storico davvero appassionante, dallo stile accattivante, che immerge il lettore nel periodo in oggetto, facendolo sentire parte integrante di quella cupa realtà madrilena, in cui la morte, il dolore, la malattia e la disperazione si respirano a ogni passo, in cui si percepisce la presenza del Male (incarnato da individui senza coscienza, che davvero hanno venduto la propria anima al malvagio), un Male che colpisce i poveri, i disgraziati, gli indifesi, quelli per cui nessuno si batte e che nessuno si degna di aiutare e salvare.

Lucía, Clara e le bambine vittime della Bestia fanno parte di coloro che hanno bisogno di aiuto perché da sole non possono salvarsi; persone come Diego e pochi altri sono delle eccezioni preziose perché ancora conservano la propria umanità e non si voltano dall'altra parte per non farsi sporcare dal marciume attorno a sé.

Personalmente questo libro non l'ho letto bensì ascoltato su Audible e l'ascolto è stato oltremodo piacevole in quanto il narratore è bravissimo, espressivo, il che ha reso l'esperienza molto gradevole e  fluida.
Le pagine relative alle attività della Bestia sono "forti", tanti sono i momenti "neri", dark, e tanti anche quelli drammatici e più avventurosi; è stata davvero una bellissima scoperta e infatti l'ho inserito nella Top Five dei libri più belli del 2023.

Ve lo consiglio, la storia è trascinante e, se amate il genere, vi esorto a dargli un'opportunità.

Curiosità: Carmen Mola è lo pseudonimo di tre scrittori e sceneggiatori spagnoli Jorge Díaz, Antonio Mercero e Agustín Martínez; per Mondadori era già uscito nel 2019 La sposa di sangue.

domenica 24 dicembre 2023

> RECENSIONE < RUBATA - La promessa di Dante - di Natasha Knight

 


Dante ha finalmente ritrovato Mara, rapita quando era solo una bambina e finita per quindici anni in un vero e proprio inferno, nelle mani di uomini perversi e spietati che hanno abusato di lei.
Adesso che l'ha liberata da suoi carcerieri, Dante è intenzionato a proteggere Mara da chiunque voglia farle ancora del male.



RUBATA
- La promessa di Dante -
di Natasha Knight



trad. F. Giraudo
Serie: "Con questo anello..."
#3
pp. 245
"Mi piace uccidere. Ma non le farò del male. Mai. E che le piaccia o no, ora sono suo.
Il suo protettore.
Il suo mostro.
Quello che ucciderà a tutti gli altri mostri del suo mondo."

Dante Grigori è riuscito a liberare Mara dalle mani del malvagio Petrov, che ha fatto della ragazza la sua schiava del sesso, un corpo senza volontà e senza diritti di cui lui disponeva come e quando voleva (e non solo lui...) per trastullarsi e sfogare i propri istinti più bassi.

Quindici anni: questo è il tempo che Mara - la bella e bionda ragazza dagli occhi tanto incantevoli quanto impauriti, dietro cui si cela, però, un guizzo di coraggio e fierezza - ha trascorso prigioniera di Petrov, sopportando abusi fisici, sessuali, psicologici inimmaginabili, che spezzerebbero chiunque.

Ed infatti, quando Dante riesce e liberarla, a portarla via con sé, ciò che vede è un angelo bellissimo ma dalle ali ferite, dal corpo segnato, dal cuore sanguinante.

Mara è diffidente, restia a dare la minima fiducia a chicchessia, finanche a coloro che l'hanno rubata al terribile Petrov.
Come potrebbe essere diversamente, visto che da quando aveva cinque anni è stata circondata da gente priva di morale, di pietà, di umanità, che l'ha trattata come una bambola senza volontà e sentimenti?

Mara conosce un solo tipo di uomini: quelli senza cuore, violenti, pronti a colpirti, punirti, drogarti per fare ciò che vogliono di te.

E adesso questo ragazzo, che dice di essere Dante e di conoscerla, pretende di essere il suo "salvatore", il suo eroe, colui che l'ha salvata dai mostri.

Chi è Dante per Mara? E chi è Mara per Dante?

NOTA: non avendo io letto i precedenti volumi, mi sono ritrovata con una galleria di personaggi già comparsi altrove, di cui invece io non sapevo nulla, per cui tutto ciò che ho appreso su di essi - del loro passato, vissuto, ruolo, legami ecc... - è avvenuto durante la lettura.

Mara e Dante si sono conosciuti tanti anni prima, quando la prima, da piccola, viveva in casa con la famiglia di Dante ed era la migliore amica della sorellina di lui (Lizzie); ma purtroppo, quindici anni prima è accaduto qualcosa di tragico e doloroso che ha stravolto la vita di tutti loro, portando via Mara (che è stata rapita e poi venduta a Petrov) e togliendo tanto anche a Dante, il quale ha avuto dalla vita la sua parte di prove e sfide da affrontare.

Dante adesso è un giovane uomo dall'anima nera, dal corpo muscoloso e pronto a combattere, dal viso segnato da cicatrici e da una benda su un occhio che gli ricorda ogni minuto cosa ha attraversato, quanto sporche sono le mani e quanta rabbia gli scorra nelle vene.

Dopo dieci anni da quel maledetto giorno in cui la sua famiglia è stata segnata per sempre e Mara rapita, Dante è riuscito a scoprire che ne è stato di lei: Mara era viva e riprenderla e portarla a casa è stata la sola missione degli ultimi cinque anni della vita di Dante.

Ora Mara è al sicuro, con lui e protetta dagli amici e dai suoi addestrati "soldati": nessuno la rapirà più, nessuno le farà ancora del male.

Ma purtroppo il passato di Mara non ha smesso di reclamarla: lei è ancora in pericolo e sono in diversi a cercarla, ognuno per ragioni personali, e la maggior parte di queste ragioni non sono buone...

Mara, dopo la diffidenza iniziale, comincia a sciogliersi e prova a fidarsi di quel bellissimo ragazzo che dice di essere Dante, il fratello della sua amichetta Lizzie, il ragazzino di cui Mara, da bimba, era infatuata.

Eppure questo Dante non sembra più quello di prima: è più duro, cinico, ombroso, prepotente, troppo sicuro di sé.
Ma è anche pericolosamente bello, grosso, pretende di essere ubbidito e questo ha un doppio effetto su Mara, che finora è stata sempre comandata come un giocattolo: la indispone ma, al contempo, stuzzica il suo interesse e le smuove qualcosa nello stomaco.

E se lui fosse il suo angelo, colui che il destino le ha mandato perché nulla di male le accada più?
Mara lo sa che Dante non è un santo, anzi; lui stesso le dice di essere anch'egli, a modo suo, "un mostro", di avere ucciso e di essere stato feroce.
Ed è pronto ad esserlo ancora se Petrov o chi per lui tornassero a cercare la sua Mara.

Benché Dante sia accorto, acuto, furbo, razionale e ben equipaggiato a fronteggiare nemici pericolosi e armati fino ai denti, il rischio di perdere nuovamente Mara si farà concreto e mantenere la promessa - quella di proteggerla - non si rivelerà affatto scontato e semplice.

"Rubata" è un romance bello movimentato, avventuroso, intrigante, che alterna momenti di azione e dinamicità ad altri passionali e romantici; le personalità dei due protagonisti sono molto ben tratteggiate ed emergono  attraverso le loro parole e i loro comportamenti; la narrazione è affidata ad entrambi e i due punti di vista si alternano in modo da farci entrare nella realtà emotiva di ambedue.

Se vi piacciono i romance contemporanei (romantic suspense/mafia romance) in cui accanto alla love story (arricchita da scene bollenti) c'è anche molta azione, con personaggi dal vissuto intenso e carico di emozione, questo libro (e gli altri della serie) fa per voi.

venerdì 22 dicembre 2023

♦️RECENSIONE ♣️ L'UOMO NEI SOGNI di Simone Ruggerini [ Review Party ]



Cari lettori, eccoci giunti all'ultimo giorno del Review Party dedicato al secondo romanzo di Simone Ruggerini, "L'uomo nei sogni".

Di seguito vi riporto tutte le tappe.

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Paper Purrr (18 dicembre)   
Les Fleurs Du Mal (19 dicembre)
Lilith Hendrix (20 dicembre)
Le letture di Adso (21 dicembre)
Chicchi di pensieri (22 dicembre)
Hope and paper (22 dicembre)






Tommaso non è felice, ha smarrito sé stesso e per riprendere in mano la propria vita deve incamminarsi in un pericoloso viaggio all’interno della propria mente, fino alle sue profondità più oscure, pregne di una verità che, una volta svelata, metterà in discussione le sue già flebili certezze.

L'UOMO NEI SOGNI 
di Simone Ruggerini 



Viola editrice
319 pp

"Il mondo è reale o lo stiamo immaginando? La vita è reale o solo una costruzione? E i tuoi sogni, dimmi… senti che sono fantasia o verità?”

Tommaso Mazzei ha trentacinque anni e la sua vita non sta procedendo come avrebbe voluto: lasciato dalla fidanzata Erika, vive le proprie giornate nel dolore di una relazione naufragata e abbracciato ad un inesorabile senso di vuoto che lo pervade e lo paralizza.
A parte suonare nei locali, non ha una grande vita sociale né frequenta assiduamente i genitori (sua madre è, anzi, troppo apprensiva per i suoi canoni) o il fratello minore, Davide, con cui va, sì, d'accordo ma è solito scambiare giusto quattro chiacchiere ogni tanto senza mai cercare di approfondire il legame fraterno.

Insomma, i morsi della solitudine si fanno sentire, il suo umore è tetro, nel cuore c'è qualcosa che lo sta spezzando pian piano e lui non sa come uscirne.

A confonderlo e turbarlo ancora di più ci pensa uno strano sogno nel corso del quale si imbatte, all'interno della hall di un albergo in cui non ha mai messo piede, in situazioni bizzarre e a contatto con persone note ed altre sconosciute.

Questo sogno è solo il primo di tanti che verranno a tormentarlo con preoccupante frequenza.

La desolazione e la tristezza che inondano il suo cuore sono tali da spingerlo a meditare di farla finita: si reca in stazione per dare effetto alla drammatica decisione ma un incontro misterioso cambia tutto, creando una rottura, a causa della quale la sua intera esistenza verrà stravolta.

Da quel momento realtà e fantasia cominciano a mescolarsi, a fondersi e confondersi: il piano della vita vera incrocia la dimensione onirica e quest'ultima assume caratteri e "dimensioni" sempre più grandi e importanti, tanto da sembrare che stia invadendo la realtà.

Quando si addormenta, Tommaso sogna: non può fare diversamente, i sogni - che via via si trasformano in veri e propri incubi - si insinuano con prepotente virulenza nella sua mente, "contaminando" ogni parte del suo essere, occupando pensieri, emozioni, guidando addirittura la sua volontà.

Sì, perché ciò che vive nei sogni lo sciocca, lo turba in un modo talmente vigoroso da influenzarlo anche da sveglio.
Cosa sogna di così sconcertante?

L'autore scaraventa con forza tanto il protagonista quanto il lettore nella dimensione immaginaria, portandoci a "vivere" insieme a Tommaso il suo viaggio interiore nei meandri della propria psiche, e questa esperienza viene percepita come se fosse concreta, vera, parallela al reale ma non per questo meno tangibile.

Tommaso fa sogni complessi, articolati, popolati da creature umane accanto ad altre con sembianze di animali o con caratteristiche raccapriccianti, mostruose, di quelle che si ritrovano negli incubi peggiori e nelle scene dell'orrore; in questi "luoghi" fantastici incontra, come dicevo più su, persone a lui note (famigliari, ad es.) ed altre mai viste prime, come una ragazzina con gli occhiali e la stessa in "versione adulta". 
Nei sogni Tommaso agisce, pensa, parla, sente, si emoziona e ogni parte di sé è totalmente coinvolta in questa straordinaria dimensione, tant'è che a lui non paiono davvero dei semplici sogni e, quando vi è dentro, li vive in maniera viscerale, piena, provando dolore, paura, sgomento, sorpresa, rabbia, desiderio di capirci qualcosa e, al contempo, di fuggire quando si sente in pericolo.

Solitamente, per quanti vivido, un sogno è e resta tale per cui, una volta desti, tendiamo a razionalizzare e a valutarlo per ciò che è: un sogno e basta, nulla che possa farci realmente del male.
Giusto?

Ma per Tommaso non è così.
Il sogno e la sua vita quotidiana sono interconnessi e questa inquietante peculiarità si fa più evidente quando accadono fatti che sono sfacciatamente legati a ciò che ha sognato: fatti tragici, dolorosi, che mettono alla prova il suo stato emotivo perché iniettano in lui sofferenze e sensi di colpa.
Non solo, ma a un certo punto conosce davvero la ragazza incontrata spesso nei sogni: Maria Chiara.

Anche lei è tormentata da sogni terrificanti e le dimensioni oniriche dei due si intersecano facendo sì che essi si ritrovino tanto nella realtà quanto negli incubi.

Che sta succedendo? Com'è possibile che si verifichi un incrocio del genere in cui l'inconscio di Tommaso si mescola con quello di un'altra persona?

Un albergo affollato, pieno di insidie e in continuo cambiamento, creature terribili, famigliari e conoscenti dai tratti angoscianti, i cosiddetti Guardiani da cui scappare, e poi personaggi che sembrano voler aiutare dando indicazioni precise per orientarsi in questo che, con sempre più evidenza, si sta rivelando uno strabiliante e per nulla facile viaggio all’interno di sé stessi.

Tommaso e Maria Chiara sono intenzionati a indagare con determinazione nelle profondità più oscure della propria mente, andando alla radice di traumi, dolori, paure, conflitti, perché cos'altro sono i sogni se non dei "luoghi" creati dalla mente in cui si vivono ferite, ricordi difficili, impulsi, desideri...?

"Ciascuno ha le sue ferite da riconoscere e poi curare.
(....) per salvare noi stessi, e per salvarci tutti, dobbiamo affrontare quello che è nostro, da soli".

Tommaso sta affrontando, attraverso il materiale onirico portato in superficie dal suo inconscio, la sfida più importante e complicata della sua vita: una sfida che lo mette a dura prova, che gli chiede di avere il coraggio di guardare nel suo passato, nel suo cuore, nella sua mente, andando alla radice di ogni sua sofferenza, di ogni vuoto, della solitudine, del malessere interiore che lo sta divorando da dentro. È un percorso che deve sostenere da solo per  ritrovarsi e rientrare in contatto con la parte più intima di sé.

Non è un lavoro semplice (lavorare su sé stessi per "risolversi", sciogliere nodi, individuare punti di rottura per provare a sanarli, non lo è mai) ma è altresì necessario per poter, in un certo senso, rinascere, accettando le proprie paure, gli errori commessi, le debolezze e le fragilità, le imperfezioni nelle relazioni con gli altri.

Cosa imparerà Tommaso, sognando? Resterà imbrigliato nei propri tormentati incubi o ne uscirà più consapevole di sé stesso, più coraggioso e desideroso di prendere in mano la propria vita nonostante i problemi, i timori, i traumi del passato?


"L'uomo nei sogni" è un romanzo psicologico intenso e dalla struttura narrativa complessa, corposa e articolata, in cui l'autore "gioca" con i lettori (e in primis col protagonista) mescolando di proposito fantasia e realtà, in un incrocio di dimensioni, personaggi e situazioni in cui non è così scontato individuare con certezza cosa sia vero e reale e cosa sia, invece, frutto degli scherzi della mente.
La materia narrativa di cui sono costituiti i sogni di Tommaso è inevitabilmente caratterizzata da descrizioni surreali, irrazionali, dai contorni paranormali e aventi quel pizzico di horror che da sempre è presente negli incubi angosciosi, di quelli che ci fanno svegliare di soprassalto, che ci fanno battere il cuore a mille e di cui pensiamo, una volta svegli, "menomale, era solo un brutto sogno!".
Durante la lettura viene spontaneo cercare di capire quali siano i traumi e i logorii che assalgono Tommaso, accompagnarlo verso il centro del problema perché venga risolto, e l'autore ha preparato per i suoi lettori dei colpi di scena che svelano la verità, sciogliendo ogni dubbio e mistero.

Ho trovato questo romanzo affascinante, vivace nel ritmo e nei dialoghi, con una grande attenzione posta al mondo interiore e psichico del protagonista; l'intreccio narrativo è intessuto in modo ragionato e coerente e questo emerge ancor più se rapportato al mondo dei sogni - che è alla base dello sviluppo delle vicende - e al fatto che esso si connoti per il suo essere apparentemente illogico, bizzarro, astruso, soggetto a tante interpretazioni, non lineare.

Non è per tutti incamminarsi lungo i sentieri della psicologia e della psiche umana perché si incappa in argomenti complessi di cui bisogna avere contezza e conoscenza, e personalmente penso che l'Autore li abbia trattati in maniera intelligente e ponderata, offrendo al lettore l'opportunità di farsi domande, immaginare problemi e soluzioni, riflettere su quanto sia importante conoscersi, prendersi cura di sé stessi e trovare il coraggio di affrontare ciò che ci fa star male per poter "guarire".

Il romanzo ha degli espliciti riferimenti al precedente libro dell'autore, Tutto è scritto, di cui trovate la recensione sul blog.

Consigliato, in special modo a quanti amano addentrarsi nelle pieghe più profonde della mente e sono affascinati dal misterioso universo dei sogni.

venerdì 15 dicembre 2023

☪ RECENSIONE ☪ LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE di Joseph Roth



Pubblicato postumo nel 1939, La leggenda del santo bevitore può essere considerato, per molti versi, il testamento di Joseph Roth: breve e poetico, questo racconto ha al centro un clochard che, nella sua semplicità e generosità, come nella sua dipendenza dall'alcool, incarna il bisogno di redenzione che si scontra, però, con le debolezze umane e con una serie di bizzarre coincidenze che lo deviano dal suo più grande e segreto desiderio: pagare il debito contratto con una santa.



LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE
di Joseph Roth


Adelphi Ed.
trad. C. Colli Staude
77 pp
Andreas Kartak vive sotto i ponti della Senna, tirando avanti con i pochi cenci che ha addosso, con le carte di giornali come coperte e qualche goccio di alcool rimediato come può.
Una notte fa un incontro che cambierà, in un certo senso, la sua vita perché da quel momento si susseguiranno diversi eventi, e alcuni personaggi - vecchi e nuovi - faranno capolino nelle sue misere giornate.
Uno sconosciuto avanti negli anni e dall'aspetto gentile vuol fargli un dono in denaro: duecento franchi. 
Il clochard, che sarà pure straccione e poveraccio ma ha un senso inscalfibile dell’onore, in un primo momento non vuole accettare: sono davvero troppi per lui, che si accontenterebbe di una ventina di franchi!
E poi Andreas sa bene che non è in grado di restituire quei soldi, per cui preferisce non contrarre debiti.

Ma lo sconosciuto insiste e gli suggerisce di restituirli, quando potrà, alla «piccola santa Teresa» nella chiesa di Santa Maria di Batignolles. 

Da quel momento il pensiero di pagare il debito portando il denaro a Santa Teresa diventa il dolce segreto nonché il pensiero fisso dell'uomo, che però comincia a vivere una serie di piccole avventure che alternano "momenti di miracoli" (in cui Andreas trova il modo di racimolare soldi senza che si renda conto neanche lui di come ciò sia potuto accadere) con altri in cui purtroppo egli stesso li sperpera, che sia da solo o in compagnia.
Il destino, infatti, mette sul suo cammino uomini e donne (alcune di queste persone hanno fatto parte del suo passato) che lo distraggono dal nobile obiettivo di restituire il debito alla giovane santa e lo inducono, in qualche modo, a spendere i soldi che man mano si ritrova in mano, o in tasca, in pernod, alberghetti di basso livello e compagnie femminili.

Seguiamo le vicende di Andreas con un misto di divertita curiosità e una tenera simpatia perché capiamo che quest'uomo, nonostante il vizio del bere, è una persona buona e generosa, che non sa dire di no a un amico che gli chiede aiuto (pur avendo egli per primo dei mezzi limitati) e che desidera davvero, con tutto il cuore, visitare la santa e mantenere la promessa fatta qualche settimana prima allo sconosciuto altruista. 
Riuscirà Andreas a portare le fatidiche 200 euro in chiesa in onore di santa Teresa?

La vita è burlona ed egli, un po' come un bambino ingenuo in balia di eventi più grandi di lui e poco controllabili, si lascia influenzare, deviare, distrarre.
Per dirla prendendo a prestito un noto proverbio, la strada per la redenzione è lastricata di buone intenzioni, le quali però troppo facilmente vengono abbandonate durante il cammino.

Un libro molto breve cui mi sono accostata per curiosità su Audible (un po' per il titolo e un po' perchè avevo voglia di una cosetta veloce), l'ascolto è stato molto piacevole grazie alla versione drammatizzata, arricchita da ambientazioni e sound design.

Ha il sapore di una favola malinconica e un po' triste.
A me è piaciuto e lo consiglio, in questo periodo mi pare ci stia ancor più bene.

mercoledì 13 dicembre 2023

# RECENSIONE # L'IMPOSTORE di Martin Griffin



Mentre fuori dal Mackinnon Hotel infuria una tempesta di neve che rende impossibile comunicare con l'esterno, la giovane Remie riceve, in due diversi momenti, l'inaspettata visita di due uomini che dichiarano di essere poliziotti e l'uno accusa l'altro di essere un pericoloso criminale evaso.
Chi di essi mente? 
Remie desidera solo andarsene da lì per recarsi a Santiago del Cile e rispettare una promessa fatta al fratello morto un anno fa. 
Non sarà così semplice realizzare questo sogno.

L'IMPOSTORE 
di Martin Griffin


Ed. Giunti
trad. A.Tissoni
288 pp

Remie Yorke deve avere la pazienza di superare il suo ultimo turno al Mackinnon Hotel prima della chiusura invernale.
Il giorno dopo potrà finalmente lasciare la gelida Scozia e godersi il tepore di Santiago del Cile; c'è soltanto da sperare che Ezra, la tempesta di neve, non blocchi ogni collegamento col mondo esterno.
La donna è l'unico membro del personale presente in albergo e, insieme a lei, vi sono due ospiti: Jai Parik e Alex Corben.

Quella che dovrebbe essere una notte come le altre, però, sta per trasformarsi in una notte movimentata e non priva di insidie.

Infatti, mentre le temperature precipitano e le linee telefoniche si interrompono, un uomo ferito chiede rifugio. 
Dice di essere l'agente Don Gaines, rimasto coinvolto in un terribile incidente in cui, insieme ad altri colleghi, stava trasportando un detenuto. 
Purtroppo, nella confusione dell'incidente, il criminale è riuscito a scappare, molto probabilmente rubando un'arma; si chiama Alex  Foley ed è un individuo assolutamente pericoloso.

Gaines avverte Remie che bisogna isolare l'hotel, controllare ogni via di uscita e mettere in sicurezza i due ospiti dell'albergo; di questi, solo Jai è rintracciabile mentre la donna, Corben, pare sparita nel nulla. 
Remie è confusa e non capisce esattamente cosa stia succedendo, ma non le resta che mettersi a disposizione del poliziotto, che subito si mobilita per perlustrare l'hotel, controllare se Foley sia già lì e si stia nascondendo in attesa di agire, dare un'occhiata alle uscite, alla presenza di armi e cercare di mettersi in collegamento con l'esterno per chiedere aiuto.

Il problema è che poco dopo arriva un secondo sconosciuto: anche lui è ferito e anche lui dichiara di essere Don Gaines!
L'uomo ha la stessa uniforme, lo stesso nome, lo stesso tesserino: uno dei due mente, per forza... Ma chi?
Remie comincia ad essere preoccupata per sé e per l'ospite che è lì con lei, Jai, ed insieme cercano di analizzare la situazione, di passare al setaccio tutti i dettagli e le possibili contraddizioni nelle narrazioni dei due sconosciuti, per capire chi di loro sia il possibile impostore.

Non ci sono vie di fuga, attorno all'albergo la neve è alta e ci sono rischi concreti di valanghe; inutile dire che i telefoni continuano ad essere inattivi e la radio va a singhiozzi.
Remie e Jai sono praticamente soli al cospetto di un poliziotto e di un delinquente ma non sanno chi sia l'uno e chi l'altro: di chi possono fidarsi?

Ma non è tutto: a rendere Remie ansiosa e al limite del terrore c'è un dubbio atroce che ha a che fare con suo fratello Cameron.

Cameron è il fratello minore che solo un anno prima è morto durante una rissa nel carcere di Porterfell,  in cui stava scontando la pena; Cameron è sempre stato un ragazzo problematico sin dai primi anni dell'adolescenza, si è sbandato frequentando brutta gente, e per fare soldi facili si è infilato nel giro dello spaccio della droga.
Sua sorella non l'ha mai abbandonato; lì dove i loro genitori si erano, negli anni, rassegnati davanti a questo figlio screanzato e delinquentello, Remi non ha mai mollato, ma ha sempre provato ad aiutarlo quand'era nei guai e a incoraggiarlo, contemporaneamente, a trovarsi un lavoro vero, a studiare, a mettere da parte i soldi per costruirsi un futuro lontano dalla criminalità.
Presa com'era dal salvare Cameron, Remie ha orientato anche i propri studi accademici verso un ambito professionale affine: 

" Mi specializzai in psicologia dell'errore nel processo decisionale: la mano invisibile di Cameron pilotava le mie scelte anche allora. Insegnai per tre anni, i più felici e appaganti della mia vita, ma quando lo trasferirono a Porterfell, rinunciai all'incarico accademico e lo seguii. Credo di farlo per proteggerlo. Non avevo immaginato che avrei finito per dover proteggere me stessa."

Proteggere se stessa.
Da chi? Perché?

Dopo la morte (tutt'altro che accidentale) del giovane Cameron - il quale, nel loro ultimo incontro, le aveva dato indicazioni precise su cosa fare e dove andare se gli fosse successo qualcosa -, Remie è stata per mesi sempre sull'attenti, convinta che il responsabile del tragico destino del fratello potesse prima o poi presentarsi da lei.

E se l'evaso da Porterfell, che si aggira nell'hotel, avesse a che fare con Cameron e cercasse lei?

Remie è una ragazza intelligente, sveglia, intuitiva, scaltra e, soprattutto, è determinata ad esaudire il desiderio del suo amato e scapestrato fratellino: andare a Santiago del Cile e fare una cosa per lui.
Niente e nessuno potrà distoglierla da questo obiettivo ed è pronta a sfoderare tutte le sue risorse fisiche ed emotive per non soccombere al pericolo di un criminale bugiardo e manipolatore in giro dentro e fuori l'albergo.

"L'impostore" è un thriller che si caratterizza principalmente per l'ambientazione "chiusa", quasi claustrofobica: i (pochi) personaggi si muovono all'interno e nelle immediate vicinanze di questo grande hotel nelle Highlands scozzesi e tale luogo in pochi minuti passa dall'essere un posto caldo e sicuro a una grande trappola per topi. È, infatti, al suo interno che si annidano le insidie e le minacce, che hanno il nome di Alex Foley, l'impostore che si è finto poliziotto per entrare e guadagnarsi la fiducia di Remie.
Non c'è modo di scappare perché, a causa delle forti nevicate e del pericolo valanghe, ogni possibilità di prendere un'auto o altri mezzi viene meno; i mezzi di comunicazione non funzionano per cui chiedere aiuto è fuori discussione. 
L'unica soluzione è rischiare di addentrarsi fuori dall'edificio, nel buio gelido e nevoso, e provare a cercare aiuto.

Fortunatamente Remie non è totalmente sola a sbrogliarsela con i due presunti agenti: c'è Jai, che sembra intenzionato a collaborare per stanare chi, tra i due sconosciuti, sia il "buono" e chi il "cattivo".
Eppure..., anche Jai ha qualcosa di strano e Remie ha l'impressione che le stia nascondendo qualcosa.

La protagonista è in un dedalo di menzogne e cattive intenzioni, non sa di chi possa realmente fidarsi e capisce di dover procedere cauta e con tutti i sensi in allerta.

Nel complesso, il romanzo è promosso per queste ragioni: l'ambientazione di montagna, isolata dalla neve, che non permette ai personaggi di fuggire; la scrittura minuziosa e precisa, che rende ogni scena e ogni situazione descritte molto vivide, tanto da far sentire il lettore totalmente immerso nel contesto. Per farvi un esempio: quando Remie si ritrova a camminare faticosamente nella neve alta, ho avvertito tutta la difficoltà dell'impresa, il freddo che intorpidisce gli arti, il senso di oppressione nel trovarsi circondata dalla neve e nel sentire il rumore minaccioso che precede una valanga o uno smottamento. In questo, l'autore è stato davvero efficace e bravo.
Mi sono piaciuti molto i riferimenti alla psicologia e a certi meccanismi della mente che attiviamo inconsciamente in determinate situazioni (di stress, pericolo); ho provato simpatia per la protagonista, che ha tirato fuori coraggio e un grande spirito di sopravvivenza nonostante provasse spesso paura e angoscia; apprezzati i colpi di scena che creano aspettative circa gli sviluppi della trama.

Unico neo: il ritmo è molto statico per buona parte del libro, quasi per tutta la prima metà; le acque cominciano ad animarsi successivamente, per cui la seconda parte è quella che mi è piaciuta maggiormente, però ripeto, complessivamente è un buon thriller, con una storia lineare, ben costruita, che si lascia seguire con interesse.

domenica 3 dicembre 2023

[ RECENSIONE ] I GIORNI DEL COBRA di Daniela Merola



Una serie di efferati femminicidi sta sconvolgendo Castellammare di Stabia, colorando di sangue i suoi vicoli e riempiendo di terrore i giorni di una calda estate del 2021.
Il commissario di polizia Giulia Cangiato e tutta la sua squadra sono nel pieno di un'affannosa e urgente ricerca del killer - chiamato il Cobra - ma c'è una persona in particolare che potrebbe dare un contributo fondamentale nell'individuazione dell'assassino: Dora Neri, l'unica vittima ad essere stata lasciata in vita.


I GIORNI DEL COBRA
di Daniela Merola


LFAPublisher
328 pp
19.90 euro
In una placida serata estiva una donna cerca di rialzarsi da terra, a fatica: trema, tutto il corpo le fa male, soprattutto il basso ventre, cerca di non crollare nonostante tutto in lei gridi dolore.
Un dolore lancinante cui Dora Neri sa di non poter soccombere perché c'è un figlio che l'aspetta a casa.
Ma prima dovrà recarsi in ospedale, camminando sulle sue scarpe rosse ormai rovinate.
Dora è vittima di stupro e di una brutale aggressione ad opera di un farabutto che s'è divertito sadicamente con il suo corpo; Dora sa di averlo visto, di averne individuato le principali caratteristiche fisiche e di aver udito la voce del bruto mentre ripeteva insistentemente "Io sono il Cobra".
Eppure, quando viene esortata da subito, già in ospedale, a denunciare, è reticente.
Lo è anche in presenza dell'amica commissario, Giulia Cangiato, che conduce le indagini sul killer stupratore che ha già colpito in precedenza e, purtroppo, colpirà ancora dopo poco tempo la violenza subita da Dora.

La Cangiato lavora fianco a fianco con i propri solerti agenti di via Alcide De Gasperi e con l’Ispettore Manuele Basilio; tutti sono determinati a cercare il Cobra e a fermarne i folli atti criminali nei confronti di povere donne inermi.

Il caso di Dora è un'eccezione all'interno del modus operandi del Cobra, in quanto ella è l'unica sua preda a non essere stata uccisa per strangolamento, come invece è accaduto alle altre povere donne da lui raggiunte e uccise, dopo essere state violentate.

La domanda non può che sorgere spontanea: è un caso che Dora sia stata risparmiata? 
Siamo in presenza di un serial killer scaltro, che agisce in maniera organizzata, precisa e, proprio come un essere strisciante, è subdolo, sa come mimetizzarsi tra i cittadini di Castellammare; vive sicuramente una doppia vita e, se ha lasciato Dora in vita, dev'essere per una ragione.

La volitiva e caparbia Giulia sa di dover insistere con l'amica affinché faccia un serio lavoro su sé stessa per recuperare dal proprio inconscio tutte quelle informazioni utili a identificare l'uomo.
Perché di una cosa la stessa Neri è convinta: il Cobra conosce lei... e lei conosce il Cobra.

I ricordi di quella terribile notte sono confusi e vividi al tempo stesso: confuso è il ricordo del volto dell'aggressore ma non la sua stazza e altri particolari fisici; vivide sono le sensazioni e le emozioni collegate a quello che è uno dei traumi più tremendi che una persona possa vivere e che coinvolge ogni parte di sé: il corpo, la mente, il proprio mondo interiore... Tutto sembra andare in frantumi dopo un'esperienza di questo tipo e, se non avesse un figlio da accudire, Dora forse l'avrebbe fatta finita.

Ma non può: deve andare avanti, così cerca di riprendere la propria vita tornando al lavoro (presso un'agenzia di pompe funebri), occupandosi di Aurelio che ha bisogno di lei (il padre è un'assenza cui ormai ci si è abituati) e che desidera trascorrere del tempo con la madre, andando in vacanza...; insomma, Dora Neri deve tirar fuori  quel coraggio che l'è rimasto, seppellire il dolore e l'umiliazione subiti su quella spiaggia per mano di quel mostro del Cobra, indossare le sue scarpe rosse e sforzarsi di non cedere, di non impazzire ripensando a quella maledetta sera.

Ma è impossibile non ripensarci: Giulia le fa pressione affinché ricordi ogni particolare e le impone delle sedute di ipnosi da una psicologa; seppur contrariata, Dora obbedisce ma per lei è uno strazio immane tornare con la memoria alla violenza.
Proprio quando sembra che il volto del Cobra si sveli... ecco che qualcosa la blocca e tornano a dominare le nebbie della confusione e del terrore.
Forse la mente, a modo suo, cerca di proteggerla da una verità troppo scomoda?

Chi è davvero il Cobra e perché il suo inconscio non vuol riportare alla coscienza le sembianze di quel volto truce e odioso?
Dora stessa si persuade che il Cobra è qualcuno che lei conosce... Ma chi? E soprattutto, lui continua a seguirla, a controllarla, meditando di aggredirla ancora e, questa volta, di portare a termine la propria iniqua missione, uccidendola?

Il rapporto d'amicizia tra lei e Giulia si incrina: Dora trova sgradevole e indelicato che il commissario continui a "perseguitarla" perché ricordi, dandole anche la colpa dei successivi omicidi da parte del killer, e Giulia è frustrata perché sa di avere la responsabilità professionale e morale di arrestare il colpevole, che continua imperterrito e impunito a colpire, arrivando anche ad aggredire un agente di polizia.

Le settimane passano e le indagini proseguono, infilandosi in quei pertugi e tra quegli individui loschi e poco raccomandabili che quasi sicuramente conoscono il Cobra e intrattengono anche sporchi affari con lui; ma districarsi tra queste persone prive di moralità non è semplice perché c'è poco da fidarsi della loro parola.

Il punto cruciale resta lei: Dora, la sua testimonianza personale, i suoi ricordi.
Nelle pieghe della sua memoria c'è quel nome, quel volto, c'è lui, il Cobra.

E anche se si rifiuta di pensarci e ripensarci, Dora a un certo punto viene "folgorata" da una verità lampante, improvvisa come un fulmine e devastante come una valanga: le bastano pochi ma decisivi attimi e delle parole scambiate con un uomo che lei conosce (perché legato a una persona a lei vicina) per capire che è lui il Cobra.

Ma rivelarne l'identità non è semplice in quanto rischia di sollevare un polverone, di non essere creduta dalla polizia...
Certe verità possono essere dolorose da accettare e da raccontare, ma stare in silenzio significa rischiare di finire nuovamente nelle mani del predatore e lasciare che egli faccia del male ad altre innocenti.

Dora riuscirà a fare il fatidico nome?
Sarà davvero lui il colpevole o la donna si sta lasciando suggestionare da una fiumana di stati d'animo contrastanti e che neppure lei sa gestire e distinguere?

La narrazione è in terza persona e segue, da diversi punti di vista, le vicende di Dora, Giulia e degli altri personaggi coinvolti, compreso il Cobra; di quest'ultimo l'autrice ci racconta, un po' alla volta, il passato, soffermandosi in particolare sul rapporto con la madre e sull'infanzia del Cobra bambino e ragazzino, il quale aveva nella mamma l'unico modello di riferimento femminile e che costituirà il metro di paragone per ogni donna cui lui si accosterò da adulto.

Il giallo/noir psicologico di Daniela Merola è un viaggio che segue diversi percorsi, che toccano l'universo femminile e quello maschile.
Ci sono le donne che restano avviluppate nella spirale di violenza e morte del serial killer; c'è Dora, che sente ancora dentro e su di sé l'influenza velenosa di quell'essere viscido e, nonostante provi a buttarsi dietro le spalle lo stupro, qualcosa in lei si è rotto per sempre; c'è il commissario Giulia Cangiato, una donna forte, determinata, che non intende demordere nella ricerca dell'assassino e, per farlo, non si tira indietro dall'essere dura anche le persone cui vuol bene, tra cui Dora.
E non ultima c'è Brigida, la povera mamma del Cobra, che - per quanto inconsapevole - sarà, in un certo qual modo, l'origine del male che crescerà sempre di più, di anno in anno, lacrima dopo lacrima, nella mente del figlio, nella cui tortuosa psiche il lettore viene condotto, in una discesa verso il personale e intimo inferno di colui che ha scelto di essere il Cobra, il cui veleno mortifero viene disseminato nelle strade della città.

Violenza di genere, rapporti di coppia, legame madre-figlio (e la sua importanza nel condizionare una vita intera), lo squallore di certi ambienti in cui domina la malavita, l'amicizia e l'amore, il desiderio di riscatto, le bugie e la ricerca della verità, anche di quella che fa male, di quella fraintesa, di quella che non è mai univoca: il romanzo della Merola è denso di tematiche affrontate, intenso e viscerale per come esse vengono esplicitate e raccontate nel susseguirsi di vicende nere, cupe, che affondano le proprie radici tanto nel dolore di chi riceve la violenza quanto nella folle sete di possedere e fare scempio di poveri corpi, in balia di una furia omicida.

Un libro che afferra il lettore sin dalla prima drammatica "scena" sulla spiaggia, portandolo con sé per le strade e nei locali di una città di mare contaminata dalla follia di una mente perversa, mostrandogli il modo di pensare e agire di uno spietato stupratore assassino, lasciandogli avvertire l'urgenza di fermarlo affinché non rovini altre esistenze, con la triste consapevolezza che altri Cobra sorgeranno per sporcare il mondo con la loro malvagità.

Ringrazio l'autrice Daniela Merola per avermi omaggiato di una copia del suo libro e non posso che consigliarvene la lettura, soprattutto se amate i noir e le storie drammatiche in cui è preponderante l'aspetto psicologico.
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