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domenica 4 febbraio 2024

NOVITÀ PUBME - Collana Milos (romance storico - antologia di racconti)



Cari lettori, oggi vi presento un paio di pubblicazioni appartenenti alla Collana Milos (Pubme).

Il primo volume è di genere romance storico fantasy, con elementi paranormal; il secondo è un'antologia di racconti storici.


MEMORIE DI UN GIOVANE FANTASMA
di Stefania De Prai Sidoretti


EDITORE: COLLANA MILOS
(PUBME)
2,99 (ebook)

20,89 (cart.)
298 pp
USCITA gennaio 2024
Link acquisto
Amazon
Sinossi

A Roma, alla Porta del Popolo, il 21 aprile 1513, la vita di un giovane garzone di fornaio giunge a una brusca fine a causa di un improvviso crollo. Orfano e proveniente dalla ruota del Santo Spirito, è un'anima senza nome destinata all'oblio. Tuttavia, la sua passione per la vita lo conduce oltre la morte 
stessa, sfidando la Triste Signora armata di falce e trasformandolo in un fantasma determinato a riconquistare ciò che il destino gli ha negato. 
Attraverso i secoli, intraprenderà avventure sorprendenti, incontrando spettri noti come il giudice impiccatore e beone sir Jeffreys, mantenendo sempre lo spirito spensierato che lo contraddistinse in vita. 

TEMA TRATTATO: fedeltà, amore, perseveranza, onestà, speranza, riscatto sociale, approccio con il mondo ultraterreno, la morte e la reincarnazione.

L'AUTRICE
Stefania De Prai Sidoretti nasce a Roma. Travolta dagli occhi chiari di un giovane biondo, va a vivere con lui sulle pendici boscose di un monte da cui si vede il lago di Bracciano.
Qui costruiscono la casa dei loro sogni, davanti a una quercia plurisecolare. Ha due figli, una femmina e un maschio, che vivono un’infanzia sfrenata tra la natura, circondati da cani, gatti e galline.
Si laurea in Storia dell’Arte Medievale e Moderna; è stata Curatore Storico dell’Arte presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma e responsabile di un Archivio fotografico. 
Ama scrivere historical romance ambientati in periodi particolari e originali. 



IL TEMPO DELLE ROSE 
- STORIE DI DONNE NEL SECONDO
CONFLITTO MONDIALE -
di Patrizia Lello, Diego Mascherpa
Mary Rotnan, Barbara Scotto



EDITORE: COLLANA MILOS
(PUBME)
3,99 (ebook)

15 (cart.)
122 pp
USCITA gennaio 2024
Questa antologia raccoglie le avvincenti storie di tre autrici e un autore, intrecciando le vite di donne coraggiose durante la Seconda Guerra Mondiale. 
Attraverso le prospettive di madri, figlie, fidanzate e piloti, esplora il loro coraggio nel combattere, resistere e sopravvivere ai bombardamenti aerei, alle privazioni e alla fame. 
In mezzo al dolore delle perdite, queste donne trovano la forza e la speranza per costruire un futuro migliore. Le quattro storie al femminile offrono un'emozionante rievocazione dei ricordi, permettendo ai lettori di rivivere gli anni della guerra attraverso i luoghi che sono stati teatro di grandi e piccoli eventi che hanno cambiato la storia del mondo.

Nell'opera si racconta dei bombardamenti a Porto Santo Stefano, a Pontremoli, a Pearl Harbor, e un racconto di fantasia rievoca le gesta coraggiose delle pilotesse russe, chiamate le Streghe della notte.

TEMA TRATTATO: memorie di guerra, eventi di guerra, Pearl Harbor, Russia, Porto Santo Stefano, Pontremoli.

sabato 27 gennaio 2024

"IL SEGNALIBRO DELLA MEMORIA"





AUDIOFICTION


LA SIGNORA DEI TULIPANI di Mauro Ruggiero

Un'anziana e taciturna signora dai capelli bianchi vende fiori in una strada di Praga tra l'indifferenza dei 


passanti. Ad accorgersi di lei sembra essere solo un giovane giornalista che, spinto dal desiderio di aiutarla, compra spesso quell'unico mazzetto di tulipani che la donna offre.
Presto, però, il giovane scoprirà che dietro quegli occhi azzurri e assenti, la "Signora dei tulipani" nasconde una storia incredibile e toccante iniziata al tempo dell’occupazione nazista della Cecoslovacchia e della Shoah.



L'uomo incapace di sorridere di Giancarlo Villa

-
Londra, 28 Novembre 1962. È una piovosa serata di fine autunno, gelida e cupa.
Due giovani avventori del locale "The Star" si stanno godendo gli ultimi minuti di una serata blues. Il chitarrista del gruppo è un tipo strano, cupo, eccentrico.
La sua terribile storia è una storia di sopravvivenza estrema contro il male; la Storia di un sopravvissuto al campo di sterminio di Mauthausen.

Pur essendo due fiction, quindi con personaggi fittizi, di fantasia, ciò che viene narrato rispecchia vicende assolutamente realistiche; sono racconti brevi ma aventi una loro intensità, che coinvolgono emotivamente l'ascoltatore spingendolo a riflettere sui concetti di bene e di male, e di come questi siano presenti entrambi nel profondo dell'animo umano; in particolare nel secondo audiolibro, il personaggio principale è sopravvissuto all'Olocausto per cui la sua esperienza è ovviamente (e tristemente) fedele alla realtà.
In entrambi i casi l'ascolto è stato gradevole grazie all'espressività dei narratori espressivi.



BIOGRAFICO

Il comandante Franz Ziereis di Giancarlo Villa.
,

Al centro vi è la figura del massimo comandante di Mauthausen, 
il campo di concentramento dove venivano deportati principalmente gli intellettuali polacchi e i prigionieri di guerra sovietici.
Dopo esser entrato nella polizia tedesca, Ziereis scala gli ordini gerarchici fino a ottenere il comando del campo, dove si trasferì con la propria famiglia e risiedette per tutta la durata del suo ruolo.
 
Passato alla storia come uno dei più spietati e crudeli gerarchi, incapace di pentirsi persino in punto di morte, Ziereis era noto per la sua ossessione di sparare dalla sua abitazione, davanti al figlio undicenne, a qualsiasi prigioniero tentasse di scappare.

In questa breve ed essenziale biografia l'ascoltatore apprende come sia stata l'infanzia di Ziereis a Monaco, che era un bambino timido e vittima di bullismo da parte dei coetanei, fino ad arrivare agli orrori commessi da comandante nazista, nell'angolo di secolo più buio per l'umanità.
Interessante, permette di conoscere un altro personaggio meschino che ha contribuito a scrivere una pagina nerissima della storia.


TESTIMONIANZE

Le storie di Stanka e Maria: Il campo di concentramento di Gonars e la deportazione dei rom e dei sinti in Friuli Venezia Giulia durante la Seconda guerra mondiale di Andrea Giuseppini


-
Nel campo di concentramento fascista di Gonars, un paese in provincia di Udine, furono internate decine di migliaia di civili sloveni e croati. Il campo rimase in funzione dalla primavera del 1942 fino all’8 settembre del 1943. Si calcola che in questo periodo, all’interno del campo, morirono di fame e di malattie circa 500 persone.

Stanka è un’anziana donna rom, nata nella provincia di Lubiana e deportata nel 1942 nel campo di Gonars. Nei ricordi di Stanka, raccolti in questo audio documentario, ci sono la terribile fame, il gran freddo, e le morti, tra cui quella di una piccola bambina rom.

Maria è invece una sinta italiana, nata nel 1929 a Trieste. Per fuggire ai pericoli dei bombardamenti, Maria e la sua famiglia si rifugiano nelle campagne friulane. Qui, dopo l’8 settembre del 1943 e l’occupazione tedesca, incontrano i rom sloveni deportati a Gonars.

Nei mesi successivi, la madre e un fratello di Stanka, il fratello di Maria e altri giovani rom saranno catturati dai tedeschi e deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti.
Solo in pochi faranno ritorno.

Nell’audiolibro, oltre alle voci di Stanka e Maria, si possono ascoltare quelle della storica Alessandra Kersevan, della partigiana Rosa Cantoni e dello scrittore Boris Pahor.

Testimonianze che vanno ascoltate, conosciute perché sono storie vere, drammatiche, dolorose, che escono direttamente dalla bocca di chi le ha vissute sulla propria pelle, di chi ha sofferto la fame, il freddo, la paura di essere picchiato, ucciso per il solo fatto di essere rom.
Storie che per molto tempo sono state ignorate, non considerate, storie di crimini per i quali i colpevoli non sempre hanno pagato.


Tutte storie da ricordare per il Giorno della Memoria ma affinché questa ricorrenza - che è giustissimo celebrare, non solo il 27 gennaio, ma sempre - non perda il suo valore e il suo fine, è necessario, a mio avviso, denunciare ogni sopruso, violenza, crimine di guerra, tentativi di pulizia etnica/sterminio ecc... che ancora oggi purtroppo avvengono.
Il fatto che ad oggi in tante parti del mondo i diritti di tanti uomini, donne, bambini... vengano costantemente violati non deve far cadere nell'errore di credere che il Giorno della Memoria abbia perso significato, che sia pura retorica e che quindi non serva più ascoltare ancora le testimonianze dei sopravvissuti (il cui numero, ovviamente, si fa sempre più esiguo), leggere libri/articoli o  guardare film/documentari a tema...; nondimeno, proprio per onorare con onestà e in una logica inclusiva questa giornata, nessuna vittima di azioni criminali a scopo di sterminio, di negazione dei diritti umani, va ignorata, sminuita, dimenticata, altrimenti la memoria di ciò che è accaduto durante la seconda guerra mondiale non sarà mai un ricordo, se poi sotto i nostri occhi continuano a verificarsi ingiustizie simili davanti alle quali si tende a girare la testa dall'altra parte e quasi a considerarle "di serie B".


"...se la storia e la memoria pubblica sono un antidoto dovremmo chiedercelo sempre, dove eravamo e dove siamo. Per provare a non correre il rischio di finire in quel maledetto scantinato stantio, a rifugiarsi nello studio, mentre i bambini gridano nella notte. “La memoria della Shoah è di tutti”, ha sostenuto sul sito di “Gariwo” la storica Anna Foa, e ha ragione: è anche delle donne e dei bambini intrappolati a Gaza o nei campi profughi di tutto il Medio Oriente. Sempre che sopravvivano.

Forse, chissà, un giorno succederà quello che immagina Elie Duprey (“Contretemps”, 23 dicembre 2023):

"La situazione non lascia spazio all'ottimismo. In Palestina, innanzitutto e prima di tutto, dove il sostegno incondizionato dato a Israele dalle potenze occidentali rende difficile immaginare qualcosa di diverso dall'approfondimento delle dinamiche attuali: pulizia etnica, apartheid, fascistizzazione sempre più spinta della società israeliana, indignazione generale – da parte dell'Occidente – di fronte alle esplosioni di violenza più spettacolari, indifferenza generale – da parte dell'Occidente – di fronte alla violenza quotidiana della colonizzazione. La storia degli Stati Uniti dimostra che certi processi coloniali possono trionfare e certi popoli scomparire. Forse un giorno qualche turista entrando in un casinò di Gaza verserà una lacrima in memoria dei crimini passati, prima di tornare a godere dei benefici della civiltà. Forse no".

Forse sarà così, forse no – in ogni caso decine di migliaia di persone non ci sono più. Dipende anche da noi, dal poco – pochissimo – che contano le nostre voci. Se non le alzeremo abbastanza, e se non verremo ascoltati, chissà, può essere che un giorno qualcuno ci verrà a cercare, sempre che non sia già troppo tardi. Quando busserà alla nostra porta chiedendoci se davvero non sentivamo, non vedevamo, non parlavamo, noi, o almeno io, probabilmente non sapremo cosa dire."


(stralcio di un articolo di Carlo Greppi presente su Gariwo)

mercoledì 20 dicembre 2023

VIAGGIARE LEGGENDO... "LE STREGHE DI MANNINGTREE"



Uno dei romanzi storici letti quest'anno e che ho molto apprezzato è Le streghe di Manningtree di A. K. Blakemore.

Ambientato nell'Inghilterra della metà del 1600, il libro narra la storia di un gruppo di donne (il punto di vista è affidato a una di esse, la più giovane - Rebecca West -) povere, che vivono ai margini della società, senza marito e abituate a una vita di stenti,  accusate di stregoneria e che, quindi, rischiano la condanna a morte.

Benché ci siano ovviamente molti elementi fittizi, la storia narrata si rifà ad eventi realmente accaduti, a persone realmente esistite e a luoghi anch'essi reali.

In questo post faremo un breve e virtuale giretto proprio in questi posti, belli e suggestivi, che in passato sono stati triste teatro di tragici e ingiusti processi, frutto di pregiudizi, ignoranza e superstizione.

"Manningtree e Mistley sono due paesi che insieme formano una specie di piccola città, ordinatamente appaiati come due zoccoli, il destro e il sinistro, a cavallo delle acque della Holbrook Bay su un'ansa dello Stour."


Manningtree è considerata la città più piccola dell'Inghilterra e si trova in una zona molto bella dal punto di vista naturalistico; ai tempi dei Tudor Manningtree era una città ricca di commerci, in particolar modo legati alla lana e ai tessuti ( tra il XV e il XVIII secolo).


source
MANNINGTREE
Infatti, in città sono presenti molti cottage di tessitori (tutti costruiti ai tempi dei Tudor) e, passeggiando per le sue vie, si possono ammirare case in stile georgiano, con pavimenti e pareti in legno e le caratteristiche antiche travi di quercia come soffitto.
In epoca elisabettiana si teneva il famoso mercato nel centro della città ed ancora oggi questo posto è conosciuto come Market Cross.
Manningtree è famosa per i suoi splendidi cigni, le chiatte a vela e la produzione della birra.



Manningtree

Come dicevo, la natura attorno è meravigliosa  e infatti il turismo va alla grande, anche grazie ai tanti negozietti specializzati in antiquariato e artigianato.

La città è situata alla sorgente del fiume Stour, in mezzo ad una bellissima campagna che ospita graziosi villaggi che attendono solo di essere visitati; a poche miglia di distanza c'è la costa, con chilometri di spiagge di sabbia dorata.


Mistley Towers
(Wikipedia)

Mistley è una piccola città sita sulla riva sud del fiume Stour, non lontano da Manningtree, a cui è unita tramite un percorso alberato lungo il fiume. 

La città è famosa per le Mistley Towers, una coppia di campanili che facevano parte della chiesa di St. Mary, costruita nel XVIII secolo in stile georgiano e demolita nel 1870. La chiesa non c'è più, restano solo le due torri. 


Ma ciò che a noi interessa è ricordare il legame tra Manningtree e il famigerato Matthew Hopkins (c. 1620 - 12 agosto 1647) , l'autoproclamatosi (la sua attività di inquisitore non fu mai ufficializzata) Generale dei cacciatori di streghe che si trasferì in città all'inizio degli anni Quaranta del Seicento (mentre il paese era devastato dalla guerra civile ). 

Convinto di aver sentito alcune donne della città parlare dei loro incontri con il diavolo, lavorò alacremente perché si giungesse alla loro esecuzione.
Hopkins
(Wikipedia)
Pare che, a seguito delle sue indagini in compagnia del fido collaboratore Stearne "il pungolatore", più di trecento "streghe" siano state giustiziate tra il 1644 e il 1646.
Dalle poche informazioni che si hanno, Hopkins era nato a Wenham, nel Suffolk, molto probabilmente laureato in legge; la caccia alle streghe intrapresa da Hopkins e Stearne si svolse principalmente nell’Anglia orientale, nelle contee di Suffolk, Essex, Norfolk, Cambridgeshire e Huntingdonshire e nelle contee di Northamptonshire e Bedfordshire; sebbene ufficialmente vietate, lo pseudo inquisitore si servì di diverse forme terribili di torture per spingere le accusate a confessare i propri legami con il diavolo. 

Per ogni presunta strega scoperta veniva pagato venti scellini; alcune delle sue vittime sarebbero state appese su The Green in South Street.

Matthew Hopkins morì ancora giovane nella sua casa a Manningtree, il 12 agosto 1647, probabilmente di tubercolosi; venne sepolto nella "Church of St Mary" a Mistley Heath.

È autore del libro The discovery of witches (LINK).




Articoli consultati:

https://www.thetouristtrail.org/guides/essex-guides/a-guide-to-manningtree/
https://www.picturesofengland.com/England/Essex/Mistley
http://www.instoria.it/home/matthew_hopkins_witchfinder_general.html
https://www.manningtreetowncouncil.org.uk/manningtree/gallery
Wikipedia

sabato 14 ottobre 2023

# RECENSIONE # FALCONERA di Fabio Ceraulo


Contraddistinta da un meraviglioso panorama, dove l'aria odora di aghi di pino, tra campi coltivati, frutteti e prati d’erba umida e soffice, sorge, nella bella località siciliana di Castellammare del Golfo, Falconera, una piccola e tranquilla realtà contadina che sta per essere travolta (anch'essa) dai venti di cambiamento portati dall'arrivo di Garibaldi e dagli avvenimenti che hanno portato all'unità d'Italia.



FALCONERA
di Fabio Ceraulo


Spazio Cultura
189 pp
"Tutti bravi a fare la rivoluzione, viva Garibaldi! Per che cosa? Per farci mettere di nuovo i piedi in testa! Un giorno ci ribelliamo, il giorno dopo ci caliamo le brache, altro che libertà! In questa terra non nasce niente, non cresce niente. Solo malattie, pidocchi e la colpa di avere le pezze nel didietro!"

È il 1853 quando Francesca Galante, la mammana (levatrice) di Falconera, una contrada di campagna posta sul colle che sovrasta Castellammare del Golfo, fa nascere la piccola Angelina Romano, figlia di una coppia di contadini con già diversi figli e che vive tirando avanti onestamente, seppur con fatica.

A Falconera vive gente semplice che cerca di mettere qualcosa sotto i denti giorno per giorno; alcuni se la cavano meglio, soprattutto se sono alle dipendenze di signorotti locali benestanti e, in fondo, generosi, come don Faro Giurintano; altri se la passano decisamente peggio e non pochi son coloro che si vedono costretti a far la fila presso il parroco del paese, don Benedetto, a chiedere un po' di cibo e altri beni di prima necessità, per sé e i famigliari.

Insomma, la povertà c'è e, come accade ovunque e in ogni epoca storica, c'è pure, immancabilmente, chi arranca per sopravvivere e chi si può permettere feste, cibo a volontà, grandi dimore, servitù e campi da far coltivare ai propri lavoratori.

Chi è ricco non fa che mangiare a sbafo e riempirsi la pancia; a chi è povero, la pancia brontola tutto il giorno: niente di nuovo sotto il sole.

Ma nel 1860 la brezza che viene dal mare porta con sé delle notizie: è arrivato Garibaldi: "Due  imbarcazioni piene di uomini armati, guidati dal filibustiere chiamato Garibaldi, hanno preso terra ieri l’altro, di mattina, al porto di Marsala".

Ed è così che di lì a breve cominciano ad arrivare uomini delle milizie garibaldine, con le loro giubbe rosse e i fucili; all'inizio cercano di farsi amica la popolazione di Falconera, chiedendo cibo e acqua, ma il caos e il panico vero prendono piede in seguito, quando - cacciati i Borbone nel Meridione, dopo la nascita del Regno d'Italia, con Vittorio Emanuele II quale sovrano degli italiani -  giunge il comunicato di sua maestà che introduce la legge della leva militare, in base alla quale tutti i giovani maschi della terra di Sicilia dovranno prestare servizio nel regio esercito per sette anni e tale leva è obbligatoria.

La notizia getta nella paura e nel malcontento tutti in paese: non solo devono lasciare andare i propri figlioli, con l'incertezza che tornino a casa vivi e tutti interi, ma questo significa anche perdere la forza lavoro, non avere più delle braccia forti per lavorare la terra.

A non essere felici per quest'ordine - la cui disubbidienza ovviamente avrà delle conseguenze - non sono, quindi, solo le famiglie in cui ci sono dei giovani, ma anche quelle dei proprietari terrieri, che si vedranno privati di lavoranti.

Certo, mica tutti i giovanotti sono coinvolti in questo reclutamento: come purtroppo non di rado accade, chi è potente, ha soldi e autorità, viene esonerato, magari in cambio di fedeltà assoluta al nuovo re.
Anche uomini che, fino a qualche settimana prima, si dichiaravano devoti a re Francesco II, non esitano a voltare bandiera e ad accogliere, a suon di inchini e lusinghe, i "nuovi padroni".
Alla fine, ciò che importa è riceverne un tornaconto personale e, se per stare dalla parte dei vincitori, bisogna semplicemente cambiare carro e stendardo, qual è il problema?

E infatti, ad occuparsi di far sì che l'ordine del re venga rispettato, ci pensa un signorotto del posto, don Bartolomeo Asaro, nominato responsabile dell’ufficio di leva.
Assieme a lui, altri “galantuomini” della comunità non attendono altro che capire da che parte schierarsi e non esitano a "tradire", in un certo senso, i propri compaesani pur di compiacere gli ufficiali del re. 

In questo quadro in continuo mutamento, dove la povera gente è spaventata, sempre più disgraziata e lasciata sola con i propri problemi, incontriamo e conosciamo vari personaggi, alcuni dei quali già nominati, come  il ricco possidente don Faro, gli arrivisti Francesco e Bartolomeo, la famiglia Romano, la levatrice Francesca (che fa praticamente le veci del medico di paese e viene chiamata ad ogni parto dalla gente di Falconera), il sacerdote don Benedetto (che non guarda di buon occhio il nuovo re e pensa con amara nostalgia al vecchio), l'avvocato Oliveri, dalle idee rivoluzionarie, il buon Turi, braccio destro di don Faro e sempre pronto a servirlo e proteggerlo fedelmente.

Faro è un brav'uomo, tratta bene i suoi dipendenti, è generoso, rispettato da tutti; il suo atteggiamento verso il passaggio dai Borbone ai Savoia è razionale, oculato, egli non è tipo da lasciarsi prendere da facili entusiasmi e partigianerie e guarda con occhio attento e critico ciò che accade attorno a sé, per comprendere la reale ed effettiva portata dei cambiamenti in atto.

Don Faro è un personaggio dai contorni nostalgici, tormentati, il cui cuore si è riempito di amarezza dopo aver perso l'amata moglie, donna pia e dolce, amata da tutti; il suo pensiero va sempre a lei, senza la quale è perso, solo e "la sua esistenza si è trasformata in un arido mosaico che ha smarrito i tasselli principali".

Faro è un punto di riferimento autorevole a Falconera e ha la stima dei compaesani, soprattutto di don Pietro che capisce come l'amico si sia meritato il rispetto della piccola comunità, a differenza di altri uomini che hanno preferito vestirsi di prepotenza e dare importanza ai soldi facili e a biechi maneggi politici, in spregio a qualsiasi solidarietà con la propria gente.

Anche la levatrice, Francesca, osserva i miserabili che le vanno a chiedere aiuto, che sia per far nascere un bambino o per avere un tozzo di pane, e prova pietà per questi disperati lasciati a marcire nella propria miseria; e adesso, con il nuovo re, cambierà qualcosa per loro? Avranno forse un pezzo di pane in più?

La realtà è che cambia il re ma la povertà resta; anzi, semmai le nuove leggi alimentano i contrasti, inaspriscono un malessere e un malcontento che si fanno sempre più grandi e che finiranno per coinvolgere tutti quanti, al di là dei ceti sociali, trasformando tutta quella situazione in una polveriera pronta a esplodere.


Immerso in una cornice che ricostruisce in modo realistico e asciutto questo frangente storico, il lettore può sentirsi emotivamente partecipe dei fermenti storici e politici propri di quegli anni nel Sud Italia, in quanto l'attenzione è posta sulle persone, sui loro tormentati interrogativi, sulla loro miserevole vita e sui tentativi di sopravvivere in un contesto mutevole e imprevedibile in cui il passaggio da un "padrone" all'altro non è garanzia di un miglioramento delle loro condizioni, tutt'altro.

«passare da re Francesco a Vittorio Emanuele cosa porterà? Qual è il cambiamento? Che non si può più chiamare qualcuno eccellenza?»

«Lasciate perdere la politica, amico mio», replica don Pietro che mastica più lento degli altri. «Che cambiamento vedete? Il mare, la pineta, la strada grande. Tutto uguale a prima. I signori continueranno a fare i signori e i poveracci faranno lo stesso».
«Tutto qui?»


Se il proclama sabaudo relativo alla leva obbligatoria mette la gente di Falconera in agitazione, questo è nulla rispetto allo stato di profonda preoccupazione e di paura che dilaga nel momento in cui, a fronte delle numerose diserzioni da parte di giovani che preferiscono scappare tra i monti e rifugiarvisi come topi in trappola piuttosto che arruolarsi e combattere (morire) per un re che non riconoscono come tale, cominciano a verificarsi le prime fucilazioni dei ribelli.

Questi briganti sono nemici del re, non vanno assolutamente aiutati e coperti, ma denunciati; chi disobbedisce è anch'egli un traditore e da tale verrà trattato (fucilato).

Le tensioni crescono e con esse la paura delle conseguenze delle minacce degli ufficiali; ma a farsi strada è anche un altro sentimento: l'odio sempre maggiore verso "l'occupante" che viene dal nord, che non ha portato alcun cambiamento positivo, finora, anzi: Garibaldi ha promesso terre che non sono mai state date alla povera gente; a trarne vantaggio sono stati solo coloro che erano già ricchi!
Soggetti "definiti da tempo cutrara, un termine dispregiativo per chi si è arricchito grazie a potenti  amicizie", alcuni dei quali "si sono divisi case e terreni espropriati a povera gente con la prepotenza e l’aiuto di picciotti violenti e affamati."

Questi "panzoni arricchiti", che calpestano i contadini, vanno a riempire le file di "una nuova classe sociale, insolente e pericolosa”.

Ponendosi dalla parte di personaggi quali don Faro, Francesca, don Benedetto, il lettore percepisce la portata del dramma che rischia di consumarsi, e infatti la situazione precipita quando il gruppetto dei "briganti" (che si nasconde per non essere fucilato per aver disobbedito) si rende protagonista di un'azione violenta, che a sua volta scatena la pronta e sanguinosa reazione dei piemontesi.

Come troppo spesso accade, a pagare il prezzo più alto sono gli innocenti e non si può non provare pena per i poveri disgraziati che, nel cercare riparo dalla furia dei piemontesi assetati di vendetta e di sangue, ne vengono invece travolti. 
E con loro, anche una vittima molto, troppo giovane, che verrà dalla Storia ricordata come una "vittima innocente della repressione sabauda".

Falconera è un romanzo storico la cui trama si inserisce nel periodo che ha visto i territori compresi nel Regno delle due Sicilie passare da un sovrano a un altro, restituendoci un ritratto realistico di contesti e ambienti, degli eventi e dei personaggi coinvolti, mostrandoci le contraddizioni di un momento di transizione verso una situazione sociale e politica che, lungi dal portare concreti miglioramenti nella vita delle popolazioni, rischiava di peggiorarla.
La Storia ci insegna che lì dove si sono verificati cambiamenti, passaggi da uno stato all'altro, rivoluzioni ecc, essi sono passati inevitabilmente attraverso episodi di violenza, ribellione, soprusi, malcontenti, vendette e ritorsioni, tradimenti, ingiustizie.

I personaggi che prendono vita tra queste pagine sono coerenti, nel parlare e nei comportamenti, col periodo di riferimento e le loro personalità emergono dal modo di agire e reagire agli eventi che li travolgono: il parroco cerca di manifestare misericordia verso i miseri che gli chiedono aiuto, la levatrice ha un atteggiamento esteriore duro, sbrigativo e scortese ma in realtà è una donna generosa e pronta a donare ciò che ha a chi ha più bisogno di lei; don Faro ha una personalità contemplativa, è riflessivo e osserva tutto e tutti con molta attenzione, ama la propria tranquilla esistenza e non si lascia sedurre dal (presunto) nuovo che avanza.

Ho trovato il testo davvero scorrevole, grazie a uno stile semplice e diretto, efficacemente arricchito da espressioni dialettali, all'accuratezza storica, all'attenzione posta ai personaggi e alle dinamiche innescate da tutti quegli avvenimenti che hanno caratterizzato il periodo in oggetto.
Nelle ultime pagine, l'Autore distingue i personaggi realmente esistiti da quelli per i quali si è ispirato ad altri sì reali ma cambiandone i nomi. 

Come spesso dico, a me piace molto il genere storico e, nello specifico, i movimentati anni e i relativi eventi che hanno contribuito al processo di unificazione del Paese, ragion per cui ho apprezzato moltissimo questo romanzo, sia per come è scritto e sia per i fatti narrati, che, personalmente, non conoscevo (non bene, per lo meno) e, come spesso mi succede, ho cercato informazioni per colmare le mie lacune.

Non posso che consigliarvelo!


ALCUNE CITAZIONI

"...siamo complici, colpevoli anche noi. Stiamo sempre ad aspettare tutto senza muovere un dito. Aspettiamo che si fa giorno, che si fa notte, aspettavamo re Francesco e poi Garibaldi. Aspettiamo la vendemmia, la pioggia, lo scirocco. I fiori di zagara a maggio e i limoni da mangiare a strica sale. Per tutto il resto ci voltiamo dall’altro lato».

*****

«La vita è come questo limone, Turi. Quando lo apri, ci puoi trovare qualche verme. 
Se tutto è a posto, lo puoi mangiare.  Al morso, a volte è aspro, a volte dolce».

sabato 16 settembre 2023

"Sabra - è l'identità del nostro tempo, per sempre" - ricordo di un massacro -



Tra il 16 e il 18 settembre 1982, quarantuno anni fa, nel campo profughi palestinese di Shatila, situato nel quartiere di Sabra, alla periferia ovest di Beirut, uomini delle milizie cristiano-falangiste entrano nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila e danno vita al massacro della popolazione palestinese, tre giorni di crudeltà agghiaccianti, con gli israeliani, installati a 200 metri da Shatila, a creare una cinta intorno ai campi e a fornire i mezzi necessari all'operazione. 
Il bilancio delle vittime è di circa 3.000 vittime. In seguito alla creazione di una commissione d’inchiesta, che gli attribuisce la responsabilità del massacro, Ariel Sharon è costretto a dimettersi da ministro della difesa. 
Il 16 dicembre dello stesso anno l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel condannare nel modo più assoluto ciò che era successo, conclude “che il massacro è stato un atto di genocidio”.

HANDALA


Sabra e Shatila
di Mahmoud Darwish


Sabra ragazza addormentata.

Gli uomini se ne sono andati
la guerra ha dormito per due brevi notti,
Beirut ha obbedito ed è diventata la capitale
Una notte lunga è fatta di sogni a Sabra,
Sabra sta dormendo.

Sabra - i resti del palmo di una mano di un cadavere
Disse addio ai suoi cavalieri e al suo tempo
e si arrese per dormire di stanchezza
e gli Arabi l’hanno gettata alle loro spalle.

Sabra - e cosa che i soldati di Galilea dimenticarono-
non compra e non vende nient’altro che il suo silenzio
per comprare fiori da mettere sui suoi capelli intrecciati.

Sabra - canta la sua metà perduta, tra il mare e l'ultima guerra:
perché te ne vai e abbandoni le tue mogli nel cuore di una notte di ferro?
Perché te ne vai e lasci la tua notte sospesa sopra il campo e l'inno nazionale?

Sabra - coprendosi il seno nudo con una canzone d'addio
conta i palmi delle mani e sbaglia mentre non riesce a trovare il braccio:
Quante volte andrai raminga?
E per quanto tempo? E per quale sogno?
Se tornerai un giorno
per quale esilio tornerai,
e da quale esilio torni?

Sabra - strappandosi il seno:
Quante volte il fiore sboccia?
Quante volte la rivoluzione sarà in cammino?

Sabra - impaurita dalla notte.
Lo mette sulle ginocchia
lo copre con il mascara degli occhi
grida per distrarlo:
sono partiti senza fare cenno del ritorno
appassiti e curati dalla fiamma della rosa!
Restituiti senza tornare all'inizio del loro viaggio
L'età è come i bambini che scappano da un bacio.
No, non ho un esilio per dire: ho una casa
Dio, oh tempo ..!

Sabra: dorme. E il pugnale del fascista si sveglia
Sabra chiama chi sta chiamando tutta questa notte
e la notte è sale
il fascista le squarcia il seno
– la notte si è accorciata -
poi danza intorno al suo pugnale
e lo lecca.
Mentre inneggia un'ode alla vittoria dei cedri,
e scortica in silenzio la carne dalle ossa di lei
e ne sparpaglia gli organi sul tavolo
e il fascista continua a ballare e a sghignazzare agli occhi rovesci
e impazzisce di gioia,

Sabra non è più un corpo.
La cavalca come gli dettano i suoi istinti e la sua voglia si palesa.
E ruba un anello dalla sua carne
e torna dal sangue di lei al suo specchio
E sia - Mare
E sia - Terra
E siano - Nuvole
E sia - Sangue
E sia - Notte
E sia - Essere Ucciso
E sia - Sabato
e sia lei - Sabra.

Sabra - l'incrocio di due strade su di un corpo
Sabra, l’abisso di uno Spirito che si fa Pietra
e Sabra - non è nessuno
Sabra - è l'identità del nostro tempo, per sempre.

(traduzione di R. Gullotta)






Ho ricordato questo terribile e impunito massacro anche l'anno scorso >>  QUI  <<


Siti consultati:

Rai Cultura
www.antiwarsongs.org
thepalestineproject.medium.com

sabato 26 agosto 2023

VACANZE A GLARONA [ pillole di storia ]

 

La mia vacanza famigliare in Svizzera sta per giungere al termine e lunedì sera lascerò Glarus (Glarona) per tornare in Italia, in Puglia.

Oggi vorrei condividere con voi un paio di curiosità storiche legate a questa cittadina di circa 12.500 persone, ai piedi dei monti Glärnisch, Wiggis e Schilt, a solo un'ora di macchina o di treno da Zurigo.
Da Glarona provengono prodotti rinomati come il cioccolato Läderach, i forni per raclette Stöckli, le sedie Horgenglarus e Geska Ziger.

La prima curiosità ha a che fare con un personaggio del VI secolo: San Fridolin, che compare sullo stemma glaronese, l'unico stemma cantonale raffigurante una persona.

San Fridolin, rappresentato con bastone e Bibbia (le raffigurazioni ecclesiastiche lo vedono anche accompagnato da uno scheletro), secondo la leggenda era un messaggero di fede irlandese, vissuto all'inizio del VI secolo e grazie alla cui influenza gli abitanti del Glarnerland divennero cristiani.
Dopo essere stato a Poitiers, attraverso Strasburgo e Costanza giunse a Coira (Chur) e lungo il suo cammino fondò numerose chiese, tra cui il monastero sulla penisola del Reno a Säckingen.
Lavorò come abate a Säckingen e da lì evangelizzò la zona dell'Alto Reno.

La leggenda racconta che il ricco Ursus, prima di morire, avesse donato gran parte del Glarnerland a Fridolin.
Suo fratello Landolf voleva riprendere la terra da Fridolin dopo la morte di Ursus, ma Fridolin riportò in vita Ursus per chiedere aiuto nella disputa sull'eredità, e Landolf ne fu così scioccato da regalare a Fridolin anche la la sua parte di paese.

In questo modo il Glarnerland venne dichiarato appartenente al monastero fondato da Fridolin a Säckingen, e Fridolin venne considerato il santo protettore contro i furti ereditari.


🇨🇭🇨🇭🇨🇭


Altra nota storica interessante: proprio a Glarus ebbe luogo l'ultima condanna a morte per stregoneria in Europa.

Anna Göldi nacque il 24 ottobre 1734 a Sennwald ed era la quarta degli otto figli di Adrian Göldi e di Rosa Bühler; rimase nubile.

 
Dal diciottesimo anno di età lavorò come serva, ad es. alle dipendenze del pastore di Sennwald, poi del pastore Johann Heinrich Zwicky (il figlio la mise incinta; del piccolo, partorito a Strasburgo, si persero le tracce) e presso Johann Jakob Tschudi, medico e giudice del tribunale dei Cinque, a Glarona (dal settembre 1780 alla fine di ottobre 1781).

I guai per Anne iniziarono quando, alla fine di ottobre 1781, nella scodella del latte della figlia di otto anni (Anna Maria) della famiglia Tschudi, nel giro di cinque giorni furono trovati nove spilli.
La serva fu licenziata in tronco il 5 novembre 1781 e pochi giorni dopo si recò da una sorella a Sax.
Intanto, la piccola Tschudi avrebbe iniziato a sputare spilli, chiodi di ferro e pezzi di filo metallico, entro Natale ne sputò in totale un centinaio e sulla testa di Göldi fu posta una taglia, con tanto di diffusione di dati segnaletici sui giornali.
La Göldi fu arrestata il 2 marzo 1782 a Degersheim, dove era a servizio presso un oste.
Anna Maria, pur avendo smesso di vomitare spilli, manifestò altri problemi di salute e fu proprio Anne Göldi a guarire la bambina, rafforzando ulteriormente la sua nomea di «strega».

Ad aprile iniziò il processo; durante il primo interrogatorio amichevole, senza tortura, la presunta strega ammise di aver messo gli spilli nel latte di Anna Maria: successivamente,  ammise di aver somministrato gli spilli, i chiodi e i fili di ferro alla bambina attraverso un dolce che aveva ricevuto dal fabbro Rudolf Steinmüller.

Nel corso del procedimento penale, anche negli interrogatori sotto tortura, Göldi oscillò tra queste due versioni dei fatti;   Steinmüller, arrestato il 9 aprile 1782 come complice, si tolse la vita in carcere.

A giugno  il consiglio evangelico glaronese, con 32 voti contro 30, la giudicò colpevole di essere un'avvelenatrice ("Vergifterin") e il 13 giugno 1782 Anna Göldi morì sulla ghigliottina.

Il 27 agosto 2008, a più di 226 anni dall'esecuzione, il parlamento cantonale di Glarona ha deciso di riabilitare Anne Göldi.
In sua memoria è stato aperto un museo, Anna Göldi Museum Glarus.

FONTI CONSULTATE

  • https://www.gl.ch/portrait/wappen.html/204
  • https://www.heiligederschweiz.ch/fridolin/
  • https://www.glarus.ch/portraet.html/5823
  • https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/043539/2021-11-30/



Una via di Glarus


Stemma glaronese -
Fridolin



Glarner Stadtkirche





mercoledì 26 aprile 2023

[[ LIBRI A TEMA ]] I DESAPARECIDOS


I libri che vi propongo oggi convergono tutti attorno a una parola: desaparecidos.

Era il 1976 quando a Buenos Aires un consiglio di militari, composto dal generale Jorge Rafael Videla, dall’ammiraglio Emilio Eduardo Massera e dal brigadiere Orlando Ramón Agosti, (ri)prendeva in mano il potere, deponendo Isabel Perón, moglie dell’ex dittatore Juan Perón, il quale - pur avendo trionfato alle elezioni nel '73 -  fallì nel riportare l’ordine nel Paese nonché sul versante economico, lasciando l'Argentina in una profonda crisi.

Così, il 24 marzo 1976 un colpo di stato militare portò alla conquista del potere in Argentina, da parte di Videla che sospese la Costituzione e instaurò un regime di terrore.

Da quel momento iniziarono ad alternarsi al vertice diversi generali, che intrapresero il “Processo di Riorganizzazione Nazionale”, commettendo molti efferati delitti politici e portando il Paese all’isolamento internazionale.
Una  vera e propria “guerra sporca” portata avanti con metodi violenti nei confronti di chiunque si opponesse alle politiche governative e quindi fosse da considerare nemico del Paese; questa gente andò incontro a sequestri, violenze, torture: la maggior parte di loro veniva prelevata dalle proprie case di notte, sottoposte a torture, sevizie.
Si trattava di studenti, sindacalisti, lavoratori, uomini e donne e  furono più di 30mila a perdere la vita in circostanze "misteriose" e mai chiarite: i desaparecidos, oppositori, o presunti tali, arrestati o  fatti sparire nel nulla.

Il dittatore Videla restò al potere dal marzo 1976 al 1981, fu lui il principale responsabile del dramma dei desaparecidos, e del conseguente destino dei figli di queste persone, che spesso venivano loro sottratti per poi essere affidati a famiglie vicine alla giunta militare. 
A lui si devono anche i “voli della morte”, durante i quali i prigionieri venivano sedati e gettati in mare dagli aerei.
Non ci sono mai state esecuzioni ufficiali in quei terribili anni, erano tutte "operazioni" clandestine: niente morti, quindi ma soltanto persone scomparse. Desaparecidos, appunto.


Ecco alcuni libri per chi volesse leggere qualcosa sul tema.

 

Nessun amore più grande

,
di Domenico Del Coco 
(Cavinato, 2016)

Buenos Aires, oggi. La vita tranquilla di una famiglia come tante viene stravolta dall'argomento della tesi scelto dal figlio Esteban: i desaparecidos.
Il ragazzo comincia a notare atteggiamenti e silenzi fino a quel momento trascurati e il lettore scoprirà  i segreti di questa famiglia e, soprattutto, i drammatici eventi che coinvolsero gli argentini ma anche il resto del mondo. Chi erano i desaparecidos? Cosa sono i voli della morte?






I vent'anni di Luz
di Elsa Osorio
(TEA, 2007)

L'Argentina degli anni Settanta è quella del periodo buio della dittatura militare. In un campo di prigionia vicino a Buenos Aires, Liliana, una studentessa comunista, dà alla luce una bambina, che - in seguito alla morte della madre, viene affidata a diverse persone. Una volta adulta e sposata, Luz ripercorre a ritroso la propria esistenza in un'intensa e frenetica indagine che la porterà a scoprire la sua vera identità. 



L' isola del silenzio. 
Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina
(Fandango, 2021)

,

Il giornalista ricostruisce la storia del campo di concentramento in una delle isole del Río Tigre, chiamata El Silencio, in cui i detenuti sono vittime di un misterioso programma di "disintossicazione e rieducazione". 
Attraverso le agghiaccianti testimonianze dei sopravvissuti e dei parenti dei desaparecidos, Verbitsky ricostruisce la storia di questo terribile campo di prigionia, svelando retroscena inediti del rapporto che legò, negli anni della "guerra sporca", il regime militare e le gerarchie ecclesiastiche. L'inchiesta incrocia alcune delle figure più importanti del Vaticano di ieri e di oggi, dal nunzio apostolico Pio Laghi fino a papa Paolo VI, analizzando anche le azioni di Jorge Bergoglio.



 Piccoli combattenti
(Guanda, 2016)


Nell'Argentina degli anni Settanta, all'inizio della dittatura, i genitori - militanti montoneros - di due ragazzini (sorella e fratellino) sparirono all'improvviso. Rimasti a vivere con gli zii e le due nonne, i bambini imparano a vivere, aggrappandosi all'affetto che li lega e agli ideali in cui sono stati cresciuti, e scoprono insieme che tutte le storie hanno diritto a un lieto fine. 
Un romanzo che racconta la quotidianità ai tempi tragici della dittatura militare con la voce meravigliosa di una bambina, ingenua ma saggia, a volte perfino ironica, che sa trovare parole vere per restituire l'incredulità, l'amore, la paura e la compassione.



,
Sotto il cielo di Buenos Aires
di Daniela Palumbo
(Mondadori, 2016)


Nel 1952 Ines lascia l'Italia per andare con la famiglia a Buenos Aires, ma insieme a nuove amicizie ed esperienze, conoscerà una dittatura sanguinaria, e impara una parola che la segnerà nel profondo: desaparecidos. Si può davvero sparire per sempre? La ricerca della verità fa il giro del mondo e arriva ai nostri giorni, toccando le vite di tante persone che condividono tutte un grande segreto e un unico destino da ricostruire. Un romanzo che affronta con forza, intensità e speranza una delle pagine più crudeli della Storia. Età di lettura: da 11 anni.





Articoli consultati

martedì 7 febbraio 2023

Gli Jenisch, "zingari bianchi" - il genocidio dimenticato dei "bambini di strada"



Pochi giorni fa vi ho parlato di un film del 2017, “Dove cadono le ombre” di Valentina Pedicini, che racconta l'atroce storia del genocidio degli Jenisch (i cosiddetti “zingari bianchi”) in Svizzera nel corso del Novecento: centinaia e centinaia di bambini “zingari” furono rinchiusi in ospedali psichiatrici, in orfanotrofi, dove subirono abusi, furono sterilizzati e sottoposti a elettroshock per estirpare loro il gene del “nomadismo”, con l'obiettivo di farne delle persone “normali” e ricollocarli in nuove famiglie di svizzeri “puri”.

Pur facendo parte in generale della comunità zingara, mentre le popolazioni romani (Rom, Sinti, Kalé, Romanichals) sono etnie di derivazione indiana, l'origine degli Jenisch è germanica e hanno un loro proprio idioma; la Svizzera è stato il Paese che ha da sempre contato il maggior numero di Jenisch, sin dall’XI secolo (in Germania nel XIII secolo). 
Già nel 1825, a Lucerna, un gruppo di Jenisch fu torturato e processato per crimini contro la società; più tardi, alle famiglie vennero sottratti i figli in modo da combattere la cultura, la lingua e i modi di vita di questa comunità errante.
Il bieco tentativo di sterminio scientifico terminò solo nel 1975. 
Secondo i parametri applicati dalle autorità elvetiche, i nomadi erano considerati pericolosi, asociali, irrecuperabili, da tenere a bada con metodi repressivi. A nulla contava avere la cittadinanza svizzera. 

Fotografie scattate da Walter Studer in occasione di un reportage sul nomadismo,
realizzato nel 1954 nei dintorni di Oensingen © Peter Studer, Berna.



Nel 1926, quando le teorie eugenetiche (che si proponevano di ottenere un miglioramento della specie umana, attraverso le generazioni) erano in piena espansione, un insegnante di ginnasio, Alfred Siegfried (espulso dall’insegnamento con l'accusa di pedofilia), diventò responsabile della sezione Scolarità Infantile della fondazione Pro Juventute, e diede vita al programma “Opera di assistenza per i bambini di strada” (Kinder der Landstrasse), attivo fino al 1972. 
Proprio Siegfried, nel 1943, tenne a Zurigo una conferenza nella quale rese noti gli scopi, i metodi e l’ideologia alla base della propria attività: gli Jenisch erano dei “vagabondi” e “una piaga” per la società, a motivo della loro appartenenza etnica. 
Nel 1970, il governo svizzero condusse una politica semi-ufficiale che si proponeva di istituzionalizzare i genitori Jenisch, ritenuti “malati di mente”, e togliere loro i figli, nel tentativo di eliminare la cultura zingara (il nomadismo era considerato una patologia degenerativa ereditariamente trasmissibile); agli "zingari" Jenisch veniva impedito il matrimonio, le nascite erano controllate, si praticarono le sterilizzazioni * e privazioni della libertà personale. 

Centinaia, anzi migliaia, di bambini e bambine furono strappati alle loro famiglie di origine (con cui perdevano ogni contatto) e consegnati in affidamento, rinchiusi in orfanotrofi, cliniche psichiatriche o istituti penitenziari; il  progetto prevedeva il cambio di identità delle piccole vittime e l’attribuzione di un nuovo nome di battesimo; ovviamente, essi venivano anche "rieducati" dal punto di vista culturale e linguistico, obbligati a non usare la loro lingua madre. 

Ruth Dreyfuss, ex consigliere federale e presidente della Confederazione svizzera nel 1999, affermò in proposito: «Le conclusioni degli storici non lasciano spazio al dubbio: […] è un tragico esempio di discriminazione e persecuzione di una minoranza che non condivide il modello di vita della maggioranza.»

Solo nel 1987 la Confederazione elvetica si è scusata con gli Jenisch, riconoscendo la propria responsabilità morale e politica. 

Il numero esatto delle vittime non è noto, ma si presume che il numero di bambini coinvolti in questo maledetto progetto oscilli tra 500 a 2.000. 

Tra le vittime più note del programma di discriminazione e persecuzione dell’etnia jenisch, ricordiamo il politico Robert Huber e Mariella Mehr, nata a Zurigo nel 1947 (morta nel 2022) da una famiglia Jenisch, che ha raccontato la propria drammatica esperienza.
Mariella Mehr

"Io sono un essere umano. È importante preoccuparsi del fatto che siamo essere umani, più che della razza".

Mariella è stata soggetta a ripetuti ricoveri coatti in istituzioni mediche, dove già a partire dai nove anni subisce l’elettroshock; fu resa anche oggetto di lezioni universitarie e cliniche, quale esempio di «razza tarata». 
A 17 anni ebbe un bambino, che le fu tolto; a 24 anni venne sottoposta a sterilizzazione, come fecero già con la madre Maria Emma Mehr. 

Dal 1975, come giornalista, ha scritto molti articoli di denuncia. Negli ultimi vent'anni ha vissuto prevalentemente in Toscana. Ha pubblicato diversi romanzi e quattro libri di poesia. In italiano: il libro autobiografico Silviasilviosilvana (Guaraldi 1995), i romanzi Il marchio (Fandango, 2018), La bambina (Fandango, 2019) e Accusata (Effigie 2008), le raccolte poetiche Notizie dall'esilio (Effigie 2006), San Colombano e attesa (Effigie 2010) e Ognuno incatenato alla sua ora (Einaudi 2014).


"Stiamo separati di fronte al mondo"

Stiamo separati di fronte al mondo,
ognuno incatenato alla sua ora,
i nostri cani vanno a toccare un ieri,
quante volte e senza conseguenze?

Nebbia avvolge quel laggiù privo di sponde
nebbia si appoggia sulla mia spalla,
diventa pesante, più pesante, diventa pietra.

C’è una sola parola captata origliando
che voglio cavare fuori e conservare,
perché resti indietro una ferita aperta,
a mia consolazione, una via nel domani.

Bastava la speranza? Allora sperate con me,
tutti voi soccombenti.
Spera anche tu,
mio cuore,
un’ultima volta.

Mariella Mehr (Traduzione di Anna Ruchat)



* La sterilizzazione era una pratica conosciuta in Svizzera, considerata un’operazione rientrante nel normale lavoro del medico, prescritta per ragioni terapeutiche anche verso altre tipologie di persone quali alcolizzati, tossicodipendenti e persone malate di malattie veneree (in totale, il caso svizzero, ha visto tra il 1935 e il 1975 la sterilizzazione di circa 63mila persone, per la quasi totalità donne).


Fonti consultate:

https://www.rsi.ch/cultura/focus/Mariella-Mehr-14987043.html
https://tracce.studio/catalogo-generale/podcast/ognuno-incatenato-alla-sua-ora/  (podcast gratuito)
https://corriereitalianita.ch/gli-jenisch-in-svizzera-una-storia-di-persecuzioni/
https://thata.ch/jenische.htm
https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008247/2010-03-08/
https://www.einaudi.it/autori/mariella-mehr/
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