venerdì 31 gennaio 2020

Recensione: I TESTAMENTI di Margaret Atwood


*** ATTENZIONE:  SPOILER RELATIVI 
ALL'EPILOGO DE IL RACCONTO DELL'ANCELLA  ***


Sono trascorsi sedici anni da quando l'ancella June/Difred, dopo essere rimasta incinta, è salita su un furgone per andare incontro a un destino incerto: c'è qualcuno disposto ad aiutarla a fuggire dalla oppressiva Repubblica di Gilead  o s'è lasciata ingannare?
Margaret Atwood ce lo racconta attraverso tre diverse prospettive, che convergono tutte verso un unico importante obiettivo.


I TESTAMENTI
di Margaret Atwood



Ponte alle Grazie
trad. G. Calza
502 pp
"...mio lettore. Sei diventato una specie di ossessione – il mio solo confidente, il mio unico amico – perché a chi posso raccontare la verità, se non a te? Di chi altri posso fidarmi? (...) Perché do per scontato che tu esista? Forse non ti materializzerai mai: sei solo un desiderio, una possibilità, un fantasma. Mi permetto di dire: una speranza? Ho senz’altro il diritto di sperare. Non è ancora giunta la mezzanotte della mia vita; la campana non ha ancora suonato".


Ho letto "Il racconto dell'ancella" solo l'anno scorso, dopo aver iniziato a guardare la prima stagione della famosa (e ben fatta) serie tv.
Il romanzo distopico della Atwood mi aveva convinto: questa frazione di mondo, in fondo non più grande di tantissimi altri Paesi, riesce a un certo punto a realizzare entro i propri confini un tipo di società dalle caratteristiche terribili e temibili.
Un microcosmo in cui ai cittadini vengono negati i diritti fondamentali e che - prendendo a pretesto le Sacre Scritture e interpretandole in modo folle - pretende di avere il pieno controllo sui corpi e sulle esistenze delle donne; queste ultime sono suddivise in categorie e, fatta eccezione per le "Zie" (che hanno alcuni importanti privilegi e "libertà", anche rispetto agli uomini), le altre (Mogli, Marte, Ancelle, Economogli) sono soggette alle bizze e alle crudeltà di un codice di leggi che ha l'obiettivo di spersonalizzarle, renderle soggette alla volontà di uomini autoritari, molti dei quali sono meno integerrimi e irreprensibili di quanto vorrebbero far credere.
Una società militarizzata, dove la pietas è per lo più una formalità che copre una moltitudine di nefandezze e ingiustizie.
Un posto così merita solo di scomparire!

Chi ha letto, quindi, "Il racconto dell'ancella" sa cos'è e com'è Gilead, quanto sia opprimente e oppressiva, grigia, triste, ipocrita, crudele, folle e probabilmente ha seguito il resoconto della narratrice, Difred, sperando che almeno lei potesse riuscire a scappare, a denunciare le barbarie perpetrate dai bruti (lascivi stupratori) Comandanti e dalle malefiche Zie, con la speranza che tutto questo potesse trovare una fine.
La Atwood ci aveva lasciato mentre una determinata e coraggiosa June entrava in un furgone che, secondo le parole dell'amante Nick (l'autista di Fred, il Comandante di cui la donna era l'ancella da ingravidare), apparteneva al Mayday (organizzazione segreta nata per contrastare Gilead); il lettore resta però col dubbio: e se invece di essere una via di fuga, quel furgone si rivelasse un'enorme fregatura e quindi l'inizio della fine per Difred?

Il sequel ci dà le risposte che desideravamo.
Sedici anni circa dopo i fatti occorsi all'ancella, Gilead ancora resiste e, apparentemente, senza intoppi e forte come sempre: al suo interno i Comandanti hanno il pieno potere, le Zie sono sempre le stesse "educatrici" senza pietà (non tutte, certo), che allevano le ragazzine a diventare future Mogli devote a Dio, a Gilead e ai mariti; le ancelle, con i loro abiti rossi e i cappellonni bianchi a coprire il volto, continuano ad essere considerate alla stregua di "contenitori" da inseminare perché donino le loro creature alla causa gileadiana.

A farci da narratrici sono tre donne, le cui identità sono inizialmente nascoste, anche se pian piano il lettore comincia a nutrire da subito dei dubbi su chi siano, per poi toglierseli quando viene rivelato esplicitamente.
Tutte e tre le donne hanno lasciato i loro personali "testamenti", i resoconti delle loro esperienze, nella speranza che futuri lettori (e le ultime pagine, infatti, sono dedicate a ricercatori e storici che tengono convegni su Gilead, moltissimi decenni dopo, come già si leggeva nel precedente libro) un giorno possano leggerli e sapere cosa è accaduto ai loro simili anni e anni prima, in un postaccio chiamato Gilead.
Sono personaggi conosciuti a chi ha letto "Il racconto dell'ancella", e una più di tutte perchè è un persona che ha da sempre un ruolo importantissimo, collabora con i Comandanti per diffondere la "teologia gileadiana" e per far sì che ci siano ordine, obbedienza, servizio e dedizione assoluti da parte delle varie categorie di cittadini.
Questa donna - ormai in là con l'età, autrice del "documento olografo di Ardua Hall" - è intelligente, scaltra, colta, abituata a comandare e dare giudizi per via del lavoro che svolgeva prima di Gilead (è stata scelta a posta, in realtà, attraverso dei flashback ci viene raccontato anche come fu "assoldata"), è temuta, rispettata, lusingata, invidiata; ha contribuito alla fondazione di Gilead e alla formazione di tante sue leggi assurde e infami, per cui è assolutamente corresponsabile della atrocità perpetrate.
Eppure..., nonostante la decantata fedeltà e convinzione nella bontà dell'ideologia di Gilead, questa donna è una traditrice, una spia che collabora niente meno che col nemico, con coloro che vogliono distruggere Gilead.
E cosa c'è di meglio (o di peggio, dipende dai punti di vista) che creare crepe in un sistema se non partendo dal suo interno, coinvolgendo chi ha più potere e margine di azione, chi è al di sopra di ogni sospetto?
Questa donna sta quindi tramando contro Gilead e, per attuare i propri piani, coinvolge necessariamente delle persone, in particolare le altre due narratrici.

Queste due donne sono decisamente più giovani dell'altra.
Una non è nata a Gilead ma ci vive da quando è bambina: è cresciuta in casa di un comandante, ma né questi né la moglie sono i suoi veri genitori; ha frequentato una scuola che educa le bambine/ragazze ad essere future consorti pie e sottomesse, quindi conosce bene come si vive e si ragiona a Gilead; la giovane, che si chiama Agnes, è figlia di un'ancella ed è destinata, per volere della famiglia, a sposarsi.
Ma Agnes non vuole e farà in modo di non diventare la moglie del brutto e vecchio Comandante che è stato scelto per lei, finendo per entrare nel meccanismo messo in moto dall'anziana spia di Ardua Hall.
Il Testamento 369A redatto da Agnes ci fa conoscere com'è la vita di una fanciulla cresciuta in casa di un uomo in vista, i rapporti tra le Mogli, tra le ragazzine, la falsità e l'invidia che si celano dietro le false lusinghe e i sorrisi affettati, il lavoro delle Zie nel plagiare le menti delle giovanissime.

"Ti sorprenderebbe scoprire con che velocità si intorpidisce la mente, in assenza di altri esseri umani. Preso da solo, un individuo non è completo: esistiamo in relazione agli altri. Io ero una persona: rischiavo di diventare nessuna persona."

Il terzo resoconto - il Testamento 369B - racconta i fatti dalla prospettiva di una ragazza di soli sedici, nata a Gilead ma poi rapita e portata in salvo in Canada; cresciuta con una coppia che s'è presa cura di lei fino al giorno in cui è stata fatta fuori in un attentato, Daisy scopre di non essere chi credeva di essere; non solo, ma resta di sasso quando le viene rivelata la sua vera identità: un nome scomodo, una  persona di cui a Gilead ancora si parla tanto e su cui i "pezzi forti" della Repubblica non vedono l'ora di mettere le mani addosso per esibirla come un trofeo.

Tutte e tre queste donne - caratterialmente molto differenti tra loro - lavoreranno insieme per rovesciare Gilead.
Ce la faranno? Cos'hanno intenzione di architettare per realizzare la loro missione?
La maledetta Repubblica di Gilead poggia su incrollabili basi di acciaio... o su fragili gambe di argilla?


Mi sono accostata a queste pagine con tanta curiosità, e sono volentieri tornata in codesto angolo di mondo americano, immergendomi nuovamente nell'atmosfera cupa e surreale di Gilead, odiando ancora una volta gli uomini boriosi e prepotenti che stanno al potere e le Zie bigotte, autoritarie, burbere, spesso cattive, provando simpatia per le laboriose Marte e pena per le ragazzine costrette a sottomettersi alle dottrine propugnate in questa società malata; ho conosciuto meglio il piccolo universo delle Zie, come vengono istruite e addestrate per questo ruolo rilevante e privilegiato.

Mi ha anche coinvolto il piano traditore della testimone più anziana, personaggio odioso ma anche intrigante perché forte, spietato, furbo, consapevole della propria facoltà di influenzare il corso degli eventi nel bene e nel male.

Ecco, per assurdo, fino a quando ero immersa in Gilead, il fascino perverso di una società di questo tipo riusciva a tener desto e alto il mio coinvolgimento, forse perché comunque a far da padroni erano i comportamenti, gli stati d'animo, le speranze, le paure, i pensieri, i tradimenti, e in generale le relazioni umane, così complesse e ricche di contraddizioni.

Il "problema" è sorto quando la Atwood è passata all'azione, provando a creare situazioni tipiche della serie tv, che infatti alterna (soprattutto nella seconda e ancor più nella terza stagione) momenti statici ad altri più dinamici, avventurosi.

Quando ho cominciato a capire cosa avrebbero fatto per portare avanti la loro missione le tre protagoniste - e quando poi l'ho letto -, onestamente il picco di attenzione ha subito un calo brusco.
A parte che si risolve tutto molto (troppo?) in fretta, ma poi l'ho trovato prevedibile e un tantino banale, poco sviluppato. Tutto il pathos che comunque ho provato durante la lettura, mi è sceso arrivando alle ultime battute.
Il finale non è stato degno delle aspettative (certo, posso sempre dare la colpa alle mie aspettative), ma non perchè non lo condivida, bensì per come si arriva ad esso: mi sarei aspettata un po' più di suspense, di originalità, di avventura... E invece ho trovato l'epilogo piatto, poco coinvolgente e appagante.
E' come se la Atwood si fosse affrettata a scrivere un sequel preoccupandosi che esso si allineasse alla serie  (e posso pure capirlo) e, in un certo senso, la proseguisse; se I Testamenti saranno la base della sceneggiatura della quarta stagione ditemelo, che forse me la risparmio, anche se credo di no, considerato come finisce la terza ^_^

Avete letto questo libro? Se sì, che ve n'è parso? Ha soddisfatto la vostra curiosità o ha deluso un po' anche voi?



"Il mondo non era più né solido né affidabile, era poroso e ingannevole. Qualsiasi cosa avrebbe potuto sparire in un attimo."

"Quando c’è un vuoto, la mente si sente in dovere di riempirlo. La paura è sempre pronta a occupare un posto libero, così come la curiosità."

giovedì 30 gennaio 2020

Le mie prossime letture (febbraio 2020)



Vi presento le mie prossime letture!


Il primo è un romanzo di formazione molto attuale, ricco di momenti toccanti e di argomenti che riguardano ognuno di noi: la famiglia, la coppia, l'essere figli. La fede politica e quella religiosa. La gioia e il dolore, la serenità e la disperazione. E soprattutto la necessità di accettare i propri limiti e raggiungere, finalmente, una nuova consapevolezza.


VENTIQUATTRO
di Valentina Bardi


Ed. Il Ponte Vecchio
256 pp
Martina sta per compiere diciotto anni e frequenta un ragazzo che a sua madre non piace.
Perché è il figlio del padrone della fabbrica locale, perché sua madre è una sindacalista come quelle di una volta e insomma quel ragazzo (com’è che si chiama, Matteo?) non lo vuole in casa sua.
Martina sta per compiere diciotto anni e sempre più spesso si sente una mosca bianca, in famiglia.
La madre, Giada, tutta d’un pezzo. Il padre, Andrea, che non c’è mai. Fa il giornalista, inviato in zone di guerra, e sembra che per lui contino più i drammi del mondo che quelli di casa sua; sembra anche, quando si fa vedere, che lui e la mamma non vadano più tanto d’accordo.
E poi la sorella maggiore e i fratelli minori di Martina, ognuno alle prese con i propri problemi grandi e piccoli… problemi che la riguardano fino a un certo punto.
Nonostante tutto, però, sembra che il microcosmo che ruota attorno a Martina, ben radicato in un piccolo comune della provincia romagnola, sia in grado di vivere la vita senza troppi sconvolgimenti.
Sembra. Perché un evento inaspettato costringerà la ragazza, la sua famiglia e l’intera comunità con cui si intreccia, a rivedere le proprie convinzioni e a reinventare la propria visione del mondo.


L’autrice
Valentina Bardi vive nella provincia di Forlì-Cesena, a Galeata. È diplomata in sassofono presso il Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena ed è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli studi di Bologna Alma Mater Studiorum. Da sempre appassionata di libri, fa parte del Gruppo di lettura “Teodorico” di Galeata, che da svariati anni propone incontri pubblici e reading su autori italiani e stranieri.
 Ventiquattro è il suo primo romanzo.




L'altro è un giallo psicologico che tratta il tema tragicamente attuale della violenza sulle donne.


PIETRE
di Giusy Maresca



Ed. Il Seme Bianco
156 pp


Nella Grotta dello Scalandrone viene rinvenuto il cadavere di una ragazza. Un delitto commesso secondo una brutale pratica: la tortura della goccia cinese. 
Le indagini si intrecciano alle vicende di chi in vari modi faceva parte della vita di Gaia, la giovane vittima. 
Sogni infranti, vite spezzate, crudeli bugie. 
La complessità della natura umana emerge con chiarezza nelle sue molteplici sfaccettature, lasciando spazio a interrogativi sempre più inquietanti.

mercoledì 29 gennaio 2020

Recensione: LE GUARIGIONI di Kim Rossi Stuart



Cinque sono i racconti che compongono il libro con cui l'attore e regista Kim Rossi Stuart firma il proprio esordio in campo letterario: cinque storie appartenenti a generi diversi, che si soffermano su più tipologie di relazioni (padre-figlio, di coppia, uomo-Dio) ma che tutte convergono sulla necessità espressa dal titolo stesso del libro: la guarigione, quella che ci aspettiamo coinvolga tutto il nostro essere più profondo, quegli angoli nascosti nei quali sono accovacciati i mostri e le paure che ci rendono insicuri, folli, rabbiosi, frustrati, infelici, sempre in crisi, traumatizzati. Spesso insopportabili. Meravigliosamente umani.


LE GUARIGIONI
di Kim Rossi Stuart

Ed. La nave di Teseo
208 pp
Quando mi sono approcciata a questo libro - incuriosita, in prima istanza, dall'Autore - non ho potuto fare a meno di chiedermi il perché di questo titolo: le guarigioni.
Sorge spontanea la domanda: chi deve guarire e da cosa?  

L'Autore ha messo nero su bianco cinque protagonisti complessi, ciascuno con qualcosa di irrisolto nella propria vita come nel passato, nella mente come nel cuore.

Nel primo racconto incontriamo Renato e Leo, un padre e un figlio che vivono insieme ma sono intimamente distanti, nel senso che sono lontani l'uno dall'altro per tutto ciò che concerne il loro interiore, i pensieri, le aspettative e i crucci che abitano nel loro intimo.

Renato è un papà single; sua moglie l'ha lasciato e lui non s'è più rifatto una vita con un'altra donna, cosa che al figlio pare davvero strana.
Ma non ha il coraggio di chiedergli nulla in merito; a dire il vero, i due parlano poco in generale: il padre è un educatore severo, rigoroso, che non esita a "mettere alla prova" il figlio pur di incitarlo a sviluppare un carattere forte, a farsi le spalle grosse attraverso il lavoro, lo sforzo fisico, le responsabilità, la consapevolezza che le difficoltà nella vita vadano affrontate di petto e a testa alta.
Questo papà ha una passione (i cavalli) che cercherà di trasformare in un lavoro (apre un maneggio in una zona di campagna, fangosa e solitaria), coinvolgendo forzatamente anche Leo, che si ritrova a dividersi tra la scuola e i lavori a casa, domestici e relativi al prendersi cura degli amici equini.
Leo, che già di per sé è un ragazzetto silenzioso, timido soprattutto con le ragazze, che prova una sorta di inadeguatezza di fronte alla vita..., sente montare dentro di sé sentimenti negativi, di rifiuto e odio, verso il padre, che non fa che inasprire il figlio con le sue parole di disistima, le pressanti richieste di collaborazione in casa, i toni duri e spesso sarcastici.
Tra i due si instaura una "lotta" fatta di parole dette tra i denti, taglienti come lame, di sguardi carichi di delusione, amarezza, ostilità, di silenzi e porte chiuse in faccia, e per far sì che la bomba non scoppi, facendo danni magari irreparabili, uno dei due dovrà o fare un passo indietro o... scappare.
Padre e figlio rischiano di perdersi, di ammalarsi l'uno di frustrazione, depressione e infelicità, l'altro di odio represso verso un genitore che chiede e pretende e mai comprende.

I due racconti successivi hanno entrambi come protagonista un uomo che ha una grande difficoltà a relazionarsi con l'altro sesso, seppur per ragioni e secondo modalità differenti.

In Il maniaco inesistente uno scrittore cerca ripetutamente di innamorarsi davvero, per capire ogni volta di volere tutt’altro e in tutt’altro modo; le sue storie sentimentali sono un fallimento: pur fidanzandosi con donne che lo amano, non riesce a lasciarsi andare completamente. Passati i momenti di euforia iniziali, subentra subito una fase fatta di dubbi, paranoie, fissazioni assurde, in particolare sull'aspetto fisico delle sue donne, alle quali trova difetti che, pur essendo di poco conto, egli ingigantisce fino a sentirsi soffocare, ingabbiato in una relazione che non gli dà nulla, non lo soddisfa. A questo si aggiungono i suoi "sogni ad occhi aperti" che hanno come soggetto donne nude, con cui lui si immagina impegnato in amplessi appaganti.
In realtà, il sesso gli dà ben poche soddisfazioni, proprio per via di questa sua incapacità a relazionarsi in maniera matura e responsabile con le donne.
E' allergico alle relazioni impegnative, alla convivenza, preferirebbe incontri fugaci e goderecci..., qualcosa che lo responsabilizzi poco, anzi niente.
Per cercare di capirsi meglio e guarire da questi suoi traumi irrisolti, va pure dallo psicologo..., ma con scarsi risultati.

Edoardo (L’altra metà) è un piccolo e morigerato imprenditore la cui esistenza viene travolta dall’arrivo di una donna tanto appassionata quanto ingestibile: la bella, sensuale e vulcanica Marta, ricca ed esigente sotto tutti i punti di vista. I due si amano, hanno una buona intesa tra le lenzuola, eppure non fanno che litigare..., lasciandosi andare anche a sceneggiate e scatti rabbiosi che lasciano a bocca aperta. Non riescono a lasciarsi ma, al contempo, neppure ad essere sereni, ad accettarsi per ciò che sono, a fidarsi l'uno dell'altra. 
Marta ha una personalità molto forte, è una donna che va dritta per la sua strada, è sicura di sé, e questo suo essere così disinibita, libera e indipendente, spiazza il compagno, che sente emergere ancora di più fragilità, insicurezze, paura di perderla mista al desiderio di mandarla al diavolo per avere finalmente un briciolo di serenità...

Gli ultimi due  racconti - Il chiodo, Alla fine del Male (l’ultimo diavolo) - hanno anch'essi un aspetto in comune: il rapporto con Dio, con la fede, con la ricerca di un senso profondo e vero da dare alla propria vita.
E se nel primo incontriamo Linda, agnostica convinta, scettica e razionale, che  accetta di accompagnare il marito in un viaggio a Medjugorie, senza immaginare che questa innocua esperienza potrebbe rivelarsi determinante per metterla in contatto con la dimensione spirituale, sovrannaturale, nell'ultimo (un distopico con sfumature thriller) conosciamo un prete ribelle che vive in un tempo futuro e combatte contro la pressoché totale scomparsa del Male nel mondo.
A causa di uno strano morbo che sta contagiando tutti gli esseri umani giorno per giorno, il Male sembra scomparire man mano dalla faccia della terra: il prete si guarda e vede attorno a sé solo gente gioiosamente serena, che non ha mai uno scatto d'ira, uno sguardo cattivo, una parola offensiva. 
Immaginatevi circondati sempre e solo da persone che, pari ad automi senza vita e senza sentimenti, non fanno che elargire sorrisi ebeti, pronti ad abbracciarvi anche quando non lo meritereste, incapaci di una qualsiasi reazione umana in cui traspaia passione, ardore, anche rabbia o gelosia..., insomma tutto quello che che da sempre caratterizza l'essere umano e i suoi rapporti con i propri simili è un lontano ricordo.
Un paradiso in terra: la Bontà ha vinto, il Male non c'è più.
Ma è davvero così? Davvero il paradiso e la felicità per tutti passano attraverso esistenze vacue, in costante stato di estasi, prive di slanci, passioni, difetti, imprevisti...? 

I protagonisti di Kim Rossi Stuart sono uomini e donne curiosi, burberi e inafferrabili, complicati e romantici, fragili e convinti di sé, buffi e paranoici, egoisti e testardi: sono imperfetti e con tutte loro manchevolezze amano, si arrabbiano, covano risentimenti e si dannano pur si trovare un modo per sfogarli e non scoppiare, sperano, sognano ad occhi aperti e sono tormentati da incubi, accusano e vengono accusati da partner esigenti... In due parole: sono vivi.
Uomini e donne dal temperamento focoso, eccessivo, folle e maniacale, determinato o esitante, carnale o mistico, le cui esistenze straordinariamente comuni seguono spesso percorsi imprevedibili, confondendoli e acuendo interrogativi e perplessità.
Persone che, in un modo o nell'altro, hanno ferite, fratture, instabilità, dalle quali vorrebbero guarire, per sentirsi liberi dai propri dèmoni e dalle proprie fobie. Ma forse il punto non è tanto l'obiettivo della guarigione in sé, quanto il percorso necessario per arrivare ad essa.

Con una penna disinvolta e onesta, l'Autore mette a nudo questi suoi personaggi un po' "sopra le righe", svelandone istinti e passioni, le cui vite sono travolte da visioni e ansie, e da realtà che spesso sono anche più incredibili dei sogni stessi.
Kim Rossi Stuart scrittore è stata una bella scoperta!

martedì 28 gennaio 2020

Anteprima Rizzoli || "Sto pensando di finirla qui" di Iain Reid - In libreria dal 28 GENNAIO 2020


Il 28 gennaio arriva in libreria Sto pensando di finirla qui, fulminante thriller d’esordio di Iain Reid. 

La follia privata di un uomo troppo solo, una storia inquietante e originale che il geniale premio Oscar Charlie Kaufman ha trasposto in un film prodotto da Netflix. 
Il film uscirà nell’autunno 2020, con Jessie Buckley, attrice dell’anno, nel ruolo della protagonista femminile.

STO PENSANDO DI FINIRLA QUI
di Iain Reid



Ed. Rizzoli
trad. G. De Biase
256 pp
18 euro
"Un pensiero può essere più reale, più vero, di un’azione. Puoi dire qualunque cosa, fare qualunque cosa, ma non puoi fingere un pensiero."

Interno degli Stati Uniti. Una statale silenziosa e vuota, solo profili piatti che si ripetono, un’altalena, un granaio, pecore ferme nella luce del pomeriggio, fienili e campi.
Seduta in macchina, sotto la musica country trasmessa dalla radio, la ragazza di Jake guarda la campagna e continua a pensare che deve farla finita con lui; anche se Jake, con quella sua aria svagata e le conversazioni interessanti, in fondo le piace. Ora sono di ritorno dalla casa dei genitori di lui, una fattoria sperduta dove lei ha incontrato per la prima volta quella coppia singolare e visto i recinti lugubri degli animali, un incontro che le ha lasciato addosso una sensazione inafferrabile, come di chi avesse varcato, per il tempo di una sera, la scena di un’allucinazione altrui.
Un disagio che peggiora quando Jake, nel mezzo di quel luogo desolato mosso solamente dalla neve in aumento, si ferma in una gelateria, un edificio che emerge, fluorescente, dal buio, le vetrine sbiancate dai neon, e un attimo dopo imbocca una stradina secondaria, parcheggia davanti al suo vecchio liceo chiuso e sparisce all’interno della scuola.
Per la sua ragazza, lasciata sola in macchina, ha inizio allora un altro percorso, vertiginoso, nel versante più oscuro della realtà, dove scoprire che fine ha fatto Jake fornirà finalmente la risposta, del tutto imprevedibile, a cosa sia accaduto davvero in questo silenzioso viaggio a due.


Dicono di questo libro:

«Arrivati alla fine di questo spaventoso viaggio non resisterete alla tentazione di ripercorrerlo dall’inizio.» – “The Independent” 

«Il thriller letterario più intenso e originale degli ultimi tempi, sulla scia di Cronenberg e Stephen King.» – “Chicago Tribune” 

«Angoscia e terrore vi travolgeranno.» – “Entertainment Weekly”


L'autore.
IAIN REID ha esordito nella narrativa con il thriller Sto pensando di finirla qui, pubblicato in venti paesi e presto una produzione originale Netflix. Anche Foe, il suo secondo romanzo, ha riscosso un immediato successo diventando un bestseller internazionale di cui sono stati acquisiti i diritti cinematografici.  

lunedì 27 gennaio 2020

Recensione: NOI, BAMBINE AD AUSCHWITZ di Andra e Tatiana Bucci



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Tatiana e Andra Bucci ci raccontano, in questa toccante testimonianza, quello che hanno vissuto quando furono internate in un Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche.
Ad Auschwitz-Birkenau vennero deportati oltre 230.000 bambini e bambine da tutta Europa; solo poche decine sono sopravvissuti. 
Questo è il drammatico racconto di due di loro.


NOI, BAMBINE AD AUSCHWITZ
di Andra e Tatiana Bucci


Oscar Mondadori
160 pp
11 euro
E' la sera del 28 marzo 1944 quando dei violenti colpi alla porta di casa sconvolgeranno per sempre la vita delle piccole Tatiana e Andra Bucci.

Le sorelline (6 anni Tatiana, 4 anni Andra) appartengono a una famiglia "mista": il padre è cattolico, la mamma - Mira - è ebrea; entrambi i genitori sono di Fiume, e il ramo materno è giunto in questa cittadina (che, ricordiamo, è stata italiana dal 1924 al 1945) dopo un lungo peregrinare per l’Europa, cominciato agli inizi del Novecento in fuga dai pogrom antiebraici.

La vita tranquilla della famiglia finisce in quel giorno di marzo del '44, con l'arrivo dei nazisti, che irrompono bruscamente in casa; nonna, figli e nipoti vengono arrestati.
Dopo una breve sosta nella Risiera di San Sabba a Trieste, arriva la deportazione ad Auschwitz-Birkenau, dove molti di loro saranno uccisi.

Tra queste pagine, che ci scorrono davanti agli occhi suscitando inevitabilmente un turbine di emozioni e di immagini che prendono forma nella nostra mente, le due narratrici-protagoniste fanno sentire la loro "voce" e raccontano in prima persona l'orrore vissuto per mano dei nazisti.

E' vero, siamo in presenza di due testimoni che all'epoca - parliamo in particolare del periodo che va dall'aprile 1944 al 27 gennaio 1945 - erano davvero molto piccole, ed infatti i loro ricordi hanno dei "buchi", alcuni mai riempiti, altri sì, attraverso i racconti che successivamente, anni e anni dopo, le due sopravvissute - ormai adulte - hanno ascoltato da altri testimoni dell'Olocausto, il che ha permesso loro di colmare alcuni spazi vuoti della memoria e di comprendere alcune dinamiche che a quel tempo non avrebbero potuto cogliere.
Ma a parte questo aspetto, quello che leggiamo è frutto dell'esperienza terribile che le due bambine hanno dovuto vivere, e tante sensazioni, emozioni... sono vivide e fresche nella mente e nel cuore, e tali resteranno nel tempo, per sempre.

"Le sensazioni provate durante quel viaggio non ci hanno mai lasciate davvero. Spesso la mente torna a quei momenti; ma non quando siamo tra la folla o nella confusione, come si potrebbe pensare. È il rumore del treno, la sua immagine, che ci colpisce. Tati, per esempio, sente riaffiorare dentro di sé le sensazioni di quei giorni quando vede passare un treno merci."

"...tocca a noi due. Cominciano a tatuarci. Tanti piccoli puntini. Prima Andra, il numero è 76483; poi Tati, il numero è 76484. Nel nostro ricordo di bambine non proviamo dolore. Piccole punture di un ago che si infila nelle nostre braccia, segnando un numero che ci accompagnerà per tutta la vita."

Siamo con Tati e Andra nel treno che da Risiera di San Sabba le condurrà nell'inferno di Auschwitz-Birkenau; ci sembra di vederle mentre hanno freddo, fame, mentre provano sgomento, paura, smarrimento, e per darsi coraggio si avvinghiano l'una all'altra ed entrambe al corpo infreddolito e tremante, ma pure confortante, della mamma.
E quando arrivano a destinazione, ci sembra di vederle in fila con gli altri bambini, la maggior parte dei quali non farà ritorno a casa perché le loro brevi esistenze diverranno cenere, fumo che esce dai camini dei forni crematori.

Andra e Tati trascorrono nove mesi (i più brutti della loro vita) nel Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci e folli sperimentazioni mediche. 

Come si vive in un posto così? Come sono le giornate, le notti? Cosa fanno questi piccoli, in attesa che degli adulti spietati decidano il loro destino?

Le sorelle Bucci narrano ciò che ricordano di quel periodo: il freddo, il poco cibo, i giochi nel fango e nella neve, la vista degli spettrali mucchi di cadaveri buttati negli angoli, quel camino che sputa fumo e fiamme, unica via da cui «si esce» se sei ebreo, come dicono le guardiane, alcune delle quali si sono dimostrate - stranamente e miracolosamente - più tenere con loro, cosa che ha contribuito, unitamente ad altri fattori, alla loro sopravvivenza.

E poi ci sono le fugaci visite della mamma, emaciata fino a diventare irriconoscibile: la donna non ha fatto altro che cercare di proteggere le sue creaturine dal primo momento e in tutti i modi, e provoca ammirazione e commozione il pensiero di questa donna che, benché stremata, a fine giornata, quando poteva (non senza correre rischi!) si recava al blocco dei bambini per raccomandare a Tati e Andra di ricordare sempre i loro nomi, le loro origini, con la speranza che questo, un giorno, sarebbe tornato utile.
A guerra finita, quando finalmente il campo di concentramento sarebbe divenuto solo un terribile ricordo.

E poi ci parlano di come quell'esistenza incupita dalla presenza costante della morte a un certo punto fosse divenuta, ai loro occhi innocenti di bambine, qualcosa di "normale", nonostante i giorni fossero scanditi  dall’alternanza di paura e terrore, perché

"i bambini riescono a trovare le risorse per costruire un universo intelligibile intorno a sé."

 "...nel nostro ricordo è stata sostituita da quel senso di normalità che spesso i piccoli si costruiscono per proteggersi davanti agli avvenimenti più brutti, agli imprevisti."

In assenza di spiegazioni da parte dei grandi, le due bambine si convincono - in modo del tutto inconscio, naturale - che quella è la vita «normale», che è la "fine" cui vanno incontro quelli come loro - gli ebrei.
E' il solo modo per resistere e sopravvivere alla tragedia, perché la consuetudine scolora la paura.

La loro storia si intreccia ineluttabilmente con quella del cuginetto, il piccolo Sergio De Simone (figlio settenne di zia Gisella, sorella della madre), il cui destino sarà tragico, in quanto verrà prelevato poco tempo dopo l'arrivo nel kinderblock, per essere usato come cavia da medici nazisti: verrà impiccato alla Bullenhuser Damm di Amburgo.

Ma le cose cambiano quando il sole sorge sulla giornata del 27 gennaio 1945: un soldato, con una divisa diversa e una stella rossa sul berretto, sorride alle sorelline e offre loro una fetta del salame che sta mangiando.
E' il giorno della liberazione.

Che non segna però la fine del loro peregrinare.
Dovrà passare altro tempo prima che Tatiana e Andra ritrovino i genitori e quell’infanzia che è stata loro rubata.
Dopo del tempo trascorso in un triste orfanotrofio e alcuni mesi (decisamente più lieti) in un centro di recupero diretto da Anna Freud, a queste due bambine la vita comincerà a sorridere di nuovo e a restituire, seppur in parte, la serenità di una famiglia ritrovata, con cui tornare ad essere felici.
Non sarà semplice: lo spettro di ciò che si è vissuto non può essere mandato via con un'alzata di spalle, ma Andra e Tati sapranno - grazie all'esempio e alla presenza rassicurante, dolce e determinata, della mamma - guardare avanti per cercare di vivere normalmente, facendo sì che l'orrore vissuto non le condizioni tutta la vita.

Come si son potute salvare le sorelle Bucci?
Se la sono fatta pure loro questa fatidica domanda, ma è davvero possibile trovare un'unica risposta?
Forse fu determinante il fatto di essere figlie di un padre cattolico, o magari furono scambiate per gemelle o forse fu semplicemente un gioco del destino, un caso..., chissà.

Ciò che conta è che la loro voce si alzi per ricordarci che una pagina talmente orrenda e vergognosa della nostra Storia non venga nè dimenticata, nè ripetuta.

Come spesso accade ai sopravvissuti, non è stato facile "far i conti" con l'esperienza vissuta e trovare il coraggio e le parole per parlarne. Tutt'altro.
La voglia di dimenticare e di guardare a un futuro migliore, a una vita felice, libera dagli spettri del passato, unita alla concreta sensazione che - soprattutto nei primi tempi dopo la fine del conflitto - la gente non avesse alcuna voglia di sapere cosa fosse successo nei campi di concentramento, hanno fatto sì che le sorelle Bucci (e così pure altri testimoni sopravvissuti alla Shoah) tenessero sigillato nel cuore i terribili ricordi che le hanno segnate.

Ma non sarebbe stato giusto - nè per loro stesse nè per le future generazioni - tacere per sempre.
Sono storie che, al contrario, vanno assolutamente difese dai rischi dell’oblio e della rimozione, e ogni testimonianza è un bene prezioso, è un patrimonio dell’umanità da consegnare a chi verrà dopo, per dimostrare che

"... nonostante tutto il dolore e la sofferenza che gli altri possono avere inflitto a noi e ai nostri cari in nome di un’ideologia assurda e insensata, noi siamo qui. E non siamo solo sopravvissute. Abbiamo vissuto: siamo state in grado di costruirci una vita, una bella vita. Questo per noi è importantissimo, perché è un messaggio di speranza."


Una testimonianza che non può che toccare profondamente e straziare il cuore all'idea di quanto male, di quanta sofferenza, di quante brutture siano state vittime milioni di innocenti.
Sono quei libri che non dovremmo mai stancarci di leggere, magari pensando di saperne già abbastanza di sterminio, Olocausto e lager.
E no, non se ne parlerà mai abbastanza.

domenica 26 gennaio 2020

Recensione: "LA ROSA DEI VENTI. Le gocce di Lazhull" (Vol.1) di Mirko Hilbrat



Un fantasy ricco di avventura, battaglie e tradimenti, di personaggi dotati di capacità magiche straordinarie, di sacri guardiani uniti da un patto volto a proteggere degli oggetti preziosi dai poteri immensi, di cui un essere malvagio vuol impossessarsi per i suoi fini meschini.


LA ROSA DEI VENTI. LE GOCCE DI LAHZULL
di Marco Hilbrat



550 pp
Rion è un giovanotto dal passato oscuro, sconosciuto a lui per primo. La sua memoria sembra essersi resettata - per un qualche motivo che non riesce a rammentare - ed aver dimenticato informazioni importanti: quali siano le sue origini, da dove venga, chi ha tentato di ucciderlo lasciandogli un'indelebile cicatrice sulla schiena, e soprattutto chi sia la misteriosa figura in nero che incontra nei suoi sogni e che gli parla.

Ora si trova ad Alexandria - capitale del Reame d'Ametista - ed è stato scelto, assieme a due fidati e cari amici, per partecipare ad un torneo speciale, chiamato Cerberus, che si svolge nel suddetto reame ogni tre anni, con l'obiettivo di celebrare l'alleanza dei regni più importanti delle terre del Grimorio: Alexandria, Nazela e Reghanor.

In tale occasione conosce la bellissima e coraggiosa principessa Syria, ma il coinvolgimento nella sfida, che lui immaginava fosse una sorta di "gioco", finirà per travolgerlo in tutti i sensi, facendo sì che tante sue abilità di guerriero comincino ad emergere in modo evidente, tanto da indurlo a chiedersi ancora una volta chi sia stato lui "nell'altra vita" e come mai la voglia di combattere sia così prepotente nella sua mente come in ogni fibra del suo corpo.
Sembra nato per essere un combattente e a questa natura egli vuol dare spazio; il destino lo accontenterà: dopo la fine dell'incredibile torneo verrà  coinvolto, infatti, dal vortice di eventi straordinari e pericolosi che convergeranno in una lotta feroce tra il Bene e il Male.

L'oscura e temibile Legione dell'Ovest si sta minacciosamente muovendo alla continua ricerca delle piccole pietre forgiate con le acque incantate del Lago di Lazhull (le Gocce di Lazhull), che racchiudono un potere che deve essere assolutamente preservato per mantenere la pace e l’equilibrio tra i vari regni; "equilibrio che il Signore dell’Ovest è intenzionato a rovesciare entrandone in possesso" e per raggiungere il proprio scopo non esita a lasciarsi dietro una sanguinosa scia di morte.

"Le Gocce di Lazhull, i loro custodi. Quale potere avrebbero mai potuto nascondere delle pietre così apparentemente effimere, da far scatenare una guerra tanto pericolosa? Quale significato poteva celarsi dietro ad un oggetto tanto piccolo?"


Elenterion, città sotterranea degli elfi, viene ferocemente attaccata, e il suo re muore non senza prima aver lasciato un messaggio importante a un suo suddito fidato, Serin, miracolosamente sopravvissuto alla strage del proprio popolo ad opera dei malvagi eserciti del Signore del'Ovest.

E Kruna, il Regno della Notte Eterna, è il suo prossimo bersaglio, in quanto anche in questo leggendario e spaventoso luogo di tenebre è custodita una delle pietre magiche.

Sarà proprio per evitare che le Legioni dell'Ovest mettano le mani sulle gocce di Lahzull che i regni di Grimorio dovranno coalizzarsi per neutralizzare questa minaccia prima che la situazione peggiori al punto da essere irrecuperabile.

L'importante missione vedrà coinvolti diversi personaggi, divisi in coloro che sono mossi da nobili princìpi e coloro che, al contrario, agiscono in modo meschino e, spinti da un'insaziabile brama di potere, sono pronti a tradire la propria razza e il proprio regno.

Ampio è, quindi, il ventaglio di personaggi che danno il proprio contributo alla storia: ragazze (principesse e non) belle e coraggiose, che non esitano a scendere in campo come paladine determinate e abili; re valorosi, pronti al sacrificio estremo di se stessi per amore della propria gente; giovani guerrieri che mostrano tutto il loro ardore e le loro magiche abilità in battaglia; creature fantastiche - mostri viscidi, mastodontici e crudeli, dalle caratteristiche e dai poteri letali, elfi, draghi esseri alati, ecc -  che possono venire in aiuto o da cui bisogna difendersi, oggetti speciali e preziosi, oggetto di invidia e desiderio da parte di tanti; il Bene che si scontra col Male, in una serie di battaglie dal sapore epico, descritte in modo efficace, vivido, tanto da riuscire a immaginarle bene durante la lettura.

I personaggi, pur essendo tanti, sono molto ben caratterizzati e si dà il giusto spazio ad alcuni di essi, al loro passato tormentato, alla loro personalità, alle motivazioni che li spingono ad agire, alle potenzialità come ai limiti, che neppure la magia spesso riesce a superare.

Devo dire che quando incorro in un fantasy, forse proprio in virtù del fatto che non sono una fan accanita di questa tipologia di romanzi, se esso è scritto bene, lo gradisco il doppio: non solo in quanto ha in sé tutte le caratteristiche per essere definito in generale "un bel libro", ma anche perché mi spinge ad apprezzare il genere.  
E' questo il caso del romanzo di Mirko Hilbrat, corposo ma assolutamente fluido, per lo stile (dettagliato ma mai noioso o ripetitivo; nessun dettaglio è inutile, bensì tutto è funzionale allo sviluppo e alla comprensione della trama), per come è articolata la storia (con le sue "sotto-storie", i flashback, i colpi di scena, i cambi di ambientazione), che ho trovato davvero avvincente, particolareggiata, molto ben strutturata.

Un libro che rientra a buon diritto tra i fantasy classici e che consiglio vivamente, soprattutto a quanti amano la narrativa fantastica: non resterete delusi!

sabato 25 gennaio 2020

Dal libro al grande schermo - ultime novità



News dal mondo del cinema!

In questo periodo stanno avendo luogo , a Forte dei Marmi, le riprese di Security, diretto da Peter Chelsom e prodotto da Vision Distribution e Indiana Production.
Ispirato all'omonimo romanzo di Stephen Amidon (Mondadori) e sceneggiato dallo stesso regista insieme a Tinker Lindsay, il film è interpretato da Marco D'Amore, Maya Sansa, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bilello, Silvio Muccino, Tommaso Ragno, Ludovica Martino, Giulio Pranno e Beatrice Grannò.
L'uscita nelle sale è prevista per il 2021.

Sinossi libro:
Una cittadina tranquilla, progressista, dove tutti si conoscono. 
Ma cosa succede se la figlia di un noto ubriacone arrestato per sospette molestie pedofile denuncia per tentato stupro e violenza privata un ricchissimo newyorkese, possessore della più bella tenuta della zona?
La polizia pensa subito che in realtà la ragazza stia cercando di coprire il padre. Qualcuno che tace conosce la verità, però, e a indagare per scoprirla è Edward Inman, il responsabile di gran parte dei tanti, e costosi, sistemi di sicurezza installati nelle case dei cittadini per bene. 
L'indagine coinvolge il figlio adolescente di Kathryn, la donna che Edward ama da sempre, e una studentessa del college locale, innamorata di un professore molto attraente e stranamente irrequieto.

Immagine correlata
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Sono iniziate anche le riprese di Nightmare Alley, il nuovo film del regista Guillermo del Toro, adattamento dell'omonimo romanzo di William Lindsay Gresham.
Nel cast: Bradley Cooper, Cate Blanchett, Rooney Mara, Willem Dafoe, Toni Collette, David Strathairn e Holt McCallany.

Una storia di vita spericolata, tra spiritualismo e truffe, Nightmare Alley inizia con una straordinaria descrizione di un fanatico di uno spettacolo da baraccone - alcolizzato, oggetto di disgusto e derisione da parte della folla voyeuristica - che lavora in una fiera della contea. 
Stanton 'Stan' Carlisle si aggrega a un luna park itinerante,unendosi alla psicologa Zeena con il fine di imbrogliare i clienti. Ma i suoi trucchi avranno vita breve e la sua carriera, così come la sua esistenza, potrebbe andare incontro a un immediato declino...



Film tratti dai libri in uscita nel 2020
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giovedì 23 gennaio 2020

Recensione: "La Contessa del Regno di Goldon" di Giovanna Mangone



La Contessa del Regno di Goldon di Giovanna Mangone è un breve racconto che, con un linguaggio elegante e incantevole, immerge il lettore in una cornice fiabesca e magica, presentandogli alcuni deliziosi personaggi dall'animo nobile e coraggioso.

Casa Editrice Kimerik
84 pp
€ 13
E così, "...a sud delle coste irlandesi", c'è una fiorente isoletta con un maestoso castello, in cui vive la dolce e bella principessa Nilufar, di origine persiana, sposata con il conte Raymond del magnifico Regno di Goldon.
È un regno pacifico, prospero, i cui abitanti vivono lieti, circondati da una natura rigogliosa, lussureggiante, che al solo guardarla mette il buon umore.
E la contessina è, infatti, una fanciulla allegra, solare, curiosa, buona, sempre pronta a imparare nuove cose e ad allietare le giornate altrui con i suoi sorrisi.
Un giorno una farfalla bianca dagli occhi di rubino giunge all'improvviso a rallegrarla e, successivamente, la ragazza riceve un'altra inaspettata visita: un fanciullino di nome Joel - un viandante dal viso dolce e con una bisaccia in mano - è in viaggio e desidera fermarsi nel regno di Goldon perché ha sentito parlare della grande ospitalità e della gentilezza della contessina.
Questa è ben felice di offrire al suo ospite tutto ciò che possa essergli utile per rifocillarsi e riprendere il cammino, e subito dopo il ragazzo - che per sdebitarsi offre un dono particolare a Nilufar - svanisce all'improvviso, così com'era apparso.

In seguito alla fuggevole ma gradita visita, la contessina coinvolge la sua saggia e fidata dama di compagnia (Zuleika) in una breve ma intensa avventura, un piccolo viaggio straordinario che condurrà le due donne su un'isola speciale, dove vive un popolo che, grazie alle sue tante e nobili qualità, ha saputo vincere contro ogni forma di cattiveria, soprusi, guerre, portando avanti solo la pace, l'amore, l'amicizia, l'altruismo... e sfidando le leggi del tempo e dello spazio ha dato vita a una dimora magica, incantata, di impareggiabile bellezza.

La cara contessina, sempre desiderosa di fare esperienze eccitanti e di visitare luoghi mai visti, cosa potrebbe mai proporre a Zuleika se non di partire insieme di notte alla ricerca di questo posto meraviglioso?
Nuovi amici pieni di fascino e storie interessanti l'attendono e Nilufar non potrà che accogliere ogni novità con l'entusiasmo e la bontà d'animo che le sono propri.

Le pagine di questa fiaba sono intrise di buoni sentimenti e tutto - i personaggi, l'ambiente naturale, gli animali... - trasmette pace, dolcezza, calma, serenità; l'Autrice si sofferma con delicatezza e precisione nel descrivere colori, suoni, profumi, tutto ciò che caratterizza l'ambiente in cui vive la protagonista, che è nobile tanto nelle origini quanto nel cuore, e solo chi ha un cuore puro come il suo può essere in grado di contribuire a creare un mondo migliore.

"tutti desideriamo un mondo più bello, un mondo dove regna l'uguaglianza, la giustizia e la pace ma, per realizzare tutto questo, è necessario possedere un cuore puro e semplice come quello di un bambino".

È possibile lavorare affinché il mondo nel quale viviamo sia davvero degno di essere amato e preservato?
I fatati personaggi di questa storia credono nei valori della lealtà, dell'onore, del coraggio, della tolleranza, perché solo praticando virtù come queste è possibile costruire un mondo senza guerre e odio.

"La pace vera nasce dalla comprensione reciproca, dal rispetto, dalla fiducia ma anche dall'impegno, dal senso di responsabilità e dall'ordine".

Una lettura che non solo regala momenti di piacevole intrattenimento, ma è bella da leggere a e con lettori molto giovani per ricordare loro (e a noi adulti!) come la costruzione di una società migliore non sia qualcosa di aleatorio, di utopico, qualcosa che appartiene alla favole, con i loro happy ending ("e vissero tutti felici e contenti"), ma un obiettivo comune a tutti gli uomini, da perseguire ogni giorno e con impegno.

mercoledì 22 gennaio 2020

Anteprima Intrecci Edizioni || SCOGLIERE D’OMBRA - dal 27 gennaio il nuovo romanzo di Marco Casula



Uscirà il 27 gennaio Scogliere d’ombra il nuovo romanzo dello scrittore sardo Marco Casula edito da Intrecci Editore.



Intrecci Edizioni
208 pp
14 euro

Alfredo, colpito a morte, giace quasi cadavere in una piscina. È lì che pare riflettere sulla propria vita.
È davvero morto? Gli istanti del suo trapasso sono la rievocazione di un incubo che usurpa un presente angosciante, illusorio e frustrante di piaceri e ambizioni.
Alfredo galleggia sullo specchio d’acqua e la disgregazione della sua psiche si consuma in una sorta di fuga dalla Giungla Inestricabile della mente.

L’angoscia prende forma attraverso le sembianze della sua città, al tempo delle aspirazioni giovanili.
Alfredo parte, dunque, con l’amico Nanni verso la Città Giusta, luogo utopico, per un viaggio di de-costruzione e di emancipazione interiore.
Solo alla fine il protagonista farà una scoperta che sembra banale, ma che per uno che sa di morire (e che certamente morirà) è sconcertante: la vita è un mattino che si ripete tutti i giorni.
L’esistenza è un continuo ripiegarsi su se stessa.

Dramma psicologico, romanzo di introspezione e ricostruzione.
Una riflessione sulla ciclicità della vita: niente muore davvero.
L'autore.
Marco Casula è nato a Nuoro nel 1950, ma Sassari è la sua città d’anima. Risiede da tempo a Cagliari, dove vive con una pensione di buon ritiro e tante medaglie di gratitudine. La sua attività di autore comincia tardi attraverso un percorso non lineare vista la sua formazione culturale decisamente diversa (è stato un funzionario pubblico). Però la pratica di scrittura esercitata in altri ambiti e la frequentazione di letture ad ampio raggio sono stati elementi decisivi per fargli seguire la sua vocazione letteraria. La lettura (narrativa, saggistica e poesia) è una delle attività a cui dedica più tempo.
Dichiara spesso di aver cominciato a scrivere “panzane” per raccontare la sua verità attraverso alcuni racconti brevi, pubblicati a partire dal 2006 sul quotidiano Il Sardegna. Seguono una serie di romanzi: Le strade perdute, La maschera sotto la neve e Fratelli di storia. È autore, inoltre, di una poetica della Beat Generation (sulle orme di Jack Kerouac) dal titolo Beat ’n Bebop on the Road, per una Jazz Band. Nel suo curriculum di scrittore non mancano i premi: La maschera sotto la neve ha meritato il primo posto al Concorso Opere d’Autore (Sanremo 2012), mentre il racconto breve Freddo e nebbia si è classificato terzo per gli inediti nello stesso concorso. È stato finalista al Trofeo Penna d’Autore con Le strade perdute. La fotografia è una passione che ha fin da giovane e continua a coltivare.

martedì 21 gennaio 2020

Segnalazione uscita: le novelle di Jill Barnett online su Amazon



Care lettrici, Natale sarà pure andato via da quasi un mese ma il freddo no di certo, e con esso resta anche la voglia di scaldarci con una bella storia d’amore1
Vi segnalo che sono online su tutti gli store le novelle natalizie di Jill Barnett che completano la trilogia “Natale in Città”, 3 novelle autoconclusive senza elementi in comune a parte l’ambientazione natalizia nella New York di fine 1800.



L’Eroe di Eleanor
(Eleanor’s hero)
di Jill Barnett


Traduttore: Isabella Nanni
Editore: Babelcube
Genere: Romance storico
Prezzo ebook: € 2,99
Novembre 2019


Sinossi 

Un classico racconto natalizio ambientato a New York a fine 1800. Alla morte di suo nonno, la 40enne Eleanor Austen è costretta a trasferirsi in un appartamento all’ultimo piano dell’edificio che avevano affittato a una palestra rumorosa di proprietà di un rinomato pugile irlandese, il 32enne Conn Donnoughue. 
Durante un mese di dicembre innevato e magico, due cuori solitari potrebbero scoprire di avere in comune molto più di quanto pensavano…


Estratto

Elearnor rimase in piedi con la schiena appoggiata contro il freddo edificio di mattoni umidi. Respirava a fatica, aveva un attacco di panico. Che vecchia sciocca che era. Non era una ragazzina frivola, di quelle che si agitavano alla sola vista di un uomo. Era una donna. E non era nemmeno giovane.
Aveva quarant’anni.
Irritata con se stessa per aver reagito in quel modo, buttò fuori l’aria di getto. Aveva la gola secca al punto di farle male, e le era rimasto in bocca quel sapore sgradevole del fumo di sigaro.
Fuori l’aria era fredda ormai, molto più fredda di quanto lo fosse prima di entrare. Eppure era lì che sudava come se fosse luglio. Si sventolò un po’ il viso e le piume di fagiano sul suo cappellino della festa ondeggiarono mentre il suo stupido vecchio cuore palpitava.
Aveva incontrato Conn Donoughue una mezza dozzina di volte da quando aveva acquisito la proprietà dell’edificio, e ogni volta reagiva ancora nello stesso modo assurdo. Era come se lui fosse un enorme cono di gelato alla menta piperita.
Il gelato alla menta piperita era una delle cose che lei amava di più.
Ed Eleanor amava Conn Donoughue. Per quanto fosse orribile ammetterlo, le era bastato dargli un’occhiata e improvvisamente non era stata più la vecchia Eleanor. Si era ritrovata con il cuore infranto.
Da quel momento in poi, aveva saputo che nulla sarebbe mai più stato lo stesso. Si era innamorata di lui così profondamente e così alla svelta che era stato come essere schiaffeggiata in pieno volto.
Conn era un pugile troppo giovane e troppo bello, soprattutto per una quarantenne che da molto tempo aveva accettato il fatto che l’amore, la passione e il desiderio non avrebbero fatto parte della propria vita.
….

Anni prima aveva accettato che era finito il tempo dei sogni incandescenti di passione e amore, sogni sfrenati che fanno le ragazze poco prima di diventare donne. Quei sogni erano gli stessi in cui si risvegliava bagnata fradicia di sudore perché il suo corpo non sapeva che ciò che stava vivendo era solo un sogno.
Ma poi era arrivato Conn e nei momenti più strani della giornata si sentiva stordita e frastornata. Guardava nel vuoto alla ricerca di una ragione per cui le stesse accadendo una cosa simile. L’unica spiegazione che riusciva a darsi era Conn Donoughue stesso.



Penny Portafortuna
(My lucky Penny)
di Jill Barnett 


raduttore: Isabella Nanni
Editore: Babelcube
Genere: Romance storico
Prezzo ebook: € 2,99
Novembre 2019


Sinossi New York, fine 1800. Quando il famoso architetto Edward Lowell diventa improvvisamente tutore della nipote di 4 anni, rimasta orfana, la vita che conosceva viene messa sottosopra. 
Sua nipote è disperata ma quando vede una bambola nella vetrina di un negozio, Ed scorge i primi segni di felicità negli occhi della piccola. 
Purtroppo la bambola viene venduta prima che Edward possa comprarla, per cui si mette alla ricerca della fabbricante di bambole sperando che lei possa aiutarlo a trovare un modo per curare la sua giovane nipote.


Estratto

Fine 1800, New York City

Edward Abbott Lowell fu nominato Uomo dell’Anno dai quattrocento stimati membri del più esclusivo club per gentiluomini di New York. Mentre attraversava la grande sala da ballo dello Union Club, stringendo mani dopo il suo discorso di ringraziamento, Edward fu colpito dalla stranissima sensazione che ci fosse qualcosa che non andava. Non con il club o i suoi membri, ma con qualcos’altro, come se l’aria intorno a lui vibrasse anche se non c’era nessun treno nei paraggi.
Pochi minuti dopo, chiuse la porta dietro di lui. Prima di voltarsi e andarsene, guardò la stanza affollata attraverso l’elegante vetrata delle porte che davano sulla terrazza; il salone era pieno di gente in costosi cappotti sartoriali e panciotti su misura, dalle tasche penzolavano molti orologi d’oro e diamanti, una vera marea di baffi, pizzetti e capelli tirati indietro con la brillantina così che tutti i cappelli a cilindro allineati sulle mensole del guardaroba si sarebbero appoggiati sulla testa del proprietario alla giusta elegante inclinazione.
Uomo dell’Anno – l’onorificenza più alta dello Union Club… da non credere. Scosse la testa e si avviò verso la balaustra in pietra che contornava la terrazza del terzo piano e dava sulla Quinta Strada.
Come la maggior parte degli affari più importanti, il suo ultimo e più importante progetto – quello che gli aveva fatto vincere il titolo di Uomo dell’Anno – il Grant Building, era stato negoziato e confermato con una forte stretta di mano proprio in questo club pochi anni prima. E gli ci erano voluti appena dieci anni di duro lavoro, e la grande fortuna di essere selezionato tra gli allievi del Boston Tech per andare a Chicago come pupillo del grande architetto William LaBaron Jenney, prova che anche una scimmia cieca poteva trovare una nocciolina ogni tanto.
E adesso aveva un sacco di noccioline… più di quante suo padre ne avesse perdute nel grande crollo del mercato, più di quante il suo ricco nonno ne avesse guadagnate in tutta la sua vita e il suo bisnonno prima di lui, e Ed aveva appena ventinove anni.
Ma stasera, prima di alzarsi da tavola per andare sul podio, si era sentito di nuovo quel ragazzino, con i nervi tesi, con la sensazione di non essere a suo agio nei suoi stessi panni. Era tornato con la memoria a quel primo giorno di college, appena due giorni dopo il suo sedicesimo compleanno, quando – da novellino qual era – era entrato timidamente nell’edificio del Back Bay – un edificio che rappresentava le possibilità di tutto ciò che aveva sempre desiderato. Era questo che rappresentava per lui questa serata – il culmine di tutte quelle fantastiche possibilità.



L'autrice.
Definita “la maestra dei romanzi dell’amore e della risata”, Jill Barnett è un’autrice di fama internazionale con oltre 8 milioni di copie cartacee vendute ed è stata spesso al vertice delle classifiche dei best seller del New York Times, USA Today, The Washington Post, e Publishers Weekly. Con l’avvento dell’era digitale Jill Barnett è stata numero 1 con i suoi 18 libri nella classifica dei titoli a pagamento più venduti su Amazon e ha venduto oltre un milione di copie digitali. In Italia alcuni suoi libri sono stati pubblicati da Mondadori.

lunedì 20 gennaio 2020

Recensione: PO 210 (Polonio) di Mauro Valente



Una foto in bianco e nero che ritrae un orologio di una piccola città rumena, un anziano professore alla ricerca del proprio fratello gemello scomparso senza lasciar tracce e un avvocato pugliese alle prese con un'intricata indagine piena di misteri e colpi di scena.


PO 210 (Polonio)
di Mauro Valente




368 pp
13 euro
Mauro Valente vive a San Severo, in provincia di Foggia, ed è un avvocato.
Un giorno nel suo studio riceve la visita di un suo professore delle superiori, Lorenzo Di Iorio, insegnante di Chimica ormai in pensione.
L'anziano, in compagnia del suo cagnolino Drago, è lì per fare al suo ex-alunno una confessione personale, diventata per lui un grosso peso sul cuore; un peso di cui, giunto alla sua veneranda età (va verso i novant'anni), vorrebbe potersi alleggerire.
Mauro è curiosissimo, tanto più che vede Lorenzo molto agitato, emotivamente provato, commosso: cosa può volere da lui?

Il vecchietto tira fuori una foto e gli racconta la storia della propria vita, il tipo di famiglia in cui è cresciuto, la sofferta assenza della madre morta troppo presto, i rapporti con il fratello gemello Umberto, la rigidissima educazione ricevuta dal padre Girolamo, maresciallo dell'Esercito, la sua passione per la Chimica, la carriera militare del fratello all'Accademia di Modena. Ma il punto cruciale del racconto converge in un giorno in particolare che ha stravolto la vita dei Di Iorio: il 5 dicembre 1949 il maresciallo Girolamo viene ritrovato morto in casa sua, con un coltello piantato nella schiena.
Quello stesso giorno il figlio Umberto scompare, fa perdere le sue tracce per sempre e dell'omicidio viene accusato Lorenzo, anche se, grazie ad alcune importanti testimonianze, verrà assolto un paio di anni dopo.
Il motivo per cui il vecchio insegnante s'è recato dall'avvocato è questo: ritrovare il fratello scomparso da settant'anni, cercare di ottenere notizie su di lui.
Ma perché si sta rivolgendo proprio a me?, si chiede Mauro, e la risposta sta nella foto in bianco e nero che Lorenzo gli mostra e nella quale è ritratto un orologio, ma non uno qualunque, bensì quello che si trova in piazza Traiano a Braila, una città della Romania.
Ebbene, proprio la foto di quell'orologio è comparsa di recente su un giornale locale, associata ad un articolo che parlava di Mauro.
E infatti l'avvocato è stato a Braila  tempo prima, avendo accompagnato un suo amico sacerdote in missione presso una casa famiglia gestita da suore.
L'esperienza fatta in mezzo ai bambini e ai ragazzi ospiti della struttura è stata molto forte per Mauro, lo ha cambiato interiormente e questo emerge in modo chiaro nei frammenti del "diario di bordo" che si alternano alla storia narrata.
L'avvocato viene, quindi, coinvolto da Lorenzo in una ricerca che si rivelerà avventurosa: che cosa è successo ad Umberto? Ha ucciso davvero lui il padre, e se sì, perché?
Lorenzo, nel raccontare tutto ciò che sa della propria famiglia, dice a Mauro che il fratello e il padre avevano avuto motivi di litigio in quanto il giovane si era innamorato di una ragazza e l'aveva messa incinta, cosa che il maresciallo padre trovava indecorosa e aveva perciò ordinato al figlio di far abortire la ragazza.
Ma quanto di vero c'è in questi ricordi e in ciò che lo stesso Umberto raccontava al gemello?

Mauro non perde tempo e, coinvolgendo anche la frizzante moglie Laura in questa "indagine", comincia a raccogliere informazioni, a ragionare sui dettagli, a fare ipotesi.
Arriva a Modena, alla ricerca di notizie in merito alla presenza di Umberto all'Accademia militare e scopre, con grande sgomento, che del suo nominativo non c'è traccia negli archivi.
Eppure, cercando bene tra vecchie foto, Umberto c'è..., quindi ha fatto parte dell'Accademia, e a testimonianza di questo incontrerà alcune persone che hanno conosciuto personalmente Umberto Di Iorio e che sanno cose importanti e segrete della sua vita, di "affari" in cui era coinvolto e che non conviene all'avvocato Valente conoscere perché potrebbero venirne fuori brutte conseguenze.

Chi era realmente Umberto? Quali sono questi affari misteriosi e pericolosi in cui era invischiato?  E come mai non ha mai contattato il fratello gemello, fatta eccezione per quella foto in bianco e nero risalente al 1969 in cui è ritratto l'orologio di Braila?
Che significato si cela dietro quella fotografia? Forse ci sono particolari cui fare attenzione e che possono nascondere un messaggio in codice che Umberto desiderava far arrivare al gemello?

Inoltre, spesso e volentieri, nel corso delle personalissime e accurate indagini condotte dall'avvocato sanseverese, emerge un elemento chimico che deve necessariamente aver avuto un ruolo nelle vicende che hanno portato alla sparizione di Umberto Di Iorio: il polonio...

Le domande sono tante e via via si infittiscono sempre più, portando Mauro non solo in giro per l'Italia - arriverà fino a Trieste, alla ricerca di un uomo che è stato un grande amico di Umberto, e lì farà una importantissima scoperta - ma fino in Romania, nuovamente a Braila, proprio dove ha conosciuto gli splendidi bimbi della casa-famiglia (i cui sorrisi gli sono rimasti scolpiti nel cuore) e che adesso torna a visitare per fare progressi nelle sue ricerche; e proprio lì, in questa cittadina rumena sulle rive del Danubio, attraversando vicende storiche e politiche che hanno segnato il XX secolo, Mauro proseguirà nella sua "missione" di trovare Umberto e restituirlo al povero Lorenzo, le cui lacrime e il cui dolore toccano profondamente l'avvocato, dandogli la motivazione per andare avanti anche quando spesso gli sembrerà di essere in un vicolo cieco...

L'Autore ha costruito una storia davvero molto ben articolata, un giallo avvincente, ben scritto, dal ritmo sempre vivace, con uno sviluppo delle vicende interessante, coerente, ricco di colpi di scena che alzano di volta in volta il picco di curiosità nel lettore, il quale procede nella lettura lasciandosi coinvolgere, partecipando all'entusiasmo del protagonista e narratore, desiderando anch'egli di mettere in ordine tutte le tessere del complicato puzzle, per arrivare alla fine a comprendere cosa sia successo ai personaggi coinvolti nel "giallo di Umberto".
Oltre ad aver apprezzato moltissimo com'è strutturata la trama, le sue diramazioni fatte di misteri che si infittiscono, mi ha colpito molto il "diario di bordo" relativo al viaggio del protagonista a Braila, quando ha incontrato per la prima volta i ragazzini dell'istituto diretto da suore dedite interamente alla propria missione, perché quelle poche righe sono un concentrato di sensibilità e di presa di coscienza nei confronti di una realtà lontana e diversa dalla propria che, una volta conosciuta, è impossibile non amare e non lasciarsi cambiare da essa.
Ho trovato simpaticissimi, e mi hanno fatto sorridere tanto, i dialoghi tra Mauro e sua moglie Laura, che si stuzzicano e si prendono amabilmente in giro, per poi però far tesoro l'uno dei consigli dell'altra; interessante anche lo sfondo storico relativo alla Romania e ai suoi rapporti con l'Unione Sovietica, che aiuta a contestualizzare alcuni aspetti rilevanti delle vicissitudini narrate.
Inutile dire che non posso non gradire il fatto che l'Autore (di cui ho già letto e recensito APPUNTAMENTO IN OBITORIO) decida di collocare le storie che scrive nella propria città, che è anche la mia, e sono felice di poter consigliare il romanzo di un mio concittadino, perché, a mio modesto avviso, merita di essere letto!

domenica 19 gennaio 2020

Recensione: "Guglielmina di Barbone-Pudel di Baviera" di Annarella Asuncion Morejon



Anche oggi, lettori, ho una segnalazione per voi: si tratta di un bellissimo libro per bambini!

E' in libreria "Guglielmina di Barbone-Pudel di Baviera", una storiella divertente, illustrata da disegni pastello molto efficaci, che stimolano la fantasia del bambino e lo aiutano a immergersi nel racconto.


Guglielmina di Barbone-Pudel di Baviera
di Annarella Asuncion Morejon

Ed. Terre Sommerse
ill. Nada Salari
25 pp (digit.)
In questo breve e simpaticissimo racconto conosciamo un'elegante e raffinata barboncina di nome Gugliemina, la cui padrona è nientemeno che una regina; del resto, il titolo altisonante con cui è chiamata già ci fa presagire che tipo di protagonista del mondo animale ci apprestiamo a conoscere!

La cagnetta è abituata a vivere nel lusso e nel decoro, ma un mattino decide di respirare un po' d'aria fresca e si fa condurre in carrozza per una passeggiata in campagna.
Il sole, i fiori, l'aria densa di profumi e cinguettii le suggeriscono un'idea che a lei sembra straordinaria: organizzare un pranzo ed invitare la fauna che vive attorno alla dimora reale in cui lei vive.
Così, giusto per fare nuove amicizie, diverse da quelle pettinate e chic alle quali è abituata.

E così, tutti incravattati e agghindati, gli animali invitati arrivano tutti allegri al pantagruelico banchetto: gatti, galline, pappagalli, volpe..., che si ritrovano nei piatti succulenti pietanze che però essi, essendo creaturine rustiche e poco avvezze al bon ton dei ricchi, non sanno neppure come mangiare...

Cosa succederà a tavola, secondo voi? Gli invitati sapranno cavarsela egregiamente e fare una bella figura o ne verrà fuori qualcosa di imprevedibile?

Il libro di Annarella Asuncion Morejon è molto piacevole, un carinissimo racconto narrato in versi con rima, il che contribuisce a rendere la lettura scorrevolissima, musicale e adatta ai piccoli lettori, che verranno sicuramente rapiti tanto dalla storia in sé quanto dalle incantevoli illustrazioni, colorate e in perfetta sintonia con la vicenda raccontata.
Essa è una esilarante metafora della società di ogni tempo che mette su due livelli contrapposti ricchezza e miseria, personaggi eleganti rispetto ad altri sempliciotti e buffi, come buffo e strampalato si rivelerà il pranzo di benvenuto offerto da un'inconsapevole Guglielmina, che - desiderosa di mescolarsi alla "fauna plebea" senza in realtà sapere come ci si debba comportare con i nuovi amici - finirà per vivere suo malgrado un'indimenticabile avventura, che susciterà il riso e il divertimento di grandi e piccini.


Note biografiche sull'Autrice:
Annarella Asuncion Morejon ha avuto fin da piccola la passione
per le fiabe e ricorda ancora quando sua nonna gliele raccontava a lume di candela. Nel corso dell’infanzia adorava leggere e creare piccole narrazioni su tutto ciò che c’era intorno a lei. In modo particolare le piaceva cantare le sue storie al vento, sussurrare i suoi racconti agli animaletti del cortile, creare giochi divertenti con gli amici e ogni tanto provare a vivere la storia di qualche personaggio dei libri. Già all’età di 10 anni decise di scrivere delle fiabe, con l’intento di raccontarle al suo fratellino venuto al mondo da poco. La curiosità e l’entusiasmo che provava l’hanno portata a comprendere nel tempo che solo nella scrittura avrebbe trovato appagamento. La scrittura le ha permesso, soprattutto, di ascoltare il mondo che la circonda, di sentire con l’anima e comprendere col cuore. Diventata mamma, ha iniziato ad inventare fiabe per invogliare sua figlia a mangiare. Così sono nati i suoi primi racconti. 

Note biografiche sull'illustratrice
Nada Salari è nata 50 anni fa a Foligno (PG). Fin da bambina il suo amore più grande è stato il mondo dei colori e dei pennelli. Anche se la vita l’ha portata a lavorare in altri settori, non ha mai abbandonato la sua vera passione. Negli anni ha sempre sperimentato nuove forme espressive, passando da una tecnica all’altra, dalle tele alle carte decorative, dal legno agli stucchi e ai tessuti. Con i tessuti realizza magliette per bambini e ragazze, giocando con immagini di fantasia. Crea inoltre animali e bambole di pezza con faccine buffe, musetti divertenti e vestitini personalizzati. Attualmente si è immersa nel mondo delle favole, dove ritorna bambina insieme ai personaggi che crea. Così immaginando,  giocherellando nascono delle bellissime immagini che provengono dal cuore e dalla creatività.


venerdì 17 gennaio 2020

Recensione: VELOCE LA VITA di Sylvie Schenk



Un romanzo breve ma che, grazie ad una scrittura che bilancia sapientemente leggerezza e malinconia, conduce il lettore nella vita di una ragazza francese degli Anni Cinquanta, narrandoci la sua infanzia, la sua giovinezza e, con esse, i suoi pensieri più profondi, le paure, le illusioni, le luci e le ombre che segnano la sua esistenza.



VELOCE LA VITA
di Sylvie Schenk


"...la vita intera è un gioco cattivo e talvolta divertente di maschere e ombre, la vita è una mescolanza arlecchinesca di dramma e commedia degli equivoci"


Louise è una giovane studentessa che ha lasciato le Alpi francesi e un ambiente famigliare oppressivo e piccolo borghese, per andare a studiare a Lione.
Siamo negli anni Cinquanta, la seconda guerra mondiale è un ricordo doloroso e fin troppo recente, e nessuno ha ancora dimenticato i drammi dell'occupazione ad opera dei tedeschi, anche se si cerca comunque di andare avanti e guardare al futuro.

La vita di questa ragazza ci scorre sotto gli occhi velocemente, come una sequenza di istantanee, e la stessa essenziale divisione in capitoli ci permette di conoscerla inquadrandola in precisi tempi e spazi: la sua infanzia, il rapporto coi genitori - questo padre poco affettuoso, la madre, tranquilla casalinga dalle "origini incerte" (è stata adottata) - e con la famiglia paterna, l'educazione ricevuta, i luoghi in cui è nata e cresciuta, le letture negli anni della scuola, fino ad arrivare all'altra vita, quella a Lione.

Qui tutto è nuovo: la vita di una grande città, le avventure, l'amore.
Conosce Francine, bella ed esuberante, e in un pub le vengono presentati anche Claudie, Ahmend, Soon, Johann e Henri, con i quali stringe amicizia, sentendosi pian pano parte di un gruppo.

In particolare, a colpirla è il misterioso e affascinante pianista jazz Henri Lagarde, un giovanotto pieno di talento che però ha un'ombra costante a incupirgli lo sguardo e il cuore: il ricordo di ciò che è successo ai propri genitori è ancora molto fresco e lui proprio non riesce a dimenticarlo, a farsene una ragione.

Essi, infatti, hanno avuto una brutta sorte: durante la guerra sono stati uccisi dai nazisti perchè membri di un movimento di resistenza contro l'occupazione tedesca, e adesso il ragazzo vive in un'antica casa con una biblioteca ormai vuota in quanto depredata dai nazisti.
La tragedia famigliare che si porta dietro è un macigno pesante per Henri, che gli impedisce di vivere serenamente e lo porta a covare dentro di sé un profondo odio e un rancore quanto mai vivo verso i tedeschi.

La bella francesina lo ascolta, cerca di comprendere il dolore e la rabbia che occupano il cuore di questo ragazzo tanto bello quanto sfuggente, sente una forte attrazione verso di lui ed infatti i due avranno un breve flirt, che però - a motivo dell'atteggiamento di Henri, restio ad avere relazioni durature e impegnative - non pare avere futuro, così Louise accetta la corte del tedesco Johann (studia Chimica, parla francese e viene da una famiglia stimata e colta), caratterialmente agli antipodi dal suo "rivale in amore".

Con lui la ragazza si trova bene, c'è complicità e per amore deciderà di lasciare la Francia per seguire il fidanzato nel suo paese, vicino Francoforte; opponendosi alla propria famiglia, sposerà Johann e farà della Germania la propria nuova casa, trovando tra l'altro una buona e calorosa accoglienza da parte dei suoceri (un po' meno da parte della sorella minore di Johann, un'adolescente ribelle).

Seguiamo quindi la protagonista in questo nuovo Paese, la vediamo impegnata a imparare la lingua del posto, a intrattenere nuove relazioni.
La vita matrimoniale scorre placida e gradualmente comincia a essere contrassegnata dalla quotidianità di gesti e parole che perdono freschezza, genuinità ed entusiasmo per far posto all'abitudinarietà e al rischio di un'esistenza piatta e poco interessante.

Intanto passano gli anni, eppure il pensiero del primo amore, Henri, non svanisce mai del tutto...
Johann non ne è del tutto ignaro ma non parla, non chiede, non cerca di capire cosa provi e senta la sua dolce mogliettina; forse perché si fida di lei o più probabilmente perché è un po' codardo, restio alle discussioni e ai litigi, incapace di esprimere con chiarezza il proprio pensiero ed affrontare a muso duro verità anche scomode?

Ma soprattutto, a insinuarsi nella mente di Louise è il dubbio su ciò che Henri le ha svelato nel corso di una confidenza condivisa prima della sua partenza: la famiglia del marito ha avuto rapporti coi nazisti. 
Quella famiglia nella quale sta per entrare, per farne parte, forse non è così innocente ed estranea ai fatti accaduti durante la guerra, ma anzi, in una certa misura, tali persone responsabili (fosse anche solo moralmente) di ciò che è accaduto ai genitori dello stesso Henri.

Louise si rende conto della gravità di una tale situazione o a lei questo aspetto della sua famiglia acquisita è indifferente?

La giovane prova a non pensarci, convinta che nella vita si debba andare avanti, senza restare ossessivamente ancorati al passato (tanto più se è cupo e triste, come quello di Henri), e oltretutto Johann non ha alcuna colpa per gli eventuali (e tutti da dimostrare, tra l'altro) errori dei suoi genitori...!

Benché la sua vita proceda tra impegni fuori e dentro casa, tra le mille preoccupazioni che vengono da ogni parte, i rapporti famigliari non sempre idilliaci, col passare dei giorni Louise sente che, benché non le manchi oggettivamente nulla, allo stesso tempo, le manca qualcosa.

Louise è una donna intelligente, colta, attenta, sensibile, riflessiva, e dentro di lei vive uno spirito indipendente, è consapevole dei propri sogni e capacità (ama scrivere e disegnare), è determinata nelle scelte che fa, e alla fine di questa storia, in seguito ad una sconvolgente scoperta, giunge a importanti consapevolezze.

Veloce la vita ci racconta proprio la storia di una donna, della sua forza, delle sue scelte e dell'amore, dei libri letti, dei desideri, di ciò che unisce e divide popoli e lingue differenti, delle ombre e delle colpe che ci portiamo dietro - a volte anche quelle di cui non siamo responsabili -, della drammatica velocità con cui passa il tempo e con cui anche la vita più piena, alla fine, si consuma. 
È la storia di una vita spesa e sospesa tra Germania e Francia, del riavvicinamento amichevole tra queste due nazioni nonostante la memoria delle atrocità della seconda guerra mondiale sia ancora viva e presente.

La Schenk ha scritto un romanzo breve come breve è la vita che ci scorre come sabbia tra le dita, fugge senza che riusciamo a trattenerla, e ha scelto, come prospettiva di narrazione, un meccanismo insolito che personalmente mi è piaciuto e mi ha convinto: la seconda persona singolare. 
Dall'inizio alla fine, leggiamo le vicende personali e famigliari della protagonista come se un interlocutore esterno si rivolgesse direttamente a lei, una sorta di alter ego che parla a Louise, come per sostenerla e aiutarla a guardare alla propria esistenza dal di fuori, esaminandola attentamente, ponendo domande, dubbi, rivelando emozioni, sentimenti, pensieri, paure, sogni.

Questa tecnica narrativa, un po' interna e un po' esterna, ha reso la lettura, per quanto mi riguarda, comunque coinvolgente, inducendomi ad adottare sì il punto di vista della protagonista ma, allo stesso tempo, facendo in modo di vederla affianco agli altri personaggi e, al pari loro, travolta dalle vicissitudini esistenziali che il vivere quotidiano porta con sé, e davanti alle quali viene fuori il carattere di ognuno.

Non ho mai letto, prima di oggi, una pubblicazione Keller Editore e devo dire che ha un catalogo molto interessante, come è questo libro, che ho trovato davvero bello, scritto in modo incantevole, calibrando in modo intelligente la leggerezza, l'entusiasmo e la fame di vivere di questa ragazza con lo struggimento che proviene dal considerare come la vita sia fuggevole, precaria e imprevedibile.

Un gioiellino da non lasciarsi sfuggire!

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