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sabato 24 aprile 2021

#pernondimenticare - 24 aprile 1915, il genocidio del popolo armeno



Il 24 aprile 1915 è una data importante per gli Armeni: è la loro "giornata della memoria".

METZ YEGHERN ("il grande male") è l'espressione con cui gli armeni chiamano il genocidio del proprio popolo perpetrato dai turchi, compiutosi tra il 1915 e il 1916, quindi, in pieno primo conflitto mondiale nell’area dell’ex Impero ottomano, in Turchia.
È stato il primo genocidio del XX secolo ma è, forse e purtroppo, uno dei più dimenticati.

Era il 1908 quando i Giovani Turchi (partito politico, attivo in Turchia prima del 1870, volto ad attuare nel paese vaste riforme e a contrastare il predominio delle potenze europee nella vita politico-economica turca, fonte: Treccani) presero il potere, mettendo in atto l’eliminazione dell’etnia armena (presente in quella zona dal 7° secolo a.C.) attraverso una struttura paramilitare, l’Organizzazione Speciale (O.S.), diretta da due medici, Nazim e Chakir. 

L’obiettivo era riformare lo Stato su una base nazionalista, e quindi sull’omogeneità etnica e religiosa;
poiché la comunità armena di religione cristiana, che aveva assorbito gli ideali dello stato di diritto di stampo occidentale, con le sue richieste di uguaglianza, costituiva un ostacolo al progetto di omogeneizzazione del regime, essa andava cancellata come soggetto storico, culturale e politico. 

La notte del 24 aprile 1915, i notabili armeni di Costantinopoli vennero arrestati, deportati e massacrati.

Si procedette poi al disarmo e al massacro dei militari armeni, costretti ai lavori forzati; poi ci fu la fase dei massacri e delle violenze indiscriminate sui civili: gli uomini spesso furono fucilati immediatamente, oppure con le donne stuprate in massa.

Ad essa seguirono le terribili marce della morte verso il deserto; gli armeni furono derubati di tutti i loro averi, la quasi totalità di essi perse la vita. 
Tanti di quelli che giunsero nel deserto, morirono e furono gettati in caverne e bruciati vivi, altri annegati nel fiume Eufrate e nel Mar Nero.

Diversi bimbi furono risparmiati ma, divenuti proprietà dei Turchi, furono costretti a dimenticare le proprie origini, a "convertirsi all’islam e ad essere trattati come degli schiavi. 
Le giovani donne armene furono tatuate o marchiate nel viso e nelle mani e inviate negli harem. 

In totale, si stima che furono sterminate circa 1.500.000  persone. 

Purtroppo ancora oggi il governo e la maggior parte degli storici turchi negano che nel 1915 sia stato commesso un vero e proprio genocidio ai danni del popolo armeno. Nelle scuole elementari turche circolano libretti nei quali gli armeni vengono definiti come mangiatori di bambini; ma soprattutto, attraverso l'art. 301 del codice penale turco (“Attentato alla turchicità dello stato”), le autorità turche in passato hanno perseguito penalmente tutti coloro (giornalisti, scrittori, editori, professori) che hanno osato fare riferimento al genocidio armeno. 

Nel 2008 l’articolo 301 del Codice Penale Turco è stato riformato anche in conformità a un’espressa richiesta dell’Unione Europea, per cui se col vecchio testo era punibile chi offendeva genericamente l' “identità turca”, attualmente sono punibili solo coloro che offendono lo Stato turco e gli organi costituzionali. 

“Il negazionismo è l’ultimo atto di un genocidio, che lo trasforma in un crimine perfetto”  (Elie Wiesel).



Il pianto di Dio

Quando nello spazio non si era ritirato
ancora il Nulla di questo Universo,
io credo che Dio cercasse qualcosa,
come rimedio alla ferita della noia.

In un istante girò intorno allo spazio,
e non trovò nulla tranne se stesso:
volle un’Essenza della sua Essenza: –
e la sua Essenza fu la sua eco.

Poi ritornando, triste e addolorato,
dal sordo Silenzio e dal cieco Nulla,
anche da loro volle qualcosa, ed essi
diedero se stessi, cioè non diedero nulla.

Quando Egli trovò l’Immensità così vuota,
provò un profondo, crudele dolore:
e sul Silenzio e sul Nulla
pianse dal cuore la sua disperazione.

Cadendo, le sue lacrime lo esaudirono,
formando ogni stella nel cielo: –
e come al Poeta anche a Dio,
per creare, fu necessario piangere.


****


Il carro dei cadaveri

Verso sera per le strade deserte
passa un carro cigolando.
Un cavallo sauro lo tira, dietro
cammina un soldato ubriaco.

E’ la bara dei massacrati, che va
al cimitero degli Armeni.
Il sole al tramonto distende
sul carro una sindone d’oro.

Il cavallo è magro: trascina a stento
il raccolto dei suoi padroni crudeli.
Con le orecchie pendenti, sembra
riflettere intensamente a quanti

secoli servono per arrivare all’ultimo
fienile dei santi mietuti…
E sui muri intorno la sua coda pendente
spruzza sempre, sempre sangue.

E ancora sangue continua a sgorgare
dai cerchi delle ruote,
come se il carro trasportasse rose, come se fosse
dell’aurora il carro di fuoco.

Sono uno sull’altro i cadaveri, il figlio
nei riccioli della madre avvolto.
Uno ha ficcato l’intero pugno
nella calda ferita aperta dell’altro.

E un vecchio con la mandibola in frantumi
fissa gli occhi nel cielo,
dove una maledizione e una preghiera
si mescolano alla nera vendetta.

L’intestino uscito fuori di un altro
penzola giù dal carro:
un cane da dietro l’afferra
e si dedica a divorarlo.

Non hanno più forma né testa: portano
ferite di mille armi.
Il loro corpo è già fratello alla terra:
ecco, vanno al cimitero.

Su di loro nessuno viene a piangere
o a dare l’estremo saluto:
nel silenzio della città solo l’odore del sangue
va attorno con lo zefiro.

Ma nel buio di finestra in finestra
ecco, candele si accendono:
sono le nonne che pregano di nascosto
sulla bara rossa.

E allora su un balcone
esce bella una vergine,
e piangendo lancia un pugno di rose
sul carro che passa.

(Daniel Varujan, vittima del massacro)






Siti consultati:

http://www.comunitaarmena.it/
https://it.gariwo.net/
https://www.lottavo.it/
http://poesiamondiale.blogspot.com/2015/08/daniel-varujan.html
https://www.lasepolturadellaletteratura.it/daniel-varujan-genocidio-armeno/

giovedì 20 agosto 2020

Libri in wishlist (agosto 2020)



Libri che vorrei leggere: nel primo si narra del terribile - e di cui poco si parla - genocidio del popolo armeno, visto con gli occhi di una bambina che ha vissuto in prima persona la tragedia; nel secondo si parla di disagio psichico; il terzo affronta il tema della memoria, del ricordo, e della ricerca delle proprie radici.


Le stanze di lavanda. 
Il romanzo di un'infanzia armena 
di Ondine Khayat

-
«Sono nata ricca, ma ho visto la mia fortuna involarsi come uno stormo d’uccelli. Soltanto i miei ricordi mi appartengono, sono tante fragili tracce impresse dentro di me. Certi giorni, il sole le illumina; certe notti, rimangono intrappolate in una tempesta di ghiaccio.
Vivevamo a Marache, in Turchia, al confine con la Siria. È lì che sono venuta al mondo nel 1901. Mio nonno, Joseph Kerkorian, era armeno. Un uomo importante e saggio, solido come una roccia. 
Se, dopo l’inferno che ho conosciuto, dentro di me è rimasta una particella di fiducia nell’umanità, è grazie a lui.
Avevamo una casa magnifica, e un immenso giardino dai fiori di mille colori. Sono stata amata da mio padre, dalla mamma dai baci di lavanda, dalla sorellina Marie, dal mio impetuoso fratello Pierre e da Prescott, il nostro gatto armeno con un nome da lord inglese. 
E da Gil, il piccolo orfano ribelle che un giorno, sotto il salice piangente, mi ha dato il mio primo bacio. 
Erano giorni immensi, eppure non potevano contenerci tutti.
Nell’aprile 1915, il governo turco ha preso la decisione che ha precipitato le nostre vite nell’orrore: gli armeni dovevano sparire.
Può un cuore dilaniato continuare a battere? E un giardino devastato dare nuovi fiori? Come posso donare ancora, proprio io, a cui hanno tolto tutto? Ascolta Joraya, mia adorata nipote, il racconto di una vita mille volte dispersa.»

L'autrice.
Ondine Khayat è nata nel 1974 da madre francese e padre armeno. Attualmente vive a Parigi, dove collabora con varie ONG per la realizzazione di progetti umanitari. Per Piemme ha pubblicato Le stanze di lavanda e Il paese senza adulti.



IL MANICOMIO DEI BAMBINI.
Storie di istituzionalizzazione
di Alberto Gaino


Ed. Gruppo abele
224 pp
"Avevo tre anni quando un’assistente sociale mi portò a Villa Azzurra che di quel colore non aveva proprio nulla. Ci finii perché quella buona donna di mia mamma mi aveva avuto da un uomo che della paternità se ne infischiò allegramente, non l’ho mai incontrato. Lei era giovane e sola…"

Comincia così, con una storia terribilmente simile a molte altre, questo libro scritto per non dimenticare. 
Raccogliendo le cronache e le testimonianze di chi ha trascorso la propria infanzia dentro i manicomi, Alberto Gaino costruisce un racconto di quello che avveniva fra gli anni ’60 e ’70, prima della Legge Basaglia del 1978, senza tuttavia trascurare il presente e il futuro del disagio psichico, spostando l’analisi sui tagli ai servizi pubblici, sulla metamorfosi dei vecchi istituti, fino agli abusi degli interventi psichiatrici. 
In questo scenario, si allarga lo sguardo sulle odierne forme di disagio psichico giovanile e sull’adeguatezza ed efficacia degli interventi da parte della società.





VOGLIO SAPPIATE CHE CI SIAMO ANCORA
di Esther Safran Foer


Guanda
288 pp
Esther Safran Foer è cresciuta in una casa in cui il passato faceva troppa paura per poterne parlare. 
Figlia di genitori immigrati negli Stati Uniti dopo essere sopravvissuti allo sterminio delle rispettive famiglie, per Esther l’Olocausto è sempre stato un’ombra pronta a oscurare la vita di tutti i giorni, una presenza quasi concreta, ma a cui era vietato dare un nome. 
Anche da adulta, pur essendo riuscita a trovare soddisfazione nel lavoro, a sposarsi e a crescere tre figli, ha sempre sentito il bisogno di colmare il vuoto delle memorie famigliari. 
Fino al giorno in cui sua madre si è lasciata sfuggire una rivelazione sconvolgente. Esther ha deciso allora di partire alla ricerca dei luoghi in cui aveva vissuto e si era nascosto suo padre durante la guerra, e delle tracce di una sorella di cui aveva sempre ignorato l’esistenza. 
A guidarla, solo una vecchia foto in bianco e nero e una mappa disegnata a mano. 
Quello che scoprirà durante il suo viaggio in Ucraina – lo stesso percorso che Jonathan Safran Foer ha immaginato per il protagonista del suo romanzo, Ogni cosa è illuminata – non solo aprirà nuove porte sul passato, ma le concederà, finalmente, la possibilità di ritrovare se stessa e le sue radici

L'autrice.
Esther Safran Foer è stata per anni a capo del centro di cultura ebraica Sixth & I. Vive a Washington con il marito Bert e insieme hanno tre figli – Franklin, Jonathan e ­Joshua – e sei nipoti.

venerdì 15 giugno 2018

Flower-ed: le novità di giugno, tra appuntamenti letterari e anteprime



Lettori, con questo post desidero aggiornarvi sulle novità di giugno in casa flower-ed!

Per prima cosa, vi informo che le conversazioni letterarie - momenti preziosi per dialogare con curiosità e passione dei temi e delle scrittrici più amate - di questo mese sono dedicate alla brillante Jean Webster, autrice del celebre Papà Gambalunga
Sara Staffolani sarà presente per parlare di lei, delle sue opere, del suo impegno per i diritti delle donne, dell’insieme luminoso delle sue esperienze e risponderà alle vostre domande.

La redazione vi aspetta su Facebook domenica 17 giugno alle ore 15.


Proseguo con due anteprime.

La prima personalmente mi interessa perchè è una biografia su Emily Brontë, poetessa e scrittrice tra le mie preferite in assoluto,  la più libera e indomita delle sorelle. 
In occasione del Bicentenario della nascita di Emily Brontë, la C.E. ha realizzato, grazie alla penna e alla sensibilità di Sara Staffolani, una biografia dedicata a lei. Completa e aggiornata, ci permette di seguire ogni passo della sua vita, vedere quel che vedeva, sentire quel che sentiva, fra i ramoscelli di erica e gli amati animali, nelle stanze di casa e nella natura selvatica. 
Insomma un tributo, un ringraziamento, una rassicurazione: perché Emily, nella sua solitudine e nella sua introspezione creativa, ha raggiunto i cuori di tutti noi che continuiamo a leggere i suoi versi e le sue Cime tempestose, e che a distanza di duecento anni sentiamo ancora vicina come una cara amica.

È questo il tempo di sognare. Vita e opere di Emily Brontë di Sara Staffolani (flower-ed 2018, ebook e cartaceo), è in uscita il 25 giugno.



La seconda anteprima è un graditissimo ritorno: Sandro Consolato, che ha già pubblicato flower-ed il saggioDell’elmo di Scipio. Risorgimento, storia d’Italia e memoria di Roma (flower-ed 2012), in occasione dell’anno conclusivo del Centenario della Grande Guerra, offre ai lettori la raccolta di tutti i suoi scritti relativi al 1915-1918. Le sue due opere compongono insieme il quadro completo di tutta la storia italiana vista secondo l’ottica del “tradizionalismo romano”, corrente che si propone di far sentire come perennemente vivi e operanti gli archetipi spirituali italico-romani.
Quindici-Diciotto. Tra Storia e Metastoria di Sandro Consolato (flower-ed 2018, ebook e cartaceo è in uscita il 28 giugno.

venerdì 2 febbraio 2018

Novità Intrecci Edizioni: FRATELLI DI STORIA di Marco Casula



Cari amici, oggi vi do il buongiorno con una novità Intrecci edizioni.


FRATELLI DI STORIA
di Marco Casula




Pagine: 278
Prezzo: 16,00 €
Collana: Enne di Intrecci

«Perché fratelli di storia?»
Perché c’è un luogo nella vita dove andare davvero. Questo luogo è la storia che abbiamo passato insieme. È l’unica cosa che ci lega. Nonostante i drammi, le lacerazioni, i conflitti. Non sono le idee o le ideologie o i fatti, è la storia.

Non è un romanzo storico. La storia è cornice. Di più, è uno spazio mentale nel quale si inscenano, dentro uno squarcio di vita nazionale, due esistenze in contesti storici assai diversi, ma contigui.

Due date simboliche nelle quali si consuma il dramma di una nazione:
⁃ 8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio con gli anglo americani nel 2° conflitto

mondiale; il giorno della catastrofe; il giorno nel quale è morto il concetto di patria.
⁃ 12 dicembre 1969, il giorno della strage di piazza Fontana a Milano; il giorno nel quale molti italiani persero la loro innocenza, ma presero coscienza che la democrazia si prende e non si concede.

Che storia è. È storia di un tentativo di redenzione laica. Ciò che l’uomo è disposto a fare, a rischio di perdersi pur di salvarsi dalla tempesta.
È l’itinerario umano di anime perdute nella tempesta dei Giorni.
I protagonisti sono come gli Arcangeli nel Paradiso Perduto di John Milton. Cacciati dal paradiso dei loro ideali, si sfracellano nel fango e nel sangue della Terra, perdono la loro purezza e diventano Diavoli. Vedi i Nomi dei personaggi o i Nomi dei Luoghi che i personaggi frequentano. I temi della Follia, della Violenza e l’esperienza della Morte.

È il viaggio del nostro esserci. Del nostro essere nel mondo. Generazioni che hanno scontato la storia del Novecento, un secolo rivoluzionario, partecipando a quello che era l’ordine del giorno a quel tempo.

mercoledì 18 ottobre 2017

Dal 26 ottobre in libreria il nuovo romanzo storico di Carla Marcone “Teresa Filangieri. Una duchessa contro un mondo di uomini”



Cari lettori, un genere che mi piace parecchio è il romanzo storico ed è sempre con molto entusiasmo che quindi segnalo nuove uscite/anteprime appartenenti a questo genere letterario; è il caso di una delle ultimissime novità editoriali della casa editrice Scrittura & Scritture: il nuovo romanzo storico di Carla Marcone “Teresa Filangieri. Una duchessa contro un mondo di uomini”.

La Napoli dell’Ottocento con gli occhi di una donna di straordinario coraggio e di passione civile dimenticata troppo in fretta dalla Storia.

Il libro sarà in libreria dal 26 ottobre e di seguito vi scrivo le prime tre tappe del tour:


  • il 27 ottobre alla Libreria Ubik di Napoli
  • il 14 novembre Libreria COOP Quarto (NA)
  • il 16 novembre ospite del Circolo Book & Tè di Scrittura & Scritture



TERESA FILANGIERI.
Una duchessa contro un mondo di uomini
di Carla Marcone



Scrittura e Scrtture
170 pp
13.50 euro
«Scarni e pallidi, figli di una città sempre affamata, dai mille volti, inenarrabile ed evanescente per le sue mille storie, per le sue mille leggende, ingovernabile e fiera, dove l’unico segno di potere è la libertà e l’unico sovrano san Gennaro, dove vivere è una ricompensa e morire spesso un privilegio». 

È la Napoli del prima e dopo l’Unità d’Italia, una città provata dal colera e dalla miseria e la protagonista è Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri (1826-1903).
Figura di spicco nell’Ottocento napoletano. Duchessa, sottoposta a una rigida educazione dal padre, generale Carlo, nipote di Gaetano Filangieri, filosofo e giurista alla corte del re.
Una personalità forte che fu capace, impiegando proprie risorse economiche, di far sorgere un ospedale, allora l’unico ospedale pediatrico, rimasto attivo fino al 1975, dalle rovine di un palazzo del ‘700, S. Orsola alla Cupa, di proprietà dell’esercito borbonico, ora sede amministrativa. 

Il romanzo, unico su questa figura storica, attraverso un coro di personaggi di fantasia e di personaggi storici come il filantropo Alfonso Casanova, la nobile Paolina Craver, descrive una Napoli preda della miseria e ripercorre la vita di Teresa Filangieri una donna, una madre piegata dal dolore per la morte prematura dell’unica figlia Lina, ma che manifesta fin da subito una personalità forte nello sfidare le convenzioni. 
Non si limitava alla semplice beneficenza ma correva, lottava, si sporcava per i vicoli di Napoli, soccorreva i bambini, i poveri (denunciandone le cattive condizioni di vita) e gli infermi; per contrastare la fame ha fatto istituire le prime Cucine prima gratuite e poi economiche.
Il suo sogno più grande era far costruire il primo ospedale pediatrico per malattie infettive e per farlo si scontrò con il mondo degli uomini.

Carla Marcone mette in scena una Napoli in cui la storia viaggia per conto proprio, separata nei tempi e nei modi dal resto d’Italia. Nel romanzo è centrale il tema dell’infanzia a Napoli nell’Ottocento.
I bambini orfani, malati, finivano nel casermone maleodorante del Palazzo dei Poveri, tristemente noto con il nome di Serraglio dal quale spesso scappavano, i figli di nessuno abbandonati nella famosa Ruota dell’Annunziata, marchiati con il cognome Esposito crescevano poi ingrossando le fila della Malavita (personaggio di Michele), le bambine invece orfane (personaggio di Maddalena) diventavano spesso prostitute o suore senza vocazione. Ma questa infanzia è raccontata con una prosa delicata a tratti emozionante.
Inoltre, si vuole celebrare la straordinarietà di un personaggio femminile caduto nell’oblio della Storia e restituirci l’immagine di una donna forte, indipendente e incredibilmente moderna. Un esempio, perché, come scriveva la stessa Teresa, «Napoli è un paese ove occorre che qualcuno abbia un poco più di coraggio affinché gli altri lo imitino dopo. Non prendiamola più in giro questa nostra città, né seduciamola con promesse irrealizzabili. Aiutiamola piuttosto a risorgere. Il popolo siamo noi e siamo la nostra più grande risorsa!».


Due estratti del romanzo
«Così ‘o Belzebù, al secolo Michele Esposito, si elevò al di sopra di quel popolo di monelli vestiti di nulla, scaltri e pronti a impadronirsi dei giorni di festa come dei giorni di guerra.
Scarni e pallidi figli di una città sempre affamata, dai mille volti, inenarrabile ed
evanescente per le sue mille storie, per le sue mille leggende, ingovernabile e fiera dove vivere è una ricompensa e morire spesso un privilegio»
«“L’uomo nobile non si perde mai d’animo e vince il timore”, così le aveva detto Alfonso quando le autorità municipali requisirono la sala della chiesa di Piedigrotta, infrangendo un sogno e gettando per strada più di trenta bambini. E quelle parole le erano bastate a porle nell’anima l’ebbrezza che emerge dal pericolo e ne trae una forza più grande. Non si sarebbe arresa mai!»

L'autrice
Carla Marcone vive e lavora a Napoli. Grande appassionata di Storia e in particolare di quella partenopea, ha pubblicato il racconto Favola d’Aprile (2004), e il romanzo Fiori di carta (Scrittura & Scritture 2007)
in fase di riedizione. Oltre alla scrittura, coltiva la passione per la gastronomia. I suoi personaggi, di cui l’autrice racconta in uno stile fatto spesso di parole sussurrate che nascondono segreti, affrontano nella maggior parte dei casi il proprio destino talvolta uscendone vittoriosi, altre delusi e sconfitti.

giovedì 1 giugno 2017

Anna Bolena: la seconda moglie di Enrico VIII



Era il 1° giugno 1533 e Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII, diventava Regina d'Inghilterra.

Sulla data di nascita di Anne Boleyn pare non esserci unanimità: si presuppone comunque sia nata tra il 1501 e il 1507; sulla data di morte, invece, si è certi, e cioè il 19 maggio 1536.


Anna ha trascorso parte della sua infanzia e adolescenza in Europa; il suo primo "impiego" come dama di compagnia fu presso l'Arciduchessa Margherita d'Asburgo, nei Paesi Bassi; tornata a Londra intorno al 1522, frequentò la corte e presto divenne famosa più per la sua civetteria che per la sua bellezza; viene nominata come dama di compagnia della moglie di Enrico VIII, Caterina d'Aragona.
I suoi sguardi affascinanti e i modi sofisticati le fecero guadagnare molti corteggiatori (tra cui il poeta Thomas Wyatt) e nel 1523 si fidanzòa con Lord Henry Percy, relazione che però fu osteggiata e quindi interrotta.

A partire dal 1525, dopo cioè sedici anni di matrimonio con Caterina d'Aragona, il re si abbandonò a una violenta passione per la signorina Bolena (Enrico aveva già avuto come amante la sorella più piccola di Anna, Mary), tanto che nel 1527 egli dichiarò di voler divorziare da Caterina, prendendo a pretesto il fatto che questa non gli avesse dato figli maschi.

Enrico VIII fece appello a papa Clemente VII per l'annullamento del suo matrimonio in modo che potesse sposare Anna, ma il pontefice, premuto da Carlo V che non poteva tollerare un affronto fatto a Caterina, sua zia, ordinò che la questione dovesse essere gestita da Roma. 
Tale decisione scatenò l'ira di Enrico VIII contro il capo della Chiesa e nel 1531 il re si dichiarò capo della chiesa inglese.

Enrico ed Anna si sposarono in gran segreto, lei fu incoronata regina il giorno di Pentecoste del 1533 in una sontuosa cerimonia a Westminster Abbey, e il 7 settembre di quell'anno diede alla luce una bambina, la futura regina Elisabetta. 

Due ulteriori gravidanze finirono con un aborto spontaneo, durante l'estate del 1534 e nel gennaio 1536. 
Quando Enrico - ancora alla disperata ricerca di un erede maschio - scoprì che il secondo bambino era un maschietto, si convinse che il matrimonio fosse stato maledetto e accusò Anna di questa disgrazia. 
Intanto lei aveva preso come dama di compagnia Jane Seymour, che presto divenne l'amante del re, il quale cominciò a cercare subito un modo per porre fine al suo matrimonio.

Nel mese di aprile 1536, durante un torneo, il re sorprese la regina mentre lasciava cadere un fazzoletto ad un cavaliere; il giorno seguente, Anna veniva rinchiusa nella torre di Londra, e quattro cortigiani e lo stesso fratello della regina, lord Ruthford venivano imprigionati per aver commesso rispettivamente adulterio ed incesto con lei. 

In carcere l'ormai decaduta regina mantenne un contegno fiero e dignitoso, protestando la propria innocenza; al processo fu accusata di adulterio e stregoneria.

Il 17 maggio 1536, i cinque uomini accusati di tresca con la regina vennero decapitati; due giorni dopo, la stessa Anna fu condannata a morte dal consiglio dei Pari (del quale faceva parte anche suo padre) e decapitata con un colpo di spada per mano di uno spadaccino venuto dalla Francia. 
Invece di negare la sua colpa, la condannata impiegò i suoi momenti finali tenendo un discorso in cui esprimeva parole di elogio per il re Enrico VIII, affermando che "un principe più misericordioso non c'è mai stato: e per me è stato sempre un sovrano buono e dolce".
Pochi giorni dopo, il "dolce e caro" Enrico VIII sposava Jane Seymour.


Siti consultati:

www.bbc.co.uk/history/people/anne_boleyn (info biografia)
https://englishhistory.net (immagine)




Vi lascio qualche titolo nel caso voleste approfondire (saggi e romanzi).




lunedì 29 maggio 2017

Recensione film: "CHILD 44 - Il bambino numero 44" di Daniel Espinosa



Un uomo, militante nella polizia segreta sovietica a Mosca e poi esiliato insieme alla moglie in un piccolo paese di provincia, indaga su una serie di efferati omicidi che vede tra le vittime più di 50 persone, tra donne e, soprattutto, bambini.
Il film è liberamente ispirato alla storia di Andrei Chikatilo, un serial killer russo conosciuto tristemente con vari epiteti: «il macellaio di Rostov», il Cittadino X, il Mostro di Rostov, lo Squartatore Rosso.


CHILD 44 - Il bambino numero 44


Regia: Daniel Espinosa
Genere: drammatico, thriller 
Cast: Tom Hardy, Gary Oldman, Noomi Rapace, Joel Kinnaman, Paddy Considine, Vincent Cassel, Jason Clarke.

La pellicola incomincia con la frase "Non ci sono delitti in Paradiso", per poi spiegarci sinteticamente che durante il regime di Joseph Stalin si conta che 25mila persone al giorno (in particolare nel 1933) morissero di fame a causa della carestia da lui imposta a danno del popolo ucraino; questo genocidio - noto come "Holodomor", che in ucraino vuol dire "infliggere la morte mediante la fame" - rese orfani migliaia di bambini *.

Uno di questi, nella storia narrata nel film (tratto dall'omonimo romanzo di Tom Rob Smith), è il protagonista, che incontriamo quando è solo un ragazzino che scappa da un orfanotrofio.

Ritroviamo Leo Demidov nel 1953, ed è ormai un giovane uomo che milita nella MGB, la polizia segreta sovietica: ex eroe di guerra, una delle migliori menti all'interno del servizio di sicurezza nazionale dello Stato, di quelli che svolgono il proprio lavoro con molto rigore; è un cinico e spietato investigatore tra i più zelanti nella lotta ai dissidenti del regime staliniano, sempre alla ricerca di spie da arrestare, torturare e alle quali estorcere informazioni preziose.

Un giorno Leo e il suo collega Vasil catturano la spia Anatoly Tarasovich Brodsky; quando viene arrestato, accade un episodio spiacevole che crea una forte ostilità tra Leo e Vasil, che viene umiliato davanti ai colleghi per aver ucciso una coppia di coniugi sotto gli occhi terrorizzati delle figliolette; successivamente, sottoposto ad interrogatori estenuanti caratterizzati da torture crudeli, Brodsky fa il nome di Raisa (Noomi Rapace), la moglie di Leo, tra quelli dei cospiratori.

Tra i due coniugi le cose non vanno benissimo, quanto meno non dal punto di vista di lei, che non ama il marito, anzi, a malapena lo sopporta; lui, però, nonostante abbia la possibilità di uscir pulito dal caso in cui è coinvolta Raisa, a patto che la denunci, decide di non farlo, perchè è comunque sua moglie; così insieme vanno incontro al loro destino, tutt'altro che lieto.

Il clima che si respira nell'Unione Sovietica di quegli anni è davvero opprimente e oppressivo, il terrore fa da padrone, e con esso la diffidenza, l'ossessione per i traditori, che la polizia segreta cerca di scovare anche tra persone apparentemente tranquille e insospettabili, in piena sintonia con il totalitarismo che nega ogni minima forma di libertà. La polizia esercita il proprio servizio senza aver riguardo per nessuno, a prescindere da età, sesso, professione, ed anche un collega stimato fino al giorno prima, nel momento in cui gli cade addosso l'ombra di un sospetto, è trattato alla stregua di un nemico, considerato un delatore riprovevole da picchiare a sangue, da umiliare.

Ed è ciò che, da un giorno all'altro, accade a Leo e a Raisa, costretti a trasferirsi in una squallida località industriale di provincia, Volsk, privati entrambi non solo della propria casa, ma ancor di più, nel caso di lui, del rispettabile ruolo, dei gradi finora ricoperti, e del potere da essi derivanti; anche Raisa, da insegnante, viene trasferita in una scuola della città come donna delle pulizie.

Già quando era a Mosca, Leo si stava occupando di alcuni misteriosi casi di omicidi in cui le vittime erano bambini (uno dei quali è il figlio di un carissimo amico e collega di Leo), i cui cadaveri venivano ritrovati denudati e con evidenti ferite in posti specifici del corpo; la mano non sembra essere quella di un cialtrone che si limita a brutalizzare la vittima, piuttosto i tagli (e l'asportazione di determinate parti del corpo) lasciano intendere che si tratti di un esperto, di qualcuno che sa come sezionare un corpo umano.

Purtroppo però sono anni difficili in Russia, dove regna un deciso ostruzionismo del regime che impedisce la conduzione di indagini oggettive: è vietato parlare di assassinio a cuor leggero in quanto il governo comunista rifiuta categoricamente l'aberrante ipotesi che in un "paradiso" come l'Unione Sovietica, che si sta cercando di "risanare"  da ogni male e da ogni crudeltà capitalista, possano esistere addirittura dei serial killer.
Chi sostiene con troppa faciloneria che i bambini ritrovati siano vittime di un omicidio, rischia l'arresto e l'accusa di tradimento verso lo stato.

Nel loro esilio, le condizioni di vita e di lavoro dei due coniugi non sono delle più rosee e questo non fa che incidere negativamente sul rapporto tra marito e moglie; eppure, col passare dei giorni e trovandosi a vivere insieme diverse situazioni pericolose, Leo e Raisa si riscopriranno essenziali l'uno all'altra, e quando cominceranno a voler vedere chiaro nelle troppe e strane morti di bambini innocenti, qualcosa di forte li terrà uniti.

Infatti, i cadaveri dei poveri ragazzini non vengono ritrovati solo vicino Mosca, ma anche a Volsk e, malgrado le pressioni del regime e con l'aiuto del Generale Mikhail Nesterov, Leo e Raisa continueranno le ricerche per scovare l'orribile mostro e per ribaltare l'idea che "Non esistono omicidi in Paradiso", di cui l'ex collega Vasil è convinto sostenitore.


Considerazioni personali:

Film nel complesso interessante, personalmente non mi ha annoiata; si propone di rappresentare la dura quotidianità dei cittadini sovietici alle prese con uno Stato totalitario, in cui si respira un clima di puro terrore, di sospetto, di tradimento, in cui la polizia usa metodi assolutamente discutibili per stanare le spie e i nemici, in cui la tortura, gli abusi e i soprusi sono fin troppo utilizzati, il che dà a questo film drammatico sfumature fosche ed angoscianti, sottolineando il terrore psicologico creato dal modus operandi dei servizi segreti sovietici, ossessionati dall'idea di epurare il proprio Paese da chiunque possa portare il minimo problema.

Questa ambientazione di fondo si intreccia con un mistero che si ispira a una vicenda realmente accaduta, con qualche "libertà" a livello storico.
Il serial killer di Rostov, infatti, non ha operato negli anni '50, bensì tra 1978 ed il 1990.

E' un film dalle "tinte" grigie, il sole pare non brillare mai in questa Russia decisamente poco attraente**; tutto è rigido, freddo, i cattivi sono più minacciosi che mai ma qualcuno di essi - nella fattispecie Leo/Thomas Hardy -, dimostra di non avere il cuore totalmente di ghiaccio perchè pian piano avrà modo di evolvere e passare dall'altra parte della staccionata, tirando fuori il buono che è in lui, anche se questo significa "mescolarsi nel fango con i malvagi" (in tutti i sensi...) pur di raggiungere il proprio obiettivo (trovare il vero colpevole delle morti di decine di innocenti).

Se sia un thriller politico palesemente anti-Russia..., questo è il singolo spettatore a deciderlo. Certo, qualche dubbio (ma giusto qualcuno eh...) sorge, ma vabbè...  ^_-

Si lascia guardare, c'è qualche esagerazione ad esempio nella caratterizzazione dei personaggi, tipo Vasil ha un che di psicopatico, cinico in un modo folle (un po' in stile Amon Göth), Leo a mani nude, e mezzo morto per le botte, riesce non so come (aiutato da Raisa, che all'occorrenza tira fuori gli artigli) a far fuori più uomini (da far quasi invidia a John Wick, che in situazioni simili in fondo ha bisogno della sua matita ^_^ ), non c'è quella suspense che ci aspetteremmo quando in ballo abbiamo la caccia a un serial killer..., ma insomma, alla fin fine ho visto di peggio.


Brevi note storiche:

*La "Grande Carestia" (Holodomor) è stata organizzata intenzionalmente dal regime sovietico, fu un atto di genocidio intenzionale frutto delle decisioni politiche del regime totalitario di Stalin per schiacciare il popolo ucraino negli anni 1929-1933, requisendo i generi alimentali e obbligando i produttori di grano a cedere in toto questo prodotto allo stato. 
Circa sei milioni di contadini nell’Unione Sovietica furono condannati a morire di fame e di essi i due terzi erano ucraini (“un morto su tre era bambino o neonato”, P. Rumiz). Lo scopo di questo crimine contro l'umanità (è stato riconosciuto tale nel 2008 dal Parlamento europeo) era punire i ribelli delle campagne che, in tutta l’URSS, si opponevano alla collettivizzazione forzata voluta da Stalin.

fonti consultate:

https://it.gariwo.net
www.greenme.it
http://www.giorgioperlasca.it


** Alla sua uscita, in Russia il film è stato vietato: a parere del governo, esso è «una distorsione storica dei fatti, che dipinge i sovietici come una sottocategoria umana immorale, una massa di orchi assetati di sangue, una massa di spiriti malvagi» (fonte). 


Per chi volesse approfondire:


martedì 2 maggio 2017

Curiosità letterarie: ALICE KYTELER



Carissimi lettori, di recente ho avuto il piacere di ricevere dei libri in omaggio, di cui vi parlerò in un prossimo post; per adesso voglio concentrarmi su un personaggio realmente esistito citato nel romanzo paranormal fantasy che sto leggendo: VIKTOR di Elena Ticozzi Valerio, il seguito di PALINDRA.

Si tratta della prima donna accusata di stregoneria in Irlanda:

ALICE KYTELER

(Kilkenny, 1280? – Inghilterra, 1325?)

,
I Kyteler erano una famiglia di commercianti fiamminghi che si erano stabiliti a Kilkenny, probabilmente nell'area conosciuta come Flemingstown.
Nel 1298 Alice Kyteler sposò William Outlaw, un ricco mercante di Kilkenny, da cui ebbe un figlio (chiamato anch'egli William e successivamente suo principale socio d'affari).
Nel 1302 Alice era già sposata con il suo secondo marito, Adam Ie Blund di Callan, il quale aveva dei suoi figli: saranno soprattutto essi ad accusare Alice di stregoneria, successivamente. 
Nel 1309 Alice aveva collezionato un terzo matrimonio, con Richard de Valle di Tipperary, anch'egli benestante e della cui ricchezza beneficiò sia lei che il figlio William.
Nel 1324, quando fu accusata di stregoneria, Alice si era già sposata per la quarta volta con il cavaliere Sir John Ie Poer.
Ma dopo poco tempo dalle nozze John si ammalò… Essendo stato informato del sinistro passato della moglie, John cominciò ad aver paura che la sua salute stesse peggiorando a causa di un maleficio da parte di lei, e si rifugiò nella abbazia di S. Francesco.
Fatto sta che l'uomo morì...

Intanto, la ricchezza che Alice aveva accumulato a scapito dei suoi figliastri (e dei consorti, che man mano avevano intestato i beni a lei e al figlio) li aveva resi arrabbiati e sospettosi, tanto che essi giunsero alla conclusione che la matrigna praticasse la stregoneria, ed infatti fu accusata davanti alle autorità ecclesiastiche di maleficium, un'accusa abbastanza comune.

La stregoneria era una forma di magia e inizialmente essa non aveva un'accezione negativa: la medicina popolare era spesso basata su preparati a base di erbe fatti da "streghe buone". 
L'idea della stregoneria come qualcosa di contrario al cristianesimo è venuta alla ribalta a partire dall'11° secolo. Nell'ultima parte del XIII secolo la Chiesa cominciò a considerare la stregoneria come eresia e a parlare di culto del diavolo. 

I figliastri di Alice Kyteler hanno portato la loro denuncia di stregoneria nel 1324 a Richard Ledrede, vescovo di Ossory, un ecclesiastico particolarmente ansioso di difendere le libertà e le giurisdizioni della Chiesa.

casa di Alice a Kilkenny
Sette furono le accuse portate contro Alice Kyteler e i suoi "compari", Petronilla de Meath (domestica) e William Outlawe (figlio di Alice): negavano Cristo e la chiesa; avevano tagliato animali vivi e disperso i pezzi per le strade come offerte a un demone; avevano rubato le chiavi della chiesa per tenervi delle riunioni di notte; nel cranio di un ladro avevano messo gli intestini e gli organi interni di cadaveri; da queste orribili poltiglie avevano fatto delle pozioni per incitare la gente contro i cristiani; la stessa Alice si univa a un demone; la donna aveva usato la stregoneria per uccidere alcuni dei suoi mariti e infatuare gli altri, con il risultato che essi avevano dato tutti i loro beni a lei e al figlio William, impoverendo così i suoi figliastri. Questi, inoltre, sostenevano che il quarto marito di Alice fosse stato avvelenato.

Proprio partendo dalla denuncia dei figliastri e della morte sospetta del quarto povero marito della Kyteler, il vescovo intervenne e cominciò un’inquisizione; non mancarono le "testimonianze" di quanti giuravano di averla vista spazzare strane polveri davanti la soglia di casa del figlio o di volare su una scopa (!) cantando: "Nella casa di William, mio figlio, vada tutta la ricchezza di Kilkeny..."

Nel 1324 Alice fu condannata per stregoneria ed eresia e tutti i suoi averi confiscati.

La condanna comprendeva torture e quindi morte al rogo, ma Alice conosceva persone influenti e riuscì a scappare dal castello di Kilkenny dov’era imprigionata; raccolse gli oggetti di valore che le erano rimasti e si rifugiò a Londra. Non fece più ritorno nella cittadina irlandese; di lei si disse che portò con sè la figlia di Petronella e che fosse figlia di William...
Ad ogni modo, la donna fuggì infischiandosene del destino tanto di Petronella quanto del figlio, che però supplicò misericordia e perdono, che gli furono concessi a condizione che pagasse varie penitenze, e infatti pagò per rifare il tetto della Cattedrale di Santa Maria.

Petronilla fu decisamente meno fortunata. Rivelò (sotto tortura...) che Alice le aveva insegnato tutto quello che sapeva sulla magia nera e che non c'era in tutto il mondo una più strega di Lady Alice Kyteler. 
Petronilla fu bruciata il 3 novembre 1324.


Fonti per articolo:

http://www.historyireland.com/
https://sjhstrangetales.wordpress.com
http://dublinonascosta.it/
https://www.historickilkenny.com (immagini)

Vi lascio i link di alcuni testi (in inglese) sull'argomento, nel caso foste interessati:


sabato 25 marzo 2017

Imparare leggendo - Due donne sfortunate: LADY JANE GREY - BRIDGET BOLAND CLEARY



Quali libri, cari lettori, vi stanno tenendo compagnia in questo week end?

Io ho in lettura LA MIA MERAVIGLIOSA ECCEZIONE di Francesca Santangelo, GENERAZIONE PERDUTA di Vera Brittain e VITA DI TARA di Graham Joyce.

Nel corso della lettura di quest'ultimo, mi sono imbattuta in un paio di nomi di donne realmente esistite e dal triste destino: Lady Jane Grey e Bridget Boland Cleary.

La mia curiosità ha avuto il sopravvento e ho fatto qualche ricerca su di loro.

LADY JANE GREY


Primogenita di Henry Grey, marchese di Dorset, Jane Grey è una Tudor; sua madre Frances Brandon, infatti, è la figlia di Mary, sorella minore di Enrico VIII, e grazie a un testamento reale, i Grey vengono designati quali successori del re (dopo i propri figli, chiaramente).

Jane nasce nel 1537 e purtroppo i suoi genitori sono due pessime persone: arroganti, avidi, pettegoli, Henry Grey e sua moglie Frances amano il lusso, sono esageratamente ambiziosi e pronti a tutto pur di ottenere profitti.
A questo si aggiunge che Frances non è una madre dolce, anzi picchia brutalmente Jane e le sue sorelle minori.
Nonostante questo contesto, la cara Jane si immerge, fin da giovanissima, nello studio del latino, del greco e dell’ebraico, e ama leggere, ignorando i passatempi dei famigliari, come feste e giochi d'azzardo.
La ragazzina mostra molta propensione per le discussioni di ordine filosofico e soprattutto religioso: è una bimba prodigio e le sue doti intellettuali attraggono Catherine Parr, la sesta moglie e poi vedova di Enrico VIII, che introduce Jane a corte.
Ben presto, la ragazzina finisce per essere coinvolta, suo malgrado, in un primo intrigo.

A mettere gli occhi su di lei è il marito della Parr, l’ammiraglio Thomas Seymour, che ottiene la custodia legale della giovane Grey (dietro consenso dei genitori) per portare avanti i propri loschi piani: il suo obiettivo è quello di far sposare Edoardo VI e Jane, approfittare della giovane età del re e della sua possibile consorte per governare al posto loro. Il piano fallisce, e mentre l’ammiraglio accusato di complotto contro la corona, Jane torna a casa di Henry e Frances Grey, ma la sua vita in casa diventa un inferno.

Si confida con Roger Ascham, ex precettore della principessa Elisabetta: “sono continuamente ripresa e minacciata crudelmente, castigata e bastonata, e quant’altro devo purtroppo subire non lo voglio dire e se non fosse per l’istruzione, la mia vita sarebbe solo piena di afflizioni, guai, paure e maltrattamenti”.

Isolata dall’incomprensione dei genitori, ma esaltata dall’ammirazione e dalla stima che le dimostrano gli insegnanti e gli amici intellettuali, la fanciulla inizia a studiare lo studio della teologia e della fede cristiana protestante.

Il 25 maggio1553, i genitori di Jane decidono di far sposare la figlia con Guilford Dudley, duca di Northumberland, nuovo consigliere di Edoardo VI. 
Il matrimonio aveva il preciso obiettivo di garantire ad entrambe le famiglie maggior potere, poiché John Dudley stava cercando di convincere il giovane re a designare come successore la cugina Jane, ignorando il testamento di suo padre che designava Maria come erede di Edoardo, nel caso questi fosse morto senza figli. 

Nello stesso anno muore Edoardo VI, minato dalla tubercolosi, non dopo aver designato come futura sovrana la cugina Jane.
Informata del testamento di Edoardo VI, lady Jane scoppia in un pianto disperato e fra i singhiozzi afferma che la corona non appartiene a lei bensì alla legittima erede, Maria; ma John Dudley, facendo leva sui sentimenti religiosi di Jane, la convince ad accettare il trono per mantenere la fede anglicana in Inghilterra che, con Maria, sarebbe stata sostituita dalla fede cattolica. 

Allora Jane accettò la corona, ma regnò per soli nove giorni. 

Esecuzione di Jane Grey dipinta da Paul Delaroche
Infatti Maria Tudor, che godeva del consenso popolare, si mette in marcia verso Londra per riprendere quello che è suo e viene dichiarata legittima sovrana d'Inghilterra, depone Jane e la fa imprigionare, assieme al consorte, nella Torre di Londra.

Nei mesi che passò nella Torre in attesa dell’esecuzione la “regina dei nove giorni” altro non fa se non studiare i libri sacri ormai convinta che la sua vita futura sarebbe stata sicuramente più serena. 

La sentenza a morte, in un primo tempo sospesa, viene purtroppo confermata. 

E' una gelida mattina del 12 febbraio 1554 quando la diciassettenne sale le scale del patibolo eretto al centro del Tower green nella Torre di Londra.
Quando Jane sale sul patibolo chiede perdono per aver offeso la regina, pur proclamandosi innocente; quando le mettono la benda su gli occhi, non riesce a trovare il ceppo sul quale appoggiare la testa, suscitando la compassione dei presenti mentre sussurra: “Vi prego di farla finita in fretta”. 

Una fanciulla dalla mente viva ed intelligente, dalla fede profonda che purtroppo ebbe la sfortuna di nascere nella famiglia sbagliata.



BRIDGET BOLAND CLEARY


Are you a witch?
Are you a fairy?
Are you the wife
Of Michael Cleary?

- filastrocca irlandese - 


Bridget Boland nasce nel 1869 in un piccolo borgo irlandese, Ballyvadlea, da una tipica famiglia povera irlandese, di quelle che vivevano in cottage affollati, fatti di fango e legno, in cui l'istruzione era minima o inesistente e la superstizione dilagante.

La giovane è laboriosa, si dedica ai lavori di campagna e ama tener d'occhio le mode del momento, vestire bene, adornarsi e farsi bella (per quel che le è possibile), destando in questo le invidie delle donne del villaggio.
Intorno al 1887, Bridget lascia Ballyvadlea per andare nella vicina città di Clonmel dove inizia un apprendistato come sarta; durante questo periodo incontra l'uomo che diventerà suo marito, oltre che il suo  assassino: Michael Cleary.

Michael ha nove anni più di Bridget, a lei pare maturo da decidere di sposarlo. I primi tempi dopo le nozze i due sposi vivono da separati, finchè a un certo punto Michael riesce a costruire un cottage e le cose cominicano ad andare molto meglio.
Subito dopo, la madre di Bridget muore e il padre va a vivere con la figlia; intanto le attività vanno bene e la famiglia ha iniziato a fare un po' di soldi, tanto da tirarsi addosso le antipatie dei vicini.

Antipatia accresciuta sia dal modo di essere e vestire mondano di Bridget che per l'assenza di figli, segno che anche Dio molto probabilmente disapprovvava la vita di Michael e consorte.

bridget e michael cleary
In una fredda mattina marzo nel 1895, Bridget lascia casa a piedi per consegnare alcune uova a Jack e Kate Dunne, vicini (e cugini) di casa che vivono a circa un miglio di distanza. Al suo arrivo, non trova nessuno e, dopo aver atteso per un po' al freddo, decide di fare ritorno al suo cottage. Non avrebbe potuto immaginarlo, ma quello per lei era solo l'inizio della fine.

Bridget presto si ammala - febbre alta, forti mal di testa... -  e Jack visita la famiglia Cleary per vedere cosa poteva fare per aiutare.
Lui infatti è un guaritore tradizionale con qualche conoscenza medica; più che altro è conoscitore esperto di tradizioni, superstizioni e incantesimi.
Nel guardare la figlia di suo cugino, Jack la dichiara "un'impostora": una changeling, o forse una strega, e questo è sufficiente per sigillare il destino di Bridget...

Nella tradizione irlandese, un “Changeling” è una sorta di creatura sostituita dalle fate al posto dei neonati umani che esse rubano per scopi sconosciuti.

Lasciata casa Cleary, Jack comincia a dire in giro che qualcosa di orribile era successo a Bridget e alla famiglia; qualcosa di soprannaturale, forse. In tanti avranno iniziato a pensare che quella malattia fosse un segno dell'ira divina su quella famiglia...

Le condizioni di Bridget peggiorano nel corso della settimana successiva e il medico del villaggio va a visitarla, dandole qualcosa per curare la bronchite.
Più tardi, Michael avrebbe dichiarato che il medico era ubriaco; per sicurezza, il marito si rivolge anche ad un esperto in erbe medicinali.

Intanto viene chiamato un prete per la benedizione, ma questo, di fronte allo sguardo di una terrorizzata e delirante Bridget, comincia ad effettuare l'estrema unzione, cosa che va ad acuire lo stato emotivo provato dell'ammalata.

Michael torna con delle erbe (consigliatili per i rimedi contro le fate) e i farmaci datigli dal medico.
Il giorno dopo, Michael Cleary va da un altro erborista, uno noto in paese come "dottore delle fate”: Dennis Ganey, che le somministra delle erbe bollite nel latte.

Questa è la terza dose di erbe bollite nel latte; Bridget era stata costretta dal marito - aiutato da alcuni amici e familiari presenti -  a ingoiare le due dosi precedenti, con la minaccia di essere colpita con un attizzatoio caldo; del resto, il fuoco, in particolare accostato al ferro, è un metodo tradizionale per allontanare una fata, o spaventare un changeling perchè  lasci la persona restituendo quella reale.
Le viene addirittura gettata addosso urina e sterco di gallina ma il consorte - ormai fuori di senno -, non soddisfatto, conduce la povera Bridget davanti al camino per far uscire la fata malvagia che è in lei; la camicia da notte di Bridget prende fuoco e, come se ciò non bastasse, Michael le getta addosso l'olio della lampada.

Mentre appiccava fuoco alla moglie, qualcuno ha gridato a Michael Cleary: “Per l'amor di Dio, non bruciare tua moglie!”, al che Cleary ha risposto: Non è la mia moglie. . . . Lei è un vecchio ingannatore inviato al posto di mia moglie. Ha ingannato me, il sacerdote ma non ingannerà nessuno più. Tutto è iniziato con lei e tutto finirà con lei!".
I testimoni (in casa c'erano altre otto persone, esclusi i due coniugi - hanno poi dichiarato che, anche quando era chiaro che la povera donna fosse ormai morta, Michael teneva gli altri lontani insistendo sul fatto che il corpo che stava bruciando era quello di un mutaforma e che solo così avrebbe ottenuto indietro la moglie dalle fate. 
luogo in cui fu disposto il corpo di Bridget
per l'inchiesta
Tutto questo accadeva nella notte tra il 15 e il 16 marzo 1895.

Per nove giorni in paese si sparse la voce che la donna era scomparsa e il 22 marzo il corpo privo di vita e carbonizzato di Bridget Cleary - che era stato sepolto in una fossa poco profonda, in una zona paludosa non troppo distante dalla loro casetta - viene ritrovato; nove persone sono state accusate della sua morte, tra cui principalmente il marito.
Michael Cleary è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo, e ha trascorso 15 anni in prigione. E'stato rilasciato il 28 aprile 1910, trasferendosi poi a Liverpool.

Brigdet è stata considerata una strega, una creatura diabolica da un marito ignorante e superstizioso, e per questo bruciata viva...


Siti consultati per post:

http://www.altezzareale.com
http://tudorhistory.org
https://www.digitalmedievalist.com
http://ireland-calling.com/

Di seguito il link del sito di Phil Cleary su cui potete leggere altre info e vedere video circa la storia di Bridget:
BRIDGET CLEARY - Murdered in 1895 IN BALLYVADLEA

Immagini:

https://englishhistory.ne
www.irishcentral.com
http://manmythmagic.blogspot.it

venerdì 17 marzo 2017

156 anni d'Italia


«Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861».

Sono passati ben centocinquantasei anni dal fatidico giorno in cui fu promulgato questo articolo (che dall'essere il testo della legge n. 4671 del Regno di Sardegna diventa la legge n. 1 del Regno d’Italia) che sanciva che il 17 marzo 1861 nasceva ufficialmente il Regno d’Italia

All'unificazione del Paese si è giunti attraverso varie "vicissitudini" e di certo i nomi degli "eroi" che hanno portato a questo risultato sono diversi: dal geniale Cavour al prode Garibaldi, e poi Mazzini e lo stesso Vittorio Emanuele II.

Ma non tutti gli studiosi ritengono l'unificazione dell'Italia qualcosa di positivo e si guardano bene dal chiamare eroi codesti illustri personaggi, proponendo piuttosto un revisionismo storico del Risorgimento italiano.

Lungi da me l'idea di infilarmi in questo tipo di controversia, più che altro ciò che desidero fare è dare un'occhiata a una possibile bibliografia che contempli l'una e l'altra posizione.

Se avete testi - concernenti quest'argomento - interessanti da proporre, mi farà piacere segnarmeli.


L'Italia unita
Da Napoleone alla svolta del Novecento
di Indro Montanelli



IBS
"Fare gli italiani doveva rivelarsi impresa molto più difficile che fare l'Italia. Tant'è vero che vi siamo ancora impegnati." 
Così Indro Montanelli riassume la complessità che ha accompagnato il processo di unificazione italiana, secolo di battaglie ed errori, ma anche di eroi ed episodi di coraggio assoluto: la discesa di Napoleone in Italia, la Repubblica partenopea, i Savoia, gli Asburgo; e poi Cavour, Garibaldi, Mazzini, le "cinque giornate" di Milano, la breccia di Porta Pia; fino agli anni della difficile unità, della Destra e Sinistra storiche, del brigantaggio, dello scandalo della Banca Romana. Muovendosi tra leggende, dibattiti e revisioni, Montanelli ricostruisce con lo scrupolo e la vivacità del cronista storico i fermenti sociali e le intricate vicende del Risorgimento, affrontando senza partigianeria le questioni più controverse: come si è arrivati all'unificazione? Quali conseguenze ha comportato? Di chi i meriti e di chi le colpe?


Italia oscura. Dal Risorgimento alla grande guerra, 
la storia che non c'è nei libri di storia.
di Giovanni Fasanella, Antonella Grippo

IBS
Nella storia d'Italia, le zone oscure sono presenti fin dalle origini, dall'Unità. 
A fronte di un Risorgimento celebrato retoricamente dalla storiografia ufficiale, i documenti raccontano degli aiuti dati a Garibaldi dalla massoneria, del ruolo delle potenze straniere, della "guerra sporca" combattuta dall'esercito piemontese contro le popolazioni meridionali. 
Altrettante ombre si allungano sulla morte di Cavour, l'assassinio di Umberto I, le bombe del 1922 che spianarono la strada alle Camicie nere.





Il Risorgimento italiano. Una storia ancora controversa
di Martin Clark


IBS
Esaltato dal fascismo, travisato da molti storici, frainteso e non capito, ancora oggi, da buona parte degli italiani, il Risorgimento si trova tuttora al centro di vive dispute. Fu la realizzazione dell'antico sogno di Casa Savoia di impadronirsi del Lombardo-Veneto costretta poi ad "espandersi" dagli eventi? 
Fu la realizZazione incompiuta del sogno mazziniano che prima mirava all'Unità nazionale e poi avrebbe affrontato il problema dell'aspetto istituzionale? Fu realizzata dalle baionette di Garibaldi che costrinsero Vittorio Emanule II a intervenire per evitare il sorgere di un'altra Italia? 





L' unità d'Italia. Nascita di una colonia
Nicola Zitara


ibs
Zitara svela la contraddizione soggiacente al processo unitario, che combina alla conquistata indipendenza di un Paese la drammatica trasformazione in colonia interna del suo Mezzogiorno. Affermazione di una nazione e insieme condanna alla dipendenza di una sua parte. Perché ci portiamo dietro la cosiddetta "questione meridionale"? Perché né governi, né opposizioni, né riforme sono riusciti a venire a capo di un continuo deterioramento sociale, economico e culturale. Senza cogliere le origini della contraddizione storica insita nell'evento unitario, nessuna "cura" è possibile. Il tema è più che mai attuale in un'Europa che sta creando sacche coloniali nei suoi margini orientali. Ma è attuale e cruciale per lo stesso sistema culturale italiano, poiché ci porta alle radici dei fenomeni di degrado, illegalità e violenza che letteratura e giornalismo costantemente documentano.




Controstoria dell’unità d’Italia – Fatti e misfatti del Risorgimento
di Gigi Di Fiore


IBS
L'unità d'Italia è un valore indiscutibile, ma come è stata raggiunta? Dei 22 anni dall'esplosione rivoluzionaria del 1848 alla breccia di Porta Pia nel 1870, molti episodi rimangono nell'ombra: il bombardamento piemontese di Genova del 1849, i plebisciti combinati per le annessioni del Centro Italia, le agitazioni manovrate da carabinieri infiltrati, la corruzione e gli appoggi mafiosi e camorristici alla marcia trionfale di Garibaldi, la guerra civile del brigantaggio, le leggi anti-cattoliche.





Nel nome dell'Italia. 
Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini
di A.M. Banti


IBS
Questo volume si propone di rimettere in discussione alcune tesi correnti, non attraverso interpretazioni o saggi di esperti ma direttamente dalle pagine di Mazzini o d'Azeglio, Garibaldi o Cavour o dei tanti altri che fecero l'Unità d'Italia. Accanto a documenti canonici, sono state selezionate fonti valorizzate dalla ricerca storica più recente: quelle letterarie, così importanti nell'animare le idealità risorgimentali; i documenti privati (lettere, diari) capaci di gettar luce sugli entusiasmi e sulle incertezze, sulle grandezze e sulle fragilità di chi ha vissuto di persona le vicende risorgimentali; i testi che consentono di ricollocare nella scena le donne che cercavano di conquistarsi un loro spazio; e, infine, le fonti iconografiche.



Siti consultati:

https://www.ibs.it
http://www.studistorici.com
http://www.150anni-lanostrastoria.it
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