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viaggio leggendo! |
Cari amici lettori, eccoci agli ultimissimi post di questo 2013!!
E uno degli ultimi libri da me letti è "Il cuore selvatico del ginepro", un libro molto suggestivo dell'autrice Vanessa Roggeri.
La storia è ambientata in Sardegna e desidero condividere con voi alcune curiosità che emergono in modo molto forte nel romanzo che si basa molto su superstizioni e vecchie credenze diffuse, un tempo, tra la popolazione sarda.
Cominciamo dalla BRUJA, una figura leggendaria associata alla stregoneria.
Chi è?
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La parola “bruja” vuol dire
strega, bagassa, ma anche asina; questo termine dispregiativo rimanda all'idea del fuoco, del rogo.., del demonio.
L’Inquisizione bruciò le brujas (forse in Sardegna meno che altrove), ritenendole opera e operatrici del demonio.
In Sardegna non vi fu una vera e propria caccia alle streghe, forse perché il mago e la strega sardi si discostavano nel loro operare dallo stereotipo delle streghe perseguite dall’Inquisizione.
Le loro caratteristiche più che a fattori eretici, sembravano condurre a credenze antichissime, facenti parte di un sottofondo religioso eurasiatico e mediterraneo a sfondo sciamanico.
Ancora oggi questa parola, “bruja”, rimanda a significati come fattucchiera, maga, donna di cattivo affare, meretrice, vagabonda, perdigiorno.
Bruja, in diminutivo quasi vezzeggiante fa brúsotta-bruixota, colei che opera brúsería-brujería-bruixería. In certe zone, bugería sta per “sciocchezze”, “ridicolezze”. Brúsa è anche il nome di un piccolo ragno campestre.
La bruja visualizza
l’argia, ragno velenoso; chi veniva morso dall’argia cadeva di incoscienza e per rianimarlo ci si inventava il ballo dell’argia: intorno al morsicato, immerso fino al collo nel letame, danzavano sette vergini, sette maritate e sette vedove che, per guarire il morsicato, dovevano provocargli delle sensazioni forti.
Insomma un lavoretto degno delle streghe e delle maghe. Strega viene dal latino
strix (striges al plurale). In sardo
strix, che è il
barbagianni, animale notturno, fa stria.
Stria-lamia, mostro mitologico che divorava uomini, bambini in particolar modo.
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E qui ci colleghiamo al personaggio principale della storia, insieme alla dolce Lucia: la povera sorella Ianetta, definita COGA.
Il nome deriva direttamente dalla
pratica magica a base di erbe con le quali si preparavano filtri in particolare d'amore; femminile coga, maschile cogu, la "s" ne indica il plurale.
Queste streghe, presenti soprattutto al centro-nord e in particolare nel campidanese, sono particolarmente dedite alla magia e pregne di poteri personali, che sfruttano soprattutto nelle
maledizioni e nel cambiare il proprio aspetto con quello di animali o fumo.
La coga, secondo la tradizione popolare, è quasi sempre un essere inconsapevole delle sue azioni: se di giorno è tranquilla e inoffensiva, di notte entra nelle case in cui si trovano dei neonati, per succhiar loro il sangue, uccidendoli.
Strega si nasce e solo in rarissimi casi lo si diventa. Saranno destinate a questa sorte
le bambine nate la notte di Natale a mezzanotte precisa, o la settima nata in una famiglia, esclusivamente se femmina.
E una sorte che non si sceglie, una condanna dalla quale non si possa guarire.
Riconoscere queste creature è impossibile,anche se si caratterizzano per una
spiccata bruttezza, un indefinito
aspetto diabolico e una insolita
peluria diffusa per tutto il corpo; non solo, ma alcune porterebbero una
minuscola coda di ferro o una croce pelosa sulla schiena.
Le madri facevano di tutto per evitare che il nascituro diventasse strega, allora, come comandava la tradizione, mettevano un
treppiede per il fuoco (trèbini) sotto il letto della partoriente.
Si racconta anche il rituale che permetteva loro di diventare un altro essere.
Cominciavano col recitare alcune formule magiche conosciute solo a loro, si ungevano le giunture delle ossa con del lardo sciolto sulla fiamma, invocavano l’aiuto di Satana perché ne facilitasse la metamorfosi.
Si potevano trasformare in qualsiasi animale: mosche, uccelli notturni, soprattutto nel barbagianni (sa stria); ma anche in gatti, cani, in campagna prendevano l'aspetto di serpente.
Coga è “l’accabadora”, sempre dallo spagnolo “acabar”, mettere fine. L’accabadora non è bruja in quanto il suo ruolo è accettato. Nella società antica dei sardi, accabadora era colei che doveva finire un malato terminale, sofferente.