Qualche estratto dal libro LESSICO FAMIGLIARE di Natalia Ginzburg (sul blog c'è la recensione).
Il primo lo riporto perchè esprime benissimo il sapore nostalgico che i ricordi dell'Autrice mantengono anche a distanza di anni e che costituisce un collante con la sua famiglia.
"Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire: «Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna» o «De cosa spussa l'acido solfidrico», per ritrovare a un tratto i nostri antichi apporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole.Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio d'una rotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici degli egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d'un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, alla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti più diversi della terra, quando uno di noi dirà - Egregio signor Lipmann, - e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: Finitela con questa storia! l'ho sentita già tante di quelle volte!"
Il secondo passaggio lo ricordo dai tempi delle elementari; non vi riporterò tutto il brano così come era presente nel libro di lettura della mia infanzia, ma solo poche righe, che mi rimasero impresse nella mente per una determinata ragione:
"Poi, una mattina, a Mario, la luna gli era passata. Entrava in salotto, si sedeva in poltrona, e si accarezzava le guance con un sorriso assorto, con gli occhi socchiusi. Cominciava a dire: Il baco del calo del malo -. Era un suo scherzettino e gli piaceva molto, lo ripeteva insaziabilmente. - Il baco del calo del malo. Il beco del chelo del melo. Il bico del chilo del milo.
Mario! - urlava mio padre. - Non dir parolacce!
- Il baco del calo del malo, - riprendeva Mario, appena mio padre era uscito...".
Ebbene, ci credete che per diverso tempo mi chiesi: Ma perchè il papà rimprovera il figlio di dir parolacce? Dove'è la parolaccia in queste frasi?
Solo quando mi decisi a ripetere la frase incriminata Il baco del calo del malo inserendo via via tutte le vocali, capii il perchè del rimprovero paterno ^_^
BUONA DOMENICA CARI LETTORI!!