Un week
end alla ricerca della lettura-svago, senza impegno ma solo con la voglia di “intrattenermi”.
E così
sono finita in compagnia di Moccia.
HO
VOGLIA DI TE
di Federico
Moccia
Ed. Feltrinelli |
L’avevamo
lasciato così: solo con la sua moto, pronto a gettarsi alle spalle la storia
d’amore con Babi Gervasi e il dolore provocato dalla fine di questo rapporto; e per dimenticarla Stefano Mancini, meglio
conosciuto come Step, è “fuggito” negli USA, dove ha trascorso due anni.
Ora che è
tornato nella sua Roma, ad ospitarlo c’è il fratello maggiore Paolo, che è
sempre lo stesso: un po’ banale e scontato nei discorsi, noiosetto e “vecchio”
nell’animo, ma in fondo simpatico e accomodante (e facile da “fregare”); con la
madre è rimasta una freddezza frutto di una precedente rottura e col padre i
rapporti sono distanti, eppure è proprio lui a trovare al figlio un lavoretto
niente male.
Intanto,
sin dalle prime pagine comprendiamo che c’è qualcuna che sta tampinando Step da
quando è sceso dall’aereo; si tratta di Ginevra
Biro – Gin per gli amici -, che muore d’amore dietro all’irraggiungibile
Step.
I due si
incontrano, anzi si scontrano, la prima volta presso una pompa di benzina, con
lei che sta per fregare 20 euro a Step.
Tra i
due scatta una simpatia immediata, nonostante le provocazioni sarcastiche di Step, la cui strafottenza l’ha seguito
dagli States, e le risposte pungenti di
lei, che sembra prendersela e attaccarlo (anche fisicamente) ad ogni minima
battuta (ma si capisce che in realtà ne è divertita).
L’amicizia tra i due è destinata
a crescere,
anche grazie al fatto che si ritrovano nel medesimo posto di lavoro: Step, infatti, fa
da assistente a un certo Marcantonio che lavora in uno studio tv, mentre la
vivacissima Gin, con la sua buffa amica Ele, passa il provino come valletta per
una trasmissione.
Tra una litigata e l’altra, tra
punzecchiamenti vari, sorrisi sornioni di lui e maliziosi di lei, l’attrazione
comincia a farsi sentire e pian piano Gin capisce che si sta sempre di più innamorando del “mitico
Step”, il
picchiatore, colui che amava vincere le sfide in moto alla Serra, che si
beccava querele per risse, il terrore di genitori disperati all’idea che alle
proprie figlie possa piacere un tipaccio così poco raccomandabile...: proprio
lui, il bellissimo Step, l’idolo di tante ragazze, l’ex di quella snob di Babi
Gervasi.
Ma l’avrà davvero
dimenticata? Due anni in America gliel’avranno tolta dalla testa o no?
Gin ha paura ma riesce a
superarla buttandosi a capofitto in un amore giovane, fresco, genuino, vivace,
che alla fine conquista anche lui.
Step è
sempre il solito: ama fare lo sbruffone, prendere in giro chi gli è di fronte,
ha sempre quell’aria da sufficienza che irrita, eppure con Gin non riesce ad
essere uno str**** completo; pur battibeccando tanto, prova per lei tenerezza
per quel suo carattere spontaneo, divertente. Gin è bella non solo fisicamente,
ma soprattutto come carattere, è un uragano, un vulcano di idee, intelligente,
scaltra, schietta, un po’ rompi… ok ma con una così non ti puoi annoiare di
certo.
Step si sta
innamorando nuovamente? Ha dimenticato la bella Babi, il primo vero amore che
però ormai è legato al passato?
E soprattutto, il
passato si deciderà a lasciarlo in pace o tornerà a bussare alla porta del
cuore di questo bellimbusto tenerone?
La
storia raccontata da Moccia nel seguito di “Tre metri sopra il cielo” è di per
sé semplice, ruota tutto attorno alla crescita graduale di questo rapporto
scoppiettante e romantico insieme tra Gin e Step; attorno satellitano altri
personaggi: anzitutto compare qua e là Babi, e la ritroviamo ancora più
smorfiosa di quando andava a scuola: c’è Pallina (ormai non più amica del cuore
di Babi, che ha altre amicizie), ancora molto legata al ricordo del defunto
Pollo; seguiamo le vicende di Daniela (la sorella minore di Babi), impegnata a
gestire la sua “fantomatica prima volta”; il padre delle due sorelle, Claudio, che s’è
accorto di aver un forte desiderio di libertà; soprattutto nella prima parte
del libro, ricompaiono gli amici di Step, strafottenti, simil-delinquenti e
piantagrane, verso i quali l’Autore prova ancora un’immensa simpatia (mentre io
li trovo detestabili), ancor più quando fanno caciara nei locali, mangiano a
sbafo senza pagare e litigano con altri clienti; non dimentichiamo la mamma di
Step, questa donna da lui tanto amata ma tenuta a distanza, come per difendersi da un dolore e da una delusione troppo grandi provati per colei che, per un figlio, è l’esempio della perfezione.
Cosa dire
di questo secondo libro…?
Io mi
auguravo che lo stile e il linguaggio fossero diversi, nel senso di….. “più
maturi”, rispetto al precedente romanzo, invece ahimè ho ritrovato gli stessi
dialoghi un po’ banalotti, poco curati, poveri linguisticamente; cambi di punti
di vista e di scena improvvisi e scollegati (si passa dalla “voce di Step” a
quella di Gin …“così”, semplicemente passando da un rigo a un altro, in modo
confuso).
I
personaggi hanno tutti un che di caricaturale, nel senso che sono un po’ troppo
sopra le righe (ehm… coatti?), sono tutti strani, quasi dei decerebrati, e del
resto lo stesso Step assume spesso
quell’aria di superiorità annoiata di
fronte alla mediocrità dei soggetti con cui deve a che fare – porello, manco lui stesso
fosse ‘sta cima di intelligenza.
Gin è un
bel personaggio, perché ha carattere, spiazza l’arrogante Step, che con lei non
può dare mai nulla per scontato.
Rispetto al
film, il libro dà ovviamente più spazio all’amore tra Step e Gin, che tra le
pagine ha più modo di crescere e rafforzarsi, invece nel film si corre
(comprensibilmente) di più, e molti avvenimenti e particolari sono stati
eliminati del tutto o modificati; resta il fatto che “il vantaggio” del film è
che i dialoghi sembrano meno sciocchi e i personaggi meno infantili di come ci
appaiono nel romanzo, dove riescono a snervarti per quante banalità dicono e
fanno in un nanosecondo.
Concludo
confermando ciò che dissi per “3msc”: per quanto mi riguarda, il “problema” di
Moccia non è tanto il tipo di storia in sé, che potenzialmente non è male, in
fondo parliamo di storie d’amore giovanili, dove il romanticismo si mescola
alla spontaneità di questi ragazzi romani con una gran voglia di divertirsi e
vivere ogni esperienza a tutto tondo.
Il punto è
come sono raccontati questi amori, sia come linguaggio che come personaggi, che
non mi convincono per niente…; se solo avessero più
spessore! Ahimè, non so perché… non ne hanno, o almeno io non lo trovo.
Anche se riconosco che attraverso Step ci vengono offerti spunti per argomenti più seri; la sua sofferenza per la perdita dell'amico, ad es., oppure il fatto che non è solo il ragazzo belloccio che se la tira e che va divertendosi con gli amici stupidi e combina guai, ma è anche un figlio con un rapporto conflittuale con la madre, davanti alla quale diventa fragile come un bambino, e questa cosa gli dà più carattere.
Complessivamente, è un
romanzo leggero, a me non è dispiaciuto perché avevo voglia di qualcosa ad
impegno zero e questo libro è effettivamente senza pretese, ma a modo suo
caruccio, godibile.
“Molto d’accordo. Ma che vorrà dire poi. L’accordo è qualcosa che ha che fare con la musica. O peggio coi contratti. L’amore è invece è quando non respiri, quando è assurdo, quando ti manca, quando è bello anche se è stonato, quando è follia… Quando solo all’idea di vederlo con un altro attraverseresti a morsi l’oceano”.