Il commissario Pagani torna con una nuova indagine per omicidio; ad aiutarlo a sciogliere dubbi e nodi c’è nuovamente l’amico filosofo, Lorenzo Marino; entrambi dovranno fare un tuffo indietro nel tempo, fermandosi agli anni difficili della guerra, perché è lì che si trova la chiave per risolvere il caso.
NATI IN VIA MADRE DI DIO
di Alessio Piras
È il 25 aprile 2014 e il corpo dell’anziano barbone Roberto Centurioni viene ritrovato senza vita in piazza Martinez, a Genova; dall’autopsia emerge che è stato strangolato.
Partono le indagini, che vedono coinvolto il commissario Andrea Pagani, il quale di recente ha perso la mamma a causa di un tumore; mentre svuota la casa di famiglia trova fotografie e lettere appartenute al nonno Aldo; in particolare, a colpirlo sono due foto di tantissimi anni prima, la prima ritrae un giovanissimo Aldo Pagani, in compagnia di due amici (Roberto e Antonio), nei pressi della Chiesa delle Vigne, ed è stata scattata nel febbraio 1941. La seconda è di pochi anni più tardi, cioè del 25 aprile 1945 - giornata memorabile per noi Italiani - e ritrae gli stessi tre amici insieme ad un bambino più piccolo, dallo sguardo triste e assente, Giobatta (il nome è scritto sul retro).
Quando l’amico, il docente di Filosofia Lorenzo Marino - già presente nel precedente libro dell’Autore, “Omicidio in Piazza Sant’Elena” in qualità di aiuto esterno nelle indagini - scopre queste foto, si lascia prendere dall’entusiasmo perché in esse riconosce il proprio nonno, Antonio Satta; non solo, ma a infervorare la curiosità dei due amici ci pensa un pacco che Lorenzo riceve dal fratello, contenente, tra le altre cose, un diario del nonno, redatto dal febbraio 1941 a quello del 1944, con una pagina finale che racconta le vicende del 24-25 aprile ’44; a conclusione dell’eccitante scoperta, c’è una copia carbone di una lettera di scuse scritta a nome di Aldo Pagani, Antonio Satta e Roberto Centurioni e indirizzata a una certa signora Barcaccia.
Viene fuori quindi che i nonni di Andrea e Lorenzo sono stati amici e partigiani, e che hanno conosciuto il Centurioni, cioè la vittima sul cui assassinio Pagani sta indagando.
C’è un collegamento utile alla risoluzione del caso nascosto tra le pagine del diario e nella storia che riposa dietro quelle due foto?
Pagani e Marino cominciano subito a farsi domande su domande, a ragionare, a cercare di ricostruire cosa è accaduto in quei difficili anni della guerra ai tre amici di allora, e se quelle vicende possono in qualche modo aiutarli a capire chi e perché ha ucciso un povero vecchio solo e ormai innocuo.
Ed infatti, attraverso il diario scoprono che effettivamente c’è stato un tristissimo episodio che ha visto al centro Aldo, Antonio e Roberto, i quali hanno in qualche modo causato un considerevole danno alla vita di Giobatta - il bambino triste della foto del ’45 - e alla sua famiglia. Un episodio doloroso che ha segnato profondamente la vita di più persone, e per il quale il Centurioni non ha mai smesso di provare rimorsi così pesanti da esserne schiacciato, sentendosene responsabile.
Il commissario e l’amico filosofo si sentono molto implicati in quest’indagine, che vede protagonisti i loro nonni, ma sanno di doversi mantenere lucidi e razionali se vogliono sbrogliare la matassa.
Lorenzo segue il caso con entusiasmo ma allo stesso tempo con molta malinconia: anche lui ha il suo passato che lo segue ovunque vada, porte aperte e mai chiuse che sembrano attenderlo affinchè lui si decida a chiuderle definitivamente, ed è consapevole che prima o poi dovrà decidere che piega dare alla propria vita. È tornato a Genova, dove il suo unico legame affettivo rimastogli era nonno Antonio, e da Genova è praticamente fuggito venti anni prima, per andare a Barcellona, la città che l’ha accolto ma senza mai farlo sentire completamente a casa; perché Genova è casa sua, nonostante a volte sembri cacciar via i suoi “figli”, che però non smettono di amarla, per le sue bellezze e le sue tante contraddizioni.
Ed infatti il capoluogo ligure è a tutti gli effetti un personaggio - e anche tra i principali! - di questo libro: l’Autore ce ne dà un ritratto vivido, fatto di strade e piazze vie e bar ben specifici, fra i quali ci sembra di passeggiare, ce ne restituisce gli odori, i colori, i rumori e i silenzi, il bello e il brutto, il mare splendido e l’ottima cucina, innaffiata sempre da buon vino; al lettore viene spontaneo fare amicizia con la bella Genova, quasi ad entrare”in confidenza” con essa, immergendosi totalmente nel contesto.
Il romanzo è percorso da una vena nostalgica che, partendo dal presente, invade le strade della Genova di oggi e fa un percorso a ritroso, facendoci conoscere anche zone, quartieri, vie (come via Madre di Dio, quella in cui sono nati e cresciuti i tre amici partigiani, Aldo-Antonio-Roberto)… che purtroppo hanno subito una dolorosa ferita negli anni del secondo conflitto mondiale, quando la bella città è stata bombardata pesantemente dagli Inglesi.
Attraverso le pagine lasciate da Antonio Satta facciamo un breve ma significativo salto in quei terribili anni, quando la guerra ti entrava dentro casa e la spazzava via, portando dietro di sé solitudine, desolazione, fame, morte, rabbia.
“La guerra divide famiglie, provoca ferite profonde che il tempo non rimargina e che in alcuni casi si tramandano di generazione in generazione”.
Per risolvere il caso, Pagani e Marino devono arrivare proprio a quel punto in cui la guerra ha creato una ferita talmente profonda che le conseguenze si sono trascinate per decenni, fino a portare al delitto di Centurioni. Un uomo che è stato sì ucciso, ma che in realtà si sentiva già morto dentro a causa dei suoi (presunti o veri che fossero) errori.
Anche questo secondo noir di Piras mi è piaciuto moltissimo: non si può non provare simpatia per il commissario Pagani, un uomo sensibile e pratico al tempo stesso, amante della buona cucina, delle focacce divorate a qualsiasi ora, che tratta i suoi sottoposti con cordialità e mette molta umanità nei casi da risolvere. Mi piace lo sfondo di questa Genova generosa, tutta da scoprire, le cui descrizioni si incastrano con naturalezza con le parti narrative, divenendo un tutt’uno; mi piace lo stile dell’Autore, che scava nei personaggi e nelle loro singole storie, come deve “fare” il noir, in cui l’elemento nero diventa quasi una “scusa” per soffermarsi su profonde sfumature psicologiche, sulle relazioni umane complesse, sui demoni che dal passato saltano su a scuotere il presente, e poi quelle venature malinconiche, neanche tanto velate, che rivestono fatti e persone e arricchiscono e “colorano” la narrazione.
Bello, un romanzo dalla prosa accattivante, dal ritmo incalzante e con una trama che cattura tutto l’interesse del lettore.