Ventidue racconti che, come recita il "foglietto illustrativo", sono indicati per il trattamento di depressione, dubbio, senso di vuoto, incertezza, sensazione di aver perso il senso della propria vita.
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lunedì 6 febbraio 2023
>> RECENSIONE << "La notte che stirai dieci camicie e divenni onnipotente" di Santa Fe
sabato 4 febbraio 2023
** RECENSIONE ** LA LINEA VERDE. GIALLO A GERUSALEMME di Francesco Diodati
Intrighi e complotti sono al centro di questo giallo/spy story ambientato nella Gerusalemme dei nostri giorni, da decenni dilaniata e sporca del sangue di tanti, troppi morti innocenti.
LA LINEA VERDE. GIALLO A GERUSALEMME di Francesco Diodati
Ed. Feltrinelli 300 pp 15 euro |
Ambiziosa e determinata a scrivere di ciò che vede con i propri occhi, senza lasciarsi intimorire da nulla e nessuno, Susan è disposta a rischiare anche la propria sicurezza e incolumità pur di intervistare un personaggio importante e a capo di un'organizzazione che combatte per la liberazione della Palestina dall'occupante; l'uomo è ovviamente ultra ricercato dai servizi segreti israeliani, i quali hanno tutto l'interesse a prendere quello che giudicano un pericoloso terrorista.
venerdì 3 febbraio 2023
GENNAIO 2023 - LIBRI E SERIE TV
- FIORI SOPRA L'INFERNO di I.Tuti: thriller, la prima inchiesta di Teresa Battaglia, burberacommissario di polizia, si svolge in un fitto bosco, sotto gli occhi di un gruppetto di bambini innocenti di oggi e di un adulto non amato da bambino (4.5/5);
- BUBULINA. UNA STORIA STRAORDINARIA di G. Boschetti: racconto per bambini legato alla tradizionali icone religiose russe (3.5/5);
- I DONI DELLA VITA di I. Némirovsky: la vita va avanti e continua a elargire i suoi doni nonostante le atrocità della guerra (4/5).
- IL NIDO di T. Winton: anche nelle vite più disprezzate si possono annidare i semi della speranza e della redenzione (3.5/5);
Sul fronte Reading Challenge, per il mese di gennaio ho scelto di leggere:
"Mi definiscono una persona riservata, ed è abbastanza vero. Lo dicono quasi fosse un limite. Io, al contrario, ho sempre pensato alla riservatezza come a una specie di regalo. Riservare qualcosa ha a che fare col tenerlo in serbo per qualcuno".
- |
La protagonista è Anna, infermiera in un istituto per anziani; Hans è il suo fedelissimo assistente e ha un ritardo cognitivo che fa sì che parli e agisca come se fosse un ragazzino.
Anna ci appare da subito come una ragazza triste, cupa, che raramente sorride; compie il proprio lavoro con diligenza, questo sì, ma si percepisce che qualcosa in lei non va..., o meglio, che è qualcosa è "rotto".
Attraverso numerosi e oscuri flashback, capiamo che tra quelle mura Anna e Hans hanno trascorso la loro infanzia in quanto la struttura, in passato, è stata un orfanotrofio; quando fu chiuso per poi diventare una casa di riposo, i due (ormai cresciuti e non adottati) sono rimasti a lavorare lì.
Sempre attraverso i salti temporali nel passato, scopriamo però anche un'altra tristissima verità: quell'orfanotrofio non era una semplice struttura che accoglieva bimbi senza famiglia in attesa che fossero "ricollocati": tra quei corridoi, in quelle stanze... avvenivano torture fisiche e psicologiche, effettuate su quei bambini con l'intento crudele e iniquo di condurre esperimenti di eugenetica.
I piccoli ospiti non erano scelti a caso, ma per l'appartenenza a una "razza" giudicata asociale, pericolosa: gli "zingari bianchi", gli Jenisch, residenti in Svizzera e che dallo stato furono perseguitati.
➤Poiché ho intenzione di parlarne più in dettaglio in un altro post, per adesso vi dico solo che migliaia di bambini, tra gli Anni Venti e Settanta del secolo scorso, furono strappati alle proprie famiglie per essere ricoverati forzatamente in questi pseudo-orfanotrofi, con l'assurda speranza di "raddrizzarli" socialmente.
Ma torniamo al film: Anna e Hans, quindi, portano sulle proprie spalle i drammatici ricordi di un'esperienza atroce, che li ha segnati, nel corpo e nell'anima, rendendo il ragazzo "un idiota" e lei una donna chiusa, angosciata, con la mente ancorata a quel passato e al ricordo di un'amichetta amata e poi perduta (Franziska).
Un giorno viene ricoverata una vecchietta che sbuca dritta dritta da quel maledetto passato: Gertrud, colei che, ai tempi in cui Anna era una ragazzina, ha effettuato le sue torture pseudo-scientifiche sui poveri corpi dei bambini.
Le due si riconoscono immediatamente e Gertrud cerca di essere gentile con Anna, anzi, addirittura pretende di ricordarle quell'infanzia terribile come se niente fosse, come se non avesse portato dolore nella ragazza e negli altri ricoverati.
L’istituto perde dunque i contorni attuali e torna ad essere, per la sconvolta e arrabbiata Anna, ciò che ha rappresentato per tantissimi innocenti: un posto infernale.
Cosa farà adesso che ha tra le sue mani quell'anziana donna, fragile nel corpo ma ancora d'acciaio nello spirito e tagliente nel parlare? Anna si farà travolgere da quel dolore mai sopito che ora rischia di riesplodere in tutta la sua forza carica di odio e risentimenti per coloro che le hanno fatto del male?
Il film, coerentemente col titolo, è cupo, sempre su tonalità fredde, come freddo è il cuore di Anna, che sembra incapace di provare ed esternare tenerezza, compassione; anche nei confronti del povero e incolpevole Hans lei è quasi cattiva, insultandolo e alzando le mani su quel poverino, che continua a seguirla come un cagnolino indifeso e solo.
Dietro quell'atteggiamento sempre impettito e glaciale, Anna nasconde dentro di sé un fuoco di emozioni che Gertrud, con la sua calma serafica e inopportuna (di chi si ostina a non voler fare mea culpa per i propri peccati) le sta riaccendendo, rendendola furiosa e rancorosa.
Sul fronte serie tv, ne ho guardata una anch'essa ispirata a fatti realmente accaduti: Unbelievable.
REGIA: Susannah Grant, Lisa Cholodenko
CAST: Toni Collette (Detective Grace Rasmussen), Merritt Wever (Detective Karen Duvall), Kaitlyn Dever (Marie Adler).
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giovedì 2 febbraio 2023
FEBBRAIO, TRA LETTURE E READING CHALLENGE
Il primo mese dell'anno s'è dileguato.
Inizio febbraio leggendo codesti libri:
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📗un classico
🇮🇹📘un contemporaneo italiano
📗🌍 un contemporaneo straniero.
❤️ 📘un libro amato dall'organizzatrice della RC.
Fatta eccezione per Wells, che non mi attira molto, gli altri due autori li trovo stimolanti; della Dunne ho letto un solo libro diverso tempo fa, riproverei volentieri; Simi è uno di quegli autori italiani che mi ripeto di leggere e che finora ho rimandato.
martedì 31 gennaio 2023
[[ RECENSIONE ]] IL NIDO di Tim Winton
IL NIDO di Tim Winton
Ed. Fazi trad. S. Tummolini 442 pp |
Finché un giorno s’imbatte nei vicini di casa: una donna con un bambino di circa sei anni; l'incontro lo destabilizza e lo riporta indietro nel passato.
La donna, infatti, è una vecchia conoscenza: Gemma, oggi ultraquarantenne, da bambina ha frequentato molto la casa dei genitori di Tom, una coppia di filaantropi, molto devota, credente, generosa e pronta ad aiutare chiunque fosse nel bisogno, e Gemma e sua sorella lo erano, col padre scansafatiche che si ritrovavano.
Gemma è una donna carina, con un corpo niente male ma le sue qualità (almeno a un primo sguardo) finiscono lì: è scorbutica, maleducata, prepotente, cinica, e verso Tom ha, da subito, un comportamento pieno di contraddizioni, che manterrà anche in seguito.
Non può fare a meno della sua presenza, del suo aiuto, della sua disponibilità, ma al contempo lo guarda con disprezzo, gli parla e lo tratta con sufficienza, come se avesse davanti a sé un grandissimo sfigato che vale meno di zero, un debole incapace di fare qualcosa di buono nella vita.
Eppure, proprio quell'uomo lì, "senza attributi" e senza uno scopo nella vita, piace al "suo" bambino, il piccolo Kai.
Kai è il nipotino di Gemma (figlio della figlia), ha sei anni ed è un tipino taciturno, piccolo, timidissimo, disegna molto (e le sue innocenti opere artistiche hanno qualcosa di angosciante, che allarma Keely), parla poco e sorride ancora meno; è talmente chiuso nel proprio mondo e nella propria immaginazione da far dubitare Tom che abbia qualche problema. In realtà, avrà modo di appurare come Kai sia intelligente e un grande osservatore.
Preso alla sprovvista, Keely permette che i due, a poco a poco, entrino nella sua vita, sconvolgendogliela.
Gemma è una donna piena di problemi - da quelli economici a quelli causati dalla figlia, attualmente in prigione per droga - e necessita di una mano per prendersi cura del nipote, che spesso non sa a chi lasciare quando va al lavoro; ed ecco che quello spiantato di Keely, un po' strano, certo, solitario e probabilmente anche un tantino depresso ma - almeno questo! - onesto e proveniente da una buona famiglia (che in passato l'ha accolta in casa propria con affetto, Gemma non l'ha affatto dimenticato), potrebbe essere, per la donna, un aiuto: e se le tenesse Kai quando lei è fuori casa?
Fortunatamente, benché il piccolo sia per natura diffidente e riservatissimo con gli estranei, la conoscenza di Tom circa la natura, la flora e la fauna (in particolare gli uccelli), diviene il punto d'incontro tra i due: Tom sa un sacco di storie e dettagli sui volatili e Kai è molto curioso e pieno di domande in merito.
Insomma, Tom Keely, a quasi cinquant'anni, si ritrova a fare il baby-sitter; con Gemma non mancano momenti di intimità ma entrambi sanno che oltre non si va, in quanto hanno la testa troppo presa dai mille problemi personali per pensare all'amore o a una relazione.
Senza contare che Tom è ancora scottatissimo per il naufragio del proprio matrimonio (esperienza che lo ha fatto soffrire molto) e che Gemma non è proprio in vena di storie d'amore, occupata com'è a cercare di sbarcare il lunario, andare a trovare la figlia in prigione e cercare di crescere da sola quel bambinetto silenzioso ma molto, molto attento a tutto ciò che accade attorno a sé.
Nonostante gli sbalzi d'umore di Gemma, che - come dicevo prima - non esita a trattar male e a denigrare Tom per la sua debolezza di carattere e per i fallimenti, l'uomo si affeziona a quei due vicini di casa, le sue giornate cominciano ad acquisire un senso differente da quando ci sono loro e, soprattutto, da quando può sentirsi utile per il piccolo Kai.
Purtroppo, immergersi nella complicata quotidianità di Gemma e Kai implicherà, per Tom, confrontarsi con delle serie difficoltà che pian piano minacceranno la donna e il bambino, a cui egli, nel frattempo, si è tanto affezionato, come se fosse un figlio di cui prendersi cura e da proteggere.
Benché si senta da anni un fallito, un buono a nulla, uno che dalle vette del successo è precipitato nel baratro dell'inutilità e della passività assolute e da lì non è in grado di risalire..., ebbene, nonostante tutto questo, proprio lui sente dentro di sé un fuoco che gli esplode, che lo spinge a fare determinate scelte e a tirar fuori lati della personalità che non credeva gli appartenessero.
Tom capisce che Kai conta troppo per lui e non permetterà a nessuno di far del male né al piccolo né a quella nonna burbera, sboccata ma che pure lo attrae.
"Il nido" è il racconto di un uomo che si è condannato all'inattività e alla solitudine dopo una tremenda delusione professionale, che non trova più una sola valida ragione per alzarsi dal letto la mattina, che sente su di sé il peso del costante raffronto con il defunto padre (Nev, uomo di fede, un gigante di bontà che lottava contro le ingiustizie), un punto di riferimento inarrivabile; Tom Keely è un uomo che ha smarrito la strada, il coraggio, il rispetto per sé stesso e solo quando la vita lo induce a confrontarsi con le miserie altrui, con la desolante infelicità di Gemma e con la tristezza e la malinconia scritte negli occhi innocenti di un bimbetto che non ha ancora imparato a sorridere, riuscirà a vedere che, in quel buio pesto in cui brancola stordito da alcool e pillole, si è affacciato un barlume di speranza.
Tom è un personaggio complesso che scatena diverse emozioni nel lettore: da una parte si è spinti a provare empatia e pietà per lui, per la sua sofferenza psichica ed emotiva, dall'altra lo si vorrebbe scuotere con vigore affinché la smetta di piangersi addosso e si conceda la possibilità di rinascere.
"Non aveva la forza di aggiustare le cose, abituato com’era alla logica della sconfitta."
"Non è bello essere l’incarnazione di tutto ciò che tua madre compatisce, o forse addirittura disprezza. Doris lo amava, il suo affetto per lui sembrava sconfinato, ma averla delusa gli bruciava più di ogni altra umiliazione. Il problema era che lei ancora lo credeva forte, e lo giudicava di conseguenza: non immaginava che fosse già perduto."
Tom non è perduto, non definitivamente e non se egli non vuole. Ma deve trovare dentro di sé la motivazione per rialzarsi da quell'inerzia tetra in cui è caduto e per riemergere da quel mare amaro in cui annaspa.
Ma chi sta annegando è in grado di aiutare un'altra persona nelle medesime condizioni?
Gemma mi ha urtato non poco con la sua saccenza e la sua durezza nei confronti di Tom, che umilia ed insulta, eppure non smette di rivolgersi a lui quando ha dei problemi; però evidentemente Tom, benché non stia vivendo un periodo all'insegna dell'equilibrio emotivo, riesce ad essere più saggio e maturo di me e di lei e, ignorando volutamente provocazioni e insulti spocchiosi, mette il bene di Kai prima di tutto e tutti.
L'Australia di Winton ha una doppia facciata: affascinante con i suoi bellissimi paesaggi ma anche disordinata, caotica, con il suo viavai umano di spacciatori, furfanti, barboni, donne sole, persone con problemi di dipendenze e depressione; ma non ci sono mica solo emarginati e disagiati: ci sono anche i buoni, gli altruisti, i compassionevoli. E questi non sempre hanno una faccia bella e un aspetto rassicurante (come Doris), ma hanno le occhiaie, gli abiti stropicciati e i capelli spettinati di Tom Keely, un disperato che prova ad aggrapparsi a tutti i costi ad una flebile speranza di redenzione.
Scritto con una prosa concreta, realistica, colloquiale, il romanzo di Winton è una lettura consigliata a chi desidera immergersi in una storia popolata da personaggi non proprio amabili, aventi numerose "fratture", fragili e disperati, che finiscono al tappeto ripetutamente ma continuano, imperterriti, a rialzarsi.
lunedì 30 gennaio 2023
LIBRI - PRIMI ACQUISTI DEL 2023
Il giorno dopo il suo corpo senza vita viene scoperto da alcuni adolescenti disteso su un letto di fiori appena raccolti.
Le indagini vengono affidate a Lottie Parker. Per la detective si tratta di un caso che la riguarda molto da vicino: la vittima era un amico intimo di suo figlio Sean.
Nonostante Sean le ripeta che Mikey si comportava normalmente prima di morire, Lottie sente che non le sta dicendo tutta la verità…
Poco dopo, un altro ragazzo viene trovato morto, circondato da fiori selvatici, vicino al bellissimo lago Ladystown.
C’è un assassino in circolazione. Qualcuno che si nasconde dietro una fitta rete di segreti all’interno della cerchia degli amici di Mikey.
Perché è solo questione di tempo prima che il serial killer torni a far parlare di sé. E la vita di suo figlio potrebbe essere in grave pericolo…
LA LETTERA NASCOSTA di Ruth Saberton (Ed. Newton Compton, 384 pp).
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Cornovaglia, 1914. Alla vigilia della prima guerra mondiale, Kit Rivers, un giovanissimo aspirante poeta, ha davanti a sé un brillante futuro.
Un secolo dopo, Chloe Pencarrow, rimasta vedova, lascia Londra alla volta della Cornovaglia: una casa isolata sulla costa potrà senz’altro offrirle la tranquillità che cerca.
IL FUOCO DI MACKENZIE di Elle Casey: romance; è il seguito di RISPLENDI, NON BRUCIARE, per cui dovrei leggere prima quest'ultimo.
sabato 28 gennaio 2023
MACELLAI, BELVE E DIAVOLI: TRE CRIMINALI NAZISTI
Amon, Joseph, Irma: nomi comuni per esseri umani che, purtroppo, la Storia ricorderà come straordinariamente malvagi, disumani, votati ad un'ideologia folle e crudele nella quale questi - come tanti altri con loro - hanno riposto ogni cieca fiducia, vendendo la propria anima e finendo per lasciarsi alle spalle ogni briciola di umanità.
(Primo Levi) |
I protagonisti di questi tra audiolibri molto brevi sono: Amon Göth, Joseph Goebbels e Irma Grese, tutti e tre militanti nelle file naziste.
Di: Lucas Hugo Pavetto, Giancarlo Villa
Durata: 48 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont
Letto da: Corrado Niro
Amon Göth: un nome che evoca crudeltà, sadismo, assenza di empatia, di pietà.
Era un omone dal brutto carattere (per usare un eufemismo), facile all'ira, malvagio, e la facilità con cui non si faceva problemi e scrupoli ad ammazzare non solo non era affatto un mistero per chi lo conosceva, gerarchi nazisti compresi, ma anzi forse faceva di Amon il candidato ideale per prestare i propri servigi nei lager.
Lo chiamavano "il macellaio di Płaszów": i prigionieri erano terrorizzati da lui perché sapevano quanto potesse essere rabbioso, accanendosi sulle proprie vittime con un livello di perversione spregevole, sfogando su poveri innocenti i suoi istinti peggiori, i suoi frequenti accessi d'ira e tutto il suo folle disprezzo per gli ebrei.
Letto da: Corrado Niro
Durata: 39 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont
Joseph Goebbels è stato uno dei più devoti tra i gerarchi nazisti; credeva in Hitler, era il suo idolo, il punto di riferimento; per il dittatore nazista e per le sue idee, Goebbels era pronto a sacrificare tutto, a rinunciare ai propri affetti, pur di vivere all'ombra del suo mito.
Principale artefice delle campagne di “arianizzazione” della cultura nel Terzo Reich e Ministro per l’educazione popolare e della propaganda, era chiamato "il diavolo zoppo" perché aveva una gamba più corta dell’altra a causa di una malattia che lo colpì nell'infanzia, ma il difetto fisico non compromise la sua natura: colto, intelligente, efficiente, esperto di meccanismi della comunicazione; ai suoi comizi usava arrivare volutamente in ritardo perché in questo modo aumentava la tensione nell'uditorio, e le persone lo avrebbero ascoltato con più attenzione.
Il suo "amore" per l'adorato Führer era talmente forte da spingerlo a scegliere il suicidio, per sé e la sua famiglia, solo il giorno dopo la morte di Hitler.
Irma Grese. La iena di Auschwitz
Di: Lucas Hugo Pavetto, Fiammetta Bianchi
Letto da: Daniele Denora
Durata: 47 min
Audiolibro
Editore: Saga Egmont
È stata probabilmente la guardia donna più sadica in assoluto; possiamo dire che sia stata il corrispettivo femminile di Göth: stessa crudeltà, stesse psicopatie, stesso godimento nell'esercitare la violenza più brutale e, soprattutto, nel veder soffrire (e morire, tra le più atroci sofferenza) le loro vittime preferite, ossia i prigionieri ebrei dei campi di concentramento in cui operavano.
venerdì 27 gennaio 2023
PORRAJMOS di Andrea Giuseppini - la persecuzione nazifascista di rom e sinti - ✤ GIORNATA DELLA MEMORIA, 27 gennaio 2023 ✤
In occasione della Giornata della Memoria, l'anno scorso ho ricordato le vittime dell'Olocausto e proposto una breve bibliografia e sitografia per chi volesse approfondire l'argomento.
(Primo Levi) |
PORRAJMOS.La persecuzione nazista e fascista dei rom e dei sintidi Andrea Giuseppini
Porrajmos, nella lingua della maggior parte dei rom e dei sinti, significa "divoramento"; un'altra parola, da affiancare a questa, è Samurdaripen, cioè “il grande genocidio”.
Entrambi i vocaboli indicano lo sterminio che il Terzo Reich attuò nei confronti delle popolazioni rom e sinti.
Fu una vera e propria persecuzione su base razziale, scientificamente programmata con lo scopo di distruggere l’intero popolo, la sua cultura e la sua lingua e che portò alla morte di oltre 500.000 persone.
Era il 16 dicembre 1942 quando Heinrich Himmler ordinava la deportazione di rom e sinti che vivevano in Germania nel campo di sterminio di Auschwitz. Ha così inizio «la soluzione finale» per questo popolo.
Ascoltiamo, quindi, l'intensa testimonianza di Otto Rosenberg, nato a Berlino nel 1927, che già nel 1936 fu deportato nel lager di Marzhan; sette anni dopo, Rosenberg sarà internato nello Zigeunerlager, il lager degli zingari di Auschwtz-Birkenau (dove incontra Josef Mengele, l'angelo della morte), poi trasferito nel campo di Buchenwald e infine liberato a Bergen-Belsen.
Otto Rosenberg è l'unico superstite della sua famiglia e di questo ha sempre portato il "peso": perché solo io sono sopravvissuto? Commuovono le sue parole che rivelano il dolore sempre vivo e che si fa sentire più forte nei giorni di festa. Per anni egli ha mantenuto il silenzio per anni, fino a quando ha sentito che fosse giusto lasciare la propria preziosa testimonianza.
Ascoltare la voce di questi sopravvissuti all'inferno, che in quei maledetti lager hanno perso i propri cari, induce a porsi delle domande e a fare delle riflessioni su come mai questo genocidio è stato a lungo negato, "sminuito", dimenticato, anzi si è cercato proprio di negare che tale genocidio fosse avvenuto per motivi razziali, adducendo che fossero piuttosto motivi di natura sociale, ma gli "zingari" non furono deportati perchè asociali o come saltimbanchi e giostrai, bensì vennero internati e uccisi in quanto considerati razzialmente inferiori.
Un altro aspetto importante che emerge nell'audiolibro è la cifra dei morti tra i sinti durante la guerra; essa non è semplice da determinare e questa difficoltà nel documentarne il numero preciso risale già a prima della guerra; del resto, se per gli ebrei sono stati presi in considerazione le comunità (e chi non era tornato, a guerra finita), per i sinti questo non è stato possibile.
La cosa che mi ha lasciata perplessa e anche un po'... amareggiata è stato ascoltare come la richiesta di riconoscimento, da parte di Sinti e Rom tedeschi, del genocidio della propria gente, sia stato per anni giudicato quasi un insulto all'onore della memoria delle vittime dell’Olocausto; anche lo stesso Elie Wiesel si oppose all'inserimento degli zingari nel memoriale di Washington.
C'è da dire che, durante la cerimonia di consegna del Nobel per la pace, lo stesso Wiesel dichiarò: “Confesso che mi ritengo in qualche modo colpevole verso i nostri amici Rom. Non abbiamo fatto abbastanza per ascoltare la vostra voce angosciata. Non abbiamo fatto abbastanza per sensibilizzare la gente ad ascoltare la vostra voce sofferente”.
Personalmente, trovo sbagliato pensare che riconoscere le sofferenze di un altro popolo sminuisca quelle di un altro, e neppure se ne può fare un discorso puramente numerico (più morti ➡️ più considerazione). Credo semmai che riflettere su quante e quali malvagità l'essere umano, in nome di ideologie di varia natura, sia capace di compiere verso i propri simili, senza escluderne alcune (per qualsivoglia ragione) ma anzi ricordando tutti coloro che hanno subìto ingiustizie, senza operare distinguo tra vittime di serie A e B, sia fondamentale affinché i "per non dimenticare", i "mai più" e la stessa Giornata della Memoria mantengano fede all'obiettivo di agire perché certe brutalità non accadano più a nessuno, in nessuna parte del mondo e a nessun popolo o categoria di persone, che sia per religione, orientamento sessuale, motivi politici, razziali...
Includere, nella celebrazione del ricordo, e non escludere, perché il rispetto del dolore va dato a tutti, fosse anche a una singola persona.
Non posso che consigliare l'ascolto di questo audio documentario, breve ma molto interessante.
Sito consigliato per l'approfondimento personale: http://porrajmos.it/
- www.treccani.it
- museonazionaleresistenza.it
- https://www.combattentiereduci.it/notizie/genocidio-degli-zingari-il-dovere-della-memoria
- http://sucardrom.blogspot.com/2015/10/giacomo-gnugo-de-bar-lultimo-grande.html
- www.lameridiana.it
- https://memoria.comune.rimini.it/news/porrajmos-genocidio-dei-sinti-dei-rom-sottoil-terzo-reichhttps://www.lageredeportazione.org/wp-content/uploads/2021/04/MIRELLA-KARPATI.1149865963.pdf
mercoledì 25 gennaio 2023
🌼 RECENSIONE 🌼. FIORI SOPRA L'INFERNO di Ilaria Tuti
Segui le tracce di sangue, Teresa, scendi giù nell'orrido aspro e selvaggio, tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo: c'è una mano assassina da fermare e tu ti sei sempre fidata delle tue intuizioni, della tua abilità di immaginare come pensa e agisce un serial killer.
FIORI SOPRA L'INFERNO di Ilaria Tuti
Longanesi Ed. 366 pp |
Il cadavere di un uomo viene rinvenuto lungo un sentiero che conduce a un paesino del nord Italia, chiamato Travenì *; è nudo e il suo volto è stato oggetto di una brutale aggressione.
La vittima era un ingegnere, un padre di famiglia, e si chiamava Roberto Valent.
Ad occuparsi del caso è il commissario Teresa Battaglia, supportata dagli agenti della sua squadra e da una new entry, ossia un giovane ispettore di nome Massimo Marini, la cui palese inesperienza sul campo diventa immediatamente un bersaglio da parte della ruvida Teresa, che non perde occasione per pungolarlo, provocarlo e fargli notare errori grossolani e non poche ingenuità.
Teresa è esperta nel tracciare i profili psicologici dei criminali di cui si mette alla ricerca e gode della stima di tutti, dal questore ai sottoposti; ogni pista ipotizzata, ogni indizio su cui lei pone attenzione, ogni ragionamento...vengono presi in considerazione con il massimo rispetto e Teresa sente su di sé tutta la responsabilità dei casi su cui lavora, come questo: c'è un assassino a piede libero che ha commesso un omicidio dalle caratteristiche particolari, specifiche, che sicuramente vogliono dire qualcosa, e Battaglia sa che deve cominciare a mettere insieme i pezzi di un puzzle che però, almeno all'inizio, è fumoso e incerto.
Parallelamente alle indagini, al lettore vengono presentati altri personaggi importanti.
Mathias, Diego (figlio di Valent), Lucia e Oliver sono quattro amichetti della stessa età che stanno sempre insieme; tra loro c'è un legame d'amicizia vero, fatto di lealtà assoluta e aiuto reciproco; essi vivono, all'interno delle proprie famiglie, una situazione che li fa soffrire, in cui patiscono la mancanza di cure e attenzioni affettuose da parte dei genitori.
Essi sono consapevoli che c'è qualcosa o qualcuno, di oscuro, che li spia nel buio; essi non lo vedono ma ne percepiscono fortemente l'ingombrante e costante presenza, come se fosse un occhio sempre vigile che li guarda da lontano.
Questa ombra si aggira per i boschi, nella valle, quando è ormai scesa la sera, ponendo trappole per le sue prede; è bravo a nascondersi, a non farsi vedere dagli abitanti del paese, eppure sa che i bambini "lo sentono".
Quando cominciano le indagini, Teresa entra nelle case di questi "cuccioli" un po' tristi, che però celano una forza e una maturità interiore che, troppo spesso, i loro stessi genitori non posseggono o non dimostrano. Interrogando tanto i piccoli quanto i grandi, la donna alza un velo su ciò che accade tra le mura di quelle case di montagna e comprende immediatamente che, dietro quelle esistenze apparentemente serene, quei visi di gente perbene, composta, riservata ma educata, molti sono i piccoli segreti, le ipocrisie, le mancanze, i silenzi.
Soprattutto, Teresa deve fare i conti con il muro di diffidenza innalzato dalla gente del posto, restia a fidarsi degli "stranieri", polizia compresa; questo atteggiamento - presente anche nella polizia del posto - non aiuta affatto il corso delle ricerche, tutt'altro, rischia di rallentarle, se non deviarle.
Grazie alla propria testarda determinazione, al proprio carattere duro e deciso, di chi non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e sa fin dove può spingersi in virtù del proprio ruolo e capacità, Teresa Battaglia non esita a bacchettare chiunque non le sia di aiuto, che sia l'agente Knaus (originario di Travenì, ed avente verso il suo paese un atteggiamento eccessivamente "protettivo") o l'ispettore Marini, che sarà pure impacciato e poco esperto ma - Teresa glielo riconosce - sopporta le battutacce del commissario pur di dare il proprio contributo a quell'indagine che di giorno in giorno si fa più complessa.
Al primo omicidio, infatti, si aggiungono altri atti criminali e se il colpevole è sempre lo stesso - come pare, dal modus operandi - allora vuol dire che sono alla presenza di un assassino seriale, che però non è facile da etichettare, da far rientrare in categorie note così da inquadrarlo in modo preciso: l'assassino di Travenì è diverso da altri suoi "colleghi" descritti nei manuali di criminologia, agisce mosso da una "lucida follia" e - cosa davvero singolare - non è preoccupato di lasciare tracce del proprio DNA sulla scena del crimine.
Il racconto del presente è interrotto, di tanto in tanto, da quello del passato; in particolare, il lettore viene condotto nel 1978, in Austria, all'interno di un ospedale chiamato "La Scuola"; Agnes Braun è un'infermiera che lavora proprio lì.
La donna è ligia ai propri doveri, rigida nell'osservanza delle regole e sa che chiunque varchi la soglia dell'istituto deve tenerne presente il motto: vedi, osserva, dimentica.
Cosa bisogna dimenticare? Cosa accade tra quelle mura in cui non vola una mosca e a malapena si avverte la presenza dei piccoli ed innocenti pazienti ricoverati?
In quei corridoi semibui e labirintici, avvengono cose segrete, che per nessuna ragione devono trapelare al di fuori...
Teresa è una protagonista particolare, che desta le simpatie del lettore per diverse ragioni.
È una sessantenne dal fisico non proprio in forma, poco curata esteticamente, con il suo inconfondibile caschetto di capelli rossi; ultimamente, poi, si è appesantita, il suo corpo è messo alla prova da più patologie e questo la manda nel pallone perché sa di non potersi permettere alcuna debolezza, né fisica né tanto meno psicologica, mentale: la sua mente, le sue capacità di ragionamento, sono fondamentali e imprescindibili per il suo lavoro!
Cosa ne sarebbe del commissario Battaglia se venisse fuori che non è più quella di un tempo?
Il progressivo disfacimento delle sue forze fisiche è affiancato da tormenti di natura emotiva: Teresa è sola, si sente sola, bisognosa di qualcuno che l'accarezzi, che la faccia sentire amata.
Sincera, schietta, brusca e diretta, energica quando è al lavoro, è nei momenti in cui nessuno la vede che vediamo come sotto quella superficie di marmo convivano un grande dolore e una grande solitudine.
Ma la caratteristica principale di questo commissario burbero e scostante è l'empatia: per lei l'assassino cui dare la caccia non è un mostro, ma è prima di tutto una persona; nel caso specifico che sta seguendo, lei comprende, con l'avanzare dell'indagine, che quell'uomo, per diventare ciò che è, ha avuto un'infanzia traumatica, ha vissuto e attraversato il proprio personale inferno.
È stato un bambino anche lui e, per qualche incomprensibile ragione - che Teresa è intenzionata a scoprire - c'è qualcosa nei bambini - la loro innocenza, la loro genuina curiosità... - che lo attrae come una calamita.
È vero, il killer sembra agire spinto dal sadismo eppure, nel suo agire, egli sembra proteggere qualcuno. Ma chi e perché?
La scrittura della La Tuti è coinvolgente, sa come catturare per tutto il libro l'attenzione del lettore, guidandolo affinché faccia caso ai dettagli, a quelli più inquietanti - capaci di aumentare il livello di tensione -, e a quelli che lo spingono ad andare oltre le apparenze e che puntano la luce sul mondo emotivo dei personaggi, compresi quelli "cattivi".
Mi sono piaciuti molto: l'ambientazione - il paesino di montagna, una comunità chiusa che non sopporta ingerenze esterne e che, al suo interno, ha non pochi segreti; il ruolo giocato dai ragazzini, capaci di vedere ciò che invece i razionali adulti non colgono; le vicende del passato avvenute nell'ospedale, per le quali ci sono riferimento storici reali, e che creano attese e molta curiosità nel lettore; la protagonista, così umanamente fragile dietro quell'armatura che indossa ogni giorno quando veste i panni del rude commissario.
Avevo già avuto modo di leggere un romanzo di Ilaria Tuti (FIORE DI ROCCIA), che mi aveva coinvolta tanto (oltre che avermi offerto un prezioso spunto per conoscere episodi della prima guerra mondiale che ignoravo) per storia, personaggi, contesto storico, e non posso che confermare la bravura di questa scrittrice anche in questo primo libro della serie su Teresa Battaglia.
Sono moooolto curiosa di guardare la serie tv con Elena Sofia Ricci nei panni della nostra burbera Teresa! E voi? 🙂
* nome fittizio
Alcune citazioni
"La solitudine era una coinquilina discreta, che non invadeva mai gli spazi e lasciava tutto com'era, Non aveva odore, né colore. Era un assenza, un'entità che si definiva per contrapposizione, come il vuoto, ma esisteva (...). La solitudine avvolgeva Teresa come un abito troppo stretto (...), aveva imparato a curarla come faceva un antidoto con il veleno: la assorbiva a piccole dosi, ogni giorno".
"Vedono l'inferno che abbiamo sotto i piedi, mentre noi contempliamo i fiori che crescono sul terreno".
"Pensò alle paure che l'avevano angosciata negli ultimi giorni e d'un tratto non le apparvero così insuperabili. Poteva scegliere come vivere la vita che le si stava prospettando davanti e c'erano due modi per farlo: spegnendosi un poco alla volta o affrontandola con coraggio."
lunedì 23 gennaio 2023
°° RECENSIONE °° BUBULINA. UNA STORIA STRAORDINARIA di Giovanni Boschetti
Questa è una fiaba che narra quanto immenso può essere l'amore di una bimba per la sua mamma scomparsa nel darla alla luce.
Siamo in Russia e la bambina, cresciuta con la nonna materna nel piccolo villaggio di Palech, sviluppa un rapporto molto particolare con Gesù e sua Madre. Qualcosa di miracoloso l'aspetta.
BUBULINA. UNA STORIA STRAORDINARIAdi Giovanni Boschetti
Pavedizioni Disegni: Maria Vorobieva Archivio fotografico: MUSEUM di Academia Ikon Rus’ Traduzione dal russo: Maria Zavyalova Cover graphics: Claus Tamburini 112 pp 18 euro |
delle lacche, nasce Bubulina, una bellissima bambina bionda e con gli occhi color del cielo. Bubulina vuol dire bambolina, e in realtà il suo vero nome era Anna.
La piccola viene cresciuta da nonna Babushka in un clima d'amore e dolcezza, che rende la bimba allegra e serena.
Un giorno, accade l'inimmaginabile: l'icona le parla, o meglio, a conversare con lei è Maria di Nazareth, che le racconta la sua storia e il significato delle icone.
Bubulina ha solo sei anni, è una bimba spensierata, felice e molto sensibile, pronta a incamminarsi in un viaggio incantevole e fantastico che la conduce sulla soglia di un mondo sovrannaturale e ricco di emozioni e fascino, mano nella mano con un amico davvero speciale: Gesù!
Notizie sull'Autore.Giovanni Boschetti, fra i primi studiosi in Italia dell’arte delle antiche Icone russe e delle opere del periodo delle Avanguardie, ha maturato la sua esperienza come divulgatore nel settore dell’antiquariato inteso come passione, ricerca, competenza e professionalità. Dal 1984 curatore di Academia Ikon Rus’, con sede a Montichiari (Brescia), oggi tra le Gallerie d’arte antica sacra, fra le più importanti e conosciute, non solo in ambito nazionale, per la qualità delle opere iconografiche proposte e scelte personalmente.Autore di numerose pubblicazioni e collaboratore di alcuni testi relativi all’arte russa, Giovanni Boschetti organizza mostre culturali e didattiche in tutta Italia. Esperto in queste forme d’arte e divulgatore delle medesime.Questo libro costituisce un ulteriore tassello nel costante impegno profuso a favore della divulgazione dell’arte iconografica presso il grande pubblico, ora rivolto al mondo dell’infanzia, dell’adolescenza e non soltanto.In questi ultimi anni autore anche di romanzi di grande spessore.