LA GATTA CHE SUONAVA IL PIANO è un racconto breve scritto dal giovane Nicola Nicodemo.
La domanda che, istintivamente, ci si potrebbe fare prima di leggere il racconto è: perchè questo titolo? Di cosa parlerà l’Autore? Forse è una favola per bambini? Un racconto che vede come protagonisti degli animali, magari con un insegnamento di tipo morale alla fine?
Eh no, per capire il perchè della scelta di un titolo tanto singolare bisogna arrivare alla fine della lettura; allora sì, si comprende il perchè di questa gatta che suona il piano e quale significato attribuirle.
Il racconto è ambientato in uno dei più brutti periodi della storia: la Seconda Guerra Mondiale.
Siamo nel 1944, a Parigi, in piena occupazione nazista; la città è sotto assedio, tutto attorno c'è solo distruzione, morte, disperazione e un desiderio ardente di veder andar via il nemico, di poter giungere alla libertà dei singoli come di un Paese intero.
La narrazione è divisa in tre momenti ("La gatta che suonava il piano". "Lacrime di sangue", "Il plotone") e in essi conosceremo un giovane uomo, Vincent, che davanti al dolore della guerra si convince che l'unica decisione da prendere, per mettere in salvo la propria famiglia, è quella di scappare.
In fondo, chi avrebbe potuto biasimarlo?
Cosa c'è di male nel voler prendersi cura dei propri cari e portarli in un posto sicuro?
La guerra è una faccenda troppo grande; ma davvero crediamo che un gruppo di uomini, per quanto armati di buone intenzioni (e non solo, certo) possa cacciare il nemico, combattere efficacemente per liberare l'amata città?
Vincent non sembra crederci più di tanto: guarda il volto della sua piccola Francine e crede che ha il dovere di portarla via...
Ma una gatta gli farà cambiare idea...
Una gatta che rappresenta la promessa di un padre al proprio figlio; il dolore di un padre per il proprio figlio, ma anche l'orgoglio di sapere che lui, davanti alla tragedia umana della guerra, non è scappato, ma ha combattuto, fino alla fine, in nome di una libertà tanto desiderata ma che nessuno ti regala...: una libertà da conquistare, da condividere a testa alta con gli altri, con coraggio e dignità.
La guerra non porta mai nulla di buono, non in senso assoluto e neanche per i "vincitori" (se di vincitori si può parlare....): la guerra è sempre stata e sempre sarà sinonimo di morte, rovina, solitudine, ingiustizia, massacri..., ma non sarebbe giusta chiudere tutto così.
La guerra ci ricorda anche che ci sono state persone che hanno creduto in loro stesse e nel proprio Paese, nel diritto di vivere in libertà, e questa loro "fede" non li ha fatti scappare, ma li ha lasciati lì, a fronteggiare il nemico, con la consapevolezza che sarebbe potuta arrivare la "richiesta" di un prezzo altissimo da pagare: la vita - quella dei propri cari, la propria.
Ma queste persone hanno stretto i denti e hanno deciso di non farsi travolgere dal destino, bensì di afferrarlo e far qualcosa: non importava se fossero dei semplici operai e non avessero alcuna competenza in fatto di strategie militari:
"erano inesperti uccelli al primo volo, di fronte ad un esercito esperto, allenato ad uccidere. Ma avevano del coraggio, e quella forza propria di chi non ha nulla da perdere, solo un gran cuore e la vita di chi ama da difendere"
Il giovane Autore, con uno stile ed un linguaggio semplici, non vuole - come spiega lui stesso nella prefazione - fare un resoconto di tipo storico circa l'occupazione dei Tedeschi a Parigi nel 1944, ma lasciarci guardare le cose dal punto di vista di Vincent e anche, in certi momenti, della sua bambina, Francine: due diversi punti di vista, quello disincantato e preoccupato di un uomo adulto che si rende conto del dramma che si sta attuando attorno a lui e nella propria vita, e quello innocente di una bimba, che si ritrova a vivere con smarrimento un evento tanto più grande di lei e a doverlo "sopportare", nonostante le sue piccole e fragili spalle.
La brevità dei tre racconti, che possiamo considerare come le tre parti di una sola storia, forse non consente di soffermarsi in modo preciso e profondo sulla psicologia e la personalità dei pochi personaggi coinvolti ma comunque ci permette di fare delle riflessioni, di porci delle domande su episodi della storia passata che leggiamo sui libri di storia o di cui vediamo qualche documentario in tv, e che troppo spesso sentiamo come qualcosa di lontano da noi, che non ci riguarda.
Leggendo "La gatta che suonava il piano" i nostri sguardi si soffermano su un passato che non vorremmo tornasse mai, nè nel nostro Paese nè negli altri (ahimè, sembra utopistico dire una cosa del genere), mettendoci nei panni di chi l'ha vissuto, chiedendoci come noi avremmo reagito in mezzo a tanto dolore, a tanta giustificata paura.