Leggere questo libro è come essere spettatori di un'opera teatrale profondamente umana e inevitabilmente drammatica: il sipario si apre e i riflettori si accendono illuminando un'isola anonima, abitata da persone la cui esistenza monotona viene scossa, in un giorno di settembre, dal ritrovamento di tre cadaveri, approdati sulla riva non si sa da dove. Un evento, questo, che metterà in moto una serie di conseguenze infelici che mostreranno come dietro quelle sonnolenti esistenze isolane si nascondano odio, indifferenza, mancanza di pietà.
L'ARCIPELAGO DEL CANE
di Philippe Claudel
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Ponte alle Grazie trad. F. Bruno 202 pp |
"Allora, che ne dite? Siamo a teatro, no?"
Sull’Arcipelago del Cane, costellazione di isole vulcaniche, "non molto lontana dalla nazione da cui dipende ma dalla quale è dimenticata", le lancette dell'orologio sembrano muoversi con lentezza e apatia; in questo tempo dilatato le indolenti esistenze degli isolani scorrono nella ripetitività di gesti sempre uguali.
Ma il mare è imprevedibile, inaffidabile, e una mattina di settembre il mondo, con i suoi drammi e le sue disgrazie, irrompe nell’Arcipelago, depositando sulla spiaggia tre cadaveri.
A scoprirli è un gruppetto di personaggi, i quali - seppur in ruoli differenti, chi più, chi meno importanti - resteranno, nel prosieguo della storia, gli attori principali.
C'è l'ex maestra dell'isola, che tutti chiamano la Vecchia, una donna in là con gli anni, dal carattere duro, inflessibile, pratico, nota e temuta da tutti per la sua lingua tagliente, il suo essere ruvida e rugosa non solo in volto ma anche dentro, nell'anima; scevra di gentilezza e compassione, nessuno l'ha mai vista sorridere e vive in solitudine, con la sola compagnia del fedele cagnolino.
Ci sono lo Spada e America, due uomini poco intelligenti ma disposti a ubbidire senza fiatare agli ordini del Sindaco.
Quest'ultimo viene immediatamente fatto chiamare, perché sappia dei tre corpi arrivati sulla spiaggia; il primo cittadino è un tipo dai modi spicci, burbero, sempre nervoso e incline ad arrabbiarsi e sbraitare; dà ordini, pretende che gli si ubbidisca senza troppe storie e non si tira indietro se c'è bisogno di minacciare pur di farsi rispettare.
Il Sindaco giunge in compagnia del Dottore, suo amico e collaboratore, un individuo con poca personalità, con la testa piena di libri e un sorriso ipocrita sulle labbra, una curva su quel viso in cui non c'è simpatia e amicizia, ma al contrario, irrita e disgusta, perché non è un sorriso sincero quanto piuttosto la maschera di chi asseconda gli altri per viltà, apatia, disinteresse.
Inaspettatamente a quel triste spettacolo assiste un estraneo, un giovane che sull'isola non è nato e che a quella comunità di pescatori non appartiene: il nuovo Maestro, giunto in quella terra per lavoro, insieme alla moglie e alle loro due figlie.
E proprio lui che è forestiero guarda quei tre poveri cadaveri con occhi diversi, privi di crudele indifferenza, ma anzi pieni di umana pietà e desiderosi di giustizia.
Più tardi, in quello stesso giorno, il Sindaco pretende che tutti gli astanti vadano a casa sua per parlare del "fattaccio"; interviene anche il Parroco dell'isola, un uomo semplice, comprensivo, appassionato di api più che di religione, anzi, a dirla tutta, con Dio non pare abbia un ottimo rapporto.
Il Maestro non ha dubbi: bisogna avvertire le autorità di questo grave ritrovamento, così che si possa sapere chi siano queste persone e chiarire le colpe di chi ha fatto sì che finissero in mare, trovandovi la morte.
Il Sindaco, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di rendere la sua isola preda di orde di giornalisti affamati di scoop o di gettarla in pasto alle autorità giudiziarie: le salme devono sparire, ovvio, e nessuno deve sapere del ritrovamento, pena la fine della quiete e il rischio di compromettere un futuro sviluppo turistico. Urge prendere una decisione e farlo con il pieno consenso di ciascuno dei presenti.
"È singolare pensare che nel medesimo istante degli esseri legati dalla stessa azione possano provare sentimenti diversissimi gli uni dagli altri".
"...erano tutti legati gli uni agli altri, e che, per quanto il tempo li allontanasse dal mattino della macabra scoperta, quegli stessi cadaveri continuavano a pesare su di loro come un macigno. Uno del gruppo non voleva essere il solo a sopportarne il peso. Si trattava di un fardello da dividere fra tutti."
Il Sindaco non ammette delatori tra i membri di questo gruppo tra cui, egli pensa, è necessario che si stabilisca una sorta di alleanza, un patto suggellato dalla promessa di non far parola con nessuno dei tre giovani di colore che il mare ha portato sulle loro spiagge e che essi decidono di far sparire, come se fosse sporcizia da nascondere sotto il tappeto, gettandoli nelle voragini del vulcano, il Brau.
Ma se la maggior parte di loro riesce a zittire la coscienza - che grida giustizia e verità dal fondo del Brau per quei tre esseri umani trattati come stracci insignificanti -, quella del Maestro non può essere soggiogata dalla prepotenza del Sindaco, dal menefreghismo di Spada e America, dal buonismo pragmatico del Parroco, dai sorrisi melliflui dello sciocco Dottore e dal cinismo della Vecchia: egli si imbarca in una vera e propria missione personale e non esita a dichiarare apertamente al Sindaco la propria intenzione di vederci chiaro e di non essere indifferente davanti a ciò che è successo.
Il Sindaco non può permettere che qualcuno - tanto meno uno di fuori, che non è un isolano - mandi all'aria la vita tranquilla dell'isola per colpa di tre individui morti senza identità e che molto probabilmente nessuno verrà a cercare ( del resto, quanta gente disperata attraversa il mare, con la speranza o la promessa di una migliore prospettiva di vita in un altro Paese, e purtroppo perde la vita tra le fredde acque che crudelmente accolgono il barcone che affonda?), e tutto per i capricci di un giovanotto idealista, che s'è intestardito nel voler fare giustizia?
Chi la spunterà tra i due uomini?
Il Sindaco si vede costretto a ricorrere alle maniere forti per far capire al Maestro che la politica spesso è sporca, non è morale ed egli, in qualità di capo che si preoccupa della propria comunità, deve proteggerla, a costo di camminare nel fango e sacrificare un innocente.
Il Maestro è mosso da sentimenti ed intenzioni nobili e ammirevoli ma si ritroverà solo - non che questo lo spaventi: è disposto ad affrontare tale condizione, cosciente di essere da tutti considerato un estraneo sin dal primo momento in cui ha messo piede sull'isola - a cercare la verità e la giustizia e neppure l'arrivo di un uomo - il Commissario - che dovrebbe perseguirle per mestiere e vocazione, gli sarà d'aiuto.
Tutt'altro! Gli eventi prendono una piega incredibile e angosciante per il povero Maestro ma terribilmente reale, che lo gettano in un vero e proprio inferno, un'anima candida in un abisso di malvagità, imputato impotente al centro di una farsa che lo vede accusato di un crimine abietto e gravissimo.
Questo romanzo è come una favola nera, oscura e triste, ambientata in un luogo che ci sembra vicino e allo stesso tempo lontano da noi, pervaso da un'atmosfera rarefatta, impercettibile, quasi da sogno, dove vivono persone che non vengono chiamate per nome, grotteschi personaggi di un'opera teatrale che contribuiscono, ognuno nella propria parte e con le proprie azioni e colpevoli omissioni - a tracciare il corso di eventi drammatici.
Man mano che la storia procede, vengono alla luce quegli angoli bui che tutti possediamo e teniamo nascosti agli altri, ma che emergono in determinate circostanze; è quella parte oscura dell'essere umano che...
"quando l'uomo la contempla per la prima volta, nel segreto della sua coscienza, ne è inorridito e rabbrividisce."
Ho letto con coinvolgimento le vicende che vedono il povero Maestro vittima di un contesto che gli rema contro e che in questo modo rivela il marcio presente tra le persone che vivono in quest'isola e ruotano attorno agli antagonisti principali; la loro bruttezza morale li rende simili a delle macchiette sgradevoli, dai modi di fare selvaggi, primitivi, dominati dall'istinto più che dalla ragione; persone che - fino a quando nessuno è andato a disturbarle - conducevano una vita piatta, sempre uguale, che nel suo grigiore e nella sua sordida indifferenza teneva celato il marcio che comunque c'è in ogni casa.
Un marcio la cui puzza non può essere soffocata per sempre e a un certo punto anche il lettore sembra avvertire, insieme ai personaggi, "un odore di carogna", un fetore che ricorda le colpe dei vivi.
"Quel lezzo era il primo atto di una vendetta che si sarebbe protratta seguendo un ritmo implacabile: i morti avrebbero fatto pagare ai vivi la loro indifferenza, quei vivi che avevano trattato i corpi dei loro fratelli umani come spoglie di animali. Che avevano scelto il silenzio anziché la parola. Sarebbero stati puniti."
"La presenza di quei morti opprimeva i vivi e toglieva loro, non il gusto di vivere, ma il gusto di amare la vita e di sperare in essa."
"L'Arcipelago del Cane" è un libro capace di "schiaffeggiare" il lettore perché, rivolgendosi a lui direttamente come fa nell'incipit, fa appello alla sua sensibilità, ponendolo davanti ad una storia nera che tocca temi attualissimi (il traffico di esseri umani, i morti in mare...) e parla alla coscienza di ogni uomo, al suo senso di giustizia, alla colpa e alla ricerca della verità, facendo sì che ognuno si interroghi su quanto grave sia la strada dell'indifferenza: in quale abisso di solitudine, di aridità, di brutalità è capace di scendere l'essere umano quando si fa guidare dall'indifferenza, quando girando il capo dall'altra parte, smette di considerare i propri simili degni di amore, rispetto, solidarietà, compassione?
Questo romanzo ha una grande potenza evocativa, le parole assumono una forza poetica, lirica, pur mostrando il peggio dell'essere umano, ma questo peggio non potrebbe essere evidente se non si confrontasse col buono che è presente nell'unico personaggio positivo (il Maestro).
Mi è piaciuto moltissimo, è stata una bellissima scoperta, ho amato la penna sensibile e penetrante di Claudel e consiglio vivamente questo libro.
Curiosità: ho fatto caso a questo libro dopo che ne aveva parlato (e consigliato) Chef Rubio sui social.