lunedì 21 ottobre 2013

Recensione LA VENDETTA DI REGINA di Paolina Daniele





Un'altra recensione, questa volta di un libro di un'autrice esordiente:

LA VENDETTA DI REGINA
di Paolina Daniele


Ed. Booksprint
162 pp
13.80 euro
Sinossi

Samuel, orfano di genitori e allevato da uno zio si da alla malavita per sopravvivere. 
Un giorno incontra il capo della cosca in cui è riuscito ad entrare grazie ad un suo amico, Luca, e cioè Regina Malaspina. 
I due si innamorano ma lui all'inizio è molto restio perchè ha paura di soffrire come quando è morta la madre. 
La donna ha in progetto di vendicare la morta del padre avvenuta per opera di uno dei capimafia più potenti della Calabria. 
Affamata di brama di potere e vendetta organizza un piano per per impossessarsi del potere. 
Riuscirà nel suo intento e rapirà l'assassino di suo padre con l'intenzione di ucciderlo lentamente e farlo soffrire ma durante una notte il figlio di quest'ultimo si intrufolerà in casa Malaspina per salvare il padre che invece ucciderà per errore.




L'Autrice.
Paolina Daniela nasce nel 1991 a Belvedere Marittimo;abita a Fuscaldo (CS). Attualmente non lavora ma è studentessa presso l'università della Calabria nella facoltà di Lettere e filosofia.


il mio pensiero

La vendetta di Regina è un romanzo ambientato in Calabria, in ambienti mafiosi, saturi di cinismo, crudeltà, avidità di potere e vendetta.

Protagonista di questa storia è Samuel, detto Sam, un giovane di vent’anni, scapestrato, orfano di entrambi i genitori, che si sente solo e allo sbando dopo la morte della zia Elena (che si è presa cura di lui dopo la morte dei genitori); rimasto in casa dello zio Rodolfo, con questi non ha un buon rapporto, anzi si beccano ogni volta che tentano di parlarsi, finchè addirittura l’uomo cede sotto il peso di una vita triste e sola, senza la moglie, suicidandosi.
Rimasto davvero e definitivamente solo, a Sam non resta che il suo “lavoro”; una sera conosce il suo “capo”, appartenente a una delle più importanti famiglie mafiose calabresi, ma scopre, con sommo disappunto, che si tratta di una donna…

Regina Malaspina è il nuovo capo, dopo la morte del padre, anche se ha solo 28 anni ed è, appunto, una donna; ma il suo carattere forte – almeno in apparenza – e soprattutto la sua sete di vendetta guideranno le sue azioni e i suoi piani, per adempiere i quali ella si servirà dei suoi più fidati “scagnozzi”: Arnaldo, Paolo, Luca, Gino e Sam.
All’inizio, il giovanotto non crede che Regina possa davvero fare le veci del padre, ma dovrà ricredersi e appurare che la giovane Malaspina ha le idee abbastanza chiare su cosa fare e come comportarsi, sa farsi rispettare ed impartisce ordini ai suoi sottoposti con autorevolezza, tanto da farsi obbedire non solo da essi ma anche dai capi delle altre famiglie mafiose che, insieme a lei, tengono in mano il giro di spaccio e di altri affari sporchi in città.

Siamo di fronte ad un quadro che è davvero molto aderente alla realtà tipica dell’ambiente mafioso, in cui si parla di onore, di rispetto, di uccidere i traditori, di individuare e ricattare i politici meno irreprensibili e più facili da corrompere, di “fare le scarpe” ai cosiddetti alleati per avere più potere e più campo d’azione.

Tra Sam e Regina scatta subito la scintilla dell’attrazione, che la donna vorrebbe assecondare, abituata com’è ad avere tutto ciò che desidera ai suoi piedi; ma non è dello stesso parere Sam, che non desidera impelagarsi in una relazione sentimentale col suo capo, e per un fatto di “professionalità", e soprattutto perché teme di innamorarsi e di perdere, ancora una volta, l’oggetto del proprio amore (com’è già accaduto con la mamma e zia Elena).
Ma la razionalità andrà a farsi benedire e tra i due inevitabilmente qualcosa nascerà, nonostante le reticenze di lui e gli scatti presuntuosi di lei, che sembra sempre più ossessionata dal potere e dalla vendetta, anche se questo può voler dire mettersi contro le famiglie alleate e lo stato stesso…

Sam si rivela un giovane uomo dalle idee ben precise, dalla personalità definita, immerso nel mondo dei delinquenti e pronto ad imbracciare un fucile e a far fuori, a sangue freddo, chiunque si frapponga tra la cosca cui appartiene e i loro obiettivi ; è un ragazzo sveglio, acuto nell’osservare il prossimo, nel riconoscerne pensieri e stati d’animo, agendo di conseguenza; è il ragazzo ideale per essere il braccio destro di un capo mafioso come Regina.

Regina, a sua volta, sa ciò che vuole, ha il cuore pieno di sentimenti di rancore e odio contro chi le ha strappato a tradimento il padre ed è disposta a mettere in gioco tutto pur di mettere a punto il proprio piano.

A tutto, tranne se si tratta d rinunciare all’amore della sua vita, che è Sam, il quale dimostrerà più razionalità del suo capo e si renderà conto che la sua Regina ha bisogno di essere “aiutata” a non agire e reagire solo di “pancia”, ma pensando e ragionando…

I rischi sono tanti ma i ragazzi di Regina sono la sua protezione contro i nemici e le sono accanto qualunque cosa accada; certo, non sempre le cose vanno per il verso giusto e bisogna guardarsi le spalle, perché poliziotti testardi e traditori ce ne sono e vanno individuati…

La storia di Sam e Regina ci appare molto vivida, realistica; è scritta in modo molto semplice, il linguaggio è sicuramente colloquiale (come è giusto che sia, abbiamo a che fare con persone che non hanno chissà quale livello culturale e che sono impegnate solo al malaffare), arricchito – il che l’ho trovato efficace e convincente – da espressioni dialettali (calabresi), che danno un ulteriore tocco di “realismo” alla narrazione.

I dialoghi sono semplici, poco articolati dal punto di vista linguistico, frequenti, e danno una certa dinamicità alle scene, come se si stesse guardando una di quelle fiction sulla mafia che tanto spesso vengono mandate in tv; i personaggi secondari sono poco delineati, anche perchè si dà più spazio ai principali.

E’ sicuramente un racconto interessante, che tratta tematiche purtroppo attuali, per nulla lontane dalla realtà del Sud (cui appartengo) e molto forti; c’è molta violenza, molta crudeltà, come del resto se ne trova in questi ambienti malavitosi, in cui il rispetto è solo tra i membri del clan (sempre che non si rivelino dei traditori) e dove la freddezza nell’ammazzare è pane quotidiano ed è un dato “scontato”.

La cosa che ho trovato poco piacevole, durante la lettura, si riassume in due episodi per me emblematici e che, alla fine, mi hanno fatto un po’ “detestare” i protagonisti del romanzo; il primo lo scrivo liberamente, l’altro lo evidenzio di nero perché riguarda praticamente la fine del libro, quindi invito i lettori interessati alla lettura dello stesso a passare oltre.

C’è un momento in cui Sam sembra mostrare segni di ravvedimento rispetto alla propria vita di mafioso, cosa che lo spinge ad andare in chiesa e a parlare con un prete; ma ahimè, Sam non è realmente pentito, afferma apertamente di non vergognarsi delle proprie cattive azioni e, sotto “suggerimento” del prete, ammette che magari un po’ pentito (ma giusto un po’) lo è…; al che, il prete con molta nonchalance, gli dà pure l’assoluzione.

Ecco, questa scena mi ha fatto una strana sensazione…; non so, l’Autrice ha avuto l’occasione di darci un aspetto umano di Sam, ma non l’ha sfruttata fino in fondo, anzi ha finito per rendere il prete quasi “indifferente” al giovane avanti a sé, al quale ha dato un perdono troppo facile, come se il male di cui il ragazzo si era macchiato fino ad allora, non fosse poi così grave…

Ho trovato questo non dico non realistico, perché ci può essere pure che, in realtà difficilissime, si finisca per "abituarsi", adattarsi al male e di giudicarlo con meno durezza (ma su questo starei attenta a non generalizzare...!) , ma comunque poco positivo, come "messaggio".

La seconda scena è verso la fine: dopo aver giustiziato un commissario di polizia, un “servitore dello stato” (giustamente a caccia di mafiosi), si scopre che il caso del suo omicidio (chiaramente ad opera di Sam) è stato archiviato e questo genera la felicità di Regina e dei suoi affiliati, che finalmente possono staccare la spina da tutto il marcio di cui sono autori e protagonisti e concedersi il lusso di una vacanza.

Ecco questa è una cosa che un po’ mi ha… non dico turbata, ma lasciata interdetta: non c’è un trionfo della giustizia…?

Io non dico che alla fine il bene deve per forza trionfare sempre, dovunque e comunque… e immagino che un autore abbia tutti i diritti di fare scelte narrative diverse, "alternative" o in qualunque modo le si voglia definire; voglio dire, mi rendo conto che non è una regola dare l'ultima parola ai "buoni" piuttosto che ai "cattivi", molto dipende dall'obiettivo che ci si propone scrivendo, dal messaggio che si vuole comunicare...
Però non nascondo che un po’ mi ha spiazzato, è come se in questo libro il male sia predominante e l’appartenere alla mafia sia un “dato di fatto”, una realtà per alcuni individui inevitabile, dalla quale non si torna indietro, non c’è una “soluzione” positiva e il diritto di essere felici e realizzati ce l’hanno pure i delinquenti…

Detto questo, ammetto di aver forse esagerato nel volerci vedere per forza un “messaggio”, un significato particolare nel romanzo, magari è giusto che venga preso per quello che è, cioè un libro che ci apre il velo su personaggi-tipo legati alla malavita, senza necessariamente dare colorazioni morali ed etiche, cosa che invece ho fatto io….
Del resto, la lettura di un libro, e l'opinione che ci si forma su di esso, è assolutamente soggettiva.

Lo consiglio, comunque; si legge con molta scorrevolezza per la sua dinamicità, è ben contestualizzato e scritto con sufficiente realismo.

Recensione: DIARIO 1941-1943 di Etty Hillesum



DIARIO 1941-1943
di Etty Hillesum


Adelphi
Trad. C. Passanti
260 pp
8.50 euro
Sinossi

All’inizio di questo Diario, Etty è una giovane donna di Amsterdam, intensa e passionale. Legge Rilke, Dostoevskij, Jung. 
È ebrea, ma non osservante. I temi religiosi la attirano, e talvolta ne parla. Poi, a poco a poco, la realtà della persecuzione comincia a infiltrarsi fra le righe del diario. 
Etty registra le voci su amici scomparsi nei campi di concentramento, uccisi o imprigionati. 
Un giorno, davanti a un gruppo sparuto di alberi, trova il cartello: «Vietato agli ebrei». Un altro giorno, certi negozi vengono proibiti agli ebrei. Un altro giorno, gli ebrei non possono più usare la bicicletta. Etty annota: «La nostra distruzione si avvicina furtivamente da ogni parte, presto il cerchio sarà chiuso intorno a noi e nessuna persona buona che vorrà darci aiuto lo potrà oltrepassare». 
Ma, quanto più il cerchio si stringe, tanto più Etty sembra acquistare una straordinaria forza dell’anima. 
Non pensa un solo momento, anche se ne avrebbe l’occasione, a salvarsi. 
Pensa a come potrà essere d’aiuto ai tanti che stanno per condividere con lei il «destino di massa» della morte amministrata dalle autorità tedesche. Confinata a Westerbork, campo di transito da cui sarà mandata ad Auschwitz, Etty esalta persino in quel «pezzetto di brughiera recintato dal filo spinato» la sua capacità di essere un «cuore pensante». 
Se la tecnica nazista consisteva innanzitutto nel provocare l’avvilimento fisico e psichico delle vittime, si può dire che su Etty abbia provocato l’effetto contrario. 
A mano a mano che si avvicina la fine, la sua voce diventa sempre più limpida e sicura, senza incrinature. Anche nel pieno dell’orrore, riesce a respingere ogni atomo di odio, perché renderebbe il mondo ancor più «inospitale». La disposizione che ha Etty ad amare è invincibile. 
Sul diario aveva annotato: «“Temprato”: distinguerlo da “indurito”». 
E proprio la sua vita sta a mostrare quella differenza.

il mio pensiero


Hetty Hillesum nasce a Middelburg nel 1914, da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, e muore ad Auschwitz nel novembre del 1943. Il suo diario, fortunosamente scampato allo sterminio della famiglia (ad Auschwitz persero la vita anche i genitori e il fratello Mischa) e poi passato di mano in mano, apparve finalmente nel 1981 presso l'editore De Haan, riscuotendo un immenso successo, paragonabile a quello che accolse il Diario di Anna Frank.
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La lettura di questo diario (di cui esiste la versione integrale) mi ha permesso di entrare nel mondo di una giovane donna che ha vissuto uno dei periodi umanamente più difficili e drammatici della storia mondiale, vale a dire il periodo della Seconda Guerra Mondiale ed in particolare il dramma dello sterminio degli Ebrei ad opera dei malvagi nazisti.

Entrare nel “mondo” interiore di Etty, che si caratterizza per una ricchezza ed una profondità notevoli e di un certo spessore, non è stato semplice; forse esagero o sono presuntuosa, ma è stato più “semplice” entrare nel rifugio con Anna Frank – attraverso il suo diario – a 11 anni, che entrare oggi, a 34, in quello della 28enne Etty.

Ad ogni modo, dopo le prime “difficoltà”, è risultato inevitabile lasciarmi coinvolgere nella mente e nel cuore dalle parole profonde e sentite di una ragazza intelligente, sveglia, sensibile, determinata ma che rivela, allo stesso tempo, una grande fragilità; Etty scrive il suo diario manifestando una grande capacità di guardarsi dentro, di esaminare le proprie emozioni, sensazioni, desideri; ha un grande bisogno di essere amata ma sente che il suo essere una personalità “troppo spirituale” le pare quasi un punto di demerito, tant’è che dice di sentirsi inferiore.
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La scrittura è evidentemente per lei un modo per mettere nero su bianco tutto quello che l’attraversa, come per aiutarsi a prenderne consapevolezza, una sorta di “rifugio”, per mettere ordine dentro se stessa, pur rendendosi conto che

“La vita non può esser colta in poche formule. In fondo, è quel che stai cercando di fare tutto il tempo, e che ti porta a pensare troppo: stai cercando di rinchiudere la vita in poche formule ma non è possibile, la vita è infinitamente ricca di sfumature, non può essere imprigionata né semplificata.”

Vive con una certa indolenza e “stanchezza” le proprie giornate, almeno agli inizi del 1941.

“Dentro di me c'è una melodia che a volte vorrebbe tanto essere tradotta in parole sue. Ma per la mia repressione, mancanza di fiducia, pigrizie non so che altro, rimane soffocata e nascosta. A volte mi svuota completamente. E poi mi colma di nuovo di una musica dolce e malinconica”.

Ma forse questa “indolenza” apparente è solo una reazione inconscia alla paura e al terrore che, vuoi o non vuoi, le voci di un rastrellamento degli ebrei in Olanda, del loro “trasferimento” nei campi di lavoro, provocano in lei, mettendola – da un certo momento in poi – in un continuo stato di “sospensione emotiva”, sempre in attesa che da un giorno all’altro qualcuno possa prelevare lei e i suoi cari da casa e portarli via, verso la fine…
Dalle sue pagine, emerge come Etty senta spesso di essere inadeguata rispetto al mondo che la circonda, che le basti poco per essere fraintesa, per ritrovarsi, come poi realmente si sente, sola.

E così aumentano giorno per giorno sentimenti di paura, sfiducia verso se stessa, ma l’umore e lo stato psicologico sono altalenanti per cui Etty si ritrova tra periodi di depressione ed altri di serenità, in cui accetta l’idea che la tristezza faccia parte dell’esistenza.

A dare un certo senso e “colore” alle sue giornate, ci pensa la figura importante di Julius Spier (nel diario è chiamato solo S.), un uomo maturo (fondatore della psicochirologia) di cui lei è a modo suo innamorata (anche se Etty chiarisce molto di frequente, nel proprio diario, come per lei sia impensabile amare totalmente una sola persona alla volta, essendo il suo cuore troppo pieno d’amore e lei desiderosa di riversarlo su più persone) e su cui convergono gran parte dei suoi pensieri, delle sue emozioni.

Man mano che attorno a sé l’odio dei tedeschi per il popolo ebraico si fa sempre più prepotente e pericoloso, Etty tende a cercare un livello spirituale sempre più profondo, che si manifesta nella preghiera, quale “rifugio” dal terrore.

Nella seconda parte del diario, quando l’oppressione nazista verso gli ebrei si fa più feroce e vicina alla sua realtà quotidiana, lei continua a manifestare la propria fede in Dio (c'è da precisare che, anche se spesso si ha l’impressione che si rivolga ad un Dio “personale” – che noi identificheremmo come “il Dio degli Ebrei e della cristianità” - è pur vero che però l’Autrice chiarisce come “Dio” sia solo una parola che lei usa per indicare la parte più profonda di sé, quella più “spirituale”) e il proponimento di non soccombere davanti alla paura e alla rassegnazione, quanto piuttosto di vivere giorno per giorno, con fiducia, perché la vita è e resta, anche in quei giorni pieni di dolore, degna di essere vissuta.

“Un'altra cosa ancora dopo quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi,
ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi.”

Oscilla tra sentimenti di sconforto ed altri in cui si sforza di guardare e pensare ancora al buono che c’è nell’uomo e di convincersi che, a prescindere da chi sia l’agente del male, in un dato momento storico, ciò che conta è “come si porta, sopporta, e risolve il dolore, e se si riesce a mantenere intatto un pezzetto della propria anima.”, “ Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile” 

e ancora

“Bisogna invece che abbia tutto in me stessa. Si deve anche essere capaci di vivere senza libri e senza niente. Esisterà pur sempre un pezzetto di cielo da poter guardare, e abbastanza spazio dentro di me per congiungere le mani in una preghiera.”.

Impressiona (in senso positivo) - e ricorda le parole di Anna Frank -  la capacità di Etty di continuare a guardare il buono che la vita e gli uomini ancora nascondono in sé; Etty non hai mai parole negative verso coloro che stanno facendo del male al suo popolo (e non solo ad esso, chiaramente); guarda al male attorno a sé come a qualcosa che purtroppo è inevitabile e che in fondo ha sempre accompagnato la storia dell’uomo.

“Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me.
Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e «lavorare a se stessi» non è proprio una forma d'individualismo malaticcio. Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso - se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile.”


Arriviamo alla fine del suo diario con la sensazione che l’ineluttabile si stia avvicinando e che Etty ne sia consapevole, che cerchi di accettarlo e di andare incontro al proprio “destino” con calma, serenità e accettazione.

“Mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore s'innalza sempre una voce - non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare - e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo  pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi.”

Una lettura che non può mancare e che ancora una volta ci apre gli occhi della mente e del cuore su un passato di tragedie umane che non dovranno mai essere sminuite, banalizzate, dimenticate e che scritti come questi continueranno a tener vivo nella memoria di ciascuno di noi... PER NON DIMENTICARE, perchè l'uomo non ricada negli stessi terribili errori.

Per i più volenterosi, un sito dedicato a Etty Hillesum...: QUI

domenica 20 ottobre 2013

Citazioni condivise



Citazione molto molto bella, di Gramellini, tratta da "L'ultima riga delle favole" e "presa" da 10 righe dai libri.
Mi piace e mi ci ritrovo, sia per la questione della timidezza, che ahimè mi caratterizza da sempre, sia per l'amore per i libri... anche se purtroppo non alimentano molto la mia fantasia..., essendone abbastanza povera...!

E VOI, LA CONDIVIDETE? VI PIACE?

Glitter Photos
citazione

Sono grato alla mia timidezza 
che talvolta riesce a preservarmi dall'arroganza.

Sono grato alla mia fantasia 
e ai libri che mi forniscono gli strumenti per allenarla.

sabato 19 ottobre 2013

Recensione A CAPOTAVOLA. "Storie di cuochi, gastronomi e buongustai" di Laura Grandi Stefano Tettamanti



Ed eccomi qui a riproporvi un libro di cui vi ho già accennato tempo fa:

A CAPOTAVOLA
di Laura Grandi
Stefano Tettamanti


A capotavola
Ed. Mondadori
192 pp
18 euro
Settembre 2013
Sinossi

«La buona cucina è un agente morale. Per buona cucina intendo la preparazione coscienziosa del semplice cibo quotidiano, non la più o meno talentuosa elaborazione di oziosi banchetti e piatti eccentrici. [...] Il proposito di un libro di cucina è uno e inequivocabile.
Il suo unico obiettivo concepibile non può essere che accrescere la felicità degli esseri umani.» È sorprendente scoprire che l'autore di queste righe, e di molte altre altrettanto appassionate sul tema, è Joseph Conrad, nella prefazione al libro di ricette pubblicato nel 1923 da sua moglie Jessie.
A capotavola è intessuto di sorprese simili a questa: perché scruta attraverso la lente della passione gastronomica le vite di una galleria di personaggi straordinari - dalla A del copista arabo Muhammad Al-Baghdadi alla Y dello scrittore cinese Yuan Mei, passando per Pellegrino Artusi, André Michelin, Agatha Christie, Georges Simenon, fino ad Ave Ninchi, Elena di Sparta e Margherita di Savoia.


il mio pensiero

A capotavola è un viaggio affascinante tra personaggi del passato che in qualche modo hanno avuto a che  fare con la cucina...!
E' come sfogliare un album di fotografie che immortala momenti, gesti, "scoperte" intenzionali o casuali, che hanno caratterizzato la vita di alcune donne e alcuni uomini, insospettabilmente legati al mondo della gastronomia.
E ci sono davvero i personaggi più particolari, da quelli più "scontati" (in materia di cucina) come Pellegrino Artusi con il suo "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" (di cui mia madre ha una copia! ^_^), Veronelli, Brillat Savarin ecc. a quelli che probabilmente non immaginerebbero (se fossero vivi) di venir citati in un libro dal sottotitolo "Storie di cuochi, gastronomi e buongustai".
Qualche esempio?
Tra i primi simpatici personaggi amanti della buona cucina figura un certo Marco Gavio Apicio, che merita un posto tra gli altri nomi più noti per essere stato un "ghiottone", la cui personalità gastronomica è stata associata a quella del grande Ugo Tognazzi.
Si prosegue con il politico Bismarck, o con lo scrittore e giornalista Gianni Brera, fermo nell'idea che 

"la tavola dove si pranza è il luogo privilegiato in cui gli uomini conoscono e imparano, dove vivere trova senso e conforto...".

Ho appreso come Agatha Christie si sia meritata anche lei un posto "a capotavola" (tra i tanti motivi) per aver mostrato un'invidiabile "competenza" nel somministrare veleni dalle tracce invisibili ai poveri sfortunati dei suoi numerosi e celebri gialli; accanto a lei, siedono Joseph Conrad ("La buona cucina è un agente morale"), il "papà di D'Artagnan" - Dumas padre -, Ernest Hemingway e ancora Herman Hesse (che a dire il vero preferisce l'alcool, per distrarsi, al cibo)...
Ma non solo la buona forchetta viene esaltata, anche il piacere di un buon bicchiere, che sia di champagne (e qui ricordiamo Dom Perignon, un frate che in una notte qualunque si accorse che stava "bevendo le stelle") o di whiskey o ancora di the..
E così, tra chi si affeziona a una cucina dopo aver mangiato in un vagone ristorante e chi si lascia dedicare una Margherita in virtù del tricolore, passando per Nonna Papera con la sua fragrante torta di mele e ricordando il sign. Sandwich - più per il panino con la carne che per lui in sè per sè -, gli Autori ci accompagnano, con chiarezza e a volte un pizzico di piacevole ironia, in questo viaggio gastronomico, in cui l'attenzione si sofferma leggera e incuriosita su personaggi lontani e recenti, raccontandoci di essi gli aneddoti più interessanti e legati al cibo.

Un libro interessante e leggerlo è stato davvero piacevole..!

L'autunno è Neri Pozza (anteprime, 3° parte)



Continuano i fantastici e prossimi arrivi Neri Pozza!

ENON
di Paul Harding


Enon
Ed. Neri Pozza
I narratori delle tavole
240 pp
16 euro
NOVEMBRE 2013?
Trama

Quasi tutti i Crosby, da Howard, che girovagava con il suo carro pieno di mercanzie tra i boschi del Maine, a George Washington, che trascorreva i suoi giorni riparando orologi, hanno lasciato vedove le mogli e orfani i figli. 
 Charlie Crosby costituisce l’eccezione. Il destino è scritto diversamente per lui. 
Nipote di George Washington, Charlie vive a Enon, una piccola città a nord di Boston. Pittura case, e a volte gli capita di tagliare l’erba nei giardini e spalare la neve. 
Una vita fatta di piccole cose: camminare nei boschi con Kate, la figlia tredicenne che si incanta ancora a dar da mangiare alle cince e ai picchi che vengono a beccarle i semi dal palmo; avventurarsi in canoa lungo il fiume che attraversa il paese; contemplare Susan, la moglie, un mistero vivente per il benevolo distacco che traspare dai suoi occhi turchesi e tuttavia, proprio per questo, un mistero irresistibile.
Certo, per i genitori di Susan, Charlie è una persona debole o tutt’al più di buon senso, capace solo di borbottare frasi di poco conto in loro presenza. 
Tuttavia, la loro considerazione non lascia crepe nel rapporto tra Charlie e la moglie, reso ancora più forte dalla nascita della loro adorata unica figlia. 
Un giorno però irrompe, crudele, insensata, terribile, la tragedia.
 In un piovoso pomeriggio di settembre che annuncia la fine dell’estate, mentre sta rientrando in auto dopo una passeggiata nei boschi, Charlie riceve una telefonata di Susan. Con la voce spezzata dal dolore, la moglie gli dice che un automobilista ha travolto Kate mentre tornava in bici dalla spiaggia, e che tutto è stato così rapido, inevitabile e assurdo che i soccorsi si sono rivelati inutili. La fine della ragazza lascia macigni pesanti sul cuore di Charlie. 
Susan cerca di reagire, di non soccombere alla sofferenza, ma Charlie cede di schianto.
Un giorno, dopo aver trascorso quasi tutta la notte seduto al buio, esausto e senza riuscire a dormire, Charlie scaglia un pugno contro la parete del pianerottolo.
 Il vecchio intonaco di crine si riversa dal muro come la sabbia da una clessidra a sancire che un altro tempo si è esaurito: quello tra Charlie e Susan, che se ne torna a casa dei suoi, nella sua vecchia camera da letto, che la madre usa per cucire ormai da vent’anni. 
Sembrerebbe tutto perduto per il nipote di George Washington Crosby, tutto precipitato nell’abisso della disperazione.
15797396
-
 Tuttavia, da qualche parte è ancora all’opera la semplicità salvifica della natura e del mondo. 

Con un romanzo struggente e poetico, Paul Harding narra una storia in cui il dolore più grande – la perdita di un figlio per un genitore – apre a una nuova considerazione, a un nuovo senso della vita.

L'autore.
Paul Harding ha insegnato scrittura creativa a Harvard e all’Università dello Iowa. Oggi vive a Georgetown, nel Massachusetts, con la moglie e i figli. Ha esordito nel 2009 con L’ultimo inverno (Neri Pozza 2011). Pubblicato dalla piccola casa editrice indipendente Bellevue Literary Press, il romanzo, primo di una trilogia, vinse nella sorpresa generale il premio Pulitzer 2010. Enon è il secondo romanzo del ciclo
.


IL CAMPO DI BATTAGLIA E' IL CUORE DEGLI UOMINI
di Carlo Patriarca

Ed. Neri Pozza
I narratori delle tavole
224 pp
15 euro
NOVEMBRE 2013?






Da amici fraterni a duellanti: una storia d’amore e di gelosia, di libertà e tirannia durante le guerre napoleoniche.

Trama

Etienne e Raymond hanno stretto un patto di indissolubile amicizia all’École militaire di Bordeaux, dov’erano tra gli allievi più brillanti, prima di ritrovarsi, nell’aprile del 1796, nella piana di Albenga al seguito dell’Armata d’Italia di Bonaparte, acquartierata in attesa di muovere verso le fertili pianure padane.
Etienne vaga smanioso per l’accampamento, passeggiando tra le tende e scavalcando corpi addormentati.
Medico abituato a fronteggiare quotidianamente i numerosi malanni di un esercito in guerra – febbri tifoidi, amputazioni, scabbia, vaiolo, scorbuto, pazzia, nostalgia –, Etienne cerca di vincere il tedio esercitandosi al suo amato violoncello.
Raymond è ancora più inquieto. Sulla testa ostenta sempre il suo bonnet d’ourson decorato da una splendida piuma viola, e sul volto mostra ancora la sua proverbiale nobiltà d’animo.
Tuttavia, l’irruenza e la spavalderia della gioventù sembrano in lui un ricordo del passato.
Ufficiale colto e di bell’aspetto, che parla correntemente l’italiano e il tedesco, Raymond ha ricevuto qualche tempo fa un incarico delicato: recarsi a Milano per raccogliere informazioni da inviare a Parigi sullo stato e la consistenza della guarnigione austriaca. 
Mai missione si è rivelata più fatale per lui, e il fato ha un solo nome: Costanza Melzi d’Eril, cugina prima del conte Francesco, ben noto in città per le sue simpatie repubblicane, e moglie di un uomo facoltoso e assai fedele agli austriaci.
Viso perfetto persino per il più riottoso dei ritrattisti, collo lungo e delicato, spalle dritte e sottili e seno rigoglioso, Costanza ha infranto talmente il cuore di Raymond da rendergli insopportabili le ore trascorse lontano da lei.
«Sono irrimediabilmente perduto» confessa l’ufficiale a Etienne che, convinto che la guerra contro le potenze monarchiche dell’Ancien Régime non possa concedere spazio al sentimento, cerca invano di ridestare nell’amico l’antica risolutezza che ne faceva l’allievo migliore a Bordeaux.
In una pausa della dura campagna d’Italia accade, tuttavia, l’irrimediabile: Etienne incontra a Milano Costanza e resta trafitto dal suo fascino e dalla sua bellezza. 
Con Raymond non lascia trapelare nemmeno un «riflesso di quel diamante spigoloso» che la donna gli ha appoggiato sul cuore, tuttavia le voci corrono e, durante la campagna d’Egitto in cui lo scoraggiamento bellico si accompagna ai deliri di onnipotenza di Napoleone, i due amici si trasformano in duellanti.
Carlo Patriarca
-

Opera in cui l’amicizia e il tradimento, l’amore e la passione, la libertà e la tirannia si intrecciano in una trama avvincente, Il campo di battaglia è il cuore degli uomini svela un nuovo talento della narrativa italiana, capace di padroneggiare come pochi il romanzo storico e i temi propri della letteratura.

L'autore.
Carlo Patriarca (Sondrio 1960) è un medico anatomopatologo. Ha studiato a Pavia e ha lavorato a Genova, Milano e Como. E' sposato e ha due figli. Vive a Milano. Il campo di battaglia è il cuore degli uomini è il suo primo romanzo
.


LA RICCHEZZA
di Marco Montemarano

Ed. Neri Pozza
Bloom
272 pp
16.50 euro
NOVEMBRE 2013?
Trama


A quindici anni Fabrizio Pedrotti è già un gigante.
A volte se ne sta in piedi in mezzo alla sua cameretta come se il suo corpo fosse un fantoccio ingiustificabile e lui non sapesse come disfarsene. 
È bello, è un leader. 
A scuola è attorniato da una folla di cortigiani, e il mondo gli si srotola ai piedi come un tappeto.
Un giorno del 1975, nel corridoio di un liceo romano, Fabrizio sceglie Giovanni come amico. 
Gli mette una mano sulla testa e lo elegge a suo scudiero. Poi lo ribattezza Hitchcock e lo accoglie nella cerchia più intima della sua famiglia. 
Nel lussuoso appartamento dei Pedrotti, Giovanni-Hitchcock si muta nel testimone della vita dell’intero nucleo familiare. 
Riesce a scorgere il padre, un onorevole perennemente assente da casa, in una imbarazzante intimità; si rende subito conto della svagata cortesia ed estraneità della madre; stringe amicizia con Mario, il fratello minore, un ragazzo gracile, un fantasma in pantofole che rasenta i muri aprendo e chiudendo in silenzio le porte; ha una relazione clandestina con Maddalena, la seducente sorella, una ragazza quasi adulta, coi ricci del colore di certe alghe marine; e infine apprende il lato nascosto, la zona d’ombra del rapporto tra Fabrizio e il fratello. 
A volte Fabrizio sente un fremito tra il palato e la radice del naso, una specie di istinto a mordere. 
E allora lui, il gigante, tortura l’esile fratello minore, lo sveglia a morsi e lo sfinisce con il solletico. Finché Mario, che è in preda al panico al minimo tocco, smette quasi di dare segni di vita. 
Al fianco dei Pedrotti, Giovanni abbraccia completamente l’identità di Hitchcock. Al punto tale che si convince persino di aver determinato la rovina e l’infausto destino di Fabrizio, Mario e Maddalena con un atto scriteriato e irresponsabile nell’acceso clima politico degli anni Settanta. Finché, con il trascorrere degli anni, e l’irrompere della maturità, la verità dei Pedrotti e di Hitchcock, il loro scudiero, gli appare sotto una luce inaspettata e sorprendentemente diversa.

Con la sua scrittura asciutta e controllata, La ricchezza è un romanzo che narra dei ragazzi degli anni Settanta, di una generazione che ha consumato in fretta il proprio tempo nel sogno e nell’illusione, per esporre alcuni dei temi fondamentali della letteratura di ogni tempo: le grandi speranze e le fragili certezze della gioventù, l’impossibilità di accedere alle vite degli altri, gli inganni della memoria e dell’Io.
Marco Montemarano
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L'autore.
Marco Montemarano è nato a Milano, cresciuto a Roma e vive da oltre 20 anni a Monaco. È scrittore, giornalista, traduttore e musicista. Il suo romanzo Acqua passata è tra i vincitori dell’edizione 2012 del concorso IoScrittore ed è stato pubblicato in e-book. I due album musicali Così sempre e The Art of Solo Guitar (RoBa/Zaraproduction) raccolgono sue composizioni per chitarra
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LA NOTTE PIU' BUIA
di Monika Held

Ed. Neri Pozza
I Narratori delle tavole
Trad. R. Cravero
272 pp
17 euro
NOVEMBRE 2013?
Come si può pensare di vivere il presente, 


 se le ferite del passato sanguinano ancora?

 Uno struggente romanzo sull’Olocausto che ritorna
a una delle pagine più intense della nostra storia: i processi per i crimini di Auschwitz.

Una magnifica storia d’amore tra una traduttrice tedesca e un sopravvissuto al campo di Auschwitz.

Un viaggio liberatorio nella memoria, per lasciarsi la sofferenza alle spalle e riprendersi un futuro che spetta a tutti.


Trama

È il 5 giugno 1964 quando Lena attraversa l’atrio del tribunale di Francoforte, dove lei lavora come traduttrice, e incontra Heiner Rosseck. 
Quell’uomo magro e taciturno è appena arrivato da Vienna per partecipare al processo contro i crimini nazisti di Auschwitz, in cui è stato prigioniero. 
Lena lo assiste in un momento di difficoltà e non ci mette molto a capire che quell’uomo è disperato. Prima di tutto perché, per Heiner, ricordare significa riaprire ferite terribili e dolorose: spiegare come si sopravvive in un campo di sterminio, quali lavori si svolgono, quante vessazioni fisiche e umiliazioni psicologiche si devono subire, o raccontare come muoiono ogni giorno centinaia di uomini, donne e bambini. 
E poi, Heiner parla davvero una lingua diversa dalla sua: una lingua in cui «rampa» non indica il pezzo di metallo di un magazzino, ma lo scivolo su cui i corpi venivano trasportati verso i forni crematori, in cui «camino» è la più impronunciabile delle parole, e in cui il verbo «selezionare» riporta alla memoria ricordi spaventosi. 
Quando al cinquantesimo giorno di processo Heiner non ce la fa più e scoppia a piangere, il giudice sospende il processo. 
16153065
,
Heiner vuole tornare a Vienna, lontano da tutti quelli che lo accusano di non riuscire a scrollarsi quel passato di dosso. Ma ormai è troppo tardi. 
Lena ha capito cosa lo tormenta e non vuole lasciarlo andare.
 Inizia così una struggente «educazione sentimentale» che li avvicina sempre di più, e che si concluderà vent’anni dopo in Polonia, dove Lena, dopo aver visitato i luoghi in cui quell’orrore ha avuto inizio, capirà che le ombre di Heiner non se ne andranno mai e che toccherà a lei lottare ogni giorno per ricordargli che esiste un’altra possibilità per ripartire da zero ed essere finalmente felice: fidarsi di lei. 

Con un romanzo dalla trama coinvolgente e uno stile ricco di esplosioni poetiche, Monika Held fa tesoro delle testimonianze raccolte in prima persona dai sopravvissuti dei campi di sterminio e dipinge una storia d’amore universale, cruda e commovente assieme, che riflette sulla memoria, sulla sofferenza e sul diritto di ogni uomo di poter credere in un futuro.

L'autrice.
Monika Held (1943) è nata e cresciuta ad Amburgo. Ha scritto articoli su diversi quotidiani («Frankfurter Rundschau») ed è stata editor per la società di comunicazione Hartmann and Braun’s, prima di diventare giornalista freelance. Ha ottenuto numerosi premi per i suoi articoli e per il suo impegno politico, tra cui il German social Prize, l’Elisabeth Selberg Prize, il Reporting Prize e la Polish Medal. Attualmente vive a Francoforte sul Meno, in Germania
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ISTITUTO DI BELLEZZA MARGARET THATCHER
di Marsha Mehran

Ed. Neri Pozza
Le tavole d'oro
288 pp
16.50 euro
NOVEMBRE 2013?
Amori, intrighi e tradimenti delle donne dell’Istituto di bellezza Margaret Thatcher, Avenida Florida 1796, Buenos Aires, nell’attesissimo nuovo romanzo dell’autrice di Caffè Babilonia.




Un romanzo pieno di grazia e di fascino che unisce culture e mondi differenti. Un collage di storie armoniose e toccanti, esotiche e divertenti, che è un inno al potere magico della letteratura.

Trama

Teheran. Primavera 1982. Quando in Iran scoppia l’ennesimo attentato, Zadi abbandona l’hammam in cui lavora, prende la figlia Maryam e sale su un aereo diretto a Buenos Aires.
Ad attenderla
nel palazzo al numero 1796 dell’Avenida Florida, c’è la signora Haji, proprietaria di un istituto di bellezza fatto in casa. 
Sede, in passato, dell’accademia delle Belle Arti della città, l’edificio che ospita ora l’istituto è solo un condominio abitato da profughi iraniani come Zadi. 
Così, quando la nuova arrivata propone a Haji di riunirsi ogni settimana per leggere insieme nella loro lingua e ripensare alla loro terra natale lontana, magicamente il condominio si anima, riportando a galla le storie dei suoi inquilini. 
Quella della signora Haji, ad esempio, che ha girato il mondo con il grande amore della sua vita e ha appreso i segreti della «danza rotante» dei dervisci. O quella del Capitano Soheil Bahrami, che dopo un periodotrascorso nella prigione di Farvin, vive ora con la figlia Sheema, una studentessa di medicina innamorata di una compagna di corso. 
E ancora, quella di Parastoo, l’apprendista di Haji, sposata con un uomo che le ha fatto credere di possedere una fortuna e poi l’ha abbandonata; oppure quella di Homa e Reza, che di giorno lavorano al mercato e la sera dipingono miniature; o, infine, quella del giovane e attraente rivoluzionario Houshang, infatuato di Zadi. 
E mentre l’Inghilterra di Margaret Thatcher dichiara guerra all’Argentina per le Falkland, una nuova inquilina fa il suo arrivo al numero 1796 dell’Avenida Florida. Dice di chiamarsi Khanoum Soltani, ma somiglia moltissimo alla poetessa iraniana Farzaneh Farangi. 
E tra amori segreti, confessioni commoventi e ricordi di un tempo perduto per sempre, saranno proprio le parole di Farzaneh a spingere gli inquilini a smetterla di vivere nel passato e a cominciare finalmente la loro vita nuova in Argentina.

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Con una trama avvincente e una lingua aggraziata che mescola culture e mondi lontani, Marsha Mehran – già nota in tutto il mondo con Caffè Babilonia – costruisce un collage di storie armonioso e toccante e si conferma una delle nuove voci più interessanti del panorama letterario contemporaneo, con un romanzo che si preannuncia già un bestseller della prossima stagione.

L'autrice.
Marsha Mehran ha lasciato l'Iran durante la rivoluzione khomeinista e si è rifugiata con la sua famiglia in Argentina. A Buenos Aires i suoi genitori hanno aperto un caffè mediorientale, mentre lei studiava in una università privata scozzese. Dopo aver vissuto negli Stati Uniti e in Australia, Marsha Mehran vive ora in Irlanda. Caffè Babilonia, il suo primo romanzo, è stato un best seller internazionale
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LIETO FINE
di Edward St.Aubyn

Ed. Neri Pozza
Bloom
272 pp
16 euro
NOVEMBRE 2013?





L’episodio conclusivo dei Melrose: una saga che ha appassionato centinaia di migliaia di lettori.


Una commedia sociale – intelligente, profonda e magnificamente scritta – che svela le ipocrisie della nobiltà inglese e conferma il talento di uno dei narratori contemporanei più importanti.

Trama

Cos’altro può capitare a Patrick Melrose, dopo un’infanzia con un padre violento e una madre alcolista; un’adolescenza tra droghe e party lussuosi; e una maturità segnata dal ritorno nella tenuta di famiglia e dall’infelice matrimonio con Mary? 
Quando anche sua madre Eleonor muore, Patrick sogna di lasciarsi alle spalle il disgusto verso la
propria famiglia e quella vita troppo sregolata. 
Al funerale, però, mentre la bara della madre entra nella navata e i parenti gli presentano
le condoglianze, riceve la notizia che sua madre non l’ha diseredato, come avrebbe voluto suo padre, ma gli ha lasciato in eredità ben due milioni di sterline. 
Perché quel lascito? 
E se non fosse un regalo, bensì un’ammissione di colpevolezza? Separato in casa con la moglie Mary e tentato da Becky, una ventenne «bella, disponibile e mentalmente disturbata», Patrick si rifugia nel silenzio del lutto e, per la prima volta, riflette a mente lucida sugli eventi che lo hanno portato a diventare la persona che è. 
Sprofondando di nuovo nel corridoio di un’infanzia raccapricciante e parlando con filosofi e strizzacervelli, con ex amanti e servitori, Patrick non può smettere di domandarsi perché sua madre non sia mai intervenuta per fermare le violenze del marito su di lui. 
E solo quando entra in possesso di alcune vecchie lettere, intuisce la raccapricciante evidenza: sua madre Eleonor, che lui aveva sempre considerato la seconda vittima di un marito dispotico, era a conoscenza di tutto. 
E lui, in tutti quegli anni, è stato solo «un giocattolo nella masochistica relazione tra i suoi genitori». 
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Con la stessa profonda indagine psicologica dei libri precedenti, Edward St Aubyn – paragonato dalla critica britannica e statunitense a Evelyn Waugh e Oscar Wilde per la sferzante descrizione dell’upper class inglese e a Martin Amis, per il nichilismo – conclude uno dei cicli narrativi contemporanei più belli degli ultimi anni, con un romanzo elegante e spietato che, raccontando la storia di una famiglia, riesce a illuminare i luoghi più bui e inquietanti dell’animo umano.

L'autore.
Edward St Aubyn è nato nel 1960 in una zona della Cornovaglia abitata dai St Aubyn dai tempi della conquista normanna. È autore dei romanzi A Clue to an Exit e On the Edge, nonché dalla tetralogia I Melrose (Neri Pozza, 2013) dove ha raccontato le storie tragiche e comiche della sua famiglia e con cui è stato finalista del Booker Prize e vincitore del Prix Fémina
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L'autunno è Neri Pozza (anteprime 2° parte)



Ancora novità Neri Pozza!!!

Lasciando casa mi piace per la protagonista femminile, Emma; Il genio e il golem per l'atmosfera magica e misteriosa; e poi l'ultimo, sui gatti, perchè mi sembra un romanzo carino, incentrato sugli animali!!


IL GENIO E IL GOLEM
di Helene Wecker


Il genio e il golem
Ed. Neri Pozza
I narratori delle tavole
592 pp
18 euro
USCITA OTTOBRE
 2013
1899. Due strane creature si aggirano sulle strade della New York pronta a gettarsi tra le braccia del nuovo secolo. Hanno le sembianze di un giovane uomo e di un’attraente giovane donna. Ma sono un genio e un golem, due creature di un’antica magia catapultate nel mondo moderno.

Trama

È un giorno del 1899 quando Otto Rotfield si inoltra nel folto del bosco di Konin, un paesino a sud di Danzica, e varca la soglia della catapecchia di Yehudah Schaalman.
Rabbino dall’oscura fama – a Konin si sussurra che sia stato posseduto da un dybbuq, uno spirito maligno che gli avrebbe conferito poteri soprannaturali –, Schaalman è solito ricevere nel cuore della notte la visita di ragazze di campagna alla ricerca di filtri d’amore o di donne sterili che, grazie alle sue arti cabalistiche, restano incinte poco tempo dopo.
Figlio di un fabbricante di mobili, trentenne così inetto e arrogante che in meno di cinque anni ha mandato in rovina l’azienda di famiglia, Rotfield non è a caccia di incantesimi o magiche pozioni. 
Vuole da Schaalman molto di più: un golem che passi per umano, un golem- femmina che gli faccia da moglie docile e ubbidiente e lo accompagni verso la nuova terra promessa: l’America.
Disposto, in cambio di denaro, a offrire ogni sorta di servigi, Schaalman si cimenta nel compito e crea dall’argilla una splendida golem, pronta a seguire e proteggere il suo padrone e, insieme, a scatenare la sua potente forza distruttiva.
Rotfield si imbarca con la sua creatura sul Baltika, il piroscafo addetto alla rotta Danzica- New York, ma, subito dopo averle dato vita con la formula trascrittagli dal rabbino, per un malore a lungo trascurato muore. Sola, la golem sbarca a New York e si aggira, stordita e totalmente alla deriva, per le strade rumorose della metropoli della fine del XIX secolo.
Non lontano da lei, nella zona di Lower Manhattan chiamata Little Syria, Butros Arbeely, uno stagnino cattolico maronita, è alacremente al lavoro nella sua officina in cui fabbrica o rappezza tazze e piatti, pentole e padelle, ditali e candelabri.
È alle prese con un vecchio fiasco di rame malconcio appartenuto da tempo immemorabile a una famiglia siriana, quando viene attraversato da una scossa potentissima e spinto via lontano dal suo tavolo di lavoro. 
Il tempo di riprendersi e riaprire gli occhi che scorge davanti a sé un uomo nudo, dai tratti del volto di una perfezione inquietante, i capelli scurissimi e un bracciale di metallo al polso destro: un genio, da lui accidentalmente liberato, uno di quei genii potenti e intelligenti, la cui forma reale, inconsistente come un soffio d’aria e invisibile all’occhio umano, può radunare i venti del deserto e cavalcarli, e assumere le sembianze di qualsiasi essere vivente…
The Book
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Romanzo che, attraverso lo sguardo di due affascinanti figure della mitologia araba ed ebraica, illumina la New York di inizio Novecento, città di immigrati e di grandi trasformazioni sociali, di culture che si mescolano e grandi solitudini, di millenarie conoscenze e avveniristiche innovazioni,Il genio è il golem è uno dei romanzi più attesi dell’ultima stagione letteraria americana.

L'autrice.
Helene Wecker si è laureata in letteratura inglese al Carleton College in Minnesota. Ha vissuto a lungo a New York, dove ha conseguito un Master in Fiction alla Columbia University. Vive ora a San Francisco con marito e figlia. Il genio e il golem è il suo primo romanzo
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LASCIANDO CASA
di  Anita Brookner


Lasciando casa
Ed. Neri Pozza
I narratori delle tavole
Trad. A. Arduini
176 pp
16 euro
USCITA  OTTOBRE
 2013

Trama
Londra, fine anni Settanta. A ventisei anni, Emma Roberts è una giovane donna che vive un fragile equilibrio tra la sofferenza e il piacere che la solitudine le procura.Tratta la vita proprio come il giardino oggetto dei suoi studi: taglia, cura, accorcia le sue emozioni e i desideri per realizzare il proprio ideale, un’esistenza caratterizzata dal decoro e dalla moderazione.Aspira, come dice lei stessa, a condurre i suoi giorni «secondo l’ideale classico fatto di ordine, controllo e autonomia».Sa, tuttavia, anche che, se vuole pienamente realizzare le sue aspirazioni, deve in qualche modo sciogliere il cordone ombelicale che la lega alla madre.Quell’amore così intenso, e così esclusivo da mutarsi in angoscia, per una donna che è sopravvissuta alla vedovanza considerandola un ritorno al suo stato naturale, e che trascorre il suo tempo a leggere e a pensare, deve essere per un po’ messo da parte per cercare sicurezza altrove, nel duro confronto con il mondo.Emma parte perciò per Parigi, con l’intenzione di riprendere nella capitale francese gli studi di progettazione del giardino.A Parigi, stringe una fragile amicizia con Françoise Desnoyers, una giovane bibliotecaria animata da un’energia tale da rendere la sua sola presenza pericolosa per il resto del mondo.Françoise, il cui viso s’illumina sovente di sincero divertimento, le lascia intravedere un modo di vita turbolento, ben diverso dal suo e spinge Emma a una disputa con sua madre sul futuro della loro tenuta di campagna e sull’insana prospettiva di convolare a nozze con un vicino facoltoso.
Quando le giunge la notizia della morte della madre, Emma, però, si precipita a Londra, dove si imbatte in Philip Hudson, un medico taciturno quanto lei, una sorta di padre gentile e orgoglioso che la malinconia non ha, per fortuna, reso asociale.
Può, tuttavia, anche questo incontro trasformarsi in qualcosa di diverso da un’occasione perduta, svuotata d’energia dalla circospezione e dalla timidezza, dalla prudenza e dalla passività che rendono Emma Roberts una giovane donna irrimediabilmente sola?


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L'autrice.Anita Brookner è nata e vive a Londra. Storica dell’arte, è stata docente al Courtauld Institute of Art e ha pubblicato saggi sulla pittura francese del Settecento e dell’Ottocento. Ha esordito come narratore nel 1981 raccogliendo il consenso della critica e l’apprezzamento dei lettori. Ha scritto venti romanzi, tra cui, oltre a Le regole dell’impegno e Guardatemi (Neri Pozza 2008), si segnalano Leaving Home, Providence, Hotel du Lac (Booker Prize 1984),Incidents in the Rue Laugier, Falling Slowly.


I GATTI DI NIZAMUDDIN
di Nilanjana Roy


I gatti di Nizamuddin
Ed. Neri Pozza
Le tavole d'oro
Trad. A. Biavasco,
V. Guani
272 pp
16 euro
USCITA  OTTOBRE
 2013
In un vecchio sobborgo di Delhi, un clan di gatti randagi combatte contro animali e uomini per difendere il proprio territorio. Un romanzo poetico e ricco d’azione.

Trama

I gatti di Nizamuddin sono una delle più antiche colonie di felini di Delhi. Da secoli gironzolano indisturbati tra i tetti e le rovine del quartiere alla ricerca di cibo e di avventure.
Da secoli si tramandano la storia delle loro mirabolanti imprese. 
Miu-Miu, la più anziana del clan, ne conosce alla perfezione i più piccoli dettagli e non manca di trasmetterli ai membri più in vista della colonia. A Katar, innanzi tutto, il bel maschio grigio che con lei condivide l’autorevolezza concessa dall’età. 
Hulo, il guerriero con le orecchie tremebonde, il pelo perennemente arruffato e le numerose ferite sulla schiena riportate nelle epiche battaglie contro i ratti. A Beraal, la gatta dal pelo bianco e nero così lungo che si arriccia setoso sulle zampe e si sporca facilmente di terra e foglie secche. 
Mancino, l’orfano della colonia, uno scavezzacollo che non fa che mettersi nei guai.
Una storia così illustre che suscita un tale rispetto e timore che non vi è micio del mercato o selvatico delle colonie vicine di Qawwali e della Dargah che osi avventurarsi dalle parti di Nizamuddin.
Una grave minaccia, tuttavia, impedisce ora ai gatti di Nizamuddin di vagabondare come al solito per le strade e i tetti del quartiere dopo l’afa intensa dell’estate. Beraal, Katar, Hulo, Miu-Miu… non vi è membro della colonia che non abbia udito gli strani messaggi che un misterioso gatto ha inviato dalle case dei Piedoni, gli esseri umani. Secondo Miu-Miu è un felino di sesso femminile, e di notevole stazza per avere quella potenza di invio.
Tutti i gatti stranieri vengono guardati con sospetto a Nizamuddin, specie se vivono con i Piedoni. Un Emittente sconosciuto, tuttavia, con poteri superiori a quelli dei comuni felini, è ancora più preoccupante. Difficile, infatti, sbarazzarsi di un Domestico simile.
Al clan non resta che affidare il compito di venire a capo della terribile minaccia a Beraal, la più feroce tra le femmine di Nizamuddin, più forte di molti maschi, un’abile cacciatrice, veloce, silenziosa e implacabile…
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Con una trama appassionante e una scrittura impeccabile, il romanzo di Nilanjana Roy si aggiunge alla grande letteratura che ha per protagonisti gli animali, e si impone come uno degli esordi più felici della letteratura indiana degli ultimi anni. Un’opera allegorica che, narrando delle mirabolanti avventure di una colonia di gatti randagi, racconta una storia universale sul diritto di ogni essere vivente a vivere secondo la sua natura.

L'autrice.
Nilanjana Roy è una giornalista e scrittrice indiana. Collabora da anni con numerose riviste e quotidiani, come Business Standard, The International Herald Tribune e The Kolkata Telegraph. È stata editor capo presso Westland/ Tranquebar e membro della giuria del Crossword Prize e del DSC Prize. Ha creato il blog letterario Kitabkhana con lo pseudonimo di Hurree Babu. Attualmente vive a Delhi, con un marito e due gatti. I gatti di Nizamuddin è il suo primo romanzo
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L'autunno è Neri Pozza (anteprime, 1° parte)



Buon sabato!!
Oggi inizio tardi a scrivere qualcosa, ma... meglio tardi che mani, no??

Questo è il primo di tre post tutti concentrati e centrati sulla casa editrice Neri Pozza, con le sue bellissime anteprime!!
Davvero, lettori, ci sono romanzi uno più interessante dell'altro!!!

La figlia del boia e il monaco nero mi attira moltissimo perchè ci sono di mezzo i templari, e poi ho il primo libro della serie in digitale, che non vedo l'ora di leggere!
La falsaria per il riferimento all'arte e a un episodio vero, cui si ispirano le vicende narrate.

COSA NE PENSATE?
VI ALLETTANO?

LA FIGLIA DEL BOIA E IL MONACO NERO
di Oliver Potzsch

Ed. Neri Pozza
I narratori delle tavole
432 pp
18 euro
NOVEMBRE 2013?


Tra omicidi irrisolti, bande di briganti e complotti orditi da monaci segreti, un viaggio appassionante e originale sulle tracce del tesoro dei Templari. Con un protagonista memorabile, impavido e generoso, che è già diventato un cult: il boia Kuisl.

Un thriller storico ricco di dettagli sul tessuto sociale e sulla struttura del potere politico della Baviera del 1600, che non disdegna critiche a una Chiesa troppo avida e opulenta.

La serie della Figlia del boia è pubblicata in 20 Paesi.

Un milione di copie vendute del primo titolo negli Stati Uniti.


Trama

Schongau, Baviera, inverno 1660.
Il giovane medico Simon Fronwieser viene chiamato alla chiesa di San Lorenzo per soccorrere il parroco, colto da un malore. 
Al suo arrivo, però, il sacerdote è già morto. 
Alcune circostanze sospette convincono Simon a chiamare l’amico e boia Kuisl, che intuisce immediatamente che la morte è stata causata da un veleno. Si apre così per i due investigatori improvvisati un nuovo caso da risolvere. 
Compiute le prime indagini, Kuisl – aiutato dalla figlia Magdalena, da Simon e dalla sorella del parroco defunto, Benedikta – capisce che il prete era sulle tracce di un famoso tesoro che, dopo lo scioglimento dell’ordine dei Templari, era stato nascosto lì in Baviera. 
Purtroppo, Kuisl non è il solo a dargli la caccia: una confraternita di domenicani disposti a tutto gli sta alle calcagna. 
Mentre Simon e Benedikta risolvono enigmi su enigmi e scoprono che il tesoro dei Templari si trova nella cappella di San Giovanni, nel monastero di Steingaden Kuisl deve abbandonare le indagini per occuparsi della figlia Magdalena, rapita e rinchiusa in una torre dai monaci, e per sgominare una banda di briganti che sta assalendo i villaggi della zona, portando ovunque terrore e malattie. 
E mentre i nostri scoprono che nello scrigno del tesoro non sono contenuti né oro né gioielli, ma un pezzo della vera croce di Cristo, un misterioso incendio divampa nel monastero: Kuisl, Simon e Magdalena riescono a mettersi in salvo, ma di Benedikta – che il boia ha scoperto essere un brigante sotto mentite spoglie – non c’è nessuna traccia. 

La figlia del boia e il Monaco Nero
,
Dopo l’enorme successo de La figlia del boia, Oliver Pötzsch prosegue la saga storica di Kuisl e mette in scena un thriller storico ricco di colpi di scena, impreziosito da uno stile avvincente e una trama perfetta, che non affronta soltanto il topos classico della ricerca del tesoro dei Templari, ma riflette anche con intelligenza e originalità sul fanatismo e l’avidità di alcuni rami della Chiesa.

L'autore.

Oliver Pötzsch è nato nel 1970 e vive a Monaco di Baviera con la sua famiglia. Ha lavorato a lungo come sceneggiatore per la televisione tedesca ed è un discendente dei Kuisl, la dinastia di boia a cui appartiene anche il protagonista del suo romanzo, realmente esistita e che ha svolto il mestiere per 300 anni.



LA FALSARIA

di Barbara A. Shapiro


La falsaria
Ed. Neri Pozza
I narratori delle tavole
384 pp
17 euro
USCITA 24 OTTOBRE
 2013
Trama

Sono circa tre anni che per il mondo dell’arte Claire Roth è un paria, una grande millantatrice.
Il suo destino ingrato è iniziato quando ha avuto la malaugurata idea di svelare che uno dei quadri più noti dell’arte contemporanea, 4D, un’icona al pari dei barattoli di zuppa di Wahrol, non si deve a Isaac Cullion, artista osannato da critici e mercanti con il quale Claire ha convissuto per qualche tempo, ma a lei, giovane, eterna promessa della scena newyorchese. 
In un mondo in cui gli interessi hanno più valore della verità e del talento, nessuno le ha creduto, e il risultato è che, emarginata dal giro che conta, Claire si è ridotta a lavorare per la Reproductions.com, un’azienda che vende online «repliche perfette» di capolavori della storia dell’arte: opere di Degas, Pissarro e altri illustri maestri, la cui «provenienza soltanto uno storico dell’arte potrebbe distinguere».
Un giorno, però, la giovane artista riceve l’inaspettata visita di Aiden Markel, il proprietario della famosa Markel G, una delle gallerie più in vista di Boston e New York, che irrompe nel suo loft con una singolare proposta: una mostra, nella sua galleria, delle opere originali di Claire in cambio della realizzazione di un falso da parte sua. 
Non una replica ma un vero e proprio falso da dipingere su una tela d’epoca.
Claire Roth, una falsaria? Una van Meegeren del XXI secolo, il frustrato pittore olandese che negli anni Trenta creò perfetti «Vermeer»?
Una prospettiva non proprio allettante per la giovane artista. Tuttavia, l’occasione di recuperare tutto ciò che ha perduto, e che ha sempre voluto, con una mostra tutta sua, è qualcosa di irrinunciabile per lei.
Quando, però, Markel si ripresenta al loft con l’opera originale da falsificare, il cuore di Claire Roth sobbalza. L’opera non soltanto è uno dei grandi capolavori di Degas, Dopo il bagno, ma non dovrebbe affatto essere tra le mani di Aiden Markel e tra le pareti del loft di Claire Roth. 
In una notte di pioggia, infatti, il quadro fu staccato dalle pareti dell’Isabella Stewart Gardner Museum e strappato alla sua cornice da una coppia di ladri maldestri, impegnati nel più grande furto d’arte ancora irrisolto della storia.
The Art Forger - paperback - by B.A. Shapiro
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Basato sul celebre furto, avvenuto nel 1990 a Boston, di capolavori di Vermeer, Rembrandt, Degas e Manet, La falsaria conduce il lettore nel mondo dell’arte della nostra epoca, un mondo popolato da ladri, falsari e avidi collezionisti, un universo soggiogato dal mito della bellezza e dallo sfrenato desiderio che soltanto l’arte è in grado di suscitare.

L'autrice.
Barbara A. Shapiro è stata docente presso la Tufts University. Vive a Boston con il marito e insegna ora scrittura creativa alla Northeastern University. Tra i suoi romanzi si segnalano The Safe Room (2002) eBlind Spot (1998). È autrice anche di sceneggiature e del libro di nonfiction The Big Squeeze
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