Un'altra recensione, questa volta di un libro di un'autrice esordiente:
LA VENDETTA DI REGINA
di Paolina Daniele
Ed. Booksprint 162 pp 13.80 euro |
Samuel, orfano di genitori e allevato da uno zio si da alla malavita per sopravvivere.
Un giorno incontra il capo della cosca in cui è riuscito ad entrare grazie ad un suo amico, Luca, e cioè Regina Malaspina.
I due si innamorano ma lui all'inizio è molto restio perchè ha paura di soffrire come quando è morta la madre.
La donna ha in progetto di vendicare la morta del padre avvenuta per opera di uno dei capimafia più potenti della Calabria.
Affamata di brama di potere e vendetta organizza un piano per per impossessarsi del potere.
Riuscirà nel suo intento e rapirà l'assassino di suo padre con l'intenzione di ucciderlo lentamente e farlo soffrire ma durante una notte il figlio di quest'ultimo si intrufolerà in casa Malaspina per salvare il padre che invece ucciderà per errore.
L'Autrice.
Paolina Daniela nasce nel 1991 a Belvedere Marittimo;abita a Fuscaldo (CS). Attualmente non lavora ma è studentessa presso l'università della Calabria nella facoltà di Lettere e filosofia.
il mio pensiero |
La vendetta di Regina è un romanzo ambientato in Calabria, in ambienti mafiosi, saturi di cinismo, crudeltà, avidità di potere e vendetta.
Protagonista di questa storia è Samuel, detto Sam, un giovane di vent’anni, scapestrato, orfano di entrambi i genitori, che si sente solo e allo sbando dopo la morte della zia Elena (che si è presa cura di lui dopo la morte dei genitori); rimasto in casa dello zio Rodolfo, con questi non ha un buon rapporto, anzi si beccano ogni volta che tentano di parlarsi, finchè addirittura l’uomo cede sotto il peso di una vita triste e sola, senza la moglie, suicidandosi.
Rimasto davvero e definitivamente solo, a Sam non resta che il suo “lavoro”; una sera conosce il suo “capo”, appartenente a una delle più importanti famiglie mafiose calabresi, ma scopre, con sommo disappunto, che si tratta di una donna…
Regina Malaspina è il nuovo capo, dopo la morte del padre, anche se ha solo 28 anni ed è, appunto, una donna; ma il suo carattere forte – almeno in apparenza – e soprattutto la sua sete di vendetta guideranno le sue azioni e i suoi piani, per adempiere i quali ella si servirà dei suoi più fidati “scagnozzi”: Arnaldo, Paolo, Luca, Gino e Sam.
All’inizio, il giovanotto non crede che Regina possa davvero fare le veci del padre, ma dovrà ricredersi e appurare che la giovane Malaspina ha le idee abbastanza chiare su cosa fare e come comportarsi, sa farsi rispettare ed impartisce ordini ai suoi sottoposti con autorevolezza, tanto da farsi obbedire non solo da essi ma anche dai capi delle altre famiglie mafiose che, insieme a lei, tengono in mano il giro di spaccio e di altri affari sporchi in città.
Siamo di fronte ad un quadro che è davvero molto aderente alla realtà tipica dell’ambiente mafioso, in cui si parla di onore, di rispetto, di uccidere i traditori, di individuare e ricattare i politici meno irreprensibili e più facili da corrompere, di “fare le scarpe” ai cosiddetti alleati per avere più potere e più campo d’azione.
Tra Sam e Regina scatta subito la scintilla dell’attrazione, che la donna vorrebbe assecondare, abituata com’è ad avere tutto ciò che desidera ai suoi piedi; ma non è dello stesso parere Sam, che non desidera impelagarsi in una relazione sentimentale col suo capo, e per un fatto di “professionalità", e soprattutto perché teme di innamorarsi e di perdere, ancora una volta, l’oggetto del proprio amore (com’è già accaduto con la mamma e zia Elena).
Ma la razionalità andrà a farsi benedire e tra i due inevitabilmente qualcosa nascerà, nonostante le reticenze di lui e gli scatti presuntuosi di lei, che sembra sempre più ossessionata dal potere e dalla vendetta, anche se questo può voler dire mettersi contro le famiglie alleate e lo stato stesso…
Sam si rivela un giovane uomo dalle idee ben precise, dalla personalità definita, immerso nel mondo dei delinquenti e pronto ad imbracciare un fucile e a far fuori, a sangue freddo, chiunque si frapponga tra la cosca cui appartiene e i loro obiettivi ; è un ragazzo sveglio, acuto nell’osservare il prossimo, nel riconoscerne pensieri e stati d’animo, agendo di conseguenza; è il ragazzo ideale per essere il braccio destro di un capo mafioso come Regina.
Regina, a sua volta, sa ciò che vuole, ha il cuore pieno di sentimenti di rancore e odio contro chi le ha strappato a tradimento il padre ed è disposta a mettere in gioco tutto pur di mettere a punto il proprio piano.
A tutto, tranne se si tratta d rinunciare all’amore della sua vita, che è Sam, il quale dimostrerà più razionalità del suo capo e si renderà conto che la sua Regina ha bisogno di essere “aiutata” a non agire e reagire solo di “pancia”, ma pensando e ragionando…
I rischi sono tanti ma i ragazzi di Regina sono la sua protezione contro i nemici e le sono accanto qualunque cosa accada; certo, non sempre le cose vanno per il verso giusto e bisogna guardarsi le spalle, perché poliziotti testardi e traditori ce ne sono e vanno individuati…
La storia di Sam e Regina ci appare molto vivida, realistica; è scritta in modo molto semplice, il linguaggio è sicuramente colloquiale (come è giusto che sia, abbiamo a che fare con persone che non hanno chissà quale livello culturale e che sono impegnate solo al malaffare), arricchito – il che l’ho trovato efficace e convincente – da espressioni dialettali (calabresi), che danno un ulteriore tocco di “realismo” alla narrazione.
I dialoghi sono semplici, poco articolati dal punto di vista linguistico, frequenti, e danno una certa dinamicità alle scene, come se si stesse guardando una di quelle fiction sulla mafia che tanto spesso vengono mandate in tv; i personaggi secondari sono poco delineati, anche perchè si dà più spazio ai principali.
E’ sicuramente un racconto interessante, che tratta tematiche purtroppo attuali, per nulla lontane dalla realtà del Sud (cui appartengo) e molto forti; c’è molta violenza, molta crudeltà, come del resto se ne trova in questi ambienti malavitosi, in cui il rispetto è solo tra i membri del clan (sempre che non si rivelino dei traditori) e dove la freddezza nell’ammazzare è pane quotidiano ed è un dato “scontato”.
La cosa che ho trovato poco piacevole, durante la lettura, si riassume in due episodi per me emblematici e che, alla fine, mi hanno fatto un po’ “detestare” i protagonisti del romanzo; il primo lo scrivo liberamente, l’altro lo evidenzio di nero perché riguarda praticamente la fine del libro, quindi invito i lettori interessati alla lettura dello stesso a passare oltre.
C’è un momento in cui Sam sembra mostrare segni di ravvedimento rispetto alla propria vita di mafioso, cosa che lo spinge ad andare in chiesa e a parlare con un prete; ma ahimè, Sam non è realmente pentito, afferma apertamente di non vergognarsi delle proprie cattive azioni e, sotto “suggerimento” del prete, ammette che magari un po’ pentito (ma giusto un po’) lo è…; al che, il prete con molta nonchalance, gli dà pure l’assoluzione.
Ecco, questa scena mi ha fatto una strana sensazione…; non so, l’Autrice ha avuto l’occasione di darci un aspetto umano di Sam, ma non l’ha sfruttata fino in fondo, anzi ha finito per rendere il prete quasi “indifferente” al giovane avanti a sé, al quale ha dato un perdono troppo facile, come se il male di cui il ragazzo si era macchiato fino ad allora, non fosse poi così grave…
Ho trovato questo non dico non realistico, perché ci può essere pure che, in realtà difficilissime, si finisca per "abituarsi", adattarsi al male e di giudicarlo con meno durezza (ma su questo starei attenta a non generalizzare...!) , ma comunque poco positivo, come "messaggio".
La seconda scena è verso la fine: dopo aver giustiziato un commissario di polizia, un “servitore dello stato” (giustamente a caccia di mafiosi), si scopre che il caso del suo omicidio (chiaramente ad opera di Sam) è stato archiviato e questo genera la felicità di Regina e dei suoi affiliati, che finalmente possono staccare la spina da tutto il marcio di cui sono autori e protagonisti e concedersi il lusso di una vacanza.
Ecco questa è una cosa che un po’ mi ha… non dico turbata, ma lasciata interdetta: non c’è un trionfo della giustizia…?
Io non dico che alla fine il bene deve per forza trionfare sempre, dovunque e comunque… e immagino che un autore abbia tutti i diritti di fare scelte narrative diverse, "alternative" o in qualunque modo le si voglia definire; voglio dire, mi rendo conto che non è una regola dare l'ultima parola ai "buoni" piuttosto che ai "cattivi", molto dipende dall'obiettivo che ci si propone scrivendo, dal messaggio che si vuole comunicare...
Però non nascondo che un po’ mi ha spiazzato, è come se in questo libro il male sia predominante e l’appartenere alla mafia sia un “dato di fatto”, una realtà per alcuni individui inevitabile, dalla quale non si torna indietro, non c’è una “soluzione” positiva e il diritto di essere felici e realizzati ce l’hanno pure i delinquenti…
Detto questo, ammetto di aver forse esagerato nel volerci vedere per forza un “messaggio”, un significato particolare nel romanzo, magari è giusto che venga preso per quello che è, cioè un libro che ci apre il velo su personaggi-tipo legati alla malavita, senza necessariamente dare colorazioni morali ed etiche, cosa che invece ho fatto io….
Del resto, la lettura di un libro, e l'opinione che ci si forma su di esso, è assolutamente soggettiva.
Lo consiglio, comunque; si legge con molta scorrevolezza per la sua dinamicità, è ben contestualizzato e scritto con sufficiente realismo.
Detto questo, ammetto di aver forse esagerato nel volerci vedere per forza un “messaggio”, un significato particolare nel romanzo, magari è giusto che venga preso per quello che è, cioè un libro che ci apre il velo su personaggi-tipo legati alla malavita, senza necessariamente dare colorazioni morali ed etiche, cosa che invece ho fatto io….
Del resto, la lettura di un libro, e l'opinione che ci si forma su di esso, è assolutamente soggettiva.
Lo consiglio, comunque; si legge con molta scorrevolezza per la sua dinamicità, è ben contestualizzato e scritto con sufficiente realismo.