"Due di due" è un libro in cui ci sono davvero molti spunti di riflessione su tematiche diverse, di natura sociale di sicuro (è ambientato negli anni della contestazione giovanile in Italia e non solo) ma anche personale, primo fra tutti
il tema dell'amicizia, il suo valore per la nostra vita.
Mario e Guido sono i protagonisti di questa
storia di amicizia; il lettore segue il
punto di vista del primo ma questo non gli impedisce di farsi un'idea completa anche di Guido e degli altri personaggi; una caratteristica che ho apprezzato dell'Autore è la
capacità di rendere viva ogni pagina, ogni parola e situazione, dandoci modo di guardate tutto e tutti da più punti di vista.
Ma procediamo con ordine.
Mario e Guido sono due adolescenti, vanno al liceo, vivono nella caotica e fredda Milano e fanno amicizia quasi subito, sin dal loro primo incontro;
un legame che si intensificherà man mano e che li accompagnerà per tanti anni.
I due non potrebbero essere più diversi tra loro:
Mario è un tipo timido, insicuro, sempre alla ricerca di conferme, con scarsa propensione all'azione e a prendere decisioni; al contrario,
Guido ci appare sempre spavaldo, sin da ragazzo, con le idee (di stampo anarchico) chiare sulla società attorno a lui e su quanto la disprezzi e la voglia fuggire; un po' meno sicuro del proprio futuro e di ciò che vuol costruirsi per realizzarsi, ma fatto sta che la sua personalità carismatica attrae a primo acchito chiunque lo conosca, donne in primis.
Ed infatti, da ragazzi, Mario un po' soffre il fatto che tutte le attenzioni da parte delle ragazze che conoscono, si riversino principalmente sull'amico, mentre su di lui solo o per ripiego o comunque in un secondo momento.
Appare da subito come
Mario sia in realtà quasi succube di Guido, cerchi la sua compagnia e ne sia affascinato, per quello
spirito di libertà che sempre contraddistinguerà l'amico.
Guido sarà sempre lo stesso, bene o male, nel corso degli anni; a cambiare sarà più che altro il nostro Mario, che dopo un inizio incerto e apatico (la sofferenza ed il malessere per non riuscire a combinare un granchè nei primi anni della sua gioventù gli porteranno una crisi depressiva...) troverà e la propria strada (a livello di "cosa farò da grande") e la compagna per la vita, nonché madre dei suoi futuri figli:
Martina, una giovane che, al pari di Mario, detesta la squallida e arida vita di città, preferendo segregarsi in campagna, a stretto contatto con la natura e vivere di ciò che essa offre.
Ed infatti, De Carlo ci presenta
la "rustica coppia" Mario-Martina come due personalità "retrò", un po'
Amish, oserei dire ironicamente, che desiderano star lontani dai progressi cittadini e vivere in
un'atmosfera bucolica, fatta di lavoro nei campi e di produzione di prodotti artigianali (attività, questa, che verrà col tempo, con le giuste collaborazioni e i giusti progetti).
Certo, la battuta con gli
Amish va presa con le pinze: Martina e Mario non vivono fingendo di essere nell'Ottocento, si riforniscono di corrente e tutto il resto per star bene, soprattutto quando diventeranno
genitori di due vispi gemelli, però certo in loro c'è la chiara convinzione di voler evitare a tutti i costi di farsi
fagocitare dalla massificazione e mercificazione in atto a livello sociale.
In questo contesto, ritroviamo il nostro
irrequieto amico Guido, che negli anni - mentre Mario evolveva
da studente indolente ad attivo contadino - piuttosto "peggiora", nel senso che andrà in lungo e in largo, viaggiando per il mondo, cambiando casa e donne, finché a un certo punto approderà a casa di Mario e Martina, dove forse troverà, almeno per un po', quel pizzico di
serenità che in fondo cerca ma che "quelli come lui" (sempre ed eternamente insoddisfatti, che non sanno/non vogliono/non riescono ad adeguarsi al mondo attorno a sé, a "mettere radici") sono destinati a non trovare mai.
Su una cosa Guido cercherà di concentrare le proprie energie e la propria acuta intelligenza (nonché la propria insofferenza verso il sistema sociale): il progetto di
scrivere un libro, che denunci in modo freddo e crudo le ipocrisie e i malesseri presenti nel suo tempo.
Ma anche l'attività della scrittura si rivelerà difficile per lui, che non riesce ad accettare di conciliare il rifiuto della società ipocrita e piena di regole, con il "bisogno" di dover pubblicare i propri libri attraverso case editrici che pensano solo ai propri interessi; e non solo: chi leggerà i suoi libri?
Gente che storce il naso davanti alla verità, davanti ad uno specchio spietato che mostra loro tutta la propria "anti-umanità" e falsità...; ma allora
perché scrivere, da chi e da cosa trarre "ispirazione"?
Non ci sarà un solo momento in cui non avvertiremo
le inquietudini di Guido, e non sarà certo l'incontro con Chiara (la sorella di Martina, che vive anche lei in campagna) e gli eventi ad esso conseguenti a cambiarlo, a rasserenare quest'anima eternamente in pena, che affogherà e addormenterà tutti i malesseri nell'alcol, oltre che continuando a vivere come un nomade...
Devo dire che Guido è un personaggio che non ho molto amato; io non riesco ad ammirare un individuo che, per quanto
originale, attivo, profondo nei pensieri, non sia però capace di dare un
senso vero e concreto alla propria esistenza; ok non farsi ingabbiare dagli schemi stabiliti dagli altri, ok non obbedire ciecamente alle formalità, ok il desiderio positivo di "cambiare il mondo", di non conformarsi ad un sistema sociale freddo, che tratta le persone come numeri, oggetti..., ma
un'esistenza priva di radici per me non è un punto o un valore aggiunto, al contrario, è una perdita.
Perdita di sé, dei propri sogni ed obiettivi, perdita di affetti, di legami stabili nei quali dare e ricevere; perdita delle occasioni che la vita - vissuta non da soli ma con/per gli altri - ci offre per crescere e migliorare.
Mario l'ho "odiato" all'inizio, poi mi è salito perchè ha recuperato punti dopo essersi dato degli
obiettivi intelligenti nella vita; certo, io non farei mai quel tipo di scelta, non obbligherei i miei figli a
vivere come selvaggi (l'Autore mette in bocca a Mario questo aggettivo, attribuito ai gemelli) sempre e solo in campagna, esclusi da ogni contatto sociale, senza mezzi di comunicazione ecc..., non ritengo sia uno stile di vita saggio (ma forse, è solo totalmente diverso da ciò a cui sono abituata, chissà...), ha certamente i suoi
contro, ma comunque, almeno Mario ha dato una direzione alla propria vita.
Invece Guido resterà sempre l'
adolescente anarchico ossessionato dal dover fuggire dalla grigia Milano, che arrogantemente (ma senza volerlo essere, in realtà) crede di aver individuato tutte le falle del sistema sociale e di essere tra i pochi a volerlo evitare e denunciare, per restare "genuino", vivo, vero.
Un aspetto della storia d'amicizia, che ho trovato esagerato, è la morbosità eccessiva di Mario e Martina verso Guido: sempre in attesa di una lettera o cartolina che dia sue notizie, frementi all'idea di leggere il libro di Guido, preoccupati delll'accoglienza dello stesso da parte del mondo editoriale..., insomma ho trovato che alla fine questi due vivessero quasi ruotando attorno a Guido...., il che mi pare un tantino esagerato, ecco.
Per il resto, e a conclusione, ho apprezzato il modo di scrivere di De Carlo, come ho già detto, molto
pratico e concreto; ci sono momenti in cui
la narrazione si fa più dinamica ed interessante ed altri in cui il ritmo è forse meno incalzante.
Comunque, nel complesso è una buona lettura.