Oggi non mi sento affatto di buon umore e avevo una mezza intenzione di lasciar stare il blog....., ma poi ho pensato che scrivere e tenere la mente impegnata è forse il miglior antidoto contro i cattivi pensieri e le emozioni negative.
E quindi andiamo il via con una recensione:
A VOCE ALTA - The reader
di Bernard Schlink
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Siamo negli anni Cinquanta e Michael Berg attraversa i primi turbamenti dell'adolescenza. Quando un giorno, per la strada, si sente male, viene soccorso da Hannah, che ha da poco superato la trentina. Colpito da questa donna gentile e sconosciuta, irresistibilmente attratto dalla sua misteriosa e profonda sensualità, Michael riesce a rintracciarla. Tra loro nasce un'intensa relazione, fatta di passioni e di pudori. Presto, però, Michael intuisce che nella vita di Hannah, nel suo passato, ci sono altri misteri: qualcosa che lei non può rivelargli e che segnerà per sempre il destino di entrambi.
il mio pensiero |
Michael Berg è il protagonista e la voce narrante di questa storia che percorre gli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento e che, narrata quando Michael è già adulto, prende le mosse dal passato, più precisamente dalla sua adolescenza.
Ha solo 15 anni quando, presosi l'itterizia, un pomeriggio si sente male e viene soccorso da una donna, della quale immediatamente gli resterà impresso "l'odore" e le sensazioni fisiche che gli trasmetterà.
Questi due aspetti del primo fatale incontro con la sconosciuta caratterizzeranno per sempre il legame che, più tardi, si instaurerà tra i due.
Il ragazzo, infatti, dopo aver trascorso diverso tempo a letto ammalato, appena si sente meglio, acquista un mazzo di fiori e corre alla casa della signora che l'ha soccorso, per ringraziarla, ma anche perchè è già fortemente attratto da lei.
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Michael prenderà l'abitudine di recarsi a casa della donna, della quale non sa neanche il nome, inizialmente, e tra loro nascerà una relazione fisica, che inevitabilmente farà innamorare il giovanotto, alla sua primissima esperienza e sentimentale e sessuale.
Le ore trascorse insieme sono connotate dal sesso, anticipato e seguito da"rituali" sensuali, quali il fare il bagno insieme e asciugarsi reciprocamente, per poi fare l'amore e starsene insieme a letto.
I due non parlano molto, almeno all'inizio: lui per imbarazzo e lei perchè per natura (ma non solo: per età, per esperienze..) è un tipo poco chiacchierone, anzi ha un atteggiamento distaccato, impettito, a volte freddo, riservato, poco propenso a parlare di sè e soprattutto del proprio passato.
Solo pian piano Michael riuscirà ad avere di lei qualche informazione: si chiama Hanna, ha 36 anni e fa la bigliettaia sui tram.
Ben presto, ai momenti di intimità si aggiungerà un momento "culturale" - altrettanto "intimo", personale, intenso -, quando Michael inizierà a portare a casa di Hanna alcuni classici da lui letti e studiati a scuola e che lei gli chiederà di condividere, leggendoglieli ad alta voce...
Sono momenti di tranquillità in cui Hanna si lascia visibilmente coinvolgere da quello che ascolta, interessata ai personaggi, alle loro vicende.
La relazione clandestina tra i due prosegue per un certo tempo, tra qualche litigio ed uscita insieme: lei resta sempre sulle sue, ma se da una parte desidera non avere intromissioni da parte del suo ragazzino, dall'altra si sente una certa sensazione di "possesso" verso di lui, unita alla paura che egli possa lasciarla senza una parola...
Si sente molta solitudine attorno al personaggio di Hanna, che poi è la vera protagonista di questa storia, prima ancora che Michael; Hanna che non parla di sè, che non ama svelare nulla, che ha le sue abitudini, i suoi "rituali", le sue "mura di difesa" ben alzate tra lei e il mondo esterno; ma anche un Hanna sola, piena di timori, ma più di tutto, con alle spalle un passato che non desidera venga fuori...
Forse è questo passato ad allontanarla, un bel giorno, improvvisamente, dal suo ragazzino?
Michael si ritroverà di punto in bianco senza Hanna, che lo lascerà senza un biglietto, una parola d'addio?
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Ma soprattutto, perchè lasciare Michael sena una parola?
Il ragazzo, che sta vivendo la propria adolescenza, preso dall'amicizia con i coetanei, i flirt con le ragazze, gli studi, la famiglia..., si sentirà tradito, abbandonato e proverà ad andare oltre Hanna.
Ma la sensazione di essere legato a lei da un legame forte lo accompagnerà anche negli anni successivi, dell'università, condizionando le sue relazioni amorose.
Ma il destino farà incrociare ancora la strada di Hanna con quella del laureando in legge, Michael.
Sette anni dopo la loro relazione, Michael si ritroverà a partecipare ad un seminario impegnato nel seguire un processo che vede imputate delle donne, membri delle SS durante la seconda guerra mondiale, e addette alla sorveglianza in un campo di sterminio; ad esse, tra le altre cose, viene imputato un evento tragico, che ha visto morire molte donne innocenti....
Uno sbigottito Michael seguirà passo passo il processo, perchè una delle imputate è niente meno che proprio la sua amata Hanna...
Mi fermo qui, sperando di avervi stuzzicato la curiosità, perchè credo sia un libro che meriti di esser letto.
L'Autore ha uno stile ed un linguaggio essenziali, asciutti, pur manifestando sensibilità verso i suoi personaggi; una sensibilità ed una capacità introspettiva affidata alla voce di una malinconico e struggente Michael, la cui memoria e il cui cuore saranno pervasi per sempre dalla personalità forte e fragile al contempo di una donna che, con poche parole ma in modo penetrante, ha saputo svegliare in lui sensazioni e sentimenti unici, così forti da non poter essere sostituiti da nessun'altra donna.
Avrei nondimeno preferito una maggiore intensità e una maggiore attenzione all'interiore di Hanna, motivo per cui è uno dei pochi casi in cui la narrazione in prima persona mi ha convinto poco.
Il tema dello sterminio degli ebrei è affrontato con lucidità, senza banalità o frasi fatte, collocato in un periodo storico molto più vicino, rispetto al nostro, a quei tragici fatti, attorno ai quali l'Autore - attraverso il protagonista - si interroga, chiedendosi/ci se esistano dei criteri morali oggettivi, assoluti, giusti, per giudicare coloro che hanno partecipato alla persecuzione, come coloro che erano addetti a sorvegliare, "smistare" gli ebrei forti (da adoperare nei lavori) separandoli da quelli "deboli" (destinati alle camere a gas): hanno "semplicemente" obbedito a ordini superiori, non mossi da odio personale verso le vittime del nazismo ma motivati unicamente dal "senso del dovere", coinvolti da una situazione storico-sociale più grande di loro, la cui enorme e drammatica portata era per essi difficile da comprendere, in quel momento, tanto da opporvisi?
Inutile dirvi che, personalmente, ritengo che ogni essere umano sia responsabile delle proprie scelte, azioni, decisioni, omissioni, silenzi.... e che - benchè vi siano, molto probabilmente, delle variabili psicologiche, sociali, contestuali... da tenere in considerazione per giudicare in modo obiettivo le suddette scelte - c'è sempre il modo per dire no a ciò che si ritiene ingiusto/malvagio/amorale e tentare di ribellarvisi, di allontanarsi da certe ideologie malate, ragion per cui provare a "giustificare" chi invece ha chiuso occhi/orecchie/bocca, facendo finta di non capire o vedere, per me lascia il tempo che trova, per non dire che è inutile.
Dico questo perchè il romanzo ci mette davanti a questo tipo di interrogativi, ma senza, ripeto, scendere nell'ovvietà, piuttosto conducendoci in modo razionale e lucido a farci delle domande.
Il finale lascia un po' a bocca aperta (inaspettato) ma posso dire che il romanzo mi è piaciuto e ve lo consiglio.
Ora mi manca il film! ^_^