Attraverso
una scrittura e una narrazione semplici e chiare, Ignazio Silone ci racconta di due uomini uniti da una sincera amicizia: il primo, ormai anziano, ha subito e vissuto sulla propria pelle una grande ingiustizia, e l'altro, più giovane, mosso da ideali di giustizia, cerca di scoprire la verità su una storia di cui nessuno sembra voler parlare e che tutti vorrebbero seppellire sotto coltri di segreti ingombranti.
IL SEGRETO DI LUCA
di Ignazio Silone
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Ed. Mondadori
154 pp
2001 |
«Ma non ti basta quello che hai già saputo da Ludovico? Non ti basta essere certo dell'innocenza di Luca?»
«Dell'innocenza di Luca ero convinto fin dall'età di otto anni. Quello che non capisco è questa contrada.»
«È il tuo paese, ci sei nato e cresciuto.»
«Non lo capisco. Dietro ogni segreto ce n'è un altro. Strappato un velo, se ne trova uno più fitto. Non ho pace, credimi pure, se non lo capisco.»
Luca Sabatini ritorna a Cisterna, suo paese natale, dopo molti anni di prigione scontati ingiustamente.
Samo nell'immediato dopoguerra (anni '50) e quarant'anni prima Luca era stato condannato all'ergastolo per furto e omicidio ma recentemente, in seguito ad una nuova testimonianza del vero colpevole, gli è stata concessa la libertà, facendola passare per "grazia", perchè se la Legge dovesse riabiltarlo, riconoscendone l'innocenza, ci vorrebbe un nuovo processo e si renderebbe giustamente necessario un risarcimento (anche economico).
Non conviene: troppe spese e troppe grane per una colpa che l'innocente ha ormai pagato ingiustamente e che non gli restituirebbero comunque gli anni di vita persi.
Luca è un anziano di 70 anni, oramai la sua vita è sul viale del tramonto, c'è ben poco da risarcire.
E poi, in paese ne sono quasi tutti convinti: innocente o no, lui intanto al processo non si è mai difeso: perchè? Forse la Legge non ha poi così tanto sbagliato a condannarlo, se lui stesso non ha fatto mai nulla per urlare la propria innocenza e per dimostrare cosa fosse realmente accaduto in quella maledetta notte di tanti anni fa.
Un venerdì maledetto che tutti vorrebbero dimenticare ma è impossibile: il ricordo di quella notte lunga e infernale, che sconvolse la vita di Cisterna, è indelebile nella memoria di tutti, e in particolare di coloro che, in un modo o nell'altro, furono coinvolti nel caso Sabatini.
Adesso che l'uomo è tornato, quatto quatto, senza far clamore, anzi quasi come un ladro nella notte, tutti temono che possa portar scompiglio e, chissà, magari covare sentimenti di odio e vendetta verso quanti contribuirono a condannarlo, testimonando il falso.
Ritrovandosi dopo quattro decenni al cospetto dei propri compaesani, Luca si rende conto che nulla è mutato e che l'intero paese, benché ora conosca il vero colpevole del delitto, non gli perdona quel presunto "peccato" che ha causato la rovina di tante persone, anzi di tutti loro.
Eppure Luca è un uomo mite, che sopporta la solitudine sorretto dal segreto ricordo di un amore impossibile, mai vissuto davvero se non nell'intimo del proprio cuore; chi lo conosce, lo sa e gli vuol bene.
In fondo gli vuol bene l'amico di vecchia data, l'ex-parroco di Cisterna, avanti negli anni pure lui, don Serafino, uomo di fede con un gran senso pratico.
E gli vuol bene anche un giovane uomo, Andrea Cipriani, che ha imparato a "conoscere" Luca e la sua triste storia, attraverso lo scambio epistolare che il condannato, dal carcere, ebbe per anni con la madre Teresa (essendo analfabeta, l'allora giovanissimo Andrea leggeva le lettere di Luca e scriveva al posto di Teresa le risposte).
Andrea è anch'egli ritornato, dopo diverso tempo, in patria; è stato in esilio in quanto antifascista e capo-partigiano e rimette piede a Cisterna carico di ideali di stampo umanista, pronto a far carriera in politica.
Ma quando sa di Sabatini, del suo ritorno da innocente, Andrea è disposto a trascurare i doveri istituzionali per capire perchè la Giustizia fu ingiusta con il povero Luca.
C'era qualcuno che, a quel tempo, sapeva e avrebbe potuto dare la giusta e veritiera testimonianza a favore di Luca, in modo che non gli fosse addossata una terribile colpa non sua?
E se c'erano - come scopre Andrea, interrogando, con tenacia e quasi con la spietatezza di un inquisitore, i possibili "testimoni" ancora in vita -, perchè non dissero il vero? Perchè non aiutarono Luca?
Ma soprattutto, perchè Luca stesso non fece nulla per difendersi ma accettò con pacata e quasi surreale rassegnazione, la propria cattiva sorte?
Quale segreto l'ha spinto a lasciare che la menzogna e l'ingiustizia facessero il suo corso? E quanto era caro e importante questo segreto da essere custodito nel suo cuore a scapito della propria libertà?
Attraverso un'ostinata e difficile inchiesta, Andrea cercherà le ragioni dell'ingiustizia che ha straziato la vita di Luca e delle persone che gli erano vicine; non sarà semplice scavare nella verità, nei ricordi di persone stanche di pensare e ripensare a quel maledetto venerdì notte e che preferirebbero far finta di nulla, crogiolandosi - come da quarant'anni a questa parte - nella propria omertà irriducibile, nella propria ostinata indifferenza, nel proprio sfacciato rancore verso un uomo che ha portato solo guai alla tranquilla Cisterna.
Insieme a un instancabile "archeologo di verità sepolte nel passato", il lettore pian piano mette tutti i tasselli del mosaico al loro posto, giungendo a comprendere quali motivazioni spinsero Luca ad andare incontro a un triste destino che non meritava ma che egli era disposto ad affrontare pur di tenere per sè, gelosamente custodito come un tesoro, qualcosa di profondamente nobile e che per lui era di gran lunga più importante della propria stessa libertà.
Silone arriva al lettore per la sua immediatezza nel linguaggio, per i suoi personaggi così vivi, realistici, attaccati alla terra (sia nel senso di paese sia come "terreno da coltivare" ), la maggior parte dei quali dalla mentalità chiusa e gretta, pieni di pregiudizi e timori verso tutto ciò che può sconvolgere la propria esistenza noiosa ma tranquilla; sono persone che sanno tenere la bocca chiusa per celare segreti, ma che ne pagano le conseguenze in termini di serenità; non sono persone cattive ma comunque spesso omertose, pronte ad allontanare chi dimostra di avere ideologie e propostiti un po' troppo "rivoluzionari".
Mi sono sentita un po' Andrea durante la lettura, desiderosa anche io di conoscere il segreto di Luca e di sapere per cosa ha sacrificato se stesso; spicca il vecchio don Serafino, a tratti buono e comprensivo altre volte così testardo e ostinato nei suoi silenzi da provocare l'irritazione mia e di Andrea; fa tenerezza il vecchio Luca, con le spalle ormai appesantite da un fardello che gli ha procurato solo dolore e attimi davvero rari e brevi di felicità.
Ma evidentemente anche di quelli si può vivere
"Non credere mica che un istante di felicità sia poco. La felicità esiste solo sotto forma di attimi."
Quello di Silone è un romanzo sociale e morale, intenso nella sua semplicità, ricco di dialoghi, in cui l'Autore ci rimanda il modo di pensare e di agire dei suoi personaggi senza perdersi in riflessioni e monologhi, ma attraverso le loro parole e i comportamenti.
E' un romanzo che denuncia i meccanismi spesso iniqui che muovono la Giustizia, che non sempre è capace di "fare un passo indietro" per ammettere i propri errori, ma qualora lo facesse...: forse le "scuse ufficiali" delle istituzioni potrebbero spostare indietro le lancette dell'orologio e ridare gli anni di vita persi tra quattro mura ad un innocente?
Ma denuncia anche la società, che spesso chiude occhi e orecchie e si fa i fatti propri per non farsi scuotere l'esistenza dai problemi del prossimo.
Un bel libro, con un finale dai toni molto nostalgici, che consiglio; sono contenta di essermi accostata a Silone attraverso questo romanzo.
L'autore.
Ignazio Silone nacque a Pescina, in provincia dell'Aquila, il 1° maggio 1900. Figlio d'una tessitrice e d'un piccolo proprietario di terra, rimase orfano a quattordici anni in seguito al terremoto della Marsica. Fu un precoce ribelle e la sua rivolta contro la vecchia società e "i poteri costituiti" assunse presto le forme di "una contestazione globale". Interrotti gli studi liceali e costretto a guadagnarsi da vivere, prese parte attiva alle lotte contro la guerra e al movimento operaio rivoluzionario. Si oppose al fascismo fin dalle origini, fu redattore dell'«Avanguardia» (organo della gioventù socialista) e del «Lavoratore» di Trieste, la cui tipografia venne ripetutamente incendiata dagli squadristi. Dopo le leggi eccezionali, divenne attivista clandestino accanto a Gramsci; denunziato e ricercato, fu infine costretto a riparare all'estero, stabilendosi nel 1930 in Svizzera. A quell'anno risale la sua rottura col movimento comunista caduto sotto la tirannia staliniana. A Davos, nei Grigioni, scrisse Fontamara che, pubblicato in tedesco a Zurigo nel 1933, vide ben presto venticinque traduzioni. Anche i libri successivi (Pane e vino, 1937; La scuola dei dittatori, 1938; Il seme sotto la neve, 1945) ebbero una calda accoglienza. Non per questo, contrariamente a una leggenda, egli ebbe vita facile da parte delle autorità dei Paesi democratici, in verità troppo preoccupate di non
dispiacere al governo italiano. Così fu espulso dalla Francia e dalla Svizzera (che mutò l'espulsione in internamento) e solo nel dopoguerra ha potuto mettere piede in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America. All'atteggiamento ufficiale corrispondeva d'altra parte l'ostracismo della grande stampa, largamente compensato tuttavia dalla franca solidarietà di alcuni grandi scrittori e critici (Edmund Wilson, Graham Greene, George Orwell, Maurice Nadeau, Maurice Vaussard...).
I suoi libri d'esilio testimoniano, assieme a una coerente opposizione contro ogni forma di totalitarismo, un lavorio di sistematica revisione dell'ideologia di partito precedentemente professata, revisione culminata in quella che egli ha chiamato la riscoperta dell'eredità cristiana e dell'ispirazione libertaria.