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domenica 24 marzo 2024

ⓧ✘ RECENSIONE ✘ⓧ "X ZERO" di N. Milesi



Come reagiremmo se la nostra esistenza, che sta procedendo "alla grande", tra successi professionali e fugaci relazioni "amorose" appassionate e soddisfacenti, prendesse all'improvviso una piega inaspettatamente drammatica e, per certi versi, ricca di sorprese?
Il protagonista di questo romanzo dal titolo enigmatico è un affermato ed eccentrico curatore e critico d’arte, un uomo affascinante, ironico, intelligente, da sempre uno spirito libero refrattario a convenzioni sociali e a sciocchi sentimentalismi, che si vedrà costretto ad affrontare non poche sfide, senza mai abbandonare il suo motto esistenziale "Carpe diem".



X ZERO
di N. Milesi



Oakmond Publishing
263 pp
14.50 euro
Aprile 2023
LINK


 Charlie Owen ha trentatré anni e vive a Barcellona dove conduce una vita appagante sotto tutti i punti di vista.

Giovane, bello, dannato, cinico, intelligente e sveglio, alla costante ricerca di una sola cosa - il piacere -, ha sempre una gran voglia di ironizzare, sdrammatizzare, di non prendere tutto troppo sul serio; si definisce "un agnostico, un nichilista convinto e un anarchico, seguace dei soli miei sensi. In definitiva potrei definirmi un inguaribile e appassionato lussurioso".


Lavora come critico d'arte ed è molto apprezzato negli ambienti artistici che frequenta.
Orfano di madre, è cresciuto con un padre severissimo, un generale dell'esercito americano che ha tirato su l'unico figlio in un clima da caserma in cui vigeva il detto "ordine e disciplina".
Tra padre e figlio non vi è mai stato un gran feeling né dichiarazioni di affetto per cui, una volta adulto, Charles si è allontanato da lui vivendo la sua vita in assoluta libertà e privo di legami affettivi stabili e importanti.

Fatta eccezione, infatti, per pochi amici - tra cui Victor (ricercatore scientifico) e Katrine (un'artista eclettica ed estrosa con cui gli "capita" di condividere notti infuocate) -, Charles non ha chissà quali rapporti interpersonali cui aggrapparsi e affidarsi, soprattutto in ambito sentimentale.
È un vero e proprio "uccel di bosco" che rifugge qualsiasi tipo di relazione amorosa impegnativa e quando subodora i primi accenni di un sentimento nascente (nell'altro/a), di una forma anche primitiva di gelosia, il giovane stoppa subito ogni frequentazione: niente coinvolgimento emotivo, nessun impegno, zero responsabilità.

Insomma, niente storie serie.
L'amore? Roba da sentimentali patetici, a lui piace solo divertirsi seguendo i propri istinti e impulsi, appagare i sensi e la voglia di perdersi in atti di puro piacere fisico, e non importa che si tratti di maschi o femmine: ciò che conta è divertirsi e stare bene (sempre mettendo prima le cose in chiaro con il/la partner di turno).

Ma a sconvolgere ogni sua certezza ci pensa la vita con diverse novità sorprendenti, che lo mandano in confusione e lo mettono decisamente alla prova.

Una di queste "sorprese" è donna e si chiama Roxanne, una brillante graphic designer, dal fisico perfetto, carismatica, sensuale, bellissima; Charles ne è rapito, ammaliato e diabolicamente sedotto.

Forse si sta avvicinando, anche per un tombeur de femmes incallito come lui, il momento di innamorarsi e impegnarsi in una relazione seria e stabile?

Ma gli scossoni non sono finiti e a dargliene uno bello forte è il suo stesso corpo: qualcosa non va nella sua testa e presto l'uomo riceve una notizia che lo sconvolge profondamente e lo costringe a rivedere tutta la sua esistenza alla luce di questa nuova condizione fisica.

Nonostante questo, Charles non perde vivacità, senso pratico, umorismo e affronta ciò che la vita gli dà giorno per giorno con coraggio e una dose di incoscienza che fa urlare l'amico Victor di disperazione ma che, a ben guardare, è forse la sola àncora di salvezza per lo stesso Charles.

Egli non è tipo da piangersi addosso, da fermarsi, chiudersi in casa a lamentarsi e ad aspettare "l'ora x", anzi: decide di farsi aiutare da Victor per trovare una sorta di "soluzione" al suo problema di salute, "soluzione" che poi dà il titolo al libro stesso.

Non vi dico di cosa si tratta perché è centrale nella trama e, se lo vorrete, scoprirete tutto da soli leggendo il romanzo.

Aggiungo soltanto che gli eventi devastanti non sono terminati e Charles apprenderà delle drammatiche informazioni sulle proprie origini; esse lo lasceranno ulteriormente turbato e sgomento e sue saranno la responsabilità e la libera decisione di capire come e quanto ciò che scoprirà del proprio passato influenzerà il futuro. 

Già, il futuro... La verità è che l'essere umano può immaginare tutti i programmi che gli vengono in mente, scrivere liste di cose da fare e desideri da realizzare..., ma la vita spesso è imprevedibile e il fato - o chi per esso - scombina le carte più di una volta e in modi impensabili.

Da Roxane in poi per Charlie ha inizio un viaggio che lo porterà a porsi degli interrogativi (nonostante egli non ami lasciarsi andare troppo ad elucubrazioni e ragionamenti filosofico-esistenzialistici), ad accettare giorno per giorno la realtà che è il caso a dettare le regole di questo gioco che è la vita; l'Uomo altro non è che una pedina sulla scacchiera dell’esistere, impegnato a barcamenarsi fra luce e oscurità, tra la creatività di un'opera d'arte e il rigore scientifico, tra mito e realtà, dubbio e verità, sesso e amore, vita e morte.

Charles è un protagonista a tutto campo: lo è di questo romanzo e lo è della sua stessa esistenza, le cui redini egli si sforza di non mollare mai per cercare il più possibile di poterla dirigere secondo i propri desideri ed esigenze.
Nonostante il mutare delle situazioni che man mano vive, egli resta sempre coerente e fedele alla propria natura: non si perde in piagnistei, non cede all'autocommiserazione neppure quando i problemi sono talmente gravi che potrebbe concedersi questo "lusso"; è pragmatico e razionale, sì, ma allo stesso tempo non esita a immergersi in esperienze che lo facciano andare oltre sé stesso, che sia attraverso l'alcool o la stessa attività sessuale: il tutto è sempre vissuto al massimo, con euforia e guidato dalla voglia insaziabile di divorare la vita, di godere, la sete di sperimentare nuove sensazioni, anche se questo significa bruciare le tappe.

"X Zero" è un romanzo originale, dagli intrecci narrativi imprevedibili, dove il fattore x, l'incognita, è sempre dietro l'angolo per cambiare il corso di eventi che sembravano procedere senza intoppi; il ritmo è scorrevole grazie a una scrittura che dosa bene le parti descrittive con quelle narrative e dialogiche, a un linguaggio schietto e consono al tipo di personaggi, alle dinamiche che si creano tra loro e al contesto in cui si muovono.

Pur mantenendo toni apparentemente leggeri e ironici (in virtù della personalità forte e stravagante del protagonista), vengono toccate tematiche serie e fondamentali per il vivere umano: l'amicizia, l'amore, (l'assenza di) affetti famigliari, l'uso e di sostanze (droga e alcool), la malattia, per citarne alcune.

Non mi resta che consigliare questo libro di N. Milesi, tra le cui pagine ci imbattiamo di sovente in citazioni e riferimenti musicali, cinematografici, artistici..., e del resto l'autore di sé scrive: "...in bilico fra questo e altri mondi paralleli in perenne ricerca di un punto gravitazionale. Ama l’arte, la letteratura, il cinema, la musica e viaggiare… il resto è necessità del superfluo e lucida follia."
 

domenica 19 novembre 2023

🎐 RECENSIONE ☕ FINCHÉ IL CAFFÈ È CALDO di Toshikazu Kawaguchi



C'è una caffetteria a Tokyo che non è come le altre.
Non la si trova facilmente perché è un po' nascosta, ed è piccola, accoglie pochi clienti alla volta; ma il caffè è ottimo ed è un ambiente tranquillo.
Inoltre, su di essa, circola una stramba leggenda metropolitana: pare che ci sia una sedia su cui, chi lo desidera, può sedersi per viaggiare nel tempo.
In questo posto unico e speciale, l'atmosfera è magica, il tempo sospeso, gli orologi ingannevoli e non di rado qualcuno prova a recuperare legami, a rubare attimi fugaci e preziosi emozioni per dare una nuova virata alla vita che, come il caffè, va gustata a piccoli sorsi.



FINCHÉ IL CAFFÈ È CALDO 
di Toshikazu Kawaguchi


Garzanti Ed.
trad. C.Marseguerra
192 pp
"...non aveva mai pensato di farlo in prima persona. Viveva la vita nella corsia di sorpasso e non aveva rimpianti. E comunque – pensava – che senso poteva avere, se tanto il presente non sarebbe mai cambiato, qualsiasi cosa si provasse a fare?"



A quanti di noi è capitato di pensare, con una punta di rimpianto, che sarebbe bello poter viaggiare nel tempo, almeno una volta nella vita, tornando nel passato o, addirittura, sbirciando nel futuro?
Forse per rimediare a un errore, per rivedere un volto amato, per sapere cosa è accaduto alle persone che amiamo...

Questo delicato e carinissimo romanzo narra di un posto particolare in cui il tempo è scandito da una tazza di caffè bollente.
Narra di rapporti famigliari resi difficili da sbagli, fraintendimenti, cose non dette, malattie, lutti, e di come il dolore che ci si porta dietro chieda di essere alleviato, fosse anche solo per una manciata di secondi.
Il tempo di un caffè. Finché il caffè resta caldo, è possibile (ri)vivere una breve ma preziosa esperienza irripetibile.
A patto, però, di osservare fedelmente le regole del "gioco", che non sono tantissime ma guai a "sgarrarne" anche soltanto una!

Ebbene, nei quattro episodi che compongono il romanzo, seguiamo le vicende personali di pochi personaggi - sempre gli stessi - le cui vite si intersecano, arricchendosi, trovando sostegno e aiuto l'uno nell'altro.

Il locale  è di proprietà di un omone grande e grosso, Nagare, sposato con la dolcissima e solare Kei; vi lavora la cameriera Kazu, una ragazza carina ma sempre sulle sue, che dà poca confidenza, ostentando un atteggiamento distaccato e imperturbabile.
Gli avventori abituali, con cui il lettore farà conoscenza, sono: l'infermiera Kōtake e il marito Fusagi (malato di Alzheimer precoce); Hirai (proprietaria di un bar) e sua sorella Kumi (che in realtà abita in un'altra città e va nella caffetteria solo per cercare di parlare con Hirai, inutilmente); Fumiko (donna in carriera) e una signora di cui non ci vien detto il nome, ma viene identificata come "la donna in bianco". Quest'ultima è sempre seduta allo stesso tavolo, con un libro in mano e sorseggia un caffè dietro l'altro.

Fumiko è una bella e giovane donna che ha sempre messo il lavoro al primo posto, fino a quando il fidanzato Gorō la lascia per inseguire il sogno di una carriera lavorativa in America e la ragazza si rende conto di quanto lui sia importante: no, il lavoro non è tutto, l'amore lo è!
Ma non trova il coraggio di chiedere al fidanzato di restare, di scegliere lei e un futuro insieme..., così egli se ne va e una settimana dopo lei è sola nella misteriosa e leggendaria caffetteria, a chiedersi se davvero bevendo caffè potrebbe tornare indietro di una settimana e supplicare Gorō di non abbandonarla.

Le viene detto che il viaggio nel tempo è soggetto a regole ferree, tra cui la fondamentale è: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato e solo sedendosi (senza alzarsi mai) su una sedia specifica, che poi è quella sempre occupata dalla signora in bianco, che non prende bene la richiesta di alzarsi per far "viaggiare" i clienti, i quali sono costretti ad aspettare con pazienza che la signora si alzi da quella sedia per andare in bagno.

Fumiko è convinta di volerlo fare, così si siede e... torna indietro di una settimana: stesso posto, stessa caffetteria... Cosa succederà? Riuscirà a parlare apertamente a Gorō, ben sapendo che un'altra regola è che non potrà in alcun modo cambiare il presente, qualunque cosa faccia o dica?

Gli altri viaggi vedono protagonisti il povero e smarrito Fusagi (la cui memoria lo sta abbandonando ogni giorno che passa e sempre di più) e sua moglie Kōtake: cosa potrebbe ottenere, quest'ultima, viaggiando indietro nel tempo? Parlare un'ultima volta con suo marito nei giorni in cui era ancora lui, presente a sé stesso e con la mente ancora "buona"? Per dirgli cosa? Forse questa incredibile, seppur breve, esperienza potrebbe aiutarla a ritrovare sé stessa e il suo ruolo accanto all'uomo che ama e che si sta dimenticando di lei?

C'è la pragmatica Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella e che potrebbe rimpiangere amaramente il suo allontanarla continuamente da sé.

Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre e che, se potesse esprimere un desiderio, esso avrebbe a che fare proprio con la creatura che porta in grembo.

Ognuna di queste donne ha un rimpianto, sente riaffiorare un ricordo doloroso e non sa come affrontarlo, come "risolverlo", confidando che il viaggio nel tempo  costituisca una soluzione..., ma non lo è perché nessuna azione - come detto più su - inciderebbe sul presente.

Tutte loro, però, impareranno che ormai il passato, proprio perché non più modificabile, non deve dominarle: quello che conta è il presente che stanno vivendo, perché è oggi che possono agire, amare, abbracciare, sorridere, decidere...

Tra sospiri, lacrime, sorrisi commossi, confusione e speranza, lettere mai date, le donne "viaggiatrici" comprenderanno che la vita è fatta di momenti unici e irripetibili, che vanno vissuti appieno, senza riserve, non privando sé stesse e chi amano di gesti e parole importanti, perché il futuro non appartiene a nessuno di noi e non possiamo sapere se e quando eventi drammatici e improvvisi potrebbero intervenire e deviare il corso delle nostre esistenze. 


"Finché il caffè è caldo" è un romanzo che si legge in poche ore non solo per il numero di pagine, ma soprattutto per la incredibile scioltezza del testo, essenziale, con una buona presenza di dialoghi semplici, con una trama che ho trovato originale (i viaggi nel tempo non sono una novità in letteratura ma è come li ha gestiti l'autore e le finalità degli stessi che ho trovato diverso dal solito), con pochi personaggi che interagiscono tra loro e che a turno sono protagonisti di un episodio.
Le vicende narrate - malgrado l'elemento "sovrannaturale" del viaggio temporale - inteneriscono e commuovono perché sono profondamente umane e toccano il mondo emotivo di ciascuno di noi in quanto hanno a che fare con i legami famigliari, con i rimpianti e con le occasioni mancate.
Una lettura delicata, rilassante si legge in un attimo e lascia un sapore di dolce malinconia.

Consigliato, in special modo in queste freddine serate autunnali: è una coccola letteraria.



ALCUNE CITAZIONI

"se vuole, la gente troverà sempre la forza di superare tutte le difficoltà che si presenteranno. Serve solo cuore."

" Di fronte a una persona con cui si ha un legame profondo e a cui si sono rivelati i propri sentimenti, è difficile mentire e lasciar perdere. La verità vuole uscire a tutti i costi, soprattutto quando si cerca di occultare la tristezza o la fragilità. È molto più facile nascondere la tristezza a un estraneo, o a qualcuno di cui non ci si fida."

lunedì 2 ottobre 2023

RECENSIONE 🏫 IL COLLEGIO di Tana French

 

Due collegi irlandesi - uno maschile, l'altro femminile - molto vicini, un omicidio che, dopo un anno, è senza soluzione; fino al giorno in cui una mano anonima lascia, nella bacheca della scuola, un biglietto enigmatico in cui rivela di sapere chi è l'assassino.
Per vederci chiaro, i detective si faranno strada nella realtà quotidiana delle studentesse, nelle loro relazioni adolescenziali da cui emergeranno gelosie e inaspettate violenze.


IL COLLEGIO
di Tana French


 
Ed. Einaudi
trad. A.Colitto
664 pp
Stephen Moran è un giovane detective che lavora ai Casi Freddi con l'ambizione di passare alla sezione Omicidi della polizia di Dublino. 
L'occasione gli si presenta una mattina quando proprio non se l'aspetta ed ha il nome di una sedicenne di sua conoscenza, in quanto figlia del suo superiore, Frank Mackey: Holly studia al St Kilda, prestigioso collegio irlandese, e vuol parlare con Stephen perché si ricorda di lui (a motivo di un caso di qualche anno fa, in cui Holly aveva testimoniato) come di un tipo che non tratta i ragazzi come degli stupidi, ma li rispetta e li ascolta davvero. Un poliziotto con cui ci si può interfacciare tranquillamente, insomma.
Holly è in commissariato perché ha trovato, affisso nella bacheca dell'istituto (il cosiddetto "posto segreto", in cui le studentesse possono scrivere e affiggere biglietti anonimi contenenti messaggi che non hanno voglia di dire apertamente), una foto di un ragazzo del St Colm trovato morto ammazzato un anno prima nel parco del St Kilda; sotto la foto una frase enigmatica e spiazzante: "Io so chi l'ha ucciso".
La vittima si chiamava Chris Harper e qualcuno gli aveva spaccato la testa.
Le indagini, al tempo, non avevano portato a nulla di concreto né tanto meno ad una soluzione del caso, che è, appunto, ancora aperto.

Il caso era ed è nelle mani del detective Conway, una donna tosta, determinata, dura, sbrigativa e scorbutica nei toni e nei modi, che in centrale non va d'accordo praticamente con nessun collega e, anzi, è da questi palesemente mal sopportata, proprio perché le si rimprovera di "non fare squadra".

È a lei che Stephen porta il biglietto con foto e frase, con la speranza di poter partecipare a una nuova fase d'indagine, partendo da questo piccolo input; Stephen ci tiene molto a collaborare per farsi notare e lasciare finalmente i Casi Freddi, ma i rapporti con Conway sono da subito difficili: la donna non lo tratta come un suo pari ma come un sottoposto da tener buono, fa l'acida, l'antipatica, lo mette in imbarazzo a ogni occasione, facendogli fare la figura del pivello.
Ma Stephen stringe i denti: ha ben chiaro il proprio obiettivo e se, per raggiungerlo, deve ingoiare qualche rospo, star zitto davanti a una battuta sgradevole e ignorare i modi scortesi della collega, lui è pronto a farlo.
Ciò che più conta è far parte dell'indagine, che infatti viene subito riaperta, portando i due detective all'interno del collegio femminile, perché è là che il cadavere è stato trovato ed è là che è avvenuto l'omicidio.

Metter piede nella scuola, facendosi largo tra suore diffidenti e severe, e all'interno di uno stuolo di studentesse dai caratteri più disparati - da quelle più timide, dall'aria sognante e sciocchina, alle più sfacciate e sicure - è come entrare in un ginepraio complicato, fitto, inespugnabile.

Il romanzo è lungo oltre 600 pp e si snoda nell'arco di una sola giornata, che sembra durare un'eternità: in queste ore Stephen e Conway interrogano alcune delle ragazze che potrebbero essere coinvolte in quanto hanno conosciuto meglio Chris e si sono rapportate a lui (fosse anche per poco), fanno perquisizioni nelle camere e nella sala comune, e intanto cercano di inquadrare le giovanissime studentesse; in particolare, i gruppetti su cui si concentrano sono due, quello di cui fa parte Holly e composto da lei, la dolce Selena, la determinata Julia e Rebecca, con la testa tra le nuvole, e contrapposto ad esso, c'è la cricca capeggiata da Joanne, che si crede la reginetta della scuola, è sicura di sé, classista e guarda tutti con disprezzo; anche le sue amiche più fedeli (Orla, Alison, Gemma), che le vanno dietro come cagnolini, non ricevono da Joanne un bel trattamento.

Stephen è colui che si mette in prima linea per condurre gli interrogatori, perché pare faccia meno paura di Conway, di cui le ragazze serbano uno sgradevole ricordo dall'anno scorso.
Effettivamente, Moran entra con delicatezza nell'argomento Chris, forse anche troppo, e i primi colloqui non sembrano dare alcun indizio utile rispetto all'anno prima; se le risposte date dalle interrogate non si discostano dai passati interrogatori, ad essere diversi sono però gli atteggiamenti di alcune di loro.
Ad es., ragazze che l'anno prima erano timidissime e avrebbero preferito scomparire piuttosto che rispondere alle domande serrate della polizia, quest'anno ostentano una inaspettata sicumera, come se si sentissero al sicuro e al di sopra di ogni sospetto.

Il racconto del presente è interrotto da quello dei mesi precedenti: al lettore viene fatto conoscere il contesto dell'istituto, le abitudini dei ragazzi, le relazioni tra loro; progressivamente, apprendiamo chi, tra le ragazze, frequentava Chris e chi - e perché - avrebbe potuto desiderare di fargli del male.

Il quadro che ne viene fuori è quello, in fondo, tipico dell'adolescenza, periodo della vita in cui l'amicizia conta moltissimo, in cui si farebbe di tutto per essere accettati dagli amici che contano, in cui si combinano marachelle alle spalle dei docenti.

Holly e le sue amiche avevano l'abitudine di uscire di notte dalla camera (condivisa) per fare un giro nel parco al chiaro di luna, nella rassicurante convinzione che niente di brutto potesse mai succedere loro: la cosa più importante era ed è la loro bella amicizia, totalizzante, unica, speciale, fatta di risatine, gomitate, vestiti da prestare, segreti; un legame che le quattro ragazze immaginano indissolubile, che le accompagnerà per tutta la vita e in cui non trovano posto le bugie, gli inganni, le invidie.
Solo un sincero affetto e la promessa di aiutarsi, di difendersi e di essere sempre l'una al fianco dell'altra.
Cosa si è disposti a fare a sedici anni pur di onorare il sentimento dell'amicizia, pur di non tradirlo?
Se un'amica è fragile e ha bisogno di te, non puoi che offrirle il tuo aiuto, anche se lei non te lo chiede; ti basta guardare i suoi occhi tristi, il suo sguardo assente, i suoi silenzi, per convincerti a fare qualunque cosa pur di non abbandonarla.

Holly crede di essere la più forte del gruppo, di dover tenere lei unite le sue amiche: Julia è un po' superficiale e brusca, sembra non vedere che il loro piccolo gruppo rischia di disgregarsi, Becca è una bambinona e Selena... Selena è innamorata e l'amore la sta devastando e allontanando.

Cosa è successo a Chris in quella tragica notte in cui una zappa gli ha spaccato il cranio?
Chi l'aspettava di notte nel parco e con quale motivazione l'ha attirato?

L'autrice basa gran parte della trama sui colloqui tra i detective e le ragazze dei due gruppi; sembra di essere nella stanza con loro e di assistere agli interrogatori, che vedono le studentesse tartassate dalle domande più minuziose, atte a farle "cadere" affinché si contraddicano e conducano i due adulti verso la luce della verità; ci si concentra anche, come dicevo, sui fatti che precedono l'omicidio, così da "conoscere" Chris e cercare di capire, assieme a Moran e Conway, quali ragazze avessero dei motivi per odiarlo.

Durante la narrazione, ci sembra di avvicinarci all'identità dell'assassino/a e di colei che, col biglietto, s'è presa la responsabilità di attirare di nuovo la polizia a scuola, ma non sempre ciò che sembra è ciò che è, e le sedicenni del St Kilda sanno mettere in campo abilità manipolatorie non indifferenti.

Le personalità delle ragazze più coinvolte sono sufficientemente delineate, così pure quelle dei due detective, che però non ho amato moltissimo: la Conway per via della sua esagerata acidità, della sua supponenza ostentata, e Moran perché troppo passivo, troppo "bravo poliziotto che non risponde male ai superiori"; però, verso la fine, sono un po' migliorati.

Perché ogni singola tessera venga messa al posto giusto dobbiamo arrivare alla fine... e giunta all'ultimo rigo personalmente non ho capito bene se il romanzo mi sia piaciuto al 100% oppure no.

È un thriller, sì, ma molto soft, che poggia tutto sul mondo degli adolescenti, su queste ragazze di buona famiglia, ricche, viziate, con un futuro potenzialmente roseo, ma che in quella scuola vivono una realtà e una dimensioni parallele, che le divorano, influenzandone pensieri, aspirazioni, comportamenti.
Chi ha commesso l'omicidio non è un serial killer, nonostante sia astuto e sia stato sul punto di farla franca.
Ma sedici anni son troppo pochi per portarsi dentro bugie ingombranti e la coscienza, a un certo punto, va sgravata.

L'attenzione posta al contesto scolastico e alla ragnatela di rapporti amicali, ai dispetti tra coetanee, alle gelosie, ai tradimenti ecc..., non mi è dispiaciuto; solitamente apprezzo gli interrogatori perché mi affascina entrare nella mente e nei ragionamenti di chi indaga su un delitto, però in questo caso le sessioni con le "indiziate" sono state un tantino noiosette e lunghe.
Nel complesso è un romanzo piacevole, però mi è mancato qualcosa, forse un po' di tensione in più, un goccetto di suspense che mi tenesse col fiato sospeso; finale un po' sbrigativo. 

Insomma, promosso ma non a pieni voti.


"Avere degli amici significa che ti sei assestato. Il punto in cui siete arrivati insieme è dove resterai: non andrai oltre. È la fermata dell'autobus a cui sei sceso.
Gli amici non ti legano solo a dove sei ma anche a chi sei. Quando hai degli amici che ti conoscono davvero, al di là di quello che tu decidi di lasciar vedere, non c'è più spazio per diventare la persona che un giorno realizzerà i tuoi sogni. Sei diventato solido: sei la persona che loro conoscono, per sempre."

mercoledì 20 settembre 2023

[[ RECENSIONE ]] DOVE NASCONO LE OMBRE di Lavinia Petti



L'estate più intensa e indimenticabile della sua vita, il protagonista la vive a dodici anni, in compagnia di un gruppetto di amici amanti dell'avventura e pronti a disubbidire agli adulti pur di divertirsi; estate e amicizia: un binomio che ruota attorno a un bosco, tanto affascinante quanto misterioso e, per certi versi, sinistro.
Un bosco che nasconde un segreto e che sembra richiamare a sé i ragazzi affinché, vent'anni dopo, lo portino alla luce.



DOVE NASCONO LE OMBRE
di Lavinia Petti



Mondadori
372 pp
«È a questo che servono le storie, poeta? A ricordare le cose dimenticate? A cercare quelle perdute? Ad aggiustare quelle rotte?»

Elia ha dodici anni quando, a metà degli anni '60, la sua vita viene stravolta da una drammatica vicenda famigliare, in seguito alla quale tante cose cominciano a cambiare per sempre e irrimediabilmente, tanto in famiglia quanto dentro di lui.
Da poco in casa è arrivata la sua sorellina Giulia, che catalizza le attenzioni di tutti, con sommo stupore e disapprovazione di Elia, che non comprende come i grandi possano sghignazzare felici nel vedere una neonata che si limita a mangiare, far la cacca e dormire.
I pianti e i gemiti della piccola, a ogni ora del giorno e della notte, seccano il fratello maggiore ma una mattina egli si sveglia e non sente Giulia piagnucolare.
Purtroppo la piccolina viene ritrovata morta nella culletta.
Il lutto colpisce tutti, in primis la madre, il cui enorme dolore le sconvolge la mente, alienandola dalla realtà; il suo pensiero è fermo a Giulia, di cui lei parla come se fosse ancora viva e non c'è modo di aiutarla a elaborare la perdita.
La famiglia sembra ormai distrutta e il padre decide di portare la moglie in una clinica tra le montagne perché si riprenda e di affidare Elia alla sorella Giovanna, che vive al Paradisiello, un condominio popolare ai confini della città. 

Il ragazzino è un tipo solitario, schivo, appassionato di Poe e smanioso di scrivere storie di fantasmi e di terrore; quando giunge a casa di zia Giovanna è triste e arrabbiato con tutti: con i genitori, che si sono liberati di lui e con la zia, che per lui è quasi un’estranea, e tra l'altro è scorbutica, parla poco, sbuffa molto e lo tratta con scarsa delicatezza.
Elia si sente "di troppo" ovunque e il fatto che gli adulti attorno a lui lo trattino con sufficienza e senza tener conto dei suoi pensieri e desideri, ne è la conferma.

Il pensiero di quella sorellina con cui non ha avuto il tempo di legare, la consapevolezza che la sua famiglia si è sgretolata, che sua madre è praticamente impazzita e il padre - il suo colto, severo e tutto d'un pezzo papà - è completamente dedito a prendersene cura, il dover subire la decisione paterna di stare con questa zia zitella e acida, che i bambini non sa manco cosa sono..., lo fa sentire terribilmente solo, rifiutato, ignorato da adulti che, invece, dovrebbero stargli vicino e consolarlo, perché anch'egli soffre ma pare che nessuno se ne accorga.
L'unico rifugio è la sua immaginazione, alimentata dalla lettura di storie misteriose e paurose.

"...la cosa brutta del dolore è che ti spezza dentro e ti taglia fuori, e ciascuno deve viverlo a modo proprio, nel suo tempo.
Per quanto mi riguarda, furono i libri a salvarmi."

La zia lo esorta a non starsene da solo ma a provare a fare amicizia con i ragazzi del palazzo e in effetti  la voglia di vivere, che urla dentro di lui, lo porta a vincere la timidezza e ad avvicinarsi con discrezione ai ragazzi del palazzo: i gemelli Simone e Silvia, Nello e la piccola Mosca. 

Simone, il leader, colui che parla e tutti lo ascoltano e gli ubbidiscono; sua sorella, Silvia, è scontrosa e brusca, forse l'elemento del gruppo più difficile da raggiungere; Nello, irascibile e permaloso; Mosca, la più piccola, che di nome fa Beatrice, è orfana di entrambi i genitori, vive col nonno ed è una bimba strana ("crede che nel bosco vivono le fate e il diavolo"), con atteggiamenti un po' più infantili della sua età.

Pur sentendosi estraneo al gruppo, Elia comincia a frequentare i ragazzi, passa le giornate con loro nel grande giardino che circonda il Paradisiello e, soprattutto, nel bosco lì vicino; i cinque fanno ciò che si fa generalmente a quell'età: partite a pallone, dispetti e risate, furti di ciliegie, costruiscono una capanna, fanno arrabbiare gli adulti con le loro marachelle, si prendono in giro e i maschietti non mancano di azzuffarsi per delle sciocchezze, per poi far pace subito dopo. 

Stare da soli in cameretta non è più un'alternativa da prendere in considerazione.

"Da settimane non leggevo un libro e non lavoravo alla mia storia, e la cosa strana era che non mi mancava. Cominciavo a sentire, in un modo vago, impreciso, che la vita può essere più larga e più spessa di un pezzo di carta."

Insomma, quella che all'inizio sembrava profilarsi come un'estate noiosa, è diventata divertente come mai Elia avrebbe immaginato potesse diventare.

Certo, c'è un’ombra sinistra che incupisce il gruppetto di amici, e dall'altra lo solletica: nel bosco, venticinque anni prima un ragazzo è scomparso nel nulla: giocava a nascondino e non è mai più stato trovato, né vivo né morto.

Cosa gli è successo?
C’è chi dice che l’abbia preso il diavolo.

Elia non crede né in Dio né tanto meno nel diavolo, ma ad essere convinti di questa assurda"favola" non è solo Mosca, bensì pure gli adulti, tipo Achille, l'uomo che si occupa del giardino e che va mormorando frasi pseudobibliche sconnesse e deliri vari, alternati a maledizioni e improperi verso i ragazzini, che lui vede come dei diavoletti pestiferi ed insopportabili.

Il triste destino del ragazzo scomparso - Nino Basile - comincia ad ossessionare Elia, che si lascia affascinare dal mistero che avvolge la sua scomparsa (avvenuta quando c'era la guerra e le persone correvano a nascondersi per sfuggire ai bombardamenti) e immagina di renderlo oggetto di un romanzo tutto suo.

Dentro di lui arde un fuoco che non può essere domato e che lo spinge a impossessarsi della storia di Nino e a raccontarla.

"Dentro di me si era accesa una voce che non conoscevo e mi pregava di ascoltarla: anche se il palmo si arricciava per i crampi, anche se gli occhi bruciavano e grondavo sudore e sentivo le vertebre schiacciate, in fiamme per la fatica di stare seduto; anche se la voce parlava una lingua sconosciuta e io dovevo impararla; anche se a volte faceva rumore come un boato di tuono, mentre altre non era più forte di un respiro nel vento. Dovevo seguirla. Scalare vette di luce e addentrarmi in antri oscuri, navigare lungo fiumi azzurri, visitare i posti dove nascono le ombre."

E così, Elia inizia a scrivere e a disseminare messaggi nel bosco, firmandoli con il nome di Nino Basile, come se a scriverli fosse stato il ragazzo scomparso tanti anni prima. 

Questo "esperimento" nasce come un gioco, un segreto innocente che ovviamente egli si guarda bene da rivelare agli amici..., anzi: quando essi cominciano a trovare i pezzi di carta e si convincono che appartengano proprio a Nino, Elia freme dentro di sé: ci sta riuscendo!! Sta incantando gli amici con le sue storie, con le sue parole! 
Certo, si sente anche in colpa perché li sta prendendo in giro, ma i timori e i dubbi non lo portano comunque a fermarsi, così giorno dopo giorno la bugia si ingigantisce e comincia a sfuggirgli di mano, fino a condurlo sempre più vicino a una terribile verità.

Tutti e cinque i ragazzi prendono a cuore il mistero di Nino, addentrandosi sempre più nel fitto bosco, alla ricerca di una verità che qualcuno, tra gli adulti del Paradisiello, deve per forza conoscere...: Nino non può essere svanito davvero nel nulla!
La cricca indaga, cerca risposte nelle cianfrusaglie nascoste nella rimessa di Achille e fa domande ai grandi, soprattutto Elia ne fa a Lidia, l'affascinante amica di zia Giovanna, la sola adulta a comportarsi come un'amica con i ragazzini, ad allearsi con Elia quando questi è in difficoltà.
Un'adulta affidabile, cui confidare ciò che pensa senza paura di essere preso in giro o mandato via con una sbuffata scocciata.

Intanto, il bosco ai loro occhi assume sempre più le sembianze di un enorme essere vivente, che respira, sussurra, li "chiama" attirandoli verso di sé: quale segreto si celava tra i suoi alberi? Se avessero potuto parlare, cosa avrebbero raccontato le foglie, cosa avrebbe illuminato la luce che filtrava tra le fronde?

Come spesso accade ai ragazzi protagonisti di un'estate speciale, anche Elia e i suoi amichetti si ritrovano davanti a qualcosa di più grande di loro e che mette in evidenza come gli adulti che li circondano, oggi così severi e brontoloni, siano stati essi stessi, ieri, dei ragazzini vivaci e combinaguai, e come dietro i loro arrabbiati silenzi si nascondano verità dolorose, che essi vogliono continuare a tener nascoste.

"...i segreti sono un suggello, una chiave per aprire o chiudere le persone, e l’amicizia cresce meglio dove si seppellisce insieme qualcosa."

Una vita si era interrotta venticinque anni prima e il tempo avrebbe dovuto contribuire a seppellirla sempre più in profondità, in modo che ne restasse un lontano e indefinito ricordo; ma non basta tacere perché l’oscurità venga dissipata e le ombre non si addensino. 

Dodici anni: l'età in cui un'amicizia, le prime sensazioni fisiche, i sentimenti verso l'altro sesso, l'eccitazione per un mistero da risolvere, sono tutto e vengono vissuti con intensità, in maniera totalizzante, come se fossero l'unica cosa che conta e che resterà per sempre; sono gli anni in cui crediamo che quegli amici con cui abbiamo condiviso litigi, bugie, timidi baci, confidenze, pacche sulle spalle, resteranno tali per sempre e che nessuno e niente spezzerà il legame nato in quei mesi caldi e afosi di un'estate che non è stata e non sarà mai come le altre a venire.

Elia è arrivato al Paradisiello che odiava quel posto perché per lui era una sorta di castigo, una triste ed  ingiusta conseguenza per la morte di quella sorella che non ha fatto in tempo a conoscere e amare, e si ritrova ad ad affezionarsi a quei posti, agli amici, al bosco - simbolo di pericolo ma anche di scoperta, di avventura - e alla disgrazia accaduta a Nino.

Gli anni passeranno ma il pensiero di quell'estate non lo abbandonerà mai e il filo che lo lega al bosco e alla tragedia che custodisce gelosamente da anni, lo ricondurrà di nuovo lì, da adulto, e ogni risposta arriverà, portando con sé una brezza nuova, che sa di pace e di nuovi inizi.

"... affondo la mano nel terreno, lo porto al viso e me lo premo contro le narici. L’odore entra, scende, risveglia i ricordi a uno a uno. Quanti anni sono passati, e con quanta fretta… Che ne ho fatto di questo tempo che se ne sta accartocciato dentro di me, vivo e ferito?".

Dove nascono le ombre è un romanzo sull'amicizia, sulla linea che separa il mondo dell'infanzia da quello degli adulti, su come il desiderio di saper tutto da parte dei ragazzi, la loro voglia instancabile di avventura e di svelare segreti per gioco, si scontri con la necessità, da parte degli adulti, di sbarrare le porte ad un passato scomodo, che ancora fa sentire la sua eco e che chiede con insistenza di non essere più ignorato. Tra queste pagine c'è tutta l'esuberante energia dei dodici anni, c'è la solitudine e la rabbia di un ragazzino cui viene chiesto di reagire con maturità a un lutto famigliare (e a ciò che ne consegue) che ha segnato e fa soffrire anche lui; c'è lo spettro di un'amicizia più vecchia, in cui s'è rotto qualcosa e che ha il nome di un ragazzo svanito nel nulla; c'è un bosco, con la sua musica di uccellini e cicale, con i suoi steli di papaveri che frustano ginocchia sbucciate e magre, con il suo vento che passa tra i filari delle vigne e raccoglie il profumo del mosto selvatico, riempiendo l’aria di sapori inebrianti e inconfondibili.

L'autrice ci apre la chiave per entrare nell'animo del protagonista e ci presta i suoi occhi, la sua voce, i suoi pensieri e i suoi contrastanti stati d'animo; ci sembra di essere con lui e con i ragazzi del palazzo, fuori e dentro al bosco, e restiamo curiosi, di capitolo in capitolo, di scoprire cosa sia davvero successo a Nino, il ragazzo scomparso che nessuno ha cercato.
La verità arriva ma per conoscerla non bisogna aver fretta, anche perché non è un giallo, e la "soluzione" del mistero di Nino è funzionale all'esperienza che coinvolge Elia che lo spinge ad acquisire determinate consapevolezze, a fare dei passi in più nella propria crescita e a confrontarsi con gli altri, coetanei e adulti, e con le verità, le bugie e i silenzi che, in qualche modo, spesso caratterizzano i rapporti umani. 
La suspense è dosata e, in un certo senso, diluita in tutta la lunghezza della storia, e cammina di pari passo con una dolce sensazione di malinconia (nelle battute finali in particolare) e con la nostalgia di chi (il protagonista) ricorda un passato mai dimenticato e che finalmente la smesso di schiacciarlo e tenerlo prigioniero di una vicenda che aveva contorni più neri e più cupi di ciò che realmente era.

Un romanzo che mi è piaciuto molto, lo consiglio in special modo a chi cerca storie con protagonisti molto giovani e che abbia al centro l'amicizia, con un pizzico di mistero.


"Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. 
Gesù, ma chi li ha?"
 (dal film STAND BY ME, di Rob Reiner)


ALCUNE CITAZIONI

"...se l’esistenza ha uno scopo, io credo sia questo: cercare di non scomparire dentro la propria ombra."

"Tuttavia, le parole scritte hanno un potere. Quando impariamo a leggere non sappiamo che stiamo varcando un confine e che non c’è modo di tornare indietro. Saper legare una lettera a un’altra è un atto che diventa naturale, come il respiro, e prima o poi capita d’incontrare parole che ci chiamano a sé."

"si muore perché si nasce.
Eppure di una cosa sono sempre stato convinto: questa regola non vale per le storie. Nel tempo di una storia noi siamo immortali."

"...la verità non la dimentichiamo. La teniamo nel cuore, e lì mette radici profonde e robuste come quelle degli alberi. Non possiamo sapere quali frutti darà una pianta che cresce nel buio, verso quale spiraglio di luce dovrà protendersi e contorcersi pur di sopravvivere, da quale fonte oscura succhierà il proprio nutrimento."

"...l’amore è una strana cosa. Ci fa diventare folli e splendenti (...) Ci rende disposti a tutto, anche alle cose peggiori. Ci spezza in modo irreparabile. Ma alla fine è l’unica cosa che ci salva."

"La verità è che ci sono parti di noi che crediamo perdute, o che non siamo mai riusciti a vedere, che altri conservano al posto nostro. A volte ce le restituiscono, come oggetti dimenticati nel tempo, a volte ne fanno qualcosa di buono, di migliore, e il senso di aver fallito con le nostre esistenze per un poco svanisce."

domenica 12 marzo 2023

BREVI MA INTENSI [ libri con meno di 200 pagine ]

 

I titoli che vorrei condividere oggi con voi sono accomunati dal numero limitato di pagine; ma, si sa, il fatto che un libro sia "piccolo"non vuol dire che non abbia tanto da dare.

E allora eccomi qui con una mia personalissima shortlist, di poche pretese e senza dubbio non esaustiva; e anzi, se avete titoli da suggerire, mi farà piacere accogliere i vostri consigli circa quelle letture brevi ma intense che vi sono rimaste impresse.

Precisazione: per libro breve intendo un volume che non superi le 200 pagine.



SOGNI INAFFERRABILI


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Se dovessimo pensare alla figura del sognatore per eccellenza, in letteratura, credo che tanti  penserebbero immediatamente a lui, al romantico protagonista de LE NOTTI BIANCHE di Fedor Dostoevskij (Ed. Einaudi, 158 pp., 2014): una vita chiusa in un mondo di fantasticherie in cui irrompe per un breve attimo la giovane Nasten’ka, che finalmente offrirà per la prima volta al sognatore scampoli di vita vera.
Ma il risveglio arriverà presto, riportandolo alle sue illusioni.

SETA di Alessandro Baricco (Ed. Feltrinelli, 108 pp, 2013): un libro breve, dove contano più i silenzi, gli sguardi intensi, languidi o sfuggenti, i momenti fatti di immobilità o di gesti lenti, accompagnati da una musicalità flemmatica ma insieme suggestiva; in un centinaio di pagine il lettore viene trasportato in una piccola storia effimera ed improbabile, in cui ciò che conta e colpisce non è tanto la storia in sé, quanto l'atmosfera creata dalla penna poetica, ammaliante e musicale di Alessandro Baricco.


DONNE..., DUDUDU'...


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"Mare d'inverno" di Grazia Verasani
 
(Giunti Ed., 176 pp, 2014): un romanzo tutto al femminile che ruota attorno a una solida amicizia: tre donne di oggi, in un'età di bilanci, fatti con coraggio e battute caustiche, dialoghi divertenti e avvelenati, emozioni messe a nudo, verità che non si possono nascondere.

LE DEE DEL MIELE di Emma Fenu (Officina Milena Edizioni, 136 pp., 2019): un piccolo ma ipnotico romanzo che racconta la storia di alcune donne le cui esistenze sono strettamente intrecciate tra loro; a fare da cornice a questi pezzi di vita tutta al femminile, che si snoda attraverso tutto il Novecento, è una affascinante Sardegna intrisa di mito e memoria.


TESTIMONIANZE DI VITA VERA


SHARON E MIA SUOCERA. Diario di guerra da Ramallah, 
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Palestina
di Suad Amiry
(Ed. Feltrinelli, 135 pp):
con l'ironia e l'intelligenza che la contraddistinguono, l'architetto palestinese Suad Amiry racconta, sotto forma di diario, i grossi disagi vissuti durante i quarantré giorni di coprifuoco imposti dai militari israeliani ai residenti di Ramallah nel marzo 2002. La scrittrice ci "presta" i suoi occhi perché possiamo puntare gli sguardi sui tanti ostacoli quotidiani, le umiliazioni, le sofferenze di chi vive sotto un'occupazione militare, come accade ai palestinesi da 75 anni.

DIECI GIORNI IN MANICOMIO di Nellie Bly (Ed. Clandestine, 127 pp.): quando a Elizabeth Jane Cochran (più nota con lo pseudonimo Nellie Bly) fu chiesto dal direttore del World, il giornale per cui ella lavorava, se accettasse di farsi internare per dieci giorni in un ospedale psichiatrico nell'isola Blackwell, per poter descrivere resoconti dettagliati sul trattamento delle donne recluse e sulla gestione della struttura, ella non si tirò indietro, pur con le iniziali e naturali perplessità.
Grazie alla sua tenacia e intraprendenza abbiamo un racconto preciso, per quanto relativamente breve, delle misere condizioni in cui versavano le donne ritenute malate mentali nei manicomi americani di fine Ottocento.


ATMOSFERE INQUIETANTI


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CORALINE di Neil Gaiman
(Ed.Mondadori, ed.ill, 189 pp.)
: fiaba per ragazzi dalle tinte dark con tutti gli elementi tipici del genere fantasy horror, dalla giovanissima protagonista, curiosa e inconsapevolmente impavida, all'antagonista brutta, dalla presenza di oggetti magici e talismani alla casa apparentemente tranquilla ma poi...


ZUCCHERO FILATO VOLANTE di Fernando Camilleri (Eretica Ed., 140 pp.). Un tranquillo paesino, circondato dal verde di un bosco ameno, viene scosso da una serie di eventi inquietanti, surreali, spaventosi, che vedono come protagonista un ragazzino e il suo incontro con un nano, pronto ad eseguire un macabro piano; e tutto sotto l'influsso della luna che, beffarda, guarda dall'alto compiersi il destino di uomini ignari dei suoi influssi. Breve romanzo particolare e originale nella trama, con elementi fantastici/fantascientifici e sfumature horror, che creano momenti misteriosi, di tensione e suspense durante la lettura.


TU CHIAMALE SE VUOI... EMOZIONI


I PONTI DI MADISON COUNTY di R. James Waller (Ed.Sperling&Kupfer, 192 pp.)un incontro casuale; poche parole scambiate; un pomeriggio
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come tanti, afoso, assolato; due paia di occhi che si incrociano per perdersi l'uno nell'altro e riscoprire insieme la vera ragione per cui sono sulla terra: amarsi. Una storia d'amore intensa, profonda, che supera i limiti della distanza, del tempo, che resta viva nel cuore e nella mente, alimentata da ricordi e lacrime, da pensieri ed emozioni rivissute anno per anno solo nella propria memoria.

A PROPOSITO DI LEI di Banana Yoshimoto (Ed. Feltrinelli, 160 pp.): intenso e suggestivo, questo romanzo è caratterizzato da molta introspezione, flashback, con un filo di suspense e mistero che ci accompagna pagina dopo pagina, assieme alle protagoniste, le gemelle Yumiko e Soichi, nel loro "viaggio" verso la loro libertà interiore, un viaggio difficile affrontato con coraggio; un coraggio che l'uno prende dall'altra con naturalezza, dolcezza, complicità, affetto sincero, attraverso mille domande, ipotesi, volte a cercare insieme risposte utili ad allontanare, una volta per sempre, gli spettri scomodi e dolorosi lasciati in eredità da una famiglia che più complicata non poteva essere.

DIARIO DI UN DOLORE di C.S. Lewis ( Adelphi ed., 85 pp.). L'esperienza del lutto è qualcosa di oltremodo doloroso; non è facile parlare del dolore, non solo perché trovare le parole giuste per esprimerlo è complicato, ma anche perché è qualcosa di molto intimo, che preferiamo tenere per noi, fosse anche soltanto per evitare di apparire deboli o di suscitare compassione. L'autore di questo breve diario autobiografico prova a mettere nero su bianco i propri tristi pensieri, con onestà e precisione.

L'APPUNTAMENTO di Piergiorgio Pulixi (Ed. E/O, 144 pp.): sorprendente noir psicologico, dove la suspense tiene compagnia al lettore dall'inizio alla fine, vengono a galla il marcio e la brutalità latente nell'essere umano, le sue perversioni, la voglia ossessiva di controllo e manipolazione, e ancora il pericolo che questo mondo virtuale, in cui siamo immersi ogni giorno, costituisce per ciascuno di noi e per la nostra privacy, visto che, acquattati nelle fitte e impalpabili maglie della rete, si nascondono lupi alla ricerca di agnelli da divorare.


VITA IN FAMIGLIA


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LE SORELLE LACROIX di Georges Simenon
 (Adelphi, 171 pp.)
: una famiglia in apparenza come tante, in cui sembra regnare l'armonia, la tranquillità; ma, a ben guardare, tra le mura della grande casa dei Lacroix non si odono voci allegre e non si vedono uscire dalla porta persone con un sorriso felice: c'è molto silenzio, poche parole dette a voce bassa, accompagnate da sguardi carichi di diffidenza, di odio e vendetta, di rabbia covata e vecchia di anni. Un'aria vischiosa, cupa ed irrespirabile si percepisce in quella silenziosa dimora; il lettore ne avverte tutta la pesantezza e sente come i personaggi che vi abitano ne siano contaminati, nel corpo e nell'anima

IL POSTO di Annie Ernaux (L'Orma ed., 120 pp). La scrittrice francese Annie Ernaux tratteggia, in questo libro breve e autobiografico, la figura del padre, di quest'uomo prima contadino, poi operaio, infine gestore di un bar-drogheria in una città della provincia normanna, e lo fa con scrupolosità e senza cedere a inutili compatimenti e patetiche nostalgie.


VITE COME LE NOSTRE


UN GIORNO DI FESTA di Graham Swift (Ed. Neri Pozza, 139 pp.): una 
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vecchia e famosa scrittrice si guarda indietro, tornando con la memoria ad un giorno specifico - il 30 maggio 1924, giorno della Festa della Mamma - per raccontare "una storia d'amore" sensuale, breve, proibita, che le resterà impressa negli anni in ogni particolare, come un dolce segreto da custodire gelosamente.


VELOCE LA VITA di Sylvie Schenk (Keller Ed. 176 pp.): tra leggerezza e malinconia, la storia di una donna, della sua forza, delle sue scelte e dell'amore, dei libri letti, dei desideri, di ciò che unisce e divide popoli e lingue differenti, delle ombre e delle colpe che ci portiamo dietro - a volte anche quelle di cui non siamo responsabili -, della drammatica velocità con cui passa il tempo e con cui anche la vita più piena, alla fine, si consuma.


UN CLASSICO È PER SEMPRE


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LADY SUSAN di Jane Austen
 
(Newton Compton Ed., 128 pp)
: novella scritta in forma epistolare basata su una protagonista dalla personalità assolutamente forte, determinata e carismatica,  Lady Susan appunto, che grazie alla penna elegante e arguta di Jane Austen, fa breccia nel cuore dei lettori, che finiscono ammirarla divertiti per la sua sfacciataggine e la spontanea sfrontatezza che guida le sue azioni.


IL VIAGGIATORE INCANTATO di Nikolàj Leskòv (Adelphi, 182 pp): racconto del 1872 in cui predomina la figura di un monaco sui generis, Ivan, cantastorie che narra ad ogni capitolo  un particolare episodio della sua vita, che risulta divertente e assurdo insieme, a metà tra fatti realistici e altri decisamente favolistici.

martedì 31 gennaio 2023

[[ RECENSIONE ]] IL NIDO di Tim Winton


Avvicinandosi alla soglia dei cinquant'anni, Tom Keely è stanco di lottare.
Di lottare per un mondo sempre più alla deriva da tanti punti di vista (morale, politico, ambientale...); di lottare per tener vive relazioni in cui non riesce ad investire; di lottare per farsi largo in una società di cui non sente di far parte.
Stanco di vivere, di alzarsi al mattino sapendo di non avere alcuno scopo nella vita, nessun amore, nessuno che lo aspetti e lo cerchi.
Finché nella sua vita non entrano due persone con più problemi di lui.

IL NIDO 
di Tim Winton


Ed. Fazi
trad. S. Tummolini
442 pp

"Metà di lui non chiedeva altro, implorava di essere trovato,  riportato a casa, liberato."

Tom Keely è un ex ambientalista impegnato e molto noto, la cui faccia per diverso tempo è passata nei servizi in tv; solo qualche anno prima tutti lo conoscevano come una persona ambiziosa, altruista, sinceramente dedito alle questioni ambientali; ma è accaduto qualcosa che lo ha fatto cadere a picco, ed ora l'uomo è  completamente al verde, coinvolto in uno scandalo da cui non riesce a venir fuori; ha perso tutto, la sua reputazione è distrutta, la sua carriera è solo un ricordo e altrettanto il suo matrimonio  con Harriet.

Preda di uno stato di profonda apatia mista a depressione, l'uomo si è rintanato in un appartamento in cima a uno squallido e rumoroso grattacielo di Fremantle (il Mirador) e da lì osserva il mondo, sente voci, schiamazzi, e vede le altre persone affannate ciascuna nei propri affari, negli amori come nelle delusioni, in famiglia come al lavoro. Guarda ma non partecipa alla vita.

"Ecco a voi il Mirador. Dieci piani di uniformità architettonica. E dentro, tutta quella gente che continuava a resistere all’omologazione."

Chiuso tra quattro spoglie e puzzolenti mura, Keely vegeta.
Si stordisce con alcol, antidolorifici e psicofarmaci di ogni sorta, mangiucchia qualcosa giusto per non morire d'inedia e così le ore, i giorni, le settimane, vanno avanti sempre uguali o, al massimo, sempre un pezzettino peggio.

Tom non è un uomo completamente solo, anche se vive come se lo fosse: sua madre Doris e sua sorella Faith non l'hanno abbandonato, anzi, cercano in ogni modo di scuoterlo, di stimolarlo a far qualcosa, a trovarsi un lavoro, a non crogiolarsi nel dolore, nell'amarezza, nella solitudine. 

Tom non è uno stupido, tutt'altro: è un uomo di cultura e di sani principi, e lo sa che là fuori, in quel caos pieno di vita, c’è posto anche per lui. Ma non ora, non è ancora il suo momento: si sente troppo debole e senza energie.

Dentro di lui c'è un vuoto orribile e pulsante, un'indefinibile paura senza dimensioni né forma, di cui ignora le origini ma che è diventata la sua "casa", il suo pianeta oscuro. 
Si è così abituato a quello stato di paura continuo, da accettarlo allo stesso modo in cui il famigliare ticchettio dell'orologio non dà più alcun fastidio.
Insomma, è impantanato in una deriva di auto-compatimento in cui affonda di giorno in giorno, sempre più giù.

Finché un giorno s’imbatte nei vicini di casa: una donna con un bambino di circa sei anni; l'incontro lo destabilizza e lo riporta indietro nel passato.

La donna, infatti, è una vecchia conoscenza: Gemma, oggi ultraquarantenne, da bambina ha frequentato molto la casa dei genitori di Tom, una coppia di filaantropi, molto devota, credente, generosa e pronta ad aiutare chiunque fosse nel bisogno, e Gemma e sua sorella lo erano, col padre scansafatiche che si ritrovavano.

Gemma è una donna carina, con un corpo niente male ma le sue qualità (almeno a un primo sguardo) finiscono lì: è scorbutica, maleducata, prepotente, cinica, e verso Tom ha, da subito, un comportamento pieno di contraddizioni, che manterrà anche in seguito.

Non può fare a meno della sua presenza, del suo aiuto, della sua disponibilità, ma al contempo lo guarda con disprezzo, gli parla e lo tratta con sufficienza, come se avesse davanti a sé un grandissimo sfigato che vale meno di zero, un debole incapace di fare qualcosa di buono nella vita.

Eppure, proprio quell'uomo lì, "senza attributi" e senza uno scopo nella vita, piace al "suo" bambino, il piccolo Kai.

Kai è il nipotino di Gemma (figlio della figlia), ha sei anni ed è un tipino taciturno, piccolo, timidissimo, disegna molto (e le sue innocenti opere artistiche hanno qualcosa di angosciante, che allarma Keely), parla poco e sorride ancora meno; è talmente chiuso nel proprio mondo e nella propria immaginazione da far dubitare Tom che abbia qualche problema. In realtà, avrà modo di appurare come Kai sia intelligente e un grande osservatore. 

Preso alla sprovvista, Keely permette che i due, a poco a poco, entrino nella sua vita, sconvolgendogliela. 

Gemma è una donna piena di problemi - da quelli economici a quelli causati dalla figlia, attualmente in prigione per droga - e necessita di una mano per prendersi cura del nipote, che spesso non sa a chi lasciare quando va al lavoro; ed ecco che quello spiantato di Keely, un po' strano, certo, solitario e probabilmente anche un tantino depresso ma - almeno questo! - onesto e proveniente da una buona famiglia (che in passato l'ha accolta in casa propria con affetto, Gemma non l'ha affatto dimenticato), potrebbe essere, per la donna, un aiuto: e se le tenesse Kai quando lei è fuori casa?

Fortunatamente, benché il piccolo sia per natura diffidente e riservatissimo con gli estranei, la conoscenza di Tom circa la natura, la flora e la fauna (in particolare gli uccelli), diviene il punto d'incontro tra i due: Tom sa un sacco di storie e dettagli sui volatili e Kai è molto curioso e pieno di domande in merito.

Insomma, Tom Keely, a quasi cinquant'anni, si ritrova a fare il baby-sitter; con Gemma non mancano momenti di intimità ma entrambi sanno che oltre non si va, in quanto hanno la testa troppo presa dai mille problemi personali per pensare all'amore o a una relazione.

Senza contare che Tom è ancora scottatissimo per il naufragio del proprio matrimonio (esperienza che lo ha fatto soffrire molto) e che Gemma non è proprio in vena di storie d'amore, occupata com'è a cercare di sbarcare il lunario, andare a trovare la figlia in prigione e cercare di crescere da sola quel bambinetto silenzioso ma molto, molto attento a tutto ciò che accade attorno a sé.

Nonostante gli sbalzi d'umore di Gemma, che - come dicevo prima - non esita a trattar male e a denigrare Tom per la sua debolezza di carattere e per i fallimenti, l'uomo si affeziona a quei due vicini di casa, le sue giornate cominciano ad acquisire un senso differente da quando ci sono loro e, soprattutto, da quando può sentirsi utile per il piccolo Kai.

Purtroppo, immergersi nella complicata quotidianità di Gemma e Kai implicherà, per Tom, confrontarsi con delle serie difficoltà che pian piano minacceranno la donna e il bambino, a cui egli, nel frattempo, si è tanto affezionato, come se fosse un figlio di cui prendersi cura e da proteggere.

Benché si senta da anni un fallito, un buono a nulla, uno che dalle vette del successo è precipitato nel baratro dell'inutilità e della passività assolute e da lì non è in grado di risalire..., ebbene, nonostante tutto questo, proprio lui sente dentro di sé un fuoco che gli esplode, che lo spinge a fare determinate scelte e a tirar fuori lati della personalità che non credeva gli appartenessero. 

Tom capisce che Kai conta troppo per lui e non permetterà a nessuno di far del male né al piccolo né a quella nonna burbera, sboccata ma che pure lo attrae.

"Il nido" è il racconto di un uomo che si è condannato all'inattività e alla solitudine dopo una tremenda delusione professionale, che non trova più una sola valida ragione per alzarsi dal letto la mattina, che sente su di sé il peso del costante raffronto con il defunto padre (Nev, uomo di fede, un gigante di bontà che lottava contro le ingiustizie), un punto di riferimento inarrivabile; Tom Keely è un uomo che ha smarrito la strada, il coraggio, il rispetto per sé stesso e solo quando la vita lo induce a confrontarsi con le miserie altrui, con la desolante infelicità di Gemma e con la tristezza e la malinconia scritte negli occhi innocenti di un bimbetto che non ha ancora imparato a sorridere, riuscirà a vedere che, in quel buio pesto in cui brancola stordito da alcool e pillole, si è affacciato un barlume di speranza.

Tom è un personaggio complesso che scatena diverse emozioni nel lettore: da una parte si è spinti a provare empatia e pietà per lui, per la sua sofferenza psichica ed emotiva, dall'altra lo si vorrebbe scuotere con vigore affinché la smetta di piangersi addosso e si conceda la possibilità di rinascere.

"Non aveva la forza di aggiustare le cose, abituato com’era alla logica della sconfitta."

"Non è bello essere l’incarnazione di tutto ciò che tua madre compatisce, o forse addirittura disprezza. Doris lo amava, il suo affetto per lui sembrava sconfinato, ma averla delusa gli bruciava più di ogni altra umiliazione. Il problema era che lei ancora lo credeva forte, e lo giudicava di conseguenza: non immaginava che fosse già perduto."

Tom non è perduto, non definitivamente e non se egli non vuole. Ma deve trovare dentro di sé la motivazione per rialzarsi da quell'inerzia tetra in cui è caduto e per riemergere da quel mare amaro in cui annaspa.

Ma chi sta annegando è in grado di aiutare un'altra persona nelle medesime condizioni?

Gemma mi ha urtato non poco con la sua saccenza e la sua durezza nei confronti di Tom, che umilia ed insulta, eppure non smette di rivolgersi a lui quando ha dei problemi; però evidentemente Tom, benché non stia vivendo un periodo all'insegna dell'equilibrio emotivo, riesce ad essere più saggio e maturo di me e di lei e, ignorando volutamente provocazioni e insulti spocchiosi, mette il bene di Kai prima di tutto e tutti.

L'Australia di Winton ha una doppia facciata: affascinante con i suoi bellissimi paesaggi ma anche disordinata, caotica, con il suo viavai umano di spacciatori, furfanti, barboni, donne sole, persone con problemi di dipendenze e depressione; ma non ci sono mica solo emarginati e disagiati: ci sono anche i buoni, gli altruisti, i compassionevoli. E questi non sempre hanno una faccia bella e un aspetto rassicurante (come Doris), ma hanno le occhiaie, gli abiti stropicciati e i capelli spettinati di Tom Keely, un disperato che prova ad aggrapparsi a tutti i costi ad una flebile speranza di redenzione.

Scritto con una prosa concreta, realistica, colloquiale, il romanzo di Winton è una lettura consigliata a chi desidera immergersi in una storia popolata da personaggi non proprio amabili, aventi numerose "fratture", fragili e disperati, che finiscono al tappeto ripetutamente ma continuano, imperterriti, a rialzarsi.

martedì 10 gennaio 2023

☆★ RECENSIONE ☆★ I DONI DELLA VITA di Irène Némirovsky

 

Ambientato nel periodo che comprende le due guerre mondiali, questo romanzo della scrittrice ucraina ci racconta la storia di una famiglia, gli Hardelot, ci narra di matrimoni, nascite, morti, piccole e grandi gioie accompagnate da problemi e preoccupazioni, e soprattutto ci mostra, con grazia e decisione insieme, come la quotidianità delle esistenze venga scossa da quell'evento terribile che è la guerra, che inevitabilmente porta con sé sangue, bombardamenti, figli e mariti chiamati alle armi, donne che aspettano angosciate di ricevere notizie dal fronte, gruppi di sfollati e disperati. Macerie su cui bisognerà ricostruire.

Può la vita continuare ad andare avanti, a resistere, a mostrare i propri meravigliosi doni nonostante attorno ci siano morte, paura, desolazione?


I DONI DELLA VITA
di Irène Némirovsky


Adelphi Ed.
trad. L.Frausin Guarino
218 pp
18 euro
Pierre Hardelot è un giovanotto di buona famiglia, erede delle cartiere del burbero e severo nonno Julien; costituisce sicuramente "un buon partito" per le signorine di Saint'Elme in attesa di marito e ad averla spuntata è la paffutella Simone, anch'ella appartenente ad una ricca famiglia.
Peccato che Pierre non ne sia innamorato: il suo cuore batte solo per una donna di nome Agnès, una ragazza snella, carina, delicata, con cui il ragazzo è praticamente cresciuto assieme.
I due si amano e si incontrano di nascosto; se le rispettive famiglie sapessero dei loro tentativi di vedersi e stare insieme, ne verrebbe fuori uno scandalo e sui due si abbatterebbe l'ira funesta della madre di Pierre (Marthe) e della famiglia di Simone.

Pierre sta per acconsentire a un matrimonio combinato pur di non disubbidire a genitori e al nonno (che sarebbe capace di diseredarlo), consapevole che essi non darebbero mai il consenso al matrimonio con Agnès, che appartiene sì a una rispettata famiglia ma piccolo-borghese e priva dei mezzi per procurare una buona dote alla fanciulla. 

Che fare? I due innamorati riusciranno a far valere la forza del sentimento che li unisce e a combattere contro pregiudizi e divieti?

Mentre leggevo le prime pagine del romanzo, quasi mi sembrava di essere in un classico "alla Austen", in cui al centro vi sono questioni di amore, l'osservanza di etichette e convenzioni sociali, unioni matrimoniali che sanno più di contratti d'affari che di appassionate promesse al chiaro di luna.
Ma questa sensazione dura poco: sì, il lettore assiste alla vittoria dell'amore ma la gioia per una coppia innamorata, che può vivere in libertà il proprio sentimento, presto viene oscurata dall'ombra cupa e terribile della prima guerra mondiale.

Siamo nell'estate del 1914 e il mondo intero sembra "vacillare e franare da ogni parte come il fondale di un palcoscenico, e anche Saint-Elme ne era scossa. Erano gli ultimi giorni del luglio 1914. Non si voleva ancora credere alla guerra, ma se ne avvertiva il soffio ardente."

Pierre Hardelot è costretto ad arruolarsi per difendere il proprio Paese, insieme a tanti altri.
Con lui lontano, in casa cresce l'angoscia per quel figlio e giovane sposo che da un momento all'altro potrebbe essere ferito, morire, dato per disperso. L'attesa di notizie dal fronte diventa di giorno in giorno più snervante e carica di ansia e, come se non bastasse, il nemico a un certo punto penetra nel Nord della Francia e arriva nei pressi di Saint-Elme. 
Eppure, nonostante le voci di questa marcia giungano frenetiche e spaventosamente sempre più vicine, la gente sembra anestetizzata, incredula, impaurita ed immobile: che fare? Fare fagotto e scappare?

"...Saint-Elme non si muoveva. Adagiata nella sua ingannevole sicurezza, dormiva; metteva la testa sotto la sabbia e si credeva invisibile. Se qualcuno diceva: «Potrebbero combattere anche da queste parti...», veniva guardato con incredulità. A Saint-Elme? Ma via!"
Eh sì, non resta che quello, se si vuol tentare di salvare la pelle: fare armi e bagagli e mettersi in marcia, unirsi alla schiera di sfollati che lascia in fretta e furia le proprie case, i mobili, gli arredi, gli oggetti, i ricordi di una vita, per cercare rifugio, per provare a non morire sotto i colpi del nemico.

L'autrice descrive con parole semplici ma efficaci i sentimenti e gli stati d'animo che emergono in frangenti drammatici come quelli indotti dallo stato di guerra.

All'inizio di un conflitto, ci si dispera per tutti i caduti, si piange per tutti quelli che partono, per poi - purtroppo! - farci l'abitudine; il pensiero man mano si fa più "egoistico" e si pensa unicamente al proprio caro, ma prima di arrivare a quel momento, si condivide con gli altri una comune pena e i giovani caduti sono un po' figli di tutti.

La guerra arriva, distrugge, divide, uccide, impoverisce, costringe singole persone, famiglie, città, nazioni, a ricostruire ciò che è stato ridotto in macerie, a ricominciare a vivere dopo lo sconquasso.

Passa il 1918, le esistenze di tutti sembrano pian piano tornare alla normalità; è così anche per Pierre ed Agnès, che hanno due figli: Guy e Colette.
Guy cresce, diventa un giovanotto sfuggente, tormentato...; i suoi non riescono a capire cos'abbia, finché tutto diventa chiaro a seguito di un gesto drammatico da parte di Guy.
Ma non ci si ferma: la vita è affamata e prosegue e così, tra vecchi rancori fra genitori, il nonno sempre arcigno e testardo, tradimenti, figlie ribelli, sopraggiunge anche la seconda guerra mondiale.

"...questa guerra non sarà l'ultima, come abbiamo sempre creduto, ma la prima di una lunga serie di guerre più implacabili, più atroci. Guerre e rivoluzioni. Sangue e ancora sangue."

Dopo la fine del primo conflitto, il mondo si era rialzato a fatica per assomigliare "a un malato che si sveglia e geme, e si gira e rigira nel letto cercando invano di dimenticare i suoi dolori."

Ma è il ciclo della vita e della storia: ritorna, e nella sua forma peggiore e più temuta.

La gente si ritrova di nuovo ad aspettare la guerra, come l'uomo aspetta la morte: sa che non può sfuggirle, al massimo, può sperare che la sua ora sia solo rimandata di un altro po': ancora qualche mese di pace, ancora un anno, ancora una stagione dolce e spensierata... 

Ed ecco che la storia si ripete: giovani e meno giovani costretti ad imbracciare armi, a rischiare la vita per combattere contro un nemico che avanza pericoloso; donne - madri, fidanzate, mogli, sorelle... - che restano a casa ad aspettare, ancora una volta!, notizie, a sperare, a piangere in silenzio e di nascosto, a cercare di placare i palpiti del cuore al solo pensiero - terribile!! - che il proprio congiunto non torni più.

Le persone devono accettare la comune sventura, grande oltre ogni dire, e trarre da essa - volenti o nolenti - la forza per non cedere.

"I doni della vita" è un romanzo dalle tinte cupe, tristi, e non potrebbe essere diversamente, visti il periodo storico e l'ambientazione; la Némirovsky ha una penna delicata e decisa allo stesso tempo, ci dipinge il quadro di una società borghese persa nelle proprie abitudini, in certi suoi pregiudizi, impegnata a coltivare troppo spesso sentimenti di diffidenza, animosità, risentimenti, rancori, egoismi, facendo attenzione a proteggere il proprio "orticello" da pericoli e insidie di ogni tipo.

Fino al giorno in cui qualcosa di enorme si abbatte sulle loro vite, sulle case e sulle città, travolgendo tutto e tutti.
Leggendo, ci si sente un po' sfollati e smarriti tra le strade di questa Francia immersa in una straziante desolazione; si ha pietà per queste famiglie allo sbaraglio, per i reduci di guerra - che si portano dietro una fatica immensa, fisica, mentale, spirituale.

Avvertiamo la forza distruttiva della guerra: già soltanto il pensiero, l'idea che essa possa scoppiare basta a stritolare il cuore; i presagi di conflitti imminenti pervadono e si respirano in ogni momento, in ogni gesto e parola.

"...niente concedeva all'anima un attimo di tregua; tutto sembrava ripetere: «È la guerra... la guerra... la guerra...».

Ma non vorrei che passasse il messaggio che questo libro trasudi e trasmetta qualcosa di negativo, di opprimente, di triste nel suo senso più cupo e tragico: c'è in esso una grande forza che figlia della speranza.
I personaggi della Némirovsky hanno il loro bel carattere, anche coloro che, a prima vista, possono sembrarci dei deboli; Pierre, ad es.,può apparire, in alcune occasioni, come un uomo volubile, insofferente, tendente allo scoraggiamento e ad ad abbattersi, a differenza di Agnès (e, più tardi, di sua nuora Rose) che mantiene costantemente un temperamento vigoroso, una maggiore fermezza nel prendere decisioni. Ma anche Pierre maturerà e avrà modo di mostrare la propria forza interiore, il proprio valore, quando la Storia glielo chiederà.

Ci si affeziona a queste persone, si spera con tutto il cuore che non soccombano, che possano vedere sorgere l'alba di un nuovo giorno e poter dire: "C'è stata la guerra. Ma ora è finita e per noi, per i nostri figli, c'è ancora la vita ad attenderci, con i suoi doni."

«Nonostante le apparenze, è questo che conta. La guerra finirà, finiremo anche noi, ma questi piaceri semplici e innocenti ci saranno sempre: la freschezza, il sole, una mela rossa, il fuoco acceso in inverno, una donna, dei bambini, la vita di ogni giorno... Il fragore, il frastuono delle guerre si spegneranno. Il resto rimane... Per me o per qualcun altro?».


Un romanzo intenso per l'ambientazione, piacevole per la sua trama e fluido nello stile.

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