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mercoledì 20 settembre 2023

[[ RECENSIONE ]] DOVE NASCONO LE OMBRE di Lavinia Petti



L'estate più intensa e indimenticabile della sua vita, il protagonista la vive a dodici anni, in compagnia di un gruppetto di amici amanti dell'avventura e pronti a disubbidire agli adulti pur di divertirsi; estate e amicizia: un binomio che ruota attorno a un bosco, tanto affascinante quanto misterioso e, per certi versi, sinistro.
Un bosco che nasconde un segreto e che sembra richiamare a sé i ragazzi affinché, vent'anni dopo, lo portino alla luce.



DOVE NASCONO LE OMBRE
di Lavinia Petti



Mondadori
372 pp
«È a questo che servono le storie, poeta? A ricordare le cose dimenticate? A cercare quelle perdute? Ad aggiustare quelle rotte?»

Elia ha dodici anni quando, a metà degli anni '60, la sua vita viene stravolta da una drammatica vicenda famigliare, in seguito alla quale tante cose cominciano a cambiare per sempre e irrimediabilmente, tanto in famiglia quanto dentro di lui.
Da poco in casa è arrivata la sua sorellina Giulia, che catalizza le attenzioni di tutti, con sommo stupore e disapprovazione di Elia, che non comprende come i grandi possano sghignazzare felici nel vedere una neonata che si limita a mangiare, far la cacca e dormire.
I pianti e i gemiti della piccola, a ogni ora del giorno e della notte, seccano il fratello maggiore ma una mattina egli si sveglia e non sente Giulia piagnucolare.
Purtroppo la piccolina viene ritrovata morta nella culletta.
Il lutto colpisce tutti, in primis la madre, il cui enorme dolore le sconvolge la mente, alienandola dalla realtà; il suo pensiero è fermo a Giulia, di cui lei parla come se fosse ancora viva e non c'è modo di aiutarla a elaborare la perdita.
La famiglia sembra ormai distrutta e il padre decide di portare la moglie in una clinica tra le montagne perché si riprenda e di affidare Elia alla sorella Giovanna, che vive al Paradisiello, un condominio popolare ai confini della città. 

Il ragazzino è un tipo solitario, schivo, appassionato di Poe e smanioso di scrivere storie di fantasmi e di terrore; quando giunge a casa di zia Giovanna è triste e arrabbiato con tutti: con i genitori, che si sono liberati di lui e con la zia, che per lui è quasi un’estranea, e tra l'altro è scorbutica, parla poco, sbuffa molto e lo tratta con scarsa delicatezza.
Elia si sente "di troppo" ovunque e il fatto che gli adulti attorno a lui lo trattino con sufficienza e senza tener conto dei suoi pensieri e desideri, ne è la conferma.

Il pensiero di quella sorellina con cui non ha avuto il tempo di legare, la consapevolezza che la sua famiglia si è sgretolata, che sua madre è praticamente impazzita e il padre - il suo colto, severo e tutto d'un pezzo papà - è completamente dedito a prendersene cura, il dover subire la decisione paterna di stare con questa zia zitella e acida, che i bambini non sa manco cosa sono..., lo fa sentire terribilmente solo, rifiutato, ignorato da adulti che, invece, dovrebbero stargli vicino e consolarlo, perché anch'egli soffre ma pare che nessuno se ne accorga.
L'unico rifugio è la sua immaginazione, alimentata dalla lettura di storie misteriose e paurose.

"...la cosa brutta del dolore è che ti spezza dentro e ti taglia fuori, e ciascuno deve viverlo a modo proprio, nel suo tempo.
Per quanto mi riguarda, furono i libri a salvarmi."

La zia lo esorta a non starsene da solo ma a provare a fare amicizia con i ragazzi del palazzo e in effetti  la voglia di vivere, che urla dentro di lui, lo porta a vincere la timidezza e ad avvicinarsi con discrezione ai ragazzi del palazzo: i gemelli Simone e Silvia, Nello e la piccola Mosca. 

Simone, il leader, colui che parla e tutti lo ascoltano e gli ubbidiscono; sua sorella, Silvia, è scontrosa e brusca, forse l'elemento del gruppo più difficile da raggiungere; Nello, irascibile e permaloso; Mosca, la più piccola, che di nome fa Beatrice, è orfana di entrambi i genitori, vive col nonno ed è una bimba strana ("crede che nel bosco vivono le fate e il diavolo"), con atteggiamenti un po' più infantili della sua età.

Pur sentendosi estraneo al gruppo, Elia comincia a frequentare i ragazzi, passa le giornate con loro nel grande giardino che circonda il Paradisiello e, soprattutto, nel bosco lì vicino; i cinque fanno ciò che si fa generalmente a quell'età: partite a pallone, dispetti e risate, furti di ciliegie, costruiscono una capanna, fanno arrabbiare gli adulti con le loro marachelle, si prendono in giro e i maschietti non mancano di azzuffarsi per delle sciocchezze, per poi far pace subito dopo. 

Stare da soli in cameretta non è più un'alternativa da prendere in considerazione.

"Da settimane non leggevo un libro e non lavoravo alla mia storia, e la cosa strana era che non mi mancava. Cominciavo a sentire, in un modo vago, impreciso, che la vita può essere più larga e più spessa di un pezzo di carta."

Insomma, quella che all'inizio sembrava profilarsi come un'estate noiosa, è diventata divertente come mai Elia avrebbe immaginato potesse diventare.

Certo, c'è un’ombra sinistra che incupisce il gruppetto di amici, e dall'altra lo solletica: nel bosco, venticinque anni prima un ragazzo è scomparso nel nulla: giocava a nascondino e non è mai più stato trovato, né vivo né morto.

Cosa gli è successo?
C’è chi dice che l’abbia preso il diavolo.

Elia non crede né in Dio né tanto meno nel diavolo, ma ad essere convinti di questa assurda"favola" non è solo Mosca, bensì pure gli adulti, tipo Achille, l'uomo che si occupa del giardino e che va mormorando frasi pseudobibliche sconnesse e deliri vari, alternati a maledizioni e improperi verso i ragazzini, che lui vede come dei diavoletti pestiferi ed insopportabili.

Il triste destino del ragazzo scomparso - Nino Basile - comincia ad ossessionare Elia, che si lascia affascinare dal mistero che avvolge la sua scomparsa (avvenuta quando c'era la guerra e le persone correvano a nascondersi per sfuggire ai bombardamenti) e immagina di renderlo oggetto di un romanzo tutto suo.

Dentro di lui arde un fuoco che non può essere domato e che lo spinge a impossessarsi della storia di Nino e a raccontarla.

"Dentro di me si era accesa una voce che non conoscevo e mi pregava di ascoltarla: anche se il palmo si arricciava per i crampi, anche se gli occhi bruciavano e grondavo sudore e sentivo le vertebre schiacciate, in fiamme per la fatica di stare seduto; anche se la voce parlava una lingua sconosciuta e io dovevo impararla; anche se a volte faceva rumore come un boato di tuono, mentre altre non era più forte di un respiro nel vento. Dovevo seguirla. Scalare vette di luce e addentrarmi in antri oscuri, navigare lungo fiumi azzurri, visitare i posti dove nascono le ombre."

E così, Elia inizia a scrivere e a disseminare messaggi nel bosco, firmandoli con il nome di Nino Basile, come se a scriverli fosse stato il ragazzo scomparso tanti anni prima. 

Questo "esperimento" nasce come un gioco, un segreto innocente che ovviamente egli si guarda bene da rivelare agli amici..., anzi: quando essi cominciano a trovare i pezzi di carta e si convincono che appartengano proprio a Nino, Elia freme dentro di sé: ci sta riuscendo!! Sta incantando gli amici con le sue storie, con le sue parole! 
Certo, si sente anche in colpa perché li sta prendendo in giro, ma i timori e i dubbi non lo portano comunque a fermarsi, così giorno dopo giorno la bugia si ingigantisce e comincia a sfuggirgli di mano, fino a condurlo sempre più vicino a una terribile verità.

Tutti e cinque i ragazzi prendono a cuore il mistero di Nino, addentrandosi sempre più nel fitto bosco, alla ricerca di una verità che qualcuno, tra gli adulti del Paradisiello, deve per forza conoscere...: Nino non può essere svanito davvero nel nulla!
La cricca indaga, cerca risposte nelle cianfrusaglie nascoste nella rimessa di Achille e fa domande ai grandi, soprattutto Elia ne fa a Lidia, l'affascinante amica di zia Giovanna, la sola adulta a comportarsi come un'amica con i ragazzini, ad allearsi con Elia quando questi è in difficoltà.
Un'adulta affidabile, cui confidare ciò che pensa senza paura di essere preso in giro o mandato via con una sbuffata scocciata.

Intanto, il bosco ai loro occhi assume sempre più le sembianze di un enorme essere vivente, che respira, sussurra, li "chiama" attirandoli verso di sé: quale segreto si celava tra i suoi alberi? Se avessero potuto parlare, cosa avrebbero raccontato le foglie, cosa avrebbe illuminato la luce che filtrava tra le fronde?

Come spesso accade ai ragazzi protagonisti di un'estate speciale, anche Elia e i suoi amichetti si ritrovano davanti a qualcosa di più grande di loro e che mette in evidenza come gli adulti che li circondano, oggi così severi e brontoloni, siano stati essi stessi, ieri, dei ragazzini vivaci e combinaguai, e come dietro i loro arrabbiati silenzi si nascondano verità dolorose, che essi vogliono continuare a tener nascoste.

"...i segreti sono un suggello, una chiave per aprire o chiudere le persone, e l’amicizia cresce meglio dove si seppellisce insieme qualcosa."

Una vita si era interrotta venticinque anni prima e il tempo avrebbe dovuto contribuire a seppellirla sempre più in profondità, in modo che ne restasse un lontano e indefinito ricordo; ma non basta tacere perché l’oscurità venga dissipata e le ombre non si addensino. 

Dodici anni: l'età in cui un'amicizia, le prime sensazioni fisiche, i sentimenti verso l'altro sesso, l'eccitazione per un mistero da risolvere, sono tutto e vengono vissuti con intensità, in maniera totalizzante, come se fossero l'unica cosa che conta e che resterà per sempre; sono gli anni in cui crediamo che quegli amici con cui abbiamo condiviso litigi, bugie, timidi baci, confidenze, pacche sulle spalle, resteranno tali per sempre e che nessuno e niente spezzerà il legame nato in quei mesi caldi e afosi di un'estate che non è stata e non sarà mai come le altre a venire.

Elia è arrivato al Paradisiello che odiava quel posto perché per lui era una sorta di castigo, una triste ed  ingiusta conseguenza per la morte di quella sorella che non ha fatto in tempo a conoscere e amare, e si ritrova ad ad affezionarsi a quei posti, agli amici, al bosco - simbolo di pericolo ma anche di scoperta, di avventura - e alla disgrazia accaduta a Nino.

Gli anni passeranno ma il pensiero di quell'estate non lo abbandonerà mai e il filo che lo lega al bosco e alla tragedia che custodisce gelosamente da anni, lo ricondurrà di nuovo lì, da adulto, e ogni risposta arriverà, portando con sé una brezza nuova, che sa di pace e di nuovi inizi.

"... affondo la mano nel terreno, lo porto al viso e me lo premo contro le narici. L’odore entra, scende, risveglia i ricordi a uno a uno. Quanti anni sono passati, e con quanta fretta… Che ne ho fatto di questo tempo che se ne sta accartocciato dentro di me, vivo e ferito?".

Dove nascono le ombre è un romanzo sull'amicizia, sulla linea che separa il mondo dell'infanzia da quello degli adulti, su come il desiderio di saper tutto da parte dei ragazzi, la loro voglia instancabile di avventura e di svelare segreti per gioco, si scontri con la necessità, da parte degli adulti, di sbarrare le porte ad un passato scomodo, che ancora fa sentire la sua eco e che chiede con insistenza di non essere più ignorato. Tra queste pagine c'è tutta l'esuberante energia dei dodici anni, c'è la solitudine e la rabbia di un ragazzino cui viene chiesto di reagire con maturità a un lutto famigliare (e a ciò che ne consegue) che ha segnato e fa soffrire anche lui; c'è lo spettro di un'amicizia più vecchia, in cui s'è rotto qualcosa e che ha il nome di un ragazzo svanito nel nulla; c'è un bosco, con la sua musica di uccellini e cicale, con i suoi steli di papaveri che frustano ginocchia sbucciate e magre, con il suo vento che passa tra i filari delle vigne e raccoglie il profumo del mosto selvatico, riempiendo l’aria di sapori inebrianti e inconfondibili.

L'autrice ci apre la chiave per entrare nell'animo del protagonista e ci presta i suoi occhi, la sua voce, i suoi pensieri e i suoi contrastanti stati d'animo; ci sembra di essere con lui e con i ragazzi del palazzo, fuori e dentro al bosco, e restiamo curiosi, di capitolo in capitolo, di scoprire cosa sia davvero successo a Nino, il ragazzo scomparso che nessuno ha cercato.
La verità arriva ma per conoscerla non bisogna aver fretta, anche perché non è un giallo, e la "soluzione" del mistero di Nino è funzionale all'esperienza che coinvolge Elia che lo spinge ad acquisire determinate consapevolezze, a fare dei passi in più nella propria crescita e a confrontarsi con gli altri, coetanei e adulti, e con le verità, le bugie e i silenzi che, in qualche modo, spesso caratterizzano i rapporti umani. 
La suspense è dosata e, in un certo senso, diluita in tutta la lunghezza della storia, e cammina di pari passo con una dolce sensazione di malinconia (nelle battute finali in particolare) e con la nostalgia di chi (il protagonista) ricorda un passato mai dimenticato e che finalmente la smesso di schiacciarlo e tenerlo prigioniero di una vicenda che aveva contorni più neri e più cupi di ciò che realmente era.

Un romanzo che mi è piaciuto molto, lo consiglio in special modo a chi cerca storie con protagonisti molto giovani e che abbia al centro l'amicizia, con un pizzico di mistero.


"Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. 
Gesù, ma chi li ha?"
 (dal film STAND BY ME, di Rob Reiner)


ALCUNE CITAZIONI

"...se l’esistenza ha uno scopo, io credo sia questo: cercare di non scomparire dentro la propria ombra."

"Tuttavia, le parole scritte hanno un potere. Quando impariamo a leggere non sappiamo che stiamo varcando un confine e che non c’è modo di tornare indietro. Saper legare una lettera a un’altra è un atto che diventa naturale, come il respiro, e prima o poi capita d’incontrare parole che ci chiamano a sé."

"si muore perché si nasce.
Eppure di una cosa sono sempre stato convinto: questa regola non vale per le storie. Nel tempo di una storia noi siamo immortali."

"...la verità non la dimentichiamo. La teniamo nel cuore, e lì mette radici profonde e robuste come quelle degli alberi. Non possiamo sapere quali frutti darà una pianta che cresce nel buio, verso quale spiraglio di luce dovrà protendersi e contorcersi pur di sopravvivere, da quale fonte oscura succhierà il proprio nutrimento."

"...l’amore è una strana cosa. Ci fa diventare folli e splendenti (...) Ci rende disposti a tutto, anche alle cose peggiori. Ci spezza in modo irreparabile. Ma alla fine è l’unica cosa che ci salva."

"La verità è che ci sono parti di noi che crediamo perdute, o che non siamo mai riusciti a vedere, che altri conservano al posto nostro. A volte ce le restituiscono, come oggetti dimenticati nel tempo, a volte ne fanno qualcosa di buono, di migliore, e il senso di aver fallito con le nostre esistenze per un poco svanisce."

domenica 12 marzo 2023

BREVI MA INTENSI [ libri con meno di 200 pagine ]

 

I titoli che vorrei condividere oggi con voi sono accomunati dal numero limitato di pagine; ma, si sa, il fatto che un libro sia "piccolo"non vuol dire che non abbia tanto da dare.

E allora eccomi qui con una mia personalissima shortlist, di poche pretese e senza dubbio non esaustiva; e anzi, se avete titoli da suggerire, mi farà piacere accogliere i vostri consigli circa quelle letture brevi ma intense che vi sono rimaste impresse.

Precisazione: per libro breve intendo un volume che non superi le 200 pagine.



SOGNI INAFFERRABILI


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Se dovessimo pensare alla figura del sognatore per eccellenza, in letteratura, credo che tanti  penserebbero immediatamente a lui, al romantico protagonista de LE NOTTI BIANCHE di Fedor Dostoevskij (Ed. Einaudi, 158 pp., 2014): una vita chiusa in un mondo di fantasticherie in cui irrompe per un breve attimo la giovane Nasten’ka, che finalmente offrirà per la prima volta al sognatore scampoli di vita vera.
Ma il risveglio arriverà presto, riportandolo alle sue illusioni.

SETA di Alessandro Baricco (Ed. Feltrinelli, 108 pp, 2013): un libro breve, dove contano più i silenzi, gli sguardi intensi, languidi o sfuggenti, i momenti fatti di immobilità o di gesti lenti, accompagnati da una musicalità flemmatica ma insieme suggestiva; in un centinaio di pagine il lettore viene trasportato in una piccola storia effimera ed improbabile, in cui ciò che conta e colpisce non è tanto la storia in sé, quanto l'atmosfera creata dalla penna poetica, ammaliante e musicale di Alessandro Baricco.


DONNE..., DUDUDU'...


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"Mare d'inverno" di Grazia Verasani
 
(Giunti Ed., 176 pp, 2014): un romanzo tutto al femminile che ruota attorno a una solida amicizia: tre donne di oggi, in un'età di bilanci, fatti con coraggio e battute caustiche, dialoghi divertenti e avvelenati, emozioni messe a nudo, verità che non si possono nascondere.

LE DEE DEL MIELE di Emma Fenu (Officina Milena Edizioni, 136 pp., 2019): un piccolo ma ipnotico romanzo che racconta la storia di alcune donne le cui esistenze sono strettamente intrecciate tra loro; a fare da cornice a questi pezzi di vita tutta al femminile, che si snoda attraverso tutto il Novecento, è una affascinante Sardegna intrisa di mito e memoria.


TESTIMONIANZE DI VITA VERA


SHARON E MIA SUOCERA. Diario di guerra da Ramallah, 
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Palestina
di Suad Amiry
(Ed. Feltrinelli, 135 pp):
con l'ironia e l'intelligenza che la contraddistinguono, l'architetto palestinese Suad Amiry racconta, sotto forma di diario, i grossi disagi vissuti durante i quarantré giorni di coprifuoco imposti dai militari israeliani ai residenti di Ramallah nel marzo 2002. La scrittrice ci "presta" i suoi occhi perché possiamo puntare gli sguardi sui tanti ostacoli quotidiani, le umiliazioni, le sofferenze di chi vive sotto un'occupazione militare, come accade ai palestinesi da 75 anni.

DIECI GIORNI IN MANICOMIO di Nellie Bly (Ed. Clandestine, 127 pp.): quando a Elizabeth Jane Cochran (più nota con lo pseudonimo Nellie Bly) fu chiesto dal direttore del World, il giornale per cui ella lavorava, se accettasse di farsi internare per dieci giorni in un ospedale psichiatrico nell'isola Blackwell, per poter descrivere resoconti dettagliati sul trattamento delle donne recluse e sulla gestione della struttura, ella non si tirò indietro, pur con le iniziali e naturali perplessità.
Grazie alla sua tenacia e intraprendenza abbiamo un racconto preciso, per quanto relativamente breve, delle misere condizioni in cui versavano le donne ritenute malate mentali nei manicomi americani di fine Ottocento.


ATMOSFERE INQUIETANTI


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CORALINE di Neil Gaiman
(Ed.Mondadori, ed.ill, 189 pp.)
: fiaba per ragazzi dalle tinte dark con tutti gli elementi tipici del genere fantasy horror, dalla giovanissima protagonista, curiosa e inconsapevolmente impavida, all'antagonista brutta, dalla presenza di oggetti magici e talismani alla casa apparentemente tranquilla ma poi...


ZUCCHERO FILATO VOLANTE di Fernando Camilleri (Eretica Ed., 140 pp.). Un tranquillo paesino, circondato dal verde di un bosco ameno, viene scosso da una serie di eventi inquietanti, surreali, spaventosi, che vedono come protagonista un ragazzino e il suo incontro con un nano, pronto ad eseguire un macabro piano; e tutto sotto l'influsso della luna che, beffarda, guarda dall'alto compiersi il destino di uomini ignari dei suoi influssi. Breve romanzo particolare e originale nella trama, con elementi fantastici/fantascientifici e sfumature horror, che creano momenti misteriosi, di tensione e suspense durante la lettura.


TU CHIAMALE SE VUOI... EMOZIONI


I PONTI DI MADISON COUNTY di R. James Waller (Ed.Sperling&Kupfer, 192 pp.)un incontro casuale; poche parole scambiate; un pomeriggio
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come tanti, afoso, assolato; due paia di occhi che si incrociano per perdersi l'uno nell'altro e riscoprire insieme la vera ragione per cui sono sulla terra: amarsi. Una storia d'amore intensa, profonda, che supera i limiti della distanza, del tempo, che resta viva nel cuore e nella mente, alimentata da ricordi e lacrime, da pensieri ed emozioni rivissute anno per anno solo nella propria memoria.

A PROPOSITO DI LEI di Banana Yoshimoto (Ed. Feltrinelli, 160 pp.): intenso e suggestivo, questo romanzo è caratterizzato da molta introspezione, flashback, con un filo di suspense e mistero che ci accompagna pagina dopo pagina, assieme alle protagoniste, le gemelle Yumiko e Soichi, nel loro "viaggio" verso la loro libertà interiore, un viaggio difficile affrontato con coraggio; un coraggio che l'uno prende dall'altra con naturalezza, dolcezza, complicità, affetto sincero, attraverso mille domande, ipotesi, volte a cercare insieme risposte utili ad allontanare, una volta per sempre, gli spettri scomodi e dolorosi lasciati in eredità da una famiglia che più complicata non poteva essere.

DIARIO DI UN DOLORE di C.S. Lewis ( Adelphi ed., 85 pp.). L'esperienza del lutto è qualcosa di oltremodo doloroso; non è facile parlare del dolore, non solo perché trovare le parole giuste per esprimerlo è complicato, ma anche perché è qualcosa di molto intimo, che preferiamo tenere per noi, fosse anche soltanto per evitare di apparire deboli o di suscitare compassione. L'autore di questo breve diario autobiografico prova a mettere nero su bianco i propri tristi pensieri, con onestà e precisione.

L'APPUNTAMENTO di Piergiorgio Pulixi (Ed. E/O, 144 pp.): sorprendente noir psicologico, dove la suspense tiene compagnia al lettore dall'inizio alla fine, vengono a galla il marcio e la brutalità latente nell'essere umano, le sue perversioni, la voglia ossessiva di controllo e manipolazione, e ancora il pericolo che questo mondo virtuale, in cui siamo immersi ogni giorno, costituisce per ciascuno di noi e per la nostra privacy, visto che, acquattati nelle fitte e impalpabili maglie della rete, si nascondono lupi alla ricerca di agnelli da divorare.


VITA IN FAMIGLIA


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LE SORELLE LACROIX di Georges Simenon
 (Adelphi, 171 pp.)
: una famiglia in apparenza come tante, in cui sembra regnare l'armonia, la tranquillità; ma, a ben guardare, tra le mura della grande casa dei Lacroix non si odono voci allegre e non si vedono uscire dalla porta persone con un sorriso felice: c'è molto silenzio, poche parole dette a voce bassa, accompagnate da sguardi carichi di diffidenza, di odio e vendetta, di rabbia covata e vecchia di anni. Un'aria vischiosa, cupa ed irrespirabile si percepisce in quella silenziosa dimora; il lettore ne avverte tutta la pesantezza e sente come i personaggi che vi abitano ne siano contaminati, nel corpo e nell'anima

IL POSTO di Annie Ernaux (L'Orma ed., 120 pp). La scrittrice francese Annie Ernaux tratteggia, in questo libro breve e autobiografico, la figura del padre, di quest'uomo prima contadino, poi operaio, infine gestore di un bar-drogheria in una città della provincia normanna, e lo fa con scrupolosità e senza cedere a inutili compatimenti e patetiche nostalgie.


VITE COME LE NOSTRE


UN GIORNO DI FESTA di Graham Swift (Ed. Neri Pozza, 139 pp.): una 
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vecchia e famosa scrittrice si guarda indietro, tornando con la memoria ad un giorno specifico - il 30 maggio 1924, giorno della Festa della Mamma - per raccontare "una storia d'amore" sensuale, breve, proibita, che le resterà impressa negli anni in ogni particolare, come un dolce segreto da custodire gelosamente.


VELOCE LA VITA di Sylvie Schenk (Keller Ed. 176 pp.): tra leggerezza e malinconia, la storia di una donna, della sua forza, delle sue scelte e dell'amore, dei libri letti, dei desideri, di ciò che unisce e divide popoli e lingue differenti, delle ombre e delle colpe che ci portiamo dietro - a volte anche quelle di cui non siamo responsabili -, della drammatica velocità con cui passa il tempo e con cui anche la vita più piena, alla fine, si consuma.


UN CLASSICO È PER SEMPRE


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LADY SUSAN di Jane Austen
 
(Newton Compton Ed., 128 pp)
: novella scritta in forma epistolare basata su una protagonista dalla personalità assolutamente forte, determinata e carismatica,  Lady Susan appunto, che grazie alla penna elegante e arguta di Jane Austen, fa breccia nel cuore dei lettori, che finiscono ammirarla divertiti per la sua sfacciataggine e la spontanea sfrontatezza che guida le sue azioni.


IL VIAGGIATORE INCANTATO di Nikolàj Leskòv (Adelphi, 182 pp): racconto del 1872 in cui predomina la figura di un monaco sui generis, Ivan, cantastorie che narra ad ogni capitolo  un particolare episodio della sua vita, che risulta divertente e assurdo insieme, a metà tra fatti realistici e altri decisamente favolistici.

martedì 31 gennaio 2023

[[ RECENSIONE ]] IL NIDO di Tim Winton


Avvicinandosi alla soglia dei cinquant'anni, Tom Keely è stanco di lottare.
Di lottare per un mondo sempre più alla deriva da tanti punti di vista (morale, politico, ambientale...); di lottare per tener vive relazioni in cui non riesce ad investire; di lottare per farsi largo in una società di cui non sente di far parte.
Stanco di vivere, di alzarsi al mattino sapendo di non avere alcuno scopo nella vita, nessun amore, nessuno che lo aspetti e lo cerchi.
Finché nella sua vita non entrano due persone con più problemi di lui.

IL NIDO 
di Tim Winton


Ed. Fazi
trad. S. Tummolini
442 pp

"Metà di lui non chiedeva altro, implorava di essere trovato,  riportato a casa, liberato."

Tom Keely è un ex ambientalista impegnato e molto noto, la cui faccia per diverso tempo è passata nei servizi in tv; solo qualche anno prima tutti lo conoscevano come una persona ambiziosa, altruista, sinceramente dedito alle questioni ambientali; ma è accaduto qualcosa che lo ha fatto cadere a picco, ed ora l'uomo è  completamente al verde, coinvolto in uno scandalo da cui non riesce a venir fuori; ha perso tutto, la sua reputazione è distrutta, la sua carriera è solo un ricordo e altrettanto il suo matrimonio  con Harriet.

Preda di uno stato di profonda apatia mista a depressione, l'uomo si è rintanato in un appartamento in cima a uno squallido e rumoroso grattacielo di Fremantle (il Mirador) e da lì osserva il mondo, sente voci, schiamazzi, e vede le altre persone affannate ciascuna nei propri affari, negli amori come nelle delusioni, in famiglia come al lavoro. Guarda ma non partecipa alla vita.

"Ecco a voi il Mirador. Dieci piani di uniformità architettonica. E dentro, tutta quella gente che continuava a resistere all’omologazione."

Chiuso tra quattro spoglie e puzzolenti mura, Keely vegeta.
Si stordisce con alcol, antidolorifici e psicofarmaci di ogni sorta, mangiucchia qualcosa giusto per non morire d'inedia e così le ore, i giorni, le settimane, vanno avanti sempre uguali o, al massimo, sempre un pezzettino peggio.

Tom non è un uomo completamente solo, anche se vive come se lo fosse: sua madre Doris e sua sorella Faith non l'hanno abbandonato, anzi, cercano in ogni modo di scuoterlo, di stimolarlo a far qualcosa, a trovarsi un lavoro, a non crogiolarsi nel dolore, nell'amarezza, nella solitudine. 

Tom non è uno stupido, tutt'altro: è un uomo di cultura e di sani principi, e lo sa che là fuori, in quel caos pieno di vita, c’è posto anche per lui. Ma non ora, non è ancora il suo momento: si sente troppo debole e senza energie.

Dentro di lui c'è un vuoto orribile e pulsante, un'indefinibile paura senza dimensioni né forma, di cui ignora le origini ma che è diventata la sua "casa", il suo pianeta oscuro. 
Si è così abituato a quello stato di paura continuo, da accettarlo allo stesso modo in cui il famigliare ticchettio dell'orologio non dà più alcun fastidio.
Insomma, è impantanato in una deriva di auto-compatimento in cui affonda di giorno in giorno, sempre più giù.

Finché un giorno s’imbatte nei vicini di casa: una donna con un bambino di circa sei anni; l'incontro lo destabilizza e lo riporta indietro nel passato.

La donna, infatti, è una vecchia conoscenza: Gemma, oggi ultraquarantenne, da bambina ha frequentato molto la casa dei genitori di Tom, una coppia di filaantropi, molto devota, credente, generosa e pronta ad aiutare chiunque fosse nel bisogno, e Gemma e sua sorella lo erano, col padre scansafatiche che si ritrovavano.

Gemma è una donna carina, con un corpo niente male ma le sue qualità (almeno a un primo sguardo) finiscono lì: è scorbutica, maleducata, prepotente, cinica, e verso Tom ha, da subito, un comportamento pieno di contraddizioni, che manterrà anche in seguito.

Non può fare a meno della sua presenza, del suo aiuto, della sua disponibilità, ma al contempo lo guarda con disprezzo, gli parla e lo tratta con sufficienza, come se avesse davanti a sé un grandissimo sfigato che vale meno di zero, un debole incapace di fare qualcosa di buono nella vita.

Eppure, proprio quell'uomo lì, "senza attributi" e senza uno scopo nella vita, piace al "suo" bambino, il piccolo Kai.

Kai è il nipotino di Gemma (figlio della figlia), ha sei anni ed è un tipino taciturno, piccolo, timidissimo, disegna molto (e le sue innocenti opere artistiche hanno qualcosa di angosciante, che allarma Keely), parla poco e sorride ancora meno; è talmente chiuso nel proprio mondo e nella propria immaginazione da far dubitare Tom che abbia qualche problema. In realtà, avrà modo di appurare come Kai sia intelligente e un grande osservatore. 

Preso alla sprovvista, Keely permette che i due, a poco a poco, entrino nella sua vita, sconvolgendogliela. 

Gemma è una donna piena di problemi - da quelli economici a quelli causati dalla figlia, attualmente in prigione per droga - e necessita di una mano per prendersi cura del nipote, che spesso non sa a chi lasciare quando va al lavoro; ed ecco che quello spiantato di Keely, un po' strano, certo, solitario e probabilmente anche un tantino depresso ma - almeno questo! - onesto e proveniente da una buona famiglia (che in passato l'ha accolta in casa propria con affetto, Gemma non l'ha affatto dimenticato), potrebbe essere, per la donna, un aiuto: e se le tenesse Kai quando lei è fuori casa?

Fortunatamente, benché il piccolo sia per natura diffidente e riservatissimo con gli estranei, la conoscenza di Tom circa la natura, la flora e la fauna (in particolare gli uccelli), diviene il punto d'incontro tra i due: Tom sa un sacco di storie e dettagli sui volatili e Kai è molto curioso e pieno di domande in merito.

Insomma, Tom Keely, a quasi cinquant'anni, si ritrova a fare il baby-sitter; con Gemma non mancano momenti di intimità ma entrambi sanno che oltre non si va, in quanto hanno la testa troppo presa dai mille problemi personali per pensare all'amore o a una relazione.

Senza contare che Tom è ancora scottatissimo per il naufragio del proprio matrimonio (esperienza che lo ha fatto soffrire molto) e che Gemma non è proprio in vena di storie d'amore, occupata com'è a cercare di sbarcare il lunario, andare a trovare la figlia in prigione e cercare di crescere da sola quel bambinetto silenzioso ma molto, molto attento a tutto ciò che accade attorno a sé.

Nonostante gli sbalzi d'umore di Gemma, che - come dicevo prima - non esita a trattar male e a denigrare Tom per la sua debolezza di carattere e per i fallimenti, l'uomo si affeziona a quei due vicini di casa, le sue giornate cominciano ad acquisire un senso differente da quando ci sono loro e, soprattutto, da quando può sentirsi utile per il piccolo Kai.

Purtroppo, immergersi nella complicata quotidianità di Gemma e Kai implicherà, per Tom, confrontarsi con delle serie difficoltà che pian piano minacceranno la donna e il bambino, a cui egli, nel frattempo, si è tanto affezionato, come se fosse un figlio di cui prendersi cura e da proteggere.

Benché si senta da anni un fallito, un buono a nulla, uno che dalle vette del successo è precipitato nel baratro dell'inutilità e della passività assolute e da lì non è in grado di risalire..., ebbene, nonostante tutto questo, proprio lui sente dentro di sé un fuoco che gli esplode, che lo spinge a fare determinate scelte e a tirar fuori lati della personalità che non credeva gli appartenessero. 

Tom capisce che Kai conta troppo per lui e non permetterà a nessuno di far del male né al piccolo né a quella nonna burbera, sboccata ma che pure lo attrae.

"Il nido" è il racconto di un uomo che si è condannato all'inattività e alla solitudine dopo una tremenda delusione professionale, che non trova più una sola valida ragione per alzarsi dal letto la mattina, che sente su di sé il peso del costante raffronto con il defunto padre (Nev, uomo di fede, un gigante di bontà che lottava contro le ingiustizie), un punto di riferimento inarrivabile; Tom Keely è un uomo che ha smarrito la strada, il coraggio, il rispetto per sé stesso e solo quando la vita lo induce a confrontarsi con le miserie altrui, con la desolante infelicità di Gemma e con la tristezza e la malinconia scritte negli occhi innocenti di un bimbetto che non ha ancora imparato a sorridere, riuscirà a vedere che, in quel buio pesto in cui brancola stordito da alcool e pillole, si è affacciato un barlume di speranza.

Tom è un personaggio complesso che scatena diverse emozioni nel lettore: da una parte si è spinti a provare empatia e pietà per lui, per la sua sofferenza psichica ed emotiva, dall'altra lo si vorrebbe scuotere con vigore affinché la smetta di piangersi addosso e si conceda la possibilità di rinascere.

"Non aveva la forza di aggiustare le cose, abituato com’era alla logica della sconfitta."

"Non è bello essere l’incarnazione di tutto ciò che tua madre compatisce, o forse addirittura disprezza. Doris lo amava, il suo affetto per lui sembrava sconfinato, ma averla delusa gli bruciava più di ogni altra umiliazione. Il problema era che lei ancora lo credeva forte, e lo giudicava di conseguenza: non immaginava che fosse già perduto."

Tom non è perduto, non definitivamente e non se egli non vuole. Ma deve trovare dentro di sé la motivazione per rialzarsi da quell'inerzia tetra in cui è caduto e per riemergere da quel mare amaro in cui annaspa.

Ma chi sta annegando è in grado di aiutare un'altra persona nelle medesime condizioni?

Gemma mi ha urtato non poco con la sua saccenza e la sua durezza nei confronti di Tom, che umilia ed insulta, eppure non smette di rivolgersi a lui quando ha dei problemi; però evidentemente Tom, benché non stia vivendo un periodo all'insegna dell'equilibrio emotivo, riesce ad essere più saggio e maturo di me e di lei e, ignorando volutamente provocazioni e insulti spocchiosi, mette il bene di Kai prima di tutto e tutti.

L'Australia di Winton ha una doppia facciata: affascinante con i suoi bellissimi paesaggi ma anche disordinata, caotica, con il suo viavai umano di spacciatori, furfanti, barboni, donne sole, persone con problemi di dipendenze e depressione; ma non ci sono mica solo emarginati e disagiati: ci sono anche i buoni, gli altruisti, i compassionevoli. E questi non sempre hanno una faccia bella e un aspetto rassicurante (come Doris), ma hanno le occhiaie, gli abiti stropicciati e i capelli spettinati di Tom Keely, un disperato che prova ad aggrapparsi a tutti i costi ad una flebile speranza di redenzione.

Scritto con una prosa concreta, realistica, colloquiale, il romanzo di Winton è una lettura consigliata a chi desidera immergersi in una storia popolata da personaggi non proprio amabili, aventi numerose "fratture", fragili e disperati, che finiscono al tappeto ripetutamente ma continuano, imperterriti, a rialzarsi.

martedì 10 gennaio 2023

☆★ RECENSIONE ☆★ I DONI DELLA VITA di Irène Némirovsky

 

Ambientato nel periodo che comprende le due guerre mondiali, questo romanzo della scrittrice ucraina ci racconta la storia di una famiglia, gli Hardelot, ci narra di matrimoni, nascite, morti, piccole e grandi gioie accompagnate da problemi e preoccupazioni, e soprattutto ci mostra, con grazia e decisione insieme, come la quotidianità delle esistenze venga scossa da quell'evento terribile che è la guerra, che inevitabilmente porta con sé sangue, bombardamenti, figli e mariti chiamati alle armi, donne che aspettano angosciate di ricevere notizie dal fronte, gruppi di sfollati e disperati. Macerie su cui bisognerà ricostruire.

Può la vita continuare ad andare avanti, a resistere, a mostrare i propri meravigliosi doni nonostante attorno ci siano morte, paura, desolazione?


I DONI DELLA VITA
di Irène Némirovsky


Adelphi Ed.
trad. L.Frausin Guarino
218 pp
18 euro
Pierre Hardelot è un giovanotto di buona famiglia, erede delle cartiere del burbero e severo nonno Julien; costituisce sicuramente "un buon partito" per le signorine di Saint'Elme in attesa di marito e ad averla spuntata è la paffutella Simone, anch'ella appartenente ad una ricca famiglia.
Peccato che Pierre non ne sia innamorato: il suo cuore batte solo per una donna di nome Agnès, una ragazza snella, carina, delicata, con cui il ragazzo è praticamente cresciuto assieme.
I due si amano e si incontrano di nascosto; se le rispettive famiglie sapessero dei loro tentativi di vedersi e stare insieme, ne verrebbe fuori uno scandalo e sui due si abbatterebbe l'ira funesta della madre di Pierre (Marthe) e della famiglia di Simone.

Pierre sta per acconsentire a un matrimonio combinato pur di non disubbidire a genitori e al nonno (che sarebbe capace di diseredarlo), consapevole che essi non darebbero mai il consenso al matrimonio con Agnès, che appartiene sì a una rispettata famiglia ma piccolo-borghese e priva dei mezzi per procurare una buona dote alla fanciulla. 

Che fare? I due innamorati riusciranno a far valere la forza del sentimento che li unisce e a combattere contro pregiudizi e divieti?

Mentre leggevo le prime pagine del romanzo, quasi mi sembrava di essere in un classico "alla Austen", in cui al centro vi sono questioni di amore, l'osservanza di etichette e convenzioni sociali, unioni matrimoniali che sanno più di contratti d'affari che di appassionate promesse al chiaro di luna.
Ma questa sensazione dura poco: sì, il lettore assiste alla vittoria dell'amore ma la gioia per una coppia innamorata, che può vivere in libertà il proprio sentimento, presto viene oscurata dall'ombra cupa e terribile della prima guerra mondiale.

Siamo nell'estate del 1914 e il mondo intero sembra "vacillare e franare da ogni parte come il fondale di un palcoscenico, e anche Saint-Elme ne era scossa. Erano gli ultimi giorni del luglio 1914. Non si voleva ancora credere alla guerra, ma se ne avvertiva il soffio ardente."

Pierre Hardelot è costretto ad arruolarsi per difendere il proprio Paese, insieme a tanti altri.
Con lui lontano, in casa cresce l'angoscia per quel figlio e giovane sposo che da un momento all'altro potrebbe essere ferito, morire, dato per disperso. L'attesa di notizie dal fronte diventa di giorno in giorno più snervante e carica di ansia e, come se non bastasse, il nemico a un certo punto penetra nel Nord della Francia e arriva nei pressi di Saint-Elme. 
Eppure, nonostante le voci di questa marcia giungano frenetiche e spaventosamente sempre più vicine, la gente sembra anestetizzata, incredula, impaurita ed immobile: che fare? Fare fagotto e scappare?

"...Saint-Elme non si muoveva. Adagiata nella sua ingannevole sicurezza, dormiva; metteva la testa sotto la sabbia e si credeva invisibile. Se qualcuno diceva: «Potrebbero combattere anche da queste parti...», veniva guardato con incredulità. A Saint-Elme? Ma via!"
Eh sì, non resta che quello, se si vuol tentare di salvare la pelle: fare armi e bagagli e mettersi in marcia, unirsi alla schiera di sfollati che lascia in fretta e furia le proprie case, i mobili, gli arredi, gli oggetti, i ricordi di una vita, per cercare rifugio, per provare a non morire sotto i colpi del nemico.

L'autrice descrive con parole semplici ma efficaci i sentimenti e gli stati d'animo che emergono in frangenti drammatici come quelli indotti dallo stato di guerra.

All'inizio di un conflitto, ci si dispera per tutti i caduti, si piange per tutti quelli che partono, per poi - purtroppo! - farci l'abitudine; il pensiero man mano si fa più "egoistico" e si pensa unicamente al proprio caro, ma prima di arrivare a quel momento, si condivide con gli altri una comune pena e i giovani caduti sono un po' figli di tutti.

La guerra arriva, distrugge, divide, uccide, impoverisce, costringe singole persone, famiglie, città, nazioni, a ricostruire ciò che è stato ridotto in macerie, a ricominciare a vivere dopo lo sconquasso.

Passa il 1918, le esistenze di tutti sembrano pian piano tornare alla normalità; è così anche per Pierre ed Agnès, che hanno due figli: Guy e Colette.
Guy cresce, diventa un giovanotto sfuggente, tormentato...; i suoi non riescono a capire cos'abbia, finché tutto diventa chiaro a seguito di un gesto drammatico da parte di Guy.
Ma non ci si ferma: la vita è affamata e prosegue e così, tra vecchi rancori fra genitori, il nonno sempre arcigno e testardo, tradimenti, figlie ribelli, sopraggiunge anche la seconda guerra mondiale.

"...questa guerra non sarà l'ultima, come abbiamo sempre creduto, ma la prima di una lunga serie di guerre più implacabili, più atroci. Guerre e rivoluzioni. Sangue e ancora sangue."

Dopo la fine del primo conflitto, il mondo si era rialzato a fatica per assomigliare "a un malato che si sveglia e geme, e si gira e rigira nel letto cercando invano di dimenticare i suoi dolori."

Ma è il ciclo della vita e della storia: ritorna, e nella sua forma peggiore e più temuta.

La gente si ritrova di nuovo ad aspettare la guerra, come l'uomo aspetta la morte: sa che non può sfuggirle, al massimo, può sperare che la sua ora sia solo rimandata di un altro po': ancora qualche mese di pace, ancora un anno, ancora una stagione dolce e spensierata... 

Ed ecco che la storia si ripete: giovani e meno giovani costretti ad imbracciare armi, a rischiare la vita per combattere contro un nemico che avanza pericoloso; donne - madri, fidanzate, mogli, sorelle... - che restano a casa ad aspettare, ancora una volta!, notizie, a sperare, a piangere in silenzio e di nascosto, a cercare di placare i palpiti del cuore al solo pensiero - terribile!! - che il proprio congiunto non torni più.

Le persone devono accettare la comune sventura, grande oltre ogni dire, e trarre da essa - volenti o nolenti - la forza per non cedere.

"I doni della vita" è un romanzo dalle tinte cupe, tristi, e non potrebbe essere diversamente, visti il periodo storico e l'ambientazione; la Némirovsky ha una penna delicata e decisa allo stesso tempo, ci dipinge il quadro di una società borghese persa nelle proprie abitudini, in certi suoi pregiudizi, impegnata a coltivare troppo spesso sentimenti di diffidenza, animosità, risentimenti, rancori, egoismi, facendo attenzione a proteggere il proprio "orticello" da pericoli e insidie di ogni tipo.

Fino al giorno in cui qualcosa di enorme si abbatte sulle loro vite, sulle case e sulle città, travolgendo tutto e tutti.
Leggendo, ci si sente un po' sfollati e smarriti tra le strade di questa Francia immersa in una straziante desolazione; si ha pietà per queste famiglie allo sbaraglio, per i reduci di guerra - che si portano dietro una fatica immensa, fisica, mentale, spirituale.

Avvertiamo la forza distruttiva della guerra: già soltanto il pensiero, l'idea che essa possa scoppiare basta a stritolare il cuore; i presagi di conflitti imminenti pervadono e si respirano in ogni momento, in ogni gesto e parola.

"...niente concedeva all'anima un attimo di tregua; tutto sembrava ripetere: «È la guerra... la guerra... la guerra...».

Ma non vorrei che passasse il messaggio che questo libro trasudi e trasmetta qualcosa di negativo, di opprimente, di triste nel suo senso più cupo e tragico: c'è in esso una grande forza che figlia della speranza.
I personaggi della Némirovsky hanno il loro bel carattere, anche coloro che, a prima vista, possono sembrarci dei deboli; Pierre, ad es.,può apparire, in alcune occasioni, come un uomo volubile, insofferente, tendente allo scoraggiamento e ad ad abbattersi, a differenza di Agnès (e, più tardi, di sua nuora Rose) che mantiene costantemente un temperamento vigoroso, una maggiore fermezza nel prendere decisioni. Ma anche Pierre maturerà e avrà modo di mostrare la propria forza interiore, il proprio valore, quando la Storia glielo chiederà.

Ci si affeziona a queste persone, si spera con tutto il cuore che non soccombano, che possano vedere sorgere l'alba di un nuovo giorno e poter dire: "C'è stata la guerra. Ma ora è finita e per noi, per i nostri figli, c'è ancora la vita ad attenderci, con i suoi doni."

«Nonostante le apparenze, è questo che conta. La guerra finirà, finiremo anche noi, ma questi piaceri semplici e innocenti ci saranno sempre: la freschezza, il sole, una mela rossa, il fuoco acceso in inverno, una donna, dei bambini, la vita di ogni giorno... Il fragore, il frastuono delle guerre si spegneranno. Il resto rimane... Per me o per qualcun altro?».


Un romanzo intenso per l'ambientazione, piacevole per la sua trama e fluido nello stile.

giovedì 14 luglio 2022

** RECENSIONE ** LE STANZE SEGRETE DELLA PIOGGIA di Viviana De Cecco



Per Rebecca, tormentata da un passato famigliare che ha causato tanto dolore a lei e ai suoi cari, è difficile ritornare nella cittadina in cui è cresciuta, ma è ciò che fa, nonostante tutto. La sua vita è un continuo stare sotto una pioggia scrosciante, in cui ogni goccia è una lacrima che racchiude sensi di colpa, rimorsi e solitudine; adesso per la ragazza è arrivato il momento di scrollarsi dal cuore tutta la pesantezza che la opprime e di affrontare i propri segreti e le proprie paure.


LE STANZE SEGRETE DELLA PIOGGIA
di Viviana De Cecco



Genesis Publishing
186 pp
«Voglio essere una pioggia di cui non aver paura. Una pioggia che lavi via il dolore e lo trascini lontano.»

Rebecca ha vissuto per un po' di tempo a Berlino, fuggendo dalla cittadina in provincia di Venezia in cui viveva con la famiglia, per cercare di rifarsi una vita lontana da un passato doloroso.
Nella capitale tedesca aveva sognato di poter lavorare come fotografa, scontrandosi con la dura realtà della crisi; i soldi erano sempre pochi e per sbarcare il lunario Rebecca doveva svolgere addirittura tre lavori, tutti precari: cameriera ai tavoli di un ristorante italiano all’ora di pranzo, addetta alle prenotazioni di un sito internet di viaggi nelle ore notturne e dog sitter nel fine settimana.

Quando la storia con il fidanzato Alessandro giunge al capolinea, Rebecca sente che non ci sono più delle vere ragioni per restare a Berlino; a darle conferma di questo ci pensa l'amica di sempre, Maddalena, che le suggerisce di "tornare finalmente a casa" e di sistemarsi da lei.
Seppur reticente, Rebecca accoglie il consiglio e ritorna in Italia, nella sua cittadina, cominciando a lavorare in un negozio (di proprietà di Maddalena).

È in un giorno di pioggia che la sua vita comincia a prendere strade inaspettate.
Del resto, la pioggia ha sempre accompagnato determinati eventi della sua esistenza, e purtroppo non belli, anzi.

"...il suo cuore era stato devastato da una pioggia di dolore sotto cui si era ritrovata indifesa e vulnerabile."

E anche quando piove Rebecca mantiene un'abitudine di cui proprio non sa liberarsi: protetta dal suo ombrello azzurro si ferma ogni sera a osservare le finestre di un appartamento vuoto. 

Come mai, chi abita in quel palazzo?

Dietro i vetri delle finestre ci sono stanze che, in un tempo che sembra essere ormai lontanissimo, hanno risuonato di risate, voci allegre, scherzi, abbracci, momenti di gioia e complicità famigliare.
Uno spazio e un luogo che una serie di fatti drammatici, capitati alla sua famiglia, hanno strappato via per sempre.

Rebecca ha avuto un'infanzia felice con i suoi cari genitori e il fratello Damiano, fino al giorno nefasto in cui suo padre, in seguito ad un fallimento in ambito lavorativo, ha abbandonato lei, sua madre e suo fratello maggiore, senza un biglietto e senza una spiegazione, lasciando che essi se la vedessero da soli con i creditori che bussavano alla loro porta, pronti a togliere loro tutto.

E Rebecca e la sua famiglia sono stati davvero privati di tutto: casa, mobili, oggetti e soprattutto la loro dignità come persone.

Quella tragedia aveva portato una lacerazione in casa, rendendo la madre l'ombra di ciò che era prima: una donna infelice, abbandonata dal proprio uomo, che doveva affrontare una situazione economica complessa con solo i figli accanto; dopo l'abbandono, la donna non aveva più avuto la forza di lottare per essere di nuovo felice.

E Rebecca ha dei forti sensi di colpa verso la mamma e il fratello perché sa di averli abbandonati anche lei!

Non è rimasta con loro e non per vigliaccheria o egoismo, ma perché i sensi di colpa la divoravano: la giovane, infatti custodisce un particolare segreto  di ciò che accadde non molto tempo dopo la fuga del padre: un fatto di cui si incolpa perché convinta che lei avrebbe potuto far qualcosa affinché non si verificassero, poi, altre conseguenze penose.

Ma il passato non possiamo modificarlo e piangersi addosso... a cosa può servire?

Rebecca lo sa, eppure non riesce a liberarsi dei suoi fantasmi e della sgradevole e malinconica sensazione che per lei, nel suo futuro, ci sia sempre e solo pioggia: quella pioggia carica di tristezza, di grigiore, che rimarca tutta la fragilità del suo cuore.

Ma, come dicevo più su, in un giorno di pioggia accade qualcosa che potrebbe stravolgerle l'esistenza. Se lei vorrà.

Una sera, mentre è davanti al palazzo che non può fare a meno di contemplare, col sole o con le nuvole, si scontra accidentalmente con l'affascinante Massimiliano. 

Trentenne in carriera, restio a "mettere radici" e ad instaurare relazioni sentimentali durature, Massimiliano resta folgorato da quella ragazza dai capelli neri, gli occhi profondi e l'ombrellino azzurro.

Entrambi, a dire il vero, dopo aver scambiato qualche battuta - neanche troppo cortese - continuano a pensarsi... e qual è la loro sorpresa nel rivedersi nel negozio di Maddalena, apprendendo che lui lavorerà lì, assieme a Rebecca. 

Nonostante tutti e due sentano di avere un "cuore vagabondo", l'attrazione scatta immediatamente, anche se a placare i sensi ci pensano la ragione e il cuore, sempre sul chi va là.

Però Massimiliano è testardo e realizza di tenerci davvero a quella ragazza un po' schiva, diffidente, poco incline alle confidenze ma che - è evidente - ha un mondo di emozioni dentro che chiede di venir fuori, e cerca in tutti i modi di scavare nell'anima della sua "ragazza della pioggia" e di trovare le risposte ad alcune domande che, via via che si frequentano (e non solo per lavoro) emergono.

Massimiliano capisce che il palazzo in cui vive (è, infatti, in affitto in un appartamento dello stabile) è proprio quello davanti al quale si ferma costantemente Rebecca, che resta immobile e nostalgica sotto la sua finestra, di sera, per ragioni che ancora non sa. Quali sono?

E perché la ragazza, da quando è tornata, non ha avuto rapporti con la famiglia?

Cosa l'ha resa così eccessivamente cauta verso l'amore? Perché le è così difficile abbandonarsi ai sentimenti che i due nutrono l'uno verso l'altra?

Certo, anche Massimiliano ha le sue paure e anche lui deve decidere cosa vuole dalla vita, a cosa e a chi dare priorità, ma ciò che per lui conta di più è aiutare Rebecca a sbloccarsi e a realizzare che non ci sono solo lacrime nella pioggia, ma anche vita e speranza.

 

"...il destino aveva deciso di intrecciare le loro strade senza neppure chiedere il permesso. Il destino era come la pioggia. A volte, si dimenticava di dare segni premonitori e si abbatteva sulla vita delle persone come un temporale improvviso."


Il giovane tenterà di scoprire quali dolorose verità si annidino nell'animo solitario di Rebecca e per 
quale ragione ella odi la pioggia più di se stessa.
E chissà, magari grazie a quel misterioso appartamento al quale Rebecca è tanto legata e nelle cui stanze i due vivono con gioia ed entusiasmo il loro amore, il passato potrebbe riconciliarsi col presente, fugare ogni dubbio, rimorso, senso di colpa, vergogna e, proprio come accade al sole, che riappare dopo la pioggia, anche il futuro potrebbe finalmente trovare il suo posto e apparire più luminoso e pieno di speranza.

"Le stanze segrete della pioggia" è un romanzo che racconta una dolce storia d'amore, nata per caso ma che cresce piano piano, perché entrambi i protagonisti, malgrado le paure, le reticenze, i mille dubbi, sentono un gran bisogno di dare e ricevere amore, di avere una ragione vera per mettere le proprie radici, trovare una "casa" e non essere più delle anime raminghe, alla costante ricerca di una felicità che si diverte a farsi rincorrere.
Massimiliano è un giovane uomo che non si lascia scoraggiare dal carattere chiuso e guardingo di Rebecca, ma si sforza di farla sfogare, di ascoltarla e di aiutarla a liberarsi di ciò che la fa star male.
Lei, dal canto suo, è una donna sensibile, che però si è caricata, negli anni, di pesi troppo gravosi da portare, che finora l'hanno resa infelice e di cui deve essere pronta a liberarsi, se vuole darsi la possibilità di ricongiungersi con i propri cari e di provare a vivere il bello che la vita le vuol donare.

È una storia, quindi, d'amore certamente, ma anche di vicissitudini personali e famigliari che - come accade del resto anche nella vita reale - inevitabilmente segnano la vita di chi si ritrova ad affrontarle.
Una lettura romantica e senza dubbio piacevole, anche per la scrittura dell'autrice, che si riconferma sensibile e introspettiva nello scavare nell'interiore dei suoi personaggi. 

lunedì 27 giugno 2022

** RECENSIONE ** DOVE SEI, MONDO BELLO di Sally Rooney



Ci sono quattro amici... e no, non sono necessariamente al bar.
Volevano cambiare il mondo? Forse sì... o forse no. Magari è il mondo che vuol cambiare loro, chissà.
E mentre vivono e vagano per le strade di questo mondo che spesso sembra più brutto che bello, mentre ne avvertono tutta la sfibrante incertezza, ciascuno a modo suo continua a cercare di mettere insieme frammenti di sé, persi qua e là, e di provare ad aggiungere un pezzetto di bellezza, di felicità, di amore.


DOVE SEI, MONDO BELLO
di Sally Rooney



Ed. Einaudi
trad. M.Balmelli
312 pp
Il punto di partenza di questo romanzo è presto detto: ci sono due amiche del cuore, Eileen e Alice, che si scrivono fiumi di email in cui si raccontano le proprie vite, il lavoro, la famiglia, pensieri e considerazioni su argomenti filosofici, politici, esistenziali, religiosi, ma anche arte e cambiamenti climatici. Non mancano le condivisioni delle proprie storie d'amore.

Le due - che si conoscono dai tempi dell'università e che ora sono attorno ai trenta - si vogliono bene ma... si vedono poco.
Perché, come mai?, chiederete voi, abitano lontane?
Mah, neanche più di tanto, in una manciata di ore di volo sarebbero l'una a casa dell'altra.
Diciamo che procrastinano sempre il momento di vedersi, un po' per impegni lavorativi, un po' per altri "imprevisti" e, chissà, un po' per pigrizia.
Non giudichiamole troppo male però. Può succedere anche a noi. Avete presente quando ci si convince che certi rapporti siano capaci di andare oltre le distanze geografiche e la quantità di tempo trascorso insieme, perché ciò che conta è la consapevolezza che l'altro c'è ed è sempre presente, anche quando non lo vediamo spesso o non ci telefoniamo tutti i giorni? Ecco, magari è solo questo.

Per inciso: Eileen lavora come redattrice per una rivista letteraria che non vanta chissà quanti lettori, ed infatti la paga è da fame; ma vabbè, la ragazza s'accontenta, non ha grosse pretese.
Dal canto suo, Alice è una scrittrice di successo ed è molto impegnata con le presentazioni e le conferenze sui suoi libri, dei best-seller che l'hanno resa praticamente ricca.
Ma la ricchezza, si sa, non è sinonimo di felicità. Non sempre almeno.
Facciamo quasi mai, va'.

In seguito ad un esaurimento nervoso - per il quale ha dovuto ricoverarsi in ospedale per curarsi -, la nostra scrittrice ha deciso di lasciare New York e di prendere una casa in un zona di campagna, in Irlanda, vicino al mare. La sua è una quotidianità piuttosto solitaria e, fatta eccezione per i viaggi di lavoro, non ha una rilevante vita sociale.
Sarà per questo che bazzica su Tinder ed eccola in un bar di un paesino sulle coste dell’Atlantico mentre aspetta un uomo che ancora non conosce. 
Lui è Felix, è attraente e a questo primo incontro è un tantino impacciato (beh, comprensibile, no?), e forse è proprio l'imbarazzo che non lo rende simpaticissimo; non ama il proprio lavoro (sposta merci in un gelido magazzino) e non legge libri..., tanto meno quelli di Alice.

Questo primo incontro è un completo flop, eppure qualcosa dev'essere scattato se Alice lo invita ad accompagnarla nel suo prossimo tour promozionale a Roma e Felix - rassicurato sul fatto che non tirerà fuori un euro - accetta.

Frattanto a Dublino Eileen continua la sua vita, sistemando la punteggiatura di articoli non suoi per una rivista letteraria su cui un tempo ha pubblicato un unico pezzo degno di nota, e per il resto scorre le pagine social del suo ex e cerca di rimettere insieme i cocci di ambizioni e speranze dimezzate.

Entrambe le donne non hanno rapporti sereni con le proprie famiglie, con cui per loro è più facile entrare in conflitto (seguito dal silenzio per evitare discussioni) che relazionarsi in modo tranquillo; Eileen, in particolare, ha un legame difficile con sua sorella Lola: non fanno che stuzzicarsi, Lola è sempre pronta a dire qualche cattiveria all'altra, che vorrebbe essere difesa, almeno un po', dalla madre, la quale invece resta ai margini, facendosi i fatti propri.
Unica nota positiva - a parte la corrispondenza con Alice - è l'amico di sempre, Simon.

Simon è un punto di riferimento per Eileen; sono amici per la pelle dagli anni dell'adolescenza (di lei, lui è cinque anni più grande), ci sono sempre l'una per l'altro, si raccontano tutto, si consigliano, si sfogano, lui ha sempre una solida spalla da offrire all'amica quando lei ha bisogno di piangere (il contrario è molto  meno frequente, visto che Simon si sbottona poco) e, tra una relazione e l'altra, ogni tanto vanno a letto insieme.
Così, per amicizia, per affetto, per sentirsi meno soli, per addormentarsi e risvegliarsi tra braccia conosciute e rassicuranti.
Simon è un bell'uomo, è un consulente politico ed è sempre in giro; accomodante, sempre cortese, comprensivo, è cattolico e vive un cristianesimo tutto suo, fatto di preghiere, messe... e l'incapacità (?) di non resistere alle tentazioni, tipo quelle sessuali, tipo quelle con Eileen.

Quattro esistenze che sembrano fin troppo comuni (o forse lo sono davvero); nulla di particolarmente esaltante ma neppure da buttar via.
O no?

Eppure, qualcosa non va, e lo capiamo dalle lunghe e sincere email che le due donne si scambiano, in cui si fanno prendere da frenesie intellettualistiche e affrontano temi d'attualità - dal contrasto fra la società dei consumi e la miseria della moltitudine al crollo della civiltà nella tarda Età del bronzo, dalla perdita del senso del bello con l’avvento della plastica agli effetti corrosivi della fama sulla cultura - e in mezzo ci infilano le loro storie private, i dubbi, le speranze, ciò che le rende insoddisfatte, insicure. Infelici.

«Ecco che nel bel mezzo di tutto, con il mondo messo com’è, l’umanità sull’orlo dell’estinzione, io mi ritrovo qui a scriverti un’altra mail a proposito di sesso e amicizia. C’è altro per cui valga la pena vivere?».

Il racconto in prima persona da parte delle due amiche si alterna a quello in terza persona delle esperienze e dei legami che entrambe vivono separatamente con i due uomini con cui hanno una relazione un po' ambigua, indefinita, sfuggente, e forse per questo più eccitante.

Alice e Felix si frequentano, si scrivono messaggi, hanno una relazione sessuale che rende appagati entrambi..., ma poi?
C'è amore? La prospettiva di una relazione stabile? Stanno insieme o sono solo "il tipo/la tipa che sto frequentando in questo periodo"?

I dubbi colgono pure Simon ed Eileen: lui frequenta addirittura un'altra donna ed Eileen non sa che pensare di questo. Che rapporto c'è tra loro? Amicizia sicuramente, la sintonia emotiva e fisica è perfetta, si conoscono benissimo e c'è molto affetto.
Ma anche qui: è amore?

In entrambe le coppie a un certo punto la fatidica domanda - dove finirà questa relazione? A cosa porterà? Si evolverà in qualcosa di stabile e definito oppure no? - diviene sempre più urgente.

Mentre leggiamo, impariamo a conoscere le personalità dei quattro personaggi e ognuno ci appare complicato a modo suo; si cercano, si vogliono, desiderano la reciproca compagnia, ma qualcosa li frena.
In un mondo dominato dall'incertezza, dalla sensazione di ineluttabile declino, in cui è facile sentirsi alienati, "intellettualmente senza patria", in cui la bruttezza sembra aver preso il predominio nella vita moderna, in cosa si può trovare senso, pace, stabilità, serenità?

Simon è così buono, quasi perfetto, inarrivabile, così pulito e saggio con le sue certezze di fede, così diverso da Felix, insoddisfatto del proprio brutto lavoro, franco ma spesso cinico e tagliente nelle sue battute ed osservazioni, in special modo verso Alice, la cui personalità così particolare e distante da lui lo attrae e lo mette, allo stesso tempo, in soggezione.

Se nelle email le due donne tirano fuori pensieri su argomenti vari e ci sembrano così ordinate e sicure, riflessive, sensibili e profonde, è nei momenti in cui le vediamo interagire con i due uomini (e, a un dato momento, tutti e quattro tra loro) che emergono insicurezze, contraddizioni, paure, interrogativi su sé stesse, su ciò che sono e vogliono e, su tutti, il dubbio di non saper vivere, di non riuscire a trovare la felicità, la pace, l'amore. E, chissà, di non meritare nessuna bellezza.

"Mi dico che voglio vivere una vita felice e che le circostanze per viverla non si sono semplicemente presentate. Ma se non fosse vero? Se fossi io che non riesco a concedermi di essere felice? Per paura, o perché preferisco crogiolarmi nell’autocommiserazione, o perché credo di non meritarmi niente di buono, o per qualche altra ragione. Ogni volta che mi capita qualcosa di bello mi ritrovo a pensare: chissà quanto durerà prima di finire male. E desidero quasi che il peggio arrivi presto, meglio prima che dopo, e se possibile subito, cosí almeno smetto di stare in ansia."


All'inizio ho fatto un po' di fatica a empatizzare con i quattro amici, e lo stile dell'Autrice non mi ha aiutato in questo, nel senso che mi sembrava narrasse le vicende di questi protagonisti in un modo troppo distante, poco coinvolgente.

Però questa sensazione di distacco emotivo è andata sfumando e poi sparendo quando sono "entrata nella storia" e i caratteri - pregi e difetti, incongruenze e punti di forza - delle due amiche e dei loro uomini hanno iniziato ad essermi più chiari; del resto, è così anche nella vita reale: quando conosciamo qualcuno, ci facciamo sì un'impressione iniziale ma è solo parlandoci e frequentandolo che iniziamo ad entrare in sintonia, a "inquadrarlo" e a decidere se ci piace o no.

Le relazioni amicali e amorose che si snodano di capitolo in capitolo, tra un'email e l'altra, sono lo specchio, in un certo senso, della disillusione, della frammentarietà e della mancanza di certezze che vigono nel mondo contemporaneo (tra problemi di ordine politico, climatico, sociale, ecc...), di come i desideri romantici di questa generazione alla deriva si scontrino con un mondo che sta crollando e sta facendo emergere, tra le altre cose, profonde disuguaglianze. Tra i quattro, infatti, avvertiamo anche questo aspetto: un'insoddisfazione, un'amarezza dovute alla propria condizione socio-economica. Tutti e quattro svolgono il proprio mestiere senza necessariamente ritenerlo meraviglioso e appagante a tutti gli effetti; forse l'unica che fa quello che vuole è Alice, ma anche lei giudica comunque il proprio lavoro "moralmente e politicamente inutile" e sente che parenti ed amici pensano di lei che sia ricca senza in realtà fare chissà quale grosso sforzo.

Il mio parere su questo romanzo della Rooney è sicuramente positivo; ha un linguaggio scorrevole, disinvolto, dialoghi efficaci e realistici, che - essendo privi di virgolette - si lasciano leggere come un flusso continuo, libero da interruzioni (dovute all'interpunzione).

Una lettura stimolante; voglio provare a leggere altro di questa scrittrice.


ALCUNE CITAZIONI

"Ho bisogno di sentire che la mia vita ha un qualche tipo di centro, un posto cui i miei pensieri possano fare ritorno e trovare requie."

"...mi sento davvero fallita, e per certi versi la mia vita è davvero insulsa, e le persone che si preoccupano di quello che mi accade sono pochissime. A volte trovare un senso è davvero dura, quando le cose che credevo significative si rivelano insignificanti e le persone che dovrebbero amarmi non mi amano."

"... certi dolori, a certi stadi formativi della vita, s’imprimono in modo permanente nella percezione di sé. "

"In realtà il mio problema è che me la prendo con gli altri perché non hanno le risposte quando sono la prima a non averne. E chi sono io per pretendere umiltà e apertura da parte degli altri? Cos’ho mai dato al mondo per pretendere cosí tanto in cambio? Potrei disintegrarmi in un mucchietto di polvere, per quel che importa al mondo, ed è giusto che sia cosí."

lunedì 13 giugno 2022

RECENSIONE: ** I GUARDIANI DEL FARO di Emma Stonex **

 

Ispirandosi a fatti realmente accaduti, Emma Stonex ha immaginato la vita di tre guardiani di un faro, la loro improvvisa sparizione, che nel tempo resterà un mistero, e come le loro compagne hanno cercato di andare avanti; vent'anni dopo uno scrittore proverà a far emergere la verità interrogando le donne dei tre scomparsi: sarà possibile scoprire cosa realmente è accaduto in quel maledetto faro? Dove sono finiti i tre uomini? Qualcuno ha fatto loro del male?


I GUARDIANI DEL FARO
di Emma Stonex


Ed. Mondadori
trad. M. Rossari
334 pp
Il primo guardiano Arthur Black, il primo assistente William “Bill” Walker e il secondo assistente Vincent Bourne, sono di guardia al faro dello Scoglio della Fanciulla, un isolotto remoto a miglia di distanza dalla costa, in Cornovaglia; verso la fine dell'anno 1972 una barca approda al faro per dare il cambio ai custodi. 

Ma di loro non c'è traccia.
Sono andati via? E come, con che mezzo?
Qualcuno è arrivato prima e ha fatto loro del male?

Le domande sorgono numerose ma di risposte non se ne trovano.
È tutto molto strano e misterioso sin da subito: la porta d’ingresso del faro è chiusa dall’interno; gli orologi in soggiorno e in cucina sono fermi alle 8,45; la tavola è preparata per un pasto che non è mai stato consumato. 

Ma soprattutto la torre è vuota. 
Dove sono i tre uomini?

A gettare ulteriori ombre su queste già non poche stranezze, ci pensa il registro meteorologico tenuto da Arthur, che descrive una tempesta che infuria intorno all’isola, il che è davvero bizzarro se si tiene conto del fatto che il cielo è stato sereno per tutta la settimana. 

Vent’anni dopo, le donne dei tre guardiani vivono sì le loro vite ma in realtà sono ancorate a quel passato che le ha segnate irrimediabilmente e dal quale non si sono mai riprese del tutto. È come se anche un pezzo di loro sia stato imprigionato tra le fredde mura di quel faro.
Andare avanti senza aver mai avuto risposta su ciò che è accaduto ai loro uomini non è stato facile; la Trident House (che aveva assunto e mandato i tre guardiani al faro) ha sempre garantito di aver fatto ricerche e indagini, ma senza risultato: quello che è successo a Bill, Arthur e Vince è destinato ad essere classificato come un vero e proprio mistero.
Le tre donne hanno ricevuto (e continuano a ricevere) un indennizzo a motivo della sparizione (e, si presume, della morte) dei loro cari, e se vogliono continuare a percepirlo sono caldamente raccomandate di non provare a riaprire il caso.

Helen, Jenny e Michelle non sono state unite da questa comune tragedia, anzi, si sono allontanate e ciascuna ha vissuto il proprio lutto a modo suo, provando comunque a rifarsi una vita, anche accanto ad altri uomini.

Helen, però, ha sempre scritto a Jenny, chiedendole di poterle parlare ma questa si è sempre rifiutata; ce l'ha con lei, le serba rancore e ne ha le ragioni. 

Ma ora che son passati venti anni, le tre si ritrovano a dover guardare di nuovo in quel buco nero che le aveva risucchiate nel '72 e a provare a mettere insieme i ricordi: un giorno, lo scrittore Dan Sharp le contatta in quanto è intenzionato a scrivere un libro su quel mistero irrisolto del faro e  per farlo vuole intervistare proprio le tre donne, dando loro la possibilità di raccontare la propria versione della storia, di tirar fuori memorie, sentimenti, segreti. 

Quando la Trident scopre che c'è un giovanotto che se ne va in giro a far domande, ricorda alle tre signore di non parlare con quello scrittore ficcanaso che vuol solo raccogliere materiale per il suo nuovo libro, perché l'azienda non è assolutamente d'accordo e non collaborerà in alcun modo.

La narrazione si svolge su due piani temporali: il 1972 e il 1992.

Nel primo, il lettore può "ascoltare" le voci dei tre guardiani, conoscendone il carattere, il temperamento, e apprendendo anche il tipo di vita e di quotidianità che caratterizza il periodo al faro.

Mi sono immaginata come dovesse essere e, diversamente da ciò che potrebbe sembrare a uno sguardo esterno e lontano, è chiaro che ci fosse ben poco di romantico nel trascorrere lunghi periodi chiusi in una torre, con poco spazio a disposizione, con sempre lo stesso cibo razionato (senza tv, senza Internet, senza smartphone: ce la immaginiamo una vita così isolata e fuori dal mondo?), con molte ore vuote e silenziose da riempire, con la consapevolezza di essere circondati da distese d'acqua salata e di dover restare lì fino al prossimo cambio.
Il lavoro di guardiano del faro è solitario, ti pone davanti alla tua capacità di saper stare sia da solo che a stretto contatto con quei pochi colleghi, che - si spera - siano persone con cui è facile andare d'accordo, altrimenti diventa un inferno.

Chi sceglie la vita al faro? Che tipo di uomo? Perché l'hanno scelta Arthur, Bill e Vince?

Arthur è un guardiano nato, sta bene solo quando è in un faro, tant'è che nei giorni in cui può tornare a casa, sembra quasi un'ombra che girovaga per le stanze e sua moglie Helen lo vede, lo percepisce chiaramente e sente il taciturno marito sempre più distante da lei.
Nel prosieguo della lettura apprenderemo due motivazioni che hanno contribuito ad allontanare i due coniugi, e una di queste avrà anche un peso nel rapporto tra  Helen e un'altra moglie, Jenny.
Arthur è una roccia, un punto di riferimento per gli assistenti perché ha tanti anni d'esperienza come primo guardiano, sa cosa fare in ogni situazione e di lui ci si può fidare.
Ma Arthur è comunque solo un uomo ed è pure un uomo solo, che si sente alienato dagli altri, il cui cuore e la cui mente sono occupati da fantasmi, da ricordi e perdite dolorose mai superate. E i fantasmi, si sa, esistono per seguire passo passo chi li ha, per tormentarlo attraverso voci e sussurri che non sempre è facile capire se siano reali o immaginari, se siano magari frutto della propria mente fragile che fa scherzi.
E quando poi, per caso, l'uomo fa una sgradevole scoperta su Bill (qualcosa che lo tocca da vicino...), la ragionevolezza e la calma che hanno sempre contraddistinto Arthur rischiano di naufragare in un mare di dubbi e risentimenti.

Bill non ha mai amato il mestiere di guardiano, ma è finito per imbarcarsi in questa professione perché è sempre stata una tradizione di famiglia; è sposato con Jenny, hanno dei figli ma qualcosa ha cominciato a spezzarsi tra loro; in particolare, Bill si sente attratto da una donna sposata..., che è la moglie non di una persona qualsiasi.
Questo sentimento potrebbe costare caro e avere delle conseguenze, ma a Bill sembra non importare.

Vince è il più giovane fra i tre e non ha alcuna esperienza di fari; ha scelto questo lavoro perché è isolato e lui aveva urgenza e bisogno di allontanarsi dal mondo per un po'.
È fidanzato con Michelle, si amano e con lei Vince sogna di poter dare un nuovo indirizzo alla propria esistenza; sì, perché fino a quel momento ha commesso non pochi errori e si è fatto la nomea di essere un ragazzaccio, un delinquente. Ma Vince vorrebbe solo rifarsi una vita e spera che nessuno che ce l'ha con lui sbuchi all'improvviso dal suo turbolento passato per fargli del male...!

Tre guardiani, tre uomini diversi per temperamento, esperienze di vita, obiettivi; tre esistenze ciascuna con i suoi segreti, le sue paure nascoste e i suoi lati più oscuri.

Il racconto del 1972 si alterna, dunque, con il 1992, in cui conosciamo Helen, Jenny e Michelle, le vediamo impegnate ognuna con la propria vita: Helen è quella che ci appare più sola (non ha figli) ma anche la più determinata a parlare con Sharp e a raccontargli tutto, e vorrebbe che anche le altre due cogliessero al volo questa occasione: non vogliono sapere cosa è successo ai loro cari? Se anche scavare significasse fare emergere scheletri e segreti, potrebbe comunque volerne la pena, no? Significherebbe metterci definitivamente una pietra sopra!

A distanza di tanto tempo, il cuore di Michelle è rimasto legato all'amore per Vince, a quel suo ragazzo su cui si è cercato di addossare la colpa della sparizione dei tre solo in virtù del suo passato in prigione.
Ma bastano i pregiudizi per infangare la memoria di un uomo che cercava di ricostruirsi una vita?

Jenny ha figli ormai adulti ma non s'è mai del tutto ripresa dalla scomparsa di Bill, e ha i suoi buoni motivi per non voler assecondare Helen né tanto meno per parlare con quello scrittore.

Ma solo avendo il coraggio di affrontare la verità sarà possibile arrivare, se non a chiarire esattamente cosa è successo, almeno a zittire la voce di quel mare e di quel faro che si son portati via tre amori, tre speranze di futuro, e non li ha più restituiti.

È un romanzo che ha un che di ipnotico e che, nel complesso, è riuscito a tener viva una certa suspense in quanto per tutto il libro mi son chiesta: "Ma quindi che è successo?", e già solo questa domanda bastava a farmi andare avanti nella lettura.
Per la maggior parte, la narrazione procede, più che attraverso molti dialoghi, come un racconto personale e privato da parte dei vari personaggi, i cui punti di vista si alternano dandoci ciascuno il proprio contributo per capire cosa sia successo nel 1972 e dopo.

A noi lettori verrà raccontato cosa è accaduto realmente; lo scopriranno anche lo scrittore e le mogli?
Una cosa è certa: chi è rimasto, e ha a lungo pianto chi non c'è più, non necessariamente deve ottenere la risposta certa ad ogni domanda per raggiungere la propria pace interiore. Spesso ciò che conta, e che è in nostro potere, è accettare anche quello che non sappiamo spiegare.

Il ritmo non è veloce o incalzante, tutt'altro, proprio per la presenza di molte sequenze riflessive e descrittive (ad es. in riferimento alla vita dei tre custodi nel faro), ma è interessante il profilo psicologico che emerge dei sei personaggi, le loro solitudini, le ossessioni, la sottile linea che separa (e confonde) realtà e illusione, l'amore e il dolore, e l'Autrice ha avuto sensibilità e cura nell'esplorare il modo in cui le paure più profonde e inconfessate offuschino il confine tra il reale e l’immaginario.


Concludendo, quindi, a parte il ritmo narrativo un po' lento  in certi passaggi, il romanzo merita per diversi aspetti: l'argomento della vita nel faro (sempre affascinante) e, di conseguenza, l'ambientazione molto ben descritta (ci sembra di essere lì, in quelle stanzette piccole, di sentire l'odore del mare, di percepire il rumore delle onde, di avvistare una lucina o un'ombra in lontananza...: o forse è soltanto suggestione?), l'abilità della Stonex di solleticare, quindi, il lettore fornendogli dettagli che vanno oltre il razionale (quasi da horror, ma prendete l'accostamento con le pinze, eh) e sfociano nelle allucinazioni, l'aspetto psicologico, la scrittura corposa e solida, che sa trascinare il lettore in un piccolo mondo claustrofobico e inquietante.

Consigliato. 


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