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lunedì 3 settembre 2012

QUIZ PER LIBRO-DIPENDENTI!!



Sul blog Libri e popcorn ho trovato questo quiz per libri-dipendenti!! ^_^

Fatelo anche voi, sono curiosa di conoscere le vostre risposte!!

1) Stai leggendo un libro attualmente? Quale?
Si, UN ALBERO CRESCE A BROOKLYN, di Betty Smith.
2) Perchè hai scelto questo libro?
Perché leggerlo era un desiderio che avevo dalle scuole medie!!
3) Ti piace farti consigliare libri dagli amici?
Beh si, mi piace condividere le mie e le altrui letture, quindi ascolto i consigli....!
4) Lo scaffale che visiti per primo in libreria?
Mah, onestamente li guardo tutti, uno alla volta, a cominciare dalla sezione più vicina alla porta d'ingresso ....
5) Il tuo libro preferito?
Sempre Wuthering Heights.
6) Quello più brutto?
Hum..., All'ombra delle fanciulle in fiore di Proust.
7) L'ultimo libro che hai letto?
Un ebook, "La gatta che suonava il piano".
8) Quello che aspetta sullo scaffale da anni?
Ohps, Via col vento!!
9) Quello che rileggeresti?
Orgoglio e pregiudizio..
10) Quello che non hai compreso?
Sempre quello di Proust... -_-'
11) Quello che hai lasciato a metà senza rimpianti?
La presidentessa di Clarìn.
12) Quello che hai lasciato a metà a malincuore?
Notre Dame de Paris di Hugo.
13) Tre libri che vorresti leggere in futuro:
I miserabili; La figlia del boia; Madre del riso.
14) Tre autori che ti piacciono:
Bronte E., S. King, I. Allende.
15) Tre personaggi letterari tra i tuoi preferiti:
Elizabeth Bennet, Rhett Butler, David Copperfield.
16) Tre libri che non avresti voluto leggere:
Tre croci - La metamorfosi - Le anime morte di Gogol
17) Tre autori che non ti piacciono:
Ci devo pensare.. ^_^
18) Tre personaggi letterari che detesti:
I lesser della Ward - Villefort (Il conte di Montecristo) - Don Rodrigo
19) Il tuo racconto preferito?
Le avventure di Pinocchio.
20) Il libro della tua infanzia?
Le avventure di Tom Sawyer di Twain.
21) Il primo libro da "adulto"?
L'onere della prova.
22) Un libro che hai comprato perchè ti piaceva la copertina:
Voglia di tenerezza.
23) Classici o Moderni?
Entrambi!!.
24) Il più bel film tratto da un libro?
Stand by me.
25) Il primo libro che ti viene in mente?
La papessa.
26) Il tuo genere preferito?
Romance, ma leggo anche altro!!

lunedì 13 gennaio 2020

Recensione: IL LADRO DI GIORNI di Guido Lombardi (libro)



Un viaggio on the road da Nord a Sud, un'occasione importante (forse l'unica?) perché l'undicenne Salvo e suo padre Vincenzo si ritrovino e imparino a conoscersi. Un'avventura punteggiata da incontri inaspettati, deviazioni fuori programma e dai ricordi di un’infanzia ancora candida e piena di domande, che culmina con l’arrivo del misterioso “ladro di giorni”, colui che anni prima ha rubato a un padre del tempo prezioso da trascorrere col proprio figlio .



IL LADRO DI GIORNI
di Guido Lombardi


Ed. Feltrinelli
288 pp
16 euro
Salvo ha cinque anni quando, mentre è col padre Vincenzo al mare a fare tuffi dagli scogli, arrivano due signori grandi e grossi... e si portano via il genitore.
Non lo vedrà più per sei anni.
Dopo quell'estate che ha gli ha rubato il suo papà, a Salvo resta la sua dolce mamma, che però un brutto giorno, a causa di uno stato depressivo, arriva a fare un gesto terribile ed estremo: si toglie la vita... e Salvo è di nuovo solo.
Fortunatamente a prendersi cura di lui ci sono zia Anna (sorella della madre) e zio Eugenio, che lo prendono in casa con loro.

Salvo è un bambino attento, riflessivo, che scruta tutto e tutti, dai coetanei - il cugino Emidio (che è un po' tontolone e, secondo Salvo, "cretino"), i compagni di scuola, le amichette che gli piacciono - agli adulti - la mamma ,sempre stanca, triste, la paziente maestra Silvia, gli zii, l'istruttore di tuffi.

E a proposito di tuffi, se c'è una cosa che il bambino non ha mai dimenticato sono proprio i momenti che ha passato col padre a fare tuffi; da allora non ha mai smesso di farne, anche senza di lui, diventando sempre più bravo, fino al giorno in cui qualcosa in Salvo s'è interrotto, ha avuto un blocco ed ora non riesce più a tuffarsi.

Lui, il campione di tuffi con la paura di tuffarsi, ha capito alcune cose su come gira il mondo, nonostante sia poco più di un bimbo.
La prima è che gli adulti cercano sempre di fregarti, in un modo o nell'altro; fingono di sapere tutto (o comunque più dei bambini) ma quando Salvo fa domande che li mettono in difficoltà, promettono di rispondergli quando sarà più grande, solo che gli anni passano, lui è sei sempre troppo piccolo e le domande restano sospese e senza risposte.

"La verità è che ci sono un sacco di verità. Per questo non si capisce niente."

Anche suo padre Vincenzo ha fregato lui e la mamma: se n'è andato e non è più tornato. I grandi gli dicono che è in una scuola speciale dove ci sono un sacco di cose da imparare ma dalla quale non si può tornare a casa la sera. È solo un’altra bugia, dentro la quale galleggiano paroloni come “reato” e “processo”, che nessuno si premura di spiegargli, raccontando semplicemente la verità.

La vita tranquilla di questo ragazzino barese trapiantato al Nord viene sconvolta dall'arrivo improvviso del padre: Vincenzo è uscito di prigione, ha raggiunto il figlio dagli zii in Trentino e vuole che l’accompagni fino a Bari, dove ha una missione da compiere.

I due hanno a disposizione quattro giorni di tempo per attraversare l’Italia e imparare a conoscersi, provando a recuperare almeno una parte di quegli anni persi.

"Avevo detto: “Pa’ ”. Era da tanto tempo che non lo chiamavo più così. Un po’ è come con la parola “palafitta”, che non la usi perché non ti serve: io non potevo dire “papà” perché lui non c’era. Mi ci ero abituato e non ne avevo più bisogno, invece quella mi era uscita da sola".

Quattro giorni: un tempo enorme per Salvo, che non vuole partire su quella vecchia auto scassata con quell’uomo pieno di strani tatuaggi che fa cose di nascosto, come se avesse un segreto. Un uomo che è sì suo padre, ma che è cambiato moltissimo (a cominciare dall'aspetto fisico), diventando, in sei anni, un estraneo, e di lui ci sono ricordi che si perdono nel tempo e che al piccolo Salvo paiono appartenere quasi a un'altra vita.

Ma anche per Vincenzo suo figlio è un'incognita; tende, delle volte, a trattarlo come se avesse ancora cinque anni e quasi si meraviglia nel constatare come Salvo sia cresciuto tanto in sua assenza.
Entrambi devono sfruttare bene questi pochi giorni per trovare insieme il coraggio di tuffarsi nel vuoto e tornare a conoscersi e ad amarsi.

Non è facile per nessuno dei due: Salvo capisce che il padre vuole andare a Bari per sistemare una faccenda e lui capisce che non si tratta di una "buona faccenda", il che lo spaventa; ma è in particolare una la domanda che più martella nella testa del ragazzino: papà è tornato a prenderlo perché davvero gli vuole bene? Sul serio gli sono mancati lui e la mamma? Il dubbio che la propria presenza sia indispensabile solamente per tornargli utile nei suoi loschi affari, turba Salvo...

"Ma io non l’ho ancora capito se è tornato per stare con me veramente o per qualche altro motivo che sa solo lui. Vorrei qualcuno che mi vuole bene per come sono, pure se non faccio niente, giusto o sbagliato che sia. Com’era con mamma."

A sua volta, Vincenzo deve confrontarsi con l'ostilità di questo figlio che lo guarda con un'espressione perplessa, un po' delusa, e soprattutto piena di interrogativi, ai quali non sempre è facile rispondere, e lui è un maestro nel procrastinare, nel rimandare a dopo spiegazioni e decisioni.
Tutto è secondario ai suoi interessi personali.

Ritrovarsi di nuovo figlio di un padre che non vedeva ormai da 6 anni, che non è stato con lui quando ne ha avuto bisogno, non l'ha consolato nei momenti tristi e con cui non ha riso assieme quando era felice, confonde Salvo, che all'inizio fa logicamente fatica a riconoscere dentro di sé i giusti sentimenti verso il proprio genitore. Non solo, ma oltre all'atroce dubbio se il padre gli voglia o no sinceramente bene, si aggiunge la paura verso quest'uomo colorato come un pirata, che Salvo trova incattivito, più duro e nervoso, ed infatti cerca di non farlo arrabbiare per non buscarsi qualche ceffone, anche se poi, come capita ai ragazzini, è inevitabile che combini qualche marachella, generando malumori e sgridate da parte di Vincenzo.

Vincenzo, che da piccolo chiamavano - a ragione! - Vincenzino Passaguai, e di guai non ha mai smesso di combinarne, anzi crescendo s'è specializzato in attività criminali.
Vincenzo, che sa bene quanto la presenza di suo figlio accanto a sé costituisca una sorta di "lasciapassare", come se l'uomo diventasse, ad occhi estranei, meno pericoloso per il solo fatto di andarsene in giro con un undicenne.

"adesso vedevo tutto chiaro: avevi ragione, papà, hai fatto bene a portarti dietro tuo figlio, se c’è Salvo i poliziotti ti lasciano andare. E tu non devi sparare a nessuno. “Avevi ragione… sono meglio di una pistola.”

E questo undicenne, nel suo viaggio avventuroso col padre ladro e armato di una pistola vera, ne vedrà delle belle e si renderà conto, di volta in volta, di come questo suo genitore sia sempre il solito, pronto a prenderlo in giro e a mentire per i propri egoistici interessi.

Salvo è poco più che un bambino, legittimamente bisognoso di affetto, protezione, cura, eppure non di rado ci sembra il più maturo dei due, e tutte le volte che, riferendosi al padre, lo chiama Vincenzino, avvertiamo l'innocente tenerezza che prova verso quest'adulto scapestrato e incosciente - che raramente ride, regalando piuttosto mezzi sorrisi e, al massimo, mezze risate - cui sente comunque di voler bene.

L'Autore ha adottato in modo convincente il linguaggio, gli schemi mentali, gli stati d'animo del giovanissimo narratore e protagonista, così da prestare al lettore gli "occhiali" adatti per leggere le sue avventure attraverso i suoi stessi occhi, il suo punto di vista: quello di un figlio che la vita ha costretto a barcamenarsi in un mondo di adulti che fanno scelte al posto suo e pretendono di non dover dare spiegazioni, perché Salvo è solo un ragazzetto e deve obbedire ai "grandi" senza far troppe domande.

Ma Salvo è intelligente, sensibile, intuitivo, testardo, non si accontenta dei "perché è così e basta", "quando sarai grande te lo spiegherò", "tu sei un bambino e fai come dico io": Salvo cerca di mettere insieme i pezzi, fa domande spontanee e azzeccate che inchiodano gli adulti e ne affondano l'arroganza (del padre in primis), vuol sapere i come e i perché, vuol essere coinvolto in prima persona in tutto ciò che in effetti lo riguarda molto da vicino.

Le riflessioni che pullulano nella testolina del giovane protagonista sono un mix di saggezza preadolescenziale condite con un pizzico di ironia.

"I grandi fanno sempre così, ti mettono la mano davanti agli occhi durante i film di paura, sennò poi fai i brutti sogni. Non lo sanno che così è peggio, perché uno s’immagina le peggio cose. "
"Quando provo a descrivere quello che c’ho dentro, mi sembra sempre una cosa oscura e confusa e non trovo mai le parole adatte. È più facile disegnarla. Me l’immagino come un vortice di acqua nera, anzi tanti vortici, come le rapide di un fiume in piena, tipo quello seppellito sotto terra che ci stava per seppellire tutti. "

Tra inseguimenti a perdifiato, "piccoli furti", incontri con personaggi bizzarri, Salvo comprende pian piano chi sta cercando suo padre: l'uomo che ha rubato loro giorni, settimane e anni, facendo in modo che i due si separassero e si perdessero sei anni di vita insieme.
Vincenzo ha quindi intenzione di vendicarsi di chi gli ha fatto del male? E' ancora lo stesso delinquentello arrestato e incarcerato sei anni prima? Stare lontano dal figlio non lo ha cambiato per nulla?

"Il ladro di giorni" è un romanzo di formazione che narra un'avventura on the road tenera, epica e coinvolgente, vista attraverso lo sguardo innocente e vispo di un ragazzino che scoprirà in sé il desiderio di riavere indietro quel padre che gli era stato tolto, e anche se spesso i ruoli di padre e figlio si invertono, i due avranno la preziosa opportunità di scoprirsi e apprezzarsi reciprocamente, imparando tanto l'uno dall'altro.

Mi è piaciuto per il ritmo vivace, la narrazione resa molto scorrevole dalla prospettiva fresca e ironica del ragazzino protagonista, che nel corso del suo viaggio ha modo di evolversi e crescere, raggiungendo importanti consapevolezze; ben caratterizzato anche il personaggio di Vincenzo.

Ora non mi resta che attendere il film, diretto sempre da Guido Lombardi, con Riccardo Scamarcio, Massimo Popolizio, Augusto Zazzaro; dal 6 febbraio al cinema.
Vi lascio il trailer:



venerdì 28 febbraio 2014

LeggiamOrientale: Natsuo Kirino



Stamane vi presento solo un paio di libri di un'autrice noir i cui libri mi sembrano accattivanti, come trama; voi che ne pensate? Li avete letti? Conoscete quest'autrice?

LE QUATTRO CASALINGHE DI TOKYO
di Natsuo Kirino 


Le quattro casalinghe di Tokyo
Ed. Neri Pozza
Trad. L. Origlia
656 pp
14 euro
2009
Trama

La pazienza di Yaoyoi, della dolce e graziosa Yaoyoi, si è rotta oggi improvvisamente come un filo. 
Nell’ingresso di casa, davanti alla faccia insopportabilmente insolente di Kenji, il marito che ha dilapidato tutti i suoi risparmi, Yaoyoi si è tolta la cinghia dei pantaloni e l’ha stretta intorno al collo del disgraziato.
Kenji ha tentato di afferrare la cintura, ma non ne ha avuto il tempo. 
La cinghia gli è penetrata subito nella carne.
È stato buffo vedere come il collo di Kenji si sia piegato all’indietro e le mani abbiano cominciato ad annaspare disperatamente nell’aria. 
Sì, buffo, veramente buffo, poiché un uomo così, un infelice che beve e gioca, non si cura dei figli, è attratto da donne impossibili e picchia la moglie, non meritava certo di vivere!
Le gambe abbandonate storte sul pavimento di cemento dell’ingresso, accasciato sulla soglia, la testa tutta girata, Kenji, a un certo punto, non si è mosso più. 
Yaoyoi gli ha messo allora una mano sul collo per sentire le pulsazioni. Niente. Sul davanti dei pantaloni ha visto una macchia bagnata.
E ha riso, stupefatta della forza furiosa, della crudeltà di cui era stata capace. Ha riso anche quando Masako e Yoshie, le fedeli amiche, l’hanno aiutata trasportando il cadavere a casa di Masako, tagliandolo a pezzetti e gettando poi i resti in vari bidoni d’immondizia.

Straordinario thriller che ha per protagoniste quattro amiche (la dolce e graziosa Yayoi, l’intelligente e coraggiosa Masako, Yoshie, la madre angariata da una figlia capricciosa e da una suocera invalida, Kuniko, la trentenne derubata dal marito e minacciata da un usuraio) che si conoscono in una puzzolente fabbrica di cibi precotti e che scoprono insieme il gusto della rivolta e il fascino e il business del crimine, Le quattro casalinghe di Tokyo, come accade spesso nei buoni romanzi polizieschi, illumina ciò che accade in un mondo in cui la tradizione si rompe come la pazienza di Yaoyoi: improvvisamente come un filo.

REAL WORLD


Real World
Ed. Neri Pozza
trad. G. Coci
256 pp
15.50 euro
2009
Trama

In un affollato quartiere residenziale di Tokyo quattro studentesse trascorrono un’estate caldissima e soffocante preparandosi ad affrontare gli esami per il college. 
Sono molto diverse tra loro: Toshi è affidabile e sicura, Yuzan riservata e malinconica, Terauchi ha un grande talento per gli studi, Kirarin occulta dietro la sua dolcezza un’attrazione morbosa per i comportamenti piú estremi.
Un rumore inconsueto che proviene da un appartamento stravolge improvvisamente il loro destino: il vicino di casa, un liceale che le quattro amiche chiamano il Vermiciattolo, ha ucciso la madre ed è scappato con la bici e il cellulare di una di loro. 
In fuga dalla polizia, il giovane assassino inizia a contemplare affascinato il proprio volto riprodotto in innumerevoli fotografie e servizi televisivi, assapora l’improvvisa visibilità mediatica, il racconto della sua vita riscritto da giornalisti e reporter, e asseconda l’ossessiva curiosità collettiva intorno alle ragioni che lo hanno spinto a uccidere. 
Il pigro distacco del giovane si trasforma progressivamente in una consapevolezza crudele: insensibile alle conseguenze del suo crimine, vuole che le ragazze scrivano per lui un manifesto filosofico che giustifichi ed esalti la lucida follia delle sue azioni…
Immerse in una vita di chat, messaggi sul telefonino e Reality TV, le quattro adolescenti scoprono un mondo scabroso e brutale, in cui la propria esperienza e le proprie inclinazioni diventano fonte di tensioni e minacce. 

Una realtà popolata di bambini e ragazzi in attesa di una guida, di un esempio, di un salvatore che li riscatti dalla noia invincibile di un sistema incapace di comprendere la loro diversità, la radicale distanza che li separa dai genitori e dalle generazioni che li precedono. 
E il loro profeta può essere chiunque, anche un assassino. Basta che sia capace di ribellarsi, in nome di tutti loro.

L'autrice.
Natsuo Kirino è nata nel 1951 a Kanazawa, un’antica città del Giappone centrale. Nel 1993 si è aggiudicata il premio Edogawa Ranpo con il romanzo Pioggia sul viso. Con Le quattro casalinghe di Tokyo (Neri Pozza 2003) ha raggiunto una notorietà internazionale e ha vinto il prestigioso premio dell’Associazione giapponese degli autori di romanzi polizieschi. Morbide guance (Neri Pozza 2004) ha vinto il premio Naoki. Nel 2008 è stato pubblicato con grande successoGrotesque. La fama mondiale della scrittrice è in costante ascesa, e viene ormai considerata un’autrice capace di innovare la lezione di autori come Chuck Palahniuk e Murakami Haruki.

lunedì 28 gennaio 2019

Recensione: UN GIORNO DI FESTA di Graham Swift (RC2019)



Una vecchia e famosa scrittrice si guarda indietro, tornando con la memoria ad un giorno specifico - il 30 maggio 1924, giorno della Festa della Mamma - per raccontare "una storia d'amore" sensuale, breve, proibita, che le resterà impressa negli anni in ogni particolare, come un dolce segreto da custodire gelosamente.



UN GIORNO DI FESTA
di Graham Swift



Ed. Neri Pozza
139 pp
Questo lungo racconto di Graham Swift si concentra sostanzialmente su ciò che accade nell'arco di un'unica giornata alla protagonista, Jane Fairchild, che all'epoca dei fatti aveva 22 anni ed era una giovane cameriera inglese a servizio presso una famiglia benestante dell'alta borghesia inglese, i Niven.

Siamo in Inghilterra nel 1924, è il Mothering Sunday, la Festa della Mamma, e se l'incubo della prima guerra mondiale è alle spalle, lo spettro della prossima tra pochissimi anni comincerà ad affacciarsi.
Ma non pensiamoci oggi: è una così bella domenica di fine marzo, il sole splende, l'aria piacevole è arricchita dal profumo dei fiori e dal cinguettio degli uccelli; il giorno perfetto per ricordarsi che siamo vivi nonostante il cuore abbia gravi lutti da piangere.
Sì perchè sono tante le famiglie che hanno perso qualcuno - un figlio, un fratello... - nel conflitto, ma oggi non bisogna fare pensieri tristi!!
E' una ricorrenza speciale da festeggiare in allegria; consuetudine vuole che si facciano visite di cortesia, picnic all’aperto e inviti a pranzo in compagnia di amici e familiari. Un rituale in realtà che si sta un po' perdendo ma che i Niven e gli Sheringham, due delle famiglie più in vista del Berkshire, si tengono ben stretto, come se appartenessero ormai a un’unica famiglia, accomunati dal dolore di aver perso dei giovani figli in guerra.
Su invito degli Hobday, un altro illustre casato delle verdi contee che circondano Londra, decidono di vedersi a pranzo per brindare e parlare dell’evento ormai imminente e fonte di gioia: le nozze tra Paul, il giovane rampollo degli Sheringham (scampato alla guerra), ed Emma Hobday.

Ed in questa giornata di festa, i ricchi signori si mostrano oltremodo generosi con la servitù, lasciandola libera di godersi anch'essa questo giorno libero come meglio desidera;  così, i domestici delle tre famiglie approfittano per trascorrere del tempo con i propri cari.

L'unica che non ha una famiglia alla quale tornare è lei, Jane Fairchild; perchè Jane è un'orfana, una trovatella, non sa neppure chi sia sua madre, quindi per lei il Mothering Sunday è un giorno come un altro.
Il buon Mr Niven le regala mezza corona e le dice che può fare ciò che le pare in quella giornata tutta per sè e la bella ragazza già immagina cosa farà: trascorrere la domenica di festa su una panchina in giardino, tra il ronzio dei fuchi e il profumo della magnolia già carica di boccioli, e con un libro di Joseph Conrad a farle compagnia.

Ma quella mattina in casa Niven squilla il telefono.
Come ogni volta, la domestica si affretta all’apparecchio e il suo cuore fa un volo acrobatico  nel riconosce la voce all’altro capo del telefono: è Paul Sheringham, il giovanotto che tra due settimane convolerà a giuste nozze (Jane ben immagina che sia un matrimonio combinato, che accrescerà il prestigio degli Sheringham, oltre alle finanze) che la invita per la prima volta a casa sua.

I due, infatti, sono amanti da ben sette anni, quindi da poco tempo dopo che la cameriera è andata a lavorare dai Niven (aveva solo 14 anni quando fu assunta).
Vivono la loro relazione clandestina con gioia e senza alcun pudore, ovviamente stando molto attenti a non farsi scoprire e a non dare scandalo.

Jane parla di questa particolare storia d'amore come qualcosa che l'ha fatta star bene, che l'ha resa felice, facendola sentire importante per qualcuno e togliendola, almeno in parte, dal bozzolo dell'invisibilità.

"Amante segreta. Amica segreta. Era stato lui a dirglielo, una volta: «Siamo amici, Jay». Lo aveva fatto a mo’ di annuncio, e lei si era sentita girare la testa. Nessuno l’aveva mai chiamata così, e con tanta decisione, come se lui non avesse altri amici, e avesse appena scoperto quanto fosse bello averne uno. E come se lei dovesse tenere per sé quella rivelazione così inusitata. Si era sentita leggera come una piuma. Aveva diciassette anni. (...) Dunque, erano veramente amanti? C’era stata una tale, solenne intensità nelle loro sperimentazioni, una tale consapevolezza di fare qualcosa di sbagliato (con il mondo in lutto intorno a loro), da richiedere una forma di leggerezza che agisse da compensazione: il riso. A volte era quasi sembrato che far ridere l’altro fosse il vero scopo dei loro incontri: un obiettivo molto pericoloso, quando ad accompagnarlo c’era la necessità assoluta di non farsi scoprire."


Quella telefonata apre alla bella domestica la possibilità di passare un Mothering Sunday in compagnia di quest'uomo che è stato il suo primo amante e le (poche) ore poi trascorse con lui faranno di quel giorno di festa del 1924 una data incancellabile nel ricordo di Jane, che negli anni a venire andrà sempre lì con la memoria, a quel dì speciale cominciato nella luce più pura e terminato nel buio di un’oscura notte della vita e dell’anima.

Una giornata tranquilla e illuminata da un sole che scalda ossa e cuore si trasforma, in pochi attimi, in una tragedia privata, intima, personale e famigliare, e nella mente dell'intelligente piccola Fairchild, col tempo, diventerà il momento in cui il suo destino ha preso una determinata piega.

La Jane adulta, ormai quasi centenaria, è una scrittrice affermata, con all'attivo molti romanzi di successo; è una donna colta, arguta, dotata di grande acume e spirito critico, oltre che di umorismo e capacità di sorridere anche di ciò che potrebbe, a buon diritto, rattristarla.

Jane ci racconta, attraverso vivaci flashback che si alternano al racconto ironico e disincantato del presente, la sua vita, anzitutto cosa accadde quel giorno del 30 maggio, ma anche il dopo.

Jane era una giovane donna disinibita, libera, una sorta di femminista convinta senza saperlo, una ragazza cresciuta in orfanotrofio che anelava a non restare anonima e ignorante, e che ha fatto della propria passione per i libri e la lettura il perno della propria esistenza.
E' sola al mondo, Jane, ha soltanto il suo modesto lavoro alle dipendenze di gente ricca che si ritiene alquanto generosa e paziente con questa servitù capricciosa; e lei "approfitta" di questa generosità per crescere, per acquisire consapevolezza di se stessa, delle proprie attitudini, e così un po' alla volta riesce ad avere accesso ai libri della biblioteca dei suoi padroni e a tuffarsi tra le pagine di quei volumi che costantemente spolvera, leggendo appassionanti storie di avventura, fino ad incrociare il suo unico vero amore letterario, il già menzionato Joseph Conrad.

Jane ama Paul, anche se non ci svela i suoi sentimenti in modo esplicito, però lo comprendiamo dalla gioia che le dà semplicemente essere con lui, farlo sorridere, sentirsi chiamare amica e trattata da tale, restare in silenzio a guardarlo mentre, con studiata grazia e lentezza, l'uomo si riveste per recarsi all'appuntamento con Emma; certo, l'idea che lui sia fidanzato, che a breve sposi un'altra donna e che questo possa costituire un impedimento per continuare a vedersi, non la rende felice, ma Jane non si lamenta, non fa recriminazioni, non piagnucola come una sciocca femminuccia sedotta e abbandonata; quanto ad abbandoni è esperta dalla nascita, ahilei, e per il resto, non è una debole, una sciocchina senza sale in zucca e con la lacrima facile; per quanto giovanissima, nel suo piccolo Jane sembra aver capito "come va il mondo", chi è lei, da che parte sta rispetto agli "altri" (i Niven, Sheringham...) e questa presa di coscienza la rende libera.
Anche libera di gironzolare nella grande casa di Paul (che, dopo i momenti di intimità, la lascia sola nella propria dimora per andare dalla fidanzata che lo aspetta), di fermarsi a guardare le orchidee candide sul tavolo, le cornici sui mobili, i quadri appesi al muro e i libri in biblioteca.
Una "scena", questa di Jane che gira nuda per casa, che forse è la più emblematica del libro e che non possiamo non immaginarci e sorriderne, restando stupiti davanti all'innocente sfacciataggine di questa giovane, che si gode questi sprazzi nascosti di libertà totale prima della tragedia finale, che scoprirà pochissimo tempo dopo, tornando a casa.

“Siamo solo materia combustibile. Nasciamo per bruciare, alcuni più rapidamente di altri. Ed esistono diversi tipi di combustione. Ma non bruciare affatto, non prendere mai fuoco, sarebbe il massimo della tristezza, non trova?”

E l'esistenza di Jane Fairchild è così: un piccolo grande fuoco che  non smette di ardere, perchè la passione per la vita e ciò che le riserva alimenta la sua anima, la divora e la porterà ad ottenere tanti successi, a maturare ambizioni che mai avrebbe creduto fossero alla portata di una Cenerentola come lei.

"Un giorno di festa" è un romanzo breve incentrato, come il titolo stesso suggerisce, sul racconto di quella giornata collocata nel passato, che assume ora caratteri voluttuosi ed intimi ora di ineluttabile e privata tragicità, per poi spostarsi nel presente della ormai anziana protagonista; questa lettura veloce ma intensa mi ha colpita non tanto per la storia in sè quanto per il suo personaggio principale, questa giovane dallo spirito indipendente, e per lo stile dell'Autore, che sa sapientemente usare ogni parola, ogni frase concisa ma significativa, ogni dettaglio - anche quello più descrittivo che potrebbe sembrare irrilevante - per inserirli in un'unica cornice dai contorni sensuali, languidi; ci sembra di sentire il calore dello stesso sole che illumina a giorno la camera in cui i due amanti godono della reciproca compagnia; ci sembra di essere nudi come Jane mentre scorrazziamo indisturbati in una casa che non è la nostra, percorsi dal brivido del proibito; e proviamo anche noi quell'indefinita nostalgia ripensando a quel che è stato in quel Mothering Sunday e che resterà celato nella mente e nel cuore di Jane per sempre.

Un gioiellino da non sottovalutare.

mercoledì 2 novembre 2016

ZOO BOOK TAG



Cari lettori che amate i booktag!!
Ne ho trovato un altro molto carino sul blog "Happy Red Book" di Lady Debora.

Come sempre, se vi piace, lasciatemi pure le vostre risposte o i link dell'eventuale post sul vostro eventuale blog, e verrò a leggervi ^_^



1 ELEFANTE: un libro enorme e pesante, tanto pesante che faticate a reggerlo fra le mani.

Ma... tipo un'enciclopdia? No perchè difficilmente me la metto in borsa, eh!
Battute a parte, non ho mai letto libri (esclusi quelli scolastici/universitari) talmente grossi da essere scomodi da reggere, però attualmente sto leggendo A UN CERBIATTO SOMIGLIA IL MIO AMORE di Grossman che con le sue 50 pp mi riempie la borsa.

2 VOLPE: un libro con un personaggio geniale.

IL CONTE DI MONTECRISTO di Dumas. perchè Edmond Dantes è geniale, ma non solo: è carismatico, colto, pieno di fascino... Un personaggio letterario che amo moltissimo e che ha dimostrato genialità e pazienza nell'organizzare la propria vendetta.

3 TARTARUGA: un libro con cui hai fatto fatica a ingranare ma che poi ti è piaciuto.

IL SIGNORE DEGLI ANELLI di Tolkien: lo so che è un capolavoro, ma io ho faticato a terminarlo perchè la narrazione, con le sue tante (troppe...) descrizioni mi distraevano; però una volta ingranata la marcia, ho proceduto più speditamente e anzi, arrivata all'ultima pagina, ho pensato che Frodo, Aragorn e tutto gli altri un po' mi sarebbero mancati

4 CANE: un libro che parla di fedeltà.

IL GATTO CHE AGGIUSTAVA I CUORI di R. Wells: tanta tenerezza per questo gatto che, a differenza di ciò che si dice sulla razza felina, resta fedele ai suoi tanti padroncini temporanei per portar loro serenità.

5 LUCERTOLA: un libro da leggere sotto l'ombrellone.

Cosa c'è di meglio di un giallo DOC, tipo "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie?

6 PINGUINO: un libro da leggere sotto la neve.

"Pagine d'amore" di Karen Kingsbury: vi scalda il cuore con la sua dolcezza e i suoi buoni sentimenti.

7 SOGLIOLA: un libro ultra sottile.

HEY MONDO, ESISTO ANCHE IO di Viviana Rizzo: è una raccolta di pensieri e aforismi di una mia giovane amica che ama scrivere; breve ma significativa!

8 LEONE: un libro che parla di forza.

L'AMORE GRAFFIA IL MONDO di U. Riccarelli: la sua protagonista, Signorina, è un esempio donna forte, determinata, pronta a combattere per la felicità sua e dei suoi cari.

9 LUPO: un libro che parla di solitudine.

RIFLESSI IN SOLITUDINE di F. Voi: penso a questa piccola raccolta di poesie che ha come tema proprio la solitudine e tutti i diversi stati d'animo ad essa collegati.

10 CAVALLO: un libro ambientato in un ranch o che parli di cow-boy.

IL SAPORE DEL PROIBITO di C.B.C.: è l'unico romanzo con queste caratteristiche che mi è venuto in mente, perchè ambientato in una fattoria.

11 PICCIONI: un libro che parla d'amore.
Eh quanti ce ne sono! Però cito IL PRIMO ULTIMO BACIO di A. Harris: una storia d'amore dolce, commovente, forte.

12 CAMALEONTE: un libro con un personaggio un po' sfigato che cerca di mimetizzarsi con la massa.
NOI SIAMO INFINITO di S. Chbosky. Charlie non è propriamente sfigato; è solo un po' timido e imbranatino, ma fa tanta simpatia!!

13 SQUALO: un libro pauroso.

Io non leggo libri paurosi perchè sono IO paurosissima, ma un horror che ho apprezzato è stato LE TREDICI di Susie Moloney.

14 DELFINO: un libro che parla di mare o ambientato negli abissi.
Beh, non ho dubbi: OCEANO MARE di Baricco. Il mare è il protagonista di questo libro.

15 PAPPAGALLO: un libro con un personaggio petulante e che vi ha dato un po' sui nervi.
Pereira, col suo ripetere in modo ossessivo "sostiene Pererira". >_<

16 ORNITORINCO: un libro strano.

Volevo passare e non rispondere perchè "strano" è un aggettivo che può voler dire tutto o niente, ma poi sbirciando nella lista di libri recensiti, mi è balzato agli occhi un libro che, appena terminato, mi ha lasciata insoddisfatta, ha provocato in me una smorfia e mi ha fatto pensare: e quindi? L'INFILTRATO di K. Slaughter.

17 CERBIATTO: un libro che parla di orfani
Mi viene subito in mente LA BAMBINA NUMERO 8 di K. van Alkemade, che parla di orfani purtroppo non trattati benissimo...

18 PESCE PAGLIACCIO: un libro divertente.
Con la Kinsella andate sul sicuro! Ma anche con i libri su Bridget Jones.

19 SAN BERNARDO: un libro che parla di un salvataggio.
INFINITO+1 di A. Harmon: non mi vengono in mente salvataggi in senso letterale, così ho pensato ad un sa a Finn Clyde, che salva Bonnie da un probabile suicidio, ma poi il loro amore salva entrambi da una vita dolorosamente legata a un passato ingombrante.

20 CICOGNA: un libro che parli di nascite.

MADRE DEL RISO di R. Manicka, perchè essendo un romanzo che attraversa più di una generazione inevitabilmente qualcuno che nasce c'è ^_-



VI PIACE QUESTO TAG?
SU, NON LASCIATEMI DA SOLA CON LE MIE RISPOSTE! *_*

giovedì 26 settembre 2013

Recensione: L'ULTIMO BALLO DI CHARLOT di Fabio Stassi



L'ULTIMO BALLO DI CHARLOT
di Fabio Stassi


L'ultimo ballo di Charlot
Ed. Sellerio
Trama

In una sera di Natale la Morte va a trovare Charlie Chaplin nella sua casa in Svizzera.
Il grande attore e regista ha passato gli ottant’anni ma ha un figlio ancora piccolo e vorrebbe vederlo crescere accanto a sé.
In un lampo di coraggio Chaplin propone un patto alla Vecchia Signora: se riuscirà a farla ridere si sarà guadagnato un anno di vita. Inizia così un singolare balletto con la Morte, e quella notte a salvarlo non sarà la tecnica consumata dell’attore ma la comicità involontaria che deriva dagli impacci dell’età.
La questione però è solo rinviata: anno dopo anno, a Natale, la Vecchia tornerà a reclamarlo e bisognerà trovare il modo di suscitarle almeno una risata.
Nell’attesa dell’incontro fatale Chaplin scrive una lunga e appassionata lettera al figlio. Vuole raccontargli la storia vera del suo passato, quella che nessuno ha mai ascoltato, ed ecco che dalle sue parole scaturisce l’avventura rocambolesca di una vita e il ritratto di un’epoca rivoluzionaria.
L’infanzia umile in Gran Bretagna, il padre alcolizzato e la madre che perde il senno, l’esordio sul palcoscenico assieme al fratello, il circo e il vaudeville, i primi successi e lo sbarco negli Stati Uniti, dove il giovane Chaplin passa da un mestiere all’altro – tipografo, boxeur, imbalsamatore – e da una costa all’altra.
È un orfano a spasso per il Nuovo Mondo, incontra uomini straordinari e gente comune, e dalla loro anima generosa sembrano nascere sempre nuove possibilità. In quegli anni tutto sta cambiando, un fascio di luce su uno schermo bianco ha acceso la fantasia di un’intera nazione.
L’America che accoglie Chaplin si guarda allo specchio in quelle prime pellicole, è romantica e vibrante, utopica e capace di qualsiasi gesto, dal più altruista al più vile.
Le avventure di Charlie si susseguono a ritmo frenetico, fra tonfi e trionfi, illusioni e disillusioni, fino al giorno in cui ogni istante di quella vita, ogni emozione e ricordo, si trasformano miracolosamente in qualcosa di assolutamente nuovo.
Accade davanti agli occhi stupefatti di una troupe impegnata in un film: un paio di baffetti, una camminata obliqua e incerta, un bastone e una bombetta polverosa, i modi di un Lord nei vestiti di un pezzente. Charlie Chaplin, venticinque anni e l’esperienza di un vecchio marinaio, ha smesso di esistere. È nato Charlot, il Vagabondo, e il mondo non sarà più lo stesso.


il mio pensiero

L'ultimo ballo di Charlot è il ritratto magico e un po' nostalgico di uno degli artisti più eclettici del Novecento: Charlie Chaplin, conosciuto anche come Charlot.
Un ritratto che prende la mosse da una scena singolare: l'ormai anziano e "acciaccato" Charlot, nella sua casa in Svizzera, riceve la visita poco gradita della Morte.
1920
E' il 24 dicembre 1971, la notte di Natale, e la nefasta Signora, implacabile, e seria, è davanti all'attore, pronta a prenderlo con sè.
Ma il piccolo Vagabondo, benché piegato dai dolori dovuti all'età, non ce la fa a lasciare "baracca e burattini"; ha un figlio piccolo, ancora, Christopher (avuto dall'ultima e giovane moglie Oona), vuol vederlo crescere e fa un patto con la Morte: se riuscirà a strapparle una risata, lei lo lascerà vivere ancora.
E grazie all'età avanzata, con tutte le sue caratteristiche buffe, grazie a piccoli "incidenti" che connoteranno i loro incontri la notte di Natale, Charlot riuscirà a procrastinare la propria "fine", strappando ogni volta e per sei anni, le risate divertite e stupite della strana amica...

E così, in attesa di essere finalmente pronto all'ultimo grande viaggio, Charlot scrive una lunga e sincera lettera al figlioletto, Christopher, parlandogli di sè, della sua infanzia, delle sue origini come persona e come artista.

Attraverso una narrazione morbida, leggera e semplice, il lettore, mano nella mano con il piccolo "Vagabondo", attraversa insieme a lui il mondo, da Londra agli Stati Uniti, conoscendo i luoghi da lui frequentati, le persone da lui incontrate, i suoi successi, i fallimenti, i lavori in cui si è cimentato per poco o molto tempo.

.
E così, dall'esperienza in un circo a quella come boxeur, tipografo, imbalsamatore..., Charlot ci accompagna lungo il corso della sua vita, avventurosa, densa di personaggi pittoreschi, alcuni buffi o  malinconici, altri scorbutici o gentili, alcuni gretti, altri sensibili, ma ognuno capace di lasciare il proprio segno nella vita di questo piccolo omino coraggioso, testardo, deciso, forse non subito in grado di comprendere la propria strada e le proprie reali capacità, ma di certo volenteroso, desideroso di imparare, mettersi alla prova, prendere il buono da ogni esperienza.

Leggendo, attorno alla figura affascinante di Chaplin, il lettore viene immerso in una rete di fatti, situazioni e persone che, mescolando realtà e immaginazione, contribuiscono a farci conoscere un uomo che è stato annoverato tra i migliori attori di tutta la storia del cinema, un'icona del cinema muto, la cui produzione artistica, e allo stesso tempo la sua stessa esistenza, hanno fatto della comicità semplice e un po' malinconica, il fulcro di tutto e il mezzo per arrivare alla gente.

"Il trucco è sempre lo stesso: 
fare in modo che qualcosa vada storto
 e che il mondo appaia rovesciato, sottosopra.
(...)
è tutto il contrario di quando accade nella vita.
(...)
La comicità è mancina,come me....
Irride i ricchi, rimette le cose a posto, ripara le ingiustizie.
... chiude le porte ai prepotenti 
e le fa aprire ai deboli e agli indifesi, 
anche se solo per il lampo di un sorriso.
E quest'incredulità  che ci riempie gli occhi di lacrime.
(...)
...suscitare il riso e le lacrime è stata la mia infantile protesta 
contro la miseria, la malattia e il disprezzo, 
e il mio rifiuto dell'odio e di tutte le forme sbagliate 
che finiscono per governare le relazioni umane."

E la risata sarà fino alla fine la sua arma personale nella battaglia della vita e contro la Morte, "costretta" a cedere, con un sorriso spontaneo, dinanzi alla personalità naturalmente comica e buffa del Vagabondo, impresso nella mente di tutti noi con la sua bombetta in testa, il suo bastone in mano, le sue enormi e logore scarpe, i suoi pantaloni extra-large, la sua giacca stretta, i suoi baffetti neri e la sua faccia sveglia, intelligente ed espressiva, che ha saputo parlare meglio di quanto spesso si possa fare con le parole.

Un libro ben scritto, originale, capace di far vivere i suoi personaggi, come se davvero ci trovassimo al cinema o a teatro, a guardare una pellicola "antica" ma pure così capace di parlarci oggi, andando dritto al cuore del lettore/pubblico, che non può fare a meno di sorridere e di innamorarsi di Charlot come della altre "comparse" "perchè vede la fragilità prima della loro forza" e da questa ne viene immancabilmente attratto.
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