L'ULTIMO BALLO DI CHARLOT
di Fabio Stassi
Ed. Sellerio |
In una sera di Natale la Morte va a trovare Charlie Chaplin nella sua casa in Svizzera.
Il grande attore e regista ha passato gli ottant’anni ma ha un figlio ancora piccolo e vorrebbe vederlo crescere accanto a sé.
In un lampo di coraggio Chaplin propone un patto alla Vecchia Signora: se riuscirà a farla ridere si sarà guadagnato un anno di vita. Inizia così un singolare balletto con la Morte, e quella notte a salvarlo non sarà la tecnica consumata dell’attore ma la comicità involontaria che deriva dagli impacci dell’età.
La questione però è solo rinviata: anno dopo anno, a Natale, la Vecchia tornerà a reclamarlo e bisognerà trovare il modo di suscitarle almeno una risata.
Nell’attesa dell’incontro fatale Chaplin scrive una lunga e appassionata lettera al figlio. Vuole raccontargli la storia vera del suo passato, quella che nessuno ha mai ascoltato, ed ecco che dalle sue parole scaturisce l’avventura rocambolesca di una vita e il ritratto di un’epoca rivoluzionaria.
L’infanzia umile in Gran Bretagna, il padre alcolizzato e la madre che perde il senno, l’esordio sul palcoscenico assieme al fratello, il circo e il vaudeville, i primi successi e lo sbarco negli Stati Uniti, dove il giovane Chaplin passa da un mestiere all’altro – tipografo, boxeur, imbalsamatore – e da una costa all’altra.
È un orfano a spasso per il Nuovo Mondo, incontra uomini straordinari e gente comune, e dalla loro anima generosa sembrano nascere sempre nuove possibilità. In quegli anni tutto sta cambiando, un fascio di luce su uno schermo bianco ha acceso la fantasia di un’intera nazione.
L’America che accoglie Chaplin si guarda allo specchio in quelle prime pellicole, è romantica e vibrante, utopica e capace di qualsiasi gesto, dal più altruista al più vile.
Le avventure di Charlie si susseguono a ritmo frenetico, fra tonfi e trionfi, illusioni e disillusioni, fino al giorno in cui ogni istante di quella vita, ogni emozione e ricordo, si trasformano miracolosamente in qualcosa di assolutamente nuovo.
Accade davanti agli occhi stupefatti di una troupe impegnata in un film: un paio di baffetti, una camminata obliqua e incerta, un bastone e una bombetta polverosa, i modi di un Lord nei vestiti di un pezzente. Charlie Chaplin, venticinque anni e l’esperienza di un vecchio marinaio, ha smesso di esistere. È nato Charlot, il Vagabondo, e il mondo non sarà più lo stesso.
il mio pensiero |
L'ultimo ballo di Charlot è il ritratto magico e un po' nostalgico di uno degli artisti più eclettici del Novecento: Charlie Chaplin, conosciuto anche come Charlot.
Un ritratto che prende la mosse da una scena singolare: l'ormai anziano e "acciaccato" Charlot, nella sua casa in Svizzera, riceve la visita poco gradita della Morte.
1920 |
E' il 24 dicembre 1971, la notte di Natale, e la nefasta Signora, implacabile, e seria, è davanti all'attore, pronta a prenderlo con sè.
Ma il piccolo Vagabondo, benché piegato dai dolori dovuti all'età, non ce la fa a lasciare "baracca e burattini"; ha un figlio piccolo, ancora, Christopher (avuto dall'ultima e giovane moglie Oona), vuol vederlo crescere e fa un patto con la Morte: se riuscirà a strapparle una risata, lei lo lascerà vivere ancora.
E grazie all'età avanzata, con tutte le sue caratteristiche buffe, grazie a piccoli "incidenti" che connoteranno i loro incontri la notte di Natale, Charlot riuscirà a procrastinare la propria "fine", strappando ogni volta e per sei anni, le risate divertite e stupite della strana amica...
E così, in attesa di essere finalmente pronto all'ultimo grande viaggio, Charlot scrive una lunga e sincera lettera al figlioletto, Christopher, parlandogli di sè, della sua infanzia, delle sue origini come persona e come artista.
Attraverso una narrazione morbida, leggera e semplice, il lettore, mano nella mano con il piccolo "Vagabondo", attraversa insieme a lui il mondo, da Londra agli Stati Uniti, conoscendo i luoghi da lui frequentati, le persone da lui incontrate, i suoi successi, i fallimenti, i lavori in cui si è cimentato per poco o molto tempo.
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E così, dall'esperienza in un circo a quella come boxeur, tipografo, imbalsamatore..., Charlot ci accompagna lungo il corso della sua vita, avventurosa, densa di personaggi pittoreschi, alcuni buffi o malinconici, altri scorbutici o gentili, alcuni gretti, altri sensibili, ma ognuno capace di lasciare il proprio segno nella vita di questo piccolo omino coraggioso, testardo, deciso, forse non subito in grado di comprendere la propria strada e le proprie reali capacità, ma di certo volenteroso, desideroso di imparare, mettersi alla prova, prendere il buono da ogni esperienza.
Leggendo, attorno alla figura affascinante di Chaplin, il lettore viene immerso in una rete di fatti, situazioni e persone che, mescolando realtà e immaginazione, contribuiscono a farci conoscere un uomo che è stato annoverato tra i migliori attori di tutta la storia del cinema, un'icona del cinema muto, la cui produzione artistica, e allo stesso tempo la sua stessa esistenza, hanno fatto della comicità semplice e un po' malinconica, il fulcro di tutto e il mezzo per arrivare alla gente.
"Il trucco è sempre lo stesso:
fare in modo che qualcosa vada storto
e che il mondo appaia rovesciato, sottosopra.
(...)
è tutto il contrario di quando accade nella vita.
(...)
La comicità è mancina,come me....
Irride i ricchi, rimette le cose a posto, ripara le ingiustizie.
... chiude le porte ai prepotenti
e le fa aprire ai deboli e agli indifesi,
anche se solo per il lampo di un sorriso.
E quest'incredulità che ci riempie gli occhi di lacrime.
(...)
...suscitare il riso e le lacrime è stata la mia infantile protesta
contro la miseria, la malattia e il disprezzo,
e il mio rifiuto dell'odio e di tutte le forme sbagliate
che finiscono per governare le relazioni umane."
E la risata sarà fino alla fine la sua arma personale nella battaglia della vita e contro la Morte, "costretta" a cedere, con un sorriso spontaneo, dinanzi alla personalità naturalmente comica e buffa del Vagabondo, impresso nella mente di tutti noi con la sua bombetta in testa, il suo bastone in mano, le sue enormi e logore scarpe, i suoi pantaloni extra-large, la sua giacca stretta, i suoi baffetti neri e la sua faccia sveglia, intelligente ed espressiva, che ha saputo parlare meglio di quanto spesso si possa fare con le parole.
Un libro ben scritto, originale, capace di far vivere i suoi personaggi, come se davvero ci trovassimo al cinema o a teatro, a guardare una pellicola "antica" ma pure così capace di parlarci oggi, andando dritto al cuore del lettore/pubblico, che non può fare a meno di sorridere e di innamorarsi di Charlot come della altre "comparse" "perchè vede la fragilità prima della loro forza" e da questa ne viene immancabilmente attratto.
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz