venerdì 28 luglio 2017

"Occhio al libro": CRONACHE DELLA DISCORDIA di Francesco Marocco



Cari lettori, oggi desidero segnalarvi un romanzo che non ho ancora letto ma che vorrei leggere perchè ne sono rimasta molto incuriosita dopo aver preso parte alla presentazione dello stesso da parte dell'Autore, Francesco Marocco, nella libreria della mia città.

E' stato davvero interessante, oltre che divertente, apprendere i retroscena circa la genesi del romanzo, delle microstorie che danno corpo alla trama e di come esse, pur partendo parallelamente, si intersechino dando vita ad intrecci e avventure che sicuramente saranno vivaci e ricche d'impreviste; si è accennato anche ai diversi personaggi, alcuni più buffi, altri più positivi, con i quali il lettore è libero di simpatizzare e immedesimarsi.

Insomma, una presentazione dal clima simpatico, familiare, stimolante, alla quale sono felice di aver partecipato e che mi ha fatto conoscere un autore pugliese e il suo romanzo ambientato nel "profondo Sud" della nostra bella Italia.


CRONACHE DELLA DISCORDIA
di Francesco Marocco



Ed. Mondadori
La vita per gli abitanti degli attigui comuni di Paludazzo e Montesole ha una sola ragione: l'odio secolare e invincibile per il vicino.
Dimenticati dalla storia con la S maiuscola, abbandonati dalla geografia tra le grinze di un Meridione inaccessibile, i due paesini avrebbero potuto continuare a covare il loro rancore all'infinito se nei palazzi del potere romano qualcuno non avesse deciso di dare uno scossone alle loro vite.
Accorpati nel neonato municipio di Fiumesecco, i due comuni sono costretti a una forzata coabitazione, dalla quale devono tirar fuori l'elezione del primo sindaco unificato.
La vigilia del voto è agitata da un atavico terrore che serpeggia identico nei due paesini: finire sotto il giogo dell'odiato nemico, governati dal candidato dell'altro campanile.
Le elezioni tengono in ansia anche l'ambizioso e opportunista Primo Ministro, autore di un'epocale riforma elettorale.
Ma il granello di polvere capace di inceppare l'ingranaggio infallibile che lui ha messo a punto uscirà proprio dalle urne di Fiumesecco, portando presto i riflettori della nazione intera ad accendersi sulle vite, sui sogni e le disillusioni dei suoi abitanti.

L'autore.
Francesco Marocco è nato a Bari nel 1976. Architetto, ha insegnato progettazione del paesaggio nelle università di Valencia, Bari e Matera. Dal 2014 vive e lavora a New York. Il suo primo romanzo, Mai innamorarsi ad agosto (Fandango), è uscito nel 2012.


giovedì 27 luglio 2017

Recensione: IL RUMORE DELLE COSE CHE INIZIANO di Evita Greco



Una ragazza speciale, piena di insicurezze e timori ma anche dall'animo ricco e profondo; una nonna saggia e amorevole, capace di incoraggiare la propria nipotina sensibile. Una storia lieve e dolce come una "mattina di maggio, che se anche piove, ogni cosa è pronta a sbocciare. Che se anche piove, ogni cosa pare una promessa di un giorno di sole".



IL RUMORE DELLE COSE CHE INIZIANO
di Evita Greco



Ed. Rizzoli
328 pp
18 euro
ANTEPRIMA
 "...per distinguere le cose che finiscono da quelle che iniziano, aveva imparato a stare attenta. Aveva capito che le cose, quando finiscono, lo fanno in silenzio. Mentre quelle che iniziano fanno un rumore bellissimo."


Ada è una giovane donna, bella, dolce, tranquilla, la cui vita gira attorno alla cara nonna Teresa, con cui vive sin da bambina dopo che sua madre l’ha abbandonata.
Sapere di essere stata lasciata dalla mamma come un oggetto inutile e privo di valore, con cui non valga la pena trascorrere del tempo, al quale non serva dedicare affetto e attenzioni, è qualcosa che l’ha segnata profondamente: Ada bambina cresce col terrore che da un momento all’altro anche la nonna possa abbandonarla, non ritenendola più importante.
Ada cresce concentrata solo sulle cose che finiscono, sul rumore triste che fanno e sul dolore che esse producono nel suo cuore.
Fortunatamente accanto ha nonna Teresa, una signora dolce e piena d’amore, che comprende la fragilità di questa nipotina che si sente sola, oppressa dalla sensazione di valere meno degli altri, dal temperamento malinconico, insicuro, di chi teme di non essere accettata per ciò che è.
E davanti alla sua “piccina”, davanti alle sue paure di andare a scuola, di non saper vincere i propri limiti, nonna Teresa inventa un gioco: ogni volta che una cosa bella sembra finire, bisogna stare attenti e prestare attenzione ai rumori, anche ai più insignificanti, perchè di certo, da qualche parte, c’è qualcosa che sta per iniziare e Ada deve imparare a riconoscerne il rumore, per apprezzare le cose belle lasciando indietro quelle tristi.

Ada cresce così, stando attenta a tutto ciò che le capita, a gesti, parole, sguardi, sorrisi. Ai particolari, alle piccole cose che sfuggono spesso ai più, presi come sono dalle incombenze quotidiane; e invece Ada viene su come una pianticella diversa dalle altre, speciale: lei guarda il mondo con occhi diversi, con semplicità e allo stesso tempo con attenzione, per non lasciarsi sfuggire nulla.
Sin dalle prime pagine al lettore Ada sembra “un tipo strano”, di quelli che pare che vivano “al di fuori dalla realtà”, con la testa fra le nuvole, che camminano quasi sospese da terra, attraversando luoghi e persone con leggerezza, che però non è superficialità, tutt’altro: è una sorta di placidezza e di pazienza che permette di guardare il mondo e chi lo abita da un punto di vista differente, più sensibile, più genuino, spontaneo, quasi con lo sguardo incantato e puro di un bambino. E Ada è un’anima pura, incapace di far del male e di immaginare che qualcuno possa farne a lei. È una piccola anima da proteggere, in un mondo fatto di tradimenti, di addii improvvisi, di persone che se ne vanno voltandoti le spalle e sparendo dalla tua vita, dopo averti trattato come un gattino trovato per strada al quale si danno attenzioni temporanee, accondiscendenti, per poi, di punto in bianco, mollarlo lì dov’era.

È un mondo in cui spesso sembra che le cose che finiscono siano di più di quelle che iniziano.
E Ada deve fare i conti con una dura realtà: anche la salute e la vita della nonna possono finire.
Nonna Teresa non sta bene, si è ammalata e per diverso tempo è costretta a restare in ospedale per la terapia. Nei corridoi bianchi dei reparti la paura di restare sola è così forte da toglierle il respiro, ma se si guarda intorno, Ada vede che in realtà lei non è completamente sola: ci sono altre due persone che sono entrate pian piano nella sua vita: Giulia, un’infermiera scrupolosa che si è affezionata a Teresa, e Matteo, un uomo di poche parole, che le regala margherite e sa travolgerla, facendole scoprire la forza dell’amore e della passione.
Parlando con Giulia, confidandosi con lei, confrontandosi con le sue esperienze (è fidanzata da diversi anni e sta per sposarsi), con il suo modo più pratico e logico di vedere le cose e le persone, Ada ha modo di considerare la propria vita, se stessa, e di farsi delle domande anche sul proprio rapporto con Matteo, quest’uomo di cui si è innamorata e che le fa capire di volerle bene, che le dona un po’ di tenerezza e di svago in un periodo difficile com’è questo che sta vivendo, in cui di giorno in giorno aumenta la consapevolezza che presto la nonna la lascerà, e lei non sa come farà senza la persona più importante per lei, il suo unico punto di riferimento.

Eppure Matteo è strano, è enigmatico, sembra avere una doppia vita: quella che trascorre con lei, e un’altra di cui Ada è all’oscuro, ma che di certo c’è. E il giorno in cui lo scoprirà potrebbe portare con sé dolore, sfiducia, amarezza, delusione.

Ma è la vita, Ada, ed è inevitabile: le cose possono cambiare quando meno te l’aspetti, in meglio o in peggio, e tu devi essere pronta ad affrontarle con coraggio, senza perdere la fiducia e la speranza, senza perdere il sorriso e non smettendo mai di fare attenzione ma di cercare sempre una nuova promessa di felicità, perché spesso la felicità è già pronta per noi ma devi imparare a riconoscerne il rumore.


Ada è un personaggio particolare, che fa tenerezza, simpatia e che mette al lettore una gran voglia di proteggerla perché ha davvero delle fragilità, ma allo stesso tempo c’è qualcosa di forte in lei, forse proprio per la sua capacità di andare oltre, di non fermarsi all’apparenza ma di dare valore alle piccole cose.
Non solo, ma Ada mi è piaciuta perché mi son ritrovata moltissimo in tanti suoi aspetti del carattere: mi sono rivista nella sua insicurezza, nel timore di essere sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato, di 

“fare un passo indietro rispetto al mondo (…) Si sentiva d’intralcio. Per tutti. E per questo cercava il modo di occupare meno spazio che poteva”.

Simile a lei per la sensazione - non proprio piacevole - di essere vista e giudicata come 
“fuori dalla realtà” per certi modi di essere e pensare poco conformi alla massa; simile a lei per essere quel “genere di persona che passa molto tempo a immaginare conversazioni che forse non avverranno mai”.

“Il rumore delle cose che iniziano” è un romanzo delicato, scritto con tanta sensibilità, che mette in condizione il lettore di entrare in sintonia con la protagonista, di coglierne la bellezza, la genuinità, e questo raccontando una storia di per sé semplice, che avanza con un ritmo sempre costante e calmo, come lo è del resto Ada stessa. Si legge questo romanzo assaporando ogni parola e soffermandosi su si esse per riflettere, per lasciarsi stupire dalla verità spesso contenuta nei piccoli ma preziosi aspetti che caratterizzano il nostro quotidiano, nei gesti compiuti meccanicamente ogni giorno e che dicono tanto di noi, nei nostri sorrisi, negli sguardi che ci legano a qualcuno nei cui occhi, inspiegabilmente, ci specchiamo, ritrovando un pezzettino di noi: tutte quelle cose alle quali non facciamo quasi mai attenzione perché la vita è un correre continuo ma che, se solo ci fermassimo a guardarle davvero, l’arricchirebbero.

Ho apprezzato moltissimo la scrittura aggraziata, armoniosa dell'Autrice, che dà voce a ciò che è dentro di noi attraverso Ada - dalla personalità semplice e complessa insieme - e attraverso nonna Teresa, che dà l’impressione di una quercia secolare dal tronco grosso e forte, al quale ci si può aggrappare, e dal fogliame rigoglioso e fitto, sotto al quale ci si può rifugiare. Una “nonna Teresa” ci vorrebbe per ciascuno di noi, per incoraggiarci a non perdere la fiducia, a non dare nulla per scontato e a credere che lì dove sembra che una porta si stia chiudendo, altre se ne apriranno, pronte a donarci nuove possibilità. Basta avere pazienza e fare attenzione per sentire il rumore delle cose che iniziano.

Consigliato, in particolare a chi ama storie e modi di scrivere che, pur passandoci accanto con la leggerezza ipnotica di una piuma portata via dal vento, riescono a scavare in profondità e lasciarci piccoli ma importanti insegnamenti.

mercoledì 26 luglio 2017

Citazioni d'Autore (Fore morra)



Citazione riportata da Diego Di Dio in "Fore morra":


«Sono io la morte e porto corona, 
io son di tutti voi signora e padrona
e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare 
e dell’oscura morte al passo andare.» 

Angelo Branduardi, Ballo in fa diesis minore




"Iscrizione in fronte a un libro o scritto qualsiasi, per dedica o ricordo; più particolarm.,
citazione di un passo d’autore o di opera illustre che si pone in testa
a uno scritto per confermare con parole autorevoli quanto si sta per dire


lunedì 24 luglio 2017

Recensione: L’AMORE, QUANDO TUTTO E’ PERDUTO di Isabelle Autissier (RC2017)



Cosa faresti se ti trovassi naufrago su un’isola sperduta, in cui non c’è ombra di insediamento umano, circondato soltanto da una natura incantevole e selvaggia, popolata esclusivamente da pinguini, topi, otarie, uccelli? Pensi che riusciresti a tirar fuori tutto il meglio del tuo istinto di sopravvivenza e, proprio come un moderno Robinson Crusoe, trovare soluzioni per non morire di fame?

Questa è la storia di una coppia innamorata che si ritrova, dall'oggi al domani, sola su un’isola deserta. Riuscirà a sopravvivere? Cosa li aiuterà a non soccombere?


L’AMORE, QUANDO TUTTO E’ PERDUTO
di Isabelle Autissier

Ed. Rizzoli
trad. M. Ferrara
205 pp
17 euro
2016
Ludovic e Louise sono una coppia parigina, e più different caratterialmente tra loro non potrebbero essere: lui adora andare in barca a vela, lei scalare montagne. Lui è un giovanotto forte, dal fisico atletico, la cui esistenza finora si è caratterizzata per un'esuberante joie de vivre, spensieratezza e un pizzico di follia; lei è una ragazza assennata, ragionevole, riservata, da sempre chiamata “la piccola” sia per il fisico minuto sia per il carattere schivo, di chi non ama mettersi in mostra ma vive sempre all’ombra; eppure Louise è solo all’apparenza fragile: in realtà dentro di lei arde un fuoco, che il fidanzato ha imparato a conoscere e ad amare, e che emergerà nei momenti difficili con una tale intensità da spiazzarla.
I due sono accomunati da un forte spirito dinamico e avventuroso e così decidono di intraprendere una vacanza in barca a vela, concedendosi un anno di libertà prima di mettere su famiglia. Un’occasione per dare uno scossone ad una vita che sta diventando troppo piatta e abitudinaria, troppo comoda e priva di emozioni forti.

Mentre sono in mare, su insistenza di Ludovic - e senza l’approvazione di Louise - cambiano piano di navigazione e finiscono per commettere un’infrazione sbarcando sull’isola deserta di Stromness (al largo di Capo Horn), per una visitina in questo posto sperduto e pieno di fascino naturale: in realtà è proibito visitare l’isola per ragioni naturalistiche: lì vivono specie animali protette, in particolare i pinguini reali, ed è un posto frequentato, nella bella stagione, solo da membri della comunità scientifica per ragioni di ricerca, proprio a motivo della bellezza dei paesaggi e per la fauna specifica del posto.
A causa di un errore di valutazione e di un’improvvisa tempesta, una volta sbarcati sull’isola, la loro barca sparisce e affonda tra le onde del mare agitato, così i due si ritrovano soli, in mezzo ad una natura selvaggia, abbagliante per la sua bellezza, in cui però, a un primo sguardo, non pare esserci molto per loro, per sopravvivere.

Colti da sentimenti di impotenza, angoscia, paura, smarrimento, Ludovic e Louise in un primo momento non sanno che fare, ma poi il ragazzo cerca di scrollarsi di dosso ogni (legittima) inquietudine, e lo scoramento che ne consegue, per ragionare su cosa e come fare per resistere fino a quando qualcuno passerà di lì e li porterà a casa.

Perché sicuramente qualcuno - soprattutto i ricercatori - verrà a farsi un giro sull’isoletta e si accorgerà di loro, e li riporterà nella civiltà moderna, al caldo nei loro letti, al sicuro nella loro cucina, con davanti cibo e ogni cosa di cui hanno bisogno e alla quale sono abituati
.

Ma per adesso sono sull’aspra Stromness e devono vedere cosa inventarsi per non morire di fame e, eventualmente dovessero passarvi l’inverno, di freddo…
Col passare di ore, giorni, settimane…, Louise e Ludovic capiscono che devono tirar fuori tutto il coraggio, la pazienza, la lucidità e le proprie capacità di adattamento di cui sono forniti, mettendo in pratica ciò che sanno ma anche imparando cose decisamente nuove.

Immaginiamoci al loro posto: è traumatico solo pensare di passare da una vita “normale”, fatta di agi e comodità, ad un’altra in cui devi immedesimarti negli uomini primitivi, che solo con ciò che la natura offriva riuscivano a cacciare, scaldarsi, coprirsi, sfamarsi…
Ci si trova soli di punto in bianco; dall’aver tutto al non aver nulla; dall’essere circondati e ossessionati da mezzi di comunicazione che ti mettono in contatto con ogni parte del mondo in tempo reale… all’isolamento più totale.
Di quale capacità, gesti, intuizioni… l’uomo moderno deve reimpossessarsi per non soccombere in una realtà che è sufficiente a se stessa e ai suoi legittimi abitanti, ma che può rivelarsi nemica dell’uomo, che rappresenta un intruso? 

Luoise e Ludovic scopriranno, con loro sorpresa, di saper vivere anche in una situazione estrema come quella, scuoiando pinguini, costruendo baracche di fortuna per ripararsi…, ma soprattutto capiranno che per restare vivi hanno bisogno di essere uniti.
Certo non è semplice, perché la paura di morire lì, con il corpo rinsecchito dalla fame e dal freddo, magari rosicchiato dai topolini…, c’è ed è ragionevole; per non parlare del fatto che Louise attribuisce alle idee strampalate di Ludo questa disgrazia:

“…la paura si trasforma in collera. Litigano come se niente fosse, come se fossero comodamente seduti sul divano. Louise è colta da un senso di angoscia. Non soltanto sono abbandonati lì, senza casa, senza un tetto, ma sono condannati l’uno all’altra, l’uno alla compagnia dell’altra, l’uno contro l’altra. Quale coppia resisterebbe a una reclusione del genere?".

Eppure loro si amano e anche tanto! Si sono scelti, dopotutto, no? Il loro amore è forte e supereranno insieme questa prova, e un domani, al sicuro nella loro casa, ne parleranno e ne rideranno insieme…:

“Finchè saranno insieme, il loro amore li sosterrà, li proteggerà. Sta in questo la loro forza: un uomo e una donna, insieme contro le migliaia di chilometri di deserto liquido, contro la solitudine, contro la morte.”.

E se l’amore non bastasse? L’amore è in grado di resistere a tutto o il desiderio di vivere e la paura di morire potrebbero essere più forti, tanto da avere il sopravvento sulla solidarietà, sull’amore, sull’altruismo…?
Pur di non morire di fame e freddo, cosa è disposta a fare una persona disperata? Quale prezzo è disposta a pagare?


Considerazioni.

L’Autrice, con una scrittura estremamente asciutta, sobria, ci racconta la terribile esperienza della coppia su quest’isola, i loro tentativi per resistere, per non soccombere alla fame, al freddo e ancor più allo scoraggiamento, alla paura che nessuno venga a salvarli e che le loro giovani esistenze si spegneranno lì, lontano da tutto e tutti.

“L’amore, quando tutto è perduto” è la storia di un amore costretto a fronteggiare condizioni di vita al limite, in cui si è costretti a far emergere quella parte di sé antica, “primordiale”, selvaggia, necessaria per fronteggiare una natura che in sè non è ostile all’uomo ma può diventarlo perché è tanto satura e sufficiente a se stessa da non andare necessariamente incontro alle necessità dell’essere umano, in quanto... non è tenuta a farlo! È l’uomo che deve adattarsi a lei, ai suoi tempi, ai suoi ritmi, alle sue peculiarità, ai suoi abitanti.
È la storia tragica di come questo amore possa non bastare per restare uniti e trovare l’uno nell’altra la forza per non mollare.

La narrazione procede attraverso un punto di vista esterno molto realista e razionale, che ci restituisce una sorta di cronaca di quest’avventura fuori dall’ordinario; la scarsità di dialoghi tra i due naufraghi, il racconto distaccato dei loro gesti, delle parole, dei pensieri, degli stati d’animo, mi ha dato una sensazione di freddezza e ho trovato inizialmente difficoltà a empatizzare con i personaggi; non riuscivo ad emozionarmi.

In realtà, andando avanti nella lettura e familiarizzando con lo stile narrativo dell’Autrice - spigoloso, molto realistico, accurato circa gli aspetti naturalistici e pratici, ma meno intenso per quanto riguardava le emozioni -, ho capito che in realtà esso riusciva efficacemente a rendere la cruda drammaticità della situazione, perché il narratore esterno conferisce la lucidità necessaria al racconto, dando al lettore la facoltà di valutare, riflettere, forse anche giudicare le azioni e le scelte dei protagonisti.

Sì, perché questo libro è anche la storia di una donna che ha saputo uscire da un incubo, e che una volta fuori si ritrova sola con se stessa, con i propri sensi di colpa e rimorsi, travolta dall’interesse morboso, da parte della società, per l’avventura vissuta, per la sua eroicità. È anche una storia di rinascita: da un passato di cui non si va fieri, da scelte discutibili, da un dolore e da una cicatrice profondi che mai guariranno e con i quali bisogna imparare a convivere, se si vuol essere davvero liberi.

Un romanzo con una storia forte, d’impatto, dove l’avventura si mescola con l’elemento drammatico; un racconto che procede come una sequenza di scatti fotografici che immortalano la natura, i gesti, i pensieri e le parole dei protagonisti senza didascalie e “morale della favola”; al lettore la decisione di immedesimarsi, di immaginare se stesso al posto di Ludovic e Louise, mettendo da parte i giudizi morali espressi con troppa facilità e che potrebbero non tener conto della straordinarietà di determinate circostanze che  i personaggi hanno dovuto, loro malgrado, attraversare.

Consigliato; è un romanzo che ci scorre davanti come un film, concreto e pratico come la sua Autrice, la prima donna ad aver fatto il giro del mondo in barca a vela sola soletta.





Obiettivo n.33 - Un libro ambientato su un’isola

Frammenti da... sovrana lettrice



Piccoli ma significativi passaggi tratti da "La sovrana lettrice":

" Stava anche scoprendo che un libro tira l’altro; ovunque si voltava si aprivano nuove porte e le giornate erano sempre troppo corte per leggere quanto avrebbe voluto."


"«Passare il tempo?» esclamò la regina. «I libri non sono un passatempo. Parlano di altre vite. Di altri mondi."


"Leggere le dava una sensazione simile: la gioia dell’anonimato; della condivisione; della normalità. Lei, che aveva vissuto una vita diversa dalle altre, scopriva di avere un estremo bisogno di tutto questo. Fra le pagine e dentro le copertine poteva passare inosservata."

"Un libro è un ordigno per infiammare l’immaginazione".

" Ma per lei non c’era niente di più serio e nutriva per la lettura gli stessi sentimenti che certi hanno per la scrittura: era impossibile rinunciarvi e per lei, in quella fase della sua vita, era come una missione. È vero che all’inizio leggeva con trepidazione e un certo nervosismo. Si perdeva di fronte all’infinita quantità dei libri e non appunti erano venuti dopo; leggeva sempre con una matita a portata di mano, non per riassumere quello che leggeva ma solo per trascrivere i passaggi che l’avevano colpita. Fu solo dopo un anno di letture e di appunti che Sua Maestà si azzardò ad annotare un pensiero tutto suo. «La letteratura» scrisse «mi appare come un vasto paese dai confini remoti, verso i quali mi sono diretta ma che non mi sarà mai dato raggiungere. E ho cominciato troppo tardi. Non potrò mai recuperare»."

domenica 23 luglio 2017

Recensione: LA SOVRANA LETTRICE di Alan Bennett



Un libro molto breve ma delizioso per la sottile e piacevole ironia che lo attraversa e con la quale l'Autore ci offre il ritratto di una regina Elisabetta in veste di "lettrice accanita", che in età avanzata trova nella letteratura una valida "compagna di viaggio".


LA SOVRANA LETTRICE
di Alan Bennett


The Uncommon reader 
Ed. Adelphi
95 pp
2007
Quasi per caso e sulla soglia della veneranda età degli 80 anni, la regina d'Inghilterra, Elisabetta II, fa una scoperta che le cambierà (in meglio!) l'esistenza: i libri, la letteratura.
Cosa c'è di singolare e inopportuno nell'avere la passione per la lettura? Nulla!
Ma se a scoprire d'improvviso quest'hobby e a volerlo coltivare come, dove e quando vuole è niente meno che la sovrana inglese... e beh, forse qualcosa di strano potrebbe esserci.
E sì, perchè una regina non può dedicarsi anima e corpo ad un'attività che, per quanto apparentemente innocua, non è però in sintonia col suo ruolo istituzionale.
Un sovrano ha ben altre (ed alte) incombenze di cui impicciarsi, altro che ficcare (letteralmente) il naso tra le pagine di un volume preso dalla biblioteca degli Windsor e "perdere" il proprio tempo a leggere, leggere e ancora leggere...
Ma leggere cosa e chi, poi?
Tutti i funzionari vicini alla casa reale, tra cui il primo ministro, sono esterrefatti: la regina ha preso questo viziaccio - al quale ha contribuito un ragazzotto poco colto e bruttino, impegnato in cucina, che a sua volta ha la passione per la lettura - di punto in bianco e adesso non pensa che ai libri che sta leggendo o a quelli che ha intenzione di leggere, col risultato che ovunque va, tiene sempre un libro in borsetta, per emergenza, nel caso ci fossero dei "tempi morti" durante le uscite ufficiali, che lei puntualmente riempie a suon di pagine scritte.
E come se ciò non fosse sufficiente, s'è messa in testa pure di condividere le sue letture con chi la circonda, arrivando a chiedere a chicchessia se ama leggere, cosa legge di solito e se ha mai letto quel tale libro e quel tale autore...

Insomma, una follia! Una cosa oltremodo imbarazzante!!
L'austera sovrana, nota per essere un tipo discreto e riservato, poco propensa alle chiacchiere, dal volto tendente più al serioso che al gioioso, si è scoperta lettrice compulsiva dall'oggi al domani, e non ha alcuna intenzione di tener nascosta questa sua bizzarra passione che pian piano sembra alienarla dalla realtà di corte, renderla distratta verso l'etichetta, insofferente verso gli impegni istituzionali..., tanto da mettere in allarme tutti circa la salute dell'anziana regina: ma non è che sotto sotto sta cominciando a perdere qualche venerdì? Un inizio di Alzheimer, magari?

Ma non sanno quanto si sbagliano coloro che malignamente ridacchiano e scuotono il capo davanti all'amore, scoperto troppo tardi (e per questo Elisabetta prova rimpianto), per la letteratura, che le sta aprendo la via verso la comprensione di un mondo interiore che mai fino ad ora ella aveva esplorato.
Sì perchè leggere ha tanti benefici, tra cui quello di maturare una maggiore empatia, una più spiccata sensibilità verso chi ci è intorno, verso i loro pensieri, stati d'animo; la regina scopre la bellezza di prendere appunti, di riflettere, di fare considerazioni su cose semplici ma non per questo sciocche, alle quali non aveva mai davvero pensato.
Insomma, leggere arricchisce e inevitabilmente cambia il lettore appassionato, e questa graduale metamorfosi coinvolge anche la "sovrana lettrice", che - infischiandosene della perplessità della corte, delle reazioni seccate e falsamente accondiscendenti del primo ministro e degli altri funzionari - comincia a mostrare un atteggiamento più aperto ma anche sorprendentemente ironico, critico, provocatorio.
La lettura sta offrendo alla regina l'opportunità di essere ciò che finora ha dovuto mettere da parte per adempiere rigidamente un ruolo deciso dalla storia, dalle regole della monarchia: un essere umano.

Sarà lasciata libera di coltivare questa passione senza essere ostacolata dal proprio ruolo e da ciò che gli altri si aspettano da lei?

L'epilogo stupisce il lettore per l'originalità e la simpatia, ma in realtà è tutto il libro a stupirci per lo stile e la classe con cui è scritto: in poche pagine Bennett sfodera tutto l'umorismo britannico di cui è capace, la sua sagacia, la sua verve per parlarci di un personaggio non inventato - e non uno qualunque! -, unendo l'elemento reale con quello verosimile e/ fittizio per mostrarci come i libri siano strumenti potenti, al pari di "un ordigno" capace di "infiammare l’immaginazione”.
E' una lettura che sembra una pièce teatrale, piacevolissima, che strappa sorrisi e dà un pizzico di buon umore; non solo, ma mi ha fatto sentire - almeno su carta e "per gioco" - vicina alla regina lettrice, perchè anche lei (tra le altre cose) va a sbattere contro l'indifferenza e la perplessità di chi proprio si ostina a non voler capire perchè un lettore ami i libri tanto da tenerne uno sempre a portata di mano per non rischiare di restarne senza in determinati momenti della giornata.
Elisabetta, una di noi!, viene da pensare leggendo questo scritto di Bennett, consigliato e ideale come lettura estiva perchè, pur essendo non impegnativa e veloce, è tutt'altro che banale, anzi offre diversi spunti di riflessione.



sabato 22 luglio 2017

Frammenti di letture




"Com'era in realtà Auschwitz?
Che domanda. Come si faceva a rispondere? Fango. Melma. Non un filo d'erba. Terra senza alberi. Un'infinità di baracche. Corpi emaciati. Denti sporgenti. Occhi infossati. Latrati di cani. Mengele. Sorveglianti ucraine. Impiccagioni. Appello all'alba. Noma".


"...Miriam non era lì, le erano spuntate le ali sulla schiena, era diventata un uccello, un uccellino azzurro che poteva levarsi in alto e lo fece subito, e quando fu al di sopra del campo vide che sarebbe venuta fuori una giornata bellissima, e laggiù in lontananza stava arrivando un altro uccellino ed era Didi. Era diventato un uccello anche lui! Che fortuna! Avrebbero potuto volare insieme... Volare lontano. In un bosco da qualche parte".


"...questi sono i presupposti della vita. Siamo destinati a perdere tutto, anche le persone che hanno più importanza per noi. E per questo non tenta più di trattenere il pianto...".

- tratto da IO NON MI CHIAMO MIRIAM, di M. Axelsson - 




"Le idee arrivano e basta. Certe volte se ne vanno e certe altre attecchiscono. Come le piante. E come le piante crescono e crescono. Hanno vita propria".


"Ricordare fa male?
Da morire, - risposi (...) E' come un animale feroce che se ne sta nascosto dentro di me (...). E morde. Sempre. Forse un giorno riuscirò a mettergli guinzaglio e museruola. Ammaestrarlo. Tornare ad avere solo giorni buoni.".

- tratto da LA SOSTANZA DEL MALE di L.D'Andrea - 
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