mercoledì 12 giugno 2019

Frammenti di lettura (...e di lettori!)



I lettori... secondo Covacich (da "Di chi è questo cuore"):



"In treno, attraversando le carrozze in direzione del bar, conto quanti hanno un libro in mano. Persone che leggono. Uomini, più spesso donne, che giocano con una ciocca di capelli o mordicchiano il tappo della penna immersi in una pratica mentale diventata così esoterica da apparire quasi ostile. I diversi. Stanno lì, in mezzo agli altri, ma seguono una voce silenziosa che produce una sequenza di immagini vivaci, tridimensionali, eppure presenti solo nel loro cervello, quindi non immediatamente condivisibili, a meno che uno non decida di parlarne col vicino di posto, ma chi mai si sognerebbe di rivolgere la parola a qualcuno?
(...) Ma sono per forza strani i lettori? Sono diventati strani a suon di leggere o sono finiti tra i libri a causa di una stranezza originaria?"

martedì 11 giugno 2019

Recensione: L'ARTE DI DIRSI ADDIO di Rebecca Connell



L’amore è qualcosa di talmente impetuoso da stravolgere le vite non solo di chi si abbandona a una storia di passione, ma anche di coloro che sono attorno ai due amanti: è ciò che succede tra Nicholas e Lydia, innamorati nonostante la ragione imponga loro di allontanarsi l’uno dalle braccia dell’altra.



L’ARTE DI DIRSI ADDIO
di Rebecca Connell


Ed. Einaudi
262 pp
Louise ha 23 anni ed è stata cresciuta da suo padre, il professor Martin; la madre, Lydia, è morta quando lei era solo una bimbetta di cinque anni, la ragazza se ne ricorda appena ma fin da piccola ha imparato a conoscere ed amare questa mamma scomparsa troppo presto la cui memoria è sempre stata viva grazie ai racconti di suo padre, che ha molto amato la giovane moglie.

Louise sa che la sua bellissima mamma era molto giovane quando un incidente in auto se l’è portata via e in lei, nel tempo, si è annidato un pensiero, che sta per tramutarsi in un piano ben preciso: andare a fondo circa cosa sia davvero successo a sua madre, quali dinamiche hanno condotto a quel brutto e fatale incidente automobilistico in cui Lydia perse la vita.

Improvvisandosi, in un certo senso, investigatrice, Louise decide di seguire l’unica traccia in suo possesso: una traccia che parte a ventitré anni prima e che conduce a un uomo, Nicholas, uno stimato professore universitario con il quale la madre aveva avuto una impetuosa storia d'amore clandestina.

Come fare per approcciarlo, visto che egli le è quasi completamente estraneo? Cosa ha intenzione di fare, se mai riuscisse ad avvicinarlo e a rivelargli la propria identità?

Convinta che lui possa aver inciso sul tragico destino della mamma, Luoise sente montare in sé tanta rabbia, risentimento, desiderio di vendetta verso quest’uomo meschino.

Ciò che però non ha messo in conto è che la vita spesso fa certe sorprese inaspettate, che scombinano tutti i piani…

Per raggiungere il proprio scopo, Louise entra nell’ambiente universitario, comincia a frequentare le lezioni di Nicholas e conosce un ragazzo, Adam.

Lui, che è di poco più giovane, comincia a corteggiarla e, quando Louise - che si presenta col nome della madre, Lydia - apprende che - coincidenza! - Adam è nientemeno che il figlio del professore…, cerca di aprirsi un varco nella famiglia di lui, così da potersi avvicinare a colui che è stato l’amante della madre.

Traspare da subito come Louise sia talmente ossessionata dalla sete di verità (e vendetta?) da assumere il nome della madre, Lydia, quasi a volersi fondere con lei, col suo ricordo. È un tipo schivo, riservato, diffidente, non ha molti amici, tende a isolarsi, è emotivamente molto fragile e il suo pensiero è fisso verso quella madre bionda e bella che però ha fatto scelte discutibili. Forse le cose sarebbero andate diversamente se non avesse conosciuto e amato quel Nicholas? Louise ne è convinta ed è decisa ad andare avanti con il suo piano: conoscere la famiglia di Adam - con cui sta nascendo una certa attrazione -, e quindi la madre Naomi e il papà Nicholas…, l’uomo che, secondo Louise, ha reso infelice il matrimonio dei suoi genitori.

La narrazione si sviluppa secondo due prospettive: quella di Louise, le cui vicende sono collocate nel presente (2007), e quella di Nicholas, che racconta ciò che è accaduto prima, nel 1983 e nel 1989, per poi, alla fine, avere il racconto dello stesso Nicholas ma nel 2007.

È interessante come il racconto del presente, affidato alla ragazza, sia narrato a volte in prima persona, a volte in terza, come se la stessa Louise si guardasse dall’esterno mentre porta avanti la propria personale missione e “gioca” ad essere ciò che non lo è; infatti, Louise/Lydia racconta una montagna di bugie per poter avvicinarsi a Nicholas, aspettando il momento opportuno per svelargli di essere la figlia della sua amante perduta.

Quella di Nicholas sembra una famiglia felice: benestanti, marito e moglie ancora affascinanti e innamorati, una bella casa, un figlio al college… Quanto di vero c’è in questa felicità perfetta? Naomi sa del tradimento del marito, avvenuto anni prima: perché l’ha perdonato? Com’è possibile che un uomo del genere possa essere felice e soddisfatto quando invece la povera Lydia giace sotto terra? Cosa è successo venti anni prima tra i due amanti?

A raccontarcelo è ovviamente Nicholas, dal quale apprendiamo gli esordi della storia d’amore con Lydia, il colpo di fulmine che li ha travolti nonostante lei fosse già da sei mesi sposata con Martin.

Il buon Martin, un professore delle superiori di diversi anni più grande della giovanissima moglie, che lui venera come una dea e il cui amore è per lui un privilegio.

Similmente a Luoise nel presente - che “usa” Adam per conoscere il di lui genitore -, così Nicholas, da giovane, ha cercato di accostarsi alla bella Lydia attraverso l’amicizia con Martin: inganni, ipocrisia, falsi sorrisi e pacche sulle spalle nascondono il desiderio di soffiare la moglie all’altro.

Lydia e Nicholas si lasciano andare alla passione clandestina e vivono mesi d’amore, senza freni; lui, che è libero, vorrebbe da lei molto di più, ma Lydia non ce la fa a lasciare il marito e tra i due finisce così, senza rimpianti.

Finchè sei anni dopo si ritrovano, quasi per caso: abitano nella stessa città e anche Nicholas intanto si è sposato con la solare e bella Naomi, che lo ha reso padre del piccolo Adam; anche Lydia e Martin hanno una bella bimba, Louise…

Ora che entrambi hanno una famiglia da custodire, si abbandoneranno nuovamente all’ardore che sentono scoppiare nel corpo e nel cuore al solo essersi rivisti o saranno razionali e onesti verso i propri coniugi?

La risposta non può che essere affermativa, perché il loro amore è di quelli che non possono essere messi a tacere, rinchiusi nel buon senso, ma che chiedono a gran voce di essere vissuti.

Ma ad ogni decisione presa corrispondono necessariamente delle conseguenze, prima fra tutte la concreta possibilità di rovinare i rispettivi matrimoni rivelando (o lasciando che venga scoperta) la tresca.

Lydia e Nicholas sono pronti a voltare le spalle alle loro famiglie per buttarsi anima e corpo in questa storia d’amore che sembra non avere futuro?

“L’arte di dirsi addio” è un romanzo che ruota attorno al potere della seduzione, alla sensualità, a lasciarsi andare ai sensi e ai sentimenti perché solo così ci si sente vivi, si è se stessi.

Nicholas e Lydia non sono due adolescenti in preda a tempeste ormonali, sono comunque due adulti che si amano, e come non trovano il coraggio di lasciare ognuno il proprio partner, soprattutto perché ci sono dei figli in mezzo, che ne soffrirebbero; al contempo, così non vogliono neppure rinunciare l’uno all’altra.

Eppure, che piaccia o meno, non si può mantenere il piede in due staffe per sempre e, se loro due non hanno il coraggio di scegliere, sarà il destino a pensarci, e lo farà in maniera poco delicata, lasciando dietro sé una scia di sensi di colpa, rimpianti, risentimenti, dolore, perdita.

Intanto, Louise, parlando con Nicholas, lo vede per quello che è, e verrà a conoscenza di alcuni brandelli di storia dai quali intuirà parte della verità sulla madre, sulla natura ambigua dell'amore, e anche su se stessa.

Un romanzo pieno di passione e sensualità ma anche di dubbi, bugie, amarezza, perdono e, non ultimo, dell’urgente bisogno di chiudere un cerchio, di mettere la parola fine (o meglio, “addio”) a tutto quel turbinio di pensieri e ossessioni che negli anni hanno provocato solo sofferenza, e che a un certo punto va risolto, per evitare di affogarci dentro.

L’Autrice ci parla di una storia d’amore travolgente e, in un certo senso, fatale, un sentimento che non può non essere vissuto perché è qualcosa di dirompente; ma è anche una storia di un doppio tradimento, portato avanti clandestinamente e in bilico tra il brivido di eccitazione e il senso di colpa che si prova quando non si è onesti con chi ci ama.

Interessante la duplice prospettiva femminile e maschile; ho apprezzato molto come sono stati delineati i personaggi dal punto di vista psicologico.

Direi che è una lettura adatta in particolare alle anime romantiche e a chi è alla ricerca di emozioni intense che mettono a nudo le fragilità, le contraddizioni, gli stati d’animo tanto dell’uomo quanto della donna di fronte a quel grande mistero che è l'Amore, che rende ugualmente e ineluttabilmente vulnerabili.

lunedì 10 giugno 2019

Recensione: ADDIO FANTASMI di Nadia Terranova



Un libro intenso, carico di introspezione, che racconta una storia delicata e forte insieme, in cui la protagonista, tra macerie e calcinacci materiali e interiori, e le ombre di un passato che ruota attorno all'ingombrante assenza di un padre scomparso, deve confrontarsi con i propri fantasmi, le proprie fragilità e la necessità di una ristrutturazione di se stessa e del proprio futuro


ADDIO FANTASMI
di Nadia Terranova



Ed. Einaudi
208 pp
17 euro
Ida Laquidara ha trentasei anni, vive a Roma col marito Pietro, con cui è sposata da dieci anni, e quando sua madre la chiama, chiedendole di tornare a Messina perchè il tetto della loro casa sta lì lì per crollarle addosso e c'è tanta roba da buttare, la donna parte e raggiunge la casa e i luoghi natii.

E' un viaggio dentro quelle stanze tra le quali è nata e cresciuta, e tra quelle spoglie mura, attualmente impolverate e sporche di calcinacci, la sua vita è rimasta ferma, incagliata, mozzata.

Ida è scostante e fredda verso sua madre, insofferente verso la pretesa di coinvolgerla nelle ricostruzioni della vecchia e umida abitazione (che la donna è intenzionata a vendere) dalla quale è fuggita anni fa per provare a scrollarsi di dosso la tristezza di una perdita mai elaborata; fuga che però ha funzionato a metà, visto che in lei, nel suo cuore, continua a persistere una sorta di timore ad aprirsi completamente agli altri.

Ida è una donna irrisolta e a complicare i suoi rapporti con la mamma c'è il dolore per un fatto drammatico capitato ventitrè anni prima, quando suo padre Sebastiano è scomparso. Non è morto, il suo corpo non è mai stato ritrovato, nè vivo nè cadavere: semplicemente una mattina è andato via e non è piú tornato.

La protagonista, nonché voce narrante, tornata nella sua vecchia casa, inevitabilmente si guarda non solo attorno, con lo sguardo fisso sugli oggetti che le sono appartenuti - sembra un'altra vita! -, ma ancor di più sul passato, anche perchè è lì che la sua mente e il suo cuore sono ancorati.

Sua madre vorrebbe che la figlia si occupasse in prima persona dei lavori di ristrutturazione e le chiede di controllare tutte quelle cose che vuol conservare e quelle di cui invece vuol disfarsi; Ida, pigramente e di mala voglia, obbedisce ma sa già che c'è solo un oggetto cui tiene e che le preme ritrovare, prima che sua madre possa buttarlo: una scatoletta di ferro rossa.
Cosa c'è lì dentro di tanto importante? Perchè desidera conservarlo?

Ida è costretta a fare i conti con il proprio passato, il proprio dolore, con il trauma che l’ha segnata quando era solo una ragazzina di tredici anni: perchè lei, la scomparsa improvvisa e inspiegabile del padre, non l'ha mai superata, è un fardello sul cuore che si porta dietro da anni, che l'ha resa monca, "marchiata", come se nella sua famiglia e in lei stessa ci fosse un'anomalia, una macchia di vergogna indelebile, che non è stato possibile eliminare.

Perché davanti alla morte, uno alla fine trova consolazione, si rassegna, continua sì a soffrire ma quanto meno ha un corpo da piangere, una lapide da visitare, un lutto da affrontare e rielaborare.
Ma suo padre...? Non sapendo cosa gli sia accaduto e perchè se ne sia andato, Ida e sua madre hanno dovuto accettare impotenti una scelta fatta dall'uomo senza fornire spiegazioni e convivere con mille perplessità, domande, sensi di colpa.

Benchè fosse una ragazzina, Ida ricorda come stesse suo padre prima di lasciarle: abbandonato il lavoro di professore delle superiori, era caduto in depressione; farmaci, lunghi giorni trascorsi a letto, mancanza di stimoli e di voglia di vivere, silenzi...
La malattia ha tolto a Ida un padre affettuoso e attento, sia quando era ancora in casa e lei si prendeva cura dell'uomo, ormai chiuso in se stesso, sia successivamente, quando l'ha perso perchè se n'è andato.

E di quella scelta paterna, portatrice di tanta sofferenza, rabbia e solitudine, Ida ha sempre incolpato sua madre, che probabilmente non è stata capace di trattenere il marito, di amarlo come meritava.

E infatti, anni e anni dopo, quando ormai è una donna adulta, tra madre e figlia c'è un muro di incomunicabilità, vacillando tra silenzi feroci e scambi di battute caustiche, entrambi carichi di rancore.

E se c'è una cosa che suo malgrado Ida ha imparato a praticare è l'arte del silenzio; la scomparsa del padre ha aperto una voragine di dolore inespresso e di solitudine incolmabile, una cappa di infelicità resa rumorosa dal grande assente, da questo padre mai morto, rimasto come eternamente sospeso nei ricordi di un passato lontano, che se in certi momenti torna vivido nella mente di Ida, riempiendola di una nostalgia dolce-amara, in altri ella pare addirittura dubitare che quel padre sia mai esistito, che sia mai esistita quella bimba che orgogliosa andava sui pattini a rotelle che proprio il genitore le aveva regalato.

Crescendo, il dolore per l'assenza non la lascia, anzi lo ritroviamo nella sua nuova vita a Roma; scappando da una famiglia monca e piena di silenzi, Ida questi modi di essere se li è portati dietro e hanno condizionato anche la sua relazione con il marito Pietro, per lei salvezza e naufragio insieme.
La paura di poter affidare la propria vita e la propria felicità nella mani di qualcuno, che da un giorno all'altro potrebbe andarsene e non tornare più, l'ha spinta a fondare la propria relazione sentimentale sulla distanza, sull'evitare il pieno coinvolgimento, anche sul piano fisico oltre che emozionale.
Pietro c'è e per lei è un porto sicuro, una presenza rassicurante, colui che si prende cura di lei, ma al contempo al loro matrimonio è come se mancasse qualcosa...

"Cosí era avvenuto che amasse me e soltanto me, e che quell’amore, anziché accudire, ferisse."

Anche sul fronte del lavoro, qualcosa dell'angoscia accumulata, dei fantasmi che l'hanno seguita da quella casa piena di povere e rovine, s'è riversata inesorabilmente portandola a cercare nella scrittura e nell'invenzione di storie (che vengono lette in radio) un modo per sopravvivere, per evitare il naufragio:

"Nelle mie finte storie vere mettevo parte del mio dolore e dell’acqua che esondava dal passato, e speravo che la scrittura sarebbe bastata a salvarmi, ma poi arrivava un mormorio, il disturbo di una voce a suggerirmi che la gratitudine non è sufficiente per non far annegare un matrimonio."

L'esistenza di Ida è la dimostrazione di come sia facile amare un assente, convivere con la memoria di chi ci ha lasciati per anni, lasciandosi divorare da quella mancanza e allo stesso tempo imparando a fare finta di niente per dissimulare il dolore o a chiudersi nei propri problemi senza condividerli con nessuno, neppure con l'unica amica avuta negli anni dell'adolescenza.

C'è sempre, nel modo di vivere le proprie angustie, il rischio di diventare sordi e ciechi rispetto a quelle altrui, finendo per compiangersi e considerare egoisticamente i propri problemi più seri e gravi di quelli che affliggono il prossimo, ma le vicende personali di Nikos - un ragazzo ventenne, figlio dell'uomo cui sua madre ha chiesto di occuparsi dei lavori dentro casa - le darà modo di confrontarsi con altre terribili sofferenze, mancanze, perdite altrettanto difficili da elaborare.

Ritornare nella casa d'infanzia è per Ida fonte di turbamento, riapre ferite mai rimarginate, ma è probabilmente l'unico modo per affrontare i fantasmi che l'assillano e che popolano i suoi incubi e le notti insonni, e per trovare la forza e la motivazione per spezzare il sortilegio che la tiene ancorata al ricordo di quel padre fuggito che lei deve poter lasciare andare.

L'autrice non ci dice che fine abbia fatto il padre, perchè abbia lasciato moglie e figlia; piuttosto dà voce a chi resta, alle contrastanti emozioni che lo animano, al dover, ogni giorno e per tutta la vita,  fare i conti con l'assenza, il vuoto, il senso di impotenza, e non ultimo, alla necessità di elaborare tutto questo.

"Addio fantasmi" è un romanzo che esprime con delicatezza, profondità e onestà il mondo interiore di una donna che si trova a dover ritrovare se stessa e la propria felicità facendosi spazio non solo tra i ruderi e gli oggetti ingombranti, per lo più inutili, che riempiono le stanze in cui è cresciuta, ma ancor di più tra le macerie che ha accumulato dentro di sè.
Ida è abituata al silenzio pesante che riempiva la casa di un'atmosfera cupa, triste, colpevole; è abituata a rispondere ai tentativi di approccio materni col mutismo, con l'indifferenza, a volte con frasi che sono stilettate nel cuore per entrambe; è cresciuta invidiando la felicità altrui, rubata attraverso i muri sottili che separavano la sua famiglia, mutilata, dai vicini, esempio di una vita famigliare serena, felice. Ciò che la sua non è mai stata.

C'è da ricostruire, e la ristrutturazione materiale è specchio di quella, più necessaria, interiore, affinchè i ricordi smettano di essere uno spauracchio che disturbano il presente e rendono nebuloso il futuro, gli incubi e le ossessioni si diradino fino a dileguarsi, le ferite non si allarghino e la tristezza smetta di far sentire il proprio richiamo davanti alla quale non si può far altro che arrendersi.

C'è in queste pagine il dolore, la fatica del vivere, il non riuscire a superare traumi e come questo renda difficile gestire in modo equilibrato e sereno i rapporti con le persone a noi più vicine, ma c'è anche la consapevolezza di dover cambiare, andare avanti, perchè è la vita stessa a chiedercelo con insistenza.
E l'Autrice ha saputo esprimere queste emozioni complesse con un linguaggio intriso di malinconia, intenso, evocativo, introspettivo, che, cattura la sensibilità del lettore permettendogli di guardare dentro i sentimenti, le paure, i limiti della protagonista, scavando nelle pieghe più profonde della sua anima.
Un romanzo che mi ha rapita ed emozionata.


domenica 9 giugno 2019

Recensione: LA PRINCIPESSA DEGLI ELFI - La Maledizione di Licia Oliviero



Ed eccomi giunta all'epilogo della trilogia fantasy di Licia Oliviero "La Principessa degli Elfi", così composta:

1- LA PRINCIPESSA DEGLI ELFI
2- LA PRINCIPESSA DEGLI ELFI - La Rivolta
3. LA PRINCIPESSA DEGLI ELFI - La Maledizione



LA PRINCIPESSA DEGLI ELFI - La Maledizione
di Licia Oliviero



Casa Editrice: Narcissus Self Publishing
Pagine: 335 (formato Kindle)
Prezzo: 2, 99 €
Abbiamo lasciato la Principessa degli Elfi della Luce, Layra, e i suoi fidatissimi amici Anter ed Ally, vittoriosi rispetto agli Elfi Oscuri capeggiati dal crudele e temibile Amos, che aveva tenuto prigioniere Layra e la giovanissima veggente Ally per poi, alla fine, soccombere davanti a loro.

È passato del tempo da allora e nel regno di Layra la vita è tornata a scorrere serena e tranquilla, ma è una pace effimera e, purtroppo, di breve durata.

Amos, infatti, è sempre più determinato ad annientare coloro che lo hanno sconfitto, con la speranza di poter diventare l'unico sovrano e il più forte, e per attuare il suo diabolico piano ha pensato bene di vendicarsi sui bambini del popolo degli Elfi della Luce: da un po' di tempo, infatti, e all'improvviso, dal regno della Luce i bambini iniziano a sparire senza lasciare traccia.

I tre protagonisti non hanno alcuna intenzione di lasciare campo libero al loro malvagio ed acerrimo nemico, il quale però è purtroppo molto furbo e, attraverso un tranello, riesce ad attirare Layra ed Anter nel proprio regno e a renderli suoi prigionieri.
I due innamorati si trovano alla mercè di Amos, nel regno degli Elfi Oscuri, lontani dai loro affetti e privi di qualsiasi aiuto, eccezion fatta per quello che proviene dalla loro forza interiore e dalla voglia di far trionfare il bene.

Amos e i suoi fedeli servitori odiano gli Elfi della Luce e sono più incattiviti che mai, desiderosi di annientare la personalità dei loro nemici, così da renderli loro soggetti per sempre; il re oscuro non ha alcuna pietà ed è pronto ad impiegare tutte le proprie risorge magiche e gli incantesimi di cui è capace per tenere a bada Layra ed Anter, di cui in passato ha sperimentato la caparbietà, l'indomito coraggio e la resistenza.
Non appena riesce a ridurre in cattività i due, lascia sfogare liberamente tutto il suo odio torturandoli e godendo nel vederli soffrire; in particolare, egli ha capito che la propria vita e i propri desideri di grandezza sono strettamente legati alla vita di Layra: vi è infatti una maledizione che li lega in maniera indissolubile e in virtù di essa per adesso ad Amos conviene mantenere in vita Layra.
L'unico problema è come fare per piegarne la volontà, affinchè smetta di ribellarsi a lui e di causargli problemi, così da permettergli di impadronirsi degli incredibili poteri che la ragazza possiede.
Ma Amos è pieno di risorse malvagie e sa che il tallone d'Achille di Layra è Anter, e non soltanto lui, ma anche Ally e con lei tutto il popolo della Luce, il cui bene per la principessa è prioritario.

Anter e Layra, in prigione, cercano di farsi forza a vicenda e, nonostante le sofferenze e le preoccupazioni, il fatto di essere insieme li aiuta a sopportare le angherie del terribile sovrano e a cercare di restar lucidi per trovare una via di fuga e un modo per sconfiggerlo definitivamente.

Per quanto siano soli, i due comprendono che nell'oscuro regno di Amos c'è qualcuno di cui è possibile fidarsi, qualcuno che si sta organizzando per opporsi al re e rovesciarlo dal suo indegno trono; non solo, ma conoscono bene Ally e sanno che l'ardimentosa sorellina di Anter, una volta appreso dell rapimento del fratello e dell'amica ad opera di Amos, non potrebbe mai restarsene con le mani in mano, ed è proprio così: la piccola parte immediatamente alla loro ricerca, ma anch'ella viene catturata dagli scagnozzi di Amos e portata in un postaccio pericoloso, la Cava, dove sono rinchiusi tanti bambini, e non bambini a caso, ma proprio coloro che erano scomparsi dal regno degli Elfi della Luce. Le povere vittime vengono utilizzate per i nefando interessi egoistici di Amos, maltrattate, lasciate nella miseria, con poco cibo e poca acqua, sorvegliate a vista da cinici soldati ed esposte al rischio di malattie e morte a causa del materiale tossico con cui sono costrette a venire in contatto.

Anche Ally vivrà la dura esperienza della Cava ma lì avrà modo di conoscere dei ragazzi come lei che vorrebbero trovare il modo e la forza per fuggire e riacquistare la libertà; forse grazie all'impavida e intraprendente Ally questo obiettivo potrà realizzarsi?

Intanto, stando nel palazzo di Amos, Layra viene visitata dallo spirito di una donna, morta suicida moltissimi anni prima; il fantasma conosce molto bene Amos e il modo orribile e infame in cui è riuscito a governare e ad accentrare ogni potere su di sè, e proprio per questo sa come guidare Layra per annientare i poteri sovrannaturali dell'attuale sovrano.
La maledizione che lega la propria vita a quella di Amos c'è e la principessa non può ignorarla, ma il suo obiettivo - eliminare il Male, incarnato da Amos - è più importante di qualsiasi cosa, e se ci sarà da combattere fino all'ultimo sangue, Layra è pronta a farlo.

Accanto a lei c'è il suo amato Anter, e mentre Ally inizia la sua rivolta nella Cava, i tre potranno man mano contare su alleati e aiuti inaspettati ed insospettabili.
Il Bene e la Luce riusciranno nuovamente e per sempre a trionfare sul Male e sulle tenebre?

In questo terzo capitolo ritroviamo i coraggiosi protagonisti, tanto giovani quanto determinati, che affronteranno ostacoli molto duri pur di raggiungere i propri nobili scopi; subiranno e sopporteranno supplizi nel corpo e nella psiche, che metteranno alla prova la loro forza morale, che richiederanno l'uso di tutte loro capacità, anche di quelle che dubitano di avere.
E se Amos è motivato nell'agire dall'odio, dal delirio di grandezza e dalla brama di potere, Anter, Layra ed Ally sono spinti, invece, dall'amore, dal desiderio di giustizia e libertà, per loro stessi e per il popolo al quale appartengono e, chissà, magari sarà possibile eliminare finalmente i muri che hanno sempre separato le due popolazioni elfiche (della Luce vs gli Oscuri).

La storia d'amore tra Anter e Layra fa da motore e guida nelle loro scelte e in ogni decisione restano l'uno accanto all'altra, pronti a supportarsi e a salvarsi reciprocamente dalle grinfie degli antagonisti e di creature malefiche.

Accanto all'amore tra i due, c'è anche l'amicizia, e con essa la lealtà, il sacrificio, l'imparare a riconoscere di chi ci si può fidare.

E' una trilogia fantasy molto piacevole da leggere, scritta in modo accurato, tanto nelle descrizioni delle ambientazioni quanto nei dialoghi e nello sviluppo delle vicende; per quanto il genere non rientri tra le mie prime scelte, confesso di subire il fascino di questi mondi fantastici, ricchi di magia e con personaggi che, seppur dotati di poteri straordinari, condividono con gli umani la forza delle passioni e dei sentimenti, buoni o meno che siano.

Lettura consigliata, in particolare se amate questo genere!!

sabato 8 giugno 2019

Recensione: SEGRETI SEPOLTI di Lisa Unger



Come ci sentiremmo se un giorno scoprissimo che tutta la nostra esistenza - splendida, gratificante, da sempre ricca di amore, sicurezza, comodità... - si basa su un'enorme montagna di menzogne e segreti tenuti ben nascosti?
E' la prova che deve affrontare la protagonista di questo thriller psicologico dai contorni misteriosi e inquietanti.


SEGRETI SEPOLTI
di Lisa Unger


Ed. Giunti
trad. L. Taiuti
368 pp
Ridley Jones è una giovane donna in carriera, che si sta facendo strada nel mondo del giornalismo.
Figlia amata e coccolata, Ridley ha un ex fidanzato innamorato e premuroso  che ancora spera in un ritorno di fiamma, un'ex suocera che stravede per lei, un lavoro che le piace, un appartamentino a New York che è il suo rifugio sicuro...: insomma, una vita felice e appagante!
Certo, c'è un piccolo neo in questa dorata esistenza, ed è costituita dal suo adorato fratello maggiore Ace, che da quando ha discusso con i genitori ha deciso di allontanarsi da tutti e adesso vive alla giornata, consumandosi a causa della droga.

Ma qualcosa sta per stravolgere la vita tranquilla e sicura di Ridley: un episodio apparentemente casuale che la darà i suoi "quindici minuti di celebrità" e darà il via ad una serie di eventi sconvolgenti, che andranno a smontare pezzo per pezzo la fortezza rassicurante in cui finora è vissuta.

Una mattina come tante Ridley Jones, invece di prendere la metropolitana, decide di aspettare un taxi, casualità che le dona l'occasione di essere un'eroina: grazie a una prontezza di spirito che non sapeva neanche di possedere, la donna salva un bambino che rischia di essere investito da un camion; in molti assistono all'evento, tra cui un fotografo, che diffonde le immagini del fatto e delle persone coinvolte, così che la nostra giornalista freelance si ritrova la propria bella faccia su tutti i giornali, ritrovandosi "famosa", seppur per poco tempo.

Ma c'è qualcuno che ha visto quelle foto ed è convinto di averla riconosciuta; questo qualcuno le invia una misteriosa busta con due foto e un biglietto con su scritto un numero di telefono e un messaggio che le pone una domanda inquietante: “Sei mia figlia?”

Una domanda tanto breve quanto inquietante che riesce a turbare Ridley, la quale pensa immediatamente si tratti di uno scherzo... Del resto, come potrebbe essere vero, se lei un padre ce l’abbia già ed è pure il padre migliore del mondo?

Sarebbe facile liquidare il tutto come una bravata, uno scherzo di cattivo gusto frutto di una persona meschina o semplicemente sciocca, che magari ha visto la faccia di Ridley sui giornali e vuol prendersi gioco di lei..., ma quando si ferma ad osservare con attenzione la foto inviatale - che ritrae una giovane donna con una bimba piccola in braccio, Ridley ne è colpita: quella ragazza le somiglia, e pure tanto...
Coincidenze? Forse chi l'ha vista nelle immagini dei giornali è in buona fede, convinto di averla riconosciuta ma in realtà l'ha soltanto scambiata per qualcun'altra? Può essere e ovviamente i suoi genitori riescono a persuaderla sull'assurdità del messaggio ricevuto.

Eppure la donna non riesce a far finta di nulla, e a insospettirla ci pensano altri avvenimenti apparentemente non importanti che, se solo lei avesse deciso di ignorarli, probabilmente le cose sarebbero andate molto diversamente.
Ma la protagonista - e il lettore insieme a lei - avrà modo di far sua una importante verità:

"Se negli ultimi mesi avevo imparato una lezione, era che non abbiamo il controllo delle cose. Ma possiamo scegliere. Le piccole, le grandi decisioni, sono questi i momenti in cui la nostra vita cambia il proprio corso." 
"L’universo cospira per mostrarci la verità e per renderci la strada più facile se si ha il coraggio di seguire i segnali."

E tutto quello che Ridley si troverà a vivere e scoprire in fondo sarà sempre e solo frutto della sua scelta deliberata di non restar chiusa nel confortante e dorato bozzolo in cui fino a quel momento è vissuta.

E troverà in questo un valido alleato in un perfetto sconosciuto: il suo vicino di casa, Jake, che vive nello stesso stabile di Ridley; si tratta di un giovane bello, sexy, corpo muscoloso, sguardo magnetico e quel modo di fare sicuro di sè e allo stesso tempo dolce, rassicurante.
Ridley non è per natura una persona che si lascia andare ma con lui sente una spontanea attrazione, fisica ma non solo, che la spinge a fidarsi di lui, a ricercarne la compagnia, addirittura a sfogarsi sullo strano fatto che le è capitato.
E il tenebroso Jake (stranamente?) sembra capirla come nessun altro e, a differenza dei suoi genitori e dell'ex (Zack), non cerca di dissuaderla dall'indagare su quelle foto e quel messaggio, tutt'altro, si offre di darle il proprio aiuto.
Come mai? Semplice altruismo? Curiosità morbosa per una storia che potrebbe rivelarsi eccitante?

Come se non bastasse, di lì a pochi giorni, la donna riceve una seconda e anonima busta, contenente un articolo di giornale risalente al 1972, in cui si racconta di una certa Teresa Stone, allora 25enne, trovata morta in casa propria; della sua bambina di due anni, Jessie Amelia, che era in casa con lei, si son perse le tracce da quella notte: la bimba risulta scomparsa e mai più ritrovata...
Ad accompagnare l'articolo di cronaca nera, un secondo enigmatico messaggio: Ti hanno mentito

Che significano questi due messaggi? Possibile che la sua vita, la sua famiglia, perfino il suo nome siano solo un cumulo di bugie? 

Ridley comincia a scavare nel proprio passato, in quell'infanzia felice di cui mancano però, a ben pensarci, foto di lei neonata o di sua madre col pancione, in attesa di lei...
Certo, i suoi genitori - che non prendono affatto bene le domande e le perplessità della figlia suscitate da questi oscuri e assurdi messaggi - hanno le risposte sempre pronte, ma se fino a qualche tempo prima esse le erano sempre parse motivate, adesso iniziano a sembrare prive di senso, incoerenti,  incerte...
E poi le loro reazioni: i suoi genitori non capiscono come sia possibile che un paio di buste non firmate possano aver mandato in tilt le certezze della figlia circa la loro splendida famiglia!
Sua madre - ex-ballerina, una donna minuta, elegante, riservata, dolce ma anche inflessibile e severa - la guarda con durezza, disapprovando la mancanza di fiducia e chiudendosi in un atteggiamento quasi ostile; suo padre - pediatra stimatissimo, colui che l'ha sempre vezzeggiata, ricoprendola d'affetto, tenerezza, e che Ridley ha sempre visto come un "porto sicuro" presso cui rifugiarsi e sentirsi protetta e amata - è dispiaciuto, sgomento... ed entrambi i tipi di reazioni servono solo a far nascere in lei sensi di colpa: sta davvero sbagliando a dubitare dei suoi cari genitori? Cosa spera di scoprire circa le proprie origini? 
Il dubbio di non essere figlia dei coniugi Jones ha preso a tormentarla come un chiodo fisso; chi è Teresa, la donna della foto che le somiglia tanto? Chi e perchè l'ha uccisa? E che fine ha fatto la sua bambina, Jessie, che - manco a dirlo - ha una voglia sotto all'occhio identica a quella di Ridley? Possibile che sia lei quella piccola?

Il chiodo diventa ancor più martellante in seguito ad alcune brevi conversazioni con Ace, che le dice qualcosa di sibillino e allarmante insieme: se vuoi avere delle risposte, chiedi al nostro caro paparino di spiegarti qualcosa di più sulle attività dello zio Max.

Lo zio Max è stato un amico di famiglia, morto di recente, col quale Ridley ha sempre avuto un bellissimo e affettuoso rapporto, ricevendo da lui attenzioni e sostegno; nonostante il grande affetto, però, la figura di quest'uomo ricchissimo e affascinante, dal forte carisma e molto influente, è stata adombrata da lato oscuri e non noti a Ridley, che in lui - oltre l'apparente atteggiamento felice, soddisfatto, allegro - ha scorto spesso un'ombra di cupa tristezza, di inguaribile malinconia e di indefinibile dolore.
Chi era davvero Max? L'ha conosciuto realmente, pur essendo cresciuta sotto le sue ali protettrici?
E quali sono queste attività di cui lei non sa nulla e che, se ne venisse a conoscenza, potrebbero aiutarla a scoprire verità nascoste su se stessa e sulla propria origine?

Aiutata da Jake - sveglio e pieno di iniziative, che si butta a capofitto in questa indagine privata con una passione che insospettisce Ridley... -, quest'ultima incomincia ad investigare sul proprio passato e sulle persone a lei più care - genitori e zio Max, in primis, ma capirà che a modo loro sono coinvolti pure Zack e sua madre Esme - avvicinandosi pericolosamente ai confini di una terra oscura dove tutti hanno qualcosa da nascondere.

A cominciare dallo stesso Jake, che le provoca emozioni forti ma contrastanti: da una parte si sente attratta irresistibilmente da lui, non riesce a fare a meno di stare tra le sue braccia e sente che lui è sincero, che non è possibile possa mai farle del male, ma dall'altra, c'è un che di sospetto nel trasporto e nell'interesse che sta profondendo verso Ridley e le sue ricerche, come se la cosa non gli fosse indifferente..., anzi, come se lo riguardasse da vicino.

Quidam: "Deriva da una parola latina che significa “qualcuno, un essere umano (...) Era anonimo, senza nome… del tutto orfano, quidam.”

Così si descrive Jake e proprio a motivo dei suoi comportamenti criptici e del suo passato sconosciuto, Ridley avrà più di un'occasione per dubitare di lui e di ciò che li unisce: cosa vuole Jake da lei? Perchè la sua intrusione nella propria vita sembra tutto fuorchè casuale? E chi è davvero? Cosa nasconde quel corpo pieno di cicatrici, quali esperienze dolorose si celano dietro quello sguardo profondo e non semplice da leggere?

"...tutta questa situazione era cominciata perché avevo sentito il bisogno di gettarmi sotto a un furgone per salvare un bambino (...) Quel gesto aveva dato il via a una serie di eventi che mi avevano portata a mettere in dubbio la mia stessa identità."

E' bastato un evento accaduto per pura casualità a scatenare una sfilza di domande, che spingono Ridley a non fermarsi alla superficie delle cose ma a interrogarsi, a costo di mandare in frantumi ogni certezza: meglio una brutta verità a una rassicurante menzogna, no?

Indagare sulla storia ormai sepolta di Teresa Stone e della sua bambina scomparsa non sarà però una passeggiata: a convincerla di come ci sia qualcuno assolutamente intenzionato a fermarla interviene un fatto drammatico che la vede spettatrice in prima persona.
Dal momento che Ridley decide di togliere la testa da sotto la sabbia, prende anche la decisione di incontrare l'uomo che dice di essere suo padre, tale Christian Luna, il quale le assicura di non aver ucciso sua madre (a quel tempo risultò essere l'unico indagato e, per evitare l'arresto, l'uomo era fuggito) e di non sapere chi potesse averla rapita da piccola. Proprio mentre i due stanno parlando in un parco col favore del buio, un proiettile colpisce in fronte il signor Luna, che muore all'istante.

Questo è solo il primo episodio violento che caratterizzerà il tortuoso percorso verso la verità; una verità fatta di tante, troppe bugie e inganni, dietro i quali si nasconde un universo sotterraneo di associazioni che portano avanti attività segrete e discutibili, dove il confine tra ciò che è legale e ciò che non lo è, è molto labile, storie riguardanti famiglie disagiate e bambini da proteggere a tutti i costi.

E più scava, legge articoli, ascolta testimonianza dai pochi che possono esserle utile con ciò che sanno, e più ciò che emerge sconvolge Ridley, soprattutto quando scopre che proprio in quell'anno - 1972 - a scomparire non è stata solo Jessie (la lei prima di diventare Ridley Jones, nella precedente, sconosciuta fase della sua vita) ma anche altri bimbi, e che ogni volta ai genitori dei piccoli scomparsi accadeva qualcosa di drammatico...

Gli ostacoli per giungere a smantellare il castello di menzogne in cui è cresciuta saranno molti, in troppi proveranno a scoraggiarla, anche con metodi poco ortodossi, ma Ridley ormai è dentro con tutte le scarpe in questa brutta storia che la riguarda personalmente, non può girare la testa dall'altra parte perchè ne va della conoscenza di se stessa, della propria identità, della sua vera famiglia e si sa, come è scritto nei vangeli, "la verità rende liberi".

Ridley Jones non può restare ferma e passiva dal momento in cui scopre di non essere ciò che credeva di essere, quando capisce che addirittura il suo nome è una bugia, e fino a quando non avrà raccolto le risposte necessarie e messo insieme tutti gli elementi di questo enorme e oscuro puzzle, sarà anche lei, come Jake, "quidam", una senza nome, un'orfana priva di radici e identità.

"Segreti sepolti" è un thriller la cui prosa procede in maniera molto scorrevole e fluida e che  presenta uno sviluppo delle vicende appassionante, dove l'elemento novità compare al momento giusto e ad esso veniamo introdotti insieme alla protagonista, della quale assumiamo il punto di vista; la narrazione è in prima persona e Ridley si rivolge personalmente ai suoi lettori, coinvolgendoli e richiamando la loro attenzione in modo diretto; sin dalle prime pagine ci si fa coinvolgere dalla sua sete di verità, dalle sue mille domande e dal suo coraggio: sì, perché scardinare un po' alla volta le rasserenanti ma false certezze su cui si culla da una vita non è un processo semplice, e sollevare il coperchio al vaso di Pandora porta con sè le sue amare conseguenze.

Un thriller che si lascia apprezzare, per stile di scrittura, tematiche e per come si susseguono e si intrecciano le dinamiche narrative.


venerdì 7 giugno 2019

Frammenti di letture (da "Segreti sepolti")



In attesa di metter giù le tre recensioni in fase di preparazione, vi saluto lasciandovi queste citazioni tratte da uno degli ultimi libri terminati, Segreti sepolti:


"Non c’era modo di nascondersi (...). Ogni difetto, ogni imperfezione sarebbe stata visibile. Ma non è questo che tutti vogliamo e che tutti temiamo allo stesso tempo? 
Mostrarci ed essere amati incondizionatamente?"


"Per quale altro motivo conserviamo degli oggetti, vecchie fotografie, gioielli ossidati, lettere ingiallite? Sono amuleti, piccoli artefatti magici. Quando li tocchiamo, recuperiamo per un secondo ciò che il tempo ci ha rubato per sempre."


"...non possiamo tenerci stretto nulla e nessuno. 
Perdiamo tutto, sempre, tranne ciò che ci portiamo dentro."


"Dal modo in cui mi guardava in quel momento capivo che anche lui provava le stesse cose. Mi vedeva, vedeva la mia essenza. Mi sentii riconosciuta. E gliene fui grata, perché in quel momento faticavo a riconoscermi io stessa. Forse l’amore è questo, vedersi, andare oltre i nomi e i fattori esterni che usiamo per definirci ed etichettarci."


fonte: Pinterest


"...del resto, non è questo che tutti cerchiamo? Un luogo dove i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre paure vengano comprese?"


"La speranza è una buona cosa. Senza, non ci rimane poi molto. La speranza però assomiglia tanto a una preghiera, perché sperando ci si affida a qualcosa di più potente, più alto di noi. Se negli ultimi mesi avevo imparato una lezione, era che non abbiamo il controllo delle cose. Ma possiamo scegliere. Le piccole, le grandi decisioni, sono questi i momenti in cui la nostra vita cambia il proprio corso. Tutto quello che possiamo fare è prendere la decisione migliore possibile sfruttando quello che sappiamo, e poi sperare che le cose prendano la piega che vogliamo."

giovedì 6 giugno 2019

Leggere fa bene!



Sicuramente a tanti di voi che mi state leggendo sarà capitato di sentir parlare di LIBROTERAPIA.

Cosa si intende con questo termine?

Si tratta, secondo Rhea Joyce Rubin, di un "programma di attività basato sul processo interattivo dei media e delle persone che li usano. Materiale stampato e non, sia immaginativo che informativo, trattato e discusso con l'aiuto di un facilitatore" all'uso dei libri e della lettura nel trattamento dei disturbi nervosi".

L'idea che i libri possano creare benessere non è recente, bensì affonda le proprie origini nell'epoca dei faraoni: Ramesse a Tebe (XV sec. a.C.) aveva fatto scrivere sulla porta della biblioteca sacra la scritta "rimedio all'anima".


Il filosofo Aristotele credeva che la lettura potesse contribuire alla guarigione e così gli antichi Romani riconobbero l'esistenza di un rapporto tra lettura e medicina; Aulus Cornelius Celsus, enciclopedista dell'antica Roma, era convinto che la lettura delle opere dei grandi oratori fungesse da sostegno nelle malattie.

Dobbiamo aspettare il 18° sec. perchè in Europa le biblioteche entrino a far parte degli ospedali psichiatrici; il primo carcere ad avere una biblioteca fu Sing Sing nel 1840.
Anche in ambito militare si arrivò ad usare i libri per alleviare le sofferenze dei reduci nel Novecento.

Il termine biblioterapia è stato coniato dal reverendo Samuel McChord Crothers nel 1916, il quale sperava di creare una chiesa chiamata "Bibliopathic Institute", un luogo in cui i pazienti avrebbero potuto ricevere "trattamenti letterari da parte di specialisti competenti".
Nel 1937  William Menninger proponeva l'utilizzo della metodologia biblioterapica da parte di non professionisti del settore e la prescrizione di materiale di lettura come misura terapeutica con pazienti psichiatrici ospedalizzati.

Negli ultimi decenni la libroterapia si è andata via via consolidando perchè ci si è resi conto che  intorno a un libro (romanzo, fiaba, poesia) ruotano dinamiche in grado di mettere in modo vissuti di integrazione e crescita di sè".

Leggere ci permette di esperire nel modo più intimo possibile cosa voglia dire essere un altro essere umano e, tuttavia, tornare ad essere chi siamo, con una più profonda conoscenza di noi stessi;
E' uno strumento di sopravvivenza adattivo, ci permette di immagazzinare informazioni.


Queste pillole d'informazioni sull'argomento le ho rielaborate da un mini corso della dottoressa Rachele Bindi sull'argomento; trovate le slide in rete, senza troppe difficoltà.
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