venerdì 16 agosto 2019

AUTORI CHE...HANNO RICEVUTO RIFIUTI O FURONO APPREZZATI POST-MORTEM



Veder riconosciuto il proprio talento non è un fatto scontato e automatico, e questa è stata una realtà anche per quegli artisti che per noi, oggi, sono dei miti assoluti ma che in vita (e non solo agli inizi della loro carriera), si son beccati più di un rifiuto da parte di editori o critica, poco convinti di avere davanti un promettente scrittore; per non parlare di quegli scrittori apprezzati più dopo la morte che in vita...!


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È il caso di...


MARCEL PROUST. Non so voi, ma io - amando il romanzo psicologico, studiando Antologia - mi sono accostata a questo talentuoso scrittore francese ai tempi delle scuole superiori, attraverso prima "Albertine scomparsa" e in seguito "All'ombra delle fanciulle in fiore". Ecco, leggendo la prefazione al primo, ricordo che rimasi meravigliata dalle parole sprezzanti di un editore, da Proust contattato nel 1913, un certo Ollendorf, che bocciò senza mezzi termini il manoscritto inviatogli; ad essere precisi, a Marcel rispose tale monsieur Alfred Humblot, dicendo che il dattiloscritto non andava bene e aggiunse, tanto per essere chiaro: "Non riesco proprio a capacitarmi del fatto che un signore possa impiegare trenta pagine per descrivere come si giri e si rigiri nel letto prima di prendere sonno.". 
Beh, decisamente poco carino, non trovate?
Purtroppo questo non era il primo NO, c'è da dire; l'anno prima il Nostro aveva buttato giù le prime (corpose) bozze di quel che un domani sarà la monumentale opera "Alla ricerca del tempo perduto": si tratta di Le intermittenze del cuore, 800 pagine circa suddivise in due volumi Il tempo perduto e Il tempo ritrovato.
Ebbene, quando egli propone il dattiloscritto all’editore Fasquelle e poi alla Nouvelle Revue Française (collana editoriale presso la casa editrice Gallimard), entrambe le volte viene respinto, anche se successivamente proprio la Gallimard se ne pentirà, pubblicando i successivi volumi della Recherche.
Comunque, poco male: Marcellino non si abbatte, si arrangia e si pubblica da solo (eh sì, anche un grande può passare per il self-publishing!), per poi, grazie a un primo aggancio giusto, entrare ufficialmente nel mondo dei grandi della letteratura... per non uscirne più   




FRANZ KAFKA. Lo scrittore ceco non fu di quelli che cercò la notorietà attraverso le proprie opere, tutt'altro: sempre riluttante a pubblicare i propri lavori (sebbene in molti, tra amici ed editori, insistessero affinché si decidesse a farlo), per gran parte della sua vita condusse un'esistenza tranquilla, in sordina, lavorando in ambito assicurativo, a Praga. Fu solo dopo la sua morte che le sue opere furono davvero apprezzate; prima di morire, inoltre, egli aveva chiesto all'amico Max Brody che gli scritti inediti venissero bruciati; ma questa sua richiesta venne fortunatamente ignorata. 
Le opere di Kafka furono proibite, proprio a Praga, durante il comunismo eil  divieto fu revocato solo nel 1989.


FRANCIS SCOTT FITZGERALD. Lo scrittore americano contò ben 122 rifiuti per una sua raccolta di racconti ! Anche il suo primo romanzo, “The Romantic Egoist”, fu respinto dall’editore ma Fitzgerald viene incoraggiato a presentare lavori successivi.
Lo scrittore ha raggiunto una certa notorietà per la prima volta a ventitré anni con Di qua dal Paradiso (1920); prima dei trenta anni pubblica il suo capolavoro, Il grande Gatsby, ma il suo talento è stato ostacolato per un decennio da tanti problemi (alcolismo, problemi finanziari e malattia mentale di sua moglie, Zelda Sayre). Nel 1934 venne pubblicato il quarto romanzo di Fitzgerald, (Tenera è la notte), l'opera alla quale lo scrittore lavorò più a lungo ma che ottenne scarso successo. Muore nel 1940, convinto che la propria vita fosse stata un fallimento; solo dopo la sua morte i critici apprezzeranno davvero il suo talento letterario, e in particolare dopo la pubblicazione postuma del suo ultimo romanzo, “Gli Ultimi fuochi", incentrato sul fallimento e la sconfitta del sogno americano.
Nonostante sia rimasto incompiuto, infatti, il libro sarà pubblicato nel 1941 e accolto con entusiasmo dalla critica, che lo definirà un capolavoro; tutta la produzione letteraria di Fitzgerald viene rivalutata e i suoi romanzi vengono annoverati, a buon diritto, tra i migliori della letteratura americana. 


ITALO SVEVO. La sua notorietà arriva piuttosto tardi, una trentina di anni dopo l'esordio e dopo che i primi lavori, passati quasi del tutto inosservati, lo avevano convinto di possedere scarse doti letterarie.
Il primo romanzo, Una vita (1892)ottiene un discreto favore da parte della  critica, anche se inizialmente il romanzo si sarebbe dovuto intitolare diversamente - Un inetto -, ma in seguito Svevo fu invitato dall'editore Treves a modificare il titolo del romanzo in quello definitivo; tuttavia l'editore Treves rifiutò di pubblicare l'opera, che fu alla fine stampata dall'editore Vram.
Ad ogni modo, dopo questa prima importante pubblicazione, ci fu un periodo di "vuoto", che accompagnò la pubblicazione di Senilità (1898),  il quale non fu praticamente notato, tanto che Svevo scrisse di sé: «Questo romanzo non ottenne una sola parola di lode o di biasimo dalla nostra critica. Forse contribuì al suo insuccesso la veste alquanto dimessa in cui si presentò… Mi rassegnai al giudizio tanto unanime (non esiste un’unanimità più perfetta di quella del silenzio), e per venticinque anni m’astenni dallo scrivere. Se ci fu errore, fu errore mio». 
Ma negli anni a seguire e che precedono La coscienza di Zeno (1923), egli continua a studiare, scrivere, senza riuscire mai ad abbandonare l'attività letteraria, finché nel 1903 prende lezioni d'inglese da James Joyce, il quale più avanti contribuirà al successo di Svevo tessendone le lodi. In Italia dobbiamo dire grazie soprattutto a Eugenio Montale se negli anni 1925-'26 lo scrittore viene finalmente "scoperto", tanto da parlare di un vero e proprio «caso Svevo». 



GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA. Il suo capolavoro sappiamo qual è: Il Gattopardo, ma forse non in tanti sanno che nel 1956 il dattiloscritto fece il giro di diverse case editrici e fu respinto addirittura da lettori autorevoli come Elio Vittorini (all'epoca influente editor di Einaudi e Mondadori); ad interessarsi all'opera fu invece Giorgio Bassani che, recatosi in Sicilia, dopo la morte dell'autore (1957), trovò un manoscritto dell’opera - più altri scritti, testi di saggi e racconti - riuscendo così a far conoscere le opere di questo grande scrittore, ma ahimè solo post-mortem. 
Nel 1958, infatti, Il Gattopardo è pubblicato nella collana che Bassani dirige per l'editore Feltrinelli, presentandolo con una sua prefazione; nei tre anni successivi, vengono pubblicate sulla rivista "Paragone" le "Lezioni su Stendhal" ed escono postumi i Racconti. 


EMILY DICKINSON. Non è un mistero che la poetessa facesse vita da reclusa; trascorse l'età adulta chiusa nella casa di famiglia nel Massachusetts  vestita tutta di bianco come uno spettro, scrivendo versi che solo dopo la sua morte verranno riconosciuti ed elogiati nella rosa dei più grandi poeti americani. Tuttavia, prima che la Dickinson fosse letta e amata, dovette combattere per trovare editori disposti a stampare e distribuire il suo lavoro. Si dice che un editore abbia detto ad Emily che le sue poesie erano "altrettanto notevoli per i difetti come per le bellezze" e sostanzialmente "prive di vere qualità poetiche".  



Fonti consultate:

4 commenti:

  1. Questo tuo bellissimo post ci fa comprendere che anche gli editori, sovente, si sbagliano e di grosso, grandi autori.
    sinforosa

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    1. magari è anche un modo per incoraggiare chi ha il sogno di scrivere a non demordere al primo no ;)

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  2. Queste storie di grandi rifiuti dimostrano come il gusto personale può interferire con il valore di un romanzo.Anche "Carrie" di Stephen King venne rifiutato da diverse case editrici. Herrare humanum est :)

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    1. non ci si crede, parliamo di autori di un certo livello, ma giustamente come dici tu..., si può sbagliare! ;)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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