giovedì 19 agosto 2021

Recensione: UN COLPO AL CUORE di Piergiorgio Pulixi



Chi ha letto il precedente romanzo dello scrittore sardo Piergiorgio Pulixi - L'isola delle anime - ha già avuto modo di conoscere le ispettrici di polizia Eva Croce e Mara Rais e di ammirarne la tenacia e il formidabile intuito, caratteristiche che - unite a una grande capacità di lavorare insieme, in perfetta sintonia, pur essendo caratterialmente agli antipodi -  hanno permesso loro di risolvere un caso spinoso; in questo nuovo romanzo danno la caccia ad un criminale che ha un modo di operare particolare: non è un semplice serial killer, ma un "social killer", che diventa noto col soprannome "il Dentista" a motivo di un macabro dettaglio che accomuna le sue azioni criminali.
Ad affiancarle in quest'indagine c'è il vicequestore Vito Strega (protagonista della serie I canti del male), esperto in Criminologia e con, alle spalle, numerosi casi difficili risolti.


UN COLPO AL CUORE 
di Piergiorgio Pulixi



Ed. Rizzoli
506 pp
Quante volte ci è capitato di pensare che ci sono criminali che non ricevono la giusta pena per le loro malefatte? Cosa abbiamo provato davanti a certe ingiustizie, in cui la vittima era tale due volte, a causa del torto subito ma anche di un sistema giudiziario con troppe falle? Rabbia, senso di impotenza, desiderio di vendetta?

E se ci venisse chiesto di ergerci a giudici di tali uomini perversi - che, per diverse e assurde ragioni, la fanno franca e non pagano per i propri misfatti -, di poter decidere se essi meritino o meno una condanna, cosa faremmo? Ci affretteremmo ad emettere il nostro giudizio o penseremmo che, per quanto imperfetta, è la Legge a doversene occupare e che non sta a noi "fare giustizia" neppure quando essa sbaglia?

A Cagliari c'è qualcuno che si sta divertendo a mascherarsi da "giustiziere della notte", arrogandosi il diritto di punire i delinquenti là dove la Legge non fa il suo dovere, perché li rimette in libertà troppo presto o, addirittura, lasciandoli impuniti perché il reato è ormai andato in prescrizione, come accade proprio alla prima vittima di questo fantomatico giustiziere.

Nel prologo, infatti, assistiamo all'ultima infelice battuta di un processo durato otto anni: un uomo, accusato di aver violentato sistematicamente e per anni la figlioletta di un'ex-compagna, viene rilasciato in quanto, a motivo di lungaggini processuali, il reato alla fine è andato in prescrizione.
Il pedofilo è libero.
Ma il "giustiziere" non è d'accordo e vuole dare giustizia alla ragazza che ha subito anni di violenze.

Così, rapisce il pedofilo e lo sottopone ad un primo tremendo assaggio di sofferenza per le sue malefatte: gli stacca tutti i denti con una pinza, uno alla volta e senza  anestesia; pur somministrando dei sedativi al malcapitato, si assicura che questi resti lucido e comunque mai privo di sensibilità fisica. Del resto, l'obiettivo è che soffra... e anche tanto.
Ma non lo uccide subito. Il rapitore realizza un filmato in cui compare il pedofilo - sofferente, senza denti, pieno di sangue, legato ad una poltrona, terrorizzato e decisamente in balia della volontà di colui che l'ha privato della dentiera e della libertà - e lui stesso, il Dentista (così verrà ribattezzato il killer, dall'opinione pubblica e dalla polizia), la cui identità è celata da una parrucca arancione e da una maschera da clown dai tratti demoniaci.

Il Dentista nel video rende chiara la propria missione: egli rapisce e punisce criminali sfuggiti alle maglie della giustizia e sottopone gli stessi al giudizio delle persone, della gente comune, cui viene inviato il presente video e attraverso i social essa è invitata a far sentire la propria voce e ad esprimere il proprio verdetto. Ha tre ore di tempo per votare e Il Dentista garantisce che le votazioni sono anonime e irrintracciabili, per cui ogni persona che parteciperà non deve temere ripercussioni di alcun genere.

Il pedofilo deve morire o essere liberato, come del resto la giustizia italiana ha sentenziato?
Il Dentista organizza online una vera e propria votazione: sì o no, morte o vita. Chi vuole può partecipare e il destino del criminale verrà deciso a colpi di semplici click.

Immaginatevi se questo accadesse davvero: a un certo punto sul nostro cellulare arriva un link, con l'anteprima di un video intitolato "La Legge sei tu". Ogni persona deve decidere se aprirlo o no e, successivamente alla visione, scegliere se credere o meno a quel matto con la parrucca e la maschera che blatera di una "giustizia ingiusta" e della possibilità di far qualcosa perché il mondo sia un po' meno storto.

Cosa faremmo? Proveremmo a votare, magari pensando che in fondo potrebbe essere tutto uno scherzo bislacco?
Ma se è tutto vero, ogni persona si trova davanti ad un interrogativo fondamentale: posso io sostituirmi alla Legge e pronunciarmi in merito ad una condanna somministrata da un folle che pretende di applicare la legge del taglione, con la pretesa di riparare i torti del sistema giudiziario e dare un po' di giustizia alle vittime?

In pochi minuti non solo il video diventa virale ma il contatore che segna i voti si muove alla velocità della luce: la gente si è fiondata in massa sul sito del Dentista a votare.

Quando tutto questo giunge alle orecchie della polizia, si crea il caos.

"Il piano era banale nella sua semplicità: l'odio era l'agente fertilizzante, e la pericolosa rabbia sociale che attanagliava il Paese l'humus propizio e fertile. La virulenza dei social network avrebbe accelerato il contagio. < È un sistema che si autoalimenta e autoreplica, impossibile da fermare se non si arriva alla fonte >".

Il Dentista, con i suoi video e i suoi "sondaggi" popolari, fa leva sulle difficoltà delle persone di distinguere tra finzione e realtà, facendo loro credere che basti una connessione ad Internet per esercitare un delirante e presunto potere di decidere della vita o della morte di un individuo.

Se c'è una cosa che questo individuo sa fare bene è "lubrificare la macchina della giustizia col sangue", perché in lui c'è una carica di odio tale da sembrare concreto, palpabile. E questo fa paura.

L'indagine, complicata e molto delicata, vede Mara Rais coinvolta al 100%, con tutte le scarpe e i completi eleganti; la donna si affretta a richiamare in sede la collega, Eva Croce (in ferie in Irlanda) perché sa che col suo istinto e la sua sensibilità può aiutarla a vederci meglio in questa brutta storia.
Ad aiutarle nella soluzione di questo caso, che in pochi giorni ha scosso l’Italia, c'è il vicequestore Vito Strega, esperto di psicologia e filosofia, tormentato criminologo dall’intuito infallibile, abituato a lavorare immerso tra le pieghe più oscure del Male.

Le due donne sono l'una il contrario dell'altra, a cominciare dall'aspetto fisico: Mara è una bionda che veste con eleganza, è sempre in tiro ed è tutta precisina; l'altra è una rossa che veste con jeans strappati, giubbini da motociclista e sembra a suo agio nel disordine e nel presentarsi nel modo più informale possibile.
Là dove Mara è impulsiva, scorbutica, sboccata e sempre pungente e sarcastica, l'altra è riservata, più taciturna e posata. Ma entrambe hanno menti acute, brillanti, un sesto senso ormai allenatissimo e, soprattutto, non hanno paura di portare avanti le indagini anche prendendo strade scomode, e se c'è da pestare i piedi a qualcuno in alto pur di raggiungere i propri scopi, lo fanno e basta, affrontando a muso duro rimproveri e punizioni.

Inizialmente le due colleghe - affiatate nonostante i continui battibecchi, conseguenza delle battutine caustiche e dell'irruenza di Rais - non vedono di buon occhio l'intromissione di un esterno, per quanto sia indiscutibilmente bravo. Ma col passare dei giorni avranno modo di ricredersi.

Vito è un uomo singolare, guardato dai colleghi con un misto di diffidenza e fascino. È un uomo avvenente, alto, dalle spalle imponenti, dall'aria esotica in virtù della sua pelle mulatta (sua madre era di origine africana); è un tipo schivo, tende a starsene per conto proprio e ad avere poche relazioni sociali; sua moglie l'ha lasciato e c'è una macchia nella sua carriera che continua a gettare ombre sul presente, nonostante l'uomo abbia dato prova, e molte volte, di essere valido ed esperto nel proprio lavoro.

Strega sa come farsi apprezzare dalle due donne, che comprendono subito le qualità non solo professionali ma ancor più umane del vicequestore, il quale mostra una grande pietas, un'ammirevole capacità empatica, una raffinatezza di pensiero che lo rende insostituibile per cercare di capire la personalità del Dentista, le caratteristiche del suo modus operandi, le possibili motivazioni che lo hanno spinto a montare questo pseudo tribunale virtuale e ad autoeleggersi giustiziere del popolo.

I tre poliziotti si mettono al lavoro per risalire all'identità del killer e ci riescono, in circostanze pericolose ed avventurose, ma anche molto strane.
Proprio quando sembra che abbiano preso l'uomo giusto, ecco che si accorgono che il successo dell'operazione è parziale: c'è un regista che muove gli attori di questo truculento show, c'è una mente intelligente, organizzata, lucidissima e diabolica dietro la serie di rapimenti, torture ed omicidi che via via continuano a verificarsi, e tutto sotto gli occhi stravolti della polizia e sotto quelli iniettati di sangue e spaventosamente avidi di "giustizia" della gente che, a migliaia, vota online e, ormai in preda a deliri di onnipotenza, comincia a sostenere a gran voce l'operato del Dentista, che considerano uno di loro, un uomo coraggioso che si ribella ad una Legge troppo spesso distratta, parziale, che nega giustizia agli oppressi per avvantaggiare i "mostri".
È un vero e proprio delirio, quello che ha messo perfidamente e scaltramente in atto il Dentista.

Attraverso percorsi rocamboleschi e pericolosi, amare sorprese ed improvvisi contrattempi, in un andare e venire tra l'aspra e misteriosa Sardegna e la chic e torbida Milano, i tre poliziotti dovranno mettere in gioco tutto per affrontare un imprendibile nemico dai mille volti, per tenere a freno l'inevitabile gogna mediatica (sostenuta e amplificata da un certo tipo di televisione che alimenta odio, sospetti, furore popolare) e misurarsi ciascuno con i fantasmi del proprio passato. 


Un colpo al cuore è un romanzo corposo (500 pagine che scorrono via senza che ci si distragga o ci si annoi)  ricco di adrenalina e colpi di scena, intrattiene mirabilmente il lettore che, sempre più coinvolto dal caso da risolvere e dagli aspetti umani ad esso collegati, si appassiona ai ragionamenti e alle ipotesi investigative portate avanti di volta in volta da Strega, Rais e Croce e segue con loro l'evoluzione delle vicende.

Sono tre protagonisti caratterialmente complessi, affascinanti, dalla personalità spiccata, accomunati dall'avere ciascuno i propri tormenti interiori, anche se tra Vito ed Eva c'è un'affinità maggiore, in quanto entrambi sono molto irrequieti e fragili, ma la presenza di Mara - col suo pragmatismo, la sua sicurezza e il suo sarcasmo che "alleggeriscono" un po' la tensione - rende il trio molto equilibrato al suo interno e l'affiatamento che c'è tra loro è uno dei punti di forza che li rendono una squadra formidabile.

È una lettura immersiva, trascinante, che regala molte emozioni, suscita domande, fa sorridere in certi momenti (non manca l'ironia e neanche l'attrazione sessuale, che si innesca fra loro tre), spinge a immedesimarsi nei personaggi, soddisfa chi, come me, ama sì il thriller e il noir ma sa anche che, leggendo Pulixi, non vi troverà solo quello perché l'Autore va ben oltre i confini di questi generi: se c'è una peculiarità che ritrovo sempre nei suoi romanzi e che mi conquista tutte le volte, è il suo saper indagare nell'animo dei  personaggi - positivi e negativi - e di presentarceli senza veli, in tutte le loro molteplici sfaccettature, nelle luci come nelle ombre.
Eva, Mara, Vito: sono certamente gli "eroi" di questo romanzo, coloro che mettono in campo tutte le proprie abilità investigative per consegnare i criminali alla giustizia, ma questo non li rende automaticamente irreprensibili, limpidi, senza macchia.
Sono tre esseri umani con tante fragilità, insicurezze, rimorsi, sensi di colpa, rimpianti, con qualche "buco nero" nell'anima che cercano di riempire in qualche modo per lenire le proprie solitudini.
Questa complessità tocca anche gli assassini cui danno la caccia: è vero, sono capaci di azioni turpi, indegne, ma nessuno di essi (come nessun uomo, del resto) è nato omicida, e se lo sono diventati, qualcosa è successo nelle loro vite e saperlo, forse non ci indurrà a giustificarli, ma a cercare di capire i meccanismi che sono scattati nella loro testa, sì.

Ormai chi mi segue e mi legge da un po' lo sa: per me leggere un romanzo di Piergiorgio Pulixi è una garanzia. Mi piacciono le ambientazioni e il loro fare da sfondo in maniera coerente e funzionale alle vicende e ai personaggi; il saper bilanciare il ritmo narrativo, ora più incalzante nelle scene movimentate, ora più lento quando si sofferma sul mondo interiore dei personaggi, i quali sono sempre ben strutturati e interessanti (secondari compresi); ho apprezzato molto la brevità dei capitoli, tanto più vista la mole del libro, perché questo ha conferito agilità e fluidità alla lettura; le battute finali sono intriganti e fanno sperare di rivedere ancora all'opera Strega-Rais-Croce. 

Concludo davvero (sono un caso disperato, lo so, ma quando un libro mi piace mi lascio andare), consigliandovi questo romanzo in quanto capace di intrattenere, di regalare momenti di evasione e svago pur toccando argomenti molto attuali (le crepe del sistema giuridico, il farsi giustizia da soli, il potere dei social network, l'influenza esercitata da certi brutti programmi tv nei cui salotti hanno luogo, ormai quotidianamente, dei veri e propri processi mediatici) e che credo attirino l'interesse di molti.

Vi lascio con la canzone di Mina che dà il titolo al libro.





 

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2 commenti:

  1. Ciao Angela, non conosco nè il romanzo nè l'autore ma trovo la storia davvero affascinante, comprese le tematiche affrontate, molto attuali! :-)

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    Risposte
    1. ciao Ariel!! pulixi è un autore che consiglio caldamente!!

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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