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domenica 27 gennaio 2019

Giornata della memoria - per non dimenticare



Ricordare perché non accada più.



HOLOCAUST

Abbiamo giocato, abbiamo riso
siamo stati amati
Siamo stati strappati dalle braccia dei nostri genitori e gettati nel fuoco.


Non eravamo nient'altro che bambini.
Avevamo un futuro.

 Saremmo diventati avvocati, rabbini, mogli, insegnanti, madri. 
Abbiamo fatto sogni,  non avevamo speranza. 
Siamo stati portati via nel cuore della notte in macchine come bestiame, senza aria per respirare
 soffocando, 
piangendo,
 morendo di fame, 
morendo. 
Separati dal mondo per non essere più. 
Dalle ceneri, ascolta la nostra supplica.
 Questa atrocità verso l'umanità non può accadere di nuovo. 
Ricordati di noi, perché eravamo i bambini i cui sogni e le cui vite sono state rubate.

Barbara Sonek




Libri sull'argomento recensiti sul blog:


BAMBINO N. 30529 di F. Weinberg
SI CHIAMAVA ANNA FRANK di M. Gies
IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI di G. Bassani
IO NON MI CHIAMO MIRIAM di M. Axelsson
LA TREGUA di P. Levi
SE QUESTO E' UN UOMO di Primo Levi
ANNA FRANK. DIARIO
IL BAMBINO DI SCHINDLER di L. Leyson
LA LISTA DI SCHINDLER di T. Keanellay
LA MIA AMICA EBREA di R. Domino
TRACCE DI MEMORIA di P. Lantos
QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE di S. Domino
SOPRAVVISSUTA AD AUSCHWITZ di E. Schloss
SE NON ORA, QUANDO? di P. Levi
DIARIO di Etty Hillsum
LA FIGLIA DEI RICORDI, di S. McCoy
LA CHIAVE DI SARAH di Tatiana de Rosnay
MI RICORDO di P. Capriolo


sabato 19 gennaio 2019

Libri in wishlist (gennaio 2019)



Libri scovati sbirciando in libreria e viaggiando in pullman, chiaramente finiti in wishlist  ^_-


Il primo romanzo l'ho preso in mano durante un giro alla Mondadori; non l'ho comperato ma son rimasta attratta dal titolo e dalla copertina, così ho cercato la trama e ho appurato che anch'essa mi attira: anzitutto perchè è una storia vera e poi perchè sullo sfondo c'è il triste periodo del nazismo...


LA RAGAZZA CANCELLATA
di Bart Van Es


Ed. Guanda
288 pp
18.50 euro
«Senza le famiglie, non ci sarebbero storie.» 
Bart van Es tira fuori dal passato della propria famiglia una storia mai raccontata prima: la vicenda di Lien, una bambina ebrea che i nonni dell’autore accolsero in casa loro durante l’occupazione nazista, crescendola come se fosse una figlia, ma con la quale misteriosamente interruppero ogni contatto molto tempo dopo la fine della guerra. 
Come mai? 
Che cosa ne era stato di Lien e per quale ragione i rapporti si interruppero? Che cosa impediva di pronunciare perfino il nome di Lien, bambina cancellata dalla memoria? 
Inizia così la ricerca dell’autore, un viaggio nei ricordi personali e del suo paese d’origine, l’Olanda, che lo porterà a esplorare il periodo più buio del secolo scorso e le contraddizioni nascoste in seno alla sua stessa famiglia. 
Scoprirà che Lien è viva e abita ad Amsterdam, e dal loro incontro nascerà un’amicizia speciale e profonda. 
Nel raccontare la sua storia Van Es non tace sulle sofferenze che Lien ha patito durante la clandestinità, affidata a adulti non sempre limpidi nei loro propositi, né sul lungo percorso che, come molti altri sopravvissuti alla Shoah, ha dovuto affrontare anni dopo la fine della guerra per trovare un senso a tutto il dolore vissuto. 



Questo noir di recente pubblicazione, invece, l'ho notato in quanto iscritta alla newsletter di Bompiani Edizioni.


GENNAIO DI SANGUE
di Alan Parks


Ed. Bompiani
trad. M. Drago
368 pp
18 euro
Glasgow, primo gennaio 1973. I festeggiamenti sono appena terminati e l’ispettore Harry McCoy della polizia di Glasgow è impegnato nel carcere di Barlinnie, dove un detenuto gli rivela che una ragazza sta per essere uccisa. 
E forse lui può salvarla. Ma non arriva in tempo. 
In un’affollata stazione degli autobus Tommy Malone spara a Lorna Skirving e poi si toglie la vita. 
I giornali si scatenano, il Capo si aspetta una rapida soluzione del caso. 

Il 30enne Harry McCoy si tuffa nell'indagine, immergendosi in una realtà che è fin troppo nota a un tipo come lui, abituato a trasgredire ordini e passare limiti; tra bordelli, vicoli bui e droghe come unica via di fuga dalla realtà, l’indagine si cala nel mondo dell’intrattenimento sessuale, un mondo dove con i soldi si possono comprare l’anima e il corpo di chiunque. 

Il primo romanzo di Alan Parks è un viaggio nella vita di un uomo inseguito da demoni più che mai reali, nel cuore nerissimo di una città che non lascia scampo, dove ogni speranza di redenzione sembra destinata a sprofondare nelle acque gelide del Clyde.


L'ultimo romanzo lo incrocio tutti i giorni: lo sta leggendo un pendolare in questo periodo, mentre viaggia come me la mattina in pullman.



LA BELVA NEL LABIRINTO
di Hans Tuzzi



Ed. Bollati Boringhieri
327 pp
17.50 euro

Quale filo invisibile lega fra loro un sacerdote di frontiera, un travestito di mezza età e un brillante studente universitario nella cui auto giace cadavere una ragazza? 
E le altre vittime dell’anonima mano omicida che nell’estate del 1987 nelle vie di Milano porta la morte, annunciata dai beffardi e inquietanti Arcani dei tarocchi?
A cosa si riferisce la misteriosa scritta che l’assassino traccia su ogni Arcano? E ha davvero un senso tutto l’armamentario del nazismo esoterico che costantemente affiora fra i più diversi indizi? E i Servizi segreti hanno, in tutto ciò, un ruolo oscuro?

Conscio che in simili casi soltanto una paziente indagine è possibile, ma non è mai sufficiente, poiché occorre anche un aiuto del Caso, o un errore da parte del colpevole, il vicequestore Melis, coadiuvato dai suoi uomini, intraprende un frustrante cammino di conoscenza attraverso una Milano varia e cangiante nelle sue componenti sociali, fra il vizio manifesto da un lato e l’oscuro mondo del fanatismo dall’altro, sino a giungere alla tenebrosa fonte del male che l’uomo infligge all’uomo allorché è convinto di detenere la verità.

giovedì 25 gennaio 2018

GIORNATA DELLA MEMORIA, PER NON DIMENTICARE: FUGA DA BERLINO, di Paolo Chiappero



In occasione del Giorno della Memoria, Mondadori Electa pubblica Fuga da Berlino, romanzo d’esordio di Paolo Chiappero, architetto libero professionista attivo in campo internazionale.


Nelle pagine del libro Paolo Chiappero racconta la rocambolesca fuga da Berlino di suo padre, Giacomo, Internato Militare Italiano in Germania dopo l’8 settembre 1943 e il suo rifiuto di collaborare con la Repubblica di Salò e i nazisti.

Ai prigionieri di guerra spettano tutti i diritti della Convenzione di Ginevra, per cui: visite della Croce Rossa, pacchi di viveri, corrispondenza, niente lavori forzati. A noi internati nessun diritto: solo lavorare, lavorare, lavorare. In sostanza siamo diventati veri e propri schiavi.


Ed. Mondadori
204 pp
17.90 €
DAL 23 GENNAIO 2018
Nel romanzo si narra il viaggio avventuroso che Giacomo affronta con il suo amico e compagno di prigionia, Rino, meccanico in grado di riparare e rimettere in moto un'automobile fortunosamente trovata tra le macerie e che permetterà ai due di fuggire da una Berlino ormai allo stremo.
A bordo dell'auto, Giacomo e Rino attraversano una Germania e un’Europa martoriate dalla guerra e prossime alla liberazione da parte degli Alleati. Nel loro viaggio i due incontrano tedeschi, russi e americani che li aiutano nella loro fuga verso l’Italia, ognuno come può: uomini e donne, civili e militari, che, pur se sopraffatti dalle vicende della guerra con tutte le sue assurdità e i suoi orrori, non perdono la loro umanità e il loro amore per il prossimo.


Perché quell’omone russo ha rischiato la pelle per salvare due poveracci come noi? Cosa ci ha guadagnato?». [...]
«Credo che lo abbia fatto principalmente per se stesso. Per iniziare a ripulirsi la coscienza da tutti gli orrori che ha visto e fatto in questa sporca guerra».


Il viaggio di Giacomo e Rino non è però solo una fuga verso casa, verso gli affetti e la famiglia, ma anche una vera e propria missione: i due vogliono e devono rientrare in Italia vivi per ricordare.


La gente deve sapere, affinché tutto questo non possa più capitare. Lo dobbiamo ai nostri compagni e a tutti quelli che ci sono finiti dentro.

La scrittura di questo racconto [...] non è solo il mio tributo postumo agli eroi della mia vita – scrive Paolo Chiappero –. Immedesimarmi in loro, cercando di rivivere quella esperienza terribile ed eccitante allo stesso tempo, mi ha reso consapevole di un’altra verità a me, come ai più,  sconosciuta: la grandezza del fiero rifiuto di gran parte dei soldati italiani, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, di aderire alla Repubblica di Salò e di integrarsi nell’esercito nazista.

Scritto per non dimenticare.

Paolo Chiappero è nato il 26 marzo 1966 a Pinerolo dove vive
con la moglie e due figli. Architetto libero professionista dal 1992.
Vincitore di alcuni premi e concorsi di architettura. Ha fatto parte del gruppo di progettazione del nuovo stadio Filadelfia Torino Calcio, inaugurato nel 2017. È al suo primo romanzo.

venerdì 27 gennaio 2017

GIORNATA DELLA MEMORIA: Frammenti di "Se questo è un uomo"



Due frammenti - tra i tanti! - che mi hanno colpito di "Se questo è un uomo" e che desidero condividere oggi con voi:


"Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla più e nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga. (...) Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e biso gno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine «Campo di annientamento», e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo."




"Sappiamo donde veniamo: i ricordi del mondo di fuori popolano i nostri sonni e le nostre veglie, ci accorgia mo con stupore che nulla abbiamo dimenticato, ogni memoria evocata ci sorge davanti dolorosamente nitida. Ma dove andiamo non sappiamo. Potremo forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla fame che ci consumano: e dopo? Qui, lontani momentaneamente dalle bestemmie e dai colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non ritorneremo. Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato cento volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell’anima prima che dalla morte anonima. Noi non ritorneremo. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all’uomo di fare dell’uomo."



mercoledì 25 gennaio 2017

Recensione: SE QUESTO E' UN UOMO di Primo Levi



Recensire libri che raccontano in modo diretto esperienze inumane come quella narrata da Primo Levi in "Se questo è un uomo", non è mai semplice per me, perchè questo tipo di letture mi coinvolge sempre tanto a livello emotivo.

Se questo è un uomo, a mio modestissimo avviso, fa parte di quei libri che vanno letti, perchè leggerlo vuol dire fare in modo che la voce di queste persone, miracolosamente sopravvissute alla devastante esperienza dei campi di concentramento, continui a rimbombare nelle orecchie di tutti noi e delle generazioni future, affinchè il ricordo di quello che è stato non vada mai dimenticato.

"Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui."


SE QUESTO E' UN UOMO
di Primo Levi



Ed. Einaudi
272 pp
10.50 euro
2005
Primo Levi giunge nel campo di lavoro (Arbeitslager) di Buna-Monowitz (Auschwitz III) nel febbraio 1944 e ne uscirà nel gennaio dell'anno dopo, in seguito all'arrivo dell'Armata Russa.
Reduce da Auschwitz, pubblicò "Se questo è un uomo" nel 1947.

La testimonianza che giunge a noi da queste pagine è sconvolgente perchè trasporta il lettore con la mente nelll'inferno dei Lager.

Primo ci racconta lo sgomento iniziale provato, insieme agli altri italiani compagni di sventura, il senso indefinito di rassegnazione e di paura di fronte alla consapevolezza di essere finiti in un luogo dal quale, quasi sicuramente, non sarebbero usciti.
Non vivi, almeno.
E man mano che passano le ore, i giorni, le settimane, si fa spazio l'agghiacciante pensiero che... lì dentro, al di qua del filo spinato, ogni Häftling (prigioniero) è già morto dentro, nell'animo; nonostante tutto, egli deve continuare a "vivere in questo dramma pazzo", in questo macabro teatro in cui degli uomini hanno deciso di vestire i panni di carnefici ed oppressori violenti e folli e di rendere i propri simili come delle bestie, di annullarne ogni umanità.

Al deportato nel Lager veniva tolto tutto quanto possedeva: nome, ricordi, lingua, oggetti personali, abiti, capelli...
Cosa ne restava? Un involucro vuoto, un ammasso di sofferenza ambulante, con le spalle ricurve, gli occhi spenti, la faccia scarnificata, le gambe e le braccia secche come bastoni.


"Häftling: ho imparato che io sono uno Häftling. Il mio nome è 174 517; siamo stati battezzati, porteremo finché vivremo il marchio tatuato sul braccio sinistro."


" Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.".

Lavoro, fatica, percosse, freddo, paura, solitudine, fame: questo è il pane quotidiano dei deportati, ciò che li affligge durante le ore del giorno ma anche della notte, sottoforma di incubi o di insonnia.

Nel Lager, ci dice Levi, esisono sostanzialmente due categorie di esseri umani: i sommersi e i salvati, perchè la lotta per la sopravvivenza è senza remissione in quanto ognuno è "disperatamente ferocemente solo". Avviene uno spietato processo di selezione naturale, in una situazione tristemente straordinaria come quella del campo di concentramento, dove i salvati sono coloro che ce la faranno, che riescono a sopravvivere, e i sommersi - la maggior parte - coloro che soccombono e che, negli anni, quando l'Autore sarà al sicuro nella propria casa, continueranno a popolare i suoi dolorosi ricordi.

Perchè da Auschwitz, in un certo senso, non si esce più, perché il ricordo di quei mesi "mi percuote nei sogni", scrive Primo, che conscio della immane tragicità di quanto vissuto, nei mesi successivi alla liberazione sentirà il legittimo ed urgente bisogno di raccontare cosa ai tedeschi è venuto in mente di architettare a danno di milioni di persone.

Raccontare non solo per far sapere, per render noto al mondo a quale livello di ferocia è possibile giungere, ma anche per provare a liberarsi interiormente di quest'incubo.

Si legge questo scritto autobiografico con un senso di profonda tristezza e orrore; tristezza per le povere vittime di tanta malvagità e lucida follia - che siano vittime "salvate" o "sommerse" -, orrore per coloro che questo genocidio lo hanno organizzato e attuato.

Il Lager è il luogo della negazione, che annulla l'umanità e la dignità umana, non solo nelle vittime ma anche nei carnefici.

Ciò che colpisce dell'analisi lucida, asciutta, essenziale tramandataci da Levi è apprendere come lui (e, attraverso le sue parole, i deportati in generale) fosse convinto che sarebbe morto lì, in quelle baracche al freddo, o lavorando duramente fuori, a qualsiasi temperatura, stremato dalla debolezza, dalla fame, dal freddo.

"...ma per noi, ore, giorni e mesi si riversavano torpidi dal futuro nel passato, sempre troppo lenti, materia vile e superflua di cui cercavamo di disfarci al più presto. Conchiuso il tempo in cui i giorni si inseguivano vivaci, preziosi e irreparabili, il futuro ci stava davanti grigio e inarticolato, come una barriera invincibile. Per noi, la storia si era fermata".

Ogni giornata poteva essere vissuta solo pensando all'oggi, il che significava stringere i denti e cercare di incassare meno botte possibili, di garantirsi la quotidiana razione di zuppa e pane, di non farsi rubare la gamella o il cucchiaio o (peggio ancora) le scarpe; di cercare di arrivare a domani, al giorno successivo, e a quello successivo ancora.

E Primo sa che, se è sopravvissuto, è (anche) grazie a una serie di coincidenze fortunate e a persone che l'hanno preso in simpatia e l'hanno aiutato; ad es., la sua laurea in Chimica ha avuto un peso nel determinare il suo destino, così come l'aver preso la scarlattina verso la fine della prigionia; oppure persone come Alberto* e Lorenzo**, che hanno contribuito a dargli un minimo di sollievo; in particolare, Lorenzo è stato per Primo una figura amica, un grande aiuto per lui, perchè con la sua umanità pura e incontaminata ha fatto sì che Primo non dimenticasse di essere egli stesso un uomo.

E' un libro che si divora, per il linguaggio, semplice e sobrio ma allo stesso tempo denso di rimandi letterari - da Dante alla Bibbia -, il modo di scrivere diretto, il racconto nitido e chiaro di un'esperienza devastante, e leggendolo inevitabilmente ci passano davanti agli occhi le immagini della vita in quell'inferno, e attraverso le parole dell'Autore proviamo, seppur lontanamente, a immaginare come dev'essere stato vivere lì, circondati dal degrado, dall'umiliazione, dalla paura di non esserci l'indomani ma di venire gettati nelle camere a gas.

Non posso che consigliare la lettura di questo libro.


*Alberto Dalla Volta
**Lorenzo Perrone



sabato 21 gennaio 2017

PER NON DIMENTICARE. I FILM IN TV PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA



Come ogni anno, in occasione della Giornata della Memoria, vado alla ricerca di film e documentari dedicati all'argomento.

per non dimenticare


Questa lista l'ho stesa basandomi sul sito filmtv.it

Peccato solo che alcuni documentari interessanti vadano in onda.. a notte fonda! >_<

Se sapete di altri film o di servizi/documentari, potete segnalarmeli nei commenti! ;))



SABATO 21 GENNAIO


Canone inverso. Making Love   - CANALE 5  h 3:00

Drammatico - Italia 2000 - durata 105'
Regia di Ricky Tognazzi
Con Hans Matheson, Mélanie Thierry, Gabriel Byrne, Lee Williams


DOMENICA 22 GENNAIO


Il giardino dei Finzi Contini     RAI STORIA h 21:10 (anche lun 23, ore 9:30, Rai Storia)

Drammatico - italia 1971 - durata 93'
Regia di Vittorio De Sica
Con Lino Capolicchio, Dominique Sanda, Fabio Testi, Helmut Berger, Romolo Valli


LUNEDI' 23 GENNAIO


Conspiracy - Le origini della Shoah    CIELO h 21:15

Guerra - Gran Bretagna/USA 2001 - durata 105'
Titolo originale Conspiracy
Regia di Frank Pierson
Con Kenneth Branagh, Colin Firth, Stanley Tucci, David Threlfall



 MARTEDI' 24 GENNAIO


La caduta. Gli ultimi giorni di Hitler     RAI MOVIE  h 11:40 

Drammatico - Germania/Italia/Austria 2004  - durata 150'
Titolo originale Der Untergang
Regia di Oliver Hirschbiegel
Con Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch, Ulrich Matthes, Juliane Köhler


Colette    RETE 4 ore 21:15 

Drammatico - Slovacchia, Repubblica Ceca 2013 - durata 126'
Titolo originale Colette
Regia di Milan Cieslar
Con Jirí Mádl, Clémence Thioly, Eric Bouwer, Andrej Hryc, Zuzana Mauréry

Basato su un racconto di Arnošt Lustig e ambientato durante le terribili violenze scaturite dalla Seconda guerra mondiale, il film racconta l'amore tra Villi e Colette: catturati dai nazisti e mandati nel campo di concentramento di Auschwitz, rischieranno le loro stesse vite per fuggire e far sopravvivere il loro sentimento.



MERCOLEDI' 25 GENNAIO

,

Storia di una ladra di libri    CANALE 5  ORE 21:25

Drammatico - USA 2013 - durata 127'
Titolo originale The Book Thief
Regia di Brian Percival
Con Sophie Nélisse, Geoffrey Rush, Emily Watson, Ben Schnetzer, Nico Liersch




GIOVEDI' 26 GENNAIO


Vento di primavera    RAI 3 h 21:15

Drammatico - Francia/Germania/Ungheria 2010 - durata 115'
Titolo originale La rafle
Regia di Roselyne Bosch
Con Jean Reno, Mèlanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphaëlle Agogué, Hugo Leverdez

Eichmann      RAI 2 h 0:40

Drammatico - Ungheria, Gran Bretagna 2007 - durata 100'
Titolo originale Eichmann
Regia di Robert Young (I)
Con Thomas Kretschmann, Troy Garity, Franka Potente, Stephen Fry


VENERDI' 27 GENNAIO



Il segreto di Thomas   RETE 4 h 16:25
.


Drammatico - Italia 2002 - durata 150'
Regia di Giacomo Battiato
Con Giovanna Mezzogiorno, Klaus Maria Brandauer, Thomas Sangster, Giorgio Pasotti

1942, il Sud della Francia è occupato dai nazisti. Thomas è un bambino prodigio (eccelle nel gioco degli scacchi) e sua madre, Maria von Gall, è a capo di un'organizzazione che aiuta gli ebrei a lasciare il paese; di suo padre il bambino non sa nulla. Il ragazzo sarà inseguito dallo scaltrissimo Gregor Lämmle, professore di filosofia, che deve aiutare la Gestapo a recuperare il grande patrimonio degli ebrei custodito dalla famiglia von Gall. Sulle tracce di Thomas c'è anche il gruppo di mercenari francesi assoldati da Lämmle e capeggiati da monsieur Henri. 


Enigma   RAI MOVIE h 18.50

Thriller - Germania/Gran Bretagna/USA 2001 - durata 117'
Titolo originale Enigma
Regia di Michael Apted
Con Dougray Scott, Kate Winslet, Saffron Burrows, Jeremy Northam


Schindler's List    IRIS h 21

Drammatico - USA 1993 - durata 194'
Titolo originale Schindler's List
Regia di Steven Spielberg
Con Liam Neeson, Ben Kingsley, Ralph Fiennes, Caroline Goodall, Embeth Davidzt


Elser - 13 minuti che non cambiarono la storia RAI 2 h 21:20

Drammatico - Germania 2015 - durata 110'
Titolo originale Elser
Regia di Oliver Hirschbiegel
Con Christian Friedel, Katharina Schüttler, Burghart Klaußner, Michael Kranz


Rosenstrasse   RAI MOVIE h 21:20

Drammatico - Germania 2002 - durata 120'
Titolo originale Rosenstrasse
Regia di Margarethe Von Trotta
Con Katja Riemann, Maria Schrader, Jürgen Vogel, Martin Feifel, Isolde Barth, Jan Decleir

Ruth è un'ebrea di New York. Alla morte del marito reagisce con durezza, sfogando il suo dolore nell'ortodossia ebraica. Cerca anche di impedire il matrimonio della figlia Hannah, la quale decide di andare a Berlino per cercare le ragioni del comportamento della madre. Qui, la giovane incontra Lena che le racconta l'episodio che nel 1943 la vide coinvolta insieme con Ruth: centinaia di donne ebree protestarono a Rosenstrasse contro la deportazione dei loro mariti. La manifestazione fu di proporzioni così vaste che i nazisti si videro costretti ad arrestarle.

Il diario di Anna Frank   RSI LA2 h 22:05
Drammatico - Gran Bretagna 2008 - durata 110'
Titolo originale The Diary of Anne Frank
Regia di Jon Jones
Con Ellie Kendrick, Kate Ashfield, Tamsin Greig, Geoff Breton, Roger Frost, Iain Glen



Arrivederci ragazzi     RAI MOVIE h 23:45

Drammatico - Francia 1987 - durata 103'
Titolo originale Au revoir les enfants
Regia di Louis Malle
Con Gaspard Manesse, Raphaël Fejto, Philippe Morier-Genoud



Memory of the Camps - Memoria dei campi      IRIS h 0:20

Documentario - Regno Unito 2014 - durata 50'
Titolo originale Memory of the Camps
Regia di Sidney Bernstein, Alfred Hitchcock
Con Adolf Hitler


Senza via di scampo - La vera storia di Anna Frank   RETE 4 h 0:20

Documentario - USA, Germania, Svizzera, Regno Unito 2015 - durata 73'
Titolo originale No Asylum: The Untold Chapter of Anne Frank's Story
Regia di Paula Fouce



Süskind - Le ali dell'innocenza    RAI 2 h 1:45

Drammatico - Olanda 2012 - durata 118'
Titolo originale Süskind
Regia di Rudolf van den Berg
Con Jeroen Spitzenberger, Karl Markovics, Katja Herbers, Nyncke Beekhuyzen

domenica 24 gennaio 2016

Film da vedere in tv per la Giornata della Memoria




Carissimi lettori, la ricorrenza annuale dedicata al ricordo dell'immane tragedia dell'Olocausto si avvicina e come sempre in tv saranno dedicati programmi e film all'argomento.
Cercherò di segnalarvi alcuni film previsti, ma se qualche film mi sfugge, sentitevi liberi di condividerlo nei commenti!! ^_-.



Domenica 24 gennaio

Rai 1
Alle 03:15 andrà in onda la 1^ parte del film tv La fuga degli innocenti, per la regia di Leone Pompucci, con Ken Duken, Jasmine Trinca, Ennio Fantastichini, Ana Caterina Morariu, Nino Frassica e con la partecipazione straordinaria di Max Von Sydow.

Primavera del 1941. La rete clandestina di soccorso della comunità ebraica riesce a far espatriare in Croazia un gruppo di ragazzi i cui genitori sono stati catturati dai nazisti. In attesa di partire per la Palestina, vengono accolti da Abraham, rabbino-capo di Zagabria, che però, di lì a poche settimane viene arrestato. Prima di essere deportato, il rabbino incarica suo figlio Joseph di portare in salvo i ragazzi. Li aiuta anche l'avvocato Levi, con denaro e cinquanta lasciapassare per la zona di occupazione italiana. Ma la fuga verso la salvezza si presenta disseminata di pericoli...

Lunedì 25 gennaio

Rai 1
Alle 03:05 andrà in onda la 2^ e ultima parte del film tv La fuga degli innocenti

Martedì 26 gennaio

Rai 2
Alle 24:20 andrà in onda il film La scelta di Sophie (1982) diretto da Alan J. Pakula e tratto dall'omonimo romanzo di William Styron, con protagonisti Meryl Streep e Kevin Kline.


New York, 1947: Sophie, emigrata polacca sopravvissuta ad Auschwitz, stringe una forte amicizia con un giovane scrittore, Stingo e gli racconta la sua traumatica esperienza al campo di concentramento..

Mercoledì 27 gennaio


RAI  PREMIUM

Alle 14:00 - PERLASCA. UN EROE ITALIANO con Luca Zingaretti.

Perlasca (interpretato da Luca Zingaretti) era un uomo comune e fascista convinto, al punto di abbandonare la propria vita e il proprio lavoro per andare a combattere in sostegno di Francisco Franco nella guerra civile spagnola. Ma presto cominciò a prendere le distanze dal fascismo; gli eventi mostruosi di quegli anni con le leggi razziali e la persecuzioni degli ebrei lo misero di fronte a una realtà che fu impossibile ignorare, e nel 1943 a Budapest, l’uomo si trasformò in eroe. Fingendosi Console onorario spagnolo riuscì a salvare la vita a oltre cinquemila ebrei ungheresi destinati al lager e a morte certa.

Per quanto riguarda Mediaset, Rete 4 celebra la Giornata della Memoria con tre grandi film evento:


"Memory of the camps - Memoria dei Campi" di Alfred Hitchcock, in seconda serata


Venerdì 29 gennaio 

Rai 3
Alle 21:00, in Prima visione TV, il film In Darkness (Polonia - Francia - Canada - Germania, 2011 — col.), regia di Agnieszka Holland, con Robert Wieckiewicz, Benno Ftirmann, Agnieszka Grochowska.

Seconda Guerra Mondiale, 1943, nella Polonia occupata dai Nazisti. Leopold Socha è un operaio che lavora nella rete fognaria di Lvov e che non esita a mettere in pratica piccoli furti ed espedienti per garantire la sopravvivenza a se stesso e alla sua famiglia. Un giorno, durante il suo lavoro, Leopold si imbatte in un gruppo di ebrei rifugiati nelle fogne e accetta di aiutarli a rimanere nascosti in cambio di un compenso. Quello che inizia come un semplice accordo commerciale, si trasformerà in 14 mesi di disperata e pericolosa lotta per la vita...

Rai Movie

In prima serata, alle 21:15, Arrivederci ragazzi di Louis Malle, premiato con il Leone d'Oro alla 65ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

A Parigi nel 1944, l'undicenne Julien Quentin ed il fratello François salutano la madre, costretta a separarsi da loro a causa della guerra e della situazione che in città sta diventando sempre più critica. I due fratelli arrivano nel collegio di gesuiti dove giungono anche altri ragazzi benestanti ed incoscienti: in breve tutti riprendono la vita spensierata di allievi più o meno studiosi. Fra loro vengono inseriti dal rettore, padre Jean, tre ragazzi più grandi, uno dei quali, Jean Bonnet, timido, molto sensibile, attira subito la curiosità di Julien, che è un pò il leader del gruppo. Tra Julien e Jean nasce pian piano una profonda amicizia: il primo insegna all'altro trucchi nei giochi e lo inserisce a pieno titolo nel gruppo dei compagni; il secondo, più dotato ed intelligente, gli mostra come sia facile suonare il piano e gli presta degli interessanti libri. Intanto la vita al collegio scorre normalmente. Purtroppo i bombardamenti sono sempre più frequenti e i ragazzi e gli insegnanti sono costretti ad andare nei rifugi oscuri, umidi e maleodoranti. Julien capisce che il suo amico Jean non è cattolico come lui ma ebreo e il suo vero nome è un altro. Nel collegio lavora come sguattero Joseph, un ragazzo zoppo che si arrangia a guadagnare qualche extra facendo mercato nero. Ma viene scoperto e licenziato: questi per vendetta denuncia alla Gestapo la presenza dei tre ragazzi ebrei nella scuola. I tedeschi fanno quindi irruzione nell'istituto e perquisiscono ogni angolo...

In seconda serata, dopo Movie Mag di Alberto Crespi dedicato al tema, andrà in onda Vento di primavera di Roselyne Bosch con Jean Reno e Mélanie Laurent. 

La Francia è sotto l'occupazione tedesca. Gli ebrei vengono prima costretti a portare la stella gialla, poi vengono allontanati da ogni luogo pubblico, dal loro impiego, dalle scuole. Nel quartiere di Montmartre vivono molte famiglie ebree tra cui quella di Joseph, 10 anni. Nella notte tra il 15 e il 16 Luglio, oltre 13.000 ebrei furono arrestati a Parigi. Vennero divisi in 2 categorie: le famiglie con figli e le persone nubili. Le prime, radunate nello stadio del velodromo d’inverno, il Vel d’Hiv di Parigi. I secondi smistati nel campo di Drancy, alla periferia della capitale francese, in attesa di essere deportati ad Auschwitz. Ma un mattino Joseph e gli altri bambini vengono separati dai genitori...


lunedì 11 gennaio 2016

Recensione: LA TREGUA di Primo Levi



Appena terminato un libro intenso che, in particolare nelle ultime pagine, mi ha messo su un magone di tristezza e commozione.

Giornata della Memoria

LA TREGUA
di Primo Levi


Ed. Einaudi
10 euro
272 pp
2005
Nel gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz furono aperti; spinti dall'avanzata dell'Armata Russa, i tedeschi si diedero precipitosamente alla fuga, nonostante l'ordine "dall'alto" fosse quello di non lasciare sopravvissuti e di "recuperare ogni uomo abile al lavoro".

Da quel momento inizia l'odissea di Primo Levi - e del resto dei sopravvissuti al Lager - verso la libertà, in vista del ritorno a casa.

In questo suo secondo romanzo - col quale vinse nel 1963 la prima edizione del premio Campiello e da cui è stato tratto, nel 1997, un film per la regia di Francesco Rosi, con protagonista John Turturro -, che è il seguito di Se questo è un uomo (1947), Levi narra proprio di questo suo rocambolesco viaggio che, partendo dalla terribile e dolorosa Auschwitz, lo porterà a Torino, ma soltanto dopo aver attraversato ben sette Paesi: Polonia, Unione Sovietica (Bielorussia e Ucraina), Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, Austria (due volte), Germania. 

È un viaggio incredibile, popolato da personaggi  multiformi e pittoreschi, tutti a modo loro segnati da una guerra non ancora davvero finita, e forse, come dice il Greco - uno degli uomini con cui Primo si ritroverà a legare i primi tempi - "la guerra non finisce mai".
Il lungo periodo che precederà il sospirato ritorno nella sua Torino va da gennaio ad ottobre, e vede il nostro Autore stremato da fatiche, digiuni, umiliazioni, malattie, ma sempre mosso da una buona dose di determinazione per cercare di continuare a sopravvivere, nonostante il tortuoso viaggio che lo aspetta e la sosta in diversi campi russi non sempre super puliti o organizzati.

Il viaggio di Levi, come dicevo, si popola man mano di persone, fatti, aneddoti, valutazioni e riflessioni personali, in cui emergono le difficili condizioni di vita dei sopravvissuti, che in fondo non sempre ricevono quella pietosa accoglienza che si sarebbero aspettati, dopo l'orrore visto e subito nei campi di concentramento.
Un orrore incancellabile e per sempre racchiuso negli occhi e nella mente di chi ne è stato vittima:

"Poichè, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno ha mai potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell'offesa, che dilaga come un contagio. E' stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l'anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia"

Ma siamo ancora all'inizio e non tutti sanno bene - o vogliono sapere? - quello che è successo in quei posti tremendi per mano dei vigliacchi nazisti tedeschi, e spesso Levi e compagni dovranno fare i conti con atteggiamenti di diffidenza, sospetto, misti a una indefinita pietà, da parte dei popoli presso cui troveranno temporaneamente rifugio.

Levi ci descrive il trascorrere dei giorni, dei mesi, all'interno dei campi russi, in attesa di poter mangiare, di potersi lavare, di conoscere il proprio destino; ed intanto, al pari di una commedia umana, ci passano davanti episodi di vita quotidiana che spesso fanno sorridere, altre volte fanno tristezza, in cui Levi ricorda con e per noi le diverse persone incontrate: dall'efficiente infermiera Marja alla segretaria giovane e prorompente Galina, dal burbero e cinico Mordo Nahum - chiamato il Greco - all'esuberante romanaccio Cesare.

Il Nostro passa le giornate, che scorrono spesso noiose e lente, con compagni di viaggio più esuberanti e creativi di lui, e tra essi spiccano in particolare i già citati il Greco e Cesare, accomunati da un alto senso pratico e una spiccata propensione per gli affari, pur essendo diametralmente opposti di carattere (scontroso e taciturno il primo, solare e spensierato il secondo); e lui segue i due compari come un segugio, occupando il tempo in negoziazioni per le quali non è molto portato, ma che quantomeno gli permettono di metter qualcosa nello stomaco e di riempire le giornate...:

"...allo scopo di non aver tempo, perchè di fronte alla libertà ci sentivamo smarriti, svuotati, atrofizzati, disadattati alla nostra parte"

E così le settimane passano, mentre il sogno ad occhi aperti di tornare in patria resta, accompagnato da altri piccoli deliri giornalieri, altri sogni più confusi, insensati, perchè

"E' questo il frutto più immediato dell'esilio, dello sradicamento: il prevalere dell'irreale sul reale. Tutti sognavano sogni passati e futuri, di schiavitù e di redenzione, di paradisi inverosimili, di altrettanto mitici e inverosimili nemici cosmici, perversi e sottili, che tutto pervadono come l'aria".

Storie di singole persone che sono passate - anche se brevemente - nella vita dell'Autore, lasciando ciascuna un loro segno, un ricordo degno di essere trascritto e "immortalato"; storie di una vita che ricomincia con timore, paura, speranza, con addosso 

"la sensazione greve, incombente, di un male irreparabile e definitivo, presente ovunque, annidato come una cancrena nei visceri dell'Europa e del mondo, seme di danno futuro".

Ho letto questo libro sempre col pensiero di quel è stata la morte di Primo Levi, e sono giunta alle ultime righe, come vi anticipavo, con un senso enorme di tristezza.

Quanta è stata immane e inumana l'esperienza dei Lager per chi c'è stato, per ogni singola persona che l'ha vissuta e che è riuscita a sopravviverne?

Il ritratto che del viaggio - e, con esso, delle persone incontrate, dei fatti accaduti... - verso casa ci ha dato l'Autore è struggente ed intenso, perchè incredibilmente lucido e vero, scritto con una penna ora ironica e leggera, ora greve e nostalgica, di certo sempre essenziale e diretta, di chi sta riportando qualcosa che ricorda bene, che mai dimenticherà, e lo è ancor di più - ed è questo che mi commuove e tocca profondamente - se si pensa al fatto che arrivare a casa, ritrovarsi in compagnia di familiari ed amici, in un clima finalmente disteso e sereno, non ha significato automaticamente uscire dall'incubo del Lager anche con la mente e col cuore.

Eh no, la memoria di un sopravvissuto, ci dice Levi, torna là, in quel campo, e sembra quasi che quella sia la realtà e la propria casa sia il sogno.
Il numero tatuato a ricordargli cosa ha vissuto, e nelle orecchie quella voce perentoria e tragicamente nota che, crudelmente, continua a chiamarti all'appello, come a ricordargli che una parte di lui non sarà mai libera.

Non posso che consigliare la lettura di questo romanzo autobiografico.


libro sull'Olocausto

sabato 11 luglio 2015

Segnalazione: "Le pagine bianche di Anne Frank" di Dario Pezzella.



Cari amici, da oggi il blog darà ufficialmente in ferie per una settimana ^_^


252 pp
13.90 euro
2015


L'ultimo post prima di andare in ferie è per segnalarvi un libro, che ha a che fare con Anna Frank.
E' stato l'Autore stesso a segnalarmi il suo libro: "Le pagine bianche di Anne Frank" di Dario Pezzella.
Si tratta del seguito del Diario più famoso della storia, l'ideale prosecuzione, anzi, l'effettiva continuazione del Diario di Anne Frank e racconta il martirio dei campi di concentramento vissuti con gli occhi della vittima più famosa della Shoah, che cerca a tutti i costi di sfuggire alla morte solo con la forza della propria immaginazione.
E' con la poesia e il grande amore per la vita, che Anne accompagna il lettore in questo tenero e crudo viaggio nei suoi pensieri.
Il ricavato sarà devoluto in beneficenza.




LINK UTILI

martedì 19 maggio 2015

Recensione: IL DIARIO DI ANNA FRANK



Un libro che ho amato e continuo ad amare, e finalmente lo condivido con voi, lettori ed amici.


IL DIARIO DI ANNA FRANK


Quando la giovanissima Anne comincia a scrivere il suo diario, nel giugno del 1942, è una 13enne allegra, intelligente, con un grande spirito di osservazione, capace di inquadrare immediatamente gli altri – coetanei e adulti – e di descriverli in poche parole.

Mi ha sempre fatto tenerezza il pensiero che una ragazzina così spiritosa, giocherellona e socievole potesse essere altrettanto sensibile, acuta e matura da realizzare come, nonostante attorno a lei ci fossero tante persone – tutte potenziali confidenti -, in realtà a nessuna di esse ella sentiva di poter confidare tutto quel che provava e pensava, e proprio per questo vide in Kitty (il nome dato al diario segreto) la sua unica confidente.
Nonostante la vita di Anne, all’inizio del diario, ci appaia come sufficientemente tranquilla, l’ombra cupa e terribile delle leggi antisemite aleggia sulla vita della sua famiglia, e soltanto un mese dopo, la famiglia Frank, con l’aiuto di Miep Gies e di altri pochi amici, dovrà nascondersi negli uffici in cui lavorava Otto Frank, in Prinsengracht 263, ad Amsterdam.

Le giornate della giovane Anne cambiano radicalmente: avere 13 anni ed essere costretta a restartene chiusa in casa, facendo sempre attenzione a non fare troppo rumore, consapevole ogni giorno e ogni notte del pericolo di essere scoperti ed arrestati, non è una cosa semplice da vivere e gestire.

Ma fa sorridere e commuovere la forza e la voglia di vivere di quest’adolescente, nelle cui pagine - in cui racconta le giornate nel nascondiglio, delle litigate con la mamma e con i coinquilini, Van Daan e il dentista Dussell -, mostra sempre e fino alla fine una gran fiducia nella vita e nel futuro.

Quando, col passare di mesi, le notizie sull’andamento della guerra continuano a peggiorare e le poche positive non sembrano far ben sperare, la fiducia di riuscire a sopravvivere alla guerra si scontra con la paura, legittima, che questo non accadrà…

Anne ha una personalità determinata, forte, ma è ancora in formazione e, anche se le prove della vita l’hanno necessariamente resa più matura per l’età che ha, resta un’adolescente con i suoi bisogni, con i turbamenti derivanti dai cambiamenti psico-fisici che sta vivendo, con le sue pulsioni, i suoi desideri.

E non sono poche le pagine di diario in cui Anne si sfoga parlando degli adulti che la circondano, lamentandone l’ottusità, il loro non voler capire le esigenze e le vedute dei giovani: mamma Edith è tanto “moderna”, coraggiosa e pacata ma quanto riesce a far innervosire la figlia minore trattandola come una bimbetta?! E verso di lei Anne non ha certo parole di lode, anzi arriva a dire – con la foga propria dell’adolescente, che tende ad enfatizzare le emozioni – di non volerle bene e di ritenerla antipatica.

E vogliamo parlare della stupidità, della saccenteria e della superficialità della signora Van Daan? E della semplicioneria del marito?

Nonostante si parli spesso bene dei rapporti tra sorelle, Anne dichiara di non sentirsi molto affine e vicina alla maggiore, Margot, da tutti ritenuta più bella, più giudiziosa, insomma più tenuta in considerazione rispetto alla sorellina sciocca e chiacchierona. Non nascondo che avrei voluto che ci fosse pervenuto anche il diario di Margot, per leggere e conoscere anche i suoi sentimenti, le sue paure, i turbamenti, i desideri non rivelati…, la sua solitudine.

Il papà, chiamato affettuosamente Pim, è l’unico adulto in cui Anne trova comprensione, conforto…, eppure anche Pim a volte non la capisce del tutto, non la difende come lei vorrebbe, e questo finisce per deludere la nostra Anne, che si sente sempre più sola.

E poi c’è lui, il maschietto di casa, Peter Van Daan, con cui Anne non lega da subito, ritenendolo
peter van pels
pigro, troppo timido e sciocco, ma che un anno e mezzo dopo (dall’entrata nel rifugio) diventerà per lei una figura importante, che le regalerà tante emozioni e piccole gioie.

Gli ultimi mesi del diario sono quelli che, ogni volta, mi commuovono tanto, forse perché so che si avvicina l’ultima pagina, oppure perché la stessa Anne - che nel rifugio, in due anni, è senza dubbio cresciuta, maturata - ci ha lasciato in eredità delle frasi e dei passaggi molto belli, che ci aprono uno spiraglio sulla sua anima, sui suoi sentimenti, sulle aspettative nutrite verso un domani che non si prefigurava poi tanto roseo.

L’Anne del nascondiglio ha, nonostante le condizioni non siano a lei favorevoli, modo di crescere, di diventare una piccola donna, capace di autoesaminarsi, di riconoscere pregi e difetti suoi e altrui; se c’è un aspetto di Anna che emerge prepotente, nel corso del diario, è la voglia (il bisogno) di essere considerata, rispettata per quella che è, di ricevere coccole, attenzioni, conforto.

Anne, onesta com’è, non si vergogna certo di scriverlo:


 “Spesso ho bisogno di essere consolata, di frequente non sono abbastanza forte e le volte che sbaglio sono di più di quelle in cui riesco a comportarmi come vorrei.”

Emerge ancora un’Anne sensibile di fronte alla bellezza della natura, la sola che resta oltre tutto, oltre noi, oltre l’infelicità e la tristezza personali, alla quale possiamo guadare con gioia perché da essa prendiamo la serenità di cui abbiamo bisogno ogni giorno per ricordare a noi stessi che finchè abbiamo il cielo sopra di noi... non avremo mai una vera e propria ragione per essere infelici.

“Per tutti quelli che hanno paura, si sentono soli o infelici, il sistema migliore è certamente uscire, andare in un posto in cui si è completamente soli, soli col cielo, con la natura e con Dio. Perchè soltanto allora, solo allora si avverte che tutto è come deve essere e che Dio vuole che gli uomini siano felici nella natura semplice, ma bella. Finchè esiste questo, ed esisterà sempre, so che in qualsiasi circostanza può esserci consolazione. E sono fermamente convinta che la natura può cancellare molte miserie.

E tocca profondamente leggere la fiducia che una ragazzina di 15 anni, costretta dalla follia dell’uomo a nascondersi per evitare l’arresto o una fine ben peggiore, custodisce dentro sè, continuando a credere, ancora e nonostante tutto, nella bontà dell’uomo.

“Nonostante tutto, continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità."

Quando lessi il diario di Anne per la prima volta non avevo ancora 13 anni, ma ricordo con quanta partecipazione ne lessi le emozioni, i pensieri, i desideri, le vicende vissute da lei e da chi le era accanto. Ricordo bene quanto la sentissi vicina a me in tanti lati del carattere e come questo me la rese, nel mio immaginario, una sorta di “amica”, che avrei voluto incontrare, con cui avrei desiderato parlare, o anche semplicemente ascoltarla, visto che Anne era un tipetto molto espansivo ma, allo stesso tempo, una ragazzina arguta e sensibile.

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Un'adolescente che sognava di diventare una giornalista e una scrittrice e con questo diario (sarebbe più corretto dire “i diari”) è riuscita sicuramente a lasciare qualcosa di importante, un documento storico ed umano, che si aggiunge agli altri, circa le sofferenze subite dalle vittime di un terribile conflitto mondiale.

Rileggo, dopo tanti anni, questo diario e ritrovo, non senza commozione, la "mia" amica Anne, e dalla sua voce mi arriva, intatta, la sua allegria, la sua schiettezza, il coraggio che l’hanno accompagnata sempre ed in particolare in quei due anni nel rifugio e oltre, quando avrebbe avuto tutte le ragioni per disperarsi.

Ogni volta che penso ad Anna – anche in quanto “simbolo” dei 6 milioni di ebrei sterminati – rivivo dentro di me dei sentimenti contrastanti, anzi per dirla con le sue parole, mi sento, davanti al suo ricordo, “un fastello di contraddizioni” (o “contraddizione ambulante”, se preferite): da una parte, la tristezza per quello che è stato il suo destino…, il profondo senso di ingiustizia che provo nel pensare che una ragazza con dei sogni sul proprio futuro, con una tale voglia di vivere ed essere felice, sia dovuta soccombere a motivo della malvagità dell’Uomo; dall’altra, la certezza che la voce di Anne non ha smesso di parlare, di farsi sentire, di travalicare i fili spinati dei lager o gli anni trascorsi, per giungere a noi, ancora oggi, nel 2015, più vivida e forte che mai, per ricordarci quanta forza, voglia di vivere, fiducia nel prossimo... può essere racchiusa in un solo piccolo cuore, la cui vita è stata spezzata troppo presto e troppo barbaramente.

Non saprei dirvi quante volte, da quando avevo 11 anni, ho letto e riletto (e sottolineato e ricopiato) il diario di Anne Frank, ma una cosa posso dirla con certezza: ne ho sempre ricevuto una grande emozione e giunta all’ultima pagina, a quel 1° agosto 1944, ogni volta non avrei voluto chiudere il libro e avrei desiderato che per lei ci fosse stata un’altra conclusione, ma anche se così non è stato, ciò che ci resta è una testimonianza viva, il ritratto di una ragazza che, 
attraverso le parole che ci ha lasciato, continua di certo a vivere nella memoria di chi la sente vicina


Nota.: Come dicevo su, il Diario di Anna Frank è uno di quei libri “dell’infanzia” che, pur avendo riletto un sacco di volte e pur amandolo moltissimo, non ho mai recensito. Ringrazio Sofia Domino (autrice di "Quando dal cielo cadevano le stelle") per avermi coinvolta nel progetto “Cara Kitty", dandomi così l’occasione giusta per condividere con voi questo mio “libro del cuore” qui sul blog.

giovedì 29 gennaio 2015

Recensione: "Il bambino di Schindler" di Leon Leyson




Altro libro letto in occasione della Shoah.

IL BAMBINO DI SCHINDLER
di Leon Leyson


in lettura
Ed.
Il piccolo Leib Lejzon vive a Narewa, un villaggio della Polonia, con la madre, il padre e i fratelli.
Sono ebrei e la loro vita procede tranquilla e serena..., tra corse e giochi, fino a quando Hitler non scatena una guerra e con essa la fine della tranquillità per tante persone, in primis i Giudei.

Così, quando nel 1939 l’esercito tedesco occupa la Polonia, Leib ha soltanto dieci anni ma la sua infanzia termina ben presto, perchè lui e la sua famiglia vengono confinati nel ghetto di Cracovia insieme a migliaia di ebrei.

I giorni nel ghetto non sono semplici: il cibo scarseggia, tanta gente raccolta in uno spazio esiguo... non favoriscono una buona qualità di vita ed è facile che crescano nervosismo, frustrazione, malattie.

Ma per quanto difficile, la vita nel ghetto è nulla rispetto a quello che vivranno gli ebrei quando cominceranno ad essere ammassati in vagoni freddi e bui per essere trasportati nei campi di sterminio.

Eppure, un particolare, nella vita di Leib, costituirà la fortuna sua e di parte della sua famiglia: il padre è un operaio di un imprenditore nazista, noto per la sua tendenza al divertimento e al piacere sfrenati, per il suo modo di fare affari non sempre pulito, ma anche per il suo innegabile carisma.
Quest'uomo è colui cui 1200 ebrei dovranno la vita: Oskar Schindler,

Il racconto di Leib ci offre la prospettiva di chi ha vissuto l'orrore della guerra e dei campi di concentramento da ragazzino, che ha combattuto contro il freddo, la fame, il dolore, che ha visto sparire davanti ai suoi occhi due dei suoi fratelli (che moriranno uccisi dai nazisti, senza conoscere i lager), che ha sofferto nel vedere disperazione e paura negli occhi degli amati genitori.

Un ragazzino che però è sopravvissuto al campo guidato dal terribile Amon Goeth, a Plaszow, al campo di Brunnlitz, a botte e inedia, grazie ad una buona dose di coraggio..., di fortuna, ma soprattutto grazie a un eroe che ha fatto di tutto per salvare i suoi operai.
Il suo agire prova che anche una persona sola può ribellarsi al male e fare la differenza.Io ne sono una prova vivente... un eroe è un normale essere umano che fa “la migliore delle cose nella peggiore delle circostanze”. Oskar Schindler incarna quella definizione.

Rattrista constatare come, anche dopo la guerra, quando ancora i Lejzon non lasciavano la Polonia, ci fosse nei confronti dei Giudei ancora odio, diffidenza, risentimento....
Non solo in tanti hanno finto di non aver visto e sentito nulla di ciò che accadeva attorno a loro ma, finito il conflitto, non hanno neppure avuto la decenza di rendersi conto di quanto dolore fosse stato ingiustamente inflitto ai loro simili e di mostrare, come minimo!, dispiacere, compassione....

La fine della guerra non è necessariamente l'inizio della pace, del rispetto dato al singolo individuo e a un intero popolo, di libertà... e Leib non incontrerà subito atteggiamenti di pietà, simpatia, solidarietà.

Commuove la testimonianza di questo sopravvissuto che, dopo la guerra e dopo essere scampato a
quello che sembrava un destino ineluttabile, ha cercato di buttarsi alle spalle la terribile esperienza di prigioniero nei campi di lavoro e ha provato a vivere come un immigrato qualsiasi negli Stati Uniti.

L'orrore per ciò che ha vissuto e visto, il dolore (inguaribile) per aver perduto due fratelli, il ricordo delle sofferenze e delle umiliazioni fisiche e psicologiche, non lo lascerà mai, ma allo stesso tempo, e per molti anni, lo bloccheranno, impedendogli di raccontare la sua storia di ebreo polacco, di condividerne il peso, facendo conoscere al mondo cosa è successo e di quali atroci delitti si sono macchiati tanti uomini, nel corso degli anni della guerra.

E commuove anche il pensiero che un ex-prigioniero dei campi di sterminio si ritrovi, una volta "fuori" dalla guerra (e dall'Europa) e una volta acquisito un nuovo nome (Leon Leyson), a soppesare la parola "futuro" e a darle un valore inimmaginabile.

Mentre il treno brontolava diretto a est, mi concessi una cosa che non facevo da molto tempo: pensai al futuro. Durante gli ultimi sei anni, pensare al futuro aveva significato semplicemente trovare il modo di sopravvivere un’ora in più, cercare uno scarto di cibo, sfuggire ancora una volta alla morte. Ora la parola“futuro” significava qualcosa di diverso. Potevo tornare a scuola. Avere una casa, del cibo decente, sicurezza. E col tempo avrei smesso di sentirmi in pericolo.

E' una testimonianza che ancora una volta non può che toccare, far riflettere su una parte gravissima della storia contemporanea, che deve far vergognare al pensiero che degli esseri umani hanno commesso crimini indefinibili contro il prossimo, che deve farci considerare quanto importanti siano la libertà, il rispetto di essa e della dignità dell'essere umano, e come ancora ai nostri giorni, noi uomini non siamo poi tanto migliorati da 70 anni a questa parte, e atrocità simili potrebbero ripetersi (a dire il vero, in determinati posti del mondo, certe brutture accadono anche oggi, e da sempre)... se ciascuno di noi smette di ricordare e parlare di piccole storie come quella di Leon Leyson e dimentica di denunciare ogni forma di discriminazione verso qualsiasi "presunto diverso".
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