“Figlia mia, il cervello è una sfoglia di cipolla”: queste
le parole di mia madre nel definire, a modo suo e con una metafora presa dalla
natura e dalla vita quotidiana, la complessità e l’imprevedibilità della mente
dell’uomo, che, da un momento all’altro e a causa anche di un evento
apparentemente insignificante, può
“perdere la bussola”.
Evidentemente Dorn ha parlato con mia madre e ha costruito
la propria tortuosa storia a partire dal suo aforisma.
La psichiatra è un
romanzo thriller psicologico ben congegnato che, dall’inizio alla fine, è
tempestato di colpi di scena e sorprese che lasciano il lettore stupito e
desideroso di continuare a scoprire nuovi scenari, nuove spiegazioni agli
strani ed inquietanti fatti che si susseguono.
Fatti che vedono coinvolta, in primis, la giovane psichiatra
Ellen Roth, che lavora alla Waldklinik, insieme al proprio compagno Chris (col
quale ha in progetto l'andare a convivere) e al collega Mark, entrambi psichiatri.
Ellen è una brava dottoressa, ligia al proprio dovere e
molto sensibile umanamente ai disturbi e ai problemi dei propri pazienti, dai
quali non di rado si lascia coinvolgere anche emotivamente.
Un giorno, nella grande e rinomata clinica psichiatrica
immersa nel bosco, giunge una
paziente senza nome, che non proferisce parola e
che se ne sta rintanata in un cantuccio in una stanza nel reparto 9.
Ellen tenta un approccio con lei ma l’unica cosa che riesce
ad ottenere dalla povera donna, terrorizzata, maleodorante, sporca e piena di
contusioni, è una serie di frasi apparentemente deliranti, incentrate su un
personaggio delle fiabe per bambini, l’Uomo Nero, dalla quale sta fuggendo e
che verrà a prenderle, tutte e due; riesce a strappare alla dottoressa la
promessa di proteggerla, qualora l’Uomo Nero, cattivo e violento, fosse
tornato…
Perché sicuramente sarebbe tornato.
Ma come la paziente è comparsa in reparto da un momento all'altra e solo Ellen l’ha
vista e c’ha parlato, così e altrettanto in sordina, essa scompare, senza che alcuno l’abbia vista…
Forse l’hanno rapita? Forse è fuggita da sola, spaventata e
smarrita?
Nessuno ha visto la paziente senza nome, né gli infermieri
né Mark; solo Ellen e Chris - a detta della prima - sanno di lei; infatti, pare che Chris stesso le abbia chiesto
di dare un’occhiata a questo caso particolare ma attualmente egli è con un
amico, Axel, in vacanza, in un posto dell’Australia difficilmente raggiungibile
telefonicamente.
Ellen non si dà pace e sente il peso di questa povera donna,
che un uomo senza scrupoli e sicuramente psicopatico, tiene prigioniera,
sottoponendola a sevizie fisiche e psicologiche.
A tormentarla, poi, non è solo il pensiero del destino della
sventurata, ma anche una serie di incubi terribili, nei quali le pare di vedere
la donna, l’Uomo Nero e altri pericoli spaventosi, che la minacciano e
rischiano di farle perdere la ragione.
Come se non bastasse, qualcuno – proprio l’Uomo Nero? – la
tempesta di telefonate perché lei possa risolvere una serie di “indovinelli” e
arrivare a trovare e salvare la donna; il tipo la segue ovunque, fino ad arrivare a
farle del male fisicamente, oltre che psicologicamente.
Ma chi è la donna senza nome? E chi è l’Uomo Nero, che sa
tutto di Ellen, i suoi movimenti, le sue abitudini?
Molti dubbi tormentano Ellen, e man mano che le ore passano lei arriverà a dubitare davvero di tutti coloro che le sono vicini, compresi Mark e lo
stesso Chris.
Ma che motivo avrebbero questi due uomini, che la conoscono da anni e che sono per natura gentili, per volerle fare del male e addirittura ucciderla? E che hanno a che vedere con la donna senza nome?
Purtroppo, diversi indizi, se visti da una certa
“angolazione” e soffermandosi su determinati aspetti,
conducono a loro e ora sembra colpevole l’uno, ora l’altro.
Ma a turbare la povera Ellen si affianca la terribile
domanda: e se stessi impazzendo? E se
stessi avendo delle tremende allucinazioni?
Attraverso una narrazione coinvolgente, nella quale ci
addentriamo tanto nei meandri della mente di Ellen – nelle sue paure, nelle sue
domande, nelle sue ricerche – quanto nei fatti, che accadono velocemente (il
fulcro della vicenda si svolge praticamente in tre giorni, perché tale è il
termine stabilito dall’Uomo Nero perchè Ellen trovi la paziente scappata) e che
portano il lettore a farsi una serie di domande su ciascun personaggio
coinvolto, per cercare di capire dove sia la verità.
Vi dico che leggendo ho cambiato idea sul “mostro” e sul
perché perseguitasse Ellen, diverse volte, seguendo gli indizi man mano
disseminati da un astuto Dorn, ma anche immaginando io stessa scenari
alternativi e più inquietanti, che poi si sono rivelati azzeccati…., per quanto
una parte di me preferisse “verità diverse”.
Dorn ci conduce, in modo implacabile e crudo, nell’inferno
di una mente che fa l'occhiolino ad insegnamenti di freudiana memoria: nonostante ciascuno di noi provi a dimenticare certe esperienze traumatiche, a relegarle nell’oblio più nascosto, convinti (o speranzosi) che, se siamo forti e cerchiamo di ricostruirci una vita sana, questi ricordi molesti se ne staranno buoni buoni in quel cantuccio e non si risveglieranno a darci fastidio, in realtà la nostra mente – che non dimentica! – è pronta a giocarci un brutto tiro e a metterci davanti al nostro passato irrisolto affinchè lo risolviamo…
È un thriller psicologico, come dicevo all’inizio, davvero
ben costruito, dettagliato (senza mai essere pesante) anche nel darci piccole
delucidazioni di tipo psichiatrico e che ci apre scenari che mai il lettore
avrebbe immaginato e che gli regalano suspense e colpi di scena ricchi di
pathos e coinvolgimento.
Fino alla fine, l’Autore è abile nell’instillare nei
personaggi (e in noi) piccoli dubbi circa la risoluzione della vicenda e questo
rende il tutto accattivante, soprattutto da un certo momento in poi, quando si
rischia di restare incollati alle pagine perché ormai si è troppo dentro la
storia e si desidera arrivare a capirci qualcosa.
È un romanzo che mette a nudo la mente colpita da paranoie, ricordi
traumatici, dolore, sofferenze che si voleva cancellare per essere finalmente
felici, allucinazioni, che non colpiscono solo coloro cui è stato diagnosticata palesemente una malattia psichiatrica, ma che in una certa misura possono
riguardare anche menti “normali”, razionali, sane, che però si ritrovano
sull’orlo di un baratro di follia che, pur essendo riconoscibile, non sempre è
possibile evitare.
E’ un romanzo che mostra quanto labile sia il confine tra
normalità e pazzia.
Consigliato.