Un saggio molto interessante che si concentra sulle ricerche di Alfred Binet nell'ambito della psicologia sperimentale e sul percorso scientifico che l'hanno portato ad elaborare il suo fortunato test.
LA SCOPERTA DELL'INTELLIGENZA
Alfred Binet e la storia del primo test
di Elisabetta Cicciola
Fefè Editore 251 pp 15 euro 2019 |
Ma al centro del suo lavoro non c'è soltanto l'indagine di laboratorio, quanto soprattutto l'intenzione di indirizzare gli studi psicologici verso la necessità di educare i bambini "anormali" e inserirli in un processo di scolarizzazione.
Il presente volume ricostruisce e inserisce l’opera di Binet all'interno del contesto socio-politico francese fra Ottocento e Novecento, dandoci un chiaro ed essenziale quadro del rapporto fra scienza e società, nonché del mandato politico della psicologia scientifica nel periodo della sua fondazione.
L'Autrice ci espone in maniera chiara e sintetica la formazione intellettuale di Binet, e apprendiamo come egli sia stato attratto da vari campi del sapere:
"Scienziato affermato, ma al contempo emarginato in patria dai suoi contemporanei, Binet mostrò, nella sua breve vita, una fertilità scientifica fuori dal comune. Si occupò ai più alti livelli di fisiologia, scienze naturali, biologia, embriologia, psicologia patologica, psicologia di laboratorio psicologia individuale e di applicazioni psicologiche in ambito pedagogico, criminologico, giudiziario, clinico; fu anche un drammaturgo".
Segue un capitolo sulle sue opere; Binet scrisse testi concernenti la memoria, la psicologia del bambino (compì diversi esperimenti sulle figlie, vòlti proprio a studiare l'intelligenza dai primi mesi di vita all'adolescenza), l'importanza dell'osservazione spontanea e sistematica.
Nella sua breve vita di studioso, Binet ha dovuto far fronte allo scetticismo di molti colleghi contemporanei...
"Binet era un outsider, sottovalutato dai suoi colleghi e considerato principalmente come uno psicologo di laboratorio - né medico né filosofo - e per di più con la creazione di uno strumento "psicologico", aveva definitivamente oltrepassato i territori da sempre colonizzati dai medici e dagli psichiatri".
...e a numerose critiche, come ad es. quelle relative all'accusa di "a-teoreticità", quando in realtà egli cercò sempre di collegare teoria e sperimentazione:
"L'istruzione teorica è utile quando va a completare l'istruzione pratica".
Per arrivare alla creazione del primo test d'intelligenza, Binet è passato prima per la fondazione di una Psychologie Individuelle, che doveva concentrarsi sullo studio dei processi psicologici caratterizzanti il singolo individuo: individuare i processi psichici superiori (memoria, comprensione, attenzione, immaginazione, ecc...) permette di cogliere le differenze tra individui, tenendo conto anche dell'ambiente sociale.
Grande fu l'interesse del ricercatore per il bambino e infatti, da un certo momento in poi, i soggetti privilegiati delle sue ricerche furono proprio i bambini delle scuole elementari, di cui studiò e misurò le attitudini fisiche, intellettive e morali, giungendo a costruire scale divise per sesso ed età.
Ma prima di arrivare all'elaborazione della Scala metrica d'intelligenza, Binet andò alla ricerca dei "segni" dell'intelligenza nell'organismo fisico (craniometria, cefalometria, fisiognomica); sono gli anni in cui tanti studiosi ricercano una relazione tra misura del cranio e intelligenza, pensiamo a Galton, Broca, e altri che hanno condotto una serie di studi per sostenere con certezza che la craniologia fosse un sistema efficace per classificare la misura dell'intelligenza...
Del famoso test messo a punto da Simon e Binet nel 1904, seguono due revisioni (1908, 1911), che perfezionano e migliorano di volta in volta la versione successiva.
Lo scopo dei due studiosi era realizzare un metodo di diagnosi differenziale, così di individuare il livello intellettivo dei bambini con insufficienze mentali; questi ultimi, a parere del ricercatore, andavano inseriti nelle cosiddette "classi di perfezionamento", ma non per emarginarli e isolarli, bensì sempre con l'obiettivo di educarli, per farne soggetti il più possibile autosufficienti, inseriti nella società (professionalmente e socialmente), e mettendo inoltre i bambini "normali" in condizione di imparare ad essere solidali con i compagni in difficoltà.
Purtroppo però, soprattutto in America, il test d’intelligenza di Binet fu usato in modo errato, con un vero e proprio stravolgimento delle finalità per cui lo strumento nacque.
Ricordiamo in particolare i "danni" provocati da chi, come Goddard, sosteneva che la «debolezza mentale» seguisse la legge mendeliana dell’ereditarietà e che fosse causata da un singolo gene recessivo rispetto a quello che regolava l'intelligenza normale; arrivò a dichiarare che, per evitare quindi che i "deboli mentali" facessero figli come loro, si dovesse praticare un severo "controllo delle nascite"...
Nel contesto americano il test fu proposto in chiave innatista, quando invece il suo "fondatore" lo aveva pensato con lo scopo di rilevare le caratteristiche mentali dei bambini così da aiutarli, rieducarli, recuperarli, non stigmatizzarli e indicarli come esseri inferiori.
Il saggio di Elisabetta Cicciola espone in modo chiaro, minuzioso e con un linguaggio che sa essere accessibile pur restando preciso ed essenziale, la vita e le opere di uno studioso che, pur con i suoi limiti umani, ha saputo imporsi nel panorama psicologico internazionale, come uno studioso originale, che ha introdotto una prospettiva psicologica nella questione relativa all'educazione dei soggetti "anormali".
Un libro che ho trovato stimolante, esaustivo sia nella trattazione dell'argomento in oggetto che nell'esposizione del periodo storico, sociale e scientifico di riferimento.
Ringrazio l'Ufficio Stampa della Fefè Editore per l'invio della gradita copia-omaggio e ne consiglio la lattura in particolari a quanti sono appassionati di psicologia.