La Contessa del Regno di Goldon di Giovanna Mangone è un breve racconto che, con un linguaggio elegante e incantevole, immerge il lettore in una cornice fiabesca e magica, presentandogli alcuni deliziosi personaggi dall'animo nobile e coraggioso.
Casa Editrice Kimerik 84 pp € 13
E così, "...a sud delle coste irlandesi", c'è una fiorente isoletta con un maestoso castello, in cui vive la dolce e bella principessa Nilufar, di origine persiana, sposata con il conte Raymond del magnifico Regno di Goldon.
È un regno pacifico, prospero, i cui abitanti vivono lieti, circondati da una natura rigogliosa, lussureggiante, che al solo guardarla mette il buon umore.
E la contessina è, infatti, una fanciulla allegra, solare, curiosa, buona, sempre pronta a imparare nuove cose e ad allietare le giornate altrui con i suoi sorrisi.
Un giorno una farfalla bianca dagli occhi di rubino giunge all'improvviso a rallegrarla e, successivamente, la ragazza riceve un'altra inaspettata visita: un fanciullino di nome Joel - un viandante dal viso dolce e con una bisaccia in mano - è in viaggio e desidera fermarsi nel regno di Goldon perché ha sentito parlare della grande ospitalità e della gentilezza della contessina.
Questa è ben felice di offrire al suo ospite tutto ciò che possa essergli utile per rifocillarsi e riprendere il cammino, e subito dopo il ragazzo - che per sdebitarsi offre un dono particolare a Nilufar - svanisce all'improvviso, così com'era apparso.
In seguito alla fuggevole ma gradita visita, la contessina coinvolge la sua saggia e fidata dama di compagnia (Zuleika) in una breve ma intensa avventura, un piccolo viaggio straordinario che condurrà le due donne su un'isola speciale, dove vive un popolo che, grazie alle sue tante e nobili qualità, ha saputo vincere contro ogni forma di cattiveria, soprusi, guerre, portando avanti solo la pace, l'amore, l'amicizia, l'altruismo... e sfidando le leggi del tempo e dello spazio ha dato vita a una dimora magica, incantata, di impareggiabile bellezza.
La cara contessina, sempre desiderosa di fare esperienze eccitanti e di visitare luoghi mai visti, cosa potrebbe mai proporre a Zuleika se non di partire insieme di notte alla ricerca di questo posto meraviglioso?
Nuovi amici pieni di fascino e storie interessanti l'attendono e Nilufar non potrà che accogliere ogni novità con l'entusiasmo e la bontà d'animo che le sono propri.
Le pagine di questa fiaba sono intrise di buoni sentimenti e tutto - i personaggi, l'ambiente naturale, gli animali... - trasmette pace, dolcezza, calma, serenità; l'Autrice si sofferma con delicatezza e precisione nel descrivere colori, suoni, profumi, tutto ciò che caratterizza l'ambiente in cui vive la protagonista, che è nobile tanto nelle origini quanto nel cuore, e solo chi ha un cuore puro come il suo può essere in grado di contribuire a creare un mondo migliore.
"tutti desideriamo un mondo più bello, un mondo dove regna l'uguaglianza, la giustizia e la pace ma, per realizzare tutto questo, è necessario possedere un cuore puro e semplice come quello di un bambino".
È possibile lavorare affinché il mondo nel quale viviamo sia davvero degno di essere amato e preservato?
I fatati personaggi di questa storia credono nei valori della lealtà, dell'onore, del coraggio, della tolleranza, perché solo praticando virtù come queste è possibile costruire un mondo senza guerre e odio.
"La pace vera nasce dalla comprensione reciproca, dal rispetto, dalla fiducia ma anche dall'impegno, dal senso di responsabilità e dall'ordine".
Una lettura che non solo regala momenti di piacevole intrattenimento, ma è bella da leggere a e con lettori molto giovani per ricordare loro (e a noi adulti!) come la costruzione di una società migliore non sia qualcosa di aleatorio, di utopico, qualcosa che appartiene alla favole, con i loro happy ending ("e vissero tutti felici e contenti"), ma un obiettivo comune a tutti gli uomini, da perseguire ogni giorno e con impegno.
Uscirà il 27 gennaio Scogliere d’ombra il nuovo romanzo dello scrittore sardo Marco Casula edito da Intrecci Editore.
Intrecci Edizioni
208 pp
14 euro
Alfredo, colpito a morte, giace quasi cadavere in una piscina. È lì che pare riflettere sulla propria vita.
È davvero morto? Gli istanti del suo trapasso sono la rievocazione di un incubo che usurpa un presente angosciante, illusorio e frustrante di piaceri e ambizioni.
Alfredo galleggia sullo specchio d’acqua e la disgregazione della sua psiche si consuma in una sorta di fuga dalla Giungla Inestricabile della mente.
L’angoscia prende forma attraverso le sembianze della sua città, al tempo delle aspirazioni giovanili.
Alfredo parte, dunque, con l’amico Nanni verso la Città Giusta, luogo utopico, per un viaggio di de-costruzione e di emancipazione interiore.
Solo alla fine il protagonista farà una scoperta che sembra banale, ma che per uno che sa di morire (e che certamente morirà) è sconcertante: la vita è un mattino che si ripete tutti i giorni.
L’esistenza è un continuo ripiegarsi su se stessa.
Dramma psicologico, romanzo di introspezione e ricostruzione.
Una riflessione sulla ciclicità della vita: niente muore davvero. L'autore. Marco Casula è nato a Nuoro nel 1950, ma Sassari è la sua città d’anima. Risiede da tempo a Cagliari, dove vive con una pensione di buon ritiro e tante medaglie di gratitudine. La sua attività di autore comincia tardi attraverso un percorso non lineare vista la sua formazione culturale decisamente diversa (è stato un funzionario pubblico). Però la pratica di scrittura esercitata in altri ambiti e la frequentazione di letture ad ampio raggio sono stati elementi decisivi per fargli seguire la sua vocazione letteraria. La lettura (narrativa, saggistica e poesia) è una delle attività a cui dedica più tempo. Dichiara spesso di aver cominciato a scrivere “panzane” per raccontare la sua verità attraverso alcuni racconti brevi, pubblicati a partire dal 2006 sul quotidiano Il Sardegna. Seguono una serie di romanzi: Le strade perdute, La maschera sotto la neve e Fratelli di storia. È autore, inoltre, di una poetica della Beat Generation (sulle orme di Jack Kerouac) dal titolo Beat ’n Bebop on the Road, per una Jazz Band. Nel suo curriculum di scrittore non mancano i premi: La maschera sotto la neve ha meritato il primo posto al Concorso Opere d’Autore (Sanremo 2012), mentre il racconto breve Freddo e nebbia si è classificato terzo per gli inediti nello stesso concorso. È stato finalista al Trofeo Penna d’Autore con Le strade perdute. La fotografia è una passione che ha fin da giovane e continua a coltivare.
Care lettrici, Natale sarà pure andato via da quasi un mese ma il freddo no di certo, e con esso resta anche la voglia di scaldarci con una bella storia d’amore1
Vi segnalo che sono online su tutti gli store le novelle natalizie di Jill Barnett che completano la trilogia “Natale in Città”, 3 novelle autoconclusive senza elementi in comune a parte l’ambientazione natalizia nella New York di fine 1800.
L’Eroe di Eleanor (Eleanor’s hero) di Jill Barnett
Un classico racconto natalizio ambientato a New York a fine 1800. Alla morte di suo nonno, la 40enne Eleanor Austen è costretta a trasferirsi in un appartamento all’ultimo piano dell’edificio che avevano affittato a una palestra rumorosa di proprietà di un rinomato pugile irlandese, il 32enne Conn Donnoughue.
Durante un mese di dicembre innevato e magico, due cuori solitari potrebbero scoprire di avere in comune molto più di quanto pensavano…
Estratto
Elearnor rimase in piedi con la schiena appoggiata contro il freddo edificio di mattoni umidi. Respirava a fatica, aveva un attacco di panico. Che vecchia sciocca che era. Non era una ragazzina frivola, di quelle che si agitavano alla sola vista di un uomo. Era una donna. E non era nemmeno giovane. Aveva quarant’anni. Irritata con se stessa per aver reagito in quel modo, buttò fuori l’aria di getto. Aveva la gola secca al punto di farle male, e le era rimasto in bocca quel sapore sgradevole del fumo di sigaro. Fuori l’aria era fredda ormai, molto più fredda di quanto lo fosse prima di entrare. Eppure era lì che sudava come se fosse luglio. Si sventolò un po’ il viso e le piume di fagiano sul suo cappellino della festa ondeggiarono mentre il suo stupido vecchio cuore palpitava. Aveva incontrato Conn Donoughue una mezza dozzina di volte da quando aveva acquisito la proprietà dell’edificio, e ogni volta reagiva ancora nello stesso modo assurdo. Era come se lui fosse un enorme cono di gelato alla menta piperita. Il gelato alla menta piperita era una delle cose che lei amava di più. Ed Eleanor amava Conn Donoughue. Per quanto fosse orribile ammetterlo, le era bastato dargli un’occhiata e improvvisamente non era stata più la vecchia Eleanor. Si era ritrovata con il cuore infranto. Da quel momento in poi, aveva saputo che nulla sarebbe mai più stato lo stesso. Si era innamorata di lui così profondamente e così alla svelta che era stato come essere schiaffeggiata in pieno volto. Conn era un pugile troppo giovane e troppo bello, soprattutto per una quarantenne che da molto tempo aveva accettato il fatto che l’amore, la passione e il desiderio non avrebbero fatto parte della propria vita. ….
Anni prima aveva accettato che era finito il tempo dei sogni incandescenti di passione e amore, sogni sfrenati che fanno le ragazze poco prima di diventare donne. Quei sogni erano gli stessi in cui si risvegliava bagnata fradicia di sudore perché il suo corpo non sapeva che ciò che stava vivendo era solo un sogno. Ma poi era arrivato Conn e nei momenti più strani della giornata si sentiva stordita e frastornata. Guardava nel vuoto alla ricerca di una ragione per cui le stesse accadendo una cosa simile. L’unica spiegazione che riusciva a darsi era Conn Donoughue stesso.
Sinossi New York, fine 1800. Quando il famoso architetto Edward Lowell diventa improvvisamente tutore della nipote di 4 anni, rimasta orfana, la vita che conosceva viene messa sottosopra.
Sua nipote è disperata ma quando vede una bambola nella vetrina di un negozio, Ed scorge i primi segni di felicità negli occhi della piccola.
Purtroppo la bambola viene venduta prima che Edward possa comprarla, per cui si mette alla ricerca della fabbricante di bambole sperando che lei possa aiutarlo a trovare un modo per curare la sua giovane nipote.
Estratto
Fine 1800, New York City
Edward Abbott Lowell fu nominato Uomo dell’Anno dai quattrocento stimati membri del più esclusivo club per gentiluomini di New York. Mentre attraversava la grande sala da ballo dello Union Club, stringendo mani dopo il suo discorso di ringraziamento, Edward fu colpito dalla stranissima sensazione che ci fosse qualcosa che non andava. Non con il club o i suoi membri, ma con qualcos’altro, come se l’aria intorno a lui vibrasse anche se non c’era nessun treno nei paraggi. Pochi minuti dopo, chiuse la porta dietro di lui. Prima di voltarsi e andarsene, guardò la stanza affollata attraverso l’elegante vetrata delle porte che davano sulla terrazza; il salone era pieno di gente in costosi cappotti sartoriali e panciotti su misura, dalle tasche penzolavano molti orologi d’oro e diamanti, una vera marea di baffi, pizzetti e capelli tirati indietro con la brillantina così che tutti i cappelli a cilindro allineati sulle mensole del guardaroba si sarebbero appoggiati sulla testa del proprietario alla giusta elegante inclinazione. Uomo dell’Anno – l’onorificenza più alta dello Union Club… da non credere. Scosse la testa e si avviò verso la balaustra in pietra che contornava la terrazza del terzo piano e dava sulla Quinta Strada. Come la maggior parte degli affari più importanti, il suo ultimo e più importante progetto – quello che gli aveva fatto vincere il titolo di Uomo dell’Anno – il Grant Building, era stato negoziato e confermato con una forte stretta di mano proprio in questo club pochi anni prima. E gli ci erano voluti appena dieci anni di duro lavoro, e la grande fortuna di essere selezionato tra gli allievi del Boston Tech per andare a Chicago come pupillo del grande architetto William LaBaron Jenney, prova che anche una scimmia cieca poteva trovare una nocciolina ogni tanto. E adesso aveva un sacco di noccioline… più di quante suo padre ne avesse perdute nel grande crollo del mercato, più di quante il suo ricco nonno ne avesse guadagnate in tutta la sua vita e il suo bisnonno prima di lui, e Ed aveva appena ventinove anni. Ma stasera, prima di alzarsi da tavola per andare sul podio, si era sentito di nuovo quel ragazzino, con i nervi tesi, con la sensazione di non essere a suo agio nei suoi stessi panni. Era tornato con la memoria a quel primo giorno di college, appena due giorni dopo il suo sedicesimo compleanno, quando – da novellino qual era – era entrato timidamente nell’edificio del Back Bay – un edificio che rappresentava le possibilità di tutto ciò che aveva sempre desiderato. Era questo che rappresentava per lui questa serata – il culmine di tutte quelle fantastiche possibilità.
L'autrice. Definita “la maestra dei romanzi dell’amore e della risata”, Jill Barnett è un’autrice di fama internazionale con oltre 8 milioni di copie cartacee vendute ed è stata spesso al vertice delle classifiche dei best seller del New York Times, USA Today, The Washington Post, e Publishers Weekly. Con l’avvento dell’era digitale Jill Barnett è stata numero 1 con i suoi 18 libri nella classifica dei titoli a pagamento più venduti su Amazon e ha venduto oltre un milione di copie digitali. In Italia alcuni suoi libri sono stati pubblicati da Mondadori.
Una foto in bianco e nero che ritrae un orologio di una piccola città rumena, un anziano professore alla ricerca del proprio fratello gemello scomparso senza lasciar tracce e un avvocato pugliese alle prese con un'intricata indagine piena di misteri e colpi di scena.
PO 210 (Polonio)
di Mauro Valente
368 pp
13 euro
Mauro Valente vive a San Severo, in provincia di Foggia, ed è un avvocato.
Un giorno nel suo studio riceve la visita di un suo professore delle superiori, Lorenzo Di Iorio, insegnante di Chimica ormai in pensione.
L'anziano, in compagnia del suo cagnolino Drago, è lì per fare al suo ex-alunno una confessione personale, diventata per lui un grosso peso sul cuore; un peso di cui, giunto alla sua veneranda età (va verso i novant'anni), vorrebbe potersi alleggerire.
Mauro è curiosissimo, tanto più che vede Lorenzo molto agitato, emotivamente provato, commosso: cosa può volere da lui?
Il vecchietto tira fuori una foto e gli racconta la storia della propria vita, il tipo di famiglia in cui è cresciuto, la sofferta assenza della madre morta troppo presto, i rapporti con il fratello gemello Umberto, la rigidissima educazione ricevuta dal padre Girolamo, maresciallo dell'Esercito, la sua passione per la Chimica, la carriera militare del fratello all'Accademia di Modena. Ma il punto cruciale del racconto converge in un giorno in particolare che ha stravolto la vita dei Di Iorio: il 5 dicembre 1949 il maresciallo Girolamo viene ritrovato morto in casa sua, con un coltello piantato nella schiena.
Quello stesso giorno il figlio Umberto scompare, fa perdere le sue tracce per sempre e dell'omicidio viene accusato Lorenzo, anche se, grazie ad alcune importanti testimonianze, verrà assolto un paio di anni dopo.
Il motivo per cui il vecchio insegnante s'è recato dall'avvocato è questo: ritrovare il fratello scomparso da settant'anni, cercare di ottenere notizie su di lui. Ma perché si sta rivolgendo proprio a me?, si chiede Mauro, e la risposta sta nella foto in bianco e nero che Lorenzo gli mostra e nella quale è ritratto un orologio, ma non uno qualunque, bensì quello che si trova in piazza Traiano a Braila, una città della Romania.
Ebbene, proprio la foto di quell'orologio è comparsa di recente su un giornale locale, associata ad un articolo che parlava di Mauro.
E infatti l'avvocato è stato a Braila tempo prima, avendo accompagnato un suo amico sacerdote in missione presso una casa famiglia gestita da suore.
L'esperienza fatta in mezzo ai bambini e ai ragazzi ospiti della struttura è stata molto forte per Mauro, lo ha cambiato interiormente e questo emerge in modo chiaro nei frammenti del "diario di bordo" che si alternano alla storia narrata.
L'avvocato viene, quindi, coinvolto da Lorenzo in una ricerca che si rivelerà avventurosa: che cosa è successo ad Umberto? Ha ucciso davvero lui il padre, e se sì, perché?
Lorenzo, nel raccontare tutto ciò che sa della propria famiglia, dice a Mauro che il fratello e il padre avevano avuto motivi di litigio in quanto il giovane si era innamorato di una ragazza e l'aveva messa incinta, cosa che il maresciallo padre trovava indecorosa e aveva perciò ordinato al figlio di far abortire la ragazza.
Ma quanto di vero c'è in questi ricordi e in ciò che lo stesso Umberto raccontava al gemello?
Mauro non perde tempo e, coinvolgendo anche la frizzante moglie Laura in questa "indagine", comincia a raccogliere informazioni, a ragionare sui dettagli, a fare ipotesi.
Arriva a Modena, alla ricerca di notizie in merito alla presenza di Umberto all'Accademia militare e scopre, con grande sgomento, che del suo nominativo non c'è traccia negli archivi.
Eppure, cercando bene tra vecchie foto, Umberto c'è..., quindi ha fatto parte dell'Accademia, e a testimonianza di questo incontrerà alcune persone che hanno conosciuto personalmente Umberto Di Iorio e che sanno cose importanti e segrete della sua vita, di "affari" in cui era coinvolto e che non conviene all'avvocato Valente conoscere perché potrebbero venirne fuori brutte conseguenze.
Chi era realmente Umberto? Quali sono questi affari misteriosi e pericolosi in cui era invischiato? E come mai non ha mai contattato il fratello gemello, fatta eccezione per quella foto in bianco e nero risalente al 1969 in cui è ritratto l'orologio di Braila? Che significato si cela dietro quella fotografia? Forse ci sono particolari cui fare attenzione e che possono nascondere un messaggio in codice che Umberto desiderava far arrivare al gemello?
Inoltre, spesso e volentieri, nel corso delle personalissime e accurate indagini condotte dall'avvocato sanseverese, emerge un elemento chimico che deve necessariamente aver avuto un ruolo nelle vicende che hanno portato alla sparizione di Umberto Di Iorio: il polonio...
Le domande sono tante e via via si infittiscono sempre più, portando Mauro non solo in giro per l'Italia - arriverà fino a Trieste, alla ricerca di un uomo che è stato un grande amico di Umberto, e lì farà una importantissima scoperta - ma fino in Romania, nuovamente a Braila, proprio dove ha conosciuto gli splendidi bimbi della casa-famiglia (i cui sorrisi gli sono rimasti scolpiti nel cuore) e che adesso torna a visitare per fare progressi nelle sue ricerche; e proprio lì, in questa cittadina rumena sulle rive del Danubio, attraversando vicende storiche e politiche che hanno segnato il XX secolo, Mauro proseguirà nella sua "missione" di trovare Umberto e restituirlo al povero Lorenzo, le cui lacrime e il cui dolore toccano profondamente l'avvocato, dandogli la motivazione per andare avanti anche quando spesso gli sembrerà di essere in un vicolo cieco...
L'Autore ha costruito una storia davvero molto ben articolata, un giallo avvincente, ben scritto, dal ritmo sempre vivace, con uno sviluppo delle vicende interessante, coerente, ricco di colpi di scena che alzano di volta in volta il picco di curiosità nel lettore, il quale procede nella lettura lasciandosi coinvolgere, partecipando all'entusiasmo del protagonista e narratore, desiderando anch'egli di mettere in ordine tutte le tessere del complicato puzzle, per arrivare alla fine a comprendere cosa sia successo ai personaggi coinvolti nel "giallo di Umberto". Oltre ad aver apprezzato moltissimo com'è strutturata la trama, le sue diramazioni fatte di misteri che si infittiscono, mi ha colpito molto il "diario di bordo" relativo al viaggio del protagonista a Braila, quando ha incontrato per la prima volta i ragazzini dell'istituto diretto da suore dedite interamente alla propria missione, perché quelle poche righe sono un concentrato di sensibilità e di presa di coscienza nei confronti di una realtà lontana e diversa dalla propria che, una volta conosciuta, è impossibile non amare e non lasciarsi cambiare da essa. Ho trovato simpaticissimi, e mi hanno fatto sorridere tanto, i dialoghi tra Mauro e sua moglie Laura, che si stuzzicano e si prendono amabilmente in giro, per poi però far tesoro l'uno dei consigli dell'altra; interessante anche lo sfondo storico relativo alla Romania e ai suoi rapporti con l'Unione Sovietica, che aiuta a contestualizzare alcuni aspetti rilevanti delle vicissitudini narrate. Inutile dire che non posso non gradire il fatto che l'Autore (di cui ho già letto e recensito APPUNTAMENTO IN OBITORIO) decida di collocare le storie che scrive nella propria città, che è anche la mia, e sono felice di poter consigliare il romanzo di un mio concittadino, perché, a mio modesto avviso, merita di essere letto!
Anche oggi, lettori, ho una segnalazione per voi: si tratta di un bellissimo libro per bambini!
E' in libreria "Guglielmina di Barbone-Pudel di Baviera", una storiella divertente, illustrata da disegni pastello molto efficaci, che stimolano la fantasia del bambino e lo aiutano a immergersi nel racconto.
Guglielmina di Barbone-Pudel di Baviera
di Annarella Asuncion Morejon
Ed. Terre Sommerse
ill. Nada Salari
25 pp (digit.)
In questo breve e simpaticissimo racconto conosciamo un'elegante e raffinata barboncina di nome Gugliemina, la cui padrona è nientemeno che una regina; del resto, il titolo altisonante con cui è chiamata già ci fa presagire che tipo di protagonista del mondo animale ci apprestiamo a conoscere!
La cagnetta è abituata a vivere nel lusso e nel decoro, ma un mattino decide di respirare un po' d'aria fresca e si fa condurre in carrozza per una passeggiata in campagna.
Il sole, i fiori, l'aria densa di profumi e cinguettii le suggeriscono un'idea che a lei sembra straordinaria: organizzare un pranzo ed invitare la fauna che vive attorno alla dimora reale in cui lei vive.
Così, giusto per fare nuove amicizie, diverse da quelle pettinate e chic alle quali è abituata.
E così, tutti incravattati e agghindati, gli animali invitati arrivano tutti allegri al pantagruelico banchetto: gatti, galline, pappagalli, volpe..., che si ritrovano nei piatti succulenti pietanze che però essi, essendo creaturine rustiche e poco avvezze al bon ton dei ricchi, non sanno neppure come mangiare...
Cosa succederà a tavola, secondo voi? Gli invitati sapranno cavarsela egregiamente e fare una bella figura o ne verrà fuori qualcosa di imprevedibile?
Il libro di Annarella Asuncion Morejon è molto piacevole, un carinissimo racconto narrato in versi con rima, il che contribuisce a rendere la lettura scorrevolissima, musicale e adatta ai piccoli lettori, che verranno sicuramente rapiti tanto dalla storia in sé quanto dalle incantevoli illustrazioni, colorate e in perfetta sintonia con la vicenda raccontata. Essa è una esilarante metafora della società di ogni tempo che mette su due livelli contrapposti ricchezza e miseria, personaggi eleganti rispetto ad altri sempliciotti e buffi, come buffo e strampalato si rivelerà il pranzo di benvenuto offerto da un'inconsapevole Guglielmina, che - desiderosa di mescolarsi alla "fauna plebea" senza in realtà sapere come ci si debba comportare con i nuovi amici - finirà per vivere suo malgrado un'indimenticabile avventura, che susciterà il riso e il divertimento di grandi e piccini.
Note biografiche sull'Autrice: Annarella Asuncion Morejon ha avuto fin da piccola la passione per le fiabe e ricorda ancora quando sua nonna gliele raccontava a lume di candela. Nel corso dell’infanzia adorava leggere e creare piccole narrazioni su tutto ciò che c’era intorno a lei. In modo particolare le piaceva cantare le sue storie al vento, sussurrare i suoi racconti agli animaletti del cortile, creare giochi divertenti con gli amici e ogni tanto provare a vivere la storia di qualche personaggio dei libri. Già all’età di 10 anni decise di scrivere delle fiabe, con l’intento di raccontarle al suo fratellino venuto al mondo da poco. La curiosità e l’entusiasmo che provava l’hanno portata a comprendere nel tempo che solo nella scrittura avrebbe trovato appagamento. La scrittura le ha permesso, soprattutto, di ascoltare il mondo che la circonda, di sentire con l’anima e comprendere col cuore. Diventata mamma, ha iniziato ad inventare fiabe per invogliare sua figlia a mangiare. Così sono nati i suoi primi racconti. Note biografiche sull'illustratrice Nada Salari è nata 50 anni fa a Foligno (PG). Fin da bambina il suo amore più grande è stato il mondo dei colori e dei pennelli. Anche se la vita l’ha portata a lavorare in altri settori, non ha mai abbandonato la sua vera passione. Negli anni ha sempre sperimentato nuove forme espressive, passando da una tecnica all’altra, dalle tele alle carte decorative, dal legno agli stucchi e ai tessuti. Con i tessuti realizza magliette per bambini e ragazze, giocando con immagini di fantasia. Crea inoltre animali e bambole di pezza con faccine buffe, musetti divertenti e vestitini personalizzati. Attualmente si è immersa nel mondo delle favole, dove ritorna bambina insieme ai personaggi che crea. Così immaginando, giocherellando nascono delle bellissime immagini che provengono dal cuore e dalla creatività.
Un romanzo breve ma che, grazie ad una scrittura che bilancia sapientemente leggerezza e malinconia, conduce il lettore nella vita di una ragazza francese degli Anni Cinquanta, narrandoci la sua infanzia, la sua giovinezza e, con esse, i suoi pensieri più profondi, le paure, le illusioni, le luci e le ombre che segnano la sua esistenza.
VELOCE LA VITA
di Sylvie Schenk
"...la vita intera è un gioco cattivo e talvolta divertente di maschere e ombre, la vita è una mescolanza arlecchinesca di dramma e commedia degli equivoci"
Louise è una giovane studentessa che ha lasciato le Alpi francesi e un ambiente famigliare oppressivo e piccolo borghese, per andare a studiare a Lione.
Siamo negli anni Cinquanta, la seconda guerra mondiale è un ricordo doloroso e fin troppo recente, e nessuno ha ancora dimenticato i drammi dell'occupazione ad opera dei tedeschi, anche se si cerca comunque di andare avanti e guardare al futuro.
La vita di questa ragazza ci scorre sotto gli occhi velocemente, come una sequenza di istantanee, e la stessa essenziale divisione in capitoli ci permette di conoscerla inquadrandola in precisi tempi e spazi: la sua infanzia, il rapporto coi genitori - questo padre poco affettuoso, la madre, tranquilla casalinga dalle "origini incerte" (è stata adottata) - e con la famiglia paterna, l'educazione ricevuta, i luoghi in cui è nata e cresciuta, le letture negli anni della scuola, fino ad arrivare all'altra vita, quella a Lione.
Qui tutto è nuovo: la vita di una grande città, le avventure, l'amore.
Conosce Francine, bella ed esuberante, e in un pub le vengono presentati anche Claudie, Ahmend, Soon, Johann e Henri, con i quali stringe amicizia, sentendosi pian pano parte di un gruppo.
In particolare, a colpirla è il misterioso e affascinante pianista jazz Henri Lagarde, un giovanotto pieno di talento che però ha un'ombra costante a incupirgli lo sguardo e il cuore: il ricordo di ciò che è successo ai propri genitori è ancora molto fresco e lui proprio non riesce a dimenticarlo, a farsene una ragione.
Essi, infatti, hanno avuto una brutta sorte: durante la guerra sono stati uccisi dai nazisti perchè membri di un movimento di resistenza contro l'occupazione tedesca, e adesso il ragazzo vive in un'antica casa con una biblioteca ormai vuota in quanto depredata dai nazisti. La tragedia famigliare che si porta dietro è un macigno pesante per Henri, che gli impedisce di vivere serenamente e lo porta a covare dentro di sé un profondo odio e un rancore quanto mai vivo verso i tedeschi.
La bella francesina lo ascolta, cerca di comprendere il dolore e la rabbia che occupano il cuore di questo ragazzo tanto bello quanto sfuggente, sente una forte attrazione verso di lui ed infatti i due avranno un breve flirt, che però - a motivo dell'atteggiamento di Henri, restio ad avere relazioni durature e impegnative - non pare avere futuro, così Louise accetta la corte del tedesco Johann (studia Chimica, parla francese e viene da una famiglia stimata e colta), caratterialmente agli antipodi dal suo "rivale in amore".
Con lui la ragazza si trova bene, c'è complicità e per amore deciderà di lasciare la Francia per seguire il fidanzato nel suo paese, vicino Francoforte; opponendosi alla propria famiglia, sposerà Johann e farà della Germania la propria nuova casa, trovando tra l'altro una buona e calorosa accoglienza da parte dei suoceri (un po' meno da parte della sorella minore di Johann, un'adolescente ribelle).
Seguiamo quindi la protagonista in questo nuovo Paese, la vediamo impegnata a imparare la lingua del posto, a intrattenere nuove relazioni. La vita matrimoniale scorre placida e gradualmente comincia a essere contrassegnata dalla quotidianità di gesti e parole che perdono freschezza, genuinità ed entusiasmo per far posto all'abitudinarietà e al rischio di un'esistenza piatta e poco interessante.
Intanto passano gli anni, eppure il pensiero del primo amore, Henri, non svanisce mai del tutto...
Johann non ne è del tutto ignaro ma non parla, non chiede, non cerca di capire cosa provi e senta la sua dolce mogliettina; forse perché si fida di lei o più probabilmente perché è un po' codardo, restio alle discussioni e ai litigi, incapace di esprimere con chiarezza il proprio pensiero ed affrontare a muso duro verità anche scomode?
Ma soprattutto, a insinuarsi nella mente di Louise è il dubbio su ciò che Henri le ha svelato nel corso di una confidenza condivisa prima della sua partenza: la famiglia del marito ha avuto rapporti coi nazisti.
Quella famiglia nella quale sta per entrare, per farne parte, forse non è così innocente ed estranea ai fatti accaduti durante la guerra, ma anzi, in una certa misura, tali persone responsabili (fosse anche solo moralmente) di ciò che è accaduto ai genitori dello stesso Henri.
Louise si rende conto della gravità di una tale situazione o a lei questo aspetto della sua famiglia acquisita è indifferente?
La giovane prova a non pensarci, convinta che nella vita si debba andare avanti, senza restare ossessivamente ancorati al passato (tanto più se è cupo e triste, come quello di Henri), e oltretutto Johann non ha alcuna colpa per gli eventuali (e tutti da dimostrare, tra l'altro) errori dei suoi genitori...!
Benché la sua vita proceda tra impegni fuori e dentro casa, tra le mille preoccupazioni che vengono da ogni parte, i rapporti famigliari non sempre idilliaci, col passare dei giorni Louise sente che, benché non le manchi oggettivamente nulla, allo stesso tempo, le manca qualcosa.
Louise è una donna intelligente, colta, attenta, sensibile, riflessiva, e dentro di lei vive uno spirito indipendente, è consapevole dei propri sogni e capacità (ama scrivere e disegnare), è determinata nelle scelte che fa, e alla fine di questa storia, in seguito ad una sconvolgente scoperta, giunge a importanti consapevolezze. Veloce la vita ci racconta proprio la storia di una donna, della sua forza, delle sue scelte e dell'amore, dei libri letti, dei desideri, di ciò che unisce e divide popoli e lingue differenti, delle ombre e delle colpe che ci portiamo dietro - a volte anche quelle di cui non siamo responsabili -, della drammatica velocità con cui passa il tempo e con cui anche la vita più piena, alla fine, si consuma. È la storia di una vita spesa e sospesa tra Germania e Francia, del riavvicinamento amichevole tra queste due nazioni nonostante la memoria delle atrocità della seconda guerra mondiale sia ancora viva e presente.
La Schenk ha scritto un romanzo breve come breve è la vita che ci scorre come sabbia tra le dita, fugge senza che riusciamo a trattenerla, e ha scelto, come prospettiva di narrazione, un meccanismo insolito che personalmente mi è piaciuto e mi ha convinto: la seconda persona singolare. Dall'inizio alla fine, leggiamo le vicende personali e famigliari della protagonista come se un interlocutore esterno si rivolgesse direttamente a lei, una sorta di alter ego che parla a Louise, come per sostenerla e aiutarla a guardare alla propria esistenza dal di fuori, esaminandola attentamente, ponendo domande, dubbi, rivelando emozioni, sentimenti, pensieri, paure, sogni. Questa tecnica narrativa, un po' interna e un po' esterna, ha reso la lettura, per quanto mi riguarda, comunque coinvolgente, inducendomi ad adottare sì il punto di vista della protagonista ma, allo stesso tempo, facendo in modo di vederla affianco agli altri personaggi e, al pari loro, travolta dalle vicissitudini esistenziali che il vivere quotidiano porta con sé, e davanti alle quali viene fuori il carattere di ognuno. Non ho mai letto, prima di oggi, una pubblicazione Keller Editore e devo dire che ha un catalogo molto interessante, come è questo libro, che ho trovato davvero bello, scritto in modo incantevole, calibrando in modo intelligente la leggerezza, l'entusiasmo e la fame di vivere di questa ragazza con lo struggimento che proviene dal considerare come la vita sia fuggevole, precaria e imprevedibile. Un gioiellino da non lasciarsi sfuggire!
Cari lettori, oggi condivido con voi alcune novità pubblicate da Kimerik Edizioni (nonché mie prossime letture), appartenenti a differenti generi letterari:
LIBRARIA di Giulia Reale (150 pp, 14 euro)
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Esiste un mondo speciale. Un mondo che è nato con il primo libro stampato e continua a esistere solo grazie alla fantasia e alla dedizione degli scrittori e dei lettori.
Questi ultimi non hanno la minima idea di come sia tale mondo, né tanto meno sanno che i libri che si accingono a leggere sono suggeriti dalle così dette fatine Libriscenti che vivono nei libri situati sulla Terra e nel loro magico mondo a forma di libro.
Separazione e divorzio nella prospettiva dell'uomo violento di Elda Panniello (€ 19, 196 pp).
Quando si verifica una crisi in un contesto familiare, le conseguenze sul piano affettivo, psicologico e sociale sono notevoli, non solo nel rapporto tra marito e moglie, ma anche tra genitori e figli.
Se da un lato la giurisprudenza italiana, dai tempi in cui è stata approvata la legge sul divorzio, si è orientata sempre più verso una risoluzione consensuale delle separazioni, dall’altro lato vi sono ancora dei vuoti normativi per quanto riguarda, ad esempio, convivenze di fatto e unioni civili.
A partire da una disamina delle normative vigenti in materia di separazione e divorzio, si mette in rilievo come per una donna vittima di un coniuge o compagno violento, la separazione, già di per sé un evento traumatico, sia un vero e proprio atto di coraggio.
La Contessa del Regno di Goldon di Giovanna Mangone (€ 13, 84 pp).
I bambini sono il nostro futuro. Il nostro compito è non perdere la speranza di insegnare loro che un mondo migliore è davvero possibile.
Il loro compito è insegnarci che forse, davvero, non tutto è perduto.
Tolleranza, solidarietà, comprensione, empatia: quanto sono difficili, quanto sono oscure queste parole alle orecchie dei più piccoli, invaghiti e ingannati da oggetti fuorvianti, inviti lampeggianti e attrattivi, ma illusori e tremendamente fallaci, lucidi e colorati come la mela rossa della strega di Biancaneve, ma spaventosamente insidiosi e bugiardi come il Mangiafuoco che rinchiude Pinocchio nel carro dei burattini, promettendogli una (contraffatta) gallina dalle uova d’oro.
Un cielo di papaveri rosso fuoco di Enzo Longobardi (€ 16, 164 pp).
Non esiste un amore perfetto come quello che c'era tra Adamo ed Eva prima che venissero cacciati dall'Eden, o come il sentimento che univa Dante e Beatrice o Laura e Petrarca, privo di gelosie, problemi sessuali, malattie veneree, Aids, noia, un amore che ti renda pari a Don Giovanni.
Non esiste un'amicizia perfetta come quella che esisteva tra Gesù Cristo e Giuda prima del suo tradimento, senza invidie, divergenze, odi e rancori, capace di renderti simile a San Francesco.
Non esiste un lavoro perfetto come quello che fu fatto per la creazione del mondo in sette giorni, senza morti bianche, lavoratori in nero e prodotti inquinanti, come auspica un vero comunista.
Esiste però un momento perfetto.
Le Giovanneidi - Giovanni e la terra delle sei pietre di Gandolfo Quercia (€ 14, 136 pp)
Le Giovanneidi è un romanzo storico-fantastico.
Le vicende narrate mirano a esaltare innanzitutto il valore dell’amicizia; il valore dell’ospitalità e dell’accoglienza; i valori della tolleranza e dell’accettazione di culture diverse e l’amore per la propria patria che si estende a tutte le terre attraversate, dove l’eroe vuole portare (o riportare) i valori della libertà e della fratellanza fra i popoli.
LA DONNA DENTRO MIA MADRE di Anna Santolisier (14 eero, 180 pp)
Un romanzo autobiografico, in cui l’autrice racconta la propria infanzia e l’intimo rapporto con i genitori, in modo particolare con la madre, vittima inconsapevole e improvvisa di un male misterioso chiamato epilessia.
La sofferenza dell’autrice si evince ed è tangibile nella sua scrittura, evocativa e lineare.
La vicenda narrata è coinvolgente e sincera, scevra da sentimentalismi e pregna di pathos.
Cromie e profumi attraversano la vicenda, quasi lasciando trapelare le percezioni provate dall’autrice nella propria infanzia, in un’osmosi sensoriale.
Termini dialettali si intrecciano a pieno con la lingua italiana all’interno di un testo coeso e coerente, ricco di preziosismi linguistici e mai banale.
Il bello dell'amare la lettura è che si ha l'opportunità di arricchire, tra le altre cose, il lessico.
Ecco qualche parolina di cui ignoravo il significato e/o l'etimologia.
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STRAORZARE: v. intr. e tr. Nel linguaggio marin., di nave che viene bruscamente all’orza, cioè che accosta nella direzione del vento. Come trans., condurre la prua della nave bruscamente fuori rotta, per effetto di grosso mare in poppa o di mal governo del timoniere.
SCISTO: In petrografia, nome generico (anche roccia scistosa) di una roccia metamorfica caratterizzata da una disposizione regolare, in piani grossolanamente paralleli, dei componenti minerali lamellari o fibrosi, che le conferisce una più o meno facile divisibilità secondo tali piani, detti perciò piani di scistosità.
West è un'epopea in miniatura affascinante e senza tempo, una parabola inquietante della frontiera americana, una triste vicenda di ricerca di opportunità, illusioni e delusioni narrata come una storia semplice di uomini e di sogni, spesso infranti.
WEST
di Carys Davies
Ed. Bompiani
160 pp
15 euro
Cyrus Bellman è un allevatore di muli, ha una piccola fattoria in Pennsylvaia e vive con la sua unica figlia di dieci anni, Bess; la moglie Elsie è morta e l'uomo non è intenzionato a risposarsi.
Sono altri i suoi sogni: un giorno legge sul giornale che in una palude del Kentucky sono stati ritrovati resti giganteschi appartenenti a un animale non meglio identificato.
Il sognatore irrequieto che vive dentro di lui si sveglia e l'uomo decide di lasciare casa, muli e figlia e di andare a verificare coi suoi occhi se davvero nelle piane selvagge ed inesplorate del West, oltre il fiume Mississippi, pascolano indisturbate ancora enormi creature leggendarie.
Armato di mappe, di una scatola di latta piena di cianfrusaglie da scambiare con gli eventuali "selvaggi" (i nativi americani) che potrebbe incontrare lungo il cammino, di un cavallo nero e di tutta la propria ostinazione, una mattina Bellman, dopo aver promesso alla figlia di scriverle con costanza e di tornare entro due anni, la lascia, affidandola alle cure sbrigative della propria sorella, la secca, taciturna ed ossuta Julie, che per prima dubita della salute mentale dello sciagurato fratello.
Padre e figlia sono entrambi romantici e sognatori, che però viaggiano in due direzioni opposte.
Bess, rintanata nella biblioteca del piccolo villaggio, prova a seguire l’itinerario del padre consultando libri e fantasticando sulle sue avventure, e intanto sogna ad occhi aperti il ritorno di Cyrus, un ritorno che lei si augura sia ogni giorno più vicino e concreto.
Lui, in viaggio sul suo cavallo, pronto a macinare migliaia di chilometri alla ricerca di una chimera, immagina di trovare le creature incredibili e mostruose di cui si vocifera, e per portare a compimento la propria missione sa di doversi allontanare sempre più da casa, dalla sua Bess, andando verso l'Ovest.
Il cammino è difficoltoso, costellato di ostacoli, a motivo di un paesaggio naturale impervio, aspro, che può diventare un vero e proprio nemico soprattutto in inverno, quando cadono la neve e il gelo, trovare di che sfamarsi è complicato e Cy rischia di morire assiderato e affamato.
Fortuna vuole che, all'inizio dell'avventura, un'anima pia (scettica in merito allo strambo progetto dell'allevatore di muli, ma comunque gentile) gli proponga la compagnia di un nativo, lo shawnee Donna Vecchia Vista Da Lontano, un giovane smilzo, dagli occhietti piccoli, le treccine nere e lo sguardo quasi sempre torvo.
Il loro è un viaggio fatto di lunghi silenzi e poche parole, anche perché non conoscono l'uno la lingua dell'altro e quelle rare volte che il bianco alto e dalla barba rossa prova a comunicare con l'indiano minuto e scontroso, gli equivoci sono dietro l'angolo e rischiano di mandare all'aria la già fragile alleanza.
Verso cosa sono diretti i due bizzarri compagni di viaggio?
A Donna Vecchia Vista Da Lontano non interessa un bel niente dei mostri mastodontici di cui va alla ricerca l'uomo dalla barba rossa; a lui interessa solo ricevere oggetti e ricompense per il proprio impegno ed aiuto.
Ma Cy? Lui ha solo una vaga idea di cosa stia cercando, si affanna a spiegare a chiunque incontri il suo proposito, riempie fogli di schizzi di improbabili animali, scrive tutti i giorni lettere sgrammaticate alla figlia lontana - sperando che qualcuno gliele faccia recapitare... - e intanto sogna, fantastica...
Spera.
Spera che quel suo pazzo viaggio non sia un enorme fallimento. Mentre va verso il West, si sta allontanando sempre più dalla sua piccola Bess.
"...con il trascorrere dei mesi da che aveva lasciato l’accampamento del commerciante di pellicce insieme al ragazzo indiano per proseguire verso il West, si sorprendeva a pensare sempre meno agli animali enormi e sempre più a Bess. Si sorprendeva a preoccuparsi che se si fosse spinto molto più avanti rischiava di non tornare a casa; si sorprendeva a domandarsi se la sua ricerca dei mostri svaniti non gli sarebbe costata un prezzo troppo alto."
Che ne è di lei, sola con la burbera zia Julie? La donna la sta trattando bene? La protegge e se ne prende davvero cura?
Nel frattempo, mentre suo padre viaggia per terra e per fiumi, sul cavallo o su una pagaia, in compagnia di un indiano silenzioso, Bess sta crescendo, sta diventando una signorina e i primi uomini cominciano a metterle gli occhi addosso.
E se dal viscido bibliotecario riesce a fuggire senza troppi problemi, dalle attenzioni del vicino di casa (nonché aiutante di Cy), Elmer Jackson, che frequenta quotidianamente la fattoria Bellman (ha promesso all'amico di aiutare la di lui sorella con i muli), è meno semplice sottrarsi.
Finché c'è la zia nei paraggi, la ragazzina si sente un po' più sicura, ma se dovesse restare sola in casa...? Non ci sarebbe nessuno a proteggerla dalle cattive intenzioni di un uomo come Elmer!
Sentiamo odore di tragedia su ambedue i fronti, sia ad est, per la povera Bess, sia ad ovest, dove c'è un sempre più stanco e demotivato Cyrus, l'esploratore improvvisato che, spinto dall'entusiasmo di essere il protagonista di una scoperta sensazionale, ha voltato le spalle alle proprie responsabilità di padre e s'è messo in cammino verso... il nulla. Verso qualcosa che non c'è.
I personaggi di questo romanzo sono, in un certo senso, chiusi nel loro mondo, in una bolla che li isola dagli altri, e questa caratteristiche credo si esprima anche nella scelta stilistica della Daviesi non usare molti dialoghi, come se i pensieri e i sentimenti dei suoi personaggi fossero più interiorizzati che liberamente espressi; ad es., Cy e Donna Vecchia Vista Da Lontano non condividono un linguaggio comune e, oltre a questo, sono separati da mille sospetti e pregiudizi (l'indiano odia i bianchi per ciò che hanno fatto al suo popolo). La stessa Bess si ritira nella solitudine delle proprie fantasticherie, come per tenere lontani gli altri, che non la capiscono: tutti coloro che le sono vicini, infatti, giudicano suo padre un folle, un visionario. Cyrus è solo un uomo curioso, che compensa la mancanza di cultura e istruzione con la propria anima da sognatore, che spera contro speranza e ha fiducia nei propri sogni, e in fondo sua figlia è come lui, perché fino alla fine crede tenacemente nel ritorno del padre e nel successo della sua impresa.
Con una scrittura misurata e semplice, una narrazione ridotta all'essenziale ma non per questo povera o scarna (l'Autrice si sofferma, ad es., sulle caratteristiche della natura, così come appare a Bellman), la Davies ha costruito una storia che si lascia leggere e apprezzare per diversi aspetti e contenuti: il periodo storico in oggetto, legato alle prime esplorazioni nelle regioni di frontiera del West (non è indicato l'anno, ma sono citati gli esploratori Clark e Lewis, quindi intuiamo che ci aggiriamo negli anni successivi alle loro imprese, quindi dopo il 1810), per il riferimento alle popolazioni indigene che venivano cacciate dai loro antichi territori, fino a provocarne l'estinzione, per la giovane protagonista femminile, che sta vivendo il passaggio dall'infanzia innocente all'adolescenza e al mondo degli adulti da sola, senza nessuno che la guidi e la protegga, e non ultimo, perché accenna alle misteriose ed enormi ossa che erano state avvistate in una palude del Kentucky (articolo). Un romanzo breve, che passa da un'iniziale atmosfera placida e tranquilla (la vita di Bess a casa, il viaggio solitario di Cy e l'indiano) per poi via via diventare più tesa, proprio per via delle evoluzioni che prendono i due opposti fronti (cosa accadrà al "pioniere sognatore"? E a Bess, sola contro uomini malintenzionati?); il finale mantiene questo doppio binario, contemplando un epilogo triste e uno più "lieto".
Un viaggio on the road da Nord a Sud, un'occasione importante (forse l'unica?) perché l'undicenne Salvo e suo padre Vincenzo si ritrovino e imparino a conoscersi. Un'avventura punteggiata da incontri inaspettati, deviazioni fuori programma e dai ricordi di un’infanzia ancora candida e piena di domande, che culmina con l’arrivo del misterioso “ladro di giorni”, colui che anni prima ha rubato a un padre del tempo prezioso da trascorrere col proprio figlio .
IL LADRO DI GIORNI
di Guido Lombardi
Ed. Feltrinelli
288 pp
16 euro
Salvo ha cinque anni quando, mentre è col padre Vincenzo al mare a fare tuffi dagli scogli, arrivano due signori grandi e grossi... e si portano via il genitore.
Non lo vedrà più per sei anni.
Dopo quell'estate che ha gli ha rubato il suo papà, a Salvo resta la sua dolce mamma, che però un brutto giorno, a causa di uno stato depressivo, arriva a fare un gesto terribile ed estremo: si toglie la vita... e Salvo è di nuovo solo.
Fortunatamente a prendersi cura di lui ci sono zia Anna (sorella della madre) e zio Eugenio, che lo prendono in casa con loro.
Salvo è un bambino attento, riflessivo, che scruta tutto e tutti, dai coetanei - il cugino Emidio (che è un po' tontolone e, secondo Salvo, "cretino"), i compagni di scuola, le amichette che gli piacciono - agli adulti - la mamma ,sempre stanca, triste, la paziente maestra Silvia, gli zii, l'istruttore di tuffi.
E a proposito di tuffi, se c'è una cosa che il bambino non ha mai dimenticato sono proprio i momenti che ha passato col padre a fare tuffi; da allora non ha mai smesso di farne, anche senza di lui, diventando sempre più bravo, fino al giorno in cui qualcosa in Salvo s'è interrotto, ha avuto un blocco ed ora non riesce più a tuffarsi.
Lui, il campione di tuffi con la paura di tuffarsi, ha capito alcune cose su come gira il mondo, nonostante sia poco più di un bimbo.
La prima è che gli adulti cercano sempre di fregarti, in un modo o nell'altro; fingono di sapere tutto (o comunque più dei bambini) ma quando Salvo fa domande che li mettono in difficoltà, promettono di rispondergli quando sarà più grande, solo che gli anni passano, lui è sei sempre troppo piccolo e le domande restano sospese e senza risposte.
"La verità è che ci sono un sacco di verità. Per questo non si capisce niente."
Anche suo padre Vincenzo ha fregato lui e la mamma: se n'è andato e non è più tornato. I grandi gli dicono che è in una scuola speciale dove ci sono un sacco di cose da imparare ma dalla quale non si può tornare a casa la sera. È solo un’altra bugia, dentro la quale galleggiano paroloni come “reato” e “processo”, che nessuno si premura di spiegargli, raccontando semplicemente la verità.
La vita tranquilla di questo ragazzino barese trapiantato al Nord viene sconvolta dall'arrivo improvviso del padre: Vincenzo è uscito di prigione, ha raggiunto il figlio dagli zii in Trentino e vuole che l’accompagni fino a Bari, dove ha una missione da compiere.
I due hanno a disposizione quattro giorni di tempo per attraversare l’Italia e imparare a conoscersi, provando a recuperare almeno una parte di quegli anni persi.
"Avevo detto: “Pa’ ”. Era da tanto tempo che non lo chiamavo più così. Un po’ è come con la parola “palafitta”, che non la usi perché non ti serve: io non potevo dire “papà” perché lui non c’era. Mi ci ero abituato e non ne avevo più bisogno, invece quella mi era uscita da sola".
Quattro giorni: un tempo enorme per Salvo, che non vuole partire su quella vecchia auto scassata con quell’uomo pieno di strani tatuaggi che fa cose di nascosto, come se avesse un segreto. Un uomo che è sì suo padre, ma che è cambiato moltissimo (a cominciare dall'aspetto fisico), diventando, in sei anni, un estraneo, e di lui ci sono ricordi che si perdono nel tempo e che al piccolo Salvo paiono appartenere quasi a un'altra vita.
Ma anche per Vincenzo suo figlio è un'incognita; tende, delle volte, a trattarlo come se avesse ancora cinque anni e quasi si meraviglia nel constatare come Salvo sia cresciuto tanto in sua assenza. Entrambi devono sfruttare bene questi pochi giorni per trovare insieme il coraggio di tuffarsi nel vuoto e tornare a conoscersi e ad amarsi.
Non è facile per nessuno dei due: Salvo capisce che il padre vuole andare a Bari per sistemare una faccenda e lui capisce che non si tratta di una "buona faccenda", il che lo spaventa; ma è in particolare una la domanda che più martella nella testa del ragazzino: papà è tornato a prenderlo perché davvero gli vuole bene? Sul serio gli sono mancati lui e la mamma? Il dubbio che la propria presenza sia indispensabile solamente per tornargli utile nei suoi loschi affari, turba Salvo...
"Ma io non l’ho ancora capito se è tornato per stare con me veramente o per qualche altro motivo che sa solo lui. Vorrei qualcuno che mi vuole bene per come sono, pure se non faccio niente, giusto o sbagliato che sia. Com’era con mamma."
A sua volta, Vincenzo deve confrontarsi con l'ostilità di questo figlio che lo guarda con un'espressione perplessa, un po' delusa, e soprattutto piena di interrogativi, ai quali non sempre è facile rispondere, e lui è un maestro nel procrastinare, nel rimandare a dopo spiegazioni e decisioni.
Tutto è secondario ai suoi interessi personali.
Ritrovarsi di nuovo figlio di un padre che non vedeva ormai da 6 anni, che non è stato con lui quando ne ha avuto bisogno, non l'ha consolato nei momenti tristi e con cui non ha riso assieme quando era felice, confonde Salvo, che all'inizio fa logicamente fatica a riconoscere dentro di sé i giusti sentimenti verso il proprio genitore. Non solo, ma oltre all'atroce dubbio se il padre gli voglia o no sinceramente bene, si aggiunge la paura verso quest'uomo colorato come un pirata, che Salvo trova incattivito, più duro e nervoso, ed infatti cerca di non farlo arrabbiare per non buscarsi qualche ceffone, anche se poi, come capita ai ragazzini, è inevitabile che combini qualche marachella, generando malumori e sgridate da parte di Vincenzo.
Vincenzo, che da piccolo chiamavano - a ragione! - Vincenzino Passaguai, e di guai non ha mai smesso di combinarne, anzi crescendo s'è specializzato in attività criminali.
Vincenzo, che sa bene quanto la presenza di suo figlio accanto a sé costituisca una sorta di "lasciapassare", come se l'uomo diventasse, ad occhi estranei, meno pericoloso per il solo fatto di andarsene in giro con un undicenne.
"adesso vedevo tutto chiaro: avevi ragione, papà, hai fatto bene a portarti dietro tuo figlio, se c’è Salvo i poliziotti ti lasciano andare. E tu non devi sparare a nessuno. “Avevi ragione… sono meglio di una pistola.”
E questo undicenne, nel suo viaggio avventuroso col padre ladro e armato di una pistola vera, ne vedrà delle belle e si renderà conto, di volta in volta, di come questo suo genitore sia sempre il solito, pronto a prenderlo in giro e a mentire per i propri egoistici interessi. Salvo è poco più che un bambino, legittimamente bisognoso di affetto, protezione, cura, eppure non di rado ci sembra il più maturo dei due, e tutte le volte che, riferendosi al padre, lo chiama Vincenzino, avvertiamo l'innocente tenerezza che prova verso quest'adulto scapestrato e incosciente - che raramente ride, regalando piuttosto mezzi sorrisi e, al massimo, mezze risate - cui sente comunque di voler bene.
L'Autore ha adottato in modo convincente il linguaggio, gli schemi mentali, gli stati d'animo del giovanissimo narratore e protagonista, così da prestare al lettore gli "occhiali" adatti per leggere le sue avventure attraverso i suoi stessi occhi, il suo punto di vista: quello di un figlio che la vita ha costretto a barcamenarsi in un mondo di adulti che fanno scelte al posto suo e pretendono di non dover dare spiegazioni, perché Salvo è solo un ragazzetto e deve obbedire ai "grandi" senza far troppe domande.
Ma Salvo è intelligente, sensibile, intuitivo, testardo, non si accontenta dei "perché è così e basta", "quando sarai grande te lo spiegherò", "tu sei un bambino e fai come dico io": Salvo cerca di mettere insieme i pezzi, fa domande spontanee e azzeccate che inchiodano gli adulti e ne affondano l'arroganza (del padre in primis), vuol sapere i come e i perché, vuol essere coinvolto in prima persona in tutto ciò che in effetti lo riguarda molto da vicino.
Le riflessioni che pullulano nella testolina del giovane protagonista sono un mix di saggezza preadolescenziale condite con un pizzico di ironia.
"I grandi fanno sempre così, ti mettono la mano davanti agli occhi durante i film di paura, sennò poi fai i brutti sogni. Non lo sanno che così è peggio, perché uno s’immagina le peggio cose. "
"Quando provo a descrivere quello che c’ho dentro, mi sembra sempre una cosa oscura e confusa e non trovo mai le parole adatte. È più facile disegnarla. Me l’immagino come un vortice di acqua nera, anzi tanti vortici, come le rapide di un fiume in piena, tipo quello seppellito sotto terra che ci stava per seppellire tutti. "
Tra inseguimenti a perdifiato, "piccoli furti", incontri con personaggi bizzarri, Salvo comprende pian piano chi sta cercando suo padre: l'uomo che ha rubato loro giorni, settimane e anni, facendo in modo che i due si separassero e si perdessero sei anni di vita insieme.
Vincenzo ha quindi intenzione di vendicarsi di chi gli ha fatto del male? E' ancora lo stesso delinquentello arrestato e incarcerato sei anni prima? Stare lontano dal figlio non lo ha cambiato per nulla?
"Il ladro di giorni" è un romanzo di formazione che narra un'avventura on the road tenera, epica e coinvolgente, vista attraverso lo sguardo innocente e vispo di un ragazzino che scoprirà in sé il desiderio di riavere indietro quel padre che gli era stato tolto, e anche se spesso i ruoli di padre e figlio si invertono, i due avranno la preziosa opportunità di scoprirsi e apprezzarsi reciprocamente, imparando tanto l'uno dall'altro. Mi è piaciuto per il ritmo vivace, la narrazione resa molto scorrevole dalla prospettiva fresca e ironica del ragazzino protagonista, che nel corso del suo viaggio ha modo di evolversi e crescere, raggiungendo importanti consapevolezze; ben caratterizzato anche il personaggio di Vincenzo. Ora non mi resta che attendere il film, diretto sempre da Guido Lombardi, con Riccardo Scamarcio, Massimo Popolizio, Augusto Zazzaro; dal 6 febbraio al cinema. Vi lascio il trailer: