lunedì 19 ottobre 2020

Recensione: ALLA SCOPERTA DELL'ACQUA CALDA di Roberto Riva



Il mondo in cui veniamo introdotti, tra le pagine di questo romanzo, è bizzarro e surreale, con personaggi dai nomi importanti ma decisamente buffi, che stanno cercando di ribellarsi alle dure condizioni in cui sono costretti a vivere da una comunità scientifica che giudica reato ogni presunta ricerca o esperimento inutile o dannoso per la società.



ALLA SCOPERTA DELL'ACQUA CALDA 
di Roberto Riva



161 pp

Il protagonista (e voce narrante) è un uomo di cui non sapremo mai il vero nome, ma solo quello che gli altri decideranno di affibbiargli: Fleming.

Fleming si sveglia di soprassalto sulla riva di un'isola (del Pacifico) e viene immediatamente arrestato; non ricorda come è finito lì e non ha il tempo di farsi troppe domande perché viene subito travolto dagli eventi che lo vedono prigioniero, con una condanna da scontare in questo posto sconosciuto, costretto per punizione a pelare tonnellate di patate...

Ma come mai? Quale crimine ha commesso per aver meritato questa condanna ventennale ai lavori forzati, che lo priva della libertà personale?

I militari che lo accompagnano nella sua cella gli rendono noto il motivo dell'incarcerazione: ha condotto nel corso della sua carriera accademica una ricerca inutile e deleteria per la comunità scientifica e per l’umanità stessa nell’ambito della micologia.

Non ci vien detto che tipo di ricerca fosse né come mai sia stata giudicata così sciocca, ma non preoccupatevi, lo scrittore non ci lascia col punto interrogativo e, a tempo debito,  avremo la risposta.

Ad ogni modo, Fleming fa amicizia con gli altri scienziati, che sono arrabbiati per l'ingiusta condanna ricevuta: essi, ovviamente, ritengono di aver condotto studi degni di rispetto, ma si guardano bene dal condividere gli uni con gli altri quali fossero queste ricerche incriminate (anche in questo caso, il lettore saprà tutto, ma dovrà arrivare alla fine della storia).

Intanto, però, cercano di organizzarsi di nascosto per mettere in atto un piano rocambolesco per salvare la comunità scientifica dell’isola; a capeggiare e incoraggiare la rivolta c'è un certo Aristotele, una sorta di guru per i prigionieri, che ascoltano con attenzione e in religioso silenzio ogni discorso che egli fa per incitare gli scienziati alla rivolta.

Anche il nostro confuso e perplesso Fleming viene coinvolto in questo piano di ribellione alla comunità scientifica ufficiale e stringe amicizia con con personaggi davvero bislacchi, alcuni taciturni oltre ogni limite di pazienza, altri troppo chiacchieroni, altri ancora burberi; tra questi c'è in particolare un certo Einstein, il quale si sta attivando per realizzare l'insurrezione insieme a Pascal, Copernico e Kelvin, Galilei...

Il romanzo, ambientato in un ipotetico futuro, si sviluppa attraverso molti dialoghi, vivaci e divertenti botte e risposte tra i personaggi, che comprendiamo avere personalità davvero strane, contraddittorie, inverosimili, che suscitano per questo il sorriso in chi legge; la lettura procede in modo scorrevole, resa piacevole e dalla presenza di queste macchiette pittoresche e strambe, e dalle avventure spericolate e confusionarie che le vedono coinvolte.
In questa masnada di matti spicca il protagonista, pieno di domande (che fanno innervosire Einstein), dubbi, dapprima smarrito e timido e poi sostenitore convinto del piano rivoluzionario: dopotutto, perchè mai dovrebbe accettare passivamente questa assurda condanna solo perchè stava conducendo una ricerca?

E così Fleming intraprende questo incredibile viaggio distopico in una società che non riconosce come propria e come "normale", un viaggio irripetibile che alla fine potrebbe costituire per lui un'opportunità per cercare la propria identità: la vera prigione è quella sull'isola o quella dentro se stesso?

Questo romanzo è l'originale e piacevolissima metafora di un’avventura particolare e fantastica che, con una intelligente vena umoristica e personaggi improbabili, vuole farci riflettere su quanto sia di fondamentale importanza - tanto più in tempi come i nostri, in cui le notizie più disparate, e su qualsiasi argomento, viaggiano alla velocità della luce - di usare senso critico e saggezza nel considerare tutto ciò che si definisce "scienza", stimolando le persone a capire la differenza tra ricerca utile e notizie infondate e pericolose.

Un libro davvero particolare, avventuroso e arguto, con un ritmo sufficientemente vivace, personaggi curiosi e vicende strampalate che, lungi dall'essere fine a se stesse o messe lì giusto per far sorridere il lettore, fanno riflettere in modo simpatico su un aspetto senza dubbio molto attuale.

domenica 18 ottobre 2020

Segnalazione ''Danza della Pioggia'', un thriller on the road a puntate



Cari lettori, oggi vi segnalo l’ebook a puntate La Danza della Pioggia: un thriller on the road tra Misery e The Hitcher, dedicato al mondo dei fumetti, dei suoi lettori e dei suoi creatori

La Stagione delle Piogge è stato il più grande successo fumettistico italiano dell'ultimo ventennio.
Venticinque anni dopo, è ancora senza un finale.


Il suo autore, Michele Pichelli, ha deciso di lasciarsi le avventure del Santo alle spalle per intraprendere una nuova carriera letteraria, crescere sua figlia Diana e lasciarsi finalmente la violenza del passato alle spalle.

Ma i suoi ammiratori chiedono ancora a gran voce una conclusione, e un fan in particolare, Marzio, posseduto dalla Voce e dallo spirito del Santo, si è stancato di chiedere.

Dopo anni di addestramento, per Marzio è arrivato il momento di concludere la missione del Santo e portare ‘’La Danza della Pioggia’’ sulla terra, a qualunque costo, che sia rapire il suo ‘’creatore’’ affrontare gruppi di fanatici neo-fascisti, famiglie itineranti di serial killer e partecipare alla ‘’rapina del secolo’’.


Una puntata ogni mercoledì, da scaricare o leggere online su 
Per restare aggiornati sulle nuove puntate:

sabato 17 ottobre 2020

CANZONI ISPIRATE... DA LEGGENDE! (#1)

 

Non molti giorni or sono, mentre ero in pullman per andare a lavorare, ho ascoltato (non era la prima volta, of course) una bellissima ballata di Fabrizio De Andrè, Geordie, e in passato mi era venuta voglia di cercare informazioni su cosa avesse ispirato il cantautore ligure nello scrivere questo brano.

Ecco, in linea con questa curiosità, ho pensato di cercare altre canzone ispirate a leggende, personaggi letterari o realmente esistiti.

Oggi è il turno della già citata Geordie e di una canzone vecchiotta di Claudio Baglioni, che forse è conosciuta più che altro da chi, come me, ama il cantautore romano: Il lago di Misurina (Album: Sabato pomeriggio; 1975).


Ecco il testo di Geordie:


Mentre attraversavo London Bridge
Un giorno senza sole
Vidi una donna pianger d'amore
Piangeva per il suo Geordie
Impiccheranno Geordie con una corda d'oro
È un privilegio raro
Rubò sei cervi nel parco del re
Vendendoli per denaro
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
Sellatele il suo pony
Cavalcherà fino a Londra stasera
Ad implorare per Geordie
Geordie non rubò mai neppure per me
Un frutto o un fiore raro
Rubò sei cervi nel parco del re
Vendendoli per denaro
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso
Non ha vent'anni ancora
Cadrà l'inverno anche sopra il suo viso
Potrete impiccarlo allora
Né il cuore degli inglesi né lo scettro del re
Geordie potran salvare
Anche se piangeranno con te
La legge non può cambiar
Così lo impiccheranno con una corda d'oro
È un privilegio raro
Rubò sei cervi nel parco del re
Vendendoli per denaro


La canzone di De Andrè si ispira ad un’antica ballata britannica, che fa parte delle Child Ballads, una raccolta di 305 ballate tradizionali inglesi e scozzesi suddivise in cinque volumi pubblicati tra il 1882 e il 1889.

La storia di Geordie pare abbia due versioni: in quella scozzese, George Gordon, marchese e conte di Huntly, fu accusato di essersi ribellato a Giacomo VI, re di Scozia, e nel 1598 fu condannato a morte per alto tradimento, ma grazie alla intercessione della famiglia fu graziato.

Nelle ballate inglesi, Geordie è un bracconiere, la cui sorte è stata meno lieta.

Nell’Inghilterra medievale il bracconaggio nelle tenute e nelle riserve reali era punito con la pubblica impiccagione, ed infatti il giovane Geordie, nonostante le suppliche della moglie, non viene risparmiato; l'unico privilegio che gli riservarono fu quello di essere impiccato con una corda d’oro, a motivo delle sue origini aristocratiche.






Vi posto il testo della canzone di Claudio Baglioni, Il lago di Misurina.


Sciolta ormai l'ultima neve
Su un tappeto d'erba nuova
Con un passo lieve nell'aurora
Misurina camminava
Sopra ad una rupe si fermava
Ogni dì alla stessa ora
Nella calma del mattino
Il silenzio era velluto
Un arcobaleno di pensieri
Lei gettava giù nel vuoto
E qualcuno la spiava muto
Il suo nome era (Sorapis)
(Sorapis) che viveva solo lassù
Tra abeti e genziane blu
Nessun sorriso ebbe mai
E Misurina che era tutto per lui
Un giorno scivolò giù
La vide con gli occhi suoi
Misurina riposava
Tra il ginepro e i rododendri
Si affacciava il sole dalle nubi
Sopra i suoi capelli biondi
Ed un alito di vento andava a sfiorare lei
Per lasciarla poi
Tra le braccia di (Sorapis)
chiuse gli occhi e il capo chinò
E giorno e notte aspettò
Finché di pietra non fu
E con le lacrime che scesero giù
Un verde lago formò
Tra abeti e genziane blu




LA LEGGENDA

Il Lago di Misurina è un  lago naturale piuttosto esteso e tra i più belli d’Italia. Situato nel bellunese, ha un perimetro di 2,6 chilometri ed è profondo circa 5 metri.  

Infodolomiti
Attorno ad esso c'è una leggenda, con protagonista proprio una certa Misurina, figlia unica del re Sorapis, governatore delle terre comprese tra le Tofane, l’Antelao, le Marmarole e le Tre Cime di Lavaredo. 
Il re stravedeva per la sua figlioletta, le permetteva qualsiasi cosa ed infatti la bambina era viziata, molto capricciosa e dispettosa, ma era anche molto molto carina. 
All'età di otto anni, Misurina venne a conoscenza dell’esistenza di una fata che viveva sul Monte Cristallo e che possedeva uno specchio magico, il quale dava il potere di leggere i pensieri di chiunque vi si specchiasse. 
Misurina supplicò con tanta insistenza il padre affinché le procurasse lo specchio, che questi alla fine cedette e partì alla ricerca dell'oggetto magico.
Incontrò la fata che gli disse: "Io posso darti lo specchio, però in cambio voglio te: diventerai alto come una grossa montagna e con la tua ombra mi riparerai dal troppo sole."

Sorapis restò perplesso e la fata precisò che se la bambina, sapendo dello scambio, avesse rinunciato al proprio desiderio, il re Sorapis sarebbe stato salvo, altrimenti l’incantesimo si sarebbe compiuto.

Il padre accettò, persuaso che la sua bambina mai avrebbe preferito uno specchio al padre, e invece..., quando ritornò a casa e riferì a Misurina le parole della fata, la bambina accettò lo scambio e volle lo specchio al posto del papà!!

E fu così che immediatamente Sorapis venne trasformato in una enorme montagna! Misurina, nel vedere che davvero l'incantesimo si era realizzato, si pentì del suo egoismo e cominciò a chiamare il padre, chiedendogli di tornare da lei.

Ma ormai non c’era più nulla da fare.

La bimba allora incominciò a piangere, a piangere, e tante furono le lacrime versate che si sciolse completamente e al suo posto si formò un lago:  il lago di Misurina!



Fonti consultate:

https://siviaggia.it/
https://favolefantasia.com
https://www.ernyaldisko.com/
https://libreriamo.it/
https://terreceltiche.altervista.org/

venerdì 16 ottobre 2020

Cosa sto leggendo?



Vi presento due libri che ho appena iniziato a leggere e un altro in cui mi tufferò a breve e che ho gentilmente ricevuto in omaggio dalla C.E. Milena Edizioni ^_^


LEGGERE LOLITA A TEHERAN
di Azar Nafisi


Adelphi
trad. R. Serrai
397 pp
2007
Nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini, mentre le strade e i campus di Teheran erano teatro di violenze barbare, Azar Nafisi ha dovuto cimentarsi nell'impresa di spiegare a ragazzi e ragazze, esposti in misura crescente alla catechesi islamica, una delle più temibili incarnazioni del Satana occidentale: la letteratura. 
È stata così costretta ad aggirare qualsiasi idea ricevuta e a inventarsi un intero sistema di accostamenti e immagini che suonassero efficaci per gli studenti e, al tempo stesso, innocui per i loro occhiuti sorveglianti. 
Il risultato è un libro che, oltre a essere un atto d'amore per la letteratura, è anche una beffa giocata a chiunque tenti di proibirla.

L'autrice.
Figlia di Ahmad Nafisi, che è stato sindaco di Teheran e di Nezhat, prima donna ad essere eletta al parlamento iraniano, ha studiato dall'età di 13 anni in Inghilterra e ha proseguito i suoi studi negli Stati Uniti dove si è laureata in letteratura inglese e americana. Tornata in Iran, ha insegnato Letteratura angloamericana all'università di Teheran (da cui viene espulsa dopo 18 anni d'insegnamento a causa delle restrizioni del governo degli ayatollah) poi ha proseguito l'insegnamento quasi clandestinamente con un gruppo ristretto di alunni. Torna poi per qualche anno all'insegnamento universitario, ma non nella capitale. Si trasferisce nel 1997 negli Stati Uniti, con il marito e i due figli, e vi ottiene la docenza alla School of Advanced International Studies dell'Università Johns Hopkins di Washington. Presso Adelphi ha pubblicato: Leggere Lolita a Teheran (2004), Le cose che non ho detto (2009), La repubblica dell'immaginazione (2015).


LA CASA SULL'ARGINE
di Daniela Raimondi


Editrice Nord
400 pp
2020
La famiglia Casadio vive da sempre nel borgo di Stellata, all'incrocio tra Lombardia, Emilia e Veneto. 
Gente semplice, schietta, lavoratrice. Poi, all'inizio dell'Ottocento, qualcosa cambia: Giacomo Casadio s'innamora di Viollca Toska, una zingara, e la sposa. 
Da quel momento, i discendenti della famiglia si dividono in due ceppi: i sognatori dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, che raccolgono l'eredità di Giacomo, e i sensitivi, che hanno gli occhi e i capelli neri di Viollca, la veggente. 
Da Achille, deciso a scoprire quanto pesa un respiro, a Edvige, che gioca a briscola con lo zio morto due secoli prima; da Adele, che si spinge fino in Brasile, a Neve, che emana un dolce profumo quando è felice, i Casadio vivono sospesi tra l'irrefrenabile desiderio di sfidare il destino e la pericolosa abitudine di inseguire i loro sogni. E portano ogni scelta sino in fondo, non importa se dettata dall'amore o dalla ribellione, dalla sete di giustizia o dalla volontà di cambiare il mondo. 
Ma soprattutto a onta della terribile profezia che Viollca ha letto nei tarocchi in una notte di tempesta...

L'autrice.
Daniela Raimondi ha trascorso la maggior parte della sua vita in Inghilterra. Ha pubblicato dieci libri di poesia che hanno ottenuto importanti riconoscimenti nazionali. Suoi racconti sono presenti in antologie e riviste letterarie. La casa sull'argine (Nord, 2020) è il suo primo romanzo
.



LAME DI TENEBRA
di Vincenzo Barone Lumaga



Milena Edizioni
308 pp
2016
Jerry, Mario, Anna ed Elio sono, in apparenza, quattro persone senza alcun legame, che scoprono di avere in comune un rapporto misterioso solo quando la piccola città in cui vivono, Torre Antica, viene sconvolta da una serie di inspiegabili delitti. 
Tutti e quattro si ritrovano ben presto nel mirino di un oscuro e ambiguo assassino e proprio Jerry, incaricato di seguire il caso, dovrà riportare alla luce il tragico segreto che li lega al folle omicida. 
Ma non sempre la soluzione è conoscere la verità. 
Quest'ultima, infatti, costerà cara ai protagonisti e li indurrà a fare i conti con se stessi e con un passato sepolto e dimenticato

giovedì 15 ottobre 2020

Recensione: ADDIO, MIA AMATA di Sophie Rocher



Si possono amare allo stesso tempo due persone, con lo stesso slancio e la stessa passione?
Ce lo raccontano i tre giovani protagonisti di una forte amicizia, coinvolti in una serie di  vicende sentimentali travolgenti. 
Amore, tradimenti, passione, voglia di vivere e di disegnare il proprio destino... e tutto sullo sfondo di una sempre affascinante Parigi, attraversata dal vento del cambiamento degli anni Sessanta.


ADDIO, MIA AMATA
di Sophie Rocher


"Mia adorata Gabi,
se stai leggendo questa lettera, significa che non ci sono più e che per una volta nella mia vita ho preso la decisione giusta.
Incredibile, vero, da parte mia?
Eppure ce l’ho fatta, sono diventato un uomo maturo.
Se penso ai giorni che abbiamo trascorso insieme, mi chiedo se sia possibile desiderare che un breve momento possa prolungarsi in eterno.
Continuo a pensare a quello che avrei potuto offrirti se solo fossi stato un uomo diverso, se tu avessi amato me con la stessa intensità con cui ami Claude.
Mi chiedo se sarebbe stato possibile vivere tutti e tre noi, insieme e felici, prima che tutto questo ci travolgesse...
Ma con i “se” non si vive, lo sai bene anche tu, e io sono stanco di vivere in un’illusione."


Siamo nella metà degli anni Sessanta, a Parigi. 
Claude ed Etienne sono due giovanotti che stanno studiando a Parigi e che alloggiano nella medesima pensione, da madame Pompidou, una signora in là con gli anni, gentile e premurosa.

Caratterialmente agli antipodi - tanto Etienne è esuberante, amante della bella vita, impulsivo, allegro, scanzonato, quanto Claude è saggio, riflessivo, pacato, serio -, i due ragazzi sono inseparabili e uniti da un'amicizia sincera e leale, che finora niente e nessuno ha messo mai alla prova.

Le loro vite vengono scombussolate dall’arrivo di una bella e dolce ragazza belga, Gabrielle, che con la sua semplicità, la sua bellezza non solo esteriore e la sua dolcezza, rapirà il cuore di entrambi.

Il primo ad incontrarla, per caso, e a condurla nella pensione della Pompidou, è Claude, che resta incantato dai modi di fare così aggraziati e genuini della bella e bionda Gabrielle, la quale a sua volta sente immediatamente un brivido di piacere e un piacevole imbarazzo nel conversare con Claude, con il quale il feeling scatta dal primo istante.

Gabrielle è cresciuta con i nonni a Bruges, tranquilla cittadina belga, ed è venuta a studiare alla Sorbona con l'obiettivo di laurearsi il prima possibile per riaprire il vecchio laboratorio di ceramiche di famiglia.
Claude, invece, vuol diventare un bravo medico e ha intrapreso con convinzione questa strada, andando contro il volere della famiglia, che lo avrebbe voluto avvocato.

Quando Gabrielle incontra Etienne, sente i medesimi palpiti del cuore: entrambi i ragazzi hanno fatto centro nel suo cuore...! 
Com'è possibile che mi piacciano entrambi?,  si chiede confusa la ragazza: il suo cuore dovrà pur darle dei segnali per lasciarle capire quale dei due le ha fatto realmente  perdere la testa!
In effetti, sì, tra Claude ed Etienne, c'è chi riesce a ritagliarsi un posto speciale e ben definito nel cuore della fanciulla.
Quello che però i due innamorati non sanno è che anche l'altro amico è cotto di Gabrielle, nonostante cerchi in tutti i modi di soffocare il sentimento per non ferire la coppia, che in poco tempo si fidanza ufficialmente, con tanto di benedizione da parte dei nonni di lei.

Questa amicizia a tre, resa complicata dall'amore che lega i ragazzi a Gabrielle, non potrà non andare incontro ad equivoci, segreti e, purtroppo, anche ad altro, e tutto mentre la voglia di rivoluzione e cambiamento sociale sta cominciando a sconvolgere Parigi e tutta la Francia, durante i lunghi e violenti giorni di protesta che passeranno alla Storia come il Maggio Francese.

Cosa accadrà a Gabrielle, Claude ed Etienne? Dove li condurrà il destino?
L'amore e l'amicizia che li uniscono sapranno guidarli, aiutarli a resistere e a restare uniti nonostante le difficoltà e le incomprensioni che la vita porrà loro davanti?

"Addio, mia amata" è un romance scritto con uno stile chiaro, fluido e delicato, che tratteggia in modo esaustivo le personalità dei tre protagonisti, definendone caratteri, ambizioni, debolezze, virtù, contraddizioni, errori; è una storia di amore e di amicizia che io ho trovato molto dolce, piacevole, con uno sfondo storico e un'ambientazione accattivanti; l'abbondanza di dialoghi rende la narrazione vivace.
Se prediligete le storie romantiche, questo romanzo può fare al caso vostro.




DOVE POTETE TROVARLO (NEGOZI PRINCIPALI)

-StreetLib Stores
-Amazon
-IBS
-Kobo Store

L’AUTRICE
Sophie Rocher è nata a Parigi negli anni Ottanta ed è cresciuta tra Francia, Italia e Regno Unito respirando una cultura multietnica che ha influenzato il suo modo di vedere il mondo.
Ha deciso di seguire la sua vocazione di scrittrice durante gli studi superiori.
Le sue storie sono racconti e immagini che parlano della sua realtà ma anche dei tanti piccoli universi che ha incrociato e che continua a incontrare durante i suoi numerosi viaggi in giro per il mondo.


CONTATTI

-https://sophierocherauthor.blogspot.it/
-https://mewe.com/i/sophierocher
- https://www.wattpad.com/user/SophieRocherBooks
-https://www.goodreads.com/author/show/17430560.Sophie_Rocher
-https://www.facebook.com/Sophie-Rocher-Books-135026697154083/
-https://twitter.com/CalliopeMusa

martedì 13 ottobre 2020

Dal libro al film: LA SCUOLA CATTOLICA (regia: Stefano Mordini)



Ho appreso recentemente che sono iniziate le riprese del film LA SCUOLA CATTOLICA, tratto dall'omonimo libro di Edoardo Albinati, vincitore dello Strega 2016.


Ho letto La scuola cattolica (recensione) quattro anni fa e se c'è una cosa che rammento, tra le tante, è la prolissità ^_^ 

Si tratta di un saggio (romanzato) lungo più di 1000 pagine in cui l’Autore, pur avendo fatto del tristemente celebre Delitto del Circeo il fulcro del discorso, affronta tantissime tematiche sociali, e lo fa con estrema lucidità.

Siamo a Roma, in un quartiere residenziale in cui è collocata una nota scuola cattolica maschile dove vengono educati i ragazzi della migliore borghesia. 
In questo contesto non certo di periferia e degradato, accade qualcosa di tragico e sconvolgente.
Nella notte tra il 29 e il 30 settembre del 1975 si consuma uno dei più efferati crimini dell’epoca: il delitto del Circeo
I responsabili sono  ex studenti di quella scuola frequentata anche da Edoardo, che prova a raccontare cosa ha scatenato tanta cieca violenza in quelle menti esaltate da idee politiche distorte e un’irrefrenabile smania di supremazia.

Come dicevo, sono in corso le riprese e a dirigerle c'è Stefano Mordini; nel casto ci sono: Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Benedetta Porcaroli, Ludovico Tersigni, Valentina Cervi.

La sceneggiatura è di Massimo Gaudioso, Luca Infascelli e Stefano Mordini. 
Le riprese hanno una durata di otto settimane e si svolgeranno a Roma e a San Felice Circeo.




Fonte:   https://www.cinefilos.it/

LIBRI NEI LIBRI (#15)



Chi mi segue sa che, nel leggere un libro, mi piace far caso ad alcuni dettagli, come i luoghi, le canzoni o i libri citati.
Nel corso della lettura dell'ultimo romanzo recensito, La vita invisibile di Ivan Isaenko, mi sono imbattuta in diversi titoli di libri, grazie al fatto che il protagonista/narratore fosse un avido lettore.

Ecco alcuni dei libri menzionati; di questi ho letto solo Le anime morte parecchi anni fa e lo ricordo come un libro pesante, finito a fatica; chissà, magari rileggendolo oggi, ne avrei un altro parere, ma non ne sono sicura, ho sviluppato negli anni un rapporto controverso con gli scrittori russi, per cui alcuni mi son piaciuti davvero, altri per nulla. Non ci sono vie di mezzo ^_^
Lolita è in wishlist da un po'; arriverà mai il suo turno?
Il Maestro e Margherita: ne ho sentito parlare tantissimo, ma non mi sono mai preoccupata di cercare informazioni su di esso; in effetti, potrebbe finire in wishlist pure lui :o)

E voi, che mi dite? Conoscete e/o avete letto questi libri?






Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov (Ed. Feltrinelli, 552 pp)

"Il Diavolo è il più appariscente personaggio del grande romanzo postumo di Bulgakov. Appare un mattino dinanzi a due cittadini, uno dei quali sta enumerando le prove dell'inesistenza di Dio. Era anche presente al secondo interrogatorio di Gesù da parte di Ponzio Pilato e ne dà ampia relazione. 
Poco dopo, il demonio si esibisce al Teatro di varietà di fronte a un pubblico enorme. I fatti che accadono sono cosi fenomenali che alcuni spettatori devono essere ricoverati in una clinica psichiatrica... 
Un romanzo-poema o, se volete, uno show in cui intervengono numerosissimi personaggi, un libro in cui un realismo quasi crudele si fonde o si mescola col più alto dei possibili temi: quello della Passione..." (Eugenio Montale)


Lolita di Vladimir Nabokov (Adelphi, 395 pp).

Chi è Lolita? Questa «ninfetta» (geniale invenzione linguistica di Nabokov, poi degradata nell’uso triviale) è la più abbagliante apparizione moderna della Ninfa, uno di quegli esseri quasi immortali, capaci di travolgere dèi e uomini con una sottile forma di delirio, lo stesso che coglie l’indimenticabile professor Humbert Humbert per la piccola, intensamente americana Lolita. 
America, Lolita: questi due nomi sono di fatto i protagonisti del romanzo; realtà geografica e personaggio sono arrivati a sovrapporsi con prodigiosa precisione, al punto che si può dire: l’America è Lolita, Lolita è l’America. 




Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij (Bur, 114 pp)

In forma di monologo-confessione, è la storia della fallita redenzione di una prostituta e, nello stesso tempo, la tormentata indagine sull'inconscio, il "sottosuolo", e sull'impossibilità di capire a fondo se stessi e gli altri. 
L'io narrante è uno dei cosiddetti "uomini superflui", uno che si limita a prendere atto dell'immensa ricchezza nascosta nel proprio intimo e non trae alcuna conseguenza pratica, soffrendo acutamente, al tempo stesso, del proprio fallimento. È la prima incarnazione di quel tipico personaggio di individuo smarrito tra l'angosciosa ricerca della verità e un'incolmabile distanza dalla realtà che sarà protagonista dei grandi romanzi di Dostoevskij.




Le anime morte
di Nikolaj Gogol' (Mondadori, 448 pp)

"Le anime morte" intreccia passaggi lirici, particolari surreali e romantici, dimensioni metafisiche e macabre, dialoghi comici, iperbolici e funambolici artifici stilistici. Vi sfila una galleria di personaggi appartenenti a tutte le classi sociali, le cui anime sono moralmente morte, ancor più dei servi deceduti e comperati da Cicikov per ottenere le assegnazioni di terre concesse a chi dimostrava di possedere un certo numero di servi della gleba. Solo una commedia grottesco-satirica poteva descrivere questa ottusa società di proprietari terrieri, contadini e funzionari, immersa in una palude di stupidità e pigrizia provinciale, di mediocrità e pochezza morale. Un capolavoro in cui Gogol', con la sua anarchica energia vitale, infonde l'essenza del carattere russo e, al tempo stesso, sfiora gli orrori nascosti nel profondo di tutti noi.


Una giornata di Ivan Denisovic di Aleksandr Solzenicyn (Einaudi, 278 pp).  

Prima opera a raccontare la vita nel Gulag, e a farlo dal punto di vista della grande letteratura russa, nel solco di Tolstoj e Dostoevskij ma usando una prosa ellittica e spigolosa, piena di espressioni di registro basso. 
L'autore tra queste pagine si occupa della nostalgia per una terra espropriata nella collettivizzazione e dell'amore per il lavoro dei campi al quale il protagonista sostituisce il rispetto per una terra circoscritta da filo spinato, dove, nonostante tutto, mani callose e screpolate dal freddo cercano di costruire qualcosa di degno, che li riscatti dall'abbrutimento.




lunedì 12 ottobre 2020

Recensione: "IL DELITTO DI VIA POMA. Trent'anni dopo" di Igor Patruno



Con estrema accuratezza e un'esposizione chiara e attenta, il giornalista Igor Patruno torna con un nuovo libro sul delitto di via Poma, e partendo dall'agosto del 1990 fino a tempi più recenti, riesamina le tappe di uno dei cold case italiani più misteriosi degli ultimi anni.
Un delitto atroce ed irrisolto, la cui vittima ancora deve ottenere giustizia.


IL DELITTO DI VIA POMA. Trent'anni dopo
di Igor Patruno


Armando Editore
292 pp
"Eccomi. Simonetta.
Stata al mondo vent’anni. Morta dove sono caduta, per mano d’uomo. Un’aureola di sangue intorno al capo."

È una calda giornata d'agosto del 1990 e sul sagrato della chiesa di San Giovanni Bosco, a Roma, si sta tenendo un funerale: quello di Simonetta Cesaroni.

Simonetta è stata barbaramente uccisa nel pomeriggio del 7 agosto del 1990, e dopo trent'anni siamo ancora qui a chiederci perché e, soprattutto, a chi appartiene la mano che ha fatto scempio di quel giovane corpo.
Se non è morto nel frattempo, l’assassino si aggira quindi libero e la famiglia Cesaroni ancora aspetta che venga fatta chiarezza e giustizia sulla morte atroce di Simonetta.

Patruno segue questo caso dagli inizi e leggendo il presente volume ho potuto apprezzare come, accanto al lodevole proposito di essere obiettivo - del resto è questo che ci si aspetta da un giornalista: che sia oggettivo e mantenga una certa distanza emotiva nel narrare di delitti e assassinii per poterne parlare in modo imparziale -, egli si sia fatto guidare da un atteggiamento di umana empatia, tanto verso la povera vittima quanto verso i suoi famigliari.

Se c'è una peculiarità del delitto di via Poma, essa è sicuramente la menzogna.
È normale e logico chiedersi: perché mentire? Perché i soggetti coinvolti, per motivi che ci sono ignoti, hanno rilasciato spesso dichiarazioni contraddittorie o del tutto mendaci? Perché hanno nascosto determinati dettagli e particolari?

Solitamente si mente per nascondere, e certo non ci stupisce pensare che l’autore dell’omicidio possa mentire e depistare per non farsi prendere; ma quando a dire bugie sono personaggi che in fondo non avevano a che fare  con la morte della ragazza in modo diretto, i dubbi e gli interrogativi non possono che crescere.
Forse questo "fenomeno" è attribuibile al timore di essere travolti da una vicenda di immenso rilievo mediatico e delle inevitabili conseguenze del sospetto?

L'Autore parte dal contesto e dalle situazioni che hanno portato Simonetta Cesaroni all'interno dello stabile di via Poma n.2; non solo, ma ci parla di lei, di questa giovane di soli ventuno anni come di una brava ragazza, attaccata alla famiglia, senza grilli per la testa, che conduceva una vita normale, priva di segreti torbidi e con le problematiche tipiche dell'età (sentimentali, lavorative...).
Era innamorata di Raniero Busco, col quale però non viveva una storia d'amore tutta cuoricini e tenerezza, bensì una relazione un po' tormentata, fatta di "lascia e prendi", in cui lui soprattutto si sentiva poco coinvolto sentimentalmente.

Simonetta era una giovane sensibile, con un mondo interiore ricco che lei riversava su foglietti di carta, sui quali annotava pensieri, sentimenti, paure.

Con una suspense in grado di tenere col fiato sospeso, vengono ricostruite le ultime ore di vita della ragazza, le persone incontrate, le telefonate con gli amici o con il datore di lavoro; si incrociano le testimonianze di chi l'ha sentita o vista nelle ore precedenti l'omicidio.

Personalmente ho letto il capitolo narrante i fatti di quel tragico 7 agosto con un senso di oppressione, un magone difficile da mandar giù in quanto accompagnato dalla tristissima consapevolezza di come quelle pagine che mi scorrevano sotto gli occhi non appartenessero ad un avvincente romanzo noir, ma fossero la narrazione delle tragiche e feroci condizioni in cui l'esistenza innocente di una ragazza di periferia sia stata stroncata all'interno di un palazzo, simbolo della Roma borghese.
Mi ha profondamente colpito leggere la ricostruzione dell'assassinio e immaginare come siano andate le cose in quel maledetto ufficio, in cui Simonetta si è ritrovata da sola, faccia a faccia col suo assassino, spietato, crudele, che si è accanito sul suo corpo con ventinove coltellate.

Com'è possibile che nessuno abbia visto o sentito nulla in quel tardo pomeriggio (il decesso della vittima è collocato tra le 17:30 e le 18:30 del giorno 7) di inizio agosto? 

Ma più di tutto, chi ha mandato Simonetta (che lavorava come contabile presso la Reli Sas, uno studio commerciale, che aveva tra i suoi clienti la A.I.A.G. -Associazione Italiana Alberghi della Gioventù -, con sede in via Carlo Poma) in quegli uffici, da sola, il 7 agosto, pur non essendocene l'urgenza?

L'autore è estremamente dettagliato nel tener conto di orari, persone coinvolte, spostamenti, stranezze, telefonate, e ci lascia interdetti il numero delle menzogne e dei cambi di versione che si sono susseguiti da parte di coloro che avrebbero dovuto rendere conto dei rapporti di lavoro intercorsi con Simonetta, e quindi del suo ruolo e delle sua presenza in ufficio in quel dannato pomeriggio.

Ad esempio, troppe sono le incongruenze di Salvatore Volponi (datore di lavoro di Simonetta) in merito all'ultima volta in cui vide la ragazza e sul fatto che dovesse incontrarla proprio in quei giorni per concordare lavoro e ferie.

Ma a complicare le cose non ci sono soltanto le versioni incoerenti, ma anche il mancato congelamento della scena del crimine: com'è possibile che si sia permesso agli impiegati del comitato Lazio di riprendere l’attività pochi giorni dopo l’omicidio, contaminando così irrimediabilmente gli ambienti?

Per non parlare dei tanti errori e mancanze al momento del sopralluogo sulla scena del delitto, tra agenti che si sono messi a scrivere frasi sibilline su foglietti volanti, persone che hanno fatto su e giù nei locali interessati, reperti messi insieme e conservati male...

Quello di via Poma potrebbe sembrare il delitto perfetto in virtù del fatto che chi l'ha commesso l'ha fatta franca (almeno finora...), riuscendo ad allontanarsi dal luogo del delitto; ma in realtà, gli eventi accaduti nell’appartamento al terzo piano, della palazzina B, di via Poma sono un groviglio di eventi casuali, di circostanze imprevedibili che poco hanno a che fare con la bravura e l'intelligenza dell'assassino.

Questi, se da una parte ha ucciso con una furia cieca, dall'altra ha altresì agito con comportamenti estremamente lucidi e protratti nel corso del tempo, e a tal proposito, l'Autore espone delle ipotesi in merito alla condotta dell'omicida prima, durante e dopo il delitto, sottolineando come ogni particolare sia importante per comprendere le sue azioni. 
Se è vero che le azioni dovrebbero aiutarci a definire l’ombra di chi le ha compiute, è altrettanto vero che nel delitto di via Poma le ombre stentano a divenire percepibili, individuabili, e tutto resta nel buio e nel mistero.

Patruno ci ricorda in che modo hanno lavorato gli inquirenti dal 1990 in poi, soffermandosi sugli svariati errori e le valutazioni sommarie e sbagliate, che li hanno spinti ad indagare su colpevoli improbabili, dando magari attribuzioni azzardate a dettagli semplici (ad es., i segni sul capezzolo di Simonetta scambiati per morsi) o non dando rilevanza a ciò (le tracce di sangue) che invece poteva "raccontare" molto della tragedia che sì è consumata in quell'appartamento, in un arco di tempo in fondo neanche troppo ampio. 
Eppure è stato un tempo sufficiente a ripulire la scena del crimine, sottraendo indumenti e altri oggetti appartenenti alla povera ragazza uccisa...

Tanti sono i personaggi che intervengono in questa storia, qualcuno ha avuto il suo "posto in prima fila", qualcun altro è rimasto dietro le quinte; una cosa è certa: coloro che negli anni sono stati indagati come possibili colpevoli, poi sono stati prosciolti per assenza di prove.

Sia Federico Valle che Pietrino Vanacore (il portiere dello stabile, suicidatosi il 9 marzo 2010) furono dichiarati innocenti più che per non aver commesso i fatti loro addebitati, per mancanza assoluta di prova.

Discorso diverso per Raniero Busco, che - a causa della presenza del suo DNA sugli indumenti intimi della vittima (con cui aveva però avuto rapporti tre giorni prima del fattaccio) - è stato indagato, condannato per poi essere definitivamente assolto in Cassazione nel 2014.

Insomma, anni e anni di interrogatori, testimoni ascoltati, dichiarazioni comparate e incrociate... che non hanno portato alla soluzione del caso.

Claudio Cesaroni, padre di Simonetta, era convinto che “il nome dell’assassino è nelle carte dei magistrati e va cercato tra i frequentatori di quel maledetto palazzo".
Ed effettivamente, la convinzione che a togliere la vita a Simonetta sia stato qualcuno che ben conosceva lo stabile e gli uffici di via Poma, è concreto e ragionevole.
Ma allora perché non è stato rilevato il DNA a tutti coloro che - uomini e donne - potevano avere accesso ai locali di via Poma? 
Senza considerare l'arma del delitto, che si presume sia un tagliacarte presente in ufficio, il quale viene ritrovato tranquillamente lì dove doveva stare, il che ci fa supporre legittimamente che chi ha usato l'oggetto per ammazzare Simonetta, evidentemente sapeva ciò come muoversi e dove riporlo.

Igor Patruno ha ricostruito con un lavoro certosino, avvalendosi della lettura delle carte giudiziarie, tutto ciò che ruota attorno a questo terribile e inquietante caso, non fermandosi alla fredda (ma comunque necessaria) enumerazione dei fatti, bensì andando oltre e lasciando emergere i dettagli introspettivi dei personaggi, mettendo in evidenza fatti e circostanze nel contraddittorio accavallarsi delle dichiarazioni rese dai testimoni, nelle risultanze delle lunghe inchieste, altrettanto contraddittorie. 

Ne viene fuori un resoconto che, lungi dall'essere (soltanto) una disamina lucida e distaccata, è al contrario un racconto, coinvolgente ed emotivamente toccante, che parte dalla vittima, dalle sue ultime settimane di vita proseguendo con le indagini partite immediatamente, ricostruendo la dinamica del delitto e giungendo ai fallimentari esiti giudiziari, che non hanno purtroppo condotto alla verità.

Questo libro vuol essere una sollecitazione alla procura a riaprire il caso perché non sarebbe giusto dimenticarci di Simonetta, almeno finché non sarà fatta giustizia.

Ringrazio Armando Editore per la copia digitale di questo interessantissimo libro d'inchiesta e lo consiglio a quanti desiderano approfondire o conoscere con attenzione il caso in oggetto, narrato con uno stile molto chiaro e comprensibile, dettagliato ma assolutamente non pesante.

sabato 10 ottobre 2020

Recensione: LA VITA INVISIBILE DI IVAN ISAENKO di Scott Stambach



È possibile narrare di sofferenze e solitudine, di giorni sempre uguali - fatti di cavoli a colazione, compagni con gravi malformazioni e con cui è impossibile interagire -, con un'ironia caustica e intelligente capace quasi di far dimenticare tutto il dolore che si respira nelle corsie di un ospedale che ospita bambini gravemente ammalati (a causa delle radiazioni liberate dall’esplosione di uno dei
reattori nucleari della centrale di Černobil’)?
Sì, è possibile se il narratore è un tipo come Ivan Isaenko, un ragazzo di diciassette anni che vive in questo triste istituto a Mazyr da sempre; Ivan ha deciso di scrivere un diario e di raccontarci com'è la vita in ospedale, chi sono i pazienti, come si comportano le infermiere, che razza di uomo (mediocre) sia il direttore, e soprattutto leggiamo di come a salvare il ragazzo da una quotidianità drammaticamente desolante, c'hanno pensato i libri (Ivan ama la letteratura russa) e l'amore per la bellissima Polina, anch'ella ricoverata lì a causa della leucemia. 



LA VITA INVISIBILE DI IVAN ISAENKO
di Scott Stambach



Ed. Marsilio
302 pp
Com'è vivere nell’Ospedale per i bambini gravemente ammalati di Mazyr (in Bielorussia)?

Ivan Isaenko ha avuto la bella idea di scrivere per ore e ore e ore, tutto di fila, proprio per raccontarcelo: perché anche le storie tristi è giusto che vengano raccontate.
Perché anche un ragazzino affetto da patologie che ne hanno stravolto l'aspetto fisico - limitandone moltissimo l'autonomia e rendendolo poco più che uno... "sgorbio" - ha il diritto di essere ricordato, di scoprirsi protagonista indiscusso della propria esistenza - seppur da "mutante" poco attraente.

Perché se nessuno prende a cuore il racconto di chi sono e come passano le giornate quelli come lui - costretti a vegetare tra le grigie pareti dell'Ospedale per i bambini gravemente ammalati di Mazyr -, se non lo fa lui che, per monco che sia  (dispone di una sola mano con tre dita; al posto delle gambe, due moncherini), ha però un cervello funzionante e una cultura invidiabile per uno che a scuola non è mai andato, chi lo farà?

"Perché se non documento il nostro mondo proprio ora, su questo foglio coperto di macchie equivoche, con la penna ormai scarica e la mia delirante calligrafia da mancino, rischieremmo di svanire tutti nella schiuma della storia senza essere mai stati nominati."

Ed è così che il lettore si immerge nella lettura di questo diario, facendo la conoscenza dell'intelligentissimo e arguto Ivan (colpito molto probabilmente dalla sindrome di Beals, una malattia del tessuto connettivo) e, grazie a lui, degli altri ospiti dell'istituto, povere creature affette da gravi malformazioni, catastrofica conseguenza dello scoppio del reattore nucleare n.4 della centrale di Černobil’, il 26 aprile 1986.

Ivan, con la lucida tranquillità propria di chi vede bimbi malati da quando è nato, ci descrive i suoi "compagni" d'istituto, e non esita a dirci come essi non abbiano le sue stesse capacità intellettive; le malattie da cui sono affetti hanno intaccato non solo l'aspetto fisico ma anche la psiche, per cui non c'è verso di avere con loro alcun tipo di rapporto e dialogo...

C'è da sentirsi soli, povero Ivan, ed è per questo che un modo per passare le giornate deve inventarselo per forza, se non vuole impazzire; e così si diverte ad origliare le conversazioni di infermiere e dottori, fingendosi catatonico, o a far loro dispetti anche parecchio perfidi.

"Nonostante la piccolezza del mio mondo, sono in grado di mischiare le mie osservazioni a un po’ d’immaginazione e farle diventare sceneggiature affascinanti di cui sono io l’unico protagonista. Recito tutte le parti, dall’eroe al cattivo, ma mai l’osservatore, perché quello lo sono già, in ogni minuto di ogni giornata. Apprezzo la libertà; molto tempo fa ho imparato che ciò che accade dentro la mia mente non ha conseguenze."

A farlo sentire giustificato ad avere comportamenti odiosi e e parole spesso molto ciniche e pungenti, contribuisce l'atteggiamento della maggior parte delle infermiere, scevre di empatia, pazienza, affettuosità; forse perché per lavorare in corsie impregnate di gemiti, sofferenze e morte a un certo punto è necessario operare un distacco emotivo, altrimenti non si resisterebbe per anni? Oppure la vista quotidiana di questi bambini bisognosi di cure, di sovente abbandonati (del tutto, come Ivan, o quasi, dai famigliari) e ridotti a vegetali, si tramuta (magari inconsapevolmente) in qualcosa cui ci si abitua e che non desta più, col passare del tempo, grosse emozioni?

Qualunque sia la risposta, fa eccezione l'infermiera Natal'ja, l'unica presenza materna, gentile, sinceramente affezionata al proprio difficilissimo lavoro e ai propri fragilissimi pazienti; in particolare ad Ivan, di cui si occupa con premura e amore, assecondando tante sue richieste (di vodka, ad esempio) e andando incontro al suo spirito acuto, al suo intelletto straordinario, fornendogli libri su libri.
Ivan ama in special modo la letteratura russa, ma la sua fame di sapere e conoscenza lo spinge a leggere qualunque cosa gli passi sotto il naso, compresi testi medico-scientifici, religiosi e altro ancora.
Leggere diventa davvero per lui un'opportunità di uscire, anche soltanto attraverso la fantasia, dalle pareti di un posto che è praticamente casa sua, al quale è sì abituato (non conosce altre realtà) ma che egli riconosce essere certamente desolante.

"Non ho metri di paragone, ma da quel poco che so del mondo esterno sono piuttosto sicuro che io e i miei compagni ci troviamo all’inferno. Per molti di noi, l’inferno è il nostro corpo; per gli altri, l’inferno è nella nostra testa. E non c’è dubbio che, per ciascuno di noi, l’inferno siano le pareti di mattoni bianchi macchiate, vuote, asettiche, perfettamente adeguate che ci tengono rinchiusi qui dentro."


Tutto scorre sempre uguale, fino al giorno in cui a scuotere la sua routine ci pensa una nuova residente dell’ospedale, Polina.
L'Intrusa ideale. Insopportabile perché insolitamente bella (quando mai c'è bellezza nell'ospedale per bambini gravemente ammalati di Mazyr?) con la sua pelle come porcellana, i suoi capelli lunghi, il suo visetto angelico.

Ivan all’inizio non la sopporta e lei non fa molto per rendersi simpatica, anzi, lo tratta con un misto di sufficienza e repulsione. 
Polina gli ruba i libri, sfida le regole del suo universo magico, si fa amare da tutte le infermiere. 
Può negarlo in tutti i modi ma Ivan ne è attratto in modo irresistibile.

"Era il vuoto dell’ospedale. La statistica mancante. Uno sconvolgente miscuglio di cherubino e demonietto. Era una dea infantile con un tale desiderio di letteratura russa autentica da rubarla a un convalescente. Il che significava che era una persona in grado di vedere la mia realtà e rifletterla verso di me. Era una persona in grado di farmi sentire qualcosa di più che un fantasma che si aggira per i corridoi. Ero abituato a giocare con le chimere, non con i miei pari. (...) Era l’autentica Intrusa. Era perfetta e perfettamente sbagliata."

Tra i due inizia un gioco dialettico, di schermaglie verbali, opinioni su ciò che succede tra quelle mura, sul direttore e sulle tresche con le infermiere, sui libri che hanno letto e che amano (Lolita di Nabokov è in cima) e tra battute sarcastiche e rispostacce spietate, tra i due nasce un'amicizia, un sentimento tenero e coraggioso, che diviene per entrambi un'àncora di salvezza, un'opportunità irripetibile per scoprire il mondo come mai avevano fatto prima, per provare sensazioni sconosciute fino ad allora.
Polina è differente dagli altri malati: se il suo corpo deperisce e si consuma giorno per giorno, la sua mente e il suo spirito sono vive più che mai e con il suo caratterino e la sua intelligenza, tengono testa 
alla lingua tagliente e spesso cinica del giovanotto, che si innamora perdutamente. 

La vita di Ivan Isaenko è stata invisibile prima di Polina, limitandosi egli ad osservare, con distacco e quasi un senso di superiorità, ciò che si svolgeva attorno a lui e le persone con cui veniva in contatto.
Dopo Polina, tutto cambia e le giornate non sono più un susseguirsi di attività noiose e ripetitive, scandite dalle lancette dell'orologio, ma attimi preziosi trascorsi con lei, pensando a lei, parlando e ridendo con lei...

«Se non fossimo dentro quest’ospedale e tu mi vedessi in un ristorante, saresti così bella da provare disgusto per me e abbastanza sensibile da provare pena.» 
«Se fossimo dentro due corpi diversi, in un qualsiasi altro posto, in qualsiasi altro momento, mi sentirei comunque come quando ci siamo conosciuti, come due quark qualche secondo dopo il big bang.»
 
L'amore ai tempi della malattia, delle disabilità; l'amore che travalica il dolore, la solitudine, l'amarezza per una non-vita piatta, invisibile e anonima; la tristezza davanti al pensiero di essere un errore umano, una disgrazia vivente; l'amore che dà valore e significato alle ore, ai minuti, ai secondi.

"...il tempo risiede nella mente e quando hai il cuore in fiamme i secondi smettono di essere tali".

L'amore che piange, sogna ad occhi aperti, che veglia al capezzale dell'amata, che spera fino all'ultimo che lei sia risparmiata dal maledetto cancro che la divora da dentro.
L'amore che cambia chi da esso si lascia travolgere; perchè per amare non ci vogliono le gambe o una bella faccia: basta un cuore affamato di vita.
Quella vita cui si resta attaccati anche quando intorno non c'è che afflizione e monotonia; perché fino all'ultimo battito la vita va vissuta, anche se ti manca qualche arto, anche se vieni a scoprire la verità sulla tua nascita e ne resti sconvolto. Anche se sei un bambino gravemente ammalato dell'ospedale di Mazyr.

Questo libro (basato sul diario redatto da un adolescente di nome Ivan Isaenko, ospite di un ospedale pediatrico in Bielorussia, e che fu scovato da un giornalista irlandese e successivamente editato da un dottorando della New York University) commuove, fa sorridere, stimola l'empatia del lettore, che inevitabilmente si vede trasportato, con l'immaginazione, in questo istituto in cui si respira tanto dolore, morte, il puzzo di disinfettanti, in cui l'occhio - se fossimo là, tra quelle spoglie pareti - verrebbe ora respinto ora morbosamente attratto da quei corpi così giovani e irrimediabilmente segnati da malattie terribili; un luogo che il giovane narratore non esita a paragonare a un inferno (è la vita stessa ad esserlo, se di vita si può parlare per quelli come lui), ma dove possono, inaspettatamente!, nascere anche l'amore, l'amicizia, la complicità, la compassione.

Una lettura che mi ha coinvolta molto emotivamente, di cui ho apprezzato la scrittura umoristica ed incisiva dell'autore, che ha dato al narratore una personalità energica, vivace, una voce vibrante che si fa portavoce dei dimenticati, di quegli sfortunati costretti a vivere la propria esistenza dal basso di una carrozzina o stesi su un letto d'ospedale, che racconta con piglio graffiante, mordace, senza peli sulla lingua, di malattie, impulsi sessuali, scherzetti sadici ma divertenti, di infermiere streghe o materne, di cibi insipidi, di pomeriggi noiosi, di un'amicizia e di un amore che arrivano quando proprio non te l'aspettavi.

Io non so in che misura questo libro sia fedele al diario originale di questo paziente di Mazyr, quanto ci sia di lui e quanto sia frutto della fantasia dello scrittore; quello che so è che, anche se del vero Ivan ci fosse una percentuale irrisoria, questo libro merita comunque di essere letto, perché offre la preziosa opportunità di vedere il mondo con gli occhi di un disabile in mezzo ad altri disabili, di ascoltare una voce che, per quanto torturata e lontana da noi, dal nostro mondo, arriva al cuore del lettore e gli chiede semplicemente di ascoltarla.


giovedì 8 ottobre 2020

Anteprima Salani editore: FAIRY OAK. LA STORIA PERDUTA di Elisabetta Gnone . dal 22 ottobre in libreria



Le radici dei popoli sono come le radici degli alberi: consolidano il terreno per le generazioni future. E ogni storia perduta, o dimenticata, può contenere molte verità.

In occasione del 15º anniversario della saga, una nuova storia ci riporta a Fairy Oak.



FAIRY OAK. LA STORIA PERDUTA
di Elisabetta Gnone



Ed. Salani
432 pp
USCITA
22 OTTOBRE 2020
Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak, e così capita di immelanconirsi riguardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. 
Ma quando i ricordi approdano all'anno della balena, i cuori tornano a battere e i visi a sorridere. 
Che anno fu! 
Cominciò tutto con una lezione di storia, proseguì con una leggenda e si complicò quando ciascun alunno della onorata scuola Horace McCrips dovette compilare il proprio albero genealogico. 
Indagando tra gli archivi, le gemelle Vaniglia e Pervinca, con gli amici di sempre, si mettono sulle tracce di una storia perduta e dei suoi misteriosi protagonisti. 
E mentre il loro sguardo ci riporta nella meravigliosa valle di Verdepiano, si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà.

L'autrice.
Elisabetta Gnone è stata direttore responsabile delle riviste femminili e prescolari della Walt Disney, per la quale nel 2001 ha creato la serie a fumetti W.I.T.C.H., destinata a un successo mondiale. Nel 2004 ha pubblicato il primo libro della fortunatissima saga di Fairy Oak, che ha conquistato il cuore di milioni di giovani lettori nel mondo. Negli ultimi anni Elisabetta si è dedicata alla scrittura del suo nuovo romanzo Olga di carta (Salani editore, 2015), una storia sull’importanza di raccontare le storie.




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