mercoledì 8 settembre 2021

Recensione: IO SONO GORDON BLOOM di Francesco Cariti


Ha quarantacinque anni, Gordon Bloom, da dieci è tra le sbarre di una prigione nel Massachussets e sa che non ne uscirà: su di lui pesa una condanna di ben tre ergastoli e tra queste pagine, che - ci tiene a precisare il narratore - non costituiscono un testamento morale bensì il desiderio di raccontare la propria incredibile storia a un pubblico immaginario, apprendiamo chi egli sia e quali azioni ed avvenimenti abbiano fatto di lui un criminale detenuto in un carcere di massima sicurezza.



IO SONO GORDON BLOOM
di Francesco Cariti

322 pp
14.90 euro
Maggio 2021
LINK AMAZON

"La mia penna (...) vi racconterà di un uomo che ha messo le proprie aspirazioni davanti a ogni altra cosa, infrangendo il muro della legge e distruggendo molte vite, incurante dei princìpi morali che regolano la razza umana. Vi racconterà di come quest’uomo pensasse di controllare gli eventi, e di come questi eventi si siano fatti più grandi di lui e abbiano finito per travolgerlo. Allora, siete pronti? Andiamo."

Se è vero che l’ambiente familiare è il primo (e principale) luogo in cui si sviluppano le fondamenta di una persona - la sua personalità, il carattere, le capacità, le attitudini e i valori -, allora un individuo che nasce in una "buona famiglia", amorevole e dai sani principi, dovrebbe (potenzialmente) crescere in maniera altrettanto sana ed equilibrata.

Beh, non è il caso di Gordon Bloom.
Figlio di due genitori modello, lavoratori, umili, che hanno sempre guadagnato ogni centesimo onestamente, Gordon è cresciuto in una famiglia normale, come tante, diventando però... un pericolosissimo criminale.

Com'è potuta accadere una tale deviazione? Cosa ha portato un ragazzo, nato e cresciuto in una famiglia americana sana, a diventare un pluriomicida?

Gordon ce lo racconta con sfrontatezza, lucidità e un pizzico di ironia, chiarendo come non solo egli non sia affatto pentito di tutte le scelleratezze commesse, ma come sia stato, in un certo senso, costretto a commetterle per cercare di farla franca.

"Non ho fatto il male perché mi piaceva, ma perché mi serviva. Non sono un immorale, sono un amorale".

Gordon sviluppa sin da giovane atteggiamenti egoistici, indifferenti e privi di affetto; sembra non aver bisogno di dare e ricevere amore, tratta tutti con distacco e sufficienza; non ha una grande stima dei suoi genitori e la sorella gli è praticamente indifferente.
Anche quando accetta di compiere un gesto altruistico verso quest'ultima, non lo fa per amore, bensì per opportunismo, per poter ottenere ciò che vuole.

E ciò che vuole è lasciare la famiglia e andare a Boston, a divertirsi, conducendo una vita fatta di agi, comodità, donne... e soprattutto soldi: "quello che mi interessavano erano i soldi, non le persone".

Gordon ha le idee chiarissime: vuole essere ricco, potersela godere come, dove, quando e quanto vuole, senza dover rendere conto a nessuno, senza avere legami personali intimi di alcun genere; per lui le persone acquisiscono interesse e valore in base al denaro e alla possibilità che, tramite esse, egli stesso possa averne sempre più.

A Boston, lasciata l'università (che, a dire il vero, non ha mai frequentato, in quanto vi era iscritto solo per spillare soldi all'ignaro padre), comincia a cercare di guadagnarsi di che vivere facendo il mercante d'arte, vale a dire l'agente artistico di pittori emergenti, alcuni più promettenti di altri.

La sua vita procede allegra e abbastanza soddisfacente, fino al fatidico giorno in cui un cliente  importante, Philippe Rogg (imprenditore immobiliare impegnato in grossi affari poco puliti), gli ordina di fargli avere cinque dipinti di un pittore messicano (anch'egli cliente di Gordon), Gondalòn, che ha mostrato di possedere delle ottime qualità artistiche ed è più che pronto per fare carriera.

Il compenso per Gordon è molto alto e lui non vede l'ora di dire a Gondalòn di questo meraviglioso affare; peccato che, per ragioni personali, il pittore non abbia alcuna intenzione di venire in affari con quel delinquente di Rogg, che in passato gli ha rovinato la vita. Di vendergli i propri quadri - che sia uno soltanto o addirittura cinque! - non se ne parla proprio!

Bloom non crede alle proprie orecchie: convinto che non ci sarebbero stati ostacoli di alcun genere, egli ha promesso a Rogg, con la sicumera che gli è propria, di fargli avere quei dipinti... e così dev'essere.
Chi glielo dice a Phil che la promessa di Gordon era campata in aria e non si realizzerà mai perché il pittore lo ritiene un delinquente?

Rogg non è un uomo comprensivo, con cui si può trattare e sperare di ricevere accondiscendenza e simpatia: è ricco sfondato, è potente, temuto, ha al seguito scagnozzi rozzi e animaleschi che non aspettano altro che un suo ordine per riempire di botte o far fuori, se è il caso, il primo che si azzarda a fare arrabbiare il loro padrone.

Gordon va un po' nel panico: proprio ora che la fortuna sembrava sorridergli con un affare allettante, il suo artista di punta che fa? Lo vuole abbandonare e metterlo nei guai!

Il giovane non ci sta: nessuno può mettere i piedi in testa a Gordon Bloom né tantomeno creargli problemi: Carlos Gondalòn ne farà le spese, ma prima il nostro mercante cercherà di risolvere il guaio in cui si è cacciato con una bugia. Una vera e propria truffa..., con la speranza che Rogg non lo scopra mai, altrimenti per Bloom si metterebbe molto male.
Quando il pittore scopre di essere stato preso in giro, va su tutte le furie ma Bloom lo mette a tacere. Per sempre.

A partire da questo omicidio, commesso per non essere lui vittima dell'ira di Phil, Gordon si infila in un meccanismo perverso in cui il male, inevitabilmente, attirerà altro male.
Bloom è un tipo che cerca di cadere sempre in piedi; il suo obiettivo è uscire sempre vincitore da qualsiasi difficoltà e conflitto, ed è disposto a passare sopra il corpo di chiunque pur di riuscire a svignarsela e a sfuggire alle mani di chi lo cerca, polizia in primis.

Eh già, perchè ovviamente i crimini non si fermano, in quanto per coprire un misfatto si renderà necessario compierne un altro e poi un altro ancora.

Insomma, Gordon si dà alla macchia come i briganti di un tempo, e sul suo cammino incontra diversi poveri disgraziati che verranno sacrificati sull'altare della spregiudicatezza di un uomo che pensa solo a salvare la propria pellaccia, e se per raggiungere questo scopo devono andarci di mezzo degli innocenti... beh pazienza, così è la vita: premia i più scaltri, quelli che sanno cavarsi dai guai grazie alla propria intelligenza e determinazione, senza farsi impietosire, senza lasciarsi prendere in trappola da sciocchi sentimentalismi.

Quando Gordon capisce di avere alle calcagna troppa gente - FBI, criminalità organizzata, cacciatori di taglie, giornalisti televisivi... - e, più di tutti, il perspicace detective Primey (polizia di Boston), dalle raffinate capacità investigative, inscena una fuga rocambolesca per tutti gli Stati Uniti.

Pur di non farsi acciuffare, accetta di passare per un fanatico suprematista bianco (una sorta di degenerazione del Ku Klux Klan) e di soggiornare per un po' in un campo di addestramento popolato da militari e civili folli, convinti della superiorità della "razza ariana" e intenzionati a far fuori chiunque sia ritenuto "diverso" e inferiore.

Che Gordon Bloom non riesca a sfuggire alla giustizia non è ovviamente uno spoiler, visto che il racconto della propria vita avventurosa parte proprio dalla consapevolezza che per lui non c'è speranza di libertà; ma la domanda che il lettore si pone, andando verso l'epilogo, è: si pentirà mai del male fatto? Avrà mai un sentimento, anche minimo, di pietà e rimorso per le vite da lui spezzate?

L'interrogativo è lecito, eppure il lettore comprende da subito che Gordon Bloom è fiero di essere quello che è, non è soggetto ad alcuna morale e non ha altri padroni che se stesso.

Nel corso del racconto, il narratore palesa ai suoi immaginari lettori le proprie idee su tante tematiche sempre vive ed attuali: il concetto di dio, l'inutilità di chi dice di credere in lui (se si accetta il presupposto che non esista una divinità al di sopra dell'uomo), le contraddizioni presenti nell'ipotetico rapporto dio-creatura, l'ipocrisia di chi crede di poter giudicare le azioni altrui prendendo a prestito i propri limitati parametri etici e morali, quando poi, se uno fosse tanto onesto da liberarsi da preconcetti e presunzioni, si renderebbe conto che il concetto stesso di giustizia è relativo, e che non ce n'è un solo tipo ma che esso dipende da contesti, ideologie, credenze e costumi propri di un gruppo di persone e in un dato momento storico.

"Io sono Gordon Bloom" è un romanzo ricco di situazioni drammatiche che però vengono raccontate con toni leggeri, essendo il protagonista (e voce narrante) dotato di un grande acume, di una invidiabile scaltrezza, di un umorismo cinico e di una tale sicurezza di sé che sono i suoi punti di forza, ci impediscono di considerarlo un essere spregevole e rendono perfino attraenti le tante peripezie cui va incontro.

È stata una lettura particolare, dal ritmo molto fluido e vivace e in grado di catturare la mia attenzione, proprio grazie a questa narrazione in prima persona coinvolgente, che sa come "pretendere" l'attenzione del lettore perché è a lui che si rivolge in modo diretto, confidenziale, con un tono provocatorio, facendogli domande e quasi sfidandolo a giudicarlo e condannarlo. 

Consigliato!!

lunedì 6 settembre 2021

Recensione: IL SEGRETO DI RIVERVIEW COLLEGE di Susanne Goga



Tra le pagine di questo romanzo ambientato nel secolo scorso, il lettore viene trasportato in una Londra affascinante e misteriosa, alla scoperta di un passato che ha ancora tanto da raccontare, e di un segreto lungo quasi duecentocinquant'anni che aspetta di essere svelato. 



IL SEGRETO DI RIVERVIEW COLLEGE 
di Susanne Goga 

Giunti Ed.
trad. L. Ferrantini
432 pp
Nel prestigioso Riverview College le studentesse vengono istruite affinché sviluppino le conoscenze e le capacità richieste a giovani donne di buona famiglia, che devono saper stare in società e sfoggiare una cultura invidiabile ma pur sempre consona al loro destino di mogli e madri; tutto ciò che potrebbe anche solo lontanamente essere disdicevole e indecoroso per le ragazze, e mettere loro grilli in testa, solleticando smanie di ribellione e anticonformismo, va frenato, anzi soppresso.
Ragion per cui, la direttrice dell'istituto femminile londinese, Mrs Haddon, è bene attenta a far sì che le insegnanti siano selezionatissime e rigorose nell'attenersi alle regole del College, per il bene delle alunne e per il buon nome della scuola.

Matilda Gray lo ha capito molto bene e cerca in tutti i modi di tenersi questo lavoro - che ama e che le permette di essere indipendente - non venendo meno agli ordini della direttrice, ma al contempo - essendo lei uno spirito libero e un tipo anticonvenzionale - cerca, attraverso le sue lezioni di letteratura, di educare le sue studentesse a ragionare con la propria testa, a sfruttare intelligenza e talenti, a cercare di capire cosa vogliono fare nella vita, per essere donne indipendenti e consapevoli.

Matilda è una giovane donna che vive e lavora nella Londra del 1900; è orfana di entrambi i genitori e le è rimasto un fratello, Harry, il quale però è attualmente in Africa, coinvolto come soldato nella guerra anglo-boera.

Costretta a vedersela da sola per vivere, Matilda Gray ha promesso a se stessa di diventare una donna forte e indipendente, e per adesso può dire di esserci riuscita!
Il suo lavoro l'assorbe molto, ma fortunatamente ha l'opportunità di rilassarsi ogni sera bevendo una tazza di tè assieme alla padrona di casa (presso cui è in affitto), Mrs Westlake, una signora in là con gli anni, simpatica, chiacchierona, apprensiva, che ama intrattenerla lungamente attorno ai personaggi dei propri romanzi (è una scrittrice), chiedendo pareri sulla trama a una divertita Matilda.

Quando a settembre rientra dalle vacanze estive, Matilda apprende una notizia inaspettata, che la sorprende non poco: Laura Ancroft, una delle sue allieve più esuberanti e dotate, è partita per un viaggio con il suo tutore e molto probabilmente non rientrerà a scuola. 
Matilda è stupita perché mai avrebbe pensato che una studentessa brillante come Laura potesse abbandonare gli studi, considerato che prometteva molto bene.
La donna si sente turbata e non può non chiedersi se lei stessa possa essere una delle cause dell'allontanamento di Laura da scuola; non è forse vero che tre mesi prima la ragazza, con tutta la passione e il coraggio dei suoi diciassette anni, aveva recitato con fervore i versi di una poesia e confessato a Matilda di essersi innamorata di lei?
Forse Laura non vuol tornare a scuola perché pensa di non reggere l'imbarazzo di incontrare la professoressa Gray?

Ma ben presto Matilda capisce di non essere lei la ragione per cui Laura non tornerà: la ragazza non ha mantenuto i contatti neppure con la compagna di stanza e la stessa preside vuole a tutti i costi mettere a tacere la vicenda.
Come mai?

Tutto tace, finché una mattina di ottobre Matilda riceve una cartolina da parte di Laura (che è ancora in giro per l'Europa con Mr. Charles Easterbrook, il giovane avvocato che si occupa legalmente di lei, dopo la tragica morte dei suoi genitori) e scopre sotto i francobolli un messaggio cifrato, che la conduce proprio nella stanza di Laura: lì si nasconde un vecchio diario segreto
Chi è l'autrice di quel diario, che risale addirittura al 1665? Con esso, c'è anche uno scrigno con dentro degli oggetti particolari... Cosa ha che fare tutto questo con la scomparsa di Laura? E perché la ragazza ha fatto in modo che la sua insegnante ne venisse in possesso?

La donna sente salire l'eccitazione davanti a questi oggetti antichi: a chi appartengono? Quale storia si nasconde dietro di essi?

Per capirci qualcosa di più, le viene consigliato di rivolgersi ad un collezionista, Mr Arkwright, un uomo burbero ma molto colto, che le racconta cose bellissime ed interessanti su una Londra "sotterranea", che riposa sotto le case e il fiume e che ancora fa sentire la sua voce, se la si vuol ascoltare.

Ma l'aiuto di questo collezionista - dal carattere davvero difficile - purtroppo non sarà duraturo e ad affiancare la giovane professoressa curiosa c'è un insegnante di Storia, Mr. Stephen Fleming.

Stephen è un uomo di cultura, è giovane, sveglio e molto, molto interessato al racconto di Miss Gray su Laura e sulle ragioni che l'hanno spinta a cercare lo scrigno e il libricino nascosti a scuola.

I due si fanno coinvolgere a tutto tondo in quella che diventa, a tutti gli effetti, una vera e propria caccia al tesoro; facendo attenzione ai dettagli racchiusi nello scrigno e negli oggetti in esso conservati, e soprattutto grazie al diario di una ragazza vissuta a Londra, Matilda e Fleming risalgono all'epoca cui appartiene questo "tesoro" (il 1665) e mettono insieme i pezzi di un mosaico sì pieno di fascino... ma anche triste, drammatico e doloroso.
La loro sete di verità - che, comprendono col passare dei giorni, li potrebbe portare ad aiutare la giovane Laura, in balia del suo ambiguo tutore - li conduce dritti dritti verso una cantina nascosta sotto una dimora antica e abbandonata, che i più superstizioni credono sia infestata dai fantasmi; ebbene, con coraggio, curiosità e determinazione, i due "investigatori" riescono gradualmente a capire che qualcosa di terribile dev'essere accaduto all'autrice del diario, una ragazzina di nome Kate, e alla sua famiglia

Non solo, ma Matilda è convinta che la sua alunna abbia cercato di lanciarle un messaggio attraverso il ritrovamento dello scrigno: cosa vuole che capisca la sua insegnante? Davvero ha lasciato volentieri la scuola per fare esperienze di viaggio di gran lunga più importanti ed utili dell'istruzione che stava ricevendo a Riverview? 

Inevitabilmente, la ricerca del passato (storie di mercanti, di famiglie tradite e di vite crudelmente spezzate quando Londra era infestata dalla peste) è legata al presente di Laura, ai suoi genitori e al futuro che il suo scaltro avvocato sta tessendo per lei...
E se Laura stesse cercando di chiederle aiuto?

Fleming e Matilda si infilano negli angoli più nascosti della città, con audacia e intelligenza; lavorare l'uno accanto all'altra, come se fossero degli "archeologi" che cercano di portare alla luce verità nascoste sotto cumuli di polvere e anni trascorsi, permette ai due di conoscersi, apprezzarsi, stimarsi.
Matilda è, però, troppo orgogliosa per lasciar trasparire il turbamento che la coglie quando lui la guarda con simpatia e coinvolgimento; e Stephen, dal canto suo, è frenato, trattenuto, pur provando anch'egli un forte interesse per la donna.
Forse la sua è solo timidezza? Paura di ricevere un rifiuto? O c'è una ragione "oggettiva" per cui sta tentennando nel dichiararsi a Miss Gray?

Susanne Goga ha intessuto una trama che personalmente ho trovato avvincente e strutturata in modo vivace ed interessante, ricca di piccole scoperte che il lettore fa con la protagonista e il suo amico, e che svelano segreti, storie e avvenimenti del passato pieni di misteri, di dubbi e domande per le quali bisogna trovare le risposte.
C'è un filo che lega il passato al presente e solo scoprendolo Matilda potrà dare un senso e un fine all'elettrizzante viaggio che le ha fatto conoscere una città nascosta, una "casa sotto la casa", e indirizzarla verso il messaggio che sta cercando di inviarle Laura.

L'Autrice ha scelto uno sfondo ed un periodo storico intriganti, ha creato una storia costellata di enigmi, ha preparato per i suoi protagonisti un'avventura entusiasmante; è un mystery dalle sfumature romance che mi ha catturata, dove l'elemento romantico è appena accennato, come una pennellata delicata che, da un certo momento in poi, attraversa il romanzo ma sempre con discrezione e senza essere mai smielata e stucchevole.

Ritorna - come già in I MISTERI DI CHALK HILL - qualche riferimento a Jane Eyre, ma questo mi è piaciuto molto di più e sono arrivata alla fine soddisfatta e conquistata da ciò che ho letto e da come la Goga ha saputo custodire in uno scrigno una serie di fatti misteriosi e antichi lasciandoci scoprire, assieme a Matilda, le chiavi per scioglierli.

Se vi piacciono le storie ricche di suspense, con diversi ed interessanti collegamenti alla storia (la guerra anglo-boera, la condizione della donna, la peste...) e una protagonista indipendente, intelligente e risoluta, vi consiglio Il segreto di Riverview College.




venerdì 3 settembre 2021

ANTEPRIMA MONDADORI - PER MIA COLPA di Piergiorgio Pulixi - dal 28 settembre in libreria

 

Felice me!! 

A fine settembre mi aspetta un altro libro di Piergiorgio Pulixi, che debutta nel Giallo Mondadori con un noir sulle maschere a cui ricorriamo per preservare le emozioni che ci fanno sentire vivi – anche quando potrebbero esserci fatali.



PER MIA COLPA
di Piergiorgio Pulixi


Ed Mondadori
280 pp
17 euro
USCITA
28 SETTEMBRE 2021
A volte l'unico modo per voltare pagina è andare via. 
È quello che si rassegna a fare la vicecommissaria Giulia Riva, decisa a chiudere una storia clandestina con un superiore che le procura soltanto dolore. 
Ha appena chiesto il trasferimento, che al commissariato di Cagliari si presenta Elisa, nove anni e una richiesta che raggela: ritrovare la mamma scomparsa. 
Giulia non può tirarsi indietro, anche se Virginia Piras era una moglie e una madre serena, e dunque per sparire così probabilmente è stata uccisa. Ma da chi? E perché? 

Tutti sembrano essersi dimenticati di lei, compreso l'ispettore Flavio Caruso, il partner e mentore di Giulia, a cui l'indagine è affidata. 
Caruso però non è più il poliziotto di un tempo, e Giulia capisce che potrebbe aver commesso errori fatali. 
Così si fa assegnare il caso, nella speranza di risolverlo ed evitare una possibile onta al suo partner. 
Non immagina che la ricerca la spingerà a interrogarsi anche sui propri errori passati: perché il cuore ha due lati, uno con cui si ama e uno con cui si odia.


L'autore.
Piergiorgio Pulixi fa parte del collettivo di scrittura Sabot creato da Massimo Carlotto, di cui è allievo. Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot ha pubblicato Perdas de fogu (Edizioni E/O 2008), e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco, inserito nel trittico noir Donne a perdere (Edizioni E/O 2010). È autore della saga poliziesca di Biagio Mazzeo iniziata col noir Una brutta storia (Edizioni E/O 2012), miglior noir del 2012 per i blog Noir italiano e 50/50 Thriller e finalista al Premio Camaiore 2013, proseguita con La notte delle pantere (Edizioni E/O 2014), vincitore del Premio Glauco Felici 2015, e Per sempre (Edizioni E/O 2015). Nel 2014 per Rizzoli ha pubblicato anche il romanzo Padre Nostro e il thriller psicologico L’appuntamento.

giovedì 2 settembre 2021

Release Day: UNA NOTTE BUIA DI SETTEMBRE di Valerio Marra - in uscita oggi, 2 settembre



Cari amici e lettori, oggi in libreria fa il suo ingresso un giallo appassionante, coinvolgente e spiazzante, scritto dall'autore di La donna del lago: una nuova indagine aspetta il commissario Festa.

Vi lascio il link su AMAZON.

Vediamo insieme di che si tratta? ^_-




UNA NOTTE BUIA DI SETTEMBRE
di Valerio Marra


Ed. Newton Compton
Pagine: 288
Prezzo: € 9,90
E-book: € 4,99
Angelo Donati suona la chitarra ed è membro di una band che è stata famosa per circa un decennio, ma ora è sul viale del tramonto: l'uomo viene trovato morto nel suo appartamento; pare essere stato strangolato. 

Il commissario Festa, incaricato delle indagini, è convinto che la vittima conoscesse il suo assassino, in quanto la serratura dell’appartamento non è stata forzata. 
Le indagini si muovono su due filoni, strettamente connessi: quello legato al mondo della droga e quello relativo all’ambiente musicale. 
La dipendenza dalla cocaina aveva infatti reso il musicista inaffidabile e inviso agli altri membri della band e anche alla sua stessa fidanzata. 

Mentre scava nei rapporti di Donati, Festa scopre che la vicenda è molto più sfaccettata e intricata di quanto pensasse, e che la musica e la droga potrebbero non essere le uniche due chiavi per risolverla…

L'autore.
Valerio Marra è nato nel 1985. Lavora e vive a Roma ed è laureato in Scienze per l’investigazione e la sicurezza presso l’Università degli studi di Perugia. È autore del thriller Le scottanti verità e dei romanzi L’eco del peccato e Anima bianca, dedicati alle indagini del commissario Festa. La Newton Compton ha pubblicato La donna del lago e Una notte buia di settembre.


Hanno scritto dei suoi libri:

«Se nella vita non bisogna fidarsi delle apparenze, 
questo romanzo giallo conferma in toto questa tesi.» 

«Chiuso il libro, qualcosa continua a scavarti dentro, come un tarlo, 
lasciandoti un retrogusto dolce e amaro.» 

«Questo è un thriller che morde e lascia il segno.» 

«Magistrale. Scritto con il cuore, con un registro stilistico impeccabile, 
non lascia indifferenti ed entra sotto la pelle.» 

mercoledì 1 settembre 2021

Le mie letture di agosto 2021

 

Buongiorno, lettori!!

Eccomi con il riepilogo delle mie letture "agostine" ^_-


source 



  1. HARVEY di E. Cline: come potrebbe aver passato le sue ultime 24h da uomo libero un uomo accusato di crimini sessuali?     (3/5)
  2. RAMONDO LO SCUDIERO - L’avventurosa storia di Raimondello Orsini del Balzo, di A. Chirico: la vita avventurosa, le armi e gli amori di un giovanotto ardimentoso vissuto nel Medioevo.     (4.5/5) 
  3. UOMINI DI POCA FEDE di N. Butler: i dubbi di un uomo davanti alla possibilità che la fede possa davvero generare dei miracoli   (5/5)
  4. SORELLE di D. Johnson: due sorelle legatissime, una madre depressa e un terribile passato che non si può dimenticare; il tutto all'interno di una casa inquietante.     (3,5/5)
  5. UN COLPO AL CUORE di P. Pulixi: tre poliziotti devono fermare dei criminali convinti che ci si possa far giustizia da soli e attraverso il consenso popolare decretato dai social network.     (5/5)
  6. "Sanpa, madre amorosa e crudele" di F. Cantelli Anibaldi: la testimonianza lucida e profonda di un uomo che ha trascorso dieci anni nella discussa comunità di S. Patrignano   (3.5/5)
  7. PERCHÉ SEI SPECIALE - Un libro per l’infanzia che ispira potenziale, coraggio e forza - di A. Gross: un libro utile forse più agli adulti che ai bambini, che dà consigli su come interagire al meglio con il proprio figlio per incoraggiarlo ed aiutarlo a sviluppare autostima.  (3/5)
  8. LE FORMICHE ROSSE di T. Lorenzo: racconti sportivi in cui l'umanità viene raccontata in tutte le sue sfumature, nelle sue luci ed ombre. (4/5)



Tra queste letture, sul podio vanno sicuramente il thriller/noir di Pulixi, per aver tenuto alto il mio livello di suspense, capitolo dopo capitolo e fino alla fine; e il romanzo di Butler per avermi immersa in un contesto rurale pacifico per poi sottopormi interrogativi etici e di fede molto profondi.


lunedì 30 agosto 2021

Recensione: HARVEY di Emma Cline

 

Come trascorre le sue probabili ultime 24 ore da libero cittadino un uomo che sta lì lì per ricevere la condanna o l'assoluzione per i crimini sessuali di cui è accusato?
L'Autrice di questo breve romanzo prova ad immaginarlo e a raccontarcelo attraverso il suo protagonista, che almeno per un giorno ci appare un uomo un po' meno cinico, più impaurito e anche un po' patetico.


HARVEY
di Emma Cline



Ed. Einaudi
trad. G. Granato
104 pp
"Non vedeva l'ora che fosse il futuro. Era da tanto che non aspettava qualcosa con ansia, che non desiderava ardentemente l'arrivo dell'indomani."


Sono le quattro del mattino quando Harvey (Weinstein) si sveglia e si appresta a vivere quella che sarà una giornata particolare, diversa da tutte le altre.
Lo separano, infatti, soltanto ventiquattro ore dal verdetto che potrebbe dichiararlo colpevole o innocente dei crimini di cui è accusato.

In attesa che la sua vita cambi (o anche no) drasticamente e che tutto il mondo sappia chi è davvero Harvey, l'uomo inizia la propria giornata in una casa in Connecticut che non è neanche sua, circondato dalle costanti cure del solerte Gabe e comunicando via telefono con i propri avvocati.

Harvey si rende conto di essere sostanzialmente solo: solo con se stesso, i propri dubbi, le paure e le mille incertezze su ciò che sarà di lui dall'indomani in poi.


"Harvey era da solo al buio. (...) chi era rimasto a dispiacersi per lui? Era spaventato. Non ricordava una paura così, una specie di paralisi che prendeva il sopravvento, immobilizzandolo..."


Inevitabilmente ripensa al proprio comportamento in merito a ciò che gli viene imputato, e per quanto gli riguarda non c'è donna, che lui abbia gustato come un gusto di gelato, che non fosse consenziente o che non avesse ceduto, dopo qualche resistenza, ma sempre volontariamente.

Quale corte in America lo condannerebbe mai??

Ma l'attesa è snervante anche per un potente come lui; è nervoso (in primis con i legali, dai quali desidererebbe rassicurazioni convincenti che invece non arrivano), insofferente verso chiunque gli graviti intorno (compreso il medico belloccio ed asessuato e che si occupa di un suo molesto problema di salute); quando riceve la visita di una delle figlie e della nipotina, è scostante e indifferente, quasi desiderando che lo lascino in pace, salvo poi guardarle malinconico da una finestra quando esse se ne vanno davvero.

L'unica novità della giornata a ringalluzzirlo è il vicino di casa: appena lo nota si accorge subito che è nientemeno che lui..., il grande scrittore Don DeLillo, autore di Rumore bianco.
Nulla succede per caso, Harvey se ne convince: in tutto quel mare di amarezza, magari un motivo per sperare in qualcosa di buono c'è ancora! Ed infatti, la convinzione che il vicino di casa sia lo scrittore lo anima e gli fa pensare ad un prossimo progetto cinematografico da poter realizzare: portare sul grande schermo proprio Rumore bianco. Che grande idea, eh?
Tanto ci sarà tempo, mica andrà davvero in prigione.

La fiducia che nulla di brutto si profili all'orizzonte per uno come lui, la sicumera e l'arroganza che gli appartengono, col passare delle ore si vanno un po' affievolendo, per far spazio a timori, domande, fragilità e così, l'ultima immagine che abbiamo di Harvey è quella di un uomo insicuro, patetico, che sta per affrontare una notte insonne in vista di un domani che minaccia tempesta.

La Cline ci ha lasciato entrare in una giornata (e non una a caso!) vissuta da un uomo - di cui non c'è bisogno di precisare il cognome - accusato di molestie e stupri a danno di molte donne; uno la cui faccia è stata sbattuta su tutti i giornali ed in seguito a questo scandalo in tanti gli hanno voltato le spalle.
Leggo queste pagine e non riesco a non pensare ad Harvey come a un predatore sessuale, né credo l'autrice si fosse prefissa di mostrarcelo quale vittima (ci mancherebbe) o meno feroce di quel che è; però ciò che emerge dal ritratto romanzato del protagonista  è quello di un individuo solo, finito, acciaccato fisicamente oltre che moralmente, che continua ad avere fin troppa autostima e che nega le proprie colpe, come se avesse perso il contatto con la realtà e non volesse accettare chi è davvero, cos'ha fatto e cosa rischia.

Non c'è giudizio morale sul personaggio e sulle sue azioni; piuttosto, attraverso la narrazione di atti, parole e soprattutto pensieri di un uomo che cerca di perdersi nella banalità di una giornata qualunque come per esorcizzare lo tsunami che sta per abbatterglisi addosso, c'è forse l'intenzione di presentare "il mostro" nella sua solitudine, nello stato di paura che lo attanaglia e che cerca di tenere a bada con la noia di azioni inutili, nella sua imperfetta e meschina umanità.

"Perché la vita non poteva essere così, questo assistere impassibile, il sollievo di essere un vegetale? (...) Poteva addirittura cominciare a pensare a quello che gli era successo. (...) Adesso era in grado di analizzare il problema, a testa alta (...) Poteva girarci attorno,  avvicinarsi (...) Cos'era Harvey se non una sagoma di cartone, davvero, un'idea di se stesso?"

Mi ha lasciata un po' perplessa; è quel tipo di lettura che non riesco a catalogare in modo semplicistico con aggettivi del tipo "bello" e "brutto"; credo che per farmi un'idea precisa di Emma Cline e decidere se mi piace o meno, dovrò leggere altro.

sabato 28 agosto 2021

Recensione: RAMONDO LO SCUDIERO - L’avventurosa storia di Raimondello Orsini del Balzo, di Antonio Chirico



Quella di Ramondo Orsini Del Balzo, vissuto nel Regno di Napoli a cavallo tra il 1300 e il 1400, è stata una vita avventurosa, contrassegnata tanto da battaglie feroci e sanguinose quanto da amore, amicizia, tradimenti, giuramenti, pericoli ed imprevisti, che hanno visto il protagonista diventare, da giovanotto alla ricerca di un posto nel mondo a uomo d'armi coraggioso, da semplice scudiero a ricco feudatario, gonfaloniere, connestabile e principe.


RAMONDO LO SCUDIERO
di Antonio Chirico


Youcanprint
484 pp
Giugno 2021
"Neanche Ramondo invero era mai cambiato davvero. Nel corso della sua vorticosa esistenza, il tempo lo aveva trasformato esteriormente. Aveva variato abiti, acconciatura, abitudini, luoghi, amici e persone frequentate, per rimanere, alla fine dei conti, sempre se stesso, il bambino che, a Nola, restava a bocca aperta estasiato nell’ascoltare i racconti di cavalieri, dei suoi avi e dell’orsa da cui tutto era partito."


C'è stato un tempo in cui nascere dopo il primogenito era proprio una gran sfortuna!
Lo sa bene il giovanissimo Ramondello, secondogenito del conte Orsini, costretto ad accettare, pena l'ira e le punizione da parte del genitore, ciò che questi ha deciso per lui e suo fratello.
Al primo figlio Roberto vanno titoli e proprietà di famiglia, mentre per il minore il padre ha previsto la carriera ecclesiastica.
E questo nonostante sia evidente che i due fratelli abbiano caratteri ed attitudini diversissimi, e Ramondo possegga le qualità per essere un futuro conte molto più del fratello maggiore, più pavido, tranquillo e decisamente poco portato per la vita militare.

A  sostenere a gran voce la decisione del burbero e autoritario conte - di favorire unicamente Roberto e di mandare in monastero il povero Ramondo - ci pensa la moglie, che è madre naturale solo del primogenito; Ramondo, infatti, è frutto di una relazione adulterina avuta dal conte Orsini, per cui la donna nutre astio verso questo figlio non suo ma che ha comunque dovuto accettare dentro casa.

Fortunatamente, però, Ramondello ha dalla sua l'omonimo zio paterno, Ramondo del Balzo; il prozio non ha figli e vede nel pronipote l'unico futuro erede, ed infatti lo nomina successore di tutti i propri beni, a condizione che il ragazzino aggiunga il proprio cognome al suo, una volta entrato in possesso dell'eredità.

Ramondello è un ragazzino vispo, intelligente, abile nel maneggiare la spada, ubbidiente... ma per quanto consapevole di dover rispettare e temere l'autorità paterna, è altresì convinto di non poter andare contro se stesso e la propria natura: lui non ha alcuna intenzione di diventare un religioso, non è a quello che aspira, quanto piuttosto ad essere un combattente valoroso e, un domani, un uomo potente, stimato... e con famiglia!

Il destino vuole che egli incontri e si innamori, ricambiato, di una dolce e bella fanciulla, ma il padre, ostinato e determinato nel voler imporre i propri ordini, scombinerà il futuro del figlio minore, lo priverà di ciò che gli spetta di diritto (e previsto dal testamento del prozio Ramondo, che nel frattempo muore) e Ramondello sarà costretto a fuggire di nascosto dalla casa in cui è nato.
Impavido e intraprendente, si unisce al seguito di Guy de Chavigny, cavaliere e guida di una compagnia di ventura (costituita da nobili e soldati mercenari), che si appresta ad andare in Prussia a combattere per l’Ordine teutonico nelle crociate contro i lituani.

Da questo momento inizia per il ragazzo una grande avventura, fatta di scontri corpo a corpo sul campo di battaglia, dove il nemico è valoroso e restio a lasciarsi "evangelizzare" da questi soldati cattolici.
Ramondo cresce molto nel fisico e nello spirito, e il cavaliere de Chavigny lo prende volentieri sotto la sua ala, diventando per lui un mentore perspicace, saggio e leale.

Al ritorno dalle crociate, Ramondo è un giovanotto ormai rispettato, ricco ed è pronto a riprendersi l'amata Isabella e a rivendicare l'eredità presso il padre; ma soltanto uno di questi progetti, purtroppo, riuscirà a realizzarsi perché il nostro eroe dovrà scontrarsi con un'amara verità.

Ma se c'è una qualità che non lo abbandonerà mai è la forza d'animo, la capacità di rialzarsi sempre, anche dopo delle sconfitte non facili, che siano in battaglia o nella vita e Ramondo, sostenuto anche dagli amici, comprenderà che la vita deve per forza andare avanti e che sarebbe sbagliato lasciare che i ricordi e il passato, con il loro fardello di dolore, rancori, amarezze, avessero la meglio su di lui e sulla sua felicità.

Nel tornare a Napoli, Ramondo si trova coinvolto, in modo sempre più diretto, nelle rivalità politiche e religiose all'interno dello "scisma d'Occidente", e che vedono contrapposti il papa di Roma, Urbano VI, sostenuto da Carlo III, e il papa di Avignone, Clemente VII, sostenuto da Luigi d'Angiò.

Ramondo, negli anni e attraversando varie vicissitudini pericolose e incredibili, mostra sempre un gran discernimento per capire, di volta in volta, con chi schierarsi, chi considerare alleato e da chi invece guardarsi le spalle.

Il futuro ha in serbo per lui un nuovo amore, che lo accompagnerà sino alla fine dei suoi giorni: Maria d'Enghien, una ragazza nobile, tanto bella quanto intelligente, dalla forte personalità, che saprà restare sempre accanto al marito incoraggiandolo, consigliandolo e dandogli tutto il sostegno possibile.

Ramondo accrescerà con saggezza e scaltrezza il proprio potere e i propri domini, conquistando città e contee in Puglia, divenendo di fatto il feudatario più ricco dell'Italia dei suoi tempi.

Questo di Antonio Chirico è un romanzo storico nella sua accezione più pura e, se piace il genere, è una lettura che non si può non amare; per quanto mi riguarda, amo i romanzi storici e leggere le avventure e le peripezie di questo personaggio realmente esistito mi ha intrattenuto piacevolmente; il periodo storico di riferimento ha sempre esercitato su di me un grande fascino, in particolare per ciò che riguarda il nostro Paese, che - come sappiamo - a cavallo tra il XIV e il XV secolo era diviso in tanti piccoli Stati, costituiti da feudi e da signorie comunali costantemente in guerra tra di loro.

Non conoscevo questo personaggio, quindi la lettura ha colmato una lacuna storica e ha stuzzicato il mio interesse in merito; è un protagonista che impariamo a conoscere a tutto tondo e cattura la nostra simpatia, perché sin dall'adolescenza non possiamo non "fare il tifo per lui", non sentirci solidali con le ingiustizie subite e augurarci che sappia far valere i propri diritti contro chi intende raggirarlo o calpestarlo.
Ma Ramondo non si fa ingannare facilmente (anche se a volte i nemici si rivelano essere quelli a noi più vicini), essendo scaltro, arguto, sempre attento a tutto ciò che gli accade intorno e pronto a prendere decisioni importanti, mettendo avanti il bene di chi serve ed ama.

Ci sono non poche pagine dedicate agli scontri tra i soldati, ma questo a mio avviso non rallenta il ritmo, che resta costante per tutta la narrazione con note più vivaci nei momenti clou; i dialoghi abbondanti contribuiscono a dare dinamicità alla storia, colore ai personaggi e ci immergono nel contesto in modo vivido.

Se cercate un romanzo ricco di avventura, combattimenti estenuanti, legami famigliari, d'amore e di amicizia, alleanze e tradimenti, con personaggi ben caratterizzati e il tutto su uno sfondo storico ben preciso e ben narrato (il linguaggio è sì consono al periodo di riferimento, ma, lungi dal risultare pesante o ampolloso, mantiene per tutto il corso del racconto una freschezza, una vivacità e un'ironia che riflettono il temperamento del protagonista e conferiscono una maggiore agilità e leggerezza alla narrazione), l'esordio letterario dell'avv. Chirico è il libro che fa per voi.

venerdì 27 agosto 2021

Libri&Musica in "Uomini di poca fede" di Nickolas Butler


Uno degli ultimi libri letti è stato UOMINI DI POCA FEDE di Nickolas Butler; tra queste pagine sono presenti numerosissimi riferimenti musicali e anche diversi di tipo letterario.


Parto da tre libri menzionati da Butler. Fatemi sapere se li conoscete!


Il controllo della natura di John McPhee (Ed. Adelphi, trad. G. Castellari, 311 pp., 1995), apparso per la prima volta nel 1989.

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In questo libro McPhee ha voluto esplorare e studiare i luoghi in cui l’uomo si è impegnato in una battaglia totale con la natura per conquistare ciò che non è dato, per «accerchiare la base dell’Olimpo, reclamando e aspettando la resa degli dèi».
Nella piana deltizia del Mississippi, con il volgere dei cicli naturali, è giunto per il fiume il momento di mutare corso e confluire in uno dei suoi vicini. Ma New Orleans, la Louisiana e l’intera economia degli Stati Uniti non possono permetterselo, e così viene varato un gigantesco sistema di dighe e chiuse e canali con il compito – né più né meno – di mantenere il vecchio grande fiume al suo posto. 
In Islanda, un’isola si spacca all’improvviso vomitando enormi masse di lava che minacciano di cancellare quello che è il primo porto peschereccio islandese, e l’unico sulla costa del Sud. Per salvarlo, c’è una sola cosa da fare, e viene fatta: bagnare la lava, raffreddarla, quindi solidificarla e deviarne il corso. 
Nei dintorni di Los Angeles, migliaia di residenze sono state edificate a ridosso di montagne che le piogge dilavano e trascinano a valle. Con uno sforzo formidabile, vengono allestiti centocinquanta bacini, ciascuno grande come uno stadio, per intercettare la perenne minaccia delle colate. In tutti questi casi, gli uomini mettono a repentaglio la propria vita e affrontano spese colossali per continuare a vivere là dove la conformazione geologica e il clima sembrerebbero vietarlo. Ma l’esito non è mai scontato. 

Così può accadere che l’ingegno umano e la tecnica, generosamente congiunti, possano sommare nuovi disastri ai disastri della natura. Con questo libro McPhee ha saputo darci ancora una volta un felice esempio di quel genere di letteratura di cui egli è certamente il massimo rappresentante: una letteratura fondata sull’investigazione minuziosa, ossessiva, di fatti reali – e per lo più di fatti che ben pochi conoscono nel dettaglio (trama presa dal sito di Adelphi).



Pionieri di Willa Cather (Ed. Mattioli, trad. N. Manuppelli, 182 pp). 
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Immigrati svedesi, i Bergson vivono e muoiono nelle sconfinate praterie del Nebraska. È Alexandra la
figura centrale di questo racconto, giovane donna determinata che eredita dal padre un terreno e dedica la vita intera a farlo fruttare, mentre attorno a lei si snoda il lento progredire di un paese intero.

Attraverso gli occhi e il coraggio di una donna, intrecciando storie di resistenza e di amore, tentazione e solitudine, isolamento e infine riscatto, Willa Cather riporta in vita in queste pagine, con nostalgia, un mondo che ha visto scomparire (Ibs).



Gilead di Marilynne Robinson (Einaudi, trad.E. Kampmann, 258 pp).

John Ames è un uomo di 76 anni ed è il pastore congregazionalista di Gilead, cittadina di poche anime nel cuore dell’Iowa; una malattia cardiaca lo sta spegnendo. 
Ecco dunque la decisione, nella primavera del 1956, di lasciare testimonianza di sé al figlio di sette anni, che non vedrà crescere.
Parte da lontano, dalla storia degli altri due reverendi John Ames, nonno e padre, che prima di lui hanno assolto quella funzione. Un abolizionista radicale, il primo, guerrigliero accanto a John Brown e volontario nell’esercito unionista, che, folgorato da una visione in giovane età, comunica con Dio da pari a pari e sceglie di esserne il braccio armato in nome di un’inflessibile giustizia. Pacifista convinto, il secondo, che del proprio mandato privilegia l’osservanza, e vive una vita di reazione implosiva all’esplosiva azione paterna.
Il terzo John Ames, lo scrivente, racconta delle loro eredità, dei saperi e delle esperienze che gli hanno permesso di coniugarle, della sua esistenza di studio e servizio in un luogo, Gilead, che dispensa con parsimonia il suo biblico balsamo, della lunga separazione dalla vita vissuta fino alla tarda folgorazione dell’innamoramento e alla rinascita in una piena e matura felicità.
L’arrivo in città di Jack Boughton, figlio del suo amico fraterno, giovane inquieto e un po’ sinistro dal passato oscuro e dalle dubbie intenzioni, gli offre l’occasione di chiudere i conti anche con la gelosia e il sospetto, sciogliendoli in perdono e tolleranza.
Resta una sola prova da superare: la serena accoglienza della propria mortalità, il distacco da una vita terrena più che amata, da una famiglia che non può più proteggere.
In un discorso lucido e luminoso da padre a figlio, da padre a Padre, dove l’intelligenza e la speranza parlano la stessa lingua.



*****

Ed ecco a voi le canzoni che compaiono nel romanzo (è possibile che abbia saltato qualcuna!)!




Viene citato anche un album di Bob Dylan, Nashville Skyline.

Di Johnny Cash vengono citate due canzoni, You are my sunshine e Folsom Prison Blues.

Da questa playlist, scelgo e condivido con voi You are my sunshine, la mia preferita.




martedì 24 agosto 2021

Recensione: UOMINI DI POCA FEDE di Nickolas Butler



Può una fede, per quanto piccola, spostare le montagne?
Può una preghiera, elevata con sincerità e fede, portare guarigione là dove ci sono la malattia e la triste ombra della morte?
Butler ci porta nel Wisconsin e attraverso il succedersi delle stagioni, che si intervallano portando mutamenti nella natura rigogliosa che lui conosce molto bene, ci lascia entrare, con discrezione, nelle vicende di una famiglia come tante, chiamata a discernere il limite tra il vivere secondo i principi della fede e le insidie del fanatismo religioso.


UOMINI DI POCA FEDE 
di Nickolas Butler



Ed. Marsilio
trad, F. Cremonesi
272 pp
In una tiepida giornata di primavera, un nonno e il suo nipotino di cinque anni si godono la bellezza di un pomeriggio insieme... al cimitero, tra le lapidi della gente che negli anni addietro ha abitato Redford, una tranquilla cittadina nel Wisconsin.
Forse il luogo potrebbe non sembrare, a un primo sguardo, quello ideale per divertirsi, ma nei due visitatori non c'è ombra di tristezza, quanto piuttosto di serenità; Lyle Hovde, ormai avanti negli anni ma ancora forte ed energico, sa che la morte fa parte della vita e non c'è da far scongiuri pensando ad essa; il suo amatissimo nipotino, Isaac, ha dalla sua parte la giovanissima età e tutta una vita davanti a sé: che paura possono mai indurgli quei volti sereni che lo guardano dai ritratti delle lapidi?

Lyle è sposato con la sua dolce metà, la moglie e compagna di una vita, Peg; hanno una figlia adottiva, Shiloh, che dopo un'adolescenza ribelle che l'ha allontanata da casa e la nascita di Isaac, è tornata dai genitori, sempre così comprensivi e pronti ad accogliere lei e il piccolo in qualunque momento.

Isaac è la gioia dei nonni: dotato di una curiosità vivace e di una dolce sensibilità, con la sua allegria e la sua vitalità tiene impegnato il nonno nei propri giochi infantili e la nonna, che per lui è sempre disponibile a mettersi ai fornelli, cuocendo pancake e torte.

Le giornate scorrono placide e gioiosamente tranquille, fino a quando Shiloh - per carattere sempre un po' riservata, scontrosa e fonte di preoccupazione per la coppia - comunica ai suoi che ha deciso di lasciare la loro casa per andare a vivere con il figlio a La Crosse (non distante da Redford).
Il motivo? Non solo per non pesare sugli anziani genitori, ma in special modo per essere più vicina alla chiesa che sta frequentando con assiduità da un po' di tempo a questa parte e grazie alla quale ha riscoperto la fede in Dio, e la propria esistenza ha assunto un nuovo e più profondo significato.
 
Lyle e Peg restano un po' perplessi: che bisogno c'è di andare a vivere altrove? Possono comunque frequentare la chiesa e Lyle potrebbe accompagnarli, no?
Ma Shiloh, testarda e di poche parole, è inamovibile. Ha già deciso e, se vogliono, i genitori possono recarsi anch'essi in chiesa, sicuramente ne troverebbero giovamento per le loro anime.

La coppia è preoccupata, tanto all'idea di perdere di vista il piccolo Isaac, quanto al pensiero che questa loro amata figlia, sempre così volubile, si infili in qualche guaio.
Magari è bene accompagnarla in chiesa, una domenica, e vedere con i propri occhi "che aria tira".
Nell'ex-cinema ormai adibito a luogo di culto, incontrano il pastore Stevens, un uomo giovane e che parla a suon di versetti biblici e condisce ogni parola con larghi sorrisi e una gentilezza che ha un che di fastidioso per quanto è eccessiva.
Ed è proprio conversando con lui che Peg e Lyle vengono a sapere una cosa, anzi due, che li mette immediatamente in allarme: anzitutto, Shiloh e il bimbo andranno a vivere con il pastore (!!) in un appartamento, e poi il religioso condivide con loro, con una noncuranza incredibile, che ha scoperto che il piccolo Isaac è... un guaritore.
Sì, un guaritore: è un bambino speciale su cui il Signore ha fatto scendere la propria luce, facendogli la grazia di questo meraviglioso dono sovrannaturale, che si manifesta attraverso la preghiera, innalzata a vantaggio di chi è malato, con lo scopo di guarirlo.

Dire che Lyle e Peg sono sbigottiti e confusi è un eufemismo; e se Peg è così sconvolta da non riuscire a dire granché, il marito è a dir poco arrabbiato: quale adulto sano di mente potrebbe mai pensare che un bimbetto di cinque anni abbia il dono di guarire gli ammalati? Cos'è, uno scherzo!?

Se potesse agire d'impulso, Lyle prenderebbe il nipotino e lo porterebbe via da quella chiesa, che probabilmente è una setta di fanatici religiosi in cerca di miracoli, ma non può farlo perché Isaac è il figlio di Shiloh e lui non vuol perdere la figlia, benché non la capisca.

Per restare vicini a figlia e nipote, ed aiutarli in caso di necessità, Lyle e Peg decidono di far buon viso a cattivo gioco e di frequentare la chiesa del pastore Steven per cercare di conoscere dal di dentro questa realtà religiosa e soprattutto per tener d'occhio  questo giovanotto, la cui religiosità ostentata puzza di ipocrisia e retorica a buon mercato.

O forse Lyle è troppo carico di pregiudizi ed offuscato dal timore di perdere Isaac, per essere obiettivo?
A fargli arrovellare il cervello è soprattutto la storia del dono di guarigione, e la cosa preoccupante è che non solo Shiloh è convinta anch'ella che Isaac lo possegga, ma è disposta ad allontanare chiunque - nonni compresi - non nutra la stessa convinzione di fede e, con il proprio atteggiamento miscredente, finisca per "bloccare" l'azione delle preghiere rivolte a Dio, facendo posto all'incredulità (e quindi al diavolo).

È una situazione oltremodo delicata, come possono esserlo le questioni di fede, e Lyle non è un vecchio mulo incapace di riflettere e mettersi in discussione.

Il susseguirsi delle stagioni scandiscono sì l'evolversi degli eventi ma anche, in un certo senso, il turbine di pensieri, domande, dubbi e fame di risposte che l'anziano sente vorticare dentro l'anima e che lo tormentano: forse è colpa sua, della sua mancanza di fede, se non riesce a vedere al di là del proprio naso, del proprio rozzo pragmatismo di contadino abituato a vivere in campagna?

Custodire e nutrire una fede - per quanto piccola - dentro di sé è un privilegio, e Lyle è sempre stato circondato, in qualche misura, da amici credenti, che hanno dedicato l'esistenza a Dio, come suo cugino Roger e l'amico Charles, pastore della chiesa luterana che ha sempre frequentato con Peg, più per abitudine che per devozione.

Lyle è un brav'uomo e non crede di aver bisogno di Dio e di Gesù per esserlo: ha dei valori e sa cosa voglia dire vivere onestamente e nel rispetto degli altri.
Chissà, forse tanti anni fa avrebbe potuto anche credere che qualcuno da lassù vegliava su di lui, ma dopo che lui e Peg hanno perso il loro unico figlioletto, Peter (morto a soli nove mesi di vita), quel germe neanche davvero sbocciato di fede, è morto prima ancora di nascere.

"La cosa più pesante del mondo da trasportare è la bara con dentro il corpo di un figlio piccolo, nessun adulto che abbia sopportato quel fardello lo dimenticherà mai. Seppellire un figlio è una tragedia che molti genitori non superano mai. Sporca il sole, ruba tutti i colori, spegne qualsiasi musica; dissolve matrimoni come un acido, dissangua la felicità e lascia dietro di sé nient’altro che grigia disperazione."

Da allora, a riempire le giornate di quest'uomo ci sono stati la famiglia e le piccole e grandi incombenze della vita; adesso ci sono i lavoretti nel frutteto di Otis e consorte e i momenti preziosi trascorsi con gli amici, in particolare il vecchio Hoot -  dal linguaggio colorito e vivace, che ama tracannare birre e chiacchierare rumorosamente con il più pacato Lyle - e il pastore Charles, sempre pronto ad ascoltare confidenze e turbamenti, in compagnia di uno scotch e di un po' di musica jazz.

Butler ci racconta la vita di queste brave persone e lo fa con una penna che sa calare il lettore direttamente in quei campi, nei frutteti, e ci sembra di sentire i profumi di una natura viva e che muta seguendo il proprio corso; se c'è una sensazione che ho avuto e che ha prevalso su tutte le altre, durante la lettura, è stata la pace, la serenità, una sorta di beatitudine..., le stesse provate tanto spesso da Lyle e che nascono dal godere di ciò che lo circonda, di ciò che quell'ambiente agreste, così famigliare, che profuma di casa ad ogni passo, dona naturalmente e con generosità: 

<< “Adorare” è una parola forte, ma che Lyle adorasse quelle giornate è la pura verità. I raggi del sole obliqui della tarda primavera, le mani che si imbattevano tra i rami nei nidi delicati di invisibili uccelli canterini, il dolce profumo dell’erba tagliata, la terrosa decomposizione delle foglie umide cadute. I fiori selvatici e i lillà, le rare, preziose spugnole, le api irrequiete e la loro estatica attrazione per il polline, il nipote che si arrampicava sui rami più bassi di un albero per nascondersi o correva nel frutteto, una piuma di tacchino in ciascuna mano tesa come se stesse volando. O ancora, seduto in silenzio nella sua giacchetta blu, a strappare erba dalla terra… >>
Ma è una pace che viene disturbata da preoccupazioni, interrogativi, da eventi che recano tristezza, amarezza, paura di perdere chi si ama.

E questi eventi si scontrano tutti, in qualche modo, con la necessità di nutrire fede in Dio, in un Dio che non è lontano dagli uomini ma di essi ha cura, benché abbiano una fede piccola piccola.
E Lyle, in fondo, vorrebbe crederci e smettere di essere uno di quelli che va in chiesa solo per abitudine o per far compagnia alla moglie.

Ma non è così semplice, non quando un tuo caro amico sta per lasciarti per sempre e tu non sei pronto, o quando vedi tua figlia allontanarsi per seguire un gruppo di credenti un tantino esaltati e che adorano il giovane pastore, belloccio e carismatico, che crede di vedere in un frugoletto di cinque anni niente meno che .... un guaritore!!

Che fare? È giusto tentare di far ragionare Shiloh, affinché molli pastore e chiesa e porti via un'anima innocente e indifesa, lontano da una probabile gabbia di invasati religiosi, o è bene piegarsi a ragioni di fede che lui finora ha ignorato per la durezza del proprio cuore di miscredente?

Lyle fa fatica a credere che basti chiudere gli occhi e pregare al capezzale di un malato perché questi sia guarito dal proprio male.
Nel Ventunesimo secolo c'è ancora gente che crede in questa roba?
Sì, c'è, ok..., ma se queste convinzioni si spingessero troppo in là, al punto di mettere a rischio la salute, e quindi la vita, di una persona cara, cosa bisognerebbe fare? 

Lyle non può permettere che il lutto bussi nuovamente alla porta del cuore suo e dell'adorata Peg, ed è pronto a tutto pur di evitare che una nuova tragedia si abbatta sulla sua famiglia. 

Nickolas Butler, ispirandosi a una drammatica storia vera, accaduta qualche anno fa proprio nella "sua" terra, ha dato vita ad un romanzo intenso, profondamente umano, e lo ha fatto ponendo sullo sfondo un’America rurale, "country", in cui il lettore si sente a proprio agio e gli sembra di percepire ogni dettaglio con tutti i sensi: l'odore dell'erba fresca, dei fiori, il sapore delizioso delle mele del signor Otis, il piacere di una birra ghiacciata che placa l'arsura d'estate, le malinconiche note di una vecchia canzone jazz, il freddo delle innevate mattine invernali, il profumo di pancake e mirtilli...
È un contesto campagnolo, di quelli belli, che vorremmo avere a portata di mano per rifugiarci dal caos quotidiano, di tanto in tanto, e prenderci dei momenti solo per noi, lasciandoci scaldare dal sole, sentendo il vento soffiarci intorno, senza far nulla, solo così..., felici per il solo fatto di esserci.

La narrazione parte, e inizialmente procede, molto lentamente, con un ritmo placido e descrivendo la vita di gente semplice, nelle cui normalissime esistenze sbirciamo senza però sentirci intrusi, ma anzi, accolti come degli amici, con naturalezza.
Butler prepara il terreno per ciò che accadrà dopo, quando entreranno in gioco altre dinamiche meno distese, che rompono l'idillio.

In un'atmosfera dolcemente malinconica e pacifica si solleva un dramma famigliare, che tocca temi fondamentali del vivere di ciascuno di noi, di ogni essere umano: l'amore per i propri cari, e quanto amare rechi infinite gioie ma anche tanti dolori e grattacapi; l'elaborazione difficile di un lutto; la fede in Dio, e tutto il carico di dubbi che essa inevitabilmente porta con sè (seppur in maniera differente in base alle persone), e se/quanto/come questa fede possa cambiare il corso degli eventi, attraverso la preghiera, anche sfidando la ragione, la scienza, la medicina.

Sono argomenti delicati, che attengono alla "misura di fede" di ogni individuo ma che, pur riferendosi alla spiritualità, inevitabilmente possono avere conseguenze di tipo pratico, quando Dio diventa il centro della vita e da Lui lasciamo che dipendano le nostre scelte, in ogni ambito; e sono spinosi perché non è facile e automatico (neanche giusto, per quanto mi riguarda) giudicare la fede altrui ed emettere sentenze sulle decisioni che gli altri prendono sulla base delle proprie convinzioni religiose... Eppure tra queste pagine risuona costante la domanda: ok la fede, ma c'è un limite (oltre il quale si sfocia nel fanatismo religioso) che non va superato, soprattutto quando è in gioco la vita umana e, oltretutto, di persone che non possono decidere per se stesse?
 
Sono di fede cristiana e l'argomento della preghiera, e delle guarigioni attraverso di essa, mi ha colpito molto da vicino, per cui ho letto il libro con un certo trasporto emotivo, lasciandomi guidare dalla scrittura di Butler, che ora instillava calma e rilassatezza, ora induceva a riflessioni significative; ho amato la sua sensibilità, la delicatezza, la profonda empatia, l'attenzione per i rapporti umani e la capacità di raccontarli (già apprezzata molto in Shotgun Lovesongs); mi ha spiazzato un po' il finale, nel senso che la mia ragione, il mio bisogno di "avere una soluzione", una fine chiara e definitiva, non sono stati soddisfatti, ma non lo dico perché è necessariamente un aspetto negativo: Butler mi ha lasciata un po' così, con una bellissima (e consona al tema) citazione biblica* e con un epilogo che lascia al lettore la facoltà di immaginare cosa possa essere accaduto dopo, di "risolvere" i nodi da solo.

Un libro da gustare, pagina dopo pagina; una storia che fa riflettere sui rapporti uomo-Dio, ragione-fede, terreno-sovrannaturale; personaggi che ci sembra di conoscere da una vita, ai quali ti affezioni perchè sono... così umani, così dubbiosi, fragili, bisognosi, in cerca di risposte; persone semplici, buone, che come me, come noi, sperano solo di essere sereni e un po' felici.
Esseri umani che alzano un sopracciglio con scetticismo davanti alla parola miracolo, ma che sentono le lacrime salire agli occhi quando chinano il capo per pregare Dio, sperando che li ascolti e stenda il suo braccio per salvarli dalla tempesta.

Leggete Butler se avete bisogno di una lettura che vi dia un attimo di pace e distensione senza annoiarvi, e che stimoli interrogativi importanti, con dolcezza e delicatezza.



 “Non ho mai creduto in Dio finché non ci siamo trovati là fuori, in mezzo al mare su quella barchetta. Adesso però ci credo."

«Non mi servono prove dell’esistenza di Dio, Lyle. So che c’è qualcosa di più. L’ho sentito. (...) È in quel fuoco e in questo single malt invecchiato. (...) È dentro di te, amico. È dentro di me. (...) Perché so che vedi Dio nel mondo; so che Lo senti.»


* Atti degli Apostoli 2:17; Gioele 2:28-32



domenica 22 agosto 2021

Recensione: SORELLE di Daisy Johnson



Tra queste pagine si consuma la storia di una famiglia spezzata che cerca di fuggire da un passato triste e soffocante cercando rifugio in una casa; una casa che dovrebbe segnare l'alba di un nuovo giorno,  essere luogo di accoglienza e sicurezza, sinonimo di radici, di appartenenza, le cui mura dovrebbero risuonare di risate e spensieratezza, e invece essa diventa il luogo del terrore e della minaccia.
La casa, con i suoi muri rovinati, le sue pareti umide, i suoi strani rumori, è percepita da chi la abita (una mamma con le sue due figlie) come un organismo vivente, pronto a inghiottirle, spaventarle, richiudersi loro addosso mozzando il respiro.



SORELLE
di Daisy Johnson



Fazi Ed.
trad. S. Tummolini
224 pp
"Se il cervello è una casa con tante stanze, io vivo nello scantinato. È buio e silenzioso."

Sheela, insieme alle sue due figlie Luglio e Settembre, sta viaggiando in auto verso la casa al mare, di proprietà di Ursa, la sorella del defunto marito di Sheela, Peter.
In realtà, la loro è praticamente una fuga da Oxford, dove hanno vissuto finora; avvertiamo dalle parole di Luglio (che ha il ruolo di narratrice per gran parte della storia; a lei si alterna sua madre) che qualcosa di terribile è successo alle due sorelle quando frequentavano la scuola; qualcosa che non viene menzionato ma che sta lì, come un fantasma, una maledizione, a ricordare alle tre donne che il passato è tutto da dimenticare.

Ma prima di dimenticarlo, il lettore deve poterlo conoscere.
Giusto, se non fosse che la voce narrante si rivela subito per quella che è che sarà sempre, per tutto il libro: confusa, (involontariamente) enigmatica, febbricitante, delirante.

Scoprire la verità, conoscere ciò che davvero è accaduto prima e sta accadendo ora, nella "casa dell'Accoglienza" (come viene chiamata la casa paterna) non sarà lineare e semplice, e il lettore viene trasportato nella vita bizzarra delle due sorelle come in un sogno evanescente, dai contorni labili, che assumono man mano quelli di un incubo.

Luglio e Settembre sono due adolescenti che hanno tra loro un legame simbiotico; si comportano come se fossero gemelle anche se in realtà Settembre è più grande di Luglio di dieci mesi.
Stanno sempre insieme, bastano a loro stesse; non hanno relazioni con i coetanei e, anzi, a scuola non sono affatto integrate; in particolare, apprendiamo che Luglio è oggetto di bullismo, di cattiverie gratuite ed umilianti, che fanno arrabbiare moltissimo Settembre, che pare meditare vendetta contro queste compagne perfide che si divertono a far del male alla sorellina.

Le due hanno personalità diametralmente opposte: Settembre è una furia, sempre agitata, nervosa, scorbutica, prepotente e ha un forte ascendente sulla sorella minore; la comanda a bacchetta e si aspetta da lei obbedienza assoluta, soprattutto quando le chiede di fare "per gioco" cose assurde e pericolose.
Le due trascorrono le giornate dentro casa guardando documentari, mangiando cibo in scatola o al massimo sandwich al formaggio, giocando come se fossero ancora bambine, a nascondino o a "Simone dice...", dove però  a dire e comandare è sempre Settembre.
Vanno anche in giro, vagando all'esterno della casa, nei dintorni, e conoscono un ragazzo dai capelli rossi, il quale si mostra interessato a una di loro..., o a tutte e due, non si capisce subito (si capirà dopo, quando tutto verrà chiarito).

Intanto la madre, Sheela, è chiusa nella propria stanza, sempre a letto, con un piumone a coprirla tutta.
Perché? È forse depressa?

Di lavoro fa l'illustratrice di libri per bambini, e le sue figlie compaiono nei suoi disegni; attraverso la sua voce, veniamo a conoscenza di come la relazione col padre delle figlie, Peter, fosse una relazione molto malata,fatta di abusi, dalla quale ella fuggiva ma senza in realtà riuscire a sciogliersi mai del tutto dall'uomo amato, neppure dopo la morte di lui.
Peter era un violento e Sheela vede in Settembre molto di lui...

Quello che sembrava un nuovo inizio in un posto lontano da Oxford, dalla scuola, da quell'evento indicibile che ha cambiato le loro esistenze, ben presto si colora di tinte cupe, fosche, che gettano qua e là piccoli semi di terrore, soprattutto perché la sensazione di paura e di claustrofobia, che si respira in quella casa, non è chiaro a cosa vada attribuita.

Fatto sta che le luci tremolano, da dietro le pareti umide provengono strani rumori, dall'intonaco sbucano decine di formiche; ci sono pertugi in cui Luglio si infila, giocando con la sorella, che paiono volerla soffocare; la casa è descritta - da una impotente e spaventata Luglio - come una cosa viva, che si gonfia, si accovaccia; ci sono oggetti che sembrano spostarsi quando nessuno li guarda. Travi e travetti sono marci, sembrano lì lì per crollare giù.

La casa è tutto fuorché accogliente ma per fortuna le due ragazze non si annoiano mai, perché non sono sole. Non finché l'una ha l'altra, e viceversa.

Eppure, il lettore percepisce in modo palese, proseguendo nella lettura, che qualcosa di minaccioso è nell'aria; qualcosa che arriverà come un uragano a turbare quella strana ed inquietante quiete che le ragazze sembrano aver trovato, nonostante la loro mamma sia sempre chiusa in camera, chiusa in un mondo di silenzio e dolore dal quale sono escluse.

Settembre è una presenza forte, ingombrante e inamovibile; incombe sulla sorella, più debole, remissiva, silenziosa, debole, le dà degli ordini e lei, supinamente e come un robot, obbedisce senza fiatare.
Perché l'ha promesso.
Perché Settembre è tutto il suo mondo.

"Settembre mi teneva ancorata. Non al mondo ma a lei.
(...)
Settembre è la persona che avrei sempre voluto essere. Io sono una forma ritagliata dall’universo, trapunta di stelle che continuano a morire – e lei è la creatura che riempie il vuoto che io lascio nel mondo. Mi ricordo della promessa che ci siamo fatte anni fa, di quando l’abbiamo scritta per non scordarcela, di come ci siamo prese le mani e le abbiamo tenute sul foglio, stringendo sempre più forte."

Settembre, la "bambina manipolatrice e crudele, che a volte trattava la sorella come un recipiente, da portare in giro, da prendere e rimettere a posto, versandoci ogni cosa dentro."

Di capitolo in capitolo, ci vengono aperti squarci di passato e attraverso immagini e scene nitide e lucide ma fulminee, intuiamo qualcosa della tragedia accaduta e delle sue ripercussione sul qui ed ora; un oggi che ci sembra fumoso, impenetrabile e dove la presenza umana si confonde in modo sinistro e inspiegabile con la casa.

La casa accoglie, sì, ma non la vita; accoglie depressione, disperazione, una preoccupante inquietudine di cui si fa fatica a liberarsi, uno sfinimento soffocante.
Accoglie la rabbia infantile e capricciosa di Settembre e l'arrendevolezza (spesso irritante) di Luglio.
Accoglie i ricordi intrisi di tristezza di una mamma che ha perso ogni voglia di vivere.

La casa è, in questo romanzo che scivola lungo i binari dell'horror psicologico, un personaggio principale a tutti gli effetti, tanto che due delle protagoniste - Sheela e Luglio - quasi si confondono con essa e perdono di vista il proprio corpo: non capiscono più dove finisca la casa e comincino loro.

Come dicevo all'inizio, il racconto affidato alla voce di Luglio ci confonde, mescola delirio e lucidità, sogni ad occhi aperti e realtà, follia e salute mentale, passato e presente, ciò che si vorrebbe fosse vero e ciò che invece lo è sul serio.

Quando si soffre, è facile che ci si dica delle bugie per soffrire di meno, perché guardare in faccia la realtà aprirebbe finestre di dolore, crepe e ferite profonde che poi è difficile chiudere.

La casa "sente" tutto questo dolore disperato e senza via d'uscita, ne è impregnata in ogni angolo, nei soffitti, sui pavimenti, in ogni traliccio, buco sul muro: tutto esprime e rappresenta l'angoscia e la sofferenza inespressa della povera Luglio, che deve fare i conti con la verità.
Questo è, forse, l'unico modo perché lei, sua madre, e anche la loro casa che va a pezzi, riprendano a respirare.

In "Sorelle"  la Johnson pone al centro due sorelle il cui rapporto è indissolubile ma non equilibrato perché segnato dalla dipendenza affettiva di Luglio verso Settembre, che nella coppia è l'elemento dominante, forte. Luglio sente che non esiste senza la sorella; esiste per lei e grazie a lei; l'affetto che senza dubbio le unisce fa più male che bene, quantomeno a una di loro.

"Non sono una persona senza di lei. Mia sorella è un buco nero mia sorella è un albero che cade mia sorella è il mare. (...) un buco nero mia sorella è una finestra murata mia sorella è una casa che brucia mia sorella è un incidente stradale mia sorella è una lunga notte mia sorella è una battaglia mia sorella è qui."

Le relazioni famigliari sono tossiche, in questo romanzo: lo è quello di Sheela con Peter, quello di Peter con la sorella Ursa quando erano bambini e, ovviamente, quello tra le due sorelle protagoniste.
Queste ultime sembrano due animaletti selvatici lasciati a loro stessi, abbandonate di fatto da una madre che ha alzato un muro grosso tra lei e le figlie e, più in generale, tra lei e la vita.

Perché?, la domanda ritorna.

Nell'andare su e giù tra eventi passati e presenti, il dubbio sul perché sorge e comunque la risposta arriva, piano piano, in un crescendo di tensione e all'interno di un'atmosfera che viaggia sempre sul filo della paura, della sensazione di una minaccia incombente eppure sfuggente, difficile da individuare e nominare, e forse proprio per questo più terrificante.

Un romanzo che mi è piaciuto, per il taglio gotico conferito alla narrazione e la scrittura accattivante, densa, per l'ambientazione della casa (in cui aleggia un che di inspiegabilmente misterioso e pauroso) e per il legame morboso tra le due sorelle; l'autrice ha saputo, per quanto mi riguarda, tenere sempre accesa l'attenzione su "quel fattaccio accaduto a scuola", che ogni tanto sbuca fuori, come a ricordare che, in mezzo ai giochi assurdi tra sorelle, ai loro battibecchi, dietro il disagio provato costantemente da Luglio e la testardaggine di Settembre, c'è qualcosa di cruciale che va chiarito e reso noto per mettere insieme tutti i frammenti di questa drammatica storia di dolore e d'amore tra sorelle.


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