mercoledì 22 gennaio 2025

MICIO CUPIDO di Ilaria Carioti [ RECENSIONE IN ANTEPRIMA ]


Lui è una ex-rockstar che da tempo non sa più cosa sia il successo; lei è una veterinaria con una vita sentimentale "sfigata".
In comune sembrano non aver nulla, se non fosse che entrambi hanno un gatto in casa cui sono molto affezionati.
Non solo, ma sia lui che lei sono delusi, sfiduciati, non cercano una relazione amorosa, ma il dio dell'amore non ha smesso di scoccare le proprie frecce.

MICIO CUPIDO
di Ilaria Carioti


 
290 pp

Quando il lettore incontra Adriel per la prima volta, ha di fronte a sé un giovane cantante talentuoso, il frontman di una rock-band, The Bats, all'apice della fama, che riempie stadi e manda in deliquio stuoli di fans inferocite e innamorate dei suoi pettorali, oltre che della sua voce graffiante e carismatica.

Ma il successo, si sa, sa essere trascinante quanto impalpabile come carta velina, e basta poco perché dalla cima ti ritrovi a terra, e più in alto eri, più la caduta risulta rovinosa.

Per Adriel è così: da lì a pochi anni più tardi, la gloria è solo un lontano e malinconico ricordo.
Del bellissimo e affascinante rockettaro non resta che un uomo che vive nell'ombra, che vorrebbe non essere neppure riconosciuto dalle fans di una volta, che preferisce la solitudine a tutto il resto.

Ma la sua vita solitaria viene presto interrotta quando prende in affitto un appartamentino in mansarda e lì vi trova già un inquilino: un gattino.

All'inizio vorrebbe liberarsene, ma poi qualcosa lo spinge a prendersene cura, dandogli anche un nome: Schizzo.
Avendo la bestiola come unica compagnia, Adriel esprime inconsapevolmente un desiderio di per sé impossibile: poter parlare con il suo amico peloso.
Un desiderio formulato con la leggerezza di chi sa di pronunciarne uno irrealizzabile.
Ma... Schizzo incredibilmente riesce a comunicare con lui, a farsi capire e a rispondere al suo padrone.
Spaventato e disorientato all'idea che un gatto "parli", Adriel si reca in una clinica veterinaria, temendo che Schizzo sia vittima di una strana malattia.
Lì i due conoscono Cristiana, giovane veterinaria che da poco si è trasferita a Roma da Orvieto; la ragazza è sempre stata una fan accanita dei The Bats e follemente invaghita del bellissimo Adriel.
 
Dal canto suo, Schizzo sta benone e, anzi, come se non gli bastasse l'uso della parola, rivela di avere un bel caratterino: è logorroico e ipocondriaco, tende a lamentarsi e a pretendere attenzioni esclusive e crocchette di buona qualità.
Ed è poco socievole.
 
Tant'è che quando si vedono fiondare in casa la ragazza che abita al piano di sotto e la sua gattina Minù, Schizzo non la prende benissimo: lui vorrebbe starsene in pace con il suo amico umano, non ha alcuna voglia di socializzare né con l'umana - che, guarda caso, è la veterinaria che l'ha visitato e che ha gli occhi a cuoricino in presenza di Adriel - né tanto meno con la sua sciocca e insistente gattina, che gli si struscia addosso dal primo momento.
 
Quando Cristiana scopre che non solo ha avuto modo di visitare il gatto del suo cantante preferito ma che questi vive nella mansarda del palazzo in cui si è appena trasferita, stenta a credere che una tale fortuna possa essere capitata proprio a lei, che pare avere la sfiga attaccata addosso.
 
La ragazza è da poco uscita da una relazione che le ha procurato non poche lacrime: quando viveva ad Orvieto (lavorando come veterinaria in una clinica), ha commesso l'errore di innamorarsi e iniziare una relazione con un uomo sposato il quale, nonostante le tante promesse e il dichiarato amore, si rivela essere un codardo, incapace di prendere decisioni scomode, per cui preferisce interrompere la relazione con Cristiana, che si ritrova single e senza lavoro.
 
Adesso che è a Roma, non ha alcuna intenzione di mettere a rischio il proprio cuore con un nuovo amore che possa illuderla e deluderla, anche se si tratta nientemeno che del suo idolo, che col passare degli anni non ha fatto che migliorare, assumendo un fascino più maturo, tormentato e misterioso.
I due iniziano a frequentarsi, non per scelta di Adriel o di Schizzo - entrambi asociali - ma a causa dell’invadenza proprio di Cristiana, che entra nelle loro vite insieme alla sua gatta Minù, portando un po' di solarità nelle grigie giornate dell'ex cantante.
 
In prima battuta, Schizzo è infastidito dalle due femmine insistenti e ciarliere, e cerca in tutti i modi di scoraggiare Adriel dal frequentarle, ma Cupido ha già iniziato a muoversi tra loro e a tessere le proprie trame e Schizzo avrà l'occasione di decidere se dare o meno una svolta decisiva al rapporto fra l'artista e la veterinaria.
 
Mentre l'amicizia sincera tra i due si va consolidando, la vita comincia a porli davanti a nuove possibilità ma anche nuovi e vecchi dilemmi.
 
Sarà possibile per Adriel ritornare a cantare e a suonare con la sua band? Cristiana, nella sua innocente schiettezza, è convinta di sì - il talento non ha di certo abbandonato il ragazzo -, ma non basta la sua positività. C'è bisogno di una reale e concreta offerta a tornare sulle scene.
Arriverà mai quest'ultimo treno?
 
A sua volta, Cristiana si ritrova a dover fronteggiare una situazione famigliare complicata, che le darà non pochi turbamenti e preoccupazioni, ma la sua amicizia con Adriel potrebbe rivelarsi un'ancora di salvezza.
 
Ma c'è davvero solo amicizia tra i due?

 
"Micio cupido" è un romance contemporaneo con un elemento fantastico (il gatto parlante), dai toni ironici e ricco di passaggi e dialoghi divertenti, grazie in particolare al gatto Schizzo, che riesce a comunicare con il suo padrone, divenendo per lui un vero e proprio compagno di avventure, un consigliere a volte saggio, altre volte un po' lamentoso, ma di certo un amico prezioso.
 
La narrazione procede fluida e con un ritmo vivace, anche grazie all'alternarsi dei punti di vista di Cristiana e Adriel; è una lettura che sa intrattenere in modo simpatico e che sicuramente piacerà non solo a chi ricerca letture romantiche ma anche a quanti amano spassionatamente i gatti.
 

Il romanzo è in uscita oggi, 22 gennaio.  >> LINK AMAZON  <<

 
L' autrice.
Ilaria Carioti, nata a Nettuno (RM) il 1978, ha avuto sin da bambina una propensione per le arti creative e ha continuato a leggere, scrivere e dipingere nel tempo libero. Negli ultimi anni ha pubblicato diversi romanzi: “Il cuore non dimentica mai”, "E se invece fosse amore”, "L'amore non era previsto", "Amore senza esclusione di colpi", "Un imprevisto da favola", favola moderna ispirata a La bella e la bestia; “Rotta verso l’amore”, “Io e te oltre le nuvole”, una storia di rinascita e di speranza, l’amore impossibile tra uno spirito libero e una donna alla ricerca di se stessa; “Nemici del cuore”, “Un imprevisto da favola”, “La mia favola da le mille e una notte”, romantic suspense, retelling della celebre cornice di raccolta di novelle Le mille e una notte. A maggio 2023 esce “Cose dell’altro mondo”.
 
 

lunedì 20 gennaio 2025

OSSESSIONI di Gino Dondi [ RECENSIONE ]

 

Il romanzo storico di Gino Dondi ci porta in Palestina negli anni in cui Gesù ha vissuto e predicato tra quelle strade polverose, attorniato da discepoli desiderosi e fiduciosi di cambiare, grazie a quel Rabbi straordinario, le loro vite e, chissà, anche il mondo attorno a sé.
Ma il cuore dell'uomo è ingannevole ed è un pozzo profondo, scuro e inaccessibile, e ogni persona che Gli si accostava celava dentro di sé desideri segreti, ardenti speranze e torbide ossessioni.


OSSESSIONI 
di Gino Dondi


NullaDie Ed.
220 pp

Yehouda Is-Kariòt, il Giudeo, è, accanto al Galileo chiamato Rabbi dai suoi discepoli, il protagonista di questo romanzo che ci riporta indietro di oltre duemila anni, tra le vie di una "terra arida. Terra aspra. Asprezza che insecchisce anche gli animi": la terra d'Israel.

Come leggiamo dai Vangeli, Giuda Iscariota è il discepolo che ha tradito il Maestro, vendendolo ai capi dei sacerdoti - che a loro volta lo consegnarono ai Romani - per trenta denari.

La domanda che sta alla base di questa figura, così come ci viene raccontata tra queste pagine, è: le cose sono andate proprio così? E se in realtà Giuda non avesse mai tradito il suo amato Rabbi?

Nella ricerca, quindi, di una verità alternativa, l'Autore ci conduce in quei luoghi che mai come oggi sono terra di guerre e devastazioni e, come ai nostri giorni, anche allora vedeva contrapposti due popoli.

Sotto il giogo romano, la vita in Giudea non era semplice e gli ebrei non potevano che desiderare di liberarsi di quella odiata presenza.

In questo contesto di malcontento e tentativi di ribellione da parte di gruppi di giudei "facinorosi", spicca la figura del Maestro, che tra queste pagine non viene mai chiamato Gesù o il Cristo, ma sempre il Galileo Rabbi.
Egli è un giovane uomo di circa trent'anni quando comincia a predicare alle genti il Verbo del Signore, il ravvedimento dai propri peccati, e chiamando a sé quelli che voleva fossero i suoi più stretti e intimi amici: i dodici discepoli.

Tra essi c'è appunto Yehouda, colui che il racconto evangelico e la tradizione indicheranno inconfutabilmente come il traditore, il falso amico che è stato fianco a fianco a Gesù per poi tradirlo con un bacio.

I personaggi di questo romanzo ci vengono descritti in tutta la loro complessità umana, con le loro tante contraddizioni, fragilità, le passioni inconfessate, i pensieri ossessivi, i timori, la lotta interiore per far predominare la fede e soffocare i dubbi, che insistentemente si affacciano alla mente e al cuore.

Yehouda è un giovane uomo tormentato da diversi malesseri e angosce: desidera anch'egli, come i suoi connazionali giudei, spezzare le catene che li legano ai Romani e spera che presto arrivi il liberatore (il Messia?), a ristabilire una nuova società senza occupanti, a ridonare la libertà, a far fiorire la giustizia e la prosperità.
E se è necessario passare per la via della ribellione anche violenta, ben venga.
Lo sapevano bene i Zeloti, acerrimi nemici dei romani e pronti a perseguire l’indipendenza politica "a mano armata".

Pur desiderando anch'egli la libertà e l'indipendenza del proprio popolo, Yehouda non è però incline alla violenza: mostra, piuttosto, un animo pacifico e un temperamento schivo, timido e quando comincia a seguire il Maestro, lo fa senza imporre la propria presenza e senza essere in prima linea, come altri discepoli (uno su tutti, Sim-on-Petrus).

Yehouda segue il Maestro "subendone" il carisma: il fascino che quell'uomo speciale reca con sé in modo del tutto naturale lo soggioga completamente.
Non riesce a non cercarne gli sguardi, ma al contempo distoglie il suo intimidito perché sente crescere, dentro di sé, man mano che gli è più vicino, pensieri ed emozioni che non deve assolutamente concedersi di provare né tanto meno alimentare.

Lo stesso Maestro è un personaggio denso di contraddizioni e sfaccettature: appare sicuro di sè, quasi compiaciuto di se stesso e del seguito che riscontra nel suo percorrere le strade della terra d'Israel, nel suo approcciarsi alle folle, agli uomini come alla donne; ma allo stesso tempo, anch'egli sembra spesso perdersi nei proprie inquietudini segrete, come turbato interiormente da qualcosa di troppo grande, che non può e non deve esprimere, condividere, manifestare.
Farlo significherebbe mostrare una fragilità umana che lui - che si dichiara Figlio di Dio - non può permettersi di far trasparire, in quanto la missione che il Padre celeste gli ha affidata è infinitamente troppo alta e importante e non deve incontrare ostacoli. 

A seguire il Maestro ci sono anche delle donne fedeli e devote, come Miryam, tanto bella quanto sensuale e misteriosa.
Per lei Yehouda prova sentimenti negativi di invidia, gelosia, risentimento e quando la vede in intimità con il Maestro, il cuore gli sanguina e in petto sente salirgli un'ondata di emozioni forti e non sane.

L'Autore è molto attento alla psicologia dei suoi personaggi, di cui emerge l'umanità in  tutta la sua nuda debolezza, ma lo è anche nel tratteggiare il contesto storico-sociale e religioso: il rapporto Giudei-Romani, le divisioni tra sadducei, farisei e zeloti, le discordie all'interno del Sinedrio - tra chi vuol condannare il Galileo, consegnandolo ai pagani, e chi non vuol farlo -, i rapporti tra i seguaci del Cristo.

Questo di Gino Dondi è un romanzo che prova a far collimare due aspetti per loro natura opposti: l’oggettività storica e l’interpretazione romanzata; ci dà una versione della storia di Gesù che attinge ai racconti evangelici - citandone passaggi, dialoghi, episodi specifici -  e non solo, che accenna a un ritratto del Messia diverso da quello cui siamo stati abituati, sottolineandone il volto puramente umano e contrassegnato da luci e ombre.

Giuda non è "il cattivo della compagnia", ma anzi è colui che amava il suo Maestro e mai si sarebbe sognato di tradirlo, nonostante proprio Lui l'abbia messo davanti alla richiesta di fare ciò che andava fatto perché ogni cosa potesse compiersi.

Sebbene da cristiana io condivida assolutamente il racconto che di Gesù viene fatto nei Vangeli, ho trovato comunque il testo molto piacevole da leggere e ci si sente attratti dalla penna fluente e affascinante dell'autore, dall'interessante e mai superficiale caratterizzazione dei personaggi, nonché dalla prospettiva diversa con cui ha scelto di raccontare una storia che è nota ma che, tra queste righe, vuol andare oltre i fatti e le vicende in sé, oltre i recinti delle convinzioni personali, per dare spazio alla dimensione umana e alle tante "ossessioni: pensieri intrusivi, che si presentano alla mente contro la propria volontà, e guidano le azioni di chi ne è vittima"a "quei tormenti interiori, macinati a lungo e capaci di far sprofondare l'uomo negli abissi più biechi della natura umana, come di proiettarla verso le più alte vette dell'intelletto".

Consiglio questo libro a chi è appassionato dai romanzi storici e a chi è disposto ad accostarsi a un testo di questo tipo - che inevitabilmente può toccare argomenti relativi alla fede, a convinzioni personali - senza scandalizzarsi e senza preconcetti.


Ciao, Rockpoeta

 

Ieri sera ho appreso una notizia brutta brutta, che mi ha lasciata scioccata e molto triste.

Sono quelle cose che non vorresti mai leggere...


Daniele Verzetti, blogger e poeta genovese
, ci ha lasciati.

Ne sono rimasta addolorata e da ieri non faccio che pensarci.

Conoscevo Daniele solo virtualmente, attraverso le sue parole, i suoi versi, e la sua persona e la sua voce attraverso le interpretazioni che dava delle proprie poesie (canale YT).

Ho imparato un po' a capire che tipo di persona fosse grazie al suo modo di comunicare, e per carità, so bene che è una conoscenza relativa e assolutamente parziale, limitata, eppure... quanti nella blogosfera lo hanno conosciuto come me, credo abbiano "visto" ciò che ho visto io.

Un poeta schietto, realista, che "fotografava" e descriveva ciò che vedeva e viveva senza filtri, senza peli sulla lingua, con passione, onestà, seguendo la libertà del proprio pensiero, delle proprie convinzioni, dei propri sentimenti.

Mi piaceva leggere le sue poesie e interagire con lui, mi ritrovavo nella maggior parte delle sue parole, le condividevo e tante, tantissime volte per me sono state motivo di riflessione su tematiche attuali, di quelle che scuotono la coscienza, il nostro senso morale, il nostro sistema di valori, gli interrogativi più profondi e urgenti di fronte agli innumerevoli problemi e difficoltà che come essere umani incontriamo giorno per giorno, come singoli individui e come collettività.

Leggendolo e scambiandoci parole e opinioni, mi sono fatta l'idea che fosse un uomo semplice e profondo insieme, buono, intelligente, riflessivo, sincero, empatico.

Libero.

Mi mancherai, Daniele. 

Mancherai a me e a tanti che venivano a leggerti e a scriverti, che ti apprezzavano anche quando potevano non condividere ogni tuo singolo pensiero, perché il tuo era uno spazio aperto al confronto e oltremodo stimolante.

Ciò che hai scritto e "detto" di te attraverso i tuoi versi, resterà a lungo nella mente e nel cuore di chi ha avuto il privilegio di avvicinarsi per un po' al tuo mondo, alla tua anima libera e appassionata, che rifuggiva e denunciava ingiustizie, egoismi, abusi di potere, disuguaglianze, la dolorosa indifferenza del nostro tempo.

Non so se e per quanto tempo il blog di Daniele resterà online, ma intanto che c'è, abbiamo la possibilità di rileggerlo e sentirlo ancora con noi attraverso le sue numerose poesie.

Ve ne lascio una, per salutarlo e per trasmettervi una piccola parte di lui.


MAGARI UN GIORNO


Sorriso
Bene rifugio
Lenisce ferite
Scioglie cicatrici

Sorriso
Bene - baratto
Non moneta di scambio
Ma volano di linfa vitale

Ci vuole coraggio a sorridere
E non ad uccidere in guerra
Ci vuole coraggio a donarsi
Quando non si ha nulla da dare
Se non un sorriso sofferto
Ci vuole coraggio a sorridere
Con la faccia nel fango
Filo spinato tra i denti
Sangue infettato
Cuore estinto.

Ci vuole eroismo a sorridere
E ci vuole saggezza nel sorridere
Alle persone che lo meritano davvero
Perchè se io ti sorrido
Non vuol dire che tutto va bene
O che siamo felici
Ma solo che ti dono coraggio
Il coraggio di sorridere di nuovo
E chissà
Magari un giorno
Ritroverò quel sorriso
Quando sarò io ad averne bisogno

Magari un giorno
Magari adesso.

mercoledì 15 gennaio 2025

LA CENA di Martin Österdahl [ RECENSIONE ]



È la notte di un comune Capodanno, in Svezia, e una famiglia come tante - composta da padre, madre, figlia adolescente - si accinge a organizzare il "cenone", che si terrà in casa e che vedrà ospitate tre persone: il fidanzato della figlia e i genitori di lui.
Ma dalle prime pagine comprendiamo che qualcosa dev'essere andato (parecchio) storto e un' orribile tragedia s'è consumata nella bella ed elegante villa a Lillägen, nei pressi di un suggestivo lago.
 
Tra una portata e l'altra, in un alterarsi di passato e presente e in un graduale crescendo di tensione, conosceremo le misteriose e inquietanti dinamiche che legano i sei personaggi e cosa ha portato a quel drammatico epilogo.



LA CENA 
di Martin Österdahl 



Giunti
trad. Rossini S.
348 pp

Quando la polizia arriva nella villa dei Kjellvander si ritrova davanti ad una scena tragica e quasi surreale: sul fondo di una piscina senz' acqua, chiusa per l'inverno, giacciono due corpi nudi, abbracciati, con l’addome e il petto straziati da tagli, gli arti abbandonati in posizione innaturale e la pelle ormai viola.

Un duplice omicidio o un duplice suicidio? O forse è un omicidio-suicidio?

Dal sanguinoso prologo facciamo un passiamo indietro di alcune ore, per capire cosa sia successo in quell'abitazione.


Conoscere i propri consuoceri è un avvenimento che mette sempre un po' d'ansia e di tensione, preoccupati - come si è quasi sempre - all'idea di far brutta figura, di non piacere alla famiglia del fidanzato della propria figlia e di dare una delusione a quest'ultima.

È ciò che stanno provando i coniugi Lisa e Mikael Kjellvander, la cui figlia quasi diciottenne - Ebba - si è messa in testa (ottenendolo) di invitare proprio nella serata del 31 dicembre il fidanzatino Marlon e i suoi genitori.

Ma l'ultimo dell'anno non inizia con i migliori auspici.

Lisa lavora come infermiera presso una struttura sanitaria privata che ospita persone con malattie terminali e che si trovano nell'ultima, triste e dolorosa fase della loro vita; il personale "aiuta" i degenti a lasciare questo mondo tra meno sofferenze possibili.

Ma proprio quel giorno, qualcuno ha deciso di rovinare il Capodanno a Lisa (e, in generale, alla clinica "Maria Regina") rubando i medicinali custoditi in una cassetta chiusa a chiave e di cui solo Lisa ha la tessera.
È un fatto gravissimo e pericoloso: quei farmaci sono potenti (parliamo di fentanyl) e, oltre ad essere necessari per i malati della struttura, possono recare pesanti danni a chi (tossicodipendenti, per lo più) ne fa uso in modo scriteriato...

Quando il collega medico (e amico) Tom avverte Lisa di ciò che è accaduto, il panico l'assale: è una situazione che va risolta il prima possibile ma lei non può - per amore di Ebba - cancellare la cena con Marlon e i genitori, per cui cerca, con l'aiuto di Mikael, di "tappare il buco" come può in attesa di recarsi di persona al Maria Regina.

C'è una cena da preparare, dall'aperitivo al digestivo, e i due coniugi vogliono fare bella figura, soprattutto per far contenta Ebba, che ci tiene a presentar loro il suo ragazzo.

Cosa sanno di questo Marlon?
È un giovanotto bellino ma ombroso, con un'aria misteriosa e tormentata, sempre vestito di nero, spesso con gli occhi truccati col kajal, appassionato di musica.
I due si sono conosciuti su un sito di incontri.

Questa, quindi, è l'occasione per cominciare a conoscersi tutti e sei e, in più, Ebba freme al pensiero di vivere un momento magico: dopo la cena, andrà a una festa e finalmente farà l'amore con il suo Marlon.
Tutto deve essere perfetto: Ebba ha indossato un abito meraviglioso, la tavola è imbandita, i calici stanno per essere riempiti di vino. 
Mancano solo gli ospiti. 

Ma quando suona il campanello e Lisa e Mikael vanno ad aprire la porta, quelli che si ritrovano davanti non sono affatto due sconosciuti: si tratta di Sören e Camilla Isaksson, una coppia di vecchi amici con cui hanno interrotto ogni rapporto da diciotto anni.

Quando i quattro adulti prendono coscienza della grossa sorpresa che la vita sta riservando loro nell'ultimo giorno dell'anno, sono sbigottiti, scioccati e profondamente imbarazzati: non sanno come reagire e comportarsi e da questo momento ogni loro parola, sorriso, sguardo, tono di voce, azione... verrà passata al setaccio, anzi ai setacci, da ciascuno di loro: i setacci del sospetto, del rancore, della paura, della ricerca della verità e del terrore di scoprirla.
Il terrore di dover fare finalmente i conti con una serie di inganni che hanno portato a questo presente seminando sulla strada molte lacrime, dolore, smarrimento, infelicità.
Odio.

Lisa ha avuto un periodo della sua vita (dopo la nascita dell'amata e desiderata Ebba) distruttivo, in cui aveva perso ogni forza e voglia di vivere; riemergere dal buco nero del male che le scavava dentro, svuotandola di ogni vitalità, non è stato facile, ma adesso il ritorno di quei due nella sua vita rischia di riportarla indietro, a quando quel dolore ha avuto inizio.

E la genesi di quel dolore ha il volto, la voce, le mani e gli occhi freddi di Sören.

Io mi fermo qui, lettori, perché se inizio a dirvi altro, secondo me non tarderete a legare i fili giusti tra loro e a immaginare anche ciò che non vi dico, per cui vi lascio con la curiosità di scoprire che rapporti sono intercorsi tra le due coppie e in che modo vi rientrano Ebba e Marlon.

Pensate che io - che non sono una lettrice che si lascia guidare dalla febbrile ricerca di indizi ma che tende piuttosto a godersi la trama con gradualità, gustandosi avvicendamenti e colpi di scena - ho capito tutto (> l'origine e il tipo di rapporto tra i quattro >) piuttosto presto, sin dalle prime avvisaglie.

Lo so, questo potrebbe far pensare che aver capito una bella fetta di ciò che si sarebbe esplicitato andando avanti, mi abbia tolto interesse, che abbia abbassato il livello di tensione e curiosità, ma posso dire che non è andata esattamente così.

Nel senso: pur dovendo riconoscere un eccesso di lentezza nella prima metà della cena, più staticità che dinamicità tra i personaggi (seguiamo in particolare i pensieri, le paranoie e le mille domande di Lisa) e che il ritmo della storia stentasse a decollare, ciò che mi ha spinta a continuare, con la voglia di passare da una portata all'altra, è stata quella sottile ma tagliente tensione che ha accompagnato tutto l'evolversi della vicenda, interrotta dalle incursioni nel passato, necessarie per cominciare a comprendere, goccia a goccia, in che relazioni sono stati i quattro e cosa ha rovinato tutto, non solo tra le coppie ma anche tra Mikael e Lisa, i quali hanno i loro problemi come coniugi, e anche questi problemi sono comunque riconducibili al passato e a ciò che è intercorso tra loro, Sören e Camilla.

Il tanto ricercato dinamismo si concentra a cena finita, quando il mini-veglione precipita nel buco nero del rancore, della vendetta, dell'odio cieco e furioso, finendo in tragedia, e ogni domanda (o ipotesi formulata in itinere dal lettore) avrà la sua risposta (o conferma).

La storia - e gli sviluppi che ne compongono la struttura - sono sufficientemente godibili, piacevoli da leggere, anche se magari non originalissimi e soprattutto immaginabili abbastanza presto.
Ripeto, ciò che mi ha convinta è stata quel filo di suspense, di tensione che ha continuato ad aleggiare tra i commensali e che ha coinvolto anche me, unite al filone parallelo dei medicinali rubati (e a come essi si rivelino non estranei alla cena) e del rapporto Lisa-Tom.

La psicologia per personaggi principali è tratteggiata in modo esaustivo e il finale "ci sta".

Un thriller psicologico non male, non ti toglie il sonno ma si legge con sufficiente fluidità e interesse.


Citazioni

"Le manca la compagnia di persone che sono realmente ciò che dimostrano di essere, con le quali non sia costretta a interpretare il linguaggio del corpo e prestare orecchio a ciò che non viene detto, provando a indovinare quali siano le loro vere intenzioni."

"L’amore è la forza più fragile e allo stesso tempo più potente sulla terra. È capace di abbattere ostacoli insormontabili, rendendo tutto possibile."

"L’amore si orienta come una bussola invisibile. Non può essere fermato, solo seguito. Non possiamo crearlo, né distruggerlo, né sceglierlo."

domenica 12 gennaio 2025

NON AVRAI ALTRA DONNA ALL'INFUORI DI ME di Antonio Chirico [ RECENSIONE ]



Un giallo storico che rende conto, in modo molto dettagliato, di un caso giudiziario basato su fatti realmente accaduti, avvenuti negli anni Venti del secolo scorso in Puglia e che vedono contrapposte due differenti verità su ciò che è accaduto in una sera di primavera, quando fu ucciso un giovane uomo, colpevole di aver sedotto e abbandonato una povera fanciulla.


NON AVRAI ALTRA DONNA ALL'INFUORI DI ME 
di Antonio Chirico 

Readaction
347 pp
"A che serve la verità? Assicurare i colpevoli alla giustizia fa forse resuscitare i morti? Certo che no. E colpevoli sono solo coloro la cui mano abbia premuto il grilletto? Ci sono invero responsabilità che nessun codice mai sanzionerà e in nessuna galera si potranno scontare. Sono le colpe dell’ambiente circostante, della cultura imperante, della famiglia di appartenenza, le colpe della stessa vittima del reato."

Nella serata dell'11 aprile 1923 un medico di quarant'anni sta uscendo dalla farmacia D’Andria quando viene freddato per strada da tre colpi di pistola.
Soccorso immediatamente, prima di esalare l'ultimo respiro riesce a mormorare alcune frasi e a ripetere più volte: «I miei cugini mi hanno ucciso.» 

Non passa molto che si procede subito all'arresto della prima sospettata: Maria Caramia, che si trovava non lontano dal luogo del delitto e indossava abiti maschili.

Ma a sconfessare la sua colpevolezza ci pensa la sorella della stessa, Costanzina Caramia, che si dichiara colpevole di aver sparato al medico Pietro Caramia.

La donna viene quindi arrestata e accusata di omicidio volontario, da lei stessa confessato.

Caso risolto? Nulla di più semplice quando c'è un reo confesso, giusto?

Quello che, a prima vista, potrebbe sembrare un caso di omicidio "facile" da risolvere, in realtà si rivelerà un vero e proprio ginepraio che terrà impegnato per diverso tempo il giudice istruttore a capo delle indagini e tutto il commissariato coinvolto.

E soprattutto, vedrà impegnati i cittadini di Torre Santa Susanna che, come fedeli in una processione, si susseguiranno giorno per giorno, settimana dopo settimana, alla scrivania del giudice Francesco Giove, che ascolterà con molta attenzione ogni testimonianza, farà accomodare ogni persona che gli si presenterà davanti, desiderosa di dare il proprio contributo alla giustizia, e avrà la pazienza di lasciarle parlare (in alcuni casi "sproloquiare") anche quando non tutte le testimonianze si riveleranno realmente utili.

Il presente giallo storico di Antonio Chirico procede di deposizione in deposizione, in un alternarsi di uomini e donne di qualunque età e grado di istruzione, che si susseguono  nel raccontare, con maggiore o minore sollecitudine,  il proprio punto di vista, la propria conoscenza dei fatti e delle persone che ruotano attorno all'omicidio di Pietro Caramia.


Vengono ascoltati tutti: le persone sospettate di aver commesso l'omicidio (c'è la possibilità che la rea confessa potrebbe aver mentito) o di essere complici, i testimoni oculari - coloro che hanno visto i sospettati allontanarsi dalla farmacia, chi ha soccorso la vittima... -, tutti i vari e numerosi parenti di Pietro e Costanzina, che tra l'altro erano cugini.

La parentela, però, non ha impedito ai due di avere una relazione amorosa clandestina, dalla quale è nato un figlio; ovviamente, Costanza sostiene di essere stata sedotta e abbandonata, di essere stata circuita dal cugino - di diversi anni maggiore di lei e con molta più esperienza -, il quale ha approfittato della sua innocenza e ingenuità per poi stufarsene e gettarla via come una scarpa vecchia.

Di fronte a tutta la sofferenza causata all'ex-amante, l'uomo non si è mai impietosito ma ha sempre trattato con disprezzo e cattiveria la povera ragazza disonorata...

Che siano convocati dagli inquirenti o che si rechino spontaneamente in commissariato, coloro che testimoniano si dividono sostanzialmente in due categorie: chi parteggia per la vittima e chi invece "difende" l'assassina nel senso di vedere in lei la vera vittima, colei che nel corso degli anni ha sofferto, ha vissuto nella vergogna e nella solitudine, macerandosi nel dolore, nel rancore e in desideri di vendetta che evidentemente l'hanno portata a fare quello che ha fatto.

"Era in corso una guerra aperta tra gli zii e i nipoti maschi e ciascuna parte si stava muovendo sul campo con testimoni chi più, chi meno, falsi, per far prevalere la propria verità. 
Ma qual era la verità obiettiva? Quella dei testi “vicini” agli zii o quella degli informatori schierati dai fratelli di Costanza e a larghe maniche arruolati tra gli iscritti al fascio locale? 
Non era affatto facile comprenderlo. Sembrava che più si andava avanti nelle indagini, più la verità tendeva a nascondersi, e ciò che prima era chiaro diveniva incerto. 
La verità era una palude nelle cui acque torbide stavo lentamente affondando". 


Seguendo gli interrogatori e le riflessioni dei giudice istruttore - un uomo equilibrato, coscienzioso, che esercita la propria professione con serietà e convinzione - diviene sempre più chiaro come, anche in un caso in cui il colpevole del reato in oggetto è certo (seppur con qualche dubbio sorto in itinere), non è altrettanto automatico e semplice stabilire in modo inequivocabile la verità assoluta.

Pietro è stato ucciso a sangue freddo, è vero, e ciò è un dato acclarato e confermato dalla stessa rea confessa, Costanza, che però ha agito... in quale stato emotivo e mentale? 

La condotta scellerata (stando alle dichiarazione di Costanza e famiglia, non certo in base ai famigliari di Pietro) del dottore, e la conseguente frustrazione e infelicità della cugina, possono costituire un attenuante per l'assassina?

Siamo in un paesino del sud Italia in cui certi modi di pensare, di considerare i ruoli e i comportamenti degli uomini e delle donne, i pregiudizi, l'importanza data alle "chiacchiere di paese", alla conoscenza personale di Tizio e Caio, alle opinioni politiche (i fratelli di Costanza militano nel partito fascista), hanno il loro peso e tutti questi fattori sono importanti perché il giudice possa farsi un'idea complessiva del contesto umano e sociale in cui quel delitto ("d'onore"?) è maturato, come esso viene giudicato, condannato o addirittura "giustificato".

È un libro senza dubbio ben scritto, interessante e che, prendendo a pretesto un assassinio, ci offre un ritratto sfaccettato e realistico di una realtà di paese dei primi anni del '900; io l'ho apprezzato e credo che esso possa piacere in particolare a quanti sono appassionati di casi giudiziari a carattere storico; in queste pagine si può apprezzare la penna scrupolosa e accurata dell'autore, il quale di volta in volta adegua il linguaggio al livello culturale dei personaggi (tanti che accorrono a dire la loro sono persone semplici, umili, spesso analfabete, che si esprimono in dialetto stretto*), così che il lettore possa sentirsi immerso in quel luogo e in quegli anni, come se anch'egli fosse nell'ufficio del giudice a raccogliere deposizioni e a farsi una propria idea di ciò che ascolta.




* le parole/espressioni dal significato meno intuibile sono "tradotte" in italiano nelle note


venerdì 10 gennaio 2025

PRIMO SANGUE di Amèlie Nothomb [ mini-RECENSIONE ]

 

In questa breve e interessante biografia, la scrittrice belga racconta l'infanzia e la giovinezza di suo padre, il diplomatico Patrick Nothomb.



PRIMO SANGUE
di Amèlie Nothomb

Voland Ed.
trad. F. Di Lella
128 pp
Il nostro primo incontro con il  protagonista è decisamente drammatico per lui: ha 28 anni ed è davanti a un plotone d'esecuzione pronto a sparargli, scena che viene ripresa nelle ultime pagine del libro.

Tra i due momenti c'è una giovane esistenza che ci viene raccontata con eleganza, brio, simpatia, e così conosciamo il piccolo Patrick Nothomb, rampollo di una delle più influenti famiglie del Belgio. 

Conosciamo sua madre, rimasta troppo presto vedova, una figura tanto eterea e bellissima quanto distante affettivamente dall'unico figlio, che soffrirà sempre sia per la mancanza di un padre che per l'amore distaccato della mamma.

Fortunatamente ha accanto i nonnini materni, affettuosi e premurosi, e crescendo conoscerà anche il nonno paterno - severo poeta, orgoglioso del proprio nobile casato - e i numerosi figli di lui, alcuni dei quali coetanei dello stesso Patrick.

Immerso in una realtà famigliare a dir poco bizzarra, il piccolo Patrick si impegna giorno dopo giorno a diventare un giovanotto con carattere e con le idee chiare.

È un libro di poco più di 100 pagine ma vi assicuro che è piacevolissimo in quanto il ritratto che Amèlie ci dà della propria storia familiare sa intenerire e divertire.

In quanto figlia, la scrittrice ci parla di Patrick in modo vivido e dettagliato, dandoci l'opportunità di conoscere aneddoti curiosi e aspetti interessanti della personalità del diplomatico belga, il cui primo incarico l'ha visto impegnato in Congo, tra non poche difficoltà.

Non avevo mai letto nulla di questa scrittrice, di cui ho apprezzato molto la penna elegante e ricca di sfumature e di cui ho intenzione di leggere altro.


mercoledì 8 gennaio 2025

LA TORRE D'AVORIO di Paola Barbato [ RECENSIONE ]



Cinque donne dalle personalità opposte l'una all'altra e legate da un affetto sincero, nato tra le mura di una struttura psichiatrica e cementato dalla consapevolezza che ad unirle è una triste sorte comune, contrassegnata dalla follia, dall'isolamento, dall'essere incomprese agli occhi del mondo e da esso stigmatizzate, etichettate come pazze.
Cinque amiche di diversa età che si ritrovano insieme per un'ultima volta per supportare una di loro che è finita nei guai senza aver fatto nulla di male.


LA TORRE D'AVORIO 
di Paola Barbato


Neri Pozza
416 pp
Ottobre 2024
"per tanti anni mi sono detta che avevo bisogno della Torre
ma la Torre è dentro di me, nella mia testa
la Torre sono io".


Sono tredici anni che Mara Paladini vive isolata in uno stabile dimenticato da tutti a Milano, in un appartamentino essenziale in cui a farle compagnia sono solo cataste di pesanti scatoloni che rischiano di caderle addosso e seppellirla.
Ma a lei non importa, anzi, le sta benissimo così.

È la pena da scontare per i suoi peccati, per le sue colpe.
Per i suoi crimini.

Anni prima, infatti, la donna - il cui vero nome è Mariele Pirovano -
è stata arrestata, processata per il tentato omicidio del marito e dei due figli (Andrea e Clara) e condannata a scontare la pena in una struttura psichiatrico-giudiziaria (REMS), dov'è rimasta per otto anni.

Da cinque è una donna praticamente libera, che ha pagato il proprio debito con la giustizia e le è stato concesso il diritto di rifarsi una vita lontana da quella famiglia che lei stessa ha messo in pericolo.
Ora ha una nuova identità e un nuovo indirizzo, che in pochi conoscono.

Si è costruita la sua "torre d'avorio" in cui si sente al sicuro, a centinaia di chilometri dal proprio passato, impossibilitata a contattare l'ex-marito Luca e quei figli che non vede da tredici anni e che adesso sono diventati due giovani adulti.
La sua quotidianità la tiene lontana dal mondo esterno, Mara sta bene attenta a non uscire di casa (se non di notte o comunque senza attirare mai l'attenzione) e tutto ciò che le serve è rinchiuso con lei in quella casa procuratale dai servizi sociali, che è diventata la sua prigione personale in cui seppellire per sempre la "cattiva" Mariele. 

Mariele: la moglie e la mamma sciagurata, affetta dalla sindrome di Münchhausen per procura – una patologia che porta a far ammalare le persone che si amano per poi curarle e prendersi il merito della loro guarigione – e che ha rischiato di ammazzare i propri famigliari...

Secondo la giustizia e gli psichiatri, gli anni trascorsi alla Rems sono serviti a guarirla.
È davvero così?
Mara non sa se davvero sia guarita o no, fatto sta che è meglio non correre rischi e restarsene per i fatti propri.

Ma un giorno la sua esistenza solitaria e quieta viene scombussolata da un evento drammatico e improvviso.

Tutto ha inizio da una piccola macchia di umidità sul soffitto, che la costringe ad andare al piano di sopra per avvertire il vicino, un elegante industriale di nome Eugenio Pirozzi. 
Quello che dovrebbe essere uno sciocco inconveniente sarà invece l'inizio di un'avventura a dir poco "drammaticamente esilarante" che vedrà Mara fuggire per non soccombere davanti ad accuse che fin troppo velocemente si ritroverebbe a dover respingere, da innocente.

Infatti, la scena che le si presenta sotto gli occhi è quella di un uomo morto stecchito; ma non è mica morto per esser caduto dalle scale o per infarto, no! Sul suo corpo sono palesi e inequivocabili i segni di avvelenamento da una sostanza che Mara conosce molto, troppo bene, in quanto è lo stesso veleno con cui ella ha quasi ucciso le tre persone che amava di più.

Pur sapendo, oltre ogni ragionevole dubbio, di non aver ucciso lei questo Pirozzi, Mara sa anche che la presenza di quel maledetto veleno fa di lei la sospettata numero uno, anzi la sospettata perfetta.
Tredici anni prima è stata condannata per aver usato quella sostanza tossica sui suoi cari e, anche se ha scontato la propria condanna, chi crederebbe che quella morte nel palazzo - in cui è stata adoperata la stessa "arma" - non sia opera sua?
Nessuno sarebbe disposto a crederle; né Luca, né i loro figli, né l'assistente sociale che la segue, né la psichiatra che l'ha avuta in cura né tanto meno la polizia o l'opinione pubblica.

Mara/Mariele sarebbe additata come la sola ed unica colpevole.

Ma "...per quanto da anni non facesse che punirsi e impedirsi di dimenticare le cose orribili che aveva fatto, non poteva accettare una colpa non sua. Le sue colpe le andavano benissimo, le aveva coltivate e nutrite amorevolmente per tredici anni, ma quella no."

Mara non è intenzionata a rassegnarsi a un destino che qualcuno - colui o coloro che hanno ucciso Pirozzi - sembra voler scrivere su di lei, per farle cadere addosso colpe che non ha, così decide di fuggire e cercare di capire chi e perché vuole incolparla e incastrarla in un omicidio che non ha commesso.

La fuga di Mara coinvolgerà man mano le sue amiche, conosciute alla Rems: la determinata e combattiva Moira, l'imprevedibile ed eccentrica Fiamma, l'impulsiva Maria Grazia, la dolce Beatrice, più alcuni personaggi maschili che si ritroveranno a fare "da spalla".

La narrazione delle vivaci e movimentate vicende del presente (ottobre 2024) sono interrotte da numerosi flashback che ci riportano indietro in diversi momenti e situazioni, riguardanti sia Mara (il giorno in cui ha quasi ammazzato la famiglia, il periodo nella struttura, ecc...), sia le sue amiche, di cui ci viene raccontata brevemente ma con chiarezza la malattia e il perché erano finite anch'esse alla Rems.

Ognuna della cinque donne ha il proprio particolare disturbo, che ne determina il comportamento, accentuandone le bizzarrie e le insicurezze; la loro malattia è la loro più grande debolezza e, al contempo, il motore che, eliminando ogni freno inibitorio, le induce a infilarsi in questa rocambolesca fuga assieme all'amica Mara, a viverla a 360°, in nome di quell'affetto tra sorelle accomunate non dallo stesso sangue ma da problemi e sbagli molto simili. 

"Noi siamo quattro donne instabili, un’assassina, un’avvelenatrice, una manipolatrice e la quarta parla con i morti."

Se Moira aiuta Mara a scappare di qua e di là per non farsi prendere dalla polizia e dai veri assassini, Fiamma trova un riparo temporaneo per tutte loro; Beatrice le raggiunge per dare il proprio contributo dolce e ingenuo, mentre Maria Grazia agisce in modo incisivo restando quasi nell'ombra.

E nell'ombra, intanto, a monitorare la fuga della disperata Mara - disposta a convivere con la propria reale colpa, con l'odio legittimo dei suoi cari, a passare la vita a pagare le proprie scelleratezze, tanto da essersi costruita di proposito una Torre per tormentarsi fino all'ultimo dei suoi giorni, ma assolutamente non disposta a vedersi accusata di qualcosa che non ha fatto - ci sono diverse persone, attente a seguirla passo passo, chi con nobili e chi con cattive intenzioni.

Man mano che le cinque folli ma fedeli amiche scappano, i problemi aumentano e così le probabilità che a Mara vengano addossate responsabilità criminali che non ha.

Per trovare il modo di discolparsi, Mara/Mariele deve individuare i veri colpevoli, che le sono alle calcagna e, una volta che le saranno di fronte, adottare la strategia più giusta per affrontarli.


"...diventa tutte loro!
imponiti come Moira
menti come Fiamma
agisci d’impulso come Maria Grazia
distaccati dalla realtà come Beatrice
impazzisci in quattro modi diversi
no, in cinque
richiama Mariele".


"La torre d'avorio" mi ha sorpresa positivamente, tanto da inserirlo tra i dieci libri più belli del 2024.
Appassionante, dinamico, con una trama originale e intrigante, che regala momenti leggeri, ironici, senza però mai dimenticare che quegli atteggiamenti dei personaggi femminili principali, che potrebbero farci sorridere in quanto sopra le righe, sono comunque frutto di disturbi psichiatrici, che hanno creato e creano sofferenze, disagi, stigma sociale, isolamento, sensi di colpa, solitudine, problemi con i famigliari.

Le storie delle cinque donne sono drammatiche, certo, ma il lettore non ne è sopraffatto emotivamente, non ne è appesantito, perché ciò che vede davanti a sé sono cinque amiche che, fronte contro fronte, si sostengono, bisticciano anche, ma alla fine si vogliono bene e sono pronte a mantener fede a quel legame che le tiene reciprocamente strette.

Più si procede nella lettura, più elementi si acquisiscono su Mara e le altre, più si vuol andare avanti, per scoprire chi ci sia dietro questa diabolica ragnatela volta a intrappolare Mara.

Un romanzo avvincente, esilarante, che per certi versi mi ha ricordato il film di Virzì La pazza gioia; non posso che consigliarvene la lettura: verrete travolti in un'avventura con personaggi che non dimenticherete facilmente.

lunedì 6 gennaio 2025

RECENSIONE - ELEGIA AMERICANA di J.D. Vance



L'autobiografia genuina e onesta del senatore e attualmente vice-presidente degli USA: la sua infanzia, la sua famiglia, l'educazione e i valori ricevuti, la formazione culturale, sociale e accademica, arricchita da un ritratto accurato e realistico del contesto politico e socio-economico relativo alla zona in cui egli è nato e cresciuto (Middletown, Ohio).



ELEGIA AMERICANA
di J.D. Vance



Garzanti
trad. R. Merlini
272 pp
"Quanta parte della nostra vita, buona o cattiva che sia, dovremmo attribuire alle nostre decisioni personali e quanta parte è solo il retaggio della nostra cultura, delle nostre famiglie e di genitori che hanno tradito i loro figli?"

James David "J.D." Vance è cresciuto in una povera città della Rust Belt, in una famiglia che definire vivace è un eufemismo.

I suoi amatissimi nonni erano poveri e innamorati quando emigrarono giovanissimi dalle regioni dei monti Appalachi verso l’Ohio nella speranza di una vita migliore. 

Il famoso "sogno americano", avete presente?

Ma tra sogno e realtà c'è spesso (sempre?) un abisso e le speranze di costruirsi un'esistenza di benessere e riscatto sociale viene solo sfiorato, perché la realtà in cui si ritrovano a vivere essi, e i figli i nipoti dopo di loro, è dura, complicata e tanto difficile.

Leggendo questo memoir veniamo trascinati in un contesto sociale e famigliare disfunzionale, disagiato, in cui fanno da padrone problemi gravi come la miseria, la violenza domestica, le discriminazioni, le dipendenze, e i traumi che ti segneranno a vita sono all'ordine del giorno.

Basta dire che la madre ha avuto sin da giovane problemi di tossicodipendenza, ha portato in casa una serie di compagni pigri e nullafacenti, che si sono susseguiti uno dopo l’altro caratterizzando l'infanzia dei figli Lindsay e James in termini di precarietà e instabilità emotiva e psicologica, oltre che finanziaria.

E con i vicini di casa non andava necessariamente meglio, visto che tanti di essi erano alcolisti impegnati unicamente a cercare di sopravvivere attraverso i sussidi, per poi passare il tempo a lamentarsi del governo per la disoccupazione dilagante e  per le scarsissime (se non nulle) opportunità scolastiche e lavorative offerte in quella parte di mondo miserabile.

Un disastro, insomma.
Eppure quella che J.D. Vance racconta senza applicare sconti ma, allo stesso tempo, con un amorevole orgoglio di appartenenza, è una storia non solo personale e famigliare, ma di un Paese intero, di quel proletariato bianco degli Stati Uniti che nelle recenti elezioni presidenziali ha espresso la sua frustrazione portando alla vittoria Donald Trump.

In Elegia americana il politico celebra un’America silenziosa popolata da famiglie e individui dimenticati (i "bianchi poveri") e dà voce. attraverso il racconto vivace e piacevole della propria storia personale, a questa classe operaia scontenta, frustrata, piena di difficoltà quotidiane per sbarcare il lunario, arrabbiata.

Le memorie personali sono mescolate all'analisi critica sociologica, economica e politica, e Vance approfondisce temi riguardanti povertà, dinamiche familiari complesse, dipendenze e disintegrazione delle comunità nell'America rurale; in questo modo il lettore è portato a riflettere insieme a lui sui valori della cultura in cui egli è cresciuto - lealtà, resilienza, orgoglio, forte senso di appartenenza alle proprie radici, amore per la famiglia, l'importanza di non adagiarsi rassegnati nel clima di incertezza e frustrazione che ci circonda, ma di investire su se stessi e sulle proprie capacità... - ma anche sui tanti e profondi meccanismi distruttivi di disfunzione e declino sociale che hanno colpito molte persone in quell'area.

J.D. non manca mai di sottolineare il ruolo fondamentale della sorella Lindsay (responsabile, equilibrata, premurosa, un pezzo insostituibile della sua vita) e dei nonni, in primis della nonna materna, un pilastro, una roccia, la vera madre che lo ha allevato e ha fortemente contribuito a renderlo l'uomo che è. E lui è un povero, nato e cresciuto in un ambiente che nulla di buono aveva da offrire, che invece ce l'ha fatta. Il sogno americano è stato per lui una realtà concreta.


Ammetto di aver scelto questo libro "a scatola chiusa": non mi sono minimamente preoccupata di sapere chi fosse l'autore ma l'ho iniziato volutamente senza cercare info prima, spinta dal titolo.
Quando mi sono resa conto che a narrare è uno che lavora nel governo Trump stavo per mollarlo ma poi ho deciso di godermi il libro pensando solo a ciò che è: l'autobiografia di uno sconosciuto, tra l'altro esposta con una prosa efficace, brillante, ironica, mai patetica e sorprendentemente piacevole.
Ho proseguito mettendo da parte eventuali pregiudizi (di natura politica) e mi sento di aver fatto bene, perché il libro mi è piaciuto e mi sentirei anche di consigliarlo.

(N.B.: libro terminato nel 2024)



sabato 4 gennaio 2025

LIBRI LETTI NEL 2024 - TOP TEN

 


Ed eccomi con il post in cui tiro le somme del mio 2024 in merito alle letture affrontate.


NARRATIVA CONTEMPORANEA


Ho letto un totale di 36 libri appartenenti genericamente alla narrativa contemporanea.



GIALLO/THRILLER/NOIR

Totale: 21 libri.

Oltre ai titoli che troverete in top ten, aggiungo LA CENA di M. Österdahl e STELLA DI MARE di Pulixi.



FANTASY


Totale: 7 libri.

In questo genere, sicuramente le mie preferenze vanno ai primi due volumi della saga Blackwater di M. McDowell (La piena, La diga), al terzo libro della saga Outlander della Gabaldon (Il ritorno), ma soprattutto al distopico L'unità di N. Holmqvist.


Totale libri appartenenti ad altri generi (romance, saggistica, narrativa per l'infanzia, poesia, biografia/memoir...): 25.


Da gennaio a dicembre 89 libri mi hanno fatto compagnia, cui si aggiungono diversi testi di letteratura cristiana (studi, saggistica) letti con mio marito. 



Ho letto 54 libri in formato digitale.
Ho ascoltato 22 audiolibri.
Ho letto 14 libri in formato cartaceo.


TOP TEN 2024


1. CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI di V. Perrin 
2. LA TORRE D' AVORIO di P. Barbato
3. X (V. Mira)
4. IL MANOSCRITTO (F. Thilliez)
5.UN ANIMALE SELVAGGIO (J. Dicker)
6. L'UNITÀ (N. Holmqvist)
7. PER UN'ORA D'AMORE di P. Pulixi
8. LO SCIAMANO di S. Esposito
9. NINFA DORMIENTE di I. Tuti



SERIE TV

1. OUTLANDER (st. 7)
2. THE  8 SHOW
3. THE FIVE
4. THE GLORY
5. PYRAMID GAME

giovedì 2 gennaio 2025

LE LETTURE DI DICEMBRE 2024



Lettori carissimi, buon 2025!!

Vi auguro un anno ricco di sogni realizzati e nuovi entusiasmanti traguardi da raggiungere... e ovviamente auguro a me e a voi di godere di letture belle e indimenticabili *_*




Ma ciancio alle bande!

Eccomi con il recap del mese di dicembre; seguirà poi il post con il riassunto del mio 2024 libroso e la top ten delle mie letture più belle.
E poi devo scrivere e pubblicare le mie recensioni degli ultimi tre libri terminati l'anno scorso: La torre d'avorio, Elegia americana e La cena.


  1. LA TORRE D'AVORIO di P. Barbato: un giallo particolare e appassionante, che ruota attorno alle avventure di cinque donne accomunate da disturbi mentali più o meno gravi. Esilarante (5/5). SE HAI VISTO E AMATO "LA PAZZA GIOIA", LEGGILO! In realtà, leggilo ugualmente :-D
  2. ELEGIA AMERICANA di J.D. Vance: l'autobiografia genuina e onesta del senatore e attualmente vice-presidente degli USA - la sua infanzia, la sua famiglia, la sua formazione culturale, sociale, con annessa analisi socio-economica della zona in cui è nato e cresciuto (Middletown, Ohio). Più interessante di quanto mi aspettassi (4/5). SE HAI VOGLIA DI LEGGERE STORIE DI VITA VISSUTA, RACCONTATE CON REALISMO E IRONIA.
  3. LA CENA di M. Österdahl: domestic thriller ambientato a Capodanno in Svezia, in casa di una coppia che accoglie per cena i consuoceri. Non andrà benissimo (4/5). PER CHI DESIDERA UN THRILLER PSICOLOGICO IN CUI LA TENSIONE SALE AD OGNI PORTATA.
  4. PER UN'ORA D'AMORE di P. Pulixi: noir ambientato a Milano ma con un caso da risolvere che viene dalla Sardegna; a indagare il brillante Vito Strega con il suo team (4,5/5). SE CONOSCI GIA' STREGA-CROCE-RAIS, NON TE LO PERDERE.
  5. CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI di V. Perrin: narrativa francese - un romanzo ricco di appassionanti storie intrecciate, in cui la vita e l'amore superano il dolore, il tempo che passa e la paura della morte (5/5). EMOZIONANTE.


READING CHALLENGE

Ho scelto l'obiettivo della graphic novel con 

6. CARAVAGGIO di M. Manara: graphic novel sul celeberrimo e talentuoso artista rinascimentale. Accuratissima e con disegni molto belli e realistici (4,5/5). 


Sul fronte serie tv e e film, ho iniziato soltanto Cruel summer e ho finito di vedere L'Amica geniale - Storia della bambina perduta.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
Utilizzando questo sito si accettano e si autorizzano i cookies necessari+InfoOK