lunedì 16 maggio 2022

RECENSIONE: ** RANDAGI di Marco Amerighi **



Riservato, poco socievole e con mille paure addosso, Pietro Benati - figlio, nipote e fratello minore di uomini decisamente più in gamba di lui -, si sente inetto, inadeguato, fuori posto in mezzo alla gente e ovunque.
La tentazione di restarsene da solo e chiuso in casa è forte, eppure anche per uno come lui arriva il momento di lasciarsi alle spalle la tranquillità sonnacchiosa e apatica di casa, per imboccare nuove strade e trovare il proprio posticino nel mondo.


RANDAGI
di Marco Amerighi


Ed. Bollati Boringhieri
400 pp
Sarà vero che sulla nostra famiglia pende una maledizione?, si chiede il giovane Pietro.
Sua madre Tiziana così gli ha sempre detto:

"...tutti i maschi della sua famiglia, prima o poi, tagliavano la corda; solo che lui non riusciva a farsene una ragione. Possibile che nel loro sangue si tramandasse un gene che li obbligava a dileguarsi? E perché una volta tornati a casa (se avevano fortuna), non spiegavano dov’erano stati in quella parentesi di un mese o un anno? Dove avevano dormito? Con chi? Non gli erano mancati i loro cari – non gli era mancato lui?"

Accadde a nonno Furio, il il 25 aprile del 1936, quando combatteva in Etiopia, che però poi a casa ci è tornato comunque.
E, come da maledetta tradizione, a quasi cinquant’anni di distanza dalla prima sparizione, nel febbraio del 1988 succede pure al papà di Pietro, lo scommettitore incallito Berto, che dopo un mese di assenza da casa ritorna con il mignolo destro mozzato (da qui il soprannome, che gli resterà a vita: "il Mutilo").

Ma se né il nonno soldato ed eroe di guerra né quel padre sì scaltro e carismatico ma anche imbroglione ed invischiato in affari truffaldini, possono essere assurti come esempi di vita, ad essere il faro del giovane Benati è il suo fratello maggiore: Tommaso, detto T.

".... E forse era proprio quel qualcosa che negli anni dell’adolescenza si era sfogato su Pietro e l’aveva infiacchito in una postura intimidita e riservata, le mani in tasca e gli occhi bassi, come se andasse per il mondo gravato da chissà quale colpa imperdonabile. L’unica àncora della sua vita era T."

Tommaso è ciò che lui non sarà mai: è perfetto (bello, affascinante, simpatico, intelligente, spiritoso), tutti i talenti possibili ce li ha lui ed eccelle in tutto - lo sport, lo studio, le ragazze.
Però non se la tira ed è un bravo fratello, ed è anche colui che lo sprona costantemente ad uscire dal proprio guscio, a coltivare un interesse, a darsi da fare e a non mettere radici in cameretta giocando ai videogames.

E mentre dalla sua casa a Pisa, affacciata sulla Torre pendente, si chiede se capiterà anche a lui di scomparire nonostante sia un giovanotto privo di qualità, Pietro prova ad inseguire un sogno: ama suonare la chitarra e vorrebbe sfondare nel mondo della musica; per tale ragione, si è affidato ad un manager che, nonostante lo accusi di avere tratti da capra autistica, dice di credere nelle sue capacità di bravo chitarrista e di lavorare per trovargli buoni contratti.
Cosa che, però, non accade e infatti il disincantato Pietro dovrà darsi una mossa;  quando uno scandalo travolge la famiglia (a causa di affari illegali commessi dal Mutilo, che viene arrestato) e Tommaso lascia l'Italia per andare negli States, Pietro si convince che il suo turno sia ormai giunto.

Incoraggiato da T. e grazie all'Erasmus, si trasferisce a Madrid ma, benché ci metta tanto impegno, gli sembra sempre di essere fermo, in un'eterna situazione di stallo, di immobilità.

"...rifiutare l’elaborazione, restare uguali a se stessi, chiudersi a riccio in una bolla incorruttibile. Magari era quello il suo vero talento, lo scopo della sua esistenza. Piantare i piedi."

La sua maledizione non era sparire ma essere nato difettoso ("un difetto sottopelle e invisibile che, invece di aiutarlo a distinguersi, lo avrebbe condannato a una vita di mortificazioni"), come se dentro di lui si nascondesse qualcosa che non girava nel verso giusto.

Una volta fuori dal nido famigliare, lontano da quel padre truffatore e da una madre ansiosa ed apprensiva al limite dell'ipocondria, Pietro prova a dare una direzione alla sua vita, che però sembra proseguire come un incomprensibile avvicendarsi di fallimenti e delusioni. 

Fino a quando nelle sue giornate prive di scossoni irrompono due coetanei che sono caratterialmente il suo opposto: Laurent, un giovane francese più indeciso di lui su tutto e che diventa anche il suo coinquilino, e la complicata e sarcastica Dora, appassionata di film horror, della quale s’innamora. 

La sua vita a Madrid prosegue ma il legame che lo unisce all'adorato fratello resta integro e i due si tengono in contatto tramite email, in cui Tommaso gli racconta le proprie mille (dis)avventure, gli amori, e anche se non mancano i battibecchi a distanza, il rapporto fraterno resterà sempre un porto sicuro.

I due amici di Pietro sono creature randagie, raminghe e confuse come, se non più, di lui: Laurent è un bisessuale che non osa confessarlo ai suoi e che, invece di studiare all'Università (come racconta, mentendo, ai genitori), fa il gigolò, accompagnandosi a signore stagionate e "rallegrando" le nottate con alcol e droghe sintetiche. Però si rivelerà un amico fedele e presente per Pietro, quando questi ne avrà bisogno.

Dal canto suo, Dora è incasinata, imprevedibile, con una vita disordinata, un rapporto conflittuale con la madre, il dolore, mai superato, per quel padre morto suicida quando lei era una bambina, le relazioni sentimentali sbagliate. Ma malgrado sembri una squinternata sempre sull'orlo di un crollo emotivo, Dora osserva con attenzione il giovane Benati e sembra capirlo come forse solo T. è in grado di fare:

"Pietro, il bravo ragazzo che non dice mai nulla di sconveniente... come potresti? Non sei sincero, non ti fidi di nessuno, deleghi agli altri qualunque decisione sulla tua vita. Non c’è niente che ti tenga sveglio a parte le tue paure. Esiste solo quello che devi fare perché è quello che gli altri si aspettano che tu faccia"

...gli dice con schiettezza la ragazza, dandone un ritratto forse poco lusinghiero ma, ahilui, reale.

In compagnia di questi amici strampalati e un po' matti, senza freni e regole cui sottostare, finalmente Pietro si accende e qualcosa in lui comincia a cambiare, ad evolvere.

Dopotutto, proveniva pur sempre da una famiglia molto singolare, abituata a perdere pezzi sotto le mille tempeste della vita: eppure c'era in questi maschi Benati un che di prodigioso, di meravigliosamente ostinato che impediva loro di sgretolarsi e perdersi definitivamente.

I tre amici appartengono ad una generazione di randagi, di spaesati, privati di punti di riferimento, che si fiutano come i cani, si riconoscono e capiscono di non essere soli ma che, anzi, insieme possono unire le forze perché il comune unico punto ferma diventa il loro legame d'amicizia.

A ricordarci come la Storia stessa, nel suo svolgersi, inevitabilmente contribuisca a scombinare le esistenze dei singoli (oltre che delle collettività), ci pensano tre episodi emblematici (il G8 di Genova, gli attentati terroristici a Madrid del 2004 e  la rivoluzione studentesca del 2007/2008, nota come "onda universitaria"), che si inseriscono nella storia personale di Pietro e fanno da spartiacque non solo nella sua vita ma, in generale, in quelle dei ragazzi di quella generazione, con le loro illusioni infrante e la necessità di lottare per delle cause importanti.

A un certo punto, nel suo percorso esistenziale già di per sé sempre in salita, Pietro prenderà una bella botta, che lo butterà giù, inducendolo a pensare che l'unica cosa che gli resti sia gettare la spugna, ancorarsi al suo dolore e scomparire nel mare profondo della solitudine, lasciandosi trascinare dalla corrente.

Il protagonista è un po' l'emblema di tanti ragazzi che, per varie ragioni, si vedono quasi costretti a lasciare il proprio paese e la famiglia, per iniziare un cammino di crescita personale, per poi, non di rado, tornare da dove sono partiti.

"Randagi" è un romanzo di formazione, generazionale, che affronta temi a noi contemporanei e che ha al centro questa gioventù fragile, tradita, delusa, sradicata dal mondo, ma anche coraggiosa e per nulla disposta a dirsi sconfitta.

Nel complesso, fatta eccezione per alcuni passaggi che ho trovato meno coinvolgenti e in cui il mio livello di attenzione è un po' calato, di questo romanzo ho apprezzato la ricchezza, tanto della trama  in sé quanto dei personaggi.
Questi ultimi sono vivaci e particolari, sopra le righe, pieni di fragilità e problemi (il che fa sì che il lettore provi per essi molta simpatia) e agiscono all'interno di una struttura narrativa elaborata, dalle molte sfumature -  drammatica e comica, ironica e surreale - e che ci restituisce tutta la complessità di un'intera generazione.

Un candidato Strega interessante.


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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