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venerdì 14 ottobre 2016

Imparare leggendo "La strada nell'ombra": Nellie Bly e Jacob Riis



Sto leggendo, in questi giorni, l'ultimo romanzo di Jennifer Donnelly, LA STRADA NELL'OMBRA e procede con molta scorrevolezza.

Sin dalle primissime battute, la giovanissima protagonista, Jo Montfort, di soli diciassette anni, rivela un temperamento battagliero e un animo sensibile nei confronti delle persone meno fortunate di lei (che appartiene ad un'elevata classe sociale).
Esprime quindi il suo dissenso per le ingiustizie subite dalle donne lavoratrici, sfruttate e sottoposte ad orari e condizioni di lavoro massacranti, attraverso la parola scritta, pubblicando articoli di denuncia.

Chi sono i suoi modelli, in questo senso?
Due persone realmente esistite e che, ai loro tempi, hanno dato un notevole contributo alla società per la battaglia contro le ingiustizie verso categorie di persone più deboli: Nellie Bly e Jacob Riis.


NELLIE BLY


Elizabeth Jane Cochran, soprannominata "Pink"(1864 – 1922), è stata una giornalista statunitense, ma anche scrittrice, industriale, inventrice.
La si ricorda anche perchè fece il giro del mondo in 72 giorni, ma a noi interessa elogiarla per le sue doti di giornalista investigativa, creatrice del genere di giornalismo sotto copertura. 
Nelly Bly era il suo pseudonimo giornalistico.

La prima persona che si accorse della penna arguta e pungente di Elizabeth fu il direttore del «Pittsburgh Dispatch», George Madden, che la conobbe nel 1885, quando al suo giornale giunse una fiumana di lettere di protesta in seguito alla pubblicazione di un articolo (A cosa servono le ragazze, di Erasmus Wilson, che scrisse come, secondo lui, le donne dovessero limitarsi a stare a casa, cucinare e crescere i bambini ed evitare di andare a lavorare); tra quelle lettere ce n'era anche una della giovane 21enne Elizabeth, che fu assunta seduta stante da Madden.
Per poter scrivere senza creare inutili scandali, la donna scelse di firmare i propri articoli con il nome fittizio di Nellie Bly.
 
Nei suoi articoli la ragazza parlava di lavoratrici sfruttate, lavoro minorile, salari e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. 
Quando lo stato della Pennsylvania volle modificare le leggi sul matrimonio e sul divorzio, limitando ancora di più la libertà delle donne, Nellie decise di intervistare donne che avevano divorziato. 

Le opposizioni iniziano ad arrivare e il direttore è costretto, per evitare di chiudere per mancanza di
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aiuti finanziari, a relegare la giornalista alle pagine di giardinaggio e di moda.

Ma Nellie non demorde e riesce a farsi mandare in Messico, dove, tra il 1886 e il 1887, racconta storie di povertà e di corruzione del paese.
Il governo messicano la espelle...

Si trasferisce a New York e lì diventa famosissima come pioniera del giornalismo investigativo, in particolare grazie ad un'importantissima inchiesta sugli istituti psichiatrici. 
Per entrarvi e fare al meglio il proprio lavoro, Nellie si finge mentalmente disturbata e resta ricoverata per una decina di giorni nel manicomio femminile di Blackwell’s Island. 

In Dieci giorni in Manicomio racconta di come le donne internate subissero soprusi e violenze, di come fossero malnutrite e di come la maggior parte delle pazienti avesse dei lievi problemi fisici mentre altre erano state addirittura internate per volontà dei familiari. 

L’inchiesta causa un tale clamore da avere come conseguenza la riforma degli istituti di cura mentale nello stato di New York.
Ma Nellie non si ferma: verrà arrestata per aver reso note le condizioni delle detenute nelle prigioni e quelle delle donne che lavorano nelle fabbriche o come domestiche e serve; nel 1894 a Chicago è l’unica reporter che racconta lo sciopero delle Pullman Railroads dalla prospettiva dei lavoratori. 

Il successo maggiore arriva nel 1889 quando Nellie, dopo aver letto il Giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne, suggerisce a Pulitzer di finanziarle il giro del mondo.
Così il 14 novembre 1899 Nellie Bly lascia New York e viaggia via nave, treno e a dorso d’asino. Torna a casa il 25 gennaio 1890 alle 15:51 e ad attenderla c'erano migliaia di persone.

Nel 1914, Nellie è inviata di guerra sul fronte austriaco e racconta la vita dei soldati.
Muore nel 1922 per una polmonite, a soli 57 anni.

Ho letto che recentemente il libro della Bly sulla sua esperienza in manicomio è diventato un film: 10 Days in a Madhouse (2015) diretto da Timothy Hines e con Caroline Barry,Christopher Lambert, Kelly LeBrock, Julia Chantrey, David Mitchum Brown e Alexandra Callas.







JACOB RIIS

riis
Jacob August Riis (1849 - 1914) è stato un riformatore sociale danese-americano, giornalista di servizi di documentazione sociale e fotografo.

E' apprezzato soprattutto perchè i suoi servizi giornalistici e le sue fotografie erano finalizzate ad aiutare i poveri di New York, mostrando le tristi e disagiate condizioni di vita in cui versavano (slum).
Ha approvato l'attuazione del "modello case popolari " di New York e ha cercato di dare il proprio contributo ai diseredati richiamando l'attenzione delle classi medie e superiori.

Riis si sentiva vicino ai poveri perchè lui stesso aveva sofferto la povertà, essendo stato un immigrato, e quando cominciò a lavorare come cronista, subito denunciò la miseria in cui erano costretti a vivere gli abitanti del Lower East Side di New York, soprattutto a motivo delle vergognose speculazioni edilizie e della corruzione politica.

Consapevole però che non bastava scrivere per denunciare e cambiare le cose, decise di darsi alla fotografia per muovere l'opinione pubblica e obbligare i politici a cercare soluzioni concrete a questo problema.

Il suo libro più celebre, citato anche nel romanzo della Donnelly, è How the Other Half Lives (Come vive l'altra metà della città), cui seguì The Children of the Poor (I figli dei poveri).

Riis fece della fotografia uno strumento di denuncia e rivoluzione.

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Siti consultati:
  • Wikipedia
  • http://www.fotographiaonline.com/
  • www.catpress.com/
  • http://www.enciclopediadelledonne.it/

sabato 17 settembre 2016

Viaggiare leggendo dietro le pagine di L'ISOLA DI HELENA di L. Riley



Uno degli ultimi romanzi recensiti sul blog è IL SEGRETO DI HELENA di Lucinda Riley, ambientato nell'esotica e affascinante isola di Cipro.
In questo post daremo una sbirciatina a ciò che ha ispirato l'Autrice nella stesura del romanzo e all'ambientazione scelta.


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Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerchine che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?
".



Lucinda spiega, nella pagina finale dedicata ai ringraziamenti, che l'idea di scrivere questo libro è nata in seguito ad un viaggio-vacanza che fece proprio a Cipro con la sua famiglia.
Alloggiavano in una bellissima villa molto antica appena fuori Kathikas, località in cui è ambientato Il segreto di Helena. All’epoca i suoi cinque figli avevano età vicine a quelle dei ragazzi che compaiono nel romanzo, e anche i Riley avevano degli amici in visita nella villa, in quei giorni.
Anche se gran parte della trama e dei personaggi sono ovviamente frutto della fantasia, questo libro, più dei precedenti, contiene tanti riferimenti autobiografici, essendo la Riley madre, matrigna, moglie ed esperta ballerina…
Lucinda iniziò a scrivere quando era ancora in vacanza, per poi mettere il libro da parte, fino al giorno in cui (l'anno scorso) l'ha ritrovato svuotando il cassetto della scrivania.
E' passato un po' di tempo da quella vacanza a Cipro, nel frattempo i figli sono cresciuti e avevano ormai dieci anni di più rispetto ad allora, ma l'Autrice ha trovato interessante rileggere le descrizioni che ne aveva fatto quando erano più piccoli.
In un certo senso era una specie di diario della loro infanzia, perciò decise che era arrivato il momento di finire il libro.
A differenza di romanzi precedenti, in cui i flashback fanno decisamente lunghi salti temporali (anche di un secolo), qui si tratta di mesi o al massimo di venti anni; la storia è ambientata in una sola casa, con pochi personaggi.
Ha imparato molte cose scrivendo questo libro.




Come già detto, la storia si svolge essenzialmente (fatta eccezione per alcune scene del presente spostate in Inghilterra e per quelle del passato collocate a Vienna) a Cipro, un po' in villa un po' in giro per i dintorni.


sabato 20 agosto 2016

Dietro le pagine di "Misery" (S. King)



Cosa e chi ha ispirato la creazione dell'inquietante ma indimenticabile personaggio  Annie Wilkes, l'infermiera pazza che - ne romanzo "Misery", nato dalla penna di Stephen King - ha torturato come meglio ha potuto il povero scrittore Paul Sheldon, reo di aver deciso di far morire l'eroina dei propri romanzi tanto amata dalla pericolosa Annie?

In questo breve articolo, vedremo insieme sia l'idea che ha guidato King nella genesi del libro sia la donna, realmente esistita, che c'è dietro la Annie Wilkes del film.


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Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerchine che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?
".



Sul sito dedicato all'Autore, leggiamo che l'ispirazione per Misery è venuta da un racconto di Evelyn Waugh chiamato "L'uomo che amava Dickens", cui ha cominciato a pensare improvvisamente mentre era su un volo New York-Londra; il racconto di Waugh riguarda un uomo che partecipa ad una spedizione in Sud America, si perde nella foresta amazzonica ma viene salvato da un uomo che ama a tal punto le storie di Charles Dickens da obbligare il proprio ospite-prigioniero a leggergliele ad alta voce...
King si chiese cosa sarebbe accaduto se Dickens stesso fosse stato tenuto prigioniero...


genene a. jones
Pare che Stephen King non abbia mai dichiarato che la sua Annie si ispirasse a una persona "in carne ed ossa), ma il regista del film "Misery non deve morire" - Rob Reinier - e l'attrice Kathy Bates (che interpreta l'infermiera ossessionata da Sheldon) si siano invece rifatti a casi reali di serial killer per dare spessore al personaggio.

La Bates in particolare ha affermato di aver fatto un sacco di ricerche in tal senso per entrare al meglio nel proprio ruolo; ha studiato soprattutto il caso di Genene Jones, nota con il tristissimo appellativo di "infermiera della morte".

Genene Ann Jones (1951) ha lavorato per anni come infermiera pediatrica in Texas ed è stata dichiarata colpevole per aver iniettato intenzionalmente a dei poveri bambini dosi letali di farmaci pericolosi, con l'obiettivo perverso e criminale di indurre un'emergenza medica, e quindi raccogliere elogi per i propri sforzi "eroici" nei tentativi di salvare i bambini da lei stessa messi in pericolo.

Questa serial killer, che sta attualmente ancora scontando la propria pena in carcere (fu condannata a 99 anni nel 1984), nel 2018 verrà quasi sicuramente rilasciata per buona condotta, secondo la legge dello stato del Texas, per la quale qualsiasi detenuto con una "buona condotta" gode di una riduzione obbligatoria della pena.
Anche se in carcere vi è andata per l'omicidio di un bambino e il ferimento di un altro, il procuratore Ron Sutton crede che Jones sia responsabile di un numero ben maggiore di morti infantili sospette (almeno tra 11 e 46 morti, in un periodo che va dal 1978 e al 1982).

La madre della bambina di 15 mesi (Chelsea McClellan) morta per mano della folle infermiera e altri genitori/cittadini interessati al caso sperano che la Jones venga processata per altri casi in cui è molto probabilmente coinvolta così da restare dietro le sbarre.


Dragon Lady - Angel of Death
 Dal canto suo, nonostante alcune analogie ravvisabili tra la Wilkes e la Jones, King ha sempre affermato che la sua infermiera altro non era che una personificazione della propria dipendenza da droga e alcol.
Certo, gli anni in cui il caso dell'infermiera della morte balzò alle cronache (anni '80) coincide con quello in cui King scrisse il suo Misery (1987), e non è troppo fantasioso pensare che in qualche modo, nel tracciare la personalità della sua Annie Wilkes, il Re dell'horror si sia fatto un po' "influenzare" dalla cronaca nera.


LINK CONSULTATI:

 Sito italiano in cui potete leggere  il profilo della serial killer e la storia dei suoi crimini.
  • http://www.serialkillers.it/jones.htm
In inglese:
  • https://litreactor.com/news/nurse-that-inspired-stephen-kings-misery-set-for-early-release
  • http://stephenking.com/library/novel/misery_inspiration.html
  • http://www.newsmax.com/US/misery-nurse-early-release/2013/08/13/id/520188/

sabato 9 luglio 2016

Dietro le pagine di "La casa per bambini speciali di Miss Peregrine" di Ransom Riggs



Se c'è un elemento che rende assolutamente accattivante la storia fantasy narrata da Ransom Riggs in "La casa per bambini speciali di Miss Peregrine" è l'introduzione, sin dalle prime pagine, delle fotografie in bianco e nero, che ritraggono soggetti bizzarri e, in un certo qual modo, anche un tantino inquietanti.

Ed infatti la domanda che preme a noi lettori è fondamentalmente questa: come è nata l'idea di costruire un romanzo intorno a queste fotografie trovate?


Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerchine che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?".


fonte
Quest'idea base del romanzo è frutto della personale passione dell'Autore per le foto "vecchie" scoperte durante gli anni, anzi sin da ragazzino quando visitava assieme alla nonna i mercatini di cose usate.

La collezione di fotografie di Ransom comprendeva essenzialmente due categorie: le foto leggermente raccapriccianti che gli ricordavano le illustrazioni di Edward Gorey, e foto con didascalie interessanti. 
Ma l'Autore ha cominciato a collezionare seriamente pochi anni fa (nel 2009), visitando i mercatini delle pulci e i grandi raduni di scambio di Los Angeles, nonché i negozi di articoli fotografici d'epoca. 
Si incantava a guardare le foto che avevano didascalie interessanti scritte davanti o dietro (nel parla nel libro Talking Pictures), foto di cose inspiegabili e strane (presenti appunto nel romanzo Miss Peregrine's Home for Peculiar Children), foto di paesaggi e scene d'azione aventi una certa qualità cinematografica, e foto di persone molto, molto interessanti per determinate caratteristiche. 

Un giorno si decise a portare le foto "particolari" al suo editore e gli ha chiesto cosa ne pensasse.
Inizialmente non era sicuro se si sarebbe dedicato ad un libro di racconti o poesie ma di certo non era sua intenzione scrivere un romanzo.
L'idea iniziale del signor Riggs, infatti, era quella di fare un libro di foto su Halloween, accompagnate da rime baciate, salvo poi accettare il suggerimento del suo editore di scrivere un romanzo basandosi su queste foto strane.
Idea che entusiasmò Riggs, convinto com'era che certe foto risultavano talmente espressive che sembravano voler dire tante cose e anche meglio di quanto le parole stesse siano spesso  in grado di fare.

Ma la sua personale collezione era fin tropo modesta, c'era bisogno di molte altre foto tra cui scegliere durante la scrittura, così ha iniziato a contattare e incontrare altri collezionisti, tutte persone con collezioni belle e ben curate, molti dei quali gli hanno gentilmente permesso di spulciare le loro foto da usare poi nei suoi libri. Ha anche speso del tempo online sul sito Flickr, dove ci sono tanti collezionisti che hanno messo le scansioni delle loro scoperte visibili a tutti, e ha comprato foto attraverso eBay e Etsy. 

Quindi, alcune delle istantanee in bianco e nero che popolano le pagine del romanzo sono del signor Riggs; altre sono state prese in prestito da collezionisti come Robert E. Jackson, e altre ancora sono state esposte nel “The Art of the American Snapshot, 1888-1978, un'esposizione del 2007 presso la National Gallery of Art di Washington.

"Miss Peregrine home for Peculiar Children" ha al centro un ragazzo che viaggia nel tempo in una realtà
fonte
alternativa riccamente immaginata e nella sua idea originaria non è stato concepito o composto per un pubblico  necessariamente giovanissimo, anche se il fatto stesso di utilizzare lo stratagemma delle foto "raccapriccianti" attraeva inevitabilmente adulti e ragazzi; si è deciso, con l'editore, di inserire il romanzo nella categoria young Adult perchè la storia è narrata dal punto di vista di un adolescente di 16 anni.


Fonti



venerdì 20 maggio 2016

Curiosando tra le pagine di "I segreti della casa sul lago": il rapimento Lindbergh



Prosegue la mia lettura del romanzo della Morton "I segreti della casa sul lago", che mi sta prendendo molto, anche se per diverse ragioni procedo lenta nella lettura (ahimè).

Ebbene, poichè al centro del mistero di questo libro vi è il caso di un bambino rapito - Theo Edevane, sparito nel nulla nel 1933 -, l'Autrice, nel parlarne, cita il caso reale di un rapimento divenuto purtroppo celebre: il rapimento Lindbergh, che ebbe ai suoi tempi una grande risonanza mediatica internazionale.

Charles jr
Erano le 22 del 1° marzo del 1932 quando la culla in cui avrebbe dovuto riposare il  piccolo Charles Augustus Lindbergh Junior, di venti mesi, - figlio del celebre aviatore Charles Augustus Lindbergh, autore della prima traversata transoceanica a bordo di un monoplano, da Parigi a New York, nel 1927, e della scrittrice Anne Spencer Morrow - fu trovata vuota dalla tata del piccolo.

Sul davanzale della finestra aperta fu trovato un biglietto in cui si chiedeva il pagamento di un riscatto (di 50 mila dollari) e si raccomandava di non avvisare la polizia.

Ma le autorità furono giustamente coinvolte e le indagini iniziarono immediatamente, ma senza portare risultati.

Nei giorni seguenti i Lindbergh ricevettero altre lettere dal rapitore del piccolo Charles, e pur di riabbracciarlo, decisero di pagare il riscatto.

I giorni passarono e il 16 marzo i Lindbergh ricevettero un pacco anonimo con la camicina da notte di Charles e tempo dopo, all'ora e nel luogo prestabiliti, portarono il danaro ai rapitori, ma il bimbo non fu loro restituito.

Un mese dopo, era il 12 maggio, un camionista di colore trovò per caso il corpicino, ormai in decomposizione, del piccolo Charles, in un boschetto nei pressi dell’abitazione dei Lindbergh; dall'esame autoptico, si comprese che il piccolo doveva essere deceduto poco dopo il rapimento, a causa di un trauma cranico.

locandina
Scattò subito la caccia al rapitore assassino e tutti presero a cuore il caso, da Herbert Hoover e Franklin Delano Roosevelt ad Alfred Capone in persona. Inoltre, i dollari dati per il riscatto erano stati "segnati", proprio con la speranza di poter incastrare un giorno l'assassino.

Appena un paio di anni dopo, nel 1934, fu arrestato un certo Bruno Richard Hauptmann, che si guadagnava da vivere come carpentiere e rischiando in Borsa. Nella sua casa gli investigatori trovarono diversi indizi schiaccianti, oltre che migliaia di dollari “segnati”; la sua grafia fu riconosciuta come quella del biglietto e poi non aveva un alibi per la sera del delitto. 

Il processo iniziò qualche anno dopo e si giunse presto alla condanna: pena di morte (sedia elettrica) in tutti e tre i gradi di giudizio. 

In seguito negli Stati Uniti fu emanata una legge molto severa nei confronti dei sequestri di persona e fu chiamata “Legge Lindbergh”.

Eppure, a distanza di anni, la vedova di Hauptmann continuava a proclamare l'assoluta innocenza del marito. 

In effetti, c'è da ricordare che in quel drammatico 1932 la cameriera personale della signora Lindbergh, Violet Sharp, si era inspiegabilmente tolta la vita avvelenandosi, il giorno prima di affrontare un altro interrogatorio; lo stesso maggiordomo morì di peritonite fulminante il giorno prima della propria testimonianza e la zia del piccolo, Elisabeth Morrow, era stata in passato la fidanzata del signor Lindbergh, e non aveva mai smesso di provare un certo risentimenti verso la sorella e probabilmente anche verso l'innocente nipotino...

Che queste persone avessero qualcosa da nascondere?
Di questo caso e di tutte le sue strane coincidenze si parlò per tanto tempo, e molti punti oscuri non furono mai chiariti.
Non mancarono anche le ipotesi più inquietanti (altrettanto drammatiche), tipo che  Charles fosse morto accidentalmente, cadendo dalle braccia del padre e che i familiari avessero messo su un finto rapimento per nascondere la verità...

Di certo Kate Morton si è rifatta molto a questo celebre e controverso caso di cronaca nera come spunto per la propria storia; del resto, non sarebbe la prima volta che uno scrittore attinge al rapimento di "Baby Lindbergh". Lo fece, ad es., già Agatha Christie nello scrivere il famoso giallo "Assassinio sull'Orient-Express" (RECENSIONE).

Fonti:

wikipedia
http://www.criminologia.org/

mercoledì 18 maggio 2016

Curiosando tra le pagine di "I segreti della casa sul lago": Enid Blyton.



Come vi dissi qualche giorno fa, leggendo "I segreti della casa sul lago" (K. Morton) mi sto imbattendo in scrittori realmente esistiti e menzionati durante la narrazione.

Di recente abbiamo visto chi era Elinor Glyn (QUI), oggi scopriremo chi è stata Enid Blyton.

www.theguardian.com
Enid Mary Blyton (1897 –1968) è stata una scrittrice inglese, autrice di romanzi per varie fasce di età, famosa soprattutto per la sua produzione nel campo della letteratura per ragazzi.

Ha scritto moltissimo (circa 800 libri in 40 anni), ai suoi tempi è stata molto popolare, arrivando a un totale di quasi 400 milioni di copie; è stata tradotta in oltre 90 lingue.

Nelle sue opere letterarie per ragazzi, protagonisti indiscussi sono i bambini, che vivono avventure di ogni sorta all'insaputa degli adulti; vi sono spesso personaggi ricorrenti, coinvolti in avventure che occupano più di un libro.

Ma contrariamente a questo interesse per il mondo dell'infanzia, pare - stando alla testimonianza della figlia minore  - che la donna fosse una madre autoritaria, severa e priva di qualsiasi istinto materno, portata spesso a ignorare i problemi. A darne un quadro meno severo è la figlia maggiore, che conserva i ricordi positivi di un'infanzia felice.

Le sue opere più famose sono le avventure di Noddy, Il Club dei Sette e La Banda dei Cinque. Da quest'ultimo sono stati tratti molti prodotti televisivi, tra cui il telefilm La banda dei cinque trasmesso negli anni settanta.


Fonti:

wikipedia
http://www.enidblyton.net/
http://www.enidblytonsociety.co.uk/ (sito molto ricco di informazioni sull'autrice e sulle sue opere)

lunedì 16 maggio 2016

Curiosando tra le pagine di "I segreti della casa sul lago": Elinor Glyn



Come ho detto ieri, sto leggendo l'ultimo interessante romanzo di Kate Morton, "I segreti della casa sul lago"; la storia narrata - come spesso accade nei libri dell'Autrice - è alternata su due piani temporali separati da 70 anni, vale a dire il 1933 e il 2003, ambedue collocati in Cornovaglia.
La protagonista del primo filone temporale è la sedicenne Alice Edevane, aspirante scrittrice; di conseguenza i libri hanno una loro non irrilevante parte nella nostra storia, tanto che la Morton menziona alcuni autori realmente esistiti più o meno contemporanei alla protagonista.

In questi momenti ne vedremo soltanto uno di questi scrittori, purtroppo per mancanza di tempo :-(

Elinor Glyn, nata Elinor Sutherland, (1864 – 1943), è stata una scrittrice britannica che lavorò a lungo a Hollywood anche come produttrice e regista; ha lavorato anche come sceneggiatrice per il cinema muto sia per la MGM che per la Paramount Pictures.
Sin da ragazza Elinor fu un'accanita lettrice, interessata soprattutto alla storia francese e alla mitologia; col tempo, si appassionò anche al misticismo e al romanticismo. 
Tenne anche un diario personale;  viaggiò molto ed ebbe diversi ammiratori.

Nel romanzo è citata da un personaggio in modo dispregiativo, in quanto i suoi libri sono reputati non proprio adatto a signorine perbene. In effetti, diverse sue opere furono bandite; ad esempio il romanzo Three weeks a quei tempi (1907) creò non poco scandalo perchè raccontava di una regina dei Balcani che seduceva un giovane aristocratico inglese, fatto che si ispirò alla relazione della Glyn con Lord Alistair Innes Ker.
Il Preside di Eton lo ritenne immorale e il romanzo fu bandito ma proprio questo gran clamore contribuì al successo e alla fama di Elinor.

Elinor Glyn
A questa vivace donna dai capelli rossi e gli occhi verdi si deve quindi la creazione del romanzo rosa dai connotati erotici.
Negli anni Venti del Novecento è stata una vera e propria celebrità nell'ambito della cultura popolare, soprattutto nei paesi di area anglofona; influenzò anche la carriera di attori dell'epoca, passati poi nella leggenda, come Rodolfo Valentino. 

Grazie alla nonna che l'ha cresciuta, imparò le regole della rigida etichetta proprie della vita sociale delle classi aristocratiche inglesi; questo favorì Elinor nell'entrare nei circoli più esclusivi della società inglese. Non solo, ma le servì anche nella carriera a Hollywood, perchè fu considerata la più grande esperta in materia e venne così assunta dagli studios come consulente di stile e di buone maniere.

A lei si deve anche la coniazione del termine "it" nel romanzo "The Man and the Moment" [1923] che  indicava - nella traduzione italiana - quel certo non so che, vale a dire il sex appeal, o, come lei stessa disse: "a strange magnetism that attracts both sexes".


Fonti:

Wikipedia
http://www.spiritolibrario.com/elinor_glyn.asp
http://www.online-literature.com/elinor-glyn/



domenica 15 maggio 2016

Dietro le pagine di "La notte ha occhi curiosi"



Cosa e quali persone reali hanno ispirato Gin Phillips nello scrivere "The Well and the Mine" ("La notte ha occhi curiosi")?

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La piccola Tess, una notte, è seduta sulla veranda dietro casa e vede una figura nel buio; subito dopo sente che qualcosa viene gettato in un pozzo, si scopre che è il cadavere di un neonato.  È il 1931, e bisogna ancora fare i conti con la grave crisi economica che ha colpito Carbon Hill, una cittadina mineraria dell’Alabama, così come tutta l’America. Anche a casa di Tess si lotta contro la povertà, ma lei non riesce a levarsi dalla testa quel tonfo nell’acqua: quasi un grido con cui il pozzo implorava il suo aiuto. Decide allora di scoprire chi sia la donna misteriosa. Insieme alla sorella, comincia a “indagare” nel vicinato, alimentando sospetti e scovando segreti.
 




Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerchine che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?".


L'Autrice ha sempre ascoltato aneddoti sulla città mineraria di Carbon Hill, anche perchè nonni e bisnonni hanno vissuto lì e lavorato in miniera.

Il caso del bimbo nel pozzo è pura finzione, su questo non ha mai udito alcuna storia; di solito tutte le storie sentite erano risalenti al periodo della Grande Depressione, raccontate dai nonni; all'inizio Gin non aveva pensato di inserirle in un romanzo, in quanto le piacevano semplicemente come racconti in se stessi.
Anni dopo, ha iniziato a pensare alla possibilità di una storia ambientata in una comunità di minatori dei primi del 1900. Ha letto diversi libri di saggistica riguardanti scioperi di minatori e lotte nel nordest degli Stati Uniti, e ha pensato alla brutalità e al pericolo di chi tutti i giorni lavorava nelle miniere ... e di come i momenti di bellezza o di gioia in mezzo a tutta quella bruttezza fossero vissuti come momenti preziosi. 

Ha pensato a come quella costante minaccia di morte o di disastro in miniera o lo spettro della fame o della povertà o delle malattie avrebbe potuto affinare il punto di vista per una storia. 
Ha pensato a come gli uomini bianchi e neri si ritrovassero a lavorare fianco a fianco, e in che modo questa compagnia forzata inevitabilmente modificasse gli atteggiamenti razziali.

Alla fine si è ritrovata a pensare a una bambina seduta sulla veranda di casa, mentre guardava fuori nella notte.
Cosa avrebbe potuto vedere nel buio? Chi?
Man mano che la storia affiorava e si delineava, Gin ha cercato di dare un volto alla donna e a chiedersi per quale ragione ella poteva decidere di gettare il proprio bimbo nel pozzo.
Non ha dovuto fare alcuno sforzo invece per immaginarsi la famiglia Moore: Virgie ha qualcosa della nonna; Tess della prozia per la propensione al divertimento. Leta ha il pragmatismo della bisnonna, e Albert ha la fede del bisnonno e la chiara differenza tra giusto e sbagliato.

Anche se i Moore non sono il ritratto fedele della sua famiglia, essi sono costruiti con i pezzi delle loro controparti reali, resi concreti e allo stesso tempo romanzati. 
I legami tra Virgie e Tess sono ancora visibili nel rapporto che hanno tra loro i suoi nonni; le storie di famiglia hanno sempre fatto parte dei racconti di chi è cresciuto a Carbon Hill, con i suoi luoghi specifici, i suoi odori tipici, la polvere rossa che avvolgeva l'aria, l'odore di caffè al mattino..., tutte cose che non avrebbe mai potuto trovare in una biblioteca. Li ha trovati infatti nei ricordi.


info prese dal sito dell'autrice: http://ginphillips.com/

sabato 7 maggio 2016

Dietro le pagine di "Segreto di famiglia"



Appuntamento del sabato!
Cosa c'è "dietro le pagine" di "Segreto di famiglia" (RECENSIONE) di Mikaela Bley?

Dopo aver pubblicato questo suo primo romanzo (titolo originale: Lycke) l'Autrice si è subito buttata a capofitto nel sequel, Liv, che sarà pubblicato in Svezia dopo l'estate. 

Il sogno di Mikaela è sempre stato scrivere e nella sua mente non sono mai mancate molte storie, personaggi e scenari.

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Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerche che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?
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Ha lavorato per TV4 e, ogni volta che poteva decidere, si occupava volentieri di crimini; ha sempre avuto un certo fascino per le storie oscure, forse perchè è un tipo cui piace andare a fondo nelle cose, trovare sfumature e zone d'ombra tra il bene e il male, e in questo modo affronta le proprie paure. 
Comprendere il motivo di un'azione non la rende giusta, ma può aumentarne la comprensione, e questo pensiero è il seme della serie si Ellen Tamm. 
Si evince quindi che l'esperienza persona a TV4 sia stata assolutamente molto utile per la sua scrittura, e la Bley, giustamente convinta che si dovrebbe sempre scrivere su ciò che si conosce, è felice di poter usare il suo vecchio posto di lavoro come ambiente credibile per una storia fittizia. 
Del resto, quello della televisione è un mondo affascinante e sicuramente in tanti si chiedono cosa accade realmente dietro le telecamere.

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Per scrivere "Lycke" Mikaela ha impiegato circa tre anni, ha speso un sacco di tempo per fare ricerca, oltre che per perfezionare al meglio la propria scrittura.

La protagonista Ellen Tamm è nata a poco a poco, e solo quando si è ben definita nella sua testa, Mikaela ha iniziato a scrivere la storia.

Con Ellen  probabilmente l'Autrice ha in comune più di quanto avesse previsto quando ha iniziato a scrivere il libro.
Il progetto di Mikaela è scrivere tre romanzi su Ellen, dove il lettore possa acquisire gradualmente una visione di quel suo passato che la fa soffrire, un dolore congelato che a volte riesce a gestire e altre volte no, ma che le provoca attacchi di panico e ansia.
Ellen ha un passato oscuro che non ha affrontato e che ha conseguenze nel suo quotidiano; ha imparato a gestire il suo dolore lavorando con le cose che le fanno male (e che hanno a che fare con la morte), ma questo è soltanto un modo per non affrontare il suo dolore, perchè in realtà lei è come una bomba a orologeria. Si concentra su ciò che può distrarla per cercare di sopprimere i ricordi del passato. È per questo che lavora su crimini terribili e su tutto ciò che concerne la morte.

Anche la scrittrice si rende conto di essere così: scrive di crimini terribili e morte, elabora in questo modo le cose del passato, che ha vissuto in un modo o nell'altro. 
Tutto ciò che la circonda è fonte d'ispirazione: può essere una conversazione in un bar, un film, qualcosa che vede per la strada, un evento o un sentimento che vuol capire a fondo.
Tutte le persone che incontra sono potenziali ispiratori.

Spero di avervi incuriositi un po' di più circa questo thriller ^_-


Siti consultati alla ricerca di informazioni:

http://www.femina.se/
http://www.thecrimehouse.com/

sabato 30 aprile 2016

Dietro le pagine di I CENTO COLORI DEL BLU (A Different Blue)



Una delle autrici di romance/Young Adult che sto imparando ad apprezzare grazie a due suoi romanzi, è Amy Harmon, della quale ho letto I CENTO COLORI DEL BLU (A Different Blue) e INFINITO+1.

Ho cercato qualche informazione (per lo più attraverso le interviste) per capire da quale idea fosse stato ispirato "I cento colori del blu"; ecco quello (non molto, in realtà) che ho trovato.


Ed. Newton Compton
9.90 euro
456 pp
Trad. L. Feoli,
A. Ricci
APRILE 2014
Trama
Tutti a scuola conoscono Blue Echohawk. A diciannove anni Blue frequenta ancora il liceo.
Abbandonata da sua madre quando aveva solo due anni, non conosce il suo vero nome, né la sua data di nascita. Indossa sempre vestiti attillatissimi e un trucco pesante: il sesso è il suo rifugio, un gioco per dimenticare tutto, per mettere sotto chiave le sue emozioni.
Blue ha iniziato tardi la scuola e non mostra alcun interesse per lo studio.
È un caso disperato.
Eppure il suo nuovo insegnante di storia, il giovane Darcy Wilson, non la pensa così: Darcy crede in lei, e sa che Blue ha bisogno di ritrovare se stessa prima di trovare un posto nel mondo.
E così la sprona a guardarsi dentro e a ripercorrere il suo passato, a scrivere la sua storia, a dar voce alle sue emozioni.
Tra i due nasce una grande amicizia, e forse, a poco a poco, qualcosa di più: un sentimento forte, travolgente, a cui ciascuno dei due tenta in tutti i modi di resistere...






Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerche che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?
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Com'è nato questo libro?

L'Autrice ha dichiarato che, 
poichè nel suo primo romanzo - Running Barefoot - la protagonista Josie era molto simile a lei come personalità, le venne la voglia di scrivere un libro su una ragazza molto diversa da sè. 
Man mano che la storia procedeva (vi ha lavorato su per sei mesi), ha capito che però lei e Blue non erano poi così differenti, e anzi è probabile che tutti noi conosciamo qualcuno come Blue; forse è più giusto dire che tutti abbiamo un po' di Blue in noi. 
Certo, Amy non ha vissuto esperienze come quelle di Blue ma la convinzione dell'Autrice era che ogni donna potesse riuscire ad entrare in profonda empatia con la sua giovane protagonista.

I personaggi di Blue e Wilson non hanno riferimenti a persone reali, sono piuttosto frutto della sola immaginazione di Amy.
Certo, non è difficile credere che in un certo senso essi non siano altro che diverse versioni di se stessa, perché del resto è lei a crearli.
Per quanto riguarda Wilson, egli rappresenta un po' l'uomo dei sogni: ama la musica, ama le parole e la storia, e parla con un accento inglese. E soprattutto, è diverso da qualsiasi altro ragazzo/uomo Blue abbia mai conosciuto. 

In generale, sono state necessarie tante ricerche per scrivere A Different blu, ma chi ha letto il romanzo sa che ci sono tantissimi riferimenti alla civiltà dei nativi americani; la Harmon ha spiegato che tante informazioni su di essi le ha apprese grazie ad un caro amico che ha servito in una missione mormone nella riserva indiana Navajo. 



Blog da cui ho tratto e rielaborato queste informazioni:

http://www.shereadsnewadult.com/
http://www.whirlwindbooksandreviews.com/
https://joyinthemoments.wordpress.com

sabato 23 aprile 2016

Dietro le pagine di: "WOLF. La ragazza che sfidò il destino" di Ryan Graudin



Martedì 12 aprile 2016 è arrivato in libreria Wolf. La ragazza che sfidò il destino di Ryan Graudin, un romanzo feroce e magnifico, amato ai lettori, acclamato dalla stampa, premiato dalla critica: il primo capitolo di una nuova straordinaria serie dal ritmo adrenalinico e dall’indimenticabile protagonista femminile, Yael.


WOLF. La ragazza che sfidò il destino
di Ryan Graudin

Ed. De Agostini
14.90 euro
Aprile 2016
È il 1956 e l’alleanza tra le armate naziste del Terzo Reich e l’impero giapponese governa gran parte del mondo. 
Ogni anno, per celebrare la Grande Vittoria, le forze al potere organizzano il Tour dell’Asse, una spericolata e avvincente corsa motociclistica che attraversa i continenti collegando le due capitali, Germania e Tokyo. 
Il premio in palio? Un incontro con il supersorvegliato Führer, al Ballo del Vincitore. 
Yael, una ragazza sopravvissuta al campo di concentramento, ha visto troppa sofferenza per rimanere ancora ferma a guardare, e i cinque lupi tatuati sulla sua pelle le ricordano ogni giorno le persone che ha amato e che le sono state strappate via. 
Ora la Resistenza le ha dato un’occasione unica: vincere la gara, avvicinare Hitler… e ucciderlo davanti a milioni di spettatori. 
Una missione apparentemente impossibile che solo Yael può portare a termine. 
Perché, grazie ai crudeli esperimenti a cui è stata sottoposta, è in grado di assumere le sembianze di chiunque voglia. 
Anche quelle di Adele Wolfe, la Vincitrice dell’anno precedente. 
Le cose però si complicano quando alla gara si uniscono Felix, il sospettoso gemello di Adele, e Luka, un avversario dal fascino irresistibile…

L'autrice.
RYAN GRAUDIN è nata e cresciuta a Charleston, in Carolina del Sud, dove si è laureata in Scrittura Creativa. Vive con il marito e un cane lupo. Wolf. La ragazza che sfidò il destino è lo straordinario romanzo con cui esordisce sulla scena letteraria italiana.

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Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerche che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?
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Ma com'è nato questo libro?
Ryan Graudin racconta che nei suoi libri cerca di esaminare tutti gli aspetti della vita partendo da una domanda breve ma importante: E se…?, da cui inevitabilmente scaturiscono altre domande, alle quali prova a rispondere nei propri libri.


Il romanzo è ambientato nel periodo postbellico, ma la seconda guerra mondiale è purtroppo ancora troppo dolorosamente vicino, e nel mondo immaginato dall'Autrice è l'Asse ad averla avuta vinta.
Purtroppo, quando pensiamo ad Hitler non possiamo non pensare al razzismo, all'odio del Fuhrer verso chiunque non fosse ariano, e quindi non appartenesse alla razza da lui definita "superiore".
Da questo distorto modo di pensare sono conseguiti non solo i tentativi di invadere altri Paesi e requisirne i territori per estendere il proprio dominio, ma ancor di più aberrazioni quali l’eugenetica, la sterilizzazione forzata, l’eutanasia per gli anziani e i disabili, e più in generale l’eliminazione di tutti coloro che, a giudizio di Hitler, non meritavano di vivere per diverse ragioni.

Al centro del romanzo c'è il concetto dell'identità, non solo nel senso di come ciascuno vede se stesso, ma anche di come ciascuno vede l'altro.
Ma cosa determina l’identità di una persona: il colore della pelle, la sua religione, la divisa che indossa? 

Ryan ha dato ala sua protagonista Yael la capacità di trasformarsi per rispondere a queste domande e poter così, soprattutto, dimostrare l’assurdità del pregiudizio razziale.
L'accostamento di un elemento surreale a fatti storici è un modo per aiutare il lettore a immedesimarsi nelle tante identità di Yael e a riflettere su ciò che è in grado di fare, nel bene e nel male, l'Uomo.

Il fatto che Hitler abbia infine perso la guerra e che il nazismo sia stato ufficialmente spazzato via, non deve far credere che quel tipo di ideologia appartenga al passato e basta.
Tutt'altro! Il razzismo e l’antisemitismo sono ancora presenti e, secondo alcune ricerche statistiche, esso è aumentato negli ultimi anni; i fanatici che sostengono queste follie pericolose non sono affatto da ignorare o da considerare come gruppi piccoli e innocui!

Il desiderio dell'Autrice è che la storia di Yael possa far riflettere i lettori sul fatto che gli uomini sono tutti uguali e che la storia va studiata e conosciuta per comprendere ancor meglio il mondo di oggi.

Non so a voi, ma a me mette i brividi pensare che un mondo dominato dall'antisemitismo e dal razzismo sarebbe stato in fondo possibile, attuabile, se Hitler avesse vinto la guerra..., e anzi per qualche anno, ahinoi, è stato fin troppo reale.
E questo non andrebbe mai dimenticato.

Le dichiarazioni dell'Autrice sul proprio romanzo le ho prese dal sito De Agostini e devo dire che è stato molto interessante leggere cosa c'è dietro il libro, il contesto storico di riferimento e il tipo di aggiunte fittizie operate dalla Graudin, perchè se prima non avevo fatto caso a questo romanzo, adesso sarei molto invogliata a leggerlo.
Voi che ne pensate? Lo leggereste?

giovedì 7 aprile 2016

Leggendo "Infinito+1": la storia di Bonnie&Clyde



Sto leggendo con molto coinvolgimento il romance contemporaneo di Amy Harmon "Infinito+1".

I due protagonisti si chiamano Infinity "Finn" Clyde e Bonnie Rea Shelby; Finn - non amando il proprio nome - è stato spesso chiamato da tutti, Bonnie compresa, col cognome, Clyde.
E' semplice e automatico pensare alla famosa coppia di criminali Bonnie Parker (1910-1934) e Clyde Barrow (1909-1934), che hanno "scosso" l'america degli Anni '30.

La protagonista, Bonnie, a un certo punto della storia, comprerà un libro che narra proprio la storia di questa coppia e resterà attratta da questa foto che ritrae i due innamorati:

primi anni '30

Sul sito www.history.com ho trovato 10 curiosità su Bonnie e Clyde - la coppia di rapinatori più famosa d'America -  e ho pensato di condividerle con voi.

  1. Bonnie è morta indossando un anello nuziale, che però non le aveva dato Clyde. Quand'era molto giovane, Bonnie aveva sposato il compagno di liceo Roy Thornton. Il matrimonio si disintegrò in pochi mesi, e Bonnie non rivide mai più suo marito se non dopo essere stata incarcerata per rapina nel 1929. Bonnie non ha mai divorziato da Thornton neanche dopo aver incontrato Clyde, ed aveva anche un tatuaggio sulla parte interna della coscia destra con due cuori interconnessi in cui era scritto "Bonnie" e "Roy". 
  2. bonnie
    Il soprannome di Clyde non era "Champion" come spesso si crede ma "Chestnut", castagna
  3. Bonnie scriveva poesie. Questo particolare è ricordato anche nel romanzo, dove è citata la poesia Sal il suicida. Durante gli anni della scuola, Bonnie eccelleva in scrittura creativa; dopo essere stata imprigionata nel 1932, in seguito ad una rapina fallita in un negozio di ferramenta, ha scritto una raccolta di 10 odi dal titolo "Poetry from Life’s Other Side", che comprendeva appunto "Sal il suicida", una poesia su una ragazza di campagna innocente attirata da il suo ragazzo in una vita criminale. 
  4. La Marina rifiutò Clyde. Da ragazzo, Clyde tentò di arruolarsi nella Marina degli Stati Uniti, ma a causa delle conseguenze di una grave malattia presa durante l'infanzia, forse la malaria o la febbre gialla, fu  rifiutato. E' stato un duro colpo per Clyde, che aveva già tatuato "USN" sul braccio sinistro.
  5. Il primo arresto di Clyde è avvenuto perchè non restituì una macchina presa a noleggio. Il noto criminale è stato arrestato nel 1926 per furto di automobili, dopo non essere riuscito a restituire una macchina che aveva affittato a Dallas per visitare una fidanzata del liceo. In realtà, l'agenzia di noleggio auto lasciò cadere le accuse, ma l'incidente è rimasto a verbale. Solo tre settimane più tardi, è stato arrestato di nuovo con suo fratello maggiore Ivan "Buck" Barrow per il possesso di un camion carico di tacchini rubati.
  6. Le rapine in banca non erano le loro specialità. Bonnie e Clyde privilegiarono i furti di distributori di benzina e negozi di alimentari.Spesso, il loro bottino ammontava a soli $ 5 o $ 10.
  7. Clyde perse due dita in carcere. Mentre stava scontando una condanna di 14 anni in Texas per rapina e furto di automobili, nel gennaio 1932, Clyde decise che non poteva più sopportare il lavoro spietato e le condizioni brutali dell'Eastham Prison Farm. Nella speranza di ottenere un trasferimento in un carcere  meno duro, o almeno di essere esonerato dai lavori più faticosi, Clyde si fece tagliare l'alluce sinistro e parte di un secondo dito del piede con un'ascia da un altro detenuto. L'auto-mutilazione, che storpiò in modo permanente il suo modo di camminare e gli impedì di indossare le scarpe durante la guida, alla fine si rivelò inutile, in quanto fu rilasciato sei giorni dopo sulla parola.
  8.  
    clyde
  9. Un incidente d'auto danneggiò i piedi di Bonnie. Nella notte del 10 giugno 1933, Clyde, con Bonnie sul sedile del passeggero, stava viaggiando ad alta velocità lungo le strade rurali del Nord del Texas. L'auto finì in un fiume in secca e nell'impatto l'acido bollente versato della batteria dell'auto fracassata provocò una gravissima ustione alla gamba destra di Bonnie, consumando la sua carne fino all'osso in alcuni punti. Come conseguenza delle ustioni di terzo grado, Bonnie, come Clyde, zoppicò vistosamente per il resto della sua vita, ed ebbe molte difficoltà a camminare, tanto che a volte Clyde doveva portarla in braccio.
  10. I cacciatori di souvenir hanno cercato di tagliare delle parti del corpo di Bonnie e Clyde sulla scena della loro morte. Il 23 maggio 1934, una squadra di sei uomini guidati dall'ex capitano Texas Ranger Frank Hamer tese un'imboscata Bonnie e Clyde. Molti curiosi raggiunsero il luogo in cui i due furono uccisi, tentando di portar via macabri "ricordi" dai corpi dei fuorilegge ancora accasciati sul sedile anteriore. Secondo il libro di Jeff Guinn "Go Down Together", un uomo ha cercato di tagliare l'orecchio di Clyde con un coltello da tasca e un altro ha tentato di rompergli un dito prima che gli uomini di legge giungessero. Una persona è riuscita a ritagliare ciocche di capelli e pezzi di stoffa del vestito intriso di sangue di Bonnie.
  11. La crivellata di colpi  che portò alla morte i due è in mostra in un casinò. Dopo l'agguato di Bonnie e Clyde, uno sceriffo della Louisiana, membro della squadra dei sei uomini di Hamer, rivendicò l'auto, ancora ricoperta di sangue. Un giudice federale, però, stabilì che l'automobile rubata da Bonnie e Clyde doveva tornare al suo legittimo proprietario. Ancora punteggiata con fori di proiettile, la "macchina della morte" è attualmente un'attrazione nella hall del Casinò di Whiskey Pete a Primm.
  12. Bonnie e Clyde sono stati sepolti separatamente. Anche se legati nella vita, Bonnie e Clyde sono stati divisi nella morte. La madre di Bonnie, che aveva disapprovato la sua relazione con Clyde, ha sepolto la figlia in un cimitero di Dallas, mentre Clyde è stato sepolto accanto a suo fratello Marvin sotto una lapide con l'epitaffio: "Gone but not forgotten.”

“Per alcuni sarà dolore. Per la legge sollievo. 
Ma è morte per Bonnie e Clyde”

sabato 2 aprile 2016

Leggendo s'impara: la clamorosa evasione dalla Libby Prison



Carissimi lettori, in questi giorni sto divorando MIOR di Simon Rowd, e leggendo mi ha incuriosito il riferimento dell'Autore alla celebre evasione dalla Libby Prison.
Mi sono immediatamente chiesta se si trattasse di un riferimento fittizio o realmente accaduto: cercando in web ho scovato qualche informazione su quella che rientra tra le fughe dal carcere più incredibili della storia.

In particolare a tornarmi utile è stato questo sito:   http://www.jourdelo.it/ (vedere anche QUI)

Siamo nel 1861: allo scoppio della Guerra Civile Americana le autorità Confederate avevano necessità di sistemare i prigionieri nordisti catturati in battaglia, e pensarono di utilizzare (sequestrare..) una serie di edifici e di adibirli a prigioni; in particolare, il grande magazzino di Luther Libby, situato a Richmond, capitale della Confederazione, sembrava perfetto per lo scopo.

La Libby Prison non aveva una bella nomea e finire in prigione lì significa soffrire le pene dell'inferno.

Nell’estate 1863 il Colonnello Thomas H. Rose, catturato nel corso della battaglia di Chickamauga, fu incarcerato; i propositi di fuga nacquero immediati nella sua testa di uomo intraprendente e coraggioso.

Supportato dal Maggiore A.G. Hamilton, Thomas capì che l’unica possibilità di fuga era scavare un tunnel a partire dal Rats’ Hell, l’unico ambiente del carcere vuoto e poco controllato. 
Proprio come Andy Dufresne in "Le ali della libertà", scavando scavando i due si sarebbero dovuto trovare in una larga fogna che conduceva verso un capannone abbandonato in una strada poco frequentata di Richmond.
Ma come raggiungere Rats' Hell? 
Rimediato un coltello, il Maggiore Hamilton si introdusse di notte nelle cucine e cominciò a togliere mattoni per  creare un piccolo buco nella canna fumaria. Aiutati da otto uomini, iniziarono a scavare il passaggio per lo scantinato; in dodici notti di duro lavoro i fuggitivi riuscirono ad aprirsi un varco e con l’aiuto di un’asse di legno usata come scivolo, poterono finalmente scendere nel Rats’ Hell.
Ma la grande fuga è solo iniziata: ora bisognava scavare il tunnel per sbucare nella fogna.
I lavori dei prigionieri continuarono per giorni (anzi, per notti e notti), armati di scalpello, tronco di legno e mani nude; grande fu la delusione nell'appurare che l'agognata fogna era completamente allagata ed inutilizzabile.
I fuggitivi cercarono di non scoraggiarsi e fecero un altro tentativo, che però fallì.

Ma il Colonnello Rose era deciso ad effettuare un ultimo tentativo.
Coinvolse nel progetto di fuga altri ufficiali, organizzò squadre di lavoro in gruppi di cinque e su turni.
Fortunatamente, la terra era abbastanza soffice e veniva rimossa con facilità, e trovarono anche il sistema per farla sparire.
Intanto il Colonnello Rose recuperò alcune funi da imballaggio depositate nel magazzino della prigione, e creò una scala di corda, al posto dello scivolo di legno.

Proseguendo con gli scavi notturni, i lavoratori immaginarono di aver ormai superato la palizzata che recintava il lato est della prigione. 
E l’8 febbraio 1864, la galleria oltrepassò la palizzata e arrivò fin sotto il magazzino abbandonato di Dock Street. 
La notte seguente gli uomini coinvolti avrebbero potuto portare con sé un altro prigioniero e fu così che alle 20 del 9 febbraio 1864, dopo oltre due mesi di duro lavoro, il Colonnello Thomas Rose imboccò per primo la galleria dicendo: La ferrovia sotterranea verso il Paese di Dio è aperta!

Una volta in Dock Street, i trenta evasi si divisero e si dileguarono nel buio delle strade di Richmond.
Inevitabilmente, nel carcere cominciò a girare la voce del tunnel e questo fece sì che altri ufficiali (più di un centinaio) provassero ad attraversare la galleria e darsi alla fuga....

La mattina dopo, quando i Confederati procedettero all’appello dei prigionieri, si accorsero dell’assenza di alcuni di essi, ma  inizialmente non diedero peso alla cosa, finchè non si accorsero che a mancare erano davvero in troppi!
Passarono un sacco di ore a contare e controllare, dando così un grande vantaggio agli evasi.
Ben 61 fuggitivi riuscirono a raggiungere sani e salvi le linee nordiste. 
Uno dei primi a portare a termine la fuga fu il Maggiore Hamilton; invece il Colonnello Thomas Rose fu ripreso, proprio mentre si trovava a pochissimi chilometri dall’accampamento nordista di Williamsburg.

La fuga dalla prigione Libby divenne subito leggenda e per i nordisti gli evasi erano degli eroi, tanto che negli anni a seguire molti di loro si diedero a scrivere memoriali e resoconti riguardanti la loro partecipazione all’avvenimento.
La stessa prigione al termine del conflitto fu trasportata al Nord e trasformata in museo, prima di essere definitivamente demolita nel 1895. 
L’unico a scegliere di non rilasciare mai dichiarazioni sull’argomento fu proprio il Colonnello Rose, ideatore della fuga.


discerninghistory.com
prigione


diagramma della prigione
www.13thmass.org

Hamilton
fonte



domenica 20 marzo 2016

Dietro le pagine di "La bambina numero 8" ("Orphan #8") di Kim van Alkemade



La storia contenuta in "La bambina numero 8" (recensione) è così ben raccontata e collocata in un preciso contesto storico-geografico da avermi incuriosita moltissimo, così mi son messa a cercare informazioni sul "dietro le pagine" del romanzo, su cosa l'ha ispirato e su quali fonti si è documentata l'Autrice.

Per far questo mi sono affidata al sito di Kim van Aldemade e ad altri che trattano l'argomento principale della storia: cosa accadeva negli orfanotrofi in quegli anni (l'utilizzo degli orfanelli come cavie da laboratorio).

N.B.: come spesso faccio presente, questa rubrica inevitabilmente può svelare (non sempre e nella stessa misura, ci mancherebbe) alcuni particolari importanti contenuti nel romanzo, il che potrebbe spegnere un po' la legittima curiosità del lettore che si accosta al libro per la prima volta, ignaro di cosa lo aspetta.
Ergo, se non avete letto il romanzo ma avete intenzione di farlo, non soffermatevi troppo su questo articolo, magari se vi va - a me fa piacere - ci tornate in un secondo momento, dopo la lettura.
Credo che verrà anche a voi la voglia di saperne di più  ^_-

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Ciò che leggiamo spesso è frutto della fantasia dell'Autore ma altre volte quest'ultimo trae ispirazione da storie/situazioni/persone reali, di cui ha avuto conoscenza diretta o indiretta.

La rubrica "Dietro le pagine" prende nome e idea da una presente nel blog "Itching for books" e cercherà di rispondere (cercherò di darle una cadenza settimanale, sempre in base alle piccole ricerche che riuscirò a fare) a questa curiosità: Cosa si nasconde dietro le pagine di un libro? Qual è stata la fonte di ispirazione?
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Kim van Alkemade (il cognome è olandese) c'ha messo otto anni per ricercare informazioni che le permettessero di scrivere Orphan # 8 .
Tutto è cominciato dal suo interesse per l'istituto ebraico Orphan Asylum di New York, l'ente in cui il nonno, Victor Berger (chi leggerà o ha letto il romanzo troverà questo nome già nella dedica) e i suoi fratelli, Charlie e Seymour, son cresciuti. La sua bisnonna, Fannie Berger, ha lavorato presso l'orfanotrofio, prima come domestica e poi come consulente. 

Molti dei personaggi e degli eventi in Orphan # 8 sono stati quindi ispirati dalla sua storia familiare.

Tutto è partito dal 2007, quando l'Autrice ha cominciato a fare ricerche sulla propria famiglia, spulciando negli archivi del Center for Jewish History di New York City; inizialmente non pensava proprio di scrivere un romanzo storico, fatto sta che leggendo i verbali del comitato esecutivo dell'Orphan Asylum, ha iniziato ad appassionarsi.

orfanotrofio The Hebrew Orphan Asylum
primi Anni Venti
I verbali, infatti, riportavano in modo dettagliato tutto ciò che accadeva nell'istituto, che negli Anni Venti era uno dei più grandi e rinomati per l'assistenza all'infanzia; situato in Amsterdam Avenue, ospitava circa 1200 bambini.

Uno dei problemi più preoccupanti di allora erano le malattie che affliggevano i piccoli ospiti, tra cui la sifilide; ma un particolare attira l'attenzione di Kim leggendo i verbali: l'acquisto di parrucche per otto bambini che avevano sviluppato l'alopecia a seguito di trattamenti con i raggi X, portati avanti dalla dottoressa Elsie Fox. 

Mille domande si sono affollate nella mente di Kim...

Chi era questa donna che ha ordinato e predisposto la somministrazione di raggi X?
Perché l'orfanotrofio aveva una macchina a raggi X,
 e chi sono stati i bimbi in trattamento? 
Cosa poteva essere successo a uno di questi bambini calvi  cresciuti in orfanotrofio? 
Come questo ha influenzato il corso delle loro singole esistenze?

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