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domenica 5 giugno 2022

[[ RECENSIONE ]] PRIMAVERA, INDOMABILE DANZA di Guglielmo Aprile

 


PRIMAVERA, INDOMABILE DANZA 
di Guglielmo Aprile




Oedipus Ed.
88 pp
L'Autore guarda e descrive con ammirato stupore le meraviglie della natura attorno a sé, che in primavera esplode in tutta la sua bellezza, in una varietà di colori e profumi.

Di fronte a tale naturale magnificenza non si resta indifferenti e ci si chiede chi sia il sublime artefice che con la sua mano e il suo estro ha dato e continua a dar vita a tutto ciò che ci circonda, che sia la luna splendida nel cielo o i fiori, che siano i colori meravigliosi delle farfalle o le misteriose rotte dei gabbiani nel cielo.

La natura stessa, nella sua semplicità e perfezione, ci parla di Dio meglio di qualunque savio:

"La mia è la fede nell’erba che spunta
nei campi e in ogni crepa dell’asfalto...".

L'uomo, davanti a tale meraviglioso creato, è come un esegeta che tenta di leggere una storia lunga secoli e racchiusa tra le "rughe" della "pelle" degli alberi, che il poeta paragona a "salmi incisi dal sole e dalla pioggia".

Belle e suggestive le similitudini, le metafore, le personificazioni impiegate per descrivere la primavera nel suo splendore: il mandorlo in fiore sembra una ragazza agghindata per il primo appuntamento; i fiumi sono ora placidi ora impetuosi nel loro scorrere, e la loro corsa verso la propria "oscura foce" è un continuo ricominciare.
Con la primavera tutto rinasce e torna alla vita, proprio come una specie di resurrezione, a fronte di un inverno che con i suoi rami spogli simili a "monconi nudi di corpi contusi, oltraggiati"nei mesi precedenti ha avviluppato la terra nel letargo come un ragno.

È primavera e ognuno fa la sua parte, è una festa alla quale tutti partecipano: il tiglio sta per fiorire, i prati sono pronti a scalare le rocce mandando via gli ultimi resti di ghiaccio, gli uccelli esultano allietando l'aria profumata con i loro canti.

La natura va amata e custodita, come fosse una sorella o una madre, fragile ed incerta come lo è l'Uomo stesso, e proprio come gli elementi della natura bramano di ritornare alla vita, così è per l'essere umano:

"...come l’albero e, connubio unico
di terra e di cielo, protendiamo
verso l’alto, verso l’azzurro
gli occhi in una elemosina
di più spazi, più luce, l’attesa
mai doma, dolcemente divorante
di anche noi rifiorire."


Le poesie sono davvero tutte molto belle, trasmettono un senso di lieta serenità, una sintonia speciale con il mondo della natura; non per nulla, spesso è preferibile la silente compagnia degli alberi a quella della gente!

"Non ci so stare con la gente,
preferisco la compagnia degli alberi
a quella degli uomini:
posso parlargli, perché mi capiscono,
li sento vicini..."

Un linguaggio molto ben strutturato - l’autore sceglie con accuratezza le parole e come collocarle  all’interno del componimento -, ricco di figure retoriche, di parole ed espressioni che evocano nel lettore immagini chiare, dandogli la sensazione di essere al cospetto di un bellissimo quadro, in cui il poeta-pittore ha attinto dalla propria tavolozza i colori più brillanti, usandoli con sapienza, grazia e in modo efficace.


"Ho bisogno di spazi
aperti,
non limitati dal cemento,
per respirare,
ho bisogno di scrivere
un poema di passi
sulla pagina dell’erba –
perché Dio è ovunque siano
liberi cieli, e vasti."

Leggere questa raccolta è stato molto piacevole e, se amate le poesie, ve la consiglio; sono certa che l'apprezzerete anche voi, come me.


Concludo aggiungendo un'osservazione assolutamente personale: immergendomi in questi versi non ho potuto fare a meno di pensare ad un particolare salmo della Bibbia (Sal 19:1-6), che è lo stesso che mi viene in mente quando contemplo l'incanto della natura:

"I cieli raccontano la gloria di Dio
e il firmamento annuncia l'opera delle sue mani.
Un giorno rivolge parole all'altro,
una notte comunica conoscenza all'altra.
Non hanno favella, né parole;
la loro voce non s'ode,
ma il loro suono si diffonde per tutta la terra,
i loro accenti giungono fino all'estremità del mondo.
Là, Dio ha posto una tenda per il sole,
ed esso è simile a uno sposo che esce dalla sua camera nuziale;
gioisce come un prode lieto di percorrere la sua via.
Egli esce da una estremità dei cieli,
e il suo giro arriva fino all'altra estremità;
nulla sfugge al suo calore."




mercoledì 1 giugno 2022

** RubRicordiamo ** Giuseppe Ungaretti



Il 1° giugno del 1970 moriva il poeta Giuseppe Ungaretti.
Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1888, studia alla scuola svizzera École Suisse Jacot, una prestigiosa scuola della città egiziana. 
Si avvicina alla letteratura francese e inizia a leggere le opere dei simbolisti francesi Rimbaud, Mallarmè, Baudelaire;  si trasferisce a Parigi nel 1912, dove conosce il poeta Apollinaire; incontra anche Aldo Palazzeschi, Picasso, De Chirico e Modigliani.

Interventista, si arruola volontario, scopre ben presto il dramma della guerra combattendo sul Carso, un paesaggio che Ungaretti ritrarrà nella sua prima raccolta Il porto sepolto, pubblicato in 60 copie nel 1916.
Nel 1918 combatte sul fronte francese. 

Nel 1919 pubblica Allegria di naufragi, le cui poesie ripubblica nel 1923 con il primo titolo, Il porto sepolto, con la prefazione di Benito Mussolini. 
Alla fine della guerra si stabilisce a Parigi, dove, nel 1920, sposa Jeanne Dupoix. 
Nel 1921 si trasferisce a Roma dove lavora all'Ufficio stampa del Ministero degli Esteri
Nel 1925 aderì al fascismo firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti.
Nel 1928 Ungaretti si converte al cattolicesimo, conversione che emerge nell'opera "Sentimento del Tempo" del 1933.

Nel 1936 si trasferisce a San Paolo del Brasile a insegnare letteratura italiana e nel 1942 torna in Italia, nominato Accademico d'Italia e professore per “chiara fama” di Letteratura italiana moderna e contemporanea all'Università “la Sapienza” di Roma. 
Nel 1939 muore il figlio Antonietto. Questo tragico evento è evidente in molte poesie delle raccolte Il Dolore (1947) e Un Grido e Paesaggi (1952).

Nel 1969 l'intera opera poetica è raccolta col titolo Vita d'un uomo come primo volume della collana I Meridiani

Muore a Milano nel '70 a causa di una broncopolmonite.

Tutta l’opera di Ungaretti dimostra che per lui il poeta ha una funziona morale: deve testimoniare di un’epoca, far riflettere, educare, essere uno strumento per analizzare la condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo, raccontandone le inquietudini.

Giuseppe Ungaretti è considerato un precursore dell'Ermetismo, movimento letterario che il nome dal suo aspetto “chiuso”: una poesia che si chiudeva interamente entro i significati della parola, e negli schemi dell’analogia – figura retorica per eccellenza di questo movimento.
I poeti ermetici, in modi concentrati ed essenziali, esprimono il senso di vuoto, la solitudine morale dell'uomo contemporaneo, il suo “male di vivere” in un'epoca travagliata da tragiche esperienze sociali e politiche come quelle della prima guerra mondiale e del ventennio fascista.


La Madre (1930)

E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.


Sentimento del tempo (1931)

E per la luce giusta,
Cadendo solo un'ombra viola
Sopra il giogo meno alto,
La lontananza aperta alla misura,
Ogni mio palpito, come usa il cuore,
Ma ora l'ascolto,
T'affretta, tempo, a pormi sulle labbra
Le tue labbra ultime.

"È il mio cuore il paese più straziato"

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato,


"Per i morti della Resistenza"

Qui Vivono per sempre
Gli occhi che furono chiusi alla luce
Perché tutti Li avessero aperti
Per sempre 
Alla luce.


Tramonto (1916)

Il carnato del cielo
sveglia oasi
al nomade d’amore.



Fonti:

http://www.club.it/
https://www.raicultura.it/
https://library.weschool.com/
https://www.sentascusiprof.it/
http://www.novecentoletterario.it/
scialetteraria.altervista.org

domenica 19 dicembre 2021

Oggi nasceva... Guido Gozzano

 

In questo giorno, ma di 138 anni fa, nasceva il poeta Guido Gozzano.

Nato a Torino nel 1883 da una famiglia borghese benestante (padre ingegnere, madre figlia di un 
patriota mazziniano), prende il diploma con scarsi risultati, si iscrive a giurisprudenza ma intanto segue i corsi di letteratura italiana alla facoltà di lettere. 
Inizialmente si dedica alla poesia nell'emulazione di Gabriele D'Annunzio e del suo mito del dandy, ma quando all’università conosce molti scrittori e letterati aperti alle novità europee e ostili al dannunzianesimo, cercherà ben presto di staccarsi da quest'ultimo per avvicinarsi a Pascoli e alla cerchia di poeti intimisti che sarebbero stati in seguito denominati "crepuscolari",

Nel 1907 pubblica una raccolta di trenta poesie, La via del rifugio, ottenendo un discreto successo di critica; dopo che gli viene diagnosticata una lesione polmonare all’apice destro, il giovane comincia a viaggiare nella speranza di star meglio godendo di climi più miti e più favorevoli per il suo precario stato di salute.

Nello stesso anno inizia un intenso quanto contrastato rapporto d’amore con Amalia Guglielminetti, poetessa che incarna il modello di donna colta e sofisticata, conosciuta l’anno prima presso la Società di Cultura a Torino. 

Nel 1909 abbandona definitivamente gli studi giuridici per dedicarsi alla poesia e, sull'onda di una notevole vena creativa, scrive la maggior parte delle poesie che andranno a comporre la seconda raccolta - I colloqui -, reputata dalla critica il suo capolavoro. 

Nel 1912 Gozzano compie un viaggio in India  per motivi di salute, tornando in Italia verso la fine dell'anno; di questo periodo in India sono le lettere pubblicate postume con il titolo Verso la cuna del mondo.
Nel 1914 lavora alle Epistole entomologiche; nel 1916 si impegna alla sceneggiatura di una pellicola sulla vita di San Francesco. Il 29 maggio, in procinto di partire per la riviera, trasmette all'amica Silvia Zanardini il testo dell'ultima poesia, il poemetto drammatico La culla vuota.

Vasta è la produzione in prosa: ha scritto infatti recensioni e moltissime fiabe; sua madre, dopo la morte del figlio, pubblicò una raccolta di fiabe dal titolo La principessa si sposa, in appendice alla quale apparvero alcune poesie inedite dedicate ai bambini con il titolo Le dolci rime, tra cui La notte santa, che descrive la nascita di “Gesù bambino”.

Il 16 luglio 1916 viene ricoverato all'ospedale di Genova in seguito ad una violenta emottisi. Muore il 9 agosto, mercoledì, al crepuscolo.
Aveva solo 32 anni.

Guido Gozzano è stato un poeta solitario, un'anima sofferente, e non solo per la patologia da cui era affetto e che sicuramente l'ha afflitto nel corpo e nello spirito, ma più di tutto perchè egli avrebbe desiderato vivere in modo diverso da quello che invece la sorte gli ha concesso; questo dissidio interiore ha inevitabilmente influenzato la sua esistenza, la sua cultura e la sua poetica.

Gozzano aveva una cultura filosofica molto vasta, formatasi sulle opere di Schopenhauer e di Nietzsche; conosceva molto bene i classici italiani e latini. 
Nelle proprie opere egli non si è limitato ad esprimere i propri dissidi interiori, ma ha dato spazio anche al pensiero di quei piaceri della vita quotidiana che la malattia gli precludeva; più precisamente, la consapevolezza del divario tra la vita vissuta e l'aspirazione al godimento amoroso è alla base della sua poetica; nella sfera sentimentale, il giovane Guido sogna l'amore di «attrici e principesse» (Totò Merùmeni) mentre vive, purtroppo, in solitudine.


Di questo poeta, il maggiore dei poeti crepuscolari, ricordavo solo "La signorina Felicita ovvero la Felicità", per averla letta e studiata ai tempi delle scuole superiori; in questo post ve ne lascio altre.


Nell'Abazia di San Giuliano


Buon Dio nel quale non credo, buon Dio che non esisti,
(non sono gli oggetti mai visti più cari di quelli che vedo?)

Io t’amo! Ché non c’è bisogno di creder in te per amarti
(e forse che credo nell’arti? E forse che credo nel sogno?)

Io t’amo, Purissima Fonte che non esisti, e t’anelo!5
(Esiste l’azzurro del cielo? Esiste il profilo del monte?)

M’accolga l’antica Abazia; è ricca di luci e di suoni.
Mi piacciono i frati; son buoni pel cuore in malinconia.

Son buoni. "Non credi? Che importa? Riposati un poco sui banchi.
Su, entra, su, varca la porta. Si accettano tutti gli stanchi."10

Vi seggo - la mente suasa - ma come potrebbe sedervi
un tale invitato dai servi e non dal padrone di casa.

- "Riposati, o anima sazia! Riposati, piega i ginocchi!
Chissà che il Signore ti tocchi, chissà che ti faccia la grazia."

- "Mi piace il Signore, mi garba il volto che gli avete fatto.15
Oh, il Nonno! Lo stesso ritratto! Portava pur egli la barba!"

"O Preti, ma è assurdo che dòmini sul tutto inumano ed amorfo
quell’essere antropomorfo che hanno creato gli uomini!"

- "E non ragionare! L’indagine è quella che offùscati il lume.
Inchìnati sopra il volume, ma senza voltarne le pagine,20

o anima senza conforti, e pensa che solo una fede
rivede la vita, rivede il volto dei poveri morti."

- "O Prete, l’amore è un istinto umano. Si spegne alle porte
del Tutto. L’amore e la morte son vani al tomista convinto."


Natale

La pecorina di gesso,
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso
ai Magi in adorazione.

Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po' tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di vetro.

Lungi nel tempo, e vicino
nel sogno (pianto e mistero)
c'è accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero.


Ad un'ignota

Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l'occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.

Ma so che vivi nel silenzio; come
care ti sono le mie rime: questo
ti fa sorella nel mio sogno mesto,
o amica senza volto e senza nome.

Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c'incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.

Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l'amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!




Fonti consultate

https://www.900letterario.it/poesia/guido-gozzano-poeta-desolato/
https://www.math.unipd.it/~candiler/gozzano/poesie.html
https://www.treccani.it/enciclopedia/guido-gozzano/
https://www.italialibri.net/autori/gozzanog.html

domenica 24 ottobre 2021

Recensione: LA LUNA DI MEZZO di Alessandra d'Angela

 

"La luna di mezzo" rappresenta quasi un percorso compiuto dalla scrittrice, attraverso il quale dà libero sfogo ai suoi pensieri anche più reconditi, a tutte quelle parole che, di solito, restano nella mente, senza avere mai il coraggio di verbalizzarle.



LA LUNA DI MEZZO
di Alessandra d'Angela

Casa Editrice Kimerik
204 pp
La presente raccolta è composta da testi in versi e alcuni in prosa, attraverso i quali l'Autrice pone sotto una lente d'ingrandimento il proprio mondo interiore: pensieri, sentimenti, stati d'animo, speranze, rimpianti, desideri, considerazioni su temi comuni ad ogni persona, siano essi l'amore, legami affettivi e d'amicizia, lutti, il rapporto con chi ci circonda, la consapevolezza di chi si è, di cosa si vuole, di quello che mostriamo agli altri e che da essi riceviamo.

L'amore, in queste poesie, ha per lo più una sfumatura nostalgica, malinconica, in quanto esse sono dedicate all'amato con cui non si condivide più un percorso insieme, per cui a predominare sono i ricordi di un amore vissuto appieno, che era tutto e che a tutto dava senso, ma che attualmente resiste solo nella memoria e nelle parole di chi non riesce (e non vuole) dimenticare i sentimenti travolgenti provati.
L'importanza dei ricordi - che nessuno può rubarci ma che ciascuno di noi conserva gelosamente - è un tema che compare spesso: è vero, certe esperienze ci hanno segnati negativamente, ma se le abbiamo vissute in modo travolgente, con tutto il nostro essere, con sincerità, coinvolgimento, donando tutto il nostro amore e il nostro essere, non abbiamo nulla da rimproverarci e i bei momenti passati insieme alla persona amata - a prescindere da dove essa sia nel presente - non potrà toglierceli nessuno.

"Non si torna indietro
ma mi piace pensare 
che in un qualche modo
i nostri cuori
non smetteranno mai di 
appartenere l'uno all'altro."


Quando certe relazioni importanti giungono al capolinea, spesso lasciano dietro di sé tanti sentimenti contrastanti: la consapevolezza di aver provato gioia, un senso di  completezza grazie all'altro, di aver vissuto momenti indimenticabili, e al contempo l'amarezza perché questo idillio - che colorava le proprie giornate, che  dava un senso a progetti, desideri, gesti, parole - è finito, e di esso restano cumuli di detriti pieni di amarezza, delusione e rimpianti.
Amori mai dimenticati, che ancora conservano nel cuore un posto speciale, unito alla segreta speranza di ritrovarsi per non lasciarsi mai più, cacciando via la terribile paura di restare nuovamente soli.

Ma non ci si può crogiolare nel dolore di un amore perduto/non corrisposto, lasciandoci schiacciare dal peso di un passato che non tornerà: è necessario rialzarsi, e non sono poche le poesie in cui viene espressa la voglia di dare più spazio ed importanza a se stessi, perché se non abbiamo noi per primi stima di ciò che siamo, desideriamo e della ricchezza di cui siamo portatori, chi lo farà al posto nostro?

"Noi siamo di chi ci considera una priorità e non un'alternativa."

L'autrice fa anche delle valutazioni su come vede la realtà attorno a sé, su come non di rado i rapporti con le persone siano sterili, basati sull'apparenza, poco approfonditi; ho ravvisato in molti componimenti un sentimento di disincanto e disillusione, provato nel rendersi conto che in generale, in questo nostro tempo, non c'è una reale voglia di conoscersi, capirsi, andarsi incontro, sostenersi; mancano spontaneità, autenticità, empatia e quando la troviamo in un'amica, teniamocela stretta perché purtroppo è raro trovare qualcuno con cui ci si capisca al volo, con cui condividere gioie e dolori senza essere giudicate.

Accanto alle poesie dedicate all'amore perduto, ci sono quelle dedicate alla bellezza dell'amore quando giunge inaspettatamente a dare nuova vita e slancio, ed è quell'estasi a cui tutti, seppur ognuno in modi e in tempi differenti, aneliamo perché ci fa sentire vivi ed appagati.

In questo volume Alessandra d'Angela mette su carta sensazioni, emozioni, pensieri e riflessioni che, toccando varie sfere della vita, il lettore può riconoscere come qualcosa di vicino a sé, alla propria esperienza, e nelle sue parole, quindi, viene istintivo ritrovarsi, come se l'Autrice desse voce a certi nostri stati emotivi, considerazioni, timori, fragilità, speranze e delusioni che abbiamo provato e che non a tutti viene automatico mettere su carta ed esprimere in modo cristallino e genuino.

Un libro che si legge con piacere, tanto più se abbiamo voglia di immergerci in pagine che narrino il fiume d'emozioni che attraversa l'esistenza di ogni persona e ne costituisce la linfa, l'essenza; pagine nelle quali possiamo immedesimarci, come se uno specchio fosse posto davanti al nostro cuore e noi potessimo leggervi dentro senza filtri, senza pregiudizi, senza veli, senza alcun timore di fare i conti con ciò che risiede nel profondo di noi stessi, con la nostra sensibilità e con il legittimo bisogno, mai sopito, di dare e ricevere amore, di essere apprezzati per quello che siamo realmente, con i nostri pregi e difetti.

lunedì 31 maggio 2021

Recensione: SPAZIO ALLE EMOZIONI di Silvio Messina



Attraverso la forma poetica, l'Autore di questa raccolta si fa veicolo di un modo di sentire - la vita, l'amore, il rapporto con gli altri, la natura... - particolare perché sensibile, profondo e attento, come sa esserlo lo sguardo di un poeta, di un artista.


SPAZIO ALLE EMOZIONI
di Silvio Messina

Casa Editrice Kimerik
61 pp
Il titolo di questa raccolta esprime esattamente ciò che essa è: uno spazio dato alle emozioni del poeta che ha messo su carta questi versi, ma non solo: anche a quelle di chi li legge.
Sono poesie che prendono per mano il lettore invitandolo ad ascoltare la voce che è dentro di sé, lì dove risiedono le proprie emozioni più intime, a condividerle e a ricercarle, perché di emozionarci non dovremmo mai essere paghi.

Le poesie di Silvio Messina si soffermano sulla vita, su come essa valga la pena di essere vissuta rendendola un capolavoro, perchè noi siamo i registi di noi stessi e della nostra esistenza; sulla meravigliosa unicità propria di ogni singola persona, sull'armonia che regna nell'amore tra due anime legate l'una all'altra, su come sia essenziale avere dei sogni e non lasciarli chiusi nel cassetto, ma afferrarli e viverli.

Siamo portati a considerare la fugacità del tempo che scorre e al quale, proprio per questo, dobbiamo dar valore, apprezzando la bellezza racchiusa nel quotidiano e nelle opportunità da cogliere ogni giorno; la natura, che è una madre generosa verso i suoi figli, i quali però non sempre le sono grati e la custodiscono come dovrebbero.

Con queste sue liriche il poeta/artista rende espliciti pensieri, stati d'animo, intenti, esigenze non solo proprie, non solo appartenenti ad un singolo individuo, ma si fa portavoce della società, dell'umanità stessa, educandola al bello, alla necessità di fermarsi, stimolandola a momenti di dialogo interiore, preziosi ed essenziali per (ri)conoscersi, migliorarsi, per dare un nome alle emozioni e, tanto più in un tempo frenetico come il nostro, che guarda spesso più alla forma e all'apparenza che alla sostanza, a dar loro il giusto spazio e la giusta importanza nella vita di tutti i giorni.

Una raccolta poetica interessante, gradevole e stimolante.

giovedì 1 aprile 2021

BENVENUTO, APRILE!



Benvenuto, Aprile ^_^


Ruscello d'Aprile

Caldo e freddo, albe e crepuscoli, l'uno 
sull'altro si sono affollati,
ora m'accorgo che, dacché sono a
Chung-chou, due anni sono passati,
dalle mie porte chiuse non odo, mattina
e sera, che il suon del tamburo,
dalle finestre più alte non vedo altro,
che navi che vengono e vanno.

Gli uccelli col canto mi tentano invano,
ad andare vagando fra gli alberi in fiore
l'erba coi mille colori, invano m'invita
a sedere in riva allo stagno,
Ma c'è una cosa, una cosa soltanto che
non mi stanco mai di guardare;
il ruscello d'aprile, che scorre su sassi,
e bisbiglia, passate le rocce.
(Po Chu-J)



Prato d'aprile

C'era un prato: con folte erbe, frammiste
a bianchi fiori, e gialli, e violetti;
e fra esse un brusio di mille piccole
vite felici; e se sull'erbe e i fiori
spirava il vento, con piegar di steli
tutto il prato nel sol trascolorava.
E volavan farfalle, uguali a petali
sciolti dai gambi; e si perdean rapidi
i miei pensieri in quell'aerea danza
ove l'ala era il fiore e il fiore l'ala.

(Ada Negri)





La canzone dell'amore perduto

Ricordi sbocciavano le viole
Con le nostre parole
Non ci lasceremo mai
Mai e poi mai
Vorrei dirti, ora, le stesse cose
Ma come fan presto, amore
Ad appassire le rose
Così per noi
L'amore che strappa i capelli
È perduto ormai
Non resta che qualche svogliata carezza
E un po' di tenerezza
E quando ti troverai in mano
Quei fiori appassiti
Al sole d'un aprile
Ormai lontano, li rimpiangerai
Ma sarà la prima
Che incontri per strada
Che tu coprirai d'oro
Per un bacio mai dato
Per un amore nuovo
E sarà la prima che incontri per strada
Che tu coprirai d'oro
Per un bacio mai dato
Per un amore nuovo.

(F. De Andrè)




domenica 28 marzo 2021

Recensione: RENDI LA MIA SPERANZA ETERNA. Poesie 2015-1019 di Viviana Rizzo




Attraverso queste poesie - scritte in un arco di tempo che va dal 2015 al 2019 -, la giovane autrice accompagna il lettore in un viaggio nelle parole, introducendolo nel proprio mondo interiore e condividendo con lui pensieri, riflessioni, speranze, su tanti temi, quali la vita, l'amore, l'umanità nel suo essere così complessa e sfaccettata, la natura, il potere creativo ed evocativo della scrittura.
 

RENDI LA MIA SPERANZA ETERNA. Poesie 2015-1019 
di Viviana Rizzo



258 pp
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Sono tanti e diversi i concetti espressi in queste poesie: c'è l'amore per la scrittura, divenuta per Viviana la "ragione prima per cui vivere", per la lettura, che apre la mente ad infiniti mondi.

Trova posto il potere dell'immaginazione, condizione indispensabile per chi scrive, il quale - nel momento in cui intinge il calamaio nell'inchiostro della propria immaginazione - sente di avere la realtà in mano e di poterne parlare attraverso un linguaggio fatto di simbolismi, di associazioni cariche di suggestione, che inevitabilmente stimolano la mente di chi legge.
 
Ci sono riflessioni sull'uomo, la cui unicità e singolarità non possono prescindere dalla massa: 

"la storia è condotta dall'individuo
ma racconta la massa. 
L'azione del singolo 
compone il destino storico della massa".


Le parole, come fotografie, immortalano scatti di vita, che siano persone - la ruvidezza di un pescatore, l'energia degli adolescenti - o la natura stessa (definita "amica sincera"), tra cui ad es. il mare con la sua forza trascinante, o anche soltanto l'attesa dell'alba e la speranza che essa infonde in quanto preludio di un nuovo giorno:

"i fiori continueranno ad esserci 
su questi prati 
e ogni giorno 
il sole saprà ancora risplendere questa aspra terra".


L'arte, in tutte le sue espressioni e forme, parla a chi ad essa si rivolge, donando spesso una sensazione di pace, di serenità, quella che personalmente ho provato io leggendo i versi di Viviana.

E se la poesia è un canale per guardare al mondo e alla vita e rifletterci su, la scrittrice non può non porsi degli interrogativi, che ogni persona prima o poi si pone, e tanto più, a mio avviso, i giovani, assetati di risposte e certezze: domande su cosa fa sì che esista ancora la Bellezza, sul futuro, sul legame tra ragione e passione, su cosa sia la vita stessa, che come un fiume scorre perpetua, donando amarezza e bellezza.

"Che cosa è la vita se non una lunga illusione? 
Che cosa è la vita se non un vittoria mancata?
Vita sinonimo di battaglia, forza e libertà 
e io non ne ho mai abbastanza…"

Sono sempre stata convinta che, tra le varie forme di scrittura, la poesia fosse una di quelle più "intime", con la quale il poeta alza un velo sulla propria interiorità, lasciandoci scorgere - seppure attraverso un linguaggio fatto di metafore, immagini, allegorie - frammenti importanti di sé, del proprio vissuto, dei propri valori, sentimenti, attese, speranze, domande, e se c'è una cosa che emerge, tra le altre, è la vivace sensibilità di una giovanissima donna che alza il proprio sguardo su ciò che la circonda e su ciò che è dentro di sé, e prova a spiegare quel che vede, a condividerlo, a dargli corpo, riuscendoci alla perfezione.

Scrivere poesie è come porsi all'ascolto di una voce interiore, che a volte grida, altre volte sussurra, ma che sempre apre nuovi squarci di orizzonti, e che spesso trova la propria linfa vitale nei preziosi e necessari momenti di silenzio e solitudine.

Una solitudine che non può essere madre dell'isolamento e dell'inazione, di una quiete compagna  dell'apatia e della rassegnazione, ma dalla quale deve generarsi una sana irrequietezza, uno spirito indomito, un'anima che, quasi con disperazione, non smette di sperare e di vivere "feroce e appassionata"

I componimenti di Viviana si susseguono sotto i nostri occhi dando vita ad immagini eteree, profondamente delicate, che assumono ora contorni volutamente più vaghi ed onirici, ora più definiti, come quando ci si sofferma sulle azioni, sulle vittorie e sugli errori dell'umanità, e a parole che sanno essere tanto  delicate e sensibili, quanto energiche, ricche di forza e voglia di gridare al mondo che lei esiste, c'è, e ad attestarlo non è soltanto il suo respiro ma ancor più l'intelletto e la passione che, alimentate dal bene, dall'amore, dalla libertà, muovono all'azione.

"Rendi la mia speranza eterna" comprende liriche davvero belle, che si lasciano leggere una di seguito all'altra senza distrazioni; le ho apprezzate molto sotto tutti i punti di vista: nel linguaggio - che sa essere tanto immediato e semplice quanto elegante e più ricercato (come nella sezione "Le canzoni del vento") - come nelle tematiche affrontate con sincerità e passione.

Ringrazio Viviana Rizzo per avermi fatto dono della copia del suo secondo scritto; se già nel primo (Hey mondo, esisto anche io!) avevo avuto modo di apprezzare la sua sensibilità e curiosità verso la vita, il mondo, la società, e la capacità di trarne interessanti riflessioni e pensieri, in questo libro le sue doti di scrittrice sono sicuramente maturate, nella forma come nei contenuti.

Vi suggerisco di dare un'occhiata al suo interessantissimo blog >> Vivi pensando


Se la realtà fosse fiore
 che appassisce, 
che vive, 
che fiorisce 
e fiorisce ancora, 
allora vorrei esserne 
l’acqua che le nutre
 i petali,
 le foglie,
 le contraddizioni, 
le bellezze. 

Desidero 
che mi appartenga 
l’arte nelle mani
 e nello spirito
 per saper descriverla 
e abbellirla.

Se la realtà fosse fiore,
 allora vorrei che le lacrime
 e le pagine – da cui io dietro mi nascondo siano l’acqua 
che la nutrono.

sabato 27 marzo 2021

Recensione: "DELLA STESSA SOSTANZA DEI PADRI- POESIE AL MASCHILE" di Davide Rocco Colacrai (edizione Le Mezzelane)



A due anni da "Asintoti e altre storie in grammi", il poeta Davide Rocco Colacrai torna con nuova silloge poetica, edita dalla casa editrice Le Mezzelane e dal titolo "Della stessa sostanza dei padri. Poesie al maschile" (72 pag. 11 euro)
,


Il volume, terza silloge edita dalla casa editrice anconetana, si compone di 27 poesie il cui indiscusso protagonista è l'uomo, in tutte le sue sfaccettature e dimensioni.

Ciascuna poesia si concentra su un personaggio maschile differente, sia esso noto al grande pubblico (il ballerino Rudolf Nureyev, il giovane calciatore calabrese Nunzio Lo Cascio, lo scrittore anti castrista Reinaldo Arenas, Stefano Cucch, lo scienziato Stephen Hawking, ecc...), o riguardante il vissuto personale dell'Autore.

Sono persone la cui vita è stata per lui fonte di ispirazione; diverse di esse potremmo definirle in modo semplicistico "sfortunate", in quanto la loro esistenza è stata contrassegnata da esperienze negative, drammatiche, tristi - penso ad es. a Stefano Cucchi, al ragazzino protagonista di Wonder *, a Reinaldo Arenas, - ma non è quello di impietosire lo scopo di chi scrive questi versi.

Il poeta prende spunto dalla sofferenza come dall'amore, dalle lacrime come dai sorrisi, dal dolore come dalle speranze dei ventisette protagonisti per dimostrarci come questi esseri umani - scacciati, umiliati, ignorati, brutalizzati, scherniti - custodissero, ciascuno dentro di sé, una ricchezza e un'umanità  che, superando ogni arida tristezza fine a se stessa, ci induce a riflettere su tematiche tanto attuali quanto difficili da affrontare nel quotidiano.

L'autore dà voce a individui complessi, in un certo senso "scomodi", che ci obbligano a soffermarci su fatti cupi, drammatici, da cui sarebbe più facile distogliere lo sguardo, che sia il ragazzo la cui giovane vita è stata logorata dall'abuso di droga o i gay deportati nei campi di concentramento, o il matto in manicomio, rinchiuso tra mura che lo vedono fare sempre lo stesso triste percorso in labirinti in cui si può solo morire, o il giovane migrante la cui morte interrompe i sogni crudelmente e bruscamente.

Sono versi che danno corpo e concretezza ai vuoti generati dalla solitudine, che narrano il dolore di chi ha visto la propria esistenza risucchiata in abissi di sofferenza, che esaltano le capacità e l'estro quali strumenti di libertà e di espressione di sé.

Sono poesie che svelano un'anima tutta al maschile pregna di sensibilità, di ardore, di amore, di malinconia e tenerezza, di forza e debolezza; parole che ci colpiscono per il loro essere eleganti e raffinate ma mai distanti dalla concretezza del vissuto umano, che viene raccontato con franchezza e delicatezza insieme, con grande intensità e potenza evocativa; versi che ci mettono davanti alla fragilità dell'essere umano, a singole esistenze, vissute intensamente e voracemente, che avevano tanto da dire e da dare ma con cui il destino non sempre è stato generoso, all'imperfezione dell'amore vero, all'anelito di libertà che resiste nel cuore di chi non si piega neppure davanti alla ferocia delle persecuzioni. 

Consiglio questa raccolta davvero meritevole, in particolare a quanti amano leggere poesie che,  grazie alla sensibilità e alla capacità espressiva dell'autore, permettono di confrontarci con altre prospettive da cui guardare il mondo, gli altri, e di riflettere su temi etici e civili importanti.


L'autore.
Giurista e Criminologo, Davide Rocco Colacrai è al suo dodicesimo anno di carriera e partecipazione a Premi Letterari; ha infatti ricevuto numerosissimi riconoscimenti nazionali e internazionali. Tra gli ultimi: il Premio Letterario Europeo “Massa, città fiabesca di mare e marmo” (aggiudicato per il secondo anno non consecutivo), la Medaglia di Bronzo per Meriti Letterari al Premio Internazionale “Medusa Aurea” organizzato dall’A.I.A.M. (dopo aver vinto quella d’oro per due volte consecutive) e il Premio come Poeta dell’anno all’omonimo Premio Internazionale organizzato da Otma2 Edizioni
Ė autore dei seguenti libri: “Frammenti di parole” (2010), “SoundtrackS” (2014), “Le trentatré versioni di un’ape di mezzanotte” (2015), “Infinitesimalità” (2016), “Istantanee Donna (poesie al femminile)” (2017), “Il dopo che si ripete, sempre in sordina” (2018) e “polaroiD” (2018), che ama presentare sotto forma di spettacoli di “poesia in teatro”, con cui gira da alcuni anni l’Italia.
Hanno scritto di lui Alfredo Rienzi, Carmelo Consoli, Livia de Pietro, Armando Saveriano, Italo Bonassi, Flavio Nimpo, Mauro Montacchiesi, Gordiano Lupi, Alfredo Pasolino, Stefano Zangheri e molti altri. Nel tempo libero, insegna matematica, studia recitazione, è autore radiofonico per whiteradio.it, colleziona 45 giri da tutto il mondo (ne possiede duemila), ama leggere, praticare sport all’aria aperta e viaggiare.





mercoledì 17 marzo 2021

Milena Edizioni: le novità di marzo




Ed eccovi le ultime quattro nuove uscite del mese firmate Milena Edizioni, dalla narrativa umoristica alla poesia, senza dimenticare i racconti per l'infanzia.


LA STRANA DITA DI CARLOS MUŇOS di Benedetta Zema.

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Carlos è cileno ma vive a Roma, dove è giunto da ragazzo in fuga dalla sua terra d’origine. Ogni tanto  la sua mente gli gioca qualche scherzo e lo mette in situazioni scomode.

Un giorno tre individui lo ingaggiano per un lavoro da autista ben pagato, accetta ma non riesce a spiegarsi perché gli diano tutti quei soldi. 
Quando scoprirà il motivo e vorrà tirarsene fuori, si renderà conto di esserci dentro fino al collo. 
La sua ingenuità lo metterà in guai via via più grossi, che dovrà affrontare con coraggio.

Intanto non smette mai di cercare il suo amore perduto, Marina, che si è lasciato sfuggire suo malgrado.
Nonostante le sue stranezze, Carlos è di animo buono ed è sempre disposto ad aiutare il prossimo. Riuscirà a ritrovare il suo vero amore e a salvarsi le penne?


.
SENZA VOCE di Alessandra Manara: l'autrice accompagna il lettore in punta d'anima nella sua prima raccolta, espressione del mondo sotterraneo e terricolo delle sue poesie, trasportandolo in una dimensione altra. 
Nel flusso dei versi senza titolo si annidano saldi ancoraggi razionali, scaturiti dalla vertigine emotiva del suo percorso esistenziale.
Con leggiadria e delicatezza crea un'impalpabile architettura poetica ispirata a Sylvia Plath, a cui dedica una lirica sofferta, colma d'amore e ammirazione.





PER SEMPRE di Sara Gazzilli (ill. Samira Parasole).

Esther e Camilla, due sorelle diverse tra loro che gli eventi della vita renderanno più unite.
Camilla, dolce e gentile, Esther, altezzosa e presuntuosa, saranno messe a dura prova dal Regno della natura e da una gentile ninfa dei boschi che valuterà la bontà del loro cuore.

Un viaggio in un mondo magico, un dono speciale, due regni contrapposti e una prova da superare.

Un'occasione per capire cosa conta davvero e cosa vivrà per sempre nella nostra vita.



LUNA E GLI AMICI DEL BOSCO di Elena Auricchio, Francesco Lopez Visicchio
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Luna Cagnolina e i suoi amici Ramy Randagio e Bea Coniglietta sono alle prese con una caccia al tesoro molto speciale nel bosco, quando vengono sorpresi dagli spari dei cacciatori. 
Luna spaventata conosce così Miss Talpa e Lulù la Volpe, che la rassicurano e le raccontano di quanto i cacciatori abbiano cambiato le vite di tutti gli abitanti del bosco. 
Luna, Ramy e Bea, assieme ai nuovi amici, decidono allora di dare una lezione ai cacciatori! 
Ne vedremo delle belle...










giovedì 31 dicembre 2020

BUON 2021


Carissimi lettori e amici, di cuore vi auguro un sereno e gioioso 2021, ricco di soddisfazioni e felicità!

Un anno nuovo in cui tornare ad essere positivi... nel senso più bello della parola :-D


IL PRIMO GIORNO DELL'ANNO


Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino
diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte
con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte
lo andiamo a ricevere
come se fosse
un esploratore che scende da una stella.

Come il pane assomiglia
al pane di ieri,
come un anello a tutti gli anelli…
La terra accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline
lo bagnerà con frecce
di trasparente pioggia
e poi lo avvolgerà
nell’ombra.

Eppure
piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell’anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani
a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.

Pablo Neruda




martedì 15 dicembre 2020

Recensione. "Echi di Romanticismo" di Eleonora Zizzi

 

"Echi di Romanticismo" è una raccolta di poesie scritta con elegante ricercatezza, in cui i temi trattati e lo stile di scrittura attingono alla cultura classica, nonché al genere gotico e al Romanticismo.



Echi di Romanticismo
di Eleonora Zizzi



CTL (Livorno)
94 pp
>>  LINK AMAZON >>


"Non è forse questo il vero poeta?
Trasparenti dalle crude parole,
l’inspiegabile, l’astrazione del vissuto"


Le emozioni e i contenuti cui l'Autrice dà voce - che siano il Dolore, l'Amore, la Passione, il potere dei ricordi... - vengono espressi come esperienze travolgenti, che lacerano, straziano, che sono sentite in modo intenso, viscerale,  come qualcosa che pretende il proprio spazio nel vissuto di chi scrive e fa quindi sentire la propria presenza, ora con forza, ora con tenerezza.

"Non parlare,
il tuo silenzio comunica oltre mille parole.
Sarà valso un solo sguardo,
per perdermi in un dolce sognar
e così nel nostro Destino,
unico plasmato respiro
(Il cerchio del nostro destino)



"Cupido non trafisse con il modesto dardo,
bensì con la spada,
uccise con la gelida lama
nel sangue della nostra passione,
ma batte ancora per l’eternità." 

(Come una lama nel cuore)


Sono versi scritti con una penna raffinata, originale, intensa, che ben sa esprimere la capacità della poetessa di guardare dentro di sé e dentro l'Uomo in generale (analizzandone pensieri, paure, sentimenti, coscienza), di sentirsi un tutt'uno con la Natura, che al pari di un personaggio a tutti gli effetti, con un'anima e un sentire propri, di volta in volta è descritta in modo da rispecchiare emozioni e riflessioni diverse.
Le poesie sono rese suggestive da un'aura onirica, da atmosfere da sogno in cui a guidare ogni descrizione di paesaggi o pensieri è il potere creativo e immaginifico della mente di dare vita a mondi che vanno oltre il terreno e l'umano.


È una silloge i cui componimenti sono ricchi di metafore, simbolismi, richiami ancestrali, che attingono a tematiche e a un linguaggio che appartengono alla mitologia, alla narrativa fantastico-fiabesca e a quella classica.

Opera consigliata in special modo a chi ama le poesie e apprezza un linguaggio poetico ricercato e forbito. 

lunedì 14 dicembre 2020

Segnalazioni editoriali (dicembre 2020)



Buon pomeriggio, oggi vi presento alcune recenti pubblicazioni appartenenti a diverse realtà editoriali.


Partiamo da un ROMANCE pubblicato da Delos Digital.


Ubriaca d'amore di Marina Rodriguez  (LINK C.E.     -     LINK AMAZON)

Delos digital Srl
Collana: Odissea Romantica 
151 pp
Formati: epub, kindle
 2,99 euro
USCITA: Dicembre 2020

Leslie ha 35 anni e una vita tutta da reinventare, dopo che il suo fidanzato Daniel, chef e proprietario di un ristorante a Londra, l'ha lasciata per una esperta di vini. 
Leslie, pasticcera di origini italiane, senza una carriera ben definita, decide di saperne di più di vini pregiati e finirà per frequentare un corso di sommelier. Nella sua vita, però, si affaccia un bell'imprevisto: il dottor Adrian Miller, che sembra portarle di nuovo il sorriso. 
Aiutata dalla sua amica Monica e dal suo amico di sempre Jack, Leslie cambierà totalmente modo di guardare alla vita.

L'autrice.
Marina Rodriguez è nata a Napoli, 34 anni fa. Scrive poesie. Ha lavorato come giornalista per giornali locali campani e come insegnante di lezioni private. Ha partecipato a molti concorsi di poesia (finalista al premio Aletti editore 2020). Questo è il primo romanzo che pubblica.



POESIA
Kimerik Ed.
84 pp


Gocce di rugiada sulle spine del mondo di Maria Alberti

Gocce di rugiada sulle spine del mondo racchiude i pensieri, i ricordi e gli affetti più intimi dell'autrice. Si ritrovano le tematiche a lei più care - dalla religione alla natura, sino al dolore e alla perdita di figure importanti - con l'attenzione rivolta sempre al presente e alla sua problematicità.

Note autore: Maria Alberti è nata a Milazzo nel 1945 e vive a Barcellona Pozzo di Gotto (ME). E' stata docente di scuola media. Autrice di poesie, trae ispirazione soprattutto da temi religiosi e dal quotidiano.


NOIR/GIALLO


Dall’abile penna della scrittrice Marina Bertamoni, una nuova indagine per l’Ispettrice Luce Frambelli - edito da Fratelli Frilli Editori.


LA PAZIENZA DELLA FORMICA  di Marina Bertamoni (256 pp, 14.90 euro)
 
,
Milano, nei pressi della stazione ferroviaria di Rogoredo, vicino al famigerato “boschetto”, tristemente noto alle forze dell’ordine come quartiere di spaccio della droga, viene trovato il cadavere di un senza tetto morto per assideramento. L'uomo sembra avere due identità.
La foto che appare nel documento ritrovato all’interno della giacca del defunto appartiene a un certo Andrea Lorchi, pilota di velivoli da turismo dato per disperso vent’anni prima in un tragico incidente in cui ha perso la vita Alberto Castrovillari (manager di alcuni dei nomi più noti del mondo dello spettacolo) mentre il nome che appare nel documento è di Charles Martin, cittadino francese.

Su quello strano incidente aereo, sul quale non si è fatta ancora chiarezza, deve occuparsene la Questura di Lodi.
Riorganizzare il lavoro e le idee non è facile per la squadra composta dall’ispettrice Luce Frambelli, Fabrizio Calligaris (suo collega) e l’ispettore capo Pasquale Campiglio, soprattutto dopo la drammatica morte per suicidio del Vice Questore Paolo Binaschi, avvenuta solo poche settimane prima. 
Il romanzo conduce su binari diversi, non solo per il mistero di una morte ancora tutta da chiarire e che risulterà sempre più complesso e intrigante, ma anche per un altro mistero non risolto che coinvolge Luce in prima persona e riguarda la sua sfera privata e le sue origini. 

L'autrice.
Marina Bertamoni è nata a Milano nel 1961. Laureata in Scienze Geologiche, lavora da più di trent’anni in una multinazionale dell’energia. Scrive racconti e romanzi gialli e noir, ambientati nella provincia italiana. Suoi racconti sono presenti nelle antologie dei premi “Orme Gialle“ e “Garfagnana in Giallo”, mentre i romanzi che hanno per protagonista Luce Frambelli, giovane ispettrice della Questura di Lodi, pubblicati da Fratelli Frilli Editori, sono stati premiati in prestigiosi concorsi letterari, tra i quali ricordiamo il “Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo” e il “Premio Letterario Festival Giallo Garda”.

mercoledì 11 novembre 2020

Segnalazione - raccolta di poesie "Echi di Romanticismo” di Eleonora Zizzi



Cari lettori, questa sera desidero segnalarvi la nuova raccolta poetica della scrittrice Eleonora Zizzi, dal titolo  "Echi di Romanticismo”.


Echi di Romanticismo
di Eleonora Zizzi

Editore: CTL
94 pp
2020
La poetica di Eleonora Zizzi denota un tipo di necessità che diviene logos allorché si manifesta il bisogno di comunicazione scritta. 
Cólta, originale e innovativa, preziosa nei significati e costellata di belle ambientazioni la poesia della nostra svela una diversa maniera di porsi anche in relazione ad un nuovo modo di essere che conduce ad una maggiore coscienza del proprio sé. 
Un dialogo, questo, mirante alla costruzione di mondi veri, mondi capaci di creare e diffondere la meraviglia della Natura quale forma transitoria dell'Uomo e immagine visibile e immanente del divino. I motivi ispiratori, gli aspetti formali, i tratti tematici e le linee strutturali orientano la scelta antologica in direzione della completezza espressiva, sempre animata da quella tensione interiore che induce a soffermarsi sul tessuto letterario per lo più legato alla cultura underground senza, però, perdere di vista le forme codificate di poesia, prosa e teatro. 
Nei motivi cardine si scorge il continuo richiamo alle correnti letterarie e alle fonti di ispirazione spesso ravvisabili nel desiderio di poter realizzare una raccolta ben strutturata e in sintonia con la spontaneità artistica, immediatezza che determina l’orizzonte poetico e concorre a richiamare temi e motivi della cultura classica, del genere gotico e del movimento romantico.


L'autrice.
Eleonora Zizzi è nata a Pinerolo (TO) nel 1996. Inizia la sua attività di scrittrice a quindici anni sia con romanzi brevi, genere in cui si specializza, sia con la poesia, cui diventerà presto elemento nutritivo del suo blog. Pubblica il suo primo romanzo nell'ottobre 2015 dal titolo La morale di Venere. Partecipa al concorso "Mario Luzi"; nel 2016 e viene inserita nell'Enciclopedia della Poesia Italiana contemporanea con la nomina ufficiale di scrittrice. Nel 2018 le viene assegnato il Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea "Laura Capone Editore"; con la poesia L'amore è come un gioco. Dal 2017 rinnova completamente il format del suo blog, arricchendolo di nuove rubriche (storia, letteratura e cronaca) e collaborazioni. Ora si dedica alla stesura di nuovi romanzi, poesie e progetti editoriali. 


DISPONIBILE (al momento) su libreriauniversitaria.it,  Libroco,  Libraccio,  IBS, Librerie Coop, Feltrinelli e Mondadori.

Blog dell’autrice: https://storytellerseyewords.com/


lunedì 2 novembre 2020

'A LIVELLA - Antonio De Curtis


'A morte 'o ssaje ched'e".... è una livella.




'A LIVELLA

Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fa' chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.

Ogn'anno puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado, e con i fiori adorno
il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza


St'anno m'è capitata 'n'avventura...
dopo di aver compiuto il triste omaggio
(Madonna), si ce penzo, che paura!
ma po' facette un'anema 'e curaggio.

'O fatto è chisto, statemi a sentire:
s'avvicinava ll'ora d' 'a chiusura:
io, tomo tomo, stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

"QUI DORME IN PACE IL NOBILE MARCHESE
SIGNORE DI ROVIGO E DI BELLUNO
ARDIMENTOSO EROE DI MILLE IMPRESE
MORTO L'11 MAGGIO DEL '31."

'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto...
... sotto 'na croce fatta 'e lampadine;
tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto:
cannele, cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore
nce steva n'ata tomba piccerella
abbandunata, senza manco un fiore;
pe' segno, solamente 'na crucella.

E ncoppa 'a croce appena si liggeva:
"ESPOSITO GENNARO NETTURBINO".
Guardannola, che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! 'Ncapo a me penzavo...
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s'aspettava
ca pure all'atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,
s'era ggià fatta quase mezanotte,
e i' rummanette 'chiuso priggiuniero,
muorto 'e paura... nnanze 'e cannelotte.

Tutto a 'nu tratto, che veco 'a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia...
Penzaje; stu fatto a me mme pare strano...
Stongo scetato ... dormo, o è fantasia?

Ate che' fantasia; era 'o Marchese:
c' 'o tubbo, 'a caramella e c' 'o pastrano;
chill'ato appriesso' a isso un brutto arnese:
tutto fetente e cu 'na scopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro...
'o muorto puveriello... 'o scupatore.
'Int' a stu fatto i' nun ce veco chiaro:
so' muorte e se retireno a chest'ora?

Putevano stà 'a me quase 'nu palmo,
quando 'o Marchese se fermaje 'e botto,
s'avota e, tomo tomo... calmo calmo,
dicette a don Gennaro: "Giovanotto!

Da voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me che sono un blasonato?!

La casta e casta e va, si, rispettata,
ma voi perdeste il senso e la misura;
la vostra salma andava, si, inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la vostra vicinanza puzzolente.
Fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso
tra i vostri pari, tra la vostra gente".

"Signor Marchese, nun è colpa mia,
i' nun v'avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie b stata a ffa' sta fessaria,
i' che putevo fa' si ero muorto'?

Si fosse vivo ve farrie cuntento,
pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse,
e proprio mo, obbj'... 'nd'a stu mumento
mme ne trasesse dinto a n'ata fossa."

"E cosa aspetti, oh turpe macreato,
che 1'ira mia raggiunga 1'eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei gih dato piglio alla violenza!"

"Famne vedé... piglia sta violenza...
'A verità, Marché', mme so' scucciato
'e te senti; e si perdo 'a pacienza,
mme scordo ca so' muorto e so' mazzate!...

Ma chi te cride d'essere... nu ddio?
Ccà dinto, 'o vvuò capì, ca simmo eguale?...
... Morto si' tu e muorto so' pur'io;
ognuno comme a 'n'ato è tale e qquale."

"Lurido porco!... Come ti permetti
paragonarti a me ch'ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?"

"Tu qua' Natale ... Pasca e Ppifania!!
 T' 'o vvuo' mettere 'ncapo... 'int' 'a cervella
che staje malato ancora 'e fantasia?...
'A morte 'o ssaje ched'e".... è una livella.

'Nu rre, 'nu maggistrato, 'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt' 'o punto
c'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme
tu nun t'he fatto ancora chistu cunto?

Perciò, stamme a ssenti... nun fa' 'o restivo,
suppuorteme vicino - che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie... appartenimmo â morte!"
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