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venerdì 29 dicembre 2023

< RECENSIONE > L'UMILIAZIONE di Philip Roth



Breve e triste storia di un ultra sessantenne che, nonostante la lunga e dignitosa carriera d'attore alle spalle, non riesce più a trovare il senso né del proprio mestiere né di sé stesso. Smarrito, depresso e frustrato, pensa di poterlo trovato in una relazione amorosa.


L'UMILIAZIONE
di Philip Roth

Einaudi
trad. V.Mantovani
113 pp
Simon Axler è un attore di teatro, tra i più famosi e apprezzati della sua generazione, che però - superati i sessant'anni - sente di aver perso la magia dell'amata professione, il proprio talento e quella sicurezza che lo ha sempre accompagnato sul palcoscenico. 

Una sorta di depressione l'ha colto: non si sente più capace di recitare, teme di essere ridicolo, di non piacere più al suo pubblico.
Vede sé stesso come un idiota senza capacità, ormai incamminatosi nel viale del tramonto professionale ed esistenziale.

A nulla servono le esortazioni del suo agente, che cerca di convincerlo che nessuno è esente da momenti di crisi, che però sono passeggeri, non è grave: sono fasi della vita, le si affronta e le si supera, riacquistando fiducia in sé stessi e rialzandosi più forti di prima.

Ma Simon non si lascia persuadere da discorsi retorici e per lui vuoti: al di là delle chiacchiere c'è la realtà dei fatti: lui non riesce più a salire su un palco e si sente sconfitto e inutile.

A livello affettivo, poi, non va meglio, a causa di un matrimonio naufragato alle spalle.

Per non impazzire del tutto decide di farsi ricoverare in un istituto psichiatrico per "curarsi" e rimettersi in sesto; lì conosce una donna, Sybil, che gli racconta la propria drammatica storia e che gli chiede addirittura aiuto per darle una mano a "risolverla". Mano che, saggiamente, l'attore rifiuta di darle in quanto lo metterebbe nei guai...

Uscito dall'ospedale, una nuova opportunità di vita gli si apre ed è rappresentata da una donna più giovane di lui di venticinque anni: Pegeen.
La donna non è una nuova conoscente, tutt'altro: è la figlia di una coppia di colleghi e amici di vecchia data dello stesso Simon.

Con Pegeen scoppia la passione, l'intesa a letto è perfetta e con lei accanto Axler si sente rinascere, si sente vivo e nuovamente in grado di immaginare un futuro non più deprimente.

Ma la disillusione è dietro l'angolo, pronta a sferrare il suo attacco impietoso e fatale alle spalle già stanche del "vecchio" Simon.

"L'umiliazione" è un romanzo breve che ruota attorno alle frustrazioni e alle paranoie del protagonista, la cui mente viaggia a mille all'ora, perdendosi in ricordi, domande, timori, desideri repressi; l'età avanza e non porta con sé saggezza e serenità, né l'equilibrata soddisfazione di aver raggiunto comunque dei traguardi fino a quel momento, bensì è foriera di nuovi terrori e angosce, della cupa consapevolezza di essere sulle soglie di un dirupo, davanti al quale non ci si può che chiedere: "Che faccio, mi butto? Tanto a che serve continuare a vivere?".
L'illusione di poter riassaporare le gioie della vita attraverso la relazione con una donna più giovane, con cui i desideri erotici si risvegliano (le scene riguardanti il sesso sono decisamente esplicite, io le ho trovate più fastidiose che altro), diventa una forma di consolazione a fronte di una prospettiva esistenziale grigia e piatta.
In poche pagine Roth, con il suo inconfondibile stile essenziale e diretto, ci mostra la discesa verso l'autodistruzione di un uomo non più in grado di ritrovarsi e di ritrovare ciò che dà (ancora) senso al proprio esistere, e al quale non restano altro che briciole di disincanto e disinganno.
Roth è un pilastro della letteratura contemporanea, però questo suo romanzo non è proprio un capolavoro imperdibile..., per cui non mi sento di consigliarlo in maniera spassionata, a meno che non siate delle sue fans sfegatate. 


mercoledì 27 dicembre 2023

# RECENSIONE # LA BESTIA di Carmen Mola



Madrid, 1834. Una terribile epidemia di colera sta mettendo in ginocchio la città ma questa non è l'unica piaga ad infestare le strade: c'è un essere spietato, oscuro e inafferrabile che rapisce le bambine dei quartieri più poveri e ne smembra i corpi. 
Lo chiamano la Bestia.
Chi è? Cosa lo spinge a commettere certe atrocità e a profanare i corpi delle povere innocenti, tutte aventi più o meno la medesima età (puberale)?
Un romanzo storico avvincente, con il ritmo di un thriller e le atmosfere cupe di un noir, che ci porta per le vie di una Madrid pericolosa, in cui si annidano spaventosi segreti e intrighi fatali.


LA BESTIA 
di Carmen Mola


Ed. Salani
trad. M. Sottini
496 pp
Lucía è una ragazzina di 14 anni che vive con la mamma Candida e la sorella minore Clara; la loro vita è contrassegnata da stenti, povertà e, adesso, malattia: la mamma si è ammalata di colera, a causa della quale vengono scacciate di casa per questioni di igiene e prevenzione dell'epidemia e da quel momento le cose peggiorano.
Candida muore, lasciando a Lucía tutta la responsabilità di badare alla sorellina.
Racimolare un tozzo di pane secco da mettere sotto i denti è tutt'altro che facile ma Lucía è determinata a non morire di fame e di freddo, e pur di sfamare Clara è disposta a rubare... e non solo.

È proprio un furtarello a dare inizio a quello che sarà per lei e Clara un vero e proprio incubo.
Un giorno ruba, nell'abitazione di un religioso, un anello con uno strano simbolo e non sa, non immagina minimamente che quell'oggetto la metterà in seri guai.

Non solo, ma per garantire cibo e vestiti per sé e per Clara si decide a fare una cosa che, se fosse ancora in vita Candida, non avrebbe mai neanche lontanamente pensato di fare: prostituirsi...

Lucía sa di attirare le attenzioni e gli sguardi lascivi degli uomini, con la sua chioma rossa ribelle, la sua pelle bianca come il latte, il corpo con le forme al posto giusto e un viso già bello che promette di diventarlo ancora di più.

Benché il sol pensiero di concedersi per danaro a degli uomini di ogni genere la ripugni moltissimo, Lucía sente che, in quel momento, è l'unica strada per fare soldi velocemente; il suo obiettivo è prendere Clara e andare via da quella città infestata dalla piaga del colera, verso una nuova vita e un futuro più roseo.

Si reca quindi presso il più noto bordello di Madrid (frequentato anche da uomini importanti e ricchi) e diventa ben presto la preferita di colei che lo gestisce e che vede in quella ragazza dai capelli rossi e dallo sguardo deciso una sicura fonte di guadagni.

Intanto, nei popolosi, sporchi e infettati quartieri poveri di Madrid, la gente non muore solo di colera e altre malattie, o di povertà: la morte sta scegliendo le sue prede: tutte ragazzine di circa 11-12 anni, che all'improvviso scompaiono; alcune di esse, dopo diverso tempo, sono state ritrovate morte, con il loro debole corpo mutilato e con in bocca un oggetto (un distintivo), che parrebbe essere una sorta di "firma" da parte dell'assassino.

La povera gente mormora che si tratti di una creatura mostruosa, feroce e inafferrabile (un grosso animale forse...?), ma non tutti si accontentano di darsi spiegazioni di questo genere, che non portano a nulla e non spingono a indagare ma solo a rassegnarsi di fronte a queste morti.

Del resto, sono solo delle ragazzine provenienti da famiglie di straccioni e la polizia non è motivata a indagare seriamente.
A nessuno interessa individuare la mano assassina? E che dire del destino di quelle ragazze svanite nel nulla e ancora non ritrovate (né vive né morte)?

A qualcuno però interessa e costui si chiama Diego, un giornalista testardo e temerario che non accetta la storiella dell'animale feroce acquattato nel buio che si avventa sulle fanciulle e mette pure nella loro bocca un distintivo (sarebbe assurdo), così decide di avviare una personale e meticolosa indagine, coinvolgendo l'amico Donoso, un poliziotto guercio, cinico ma leale.

Diego si appassiona al caso della cosiddetta Bestia, fa domande in giro, cerca di collegare informazioni e possibili indizi, vuol mettere in guardia i madrileni circa la presenza di un assassino di bambine che si aggira tra loro, ma trovare appoggi è difficile, a cominciare dal capo del giornale per cui scrive e che è scettico nel voler affrontare un caso su cui c'è poco materiale e nessuna certezza.

Determinato e mosso da giusti principi, Diego non si arrende e quando conosce la duchessa Ana Castelar (di cui si infatua, ricambiato) crede di aver trovato in lei un'alleata nella ricerca della verità; non solo, ma il destino gli presenta anche Lucía, che è disperata perché Clara è scomparsa, non si trova da nessuna parte e non c'è alcuno che possa aiutarla a capire dove sia finita.

E se fosse anche lei vittima della Bestia?

A complicare le cose si aggiunge un fatto inaspettato che, se da una parte potrebbe sembrare la soluzione al caso delle ragazzine assassinate, dall'altra non lo risolve affatto, perché altre bambine continuano a sparire (come Clara, appunto) nonostante colui che sembrava essere la Bestia sia stato ucciso.

Anche Diego e la stessa Lucía sono persuasi che l'omone dall'aspetto spaventoso trovato assassinato potesse essere la Bestia, ma se così fosse e se avesse rapito lui Clara, come farà Lucía a scoprire cosa è successo alla sorella e a ritrovarla?


La narrazione è in terza persona e ci presenta diverse prospettive, non solo quella di Lucia o Diego, ma anche della stessa Bestia, di Donoso, delle ragazzine rapite, così da avere la possibilità di vedere i fatti drammatici e oscuri che stanno accadendo da più punti di vista.

Il ritratto che ne viene fuori è quello di una Madrid in cui avvengono, di nascosto e col favore delle tenebre, cose atroci, abominevoli.

Chi c'è davvero dietro i rapimenti delle ragazzine? 
A chi appartiene la mano assassina, che non solo uccide ma prima tortura crudelmente, dilaniando i poveri corpi della sfortunate vittime?
Con che criterio queste ultime vengono scelte?

Ciò che Diego, Lucía ed altri personaggi interessati (ciascuno per ragioni proprie) alle funeste vicende, scopriranno è qualcosa di abietto, l'essenza del Male che si annida dietro esistenze ammantate di religiosità, di benessere e ricchezze, di buona reputazione agli occhi della società ma che covano il marcio, la crudeltà, portando avanti superstizioni medievali bagnate di sangue vergine, che nascondono fini politici (i riferimento storici al carlismo hanno un posto non irrilevante nella storia) e che mescolano una fede malata e deviata con credenze pagane e innominabili.

Allora chi o cosa è la Bestia? Sì, è vero, è una creatura mostruosa, ma essa non ha le corna in testa, il forcone in mano e la pelle butterata o viscida: è una Bestia "a più teste", furba, subdola, che si aggira per le strade della capitale spagnola in maniera sottile, una piovra avvelenata che allunga i propri minacciosi tentacoli ovunque, infilandosi tra uomini di chiesa, donne ricche e annoiate e personaggi di spicco insospettabili, legati tra loro da patti segreti, siglati con sangue e giuramenti.

"La Bestia" è un thriller storico davvero appassionante, dallo stile accattivante, che immerge il lettore nel periodo in oggetto, facendolo sentire parte integrante di quella cupa realtà madrilena, in cui la morte, il dolore, la malattia e la disperazione si respirano a ogni passo, in cui si percepisce la presenza del Male (incarnato da individui senza coscienza, che davvero hanno venduto la propria anima al malvagio), un Male che colpisce i poveri, i disgraziati, gli indifesi, quelli per cui nessuno si batte e che nessuno si degna di aiutare e salvare.

Lucía, Clara e le bambine vittime della Bestia fanno parte di coloro che hanno bisogno di aiuto perché da sole non possono salvarsi; persone come Diego e pochi altri sono delle eccezioni preziose perché ancora conservano la propria umanità e non si voltano dall'altra parte per non farsi sporcare dal marciume attorno a sé.

Personalmente questo libro non l'ho letto bensì ascoltato su Audible e l'ascolto è stato oltremodo piacevole in quanto il narratore è bravissimo, espressivo, il che ha reso l'esperienza molto gradevole e  fluida.
Le pagine relative alle attività della Bestia sono "forti", tanti sono i momenti "neri", dark, e tanti anche quelli drammatici e più avventurosi; è stata davvero una bellissima scoperta e infatti l'ho inserito nella Top Five dei libri più belli del 2023.

Ve lo consiglio, la storia è trascinante e, se amate il genere, vi esorto a dargli un'opportunità.

Curiosità: Carmen Mola è lo pseudonimo di tre scrittori e sceneggiatori spagnoli Jorge Díaz, Antonio Mercero e Agustín Martínez; per Mondadori era già uscito nel 2019 La sposa di sangue.

domenica 24 dicembre 2023

> RECENSIONE < RUBATA - La promessa di Dante - di Natasha Knight

 


Dante ha finalmente ritrovato Mara, rapita quando era solo una bambina e finita per quindici anni in un vero e proprio inferno, nelle mani di uomini perversi e spietati che hanno abusato di lei.
Adesso che l'ha liberata da suoi carcerieri, Dante è intenzionato a proteggere Mara da chiunque voglia farle ancora del male.



RUBATA
- La promessa di Dante -
di Natasha Knight



trad. F. Giraudo
Serie: "Con questo anello..."
#3
pp. 245
"Mi piace uccidere. Ma non le farò del male. Mai. E che le piaccia o no, ora sono suo.
Il suo protettore.
Il suo mostro.
Quello che ucciderà a tutti gli altri mostri del suo mondo."

Dante Grigori è riuscito a liberare Mara dalle mani del malvagio Petrov, che ha fatto della ragazza la sua schiava del sesso, un corpo senza volontà e senza diritti di cui lui disponeva come e quando voleva (e non solo lui...) per trastullarsi e sfogare i propri istinti più bassi.

Quindici anni: questo è il tempo che Mara - la bella e bionda ragazza dagli occhi tanto incantevoli quanto impauriti, dietro cui si cela, però, un guizzo di coraggio e fierezza - ha trascorso prigioniera di Petrov, sopportando abusi fisici, sessuali, psicologici inimmaginabili, che spezzerebbero chiunque.

Ed infatti, quando Dante riesce e liberarla, a portarla via con sé, ciò che vede è un angelo bellissimo ma dalle ali ferite, dal corpo segnato, dal cuore sanguinante.

Mara è diffidente, restia a dare la minima fiducia a chicchessia, finanche a coloro che l'hanno rubata al terribile Petrov.
Come potrebbe essere diversamente, visto che da quando aveva cinque anni è stata circondata da gente priva di morale, di pietà, di umanità, che l'ha trattata come una bambola senza volontà e sentimenti?

Mara conosce un solo tipo di uomini: quelli senza cuore, violenti, pronti a colpirti, punirti, drogarti per fare ciò che vogliono di te.

E adesso questo ragazzo, che dice di essere Dante e di conoscerla, pretende di essere il suo "salvatore", il suo eroe, colui che l'ha salvata dai mostri.

Chi è Dante per Mara? E chi è Mara per Dante?

NOTA: non avendo io letto i precedenti volumi, mi sono ritrovata con una galleria di personaggi già comparsi altrove, di cui invece io non sapevo nulla, per cui tutto ciò che ho appreso su di essi - del loro passato, vissuto, ruolo, legami ecc... - è avvenuto durante la lettura.

Mara e Dante si sono conosciuti tanti anni prima, quando la prima, da piccola, viveva in casa con la famiglia di Dante ed era la migliore amica della sorellina di lui (Lizzie); ma purtroppo, quindici anni prima è accaduto qualcosa di tragico e doloroso che ha stravolto la vita di tutti loro, portando via Mara (che è stata rapita e poi venduta a Petrov) e togliendo tanto anche a Dante, il quale ha avuto dalla vita la sua parte di prove e sfide da affrontare.

Dante adesso è un giovane uomo dall'anima nera, dal corpo muscoloso e pronto a combattere, dal viso segnato da cicatrici e da una benda su un occhio che gli ricorda ogni minuto cosa ha attraversato, quanto sporche sono le mani e quanta rabbia gli scorra nelle vene.

Dopo dieci anni da quel maledetto giorno in cui la sua famiglia è stata segnata per sempre e Mara rapita, Dante è riuscito a scoprire che ne è stato di lei: Mara era viva e riprenderla e portarla a casa è stata la sola missione degli ultimi cinque anni della vita di Dante.

Ora Mara è al sicuro, con lui e protetta dagli amici e dai suoi addestrati "soldati": nessuno la rapirà più, nessuno le farà ancora del male.

Ma purtroppo il passato di Mara non ha smesso di reclamarla: lei è ancora in pericolo e sono in diversi a cercarla, ognuno per ragioni personali, e la maggior parte di queste ragioni non sono buone...

Mara, dopo la diffidenza iniziale, comincia a sciogliersi e prova a fidarsi di quel bellissimo ragazzo che dice di essere Dante, il fratello della sua amichetta Lizzie, il ragazzino di cui Mara, da bimba, era infatuata.

Eppure questo Dante non sembra più quello di prima: è più duro, cinico, ombroso, prepotente, troppo sicuro di sé.
Ma è anche pericolosamente bello, grosso, pretende di essere ubbidito e questo ha un doppio effetto su Mara, che finora è stata sempre comandata come un giocattolo: la indispone ma, al contempo, stuzzica il suo interesse e le smuove qualcosa nello stomaco.

E se lui fosse il suo angelo, colui che il destino le ha mandato perché nulla di male le accada più?
Mara lo sa che Dante non è un santo, anzi; lui stesso le dice di essere anch'egli, a modo suo, "un mostro", di avere ucciso e di essere stato feroce.
Ed è pronto ad esserlo ancora se Petrov o chi per lui tornassero a cercare la sua Mara.

Benché Dante sia accorto, acuto, furbo, razionale e ben equipaggiato a fronteggiare nemici pericolosi e armati fino ai denti, il rischio di perdere nuovamente Mara si farà concreto e mantenere la promessa - quella di proteggerla - non si rivelerà affatto scontato e semplice.

"Rubata" è un romance bello movimentato, avventuroso, intrigante, che alterna momenti di azione e dinamicità ad altri passionali e romantici; le personalità dei due protagonisti sono molto ben tratteggiate ed emergono  attraverso le loro parole e i loro comportamenti; la narrazione è affidata ad entrambi e i due punti di vista si alternano in modo da farci entrare nella realtà emotiva di ambedue.

Se vi piacciono i romance contemporanei (romantic suspense/mafia romance) in cui accanto alla love story (arricchita da scene bollenti) c'è anche molta azione, con personaggi dal vissuto intenso e carico di emozione, questo libro (e gli altri della serie) fa per voi.

venerdì 22 dicembre 2023

♦️RECENSIONE ♣️ L'UOMO NEI SOGNI di Simone Ruggerini [ Review Party ]



Cari lettori, eccoci giunti all'ultimo giorno del Review Party dedicato al secondo romanzo di Simone Ruggerini, "L'uomo nei sogni".

Di seguito vi riporto tutte le tappe.

-

Paper Purrr (18 dicembre)   
Les Fleurs Du Mal (19 dicembre)
Lilith Hendrix (20 dicembre)
Le letture di Adso (21 dicembre)
Chicchi di pensieri (22 dicembre)
Hope and paper (22 dicembre)






Tommaso non è felice, ha smarrito sé stesso e per riprendere in mano la propria vita deve incamminarsi in un pericoloso viaggio all’interno della propria mente, fino alle sue profondità più oscure, pregne di una verità che, una volta svelata, metterà in discussione le sue già flebili certezze.

L'UOMO NEI SOGNI 
di Simone Ruggerini 



Viola editrice
319 pp

"Il mondo è reale o lo stiamo immaginando? La vita è reale o solo una costruzione? E i tuoi sogni, dimmi… senti che sono fantasia o verità?”

Tommaso Mazzei ha trentacinque anni e la sua vita non sta procedendo come avrebbe voluto: lasciato dalla fidanzata Erika, vive le proprie giornate nel dolore di una relazione naufragata e abbracciato ad un inesorabile senso di vuoto che lo pervade e lo paralizza.
A parte suonare nei locali, non ha una grande vita sociale né frequenta assiduamente i genitori (sua madre è, anzi, troppo apprensiva per i suoi canoni) o il fratello minore, Davide, con cui va, sì, d'accordo ma è solito scambiare giusto quattro chiacchiere ogni tanto senza mai cercare di approfondire il legame fraterno.

Insomma, i morsi della solitudine si fanno sentire, il suo umore è tetro, nel cuore c'è qualcosa che lo sta spezzando pian piano e lui non sa come uscirne.

A confonderlo e turbarlo ancora di più ci pensa uno strano sogno nel corso del quale si imbatte, all'interno della hall di un albergo in cui non ha mai messo piede, in situazioni bizzarre e a contatto con persone note ed altre sconosciute.

Questo sogno è solo il primo di tanti che verranno a tormentarlo con preoccupante frequenza.

La desolazione e la tristezza che inondano il suo cuore sono tali da spingerlo a meditare di farla finita: si reca in stazione per dare effetto alla drammatica decisione ma un incontro misterioso cambia tutto, creando una rottura, a causa della quale la sua intera esistenza verrà stravolta.

Da quel momento realtà e fantasia cominciano a mescolarsi, a fondersi e confondersi: il piano della vita vera incrocia la dimensione onirica e quest'ultima assume caratteri e "dimensioni" sempre più grandi e importanti, tanto da sembrare che stia invadendo la realtà.

Quando si addormenta, Tommaso sogna: non può fare diversamente, i sogni - che via via si trasformano in veri e propri incubi - si insinuano con prepotente virulenza nella sua mente, "contaminando" ogni parte del suo essere, occupando pensieri, emozioni, guidando addirittura la sua volontà.

Sì, perché ciò che vive nei sogni lo sciocca, lo turba in un modo talmente vigoroso da influenzarlo anche da sveglio.
Cosa sogna di così sconcertante?

L'autore scaraventa con forza tanto il protagonista quanto il lettore nella dimensione immaginaria, portandoci a "vivere" insieme a Tommaso il suo viaggio interiore nei meandri della propria psiche, e questa esperienza viene percepita come se fosse concreta, vera, parallela al reale ma non per questo meno tangibile.

Tommaso fa sogni complessi, articolati, popolati da creature umane accanto ad altre con sembianze di animali o con caratteristiche raccapriccianti, mostruose, di quelle che si ritrovano negli incubi peggiori e nelle scene dell'orrore; in questi "luoghi" fantastici incontra, come dicevo più su, persone a lui note (famigliari, ad es.) ed altre mai viste prime, come una ragazzina con gli occhiali e la stessa in "versione adulta". 
Nei sogni Tommaso agisce, pensa, parla, sente, si emoziona e ogni parte di sé è totalmente coinvolta in questa straordinaria dimensione, tant'è che a lui non paiono davvero dei semplici sogni e, quando vi è dentro, li vive in maniera viscerale, piena, provando dolore, paura, sgomento, sorpresa, rabbia, desiderio di capirci qualcosa e, al contempo, di fuggire quando si sente in pericolo.

Solitamente, per quanti vivido, un sogno è e resta tale per cui, una volta desti, tendiamo a razionalizzare e a valutarlo per ciò che è: un sogno e basta, nulla che possa farci realmente del male.
Giusto?

Ma per Tommaso non è così.
Il sogno e la sua vita quotidiana sono interconnessi e questa inquietante peculiarità si fa più evidente quando accadono fatti che sono sfacciatamente legati a ciò che ha sognato: fatti tragici, dolorosi, che mettono alla prova il suo stato emotivo perché iniettano in lui sofferenze e sensi di colpa.
Non solo, ma a un certo punto conosce davvero la ragazza incontrata spesso nei sogni: Maria Chiara.

Anche lei è tormentata da sogni terrificanti e le dimensioni oniriche dei due si intersecano facendo sì che essi si ritrovino tanto nella realtà quanto negli incubi.

Che sta succedendo? Com'è possibile che si verifichi un incrocio del genere in cui l'inconscio di Tommaso si mescola con quello di un'altra persona?

Un albergo affollato, pieno di insidie e in continuo cambiamento, creature terribili, famigliari e conoscenti dai tratti angoscianti, i cosiddetti Guardiani da cui scappare, e poi personaggi che sembrano voler aiutare dando indicazioni precise per orientarsi in questo che, con sempre più evidenza, si sta rivelando uno strabiliante e per nulla facile viaggio all’interno di sé stessi.

Tommaso e Maria Chiara sono intenzionati a indagare con determinazione nelle profondità più oscure della propria mente, andando alla radice di traumi, dolori, paure, conflitti, perché cos'altro sono i sogni se non dei "luoghi" creati dalla mente in cui si vivono ferite, ricordi difficili, impulsi, desideri...?

"Ciascuno ha le sue ferite da riconoscere e poi curare.
(....) per salvare noi stessi, e per salvarci tutti, dobbiamo affrontare quello che è nostro, da soli".

Tommaso sta affrontando, attraverso il materiale onirico portato in superficie dal suo inconscio, la sfida più importante e complicata della sua vita: una sfida che lo mette a dura prova, che gli chiede di avere il coraggio di guardare nel suo passato, nel suo cuore, nella sua mente, andando alla radice di ogni sua sofferenza, di ogni vuoto, della solitudine, del malessere interiore che lo sta divorando da dentro. È un percorso che deve sostenere da solo per  ritrovarsi e rientrare in contatto con la parte più intima di sé.

Non è un lavoro semplice (lavorare su sé stessi per "risolversi", sciogliere nodi, individuare punti di rottura per provare a sanarli, non lo è mai) ma è altresì necessario per poter, in un certo senso, rinascere, accettando le proprie paure, gli errori commessi, le debolezze e le fragilità, le imperfezioni nelle relazioni con gli altri.

Cosa imparerà Tommaso, sognando? Resterà imbrigliato nei propri tormentati incubi o ne uscirà più consapevole di sé stesso, più coraggioso e desideroso di prendere in mano la propria vita nonostante i problemi, i timori, i traumi del passato?


"L'uomo nei sogni" è un romanzo psicologico intenso e dalla struttura narrativa complessa, corposa e articolata, in cui l'autore "gioca" con i lettori (e in primis col protagonista) mescolando di proposito fantasia e realtà, in un incrocio di dimensioni, personaggi e situazioni in cui non è così scontato individuare con certezza cosa sia vero e reale e cosa sia, invece, frutto degli scherzi della mente.
La materia narrativa di cui sono costituiti i sogni di Tommaso è inevitabilmente caratterizzata da descrizioni surreali, irrazionali, dai contorni paranormali e aventi quel pizzico di horror che da sempre è presente negli incubi angosciosi, di quelli che ci fanno svegliare di soprassalto, che ci fanno battere il cuore a mille e di cui pensiamo, una volta svegli, "menomale, era solo un brutto sogno!".
Durante la lettura viene spontaneo cercare di capire quali siano i traumi e i logorii che assalgono Tommaso, accompagnarlo verso il centro del problema perché venga risolto, e l'autore ha preparato per i suoi lettori dei colpi di scena che svelano la verità, sciogliendo ogni dubbio e mistero.

Ho trovato questo romanzo affascinante, vivace nel ritmo e nei dialoghi, con una grande attenzione posta al mondo interiore e psichico del protagonista; l'intreccio narrativo è intessuto in modo ragionato e coerente e questo emerge ancor più se rapportato al mondo dei sogni - che è alla base dello sviluppo delle vicende - e al fatto che esso si connoti per il suo essere apparentemente illogico, bizzarro, astruso, soggetto a tante interpretazioni, non lineare.

Non è per tutti incamminarsi lungo i sentieri della psicologia e della psiche umana perché si incappa in argomenti complessi di cui bisogna avere contezza e conoscenza, e personalmente penso che l'Autore li abbia trattati in maniera intelligente e ponderata, offrendo al lettore l'opportunità di farsi domande, immaginare problemi e soluzioni, riflettere su quanto sia importante conoscersi, prendersi cura di sé stessi e trovare il coraggio di affrontare ciò che ci fa star male per poter "guarire".

Il romanzo ha degli espliciti riferimenti al precedente libro dell'autore, Tutto è scritto, di cui trovate la recensione sul blog.

Consigliato, in special modo a quanti amano addentrarsi nelle pieghe più profonde della mente e sono affascinati dal misterioso universo dei sogni.

venerdì 15 dicembre 2023

☪ RECENSIONE ☪ LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE di Joseph Roth



Pubblicato postumo nel 1939, La leggenda del santo bevitore può essere considerato, per molti versi, il testamento di Joseph Roth: breve e poetico, questo racconto ha al centro un clochard che, nella sua semplicità e generosità, come nella sua dipendenza dall'alcool, incarna il bisogno di redenzione che si scontra, però, con le debolezze umane e con una serie di bizzarre coincidenze che lo deviano dal suo più grande e segreto desiderio: pagare il debito contratto con una santa.



LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE
di Joseph Roth


Adelphi Ed.
trad. C. Colli Staude
77 pp
Andreas Kartak vive sotto i ponti della Senna, tirando avanti con i pochi cenci che ha addosso, con le carte di giornali come coperte e qualche goccio di alcool rimediato come può.
Una notte fa un incontro che cambierà, in un certo senso, la sua vita perché da quel momento si susseguiranno diversi eventi, e alcuni personaggi - vecchi e nuovi - faranno capolino nelle sue misere giornate.
Uno sconosciuto avanti negli anni e dall'aspetto gentile vuol fargli un dono in denaro: duecento franchi. 
Il clochard, che sarà pure straccione e poveraccio ma ha un senso inscalfibile dell’onore, in un primo momento non vuole accettare: sono davvero troppi per lui, che si accontenterebbe di una ventina di franchi!
E poi Andreas sa bene che non è in grado di restituire quei soldi, per cui preferisce non contrarre debiti.

Ma lo sconosciuto insiste e gli suggerisce di restituirli, quando potrà, alla «piccola santa Teresa» nella chiesa di Santa Maria di Batignolles. 

Da quel momento il pensiero di pagare il debito portando il denaro a Santa Teresa diventa il dolce segreto nonché il pensiero fisso dell'uomo, che però comincia a vivere una serie di piccole avventure che alternano "momenti di miracoli" (in cui Andreas trova il modo di racimolare soldi senza che si renda conto neanche lui di come ciò sia potuto accadere) con altri in cui purtroppo egli stesso li sperpera, che sia da solo o in compagnia.
Il destino, infatti, mette sul suo cammino uomini e donne (alcune di queste persone hanno fatto parte del suo passato) che lo distraggono dal nobile obiettivo di restituire il debito alla giovane santa e lo inducono, in qualche modo, a spendere i soldi che man mano si ritrova in mano, o in tasca, in pernod, alberghetti di basso livello e compagnie femminili.

Seguiamo le vicende di Andreas con un misto di divertita curiosità e una tenera simpatia perché capiamo che quest'uomo, nonostante il vizio del bere, è una persona buona e generosa, che non sa dire di no a un amico che gli chiede aiuto (pur avendo egli per primo dei mezzi limitati) e che desidera davvero, con tutto il cuore, visitare la santa e mantenere la promessa fatta qualche settimana prima allo sconosciuto altruista. 
Riuscirà Andreas a portare le fatidiche 200 euro in chiesa in onore di santa Teresa?

La vita è burlona ed egli, un po' come un bambino ingenuo in balia di eventi più grandi di lui e poco controllabili, si lascia influenzare, deviare, distrarre.
Per dirla prendendo a prestito un noto proverbio, la strada per la redenzione è lastricata di buone intenzioni, le quali però troppo facilmente vengono abbandonate durante il cammino.

Un libro molto breve cui mi sono accostata per curiosità su Audible (un po' per il titolo e un po' perchè avevo voglia di una cosetta veloce), l'ascolto è stato molto piacevole grazie alla versione drammatizzata, arricchita da ambientazioni e sound design.

Ha il sapore di una favola malinconica e un po' triste.
A me è piaciuto e lo consiglio, in questo periodo mi pare ci stia ancor più bene.

mercoledì 13 dicembre 2023

# RECENSIONE # L'IMPOSTORE di Martin Griffin



Mentre fuori dal Mackinnon Hotel infuria una tempesta di neve che rende impossibile comunicare con l'esterno, la giovane Remie riceve, in due diversi momenti, l'inaspettata visita di due uomini che dichiarano di essere poliziotti e l'uno accusa l'altro di essere un pericoloso criminale evaso.
Chi di essi mente? 
Remie desidera solo andarsene da lì per recarsi a Santiago del Cile e rispettare una promessa fatta al fratello morto un anno fa. 
Non sarà così semplice realizzare questo sogno.

L'IMPOSTORE 
di Martin Griffin


Ed. Giunti
trad. A.Tissoni
288 pp

Remie Yorke deve avere la pazienza di superare il suo ultimo turno al Mackinnon Hotel prima della chiusura invernale.
Il giorno dopo potrà finalmente lasciare la gelida Scozia e godersi il tepore di Santiago del Cile; c'è soltanto da sperare che Ezra, la tempesta di neve, non blocchi ogni collegamento col mondo esterno.
La donna è l'unico membro del personale presente in albergo e, insieme a lei, vi sono due ospiti: Jai Parik e Alex Corben.

Quella che dovrebbe essere una notte come le altre, però, sta per trasformarsi in una notte movimentata e non priva di insidie.

Infatti, mentre le temperature precipitano e le linee telefoniche si interrompono, un uomo ferito chiede rifugio. 
Dice di essere l'agente Don Gaines, rimasto coinvolto in un terribile incidente in cui, insieme ad altri colleghi, stava trasportando un detenuto. 
Purtroppo, nella confusione dell'incidente, il criminale è riuscito a scappare, molto probabilmente rubando un'arma; si chiama Alex  Foley ed è un individuo assolutamente pericoloso.

Gaines avverte Remie che bisogna isolare l'hotel, controllare ogni via di uscita e mettere in sicurezza i due ospiti dell'albergo; di questi, solo Jai è rintracciabile mentre la donna, Corben, pare sparita nel nulla. 
Remie è confusa e non capisce esattamente cosa stia succedendo, ma non le resta che mettersi a disposizione del poliziotto, che subito si mobilita per perlustrare l'hotel, controllare se Foley sia già lì e si stia nascondendo in attesa di agire, dare un'occhiata alle uscite, alla presenza di armi e cercare di mettersi in collegamento con l'esterno per chiedere aiuto.

Il problema è che poco dopo arriva un secondo sconosciuto: anche lui è ferito e anche lui dichiara di essere Don Gaines!
L'uomo ha la stessa uniforme, lo stesso nome, lo stesso tesserino: uno dei due mente, per forza... Ma chi?
Remie comincia ad essere preoccupata per sé e per l'ospite che è lì con lei, Jai, ed insieme cercano di analizzare la situazione, di passare al setaccio tutti i dettagli e le possibili contraddizioni nelle narrazioni dei due sconosciuti, per capire chi di loro sia il possibile impostore.

Non ci sono vie di fuga, attorno all'albergo la neve è alta e ci sono rischi concreti di valanghe; inutile dire che i telefoni continuano ad essere inattivi e la radio va a singhiozzi.
Remie e Jai sono praticamente soli al cospetto di un poliziotto e di un delinquente ma non sanno chi sia l'uno e chi l'altro: di chi possono fidarsi?

Ma non è tutto: a rendere Remie ansiosa e al limite del terrore c'è un dubbio atroce che ha a che fare con suo fratello Cameron.

Cameron è il fratello minore che solo un anno prima è morto durante una rissa nel carcere di Porterfell,  in cui stava scontando la pena; Cameron è sempre stato un ragazzo problematico sin dai primi anni dell'adolescenza, si è sbandato frequentando brutta gente, e per fare soldi facili si è infilato nel giro dello spaccio della droga.
Sua sorella non l'ha mai abbandonato; lì dove i loro genitori si erano, negli anni, rassegnati davanti a questo figlio screanzato e delinquentello, Remi non ha mai mollato, ma ha sempre provato ad aiutarlo quand'era nei guai e a incoraggiarlo, contemporaneamente, a trovarsi un lavoro vero, a studiare, a mettere da parte i soldi per costruirsi un futuro lontano dalla criminalità.
Presa com'era dal salvare Cameron, Remie ha orientato anche i propri studi accademici verso un ambito professionale affine: 

" Mi specializzai in psicologia dell'errore nel processo decisionale: la mano invisibile di Cameron pilotava le mie scelte anche allora. Insegnai per tre anni, i più felici e appaganti della mia vita, ma quando lo trasferirono a Porterfell, rinunciai all'incarico accademico e lo seguii. Credo di farlo per proteggerlo. Non avevo immaginato che avrei finito per dover proteggere me stessa."

Proteggere se stessa.
Da chi? Perché?

Dopo la morte (tutt'altro che accidentale) del giovane Cameron - il quale, nel loro ultimo incontro, le aveva dato indicazioni precise su cosa fare e dove andare se gli fosse successo qualcosa -, Remie è stata per mesi sempre sull'attenti, convinta che il responsabile del tragico destino del fratello potesse prima o poi presentarsi da lei.

E se l'evaso da Porterfell, che si aggira nell'hotel, avesse a che fare con Cameron e cercasse lei?

Remie è una ragazza intelligente, sveglia, intuitiva, scaltra e, soprattutto, è determinata ad esaudire il desiderio del suo amato e scapestrato fratellino: andare a Santiago del Cile e fare una cosa per lui.
Niente e nessuno potrà distoglierla da questo obiettivo ed è pronta a sfoderare tutte le sue risorse fisiche ed emotive per non soccombere al pericolo di un criminale bugiardo e manipolatore in giro dentro e fuori l'albergo.

"L'impostore" è un thriller che si caratterizza principalmente per l'ambientazione "chiusa", quasi claustrofobica: i (pochi) personaggi si muovono all'interno e nelle immediate vicinanze di questo grande hotel nelle Highlands scozzesi e tale luogo in pochi minuti passa dall'essere un posto caldo e sicuro a una grande trappola per topi. È, infatti, al suo interno che si annidano le insidie e le minacce, che hanno il nome di Alex Foley, l'impostore che si è finto poliziotto per entrare e guadagnarsi la fiducia di Remie.
Non c'è modo di scappare perché, a causa delle forti nevicate e del pericolo valanghe, ogni possibilità di prendere un'auto o altri mezzi viene meno; i mezzi di comunicazione non funzionano per cui chiedere aiuto è fuori discussione. 
L'unica soluzione è rischiare di addentrarsi fuori dall'edificio, nel buio gelido e nevoso, e provare a cercare aiuto.

Fortunatamente Remie non è totalmente sola a sbrogliarsela con i due presunti agenti: c'è Jai, che sembra intenzionato a collaborare per stanare chi, tra i due sconosciuti, sia il "buono" e chi il "cattivo".
Eppure..., anche Jai ha qualcosa di strano e Remie ha l'impressione che le stia nascondendo qualcosa.

La protagonista è in un dedalo di menzogne e cattive intenzioni, non sa di chi possa realmente fidarsi e capisce di dover procedere cauta e con tutti i sensi in allerta.

Nel complesso, il romanzo è promosso per queste ragioni: l'ambientazione di montagna, isolata dalla neve, che non permette ai personaggi di fuggire; la scrittura minuziosa e precisa, che rende ogni scena e ogni situazione descritte molto vivide, tanto da far sentire il lettore totalmente immerso nel contesto. Per farvi un esempio: quando Remie si ritrova a camminare faticosamente nella neve alta, ho avvertito tutta la difficoltà dell'impresa, il freddo che intorpidisce gli arti, il senso di oppressione nel trovarsi circondata dalla neve e nel sentire il rumore minaccioso che precede una valanga o uno smottamento. In questo, l'autore è stato davvero efficace e bravo.
Mi sono piaciuti molto i riferimenti alla psicologia e a certi meccanismi della mente che attiviamo inconsciamente in determinate situazioni (di stress, pericolo); ho provato simpatia per la protagonista, che ha tirato fuori coraggio e un grande spirito di sopravvivenza nonostante provasse spesso paura e angoscia; apprezzati i colpi di scena che creano aspettative circa gli sviluppi della trama.

Unico neo: il ritmo è molto statico per buona parte del libro, quasi per tutta la prima metà; le acque cominciano ad animarsi successivamente, per cui la seconda parte è quella che mi è piaciuta maggiormente, però ripeto, complessivamente è un buon thriller, con una storia lineare, ben costruita, che si lascia seguire con interesse.

domenica 3 dicembre 2023

[ RECENSIONE ] I GIORNI DEL COBRA di Daniela Merola



Una serie di efferati femminicidi sta sconvolgendo Castellammare di Stabia, colorando di sangue i suoi vicoli e riempiendo di terrore i giorni di una calda estate del 2021.
Il commissario di polizia Giulia Cangiato e tutta la sua squadra sono nel pieno di un'affannosa e urgente ricerca del killer - chiamato il Cobra - ma c'è una persona in particolare che potrebbe dare un contributo fondamentale nell'individuazione dell'assassino: Dora Neri, l'unica vittima ad essere stata lasciata in vita.


I GIORNI DEL COBRA
di Daniela Merola


LFAPublisher
328 pp
19.90 euro
In una placida serata estiva una donna cerca di rialzarsi da terra, a fatica: trema, tutto il corpo le fa male, soprattutto il basso ventre, cerca di non crollare nonostante tutto in lei gridi dolore.
Un dolore lancinante cui Dora Neri sa di non poter soccombere perché c'è un figlio che l'aspetta a casa.
Ma prima dovrà recarsi in ospedale, camminando sulle sue scarpe rosse ormai rovinate.
Dora è vittima di stupro e di una brutale aggressione ad opera di un farabutto che s'è divertito sadicamente con il suo corpo; Dora sa di averlo visto, di averne individuato le principali caratteristiche fisiche e di aver udito la voce del bruto mentre ripeteva insistentemente "Io sono il Cobra".
Eppure, quando viene esortata da subito, già in ospedale, a denunciare, è reticente.
Lo è anche in presenza dell'amica commissario, Giulia Cangiato, che conduce le indagini sul killer stupratore che ha già colpito in precedenza e, purtroppo, colpirà ancora dopo poco tempo la violenza subita da Dora.

La Cangiato lavora fianco a fianco con i propri solerti agenti di via Alcide De Gasperi e con l’Ispettore Manuele Basilio; tutti sono determinati a cercare il Cobra e a fermarne i folli atti criminali nei confronti di povere donne inermi.

Il caso di Dora è un'eccezione all'interno del modus operandi del Cobra, in quanto ella è l'unica sua preda a non essere stata uccisa per strangolamento, come invece è accaduto alle altre povere donne da lui raggiunte e uccise, dopo essere state violentate.

La domanda non può che sorgere spontanea: è un caso che Dora sia stata risparmiata? 
Siamo in presenza di un serial killer scaltro, che agisce in maniera organizzata, precisa e, proprio come un essere strisciante, è subdolo, sa come mimetizzarsi tra i cittadini di Castellammare; vive sicuramente una doppia vita e, se ha lasciato Dora in vita, dev'essere per una ragione.

La volitiva e caparbia Giulia sa di dover insistere con l'amica affinché faccia un serio lavoro su sé stessa per recuperare dal proprio inconscio tutte quelle informazioni utili a identificare l'uomo.
Perché di una cosa la stessa Neri è convinta: il Cobra conosce lei... e lei conosce il Cobra.

I ricordi di quella terribile notte sono confusi e vividi al tempo stesso: confuso è il ricordo del volto dell'aggressore ma non la sua stazza e altri particolari fisici; vivide sono le sensazioni e le emozioni collegate a quello che è uno dei traumi più tremendi che una persona possa vivere e che coinvolge ogni parte di sé: il corpo, la mente, il proprio mondo interiore... Tutto sembra andare in frantumi dopo un'esperienza di questo tipo e, se non avesse un figlio da accudire, Dora forse l'avrebbe fatta finita.

Ma non può: deve andare avanti, così cerca di riprendere la propria vita tornando al lavoro (presso un'agenzia di pompe funebri), occupandosi di Aurelio che ha bisogno di lei (il padre è un'assenza cui ormai ci si è abituati) e che desidera trascorrere del tempo con la madre, andando in vacanza...; insomma, Dora Neri deve tirar fuori  quel coraggio che l'è rimasto, seppellire il dolore e l'umiliazione subiti su quella spiaggia per mano di quel mostro del Cobra, indossare le sue scarpe rosse e sforzarsi di non cedere, di non impazzire ripensando a quella maledetta sera.

Ma è impossibile non ripensarci: Giulia le fa pressione affinché ricordi ogni particolare e le impone delle sedute di ipnosi da una psicologa; seppur contrariata, Dora obbedisce ma per lei è uno strazio immane tornare con la memoria alla violenza.
Proprio quando sembra che il volto del Cobra si sveli... ecco che qualcosa la blocca e tornano a dominare le nebbie della confusione e del terrore.
Forse la mente, a modo suo, cerca di proteggerla da una verità troppo scomoda?

Chi è davvero il Cobra e perché il suo inconscio non vuol riportare alla coscienza le sembianze di quel volto truce e odioso?
Dora stessa si persuade che il Cobra è qualcuno che lei conosce... Ma chi? E soprattutto, lui continua a seguirla, a controllarla, meditando di aggredirla ancora e, questa volta, di portare a termine la propria iniqua missione, uccidendola?

Il rapporto d'amicizia tra lei e Giulia si incrina: Dora trova sgradevole e indelicato che il commissario continui a "perseguitarla" perché ricordi, dandole anche la colpa dei successivi omicidi da parte del killer, e Giulia è frustrata perché sa di avere la responsabilità professionale e morale di arrestare il colpevole, che continua imperterrito e impunito a colpire, arrivando anche ad aggredire un agente di polizia.

Le settimane passano e le indagini proseguono, infilandosi in quei pertugi e tra quegli individui loschi e poco raccomandabili che quasi sicuramente conoscono il Cobra e intrattengono anche sporchi affari con lui; ma districarsi tra queste persone prive di moralità non è semplice perché c'è poco da fidarsi della loro parola.

Il punto cruciale resta lei: Dora, la sua testimonianza personale, i suoi ricordi.
Nelle pieghe della sua memoria c'è quel nome, quel volto, c'è lui, il Cobra.

E anche se si rifiuta di pensarci e ripensarci, Dora a un certo punto viene "folgorata" da una verità lampante, improvvisa come un fulmine e devastante come una valanga: le bastano pochi ma decisivi attimi e delle parole scambiate con un uomo che lei conosce (perché legato a una persona a lei vicina) per capire che è lui il Cobra.

Ma rivelarne l'identità non è semplice in quanto rischia di sollevare un polverone, di non essere creduta dalla polizia...
Certe verità possono essere dolorose da accettare e da raccontare, ma stare in silenzio significa rischiare di finire nuovamente nelle mani del predatore e lasciare che egli faccia del male ad altre innocenti.

Dora riuscirà a fare il fatidico nome?
Sarà davvero lui il colpevole o la donna si sta lasciando suggestionare da una fiumana di stati d'animo contrastanti e che neppure lei sa gestire e distinguere?

La narrazione è in terza persona e segue, da diversi punti di vista, le vicende di Dora, Giulia e degli altri personaggi coinvolti, compreso il Cobra; di quest'ultimo l'autrice ci racconta, un po' alla volta, il passato, soffermandosi in particolare sul rapporto con la madre e sull'infanzia del Cobra bambino e ragazzino, il quale aveva nella mamma l'unico modello di riferimento femminile e che costituirà il metro di paragone per ogni donna cui lui si accosterò da adulto.

Il giallo/noir psicologico di Daniela Merola è un viaggio che segue diversi percorsi, che toccano l'universo femminile e quello maschile.
Ci sono le donne che restano avviluppate nella spirale di violenza e morte del serial killer; c'è Dora, che sente ancora dentro e su di sé l'influenza velenosa di quell'essere viscido e, nonostante provi a buttarsi dietro le spalle lo stupro, qualcosa in lei si è rotto per sempre; c'è il commissario Giulia Cangiato, una donna forte, determinata, che non intende demordere nella ricerca dell'assassino e, per farlo, non si tira indietro dall'essere dura anche le persone cui vuol bene, tra cui Dora.
E non ultima c'è Brigida, la povera mamma del Cobra, che - per quanto inconsapevole - sarà, in un certo qual modo, l'origine del male che crescerà sempre di più, di anno in anno, lacrima dopo lacrima, nella mente del figlio, nella cui tortuosa psiche il lettore viene condotto, in una discesa verso il personale e intimo inferno di colui che ha scelto di essere il Cobra, il cui veleno mortifero viene disseminato nelle strade della città.

Violenza di genere, rapporti di coppia, legame madre-figlio (e la sua importanza nel condizionare una vita intera), lo squallore di certi ambienti in cui domina la malavita, l'amicizia e l'amore, il desiderio di riscatto, le bugie e la ricerca della verità, anche di quella che fa male, di quella fraintesa, di quella che non è mai univoca: il romanzo della Merola è denso di tematiche affrontate, intenso e viscerale per come esse vengono esplicitate e raccontate nel susseguirsi di vicende nere, cupe, che affondano le proprie radici tanto nel dolore di chi riceve la violenza quanto nella folle sete di possedere e fare scempio di poveri corpi, in balia di una furia omicida.

Un libro che afferra il lettore sin dalla prima drammatica "scena" sulla spiaggia, portandolo con sé per le strade e nei locali di una città di mare contaminata dalla follia di una mente perversa, mostrandogli il modo di pensare e agire di uno spietato stupratore assassino, lasciandogli avvertire l'urgenza di fermarlo affinché non rovini altre esistenze, con la triste consapevolezza che altri Cobra sorgeranno per sporcare il mondo con la loro malvagità.

Ringrazio l'autrice Daniela Merola per avermi omaggiato di una copia del suo libro e non posso che consigliarvene la lettura, soprattutto se amate i noir e le storie drammatiche in cui è preponderante l'aspetto psicologico.

martedì 28 novembre 2023

# RECENSIONE # SFIDA A POIROT di Agatha Christie

 

Un uomo dall' identità ignota viene ritrovato morto in casa di una signora cieca che nega di conoscerlo; a rinvenire il cadavere è una giovane dattilografa che rapisce il cuore dell'agente dei servizi segreti Colin Lamb, amico di Poirot, il quale verrà "sfidato" a risolvere il caso comodamente seduto sulla poltrona di casa propria.



SFIDA A POIROT
di Agatha Christie


Mondadori
trad. M.Carones
274 pp
Colin Lamb è un biologo marino e anche un agente del controspionaggio che sta cercando qualcuno al 61 di Wilbraham Crescent in un giorno di settembre come un altro.
Mentre cammina, una ragazza, spaventata e trafelata, gli finisce praticamente tra le braccia mentre fugge dal numero 19, dove ha  appena scoperto un cadavere. 
La donzella si chiama Sheila Webb e quel pomeriggio aveva un appuntamento nel suddetto appartamento in cui vive una donna cieca, la signorina Millicent Pebmarsh, la quale aveva telefonato alla copisteria in cui lavora Sheila chiedendo che le fosse mandata proprio lei per un lavoretto.

Invece di trovare ad attenderla la committente, Sheila si è trovata sotto gli occhi il corpo senza vita di un uomo mai visto prima; ma non è l'unica a non conoscerlo: benché lo sfortunato sia stato assassinato e rinvenuto al n.19, la proprietaria della casa non ha idea di chi sia l'ospite.
Non solo: ma quando viene interrogata dall'ispettore Hardcastle nega di aver mai chiamato in copisteria per richiedere la presenza di questa Sheila!

Le stranezze non sono finite: il morto non ha con sé alcun documento che ne riveli l’identità e in casa sono stati portati - all'insaputa della Pebmarsh - degli orologi, tutti indicanti la stessa ora (sbagliata), vale a dire 4:13.

Insomma, nessuno ha visto niente - pare - e nessuno sa dire chi sia il defunto e come mai sia morto proprio lì.

Hardcastle e Lamb vanno in giro per Wilbraham Crescents interrogando minuziosamente i vicini di Millicent ma, in mezzo alle loro chiacchiere senza capo né coda, non sembra sia ravvisabile alcuna informazione utile per l'indagine.

Lamb allora si rivolge a un amico, l'investigatore Hercule Poirot, appassionato di romanzi gialli e serenamente convinto che per risolvere il dilemma non ci sia bisogno neppure di muoversi da casa: a lui bastano gli appunti di Colin e la propria materia grigia, acuta e instancabile, comincia a mettersi in moto per creare collegamenti, ipotesi e spiegazioni.

Ed effettivamente, l'investigatore dagli inconfondibili baffi riuscirà a scoprire sia l'identità del morto che l'assassino, aiutando uno scettico Hardcastle a venire a capo dell'omicidio dello sconosciuto (e di altri che seguiranno) e dando una mano anche al suo giovane amico Lamb, che troverà la soluzione al mistero che lo aveva portato inizialmente a Wilbraham Crescents. 

Devo ammettere di non aver divorato questo giallo con quella curiosità che i romanzi della Christie esercitano solitamente su di me; lo sviluppo delle vicende non mi ha molto appassionata, ho trovato la narrazione un po' lenta per i miei gusti e forse avrei preferito che la presenza di Poirot fosse maggiore, perché quando c'è lui resto affascinata e divertita dai suoi ragionamenti, dal modo in cui mette insieme tutti i pezzi  per poi esporli con la placida e ironica sicurezza di chi sa di "aver ragione" semplicemente perché "essere sicuri significa che, quando si arriva alla soluzione, tutto va a posto automaticamente, e ci si rende conto che le cose non potevano andare in modo diverso".

Concludendo: Agatha è la regina indiscussa del giallo ed è praticamente sempre una garanzia, ma se dovessi dirvi che questo caso mi abbia preso tanto quanto altri che ho letto, non direi la verità al 100%.
Resta comunque una lettura molto piacevole.

Altri romanzi di Agatha Christie recensiti sul blog:


domenica 19 novembre 2023

🎐 RECENSIONE ☕ FINCHÉ IL CAFFÈ È CALDO di Toshikazu Kawaguchi



C'è una caffetteria a Tokyo che non è come le altre.
Non la si trova facilmente perché è un po' nascosta, ed è piccola, accoglie pochi clienti alla volta; ma il caffè è ottimo ed è un ambiente tranquillo.
Inoltre, su di essa, circola una stramba leggenda metropolitana: pare che ci sia una sedia su cui, chi lo desidera, può sedersi per viaggiare nel tempo.
In questo posto unico e speciale, l'atmosfera è magica, il tempo sospeso, gli orologi ingannevoli e non di rado qualcuno prova a recuperare legami, a rubare attimi fugaci e preziosi emozioni per dare una nuova virata alla vita che, come il caffè, va gustata a piccoli sorsi.



FINCHÉ IL CAFFÈ È CALDO 
di Toshikazu Kawaguchi


Garzanti Ed.
trad. C.Marseguerra
192 pp
"...non aveva mai pensato di farlo in prima persona. Viveva la vita nella corsia di sorpasso e non aveva rimpianti. E comunque – pensava – che senso poteva avere, se tanto il presente non sarebbe mai cambiato, qualsiasi cosa si provasse a fare?"



A quanti di noi è capitato di pensare, con una punta di rimpianto, che sarebbe bello poter viaggiare nel tempo, almeno una volta nella vita, tornando nel passato o, addirittura, sbirciando nel futuro?
Forse per rimediare a un errore, per rivedere un volto amato, per sapere cosa è accaduto alle persone che amiamo...

Questo delicato e carinissimo romanzo narra di un posto particolare in cui il tempo è scandito da una tazza di caffè bollente.
Narra di rapporti famigliari resi difficili da sbagli, fraintendimenti, cose non dette, malattie, lutti, e di come il dolore che ci si porta dietro chieda di essere alleviato, fosse anche solo per una manciata di secondi.
Il tempo di un caffè. Finché il caffè resta caldo, è possibile (ri)vivere una breve ma preziosa esperienza irripetibile.
A patto, però, di osservare fedelmente le regole del "gioco", che non sono tantissime ma guai a "sgarrarne" anche soltanto una!

Ebbene, nei quattro episodi che compongono il romanzo, seguiamo le vicende personali di pochi personaggi - sempre gli stessi - le cui vite si intersecano, arricchendosi, trovando sostegno e aiuto l'uno nell'altro.

Il locale  è di proprietà di un omone grande e grosso, Nagare, sposato con la dolcissima e solare Kei; vi lavora la cameriera Kazu, una ragazza carina ma sempre sulle sue, che dà poca confidenza, ostentando un atteggiamento distaccato e imperturbabile.
Gli avventori abituali, con cui il lettore farà conoscenza, sono: l'infermiera Kōtake e il marito Fusagi (malato di Alzheimer precoce); Hirai (proprietaria di un bar) e sua sorella Kumi (che in realtà abita in un'altra città e va nella caffetteria solo per cercare di parlare con Hirai, inutilmente); Fumiko (donna in carriera) e una signora di cui non ci vien detto il nome, ma viene identificata come "la donna in bianco". Quest'ultima è sempre seduta allo stesso tavolo, con un libro in mano e sorseggia un caffè dietro l'altro.

Fumiko è una bella e giovane donna che ha sempre messo il lavoro al primo posto, fino a quando il fidanzato Gorō la lascia per inseguire il sogno di una carriera lavorativa in America e la ragazza si rende conto di quanto lui sia importante: no, il lavoro non è tutto, l'amore lo è!
Ma non trova il coraggio di chiedere al fidanzato di restare, di scegliere lei e un futuro insieme..., così egli se ne va e una settimana dopo lei è sola nella misteriosa e leggendaria caffetteria, a chiedersi se davvero bevendo caffè potrebbe tornare indietro di una settimana e supplicare Gorō di non abbandonarla.

Le viene detto che il viaggio nel tempo è soggetto a regole ferree, tra cui la fondamentale è: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato e solo sedendosi (senza alzarsi mai) su una sedia specifica, che poi è quella sempre occupata dalla signora in bianco, che non prende bene la richiesta di alzarsi per far "viaggiare" i clienti, i quali sono costretti ad aspettare con pazienza che la signora si alzi da quella sedia per andare in bagno.

Fumiko è convinta di volerlo fare, così si siede e... torna indietro di una settimana: stesso posto, stessa caffetteria... Cosa succederà? Riuscirà a parlare apertamente a Gorō, ben sapendo che un'altra regola è che non potrà in alcun modo cambiare il presente, qualunque cosa faccia o dica?

Gli altri viaggi vedono protagonisti il povero e smarrito Fusagi (la cui memoria lo sta abbandonando ogni giorno che passa e sempre di più) e sua moglie Kōtake: cosa potrebbe ottenere, quest'ultima, viaggiando indietro nel tempo? Parlare un'ultima volta con suo marito nei giorni in cui era ancora lui, presente a sé stesso e con la mente ancora "buona"? Per dirgli cosa? Forse questa incredibile, seppur breve, esperienza potrebbe aiutarla a ritrovare sé stessa e il suo ruolo accanto all'uomo che ama e che si sta dimenticando di lei?

C'è la pragmatica Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella e che potrebbe rimpiangere amaramente il suo allontanarla continuamente da sé.

Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre e che, se potesse esprimere un desiderio, esso avrebbe a che fare proprio con la creatura che porta in grembo.

Ognuna di queste donne ha un rimpianto, sente riaffiorare un ricordo doloroso e non sa come affrontarlo, come "risolverlo", confidando che il viaggio nel tempo  costituisca una soluzione..., ma non lo è perché nessuna azione - come detto più su - inciderebbe sul presente.

Tutte loro, però, impareranno che ormai il passato, proprio perché non più modificabile, non deve dominarle: quello che conta è il presente che stanno vivendo, perché è oggi che possono agire, amare, abbracciare, sorridere, decidere...

Tra sospiri, lacrime, sorrisi commossi, confusione e speranza, lettere mai date, le donne "viaggiatrici" comprenderanno che la vita è fatta di momenti unici e irripetibili, che vanno vissuti appieno, senza riserve, non privando sé stesse e chi amano di gesti e parole importanti, perché il futuro non appartiene a nessuno di noi e non possiamo sapere se e quando eventi drammatici e improvvisi potrebbero intervenire e deviare il corso delle nostre esistenze. 


"Finché il caffè è caldo" è un romanzo che si legge in poche ore non solo per il numero di pagine, ma soprattutto per la incredibile scioltezza del testo, essenziale, con una buona presenza di dialoghi semplici, con una trama che ho trovato originale (i viaggi nel tempo non sono una novità in letteratura ma è come li ha gestiti l'autore e le finalità degli stessi che ho trovato diverso dal solito), con pochi personaggi che interagiscono tra loro e che a turno sono protagonisti di un episodio.
Le vicende narrate - malgrado l'elemento "sovrannaturale" del viaggio temporale - inteneriscono e commuovono perché sono profondamente umane e toccano il mondo emotivo di ciascuno di noi in quanto hanno a che fare con i legami famigliari, con i rimpianti e con le occasioni mancate.
Una lettura delicata, rilassante si legge in un attimo e lascia un sapore di dolce malinconia.

Consigliato, in special modo in queste freddine serate autunnali: è una coccola letteraria.



ALCUNE CITAZIONI

"se vuole, la gente troverà sempre la forza di superare tutte le difficoltà che si presenteranno. Serve solo cuore."

" Di fronte a una persona con cui si ha un legame profondo e a cui si sono rivelati i propri sentimenti, è difficile mentire e lasciar perdere. La verità vuole uscire a tutti i costi, soprattutto quando si cerca di occultare la tristezza o la fragilità. È molto più facile nascondere la tristezza a un estraneo, o a qualcuno di cui non ci si fida."

giovedì 16 novembre 2023

[[ RECENSIONE ]] LE STREGHE DI MANNINGTREE di A.K. Blakemore


Nell'Inghilterra della seconda metà del 1600 la caccia alle streghe non è purtroppo un ricordo, ma anzi una pratica che si inserisce e trova terreno fertile in una cornice storica complessa e molto movimentata, che vede il re in contrasto col Parlamento, la guerra civile che infuria, i cattolici contro il puritani.
È in un tempo come questo che un giovane e oscuro inquisitore va di città in città, nelle contee inglesi, a scovare donne (più raramente uomini) in combutta col maligno e che meritano la morte in qualità di streghe.


LE STREGHE DI MANNINGTREE
di A.K. Blakemore



Fazi Ed.
trad. V.Februari
336 pp
"Strega è l'offesa che affibbiano a chiunque faccia succedere le cose, a chiunque porti avanti la storia".

È il 1643 e a Manningtree, una cittadina della contea dell’Essex, tante sono le donne che cercano, con gran fatica, di portare avanti la casa, di sfamare sé stesse e la famiglia, lottando contro la povertà più nera, aggravatasi a causa della difficile situazione sociale e politica, che - tra le altre cose - ha portato via gli uomini da casa e dai campi, costringendoli ad arruolarsi.

Alcune di queste miserabili creature vivono ai margini della comunità più di altre: in particolare, le anziane, le straccione, le nubili che nessuno sposa... e quelle dalla lingua affilata, perfida e dalla scorza dura. 

A quest'ultima categoria appartengono le donne West, madre e figlia: la vedova Beldam West e sua figlia Rebecca, che vivono come possono, giorno per giorno, tra un espediente e l’altro, cercando di scacciare lo spettro incombente della miseria.
Rebecca e sua madre non vanno sempre d'amore e d'accordo perché la ragazza vede nella rozza genitrice un esemplare di donna poco rispettabile, che non si fa problemi a bere come un uomo e non si fa passare una mosca davanti al naso, risultando sempre molesta, arrogante e poco piacevole.
Giovane e ancora speranzosa di un futuro meno cupo e triste, Rebecca sta imparando a leggere e scrivere presso il maestro John Edes, del quale è infatuata e alla cui presenza arrossisce.

Ma la loro abitudinaria, seppur semplicissima, quotidianità viene completamente scombussolata dalla presenza di un uomo apparentemente innocuo: messer Matthew Hopkins, il nuovo locandiere, che si è mostrato fin dal principio molto curioso verso tutto ciò che accade nella cittadina; la sua curiosità maliziosa è ben visibile nello sguardo profondo e indagatore che va a concentrarsi quasi ossessivamente sulle donne più umili e disgraziate, tra cui la stessa Rebecca, che ne è oltremodo infastidita e turbata.

A Manningtree non mancano mai litigi, baruffe, malelingue e battibecchi, ma un giorno ne accade uno che, se anche di per sé non ha nulla di grave, lo diventa a causa delle maldicenze, della superstizione, dell'ignoranza e della malignità, cui si cerca vergognosamente di dare un'apparenza di pia religiosità.

Accade, infatti, che la vedova West - e altre amiche con lei - un giorno si ritrovino a rimproverare un ragazzino, e che questi - pochissimo tempo dopo - cominci a manifestare sintomi strani, di un malessere non meglio specificato...
Il ragazzino, colto da una misteriosa febbre, inizia a farneticare di congreghe e patti, e questo desta le preoccupazioni di molti in paese e l'interesse, ancor più vivo, di Hopkins, le cui domande assumono un tono sempre più incalzante e poco rassicurante.
Che in questa miseranda cittadina dell'Essex ci sia il demonio con la sua influenza infernale?

La calunnia è un venticello e si diffonde, sottile e insidiosa come una serpe, attraverso le calunnie, le parole cattive e maligne sussurrate di bocca in bocca e che trasformano il nulla in tragedia: e se il ragazzino fosse vittima di un maleficio?
I malefici, le maledizioni..., si sa, sono opera del diavolo e dei suoi nefandi servitori, anzi, servitrici, quali sono appunto le streghe.
Forse la Beldam West e le sue amiche, pochi giorni prima, quando hanno litigato col ragazzino, gli hanno inviato proprio questo - una maledizione?
Non può essere una coincidenza, visto che prima di quel giorno il bambino scoppiava di salute; inoltre, altri tragici accadimenti si rilevano in alcune famiglie, il che mette in allarme tutti: il male è tra loro e va individuato e fermato assolutamente, prima che infetti tutto e tutti.

Messer Hopkins tira fuori dal suo mantello quel che è: un inquisitore, un cacciatore di streghe, di donne che hanno venduto l'anima al maligno e che seminano peccati, lussuria, lascivia e malvagità ovunque vadano, su chiunque posino lo sguardo malevolo, su qualunque cosa tocchino.

Non le riconosci mica subito perché sono subdole, danno l'impressione di essere donne comuni ma, se solo potessimo alzare loro la gonna, vedremmo i segni del peccato e il marchio del diavolo sulla loro carne.
Crescono e vivono insieme alla brava gente timorata di Dio e si sa, lo dice il Vangelo: la zizzania cresce col grano ma andrà estirpata, prima o poi.


E questa è "l'ora delle tenebre", il momento di Matthew Hopkins, nelle cui mani e sulle cui livide labbra fioriscono versetti biblici, coi quali pretende ti insegnare, redarguire, far riflettere.
Giudicare, condannare.

In capo a pochi giorni, Manningtree viene messa sotto accusa perché in mezzo ad essa avvengono cose indicibili: sabba, danze e atti osceni coi diavoli, incantesimi e malocchi mortali e ogni cristiano sincero lo sa: "Non lascerai vivere la strega"*.

A morte le streghe!
Chi sono queste maledette?
Un gruppetto di donne malandate e povere, tra cui un'anziana che a malapena si regge in piedi e la mamma di Rebecca.
Rebecca stessa, in seguito a una sua "leggerezza", viene coinvolta nell'accusa di stregoneria e, insieme alle altre disgraziate, condotta in una prigione maleodorante, sporca, dalla quale è difficile che escano.
O meglio, usciranno sì, ma per essere impiccate.

A meno che non confessino i propri innumerevoli peccati: ditelo che vi unite al diavolo, che avete i vostri spiritelli con cui fate del male alla povera gente, che seducete uomini probi e retti, che avete rinnegato la fede nel buon Dio.
Se confessaste. forse salvereste almeno la vostra anima, se non il corpo corrotto.

Ma come si fa a confessare ciò che non si è commesso? Come si fa ad enumerare peccati di cui non si è minimamente consapevoli?

Le accusate cercheranno di salvarsi la pellaccia e l'anima peccatrice confessando di essere davvero delle streghe? 
O preferiranno la morte a un'autoaccusa assurda e assolutamente falsa?

E che ne sarà di Rebecca, che osserva la sua coriacea e sprezzante madre (che pure l'ama e desidera veder salva l'unica figlia) a volte con perplessità (non riesce a comprenderne fino in fondo la natura, pur sentendosi a lei affine in non pochi tratti) altre con ammirazione davanti al fatale e ingiusto destino che l'aspetta?

Rebecca che si fa domande, che ragiona con la propria testolina nonostante si dica che "Quando le donne pensano da sole, pensano il male"; Rebecca che è intelligente, che conosce quanto grande sia il potenziale di una donna che non si lascia sottomettere dalla prepotenza di certi uomini.

"Preferisco essere donna. Noi donne accettiamo la nostra degradazione dinanzi a Dio, poiché accettiamo la nostra degradazione dinanzi agli uomini, E ci prendiamo gioco di loro." 

Le streghe di Manningtree è un esordio letterario di tutto rispetto; un romanzo storico che trascina con forza il lettore in un luogo e in un tempo per nulla facili, anzi cupi, miserevoli, pericolosi, in cui per distruggere una persona - considerata semplicemente un po' "diversa dalla massa", più ribelle, meno convenzionale...- bastava additarla come amante di satana, fattucchiera. Strega. 
Un contesto storico molto ben delineato, capace di avvolgere il lettore in una morsa glaciale, stretta, nera, angosciante; l'Inghilterra di queste pagine è quella piagata dalla carestia, con troppi campi incolti, dilaniata dalla guerra civile, in cui la caccia al male e ai suoi emissari è "un diversivo per ricchi" e per coloro che non si fanno scrupoli a schiacciare schiene e cuori di donne sole, emarginate, inermi, cui è rimasta solo la dignità di chi sa la verità e non si piega alla menzogna per salvarsi; su di esse la moltitudine riversa terrore, orrore e ipocrisie pseudoreligiose.

La narrazione procede alternando il racconto in prima persona di Rebecca con la prospettiva esterna in terza persona.
Io l'ho apprezzato molto, per l'argomento, per l'ambientazione, per il finale che dà un filino di speranza, per il tratteggio delle donne accusate di stregoneria e anche per lo stile, che riesce ad essere abbastanza scorrevole nonostante sia impegnativo (non è una lettura da affrontare con poca concentrazione); un plauso alla traduttrice.

Consigliato a chi ama l'argomento "caccia alle streghe" e, in generale, i romanzi storici; la storia narrata si ispira a fatti realmente accaduti e alcuni personaggi sono davvero esistiti.


* Esodo 22:17

sabato 11 novembre 2023

RECENSIONE 📌 NAUFRAGI DI PAESAGGI INTERNI - Frammenti - di Andrea Ravazzini

 


NAUFRAGI DI PAESAGGI INTERNI - Frammenti - di Andrea Ravazzini è una raccolta di poesie brevi scritte in un arco temporale che va dal 1997 al 2022.

Gruppo SIGEM
66 pp
Le poesie sono, come il titolo della raccolta suggerisce, dei frammenti di parole, emozioni, memorie intrisi di un grande potere evocativo in cui ritroviamo temi ricorrenti, come l'immobilità del tempo, la fede, la Parola, la solitudine, i ricordi, la tristezza che attanaglia il cuore dell'uomo - "pensator affranto" - che sceglie la Poesia per comunicare i tormenti dell'anima, perché essa è donatrice di "voce sublime| memoria prima, | beatitudine eterna".
E se la vita assomiglia a un continuo navigare verso rotte impervie e l'uomo è un impavido navigante, alla continua ricerca della Verità, a pesare sul suo cuore è la consapevolezza della Mancanza, delle assenze e del dolore che esse provocano, che cresce e lo insegue ovunque egli cerchi di fuggire.

Le parole hanno il potere di creare in chi legge immagini, associazioni, e la più ricorrente è quella di un'anima che si strugge nel contemplare l'oscurità della notte, le ore silenti e solitarie, lasciandosi andare in balia dei propri "pensieri scarni"; il cuore è stanco ma sembra pulsare nuovamente all'affacciarsi di un sogno, perché in fondo, nonostante la tristezza e le spine che attanagliano il cuore, c'è qualcosa che induce il poeta ad attendere, accucciato, seduto "nel cuor delle terre | d'animo mio in fiamme": è la "morbida coperta" della Speranza; il disincanto giunge là dove essa vien meno.

I componimenti, strutturati in versi liberi (per la maggior parte brevi, alcuni anche di una sola parola), sono ricchi di figure retoriche e il lessico utilizzato, nel suo essere essenziale e laconico, con delicatezza e intensità tocca in modo onesto e intimo tematiche e concetti che attengono a ricco mondo interiore di chi scrive e che, sicuramente, riguardano anche il lettore empatico e sensibile.

È una silloge che ho apprezzato per la capacità del poeta di esprimere e suscitare associazioni, pensieri ed emozioni, e per la scrittura elegante che richiede una lettura attenta e senza fretta. 



ALCUNE POESIE

Tratta da In cammino

O Poesia,
che a te gl’occhi volgemmo
sin dalla nascita
e nel tormento notturno guardiamo,
accoglici tu,
che doni ai frammenti,
sparsi in cammino,
disarticolati dal tronco
e gettati
nel deserto nulla,
voce sublime,
memoria prima,
beatitudine eterna.



I silenzi

Lieve,
lieve
rivolo tormento
che saltella
da basso
come un’orda lontana
ch’albeggia alla guerra.
Sono questi silenzi.
Pace.
Lotta.
Attesa.


Balaustra

All’imbrunir
della vita,
mi siedo
sulla
balaustra
d’infinito.
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