Nell'Inghilterra della seconda metà del 1600 la caccia alle streghe non è purtroppo un ricordo, ma anzi una pratica che si inserisce e trova terreno fertile in una cornice storica complessa e molto movimentata, che vede il re in contrasto col Parlamento, la guerra civile che infuria, i cattolici contro il puritani.
È in un tempo come questo che un giovane e oscuro inquisitore va di città in città, nelle contee inglesi, a scovare donne (più raramente uomini) in combutta col maligno e che meritano la morte in qualità di streghe.
LE STREGHE DI MANNINGTREE
di A.K. Blakemore
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Fazi Ed. trad. V.Februari 336 pp |
"Strega è l'offesa che affibbiano a chiunque faccia succedere le cose, a chiunque porti avanti la storia".
È il 1643 e a Manningtree, una cittadina della contea dell’Essex, tante sono le donne che cercano, con gran fatica, di portare avanti la casa, di sfamare sé stesse e la famiglia, lottando contro la povertà più nera, aggravatasi a causa della difficile situazione sociale e politica, che - tra le altre cose - ha portato via gli uomini da casa e dai campi, costringendoli ad arruolarsi.
Alcune di queste miserabili creature vivono ai margini della comunità più di altre: in particolare, le anziane, le straccione, le nubili che nessuno sposa... e quelle dalla lingua affilata, perfida e dalla scorza dura.
A quest'ultima categoria appartengono le donne West, madre e figlia: la vedova Beldam West e sua figlia Rebecca, che vivono come possono, giorno per giorno, tra un espediente e l’altro, cercando di scacciare lo spettro incombente della miseria.
Rebecca e sua madre non vanno sempre d'amore e d'accordo perché la ragazza vede nella rozza genitrice un esemplare di donna poco rispettabile, che non si fa problemi a bere come un uomo e non si fa passare una mosca davanti al naso, risultando sempre molesta, arrogante e poco piacevole.
Giovane e ancora speranzosa di un futuro meno cupo e triste, Rebecca sta imparando a leggere e scrivere presso il maestro John Edes, del quale è infatuata e alla cui presenza arrossisce.
Ma la loro abitudinaria, seppur semplicissima, quotidianità viene completamente scombussolata dalla presenza di un uomo apparentemente innocuo: messer Matthew Hopkins, il nuovo locandiere, che si è mostrato fin dal principio molto curioso verso tutto ciò che accade nella cittadina; la sua curiosità maliziosa è ben visibile nello sguardo profondo e indagatore che va a concentrarsi quasi ossessivamente sulle donne più umili e disgraziate, tra cui la stessa Rebecca, che ne è oltremodo infastidita e turbata.
A Manningtree non mancano mai litigi, baruffe, malelingue e battibecchi, ma un giorno ne accade uno che, se anche di per sé non ha nulla di grave, lo diventa a causa delle maldicenze, della superstizione, dell'ignoranza e della malignità, cui si cerca vergognosamente di dare un'apparenza di pia religiosità.
Accade, infatti, che la vedova West - e altre amiche con lei - un giorno si ritrovino a rimproverare un ragazzino, e che questi - pochissimo tempo dopo - cominci a manifestare sintomi strani, di un malessere non meglio specificato...
Il ragazzino, colto da una misteriosa febbre, inizia a farneticare di congreghe e patti, e questo desta le preoccupazioni di molti in paese e l'interesse, ancor più vivo, di Hopkins, le cui domande assumono un tono sempre più incalzante e poco rassicurante.
Che in questa miseranda cittadina dell'Essex ci sia il demonio con la sua influenza infernale?
La calunnia è un venticello e si diffonde, sottile e insidiosa come una serpe, attraverso le calunnie, le parole cattive e maligne sussurrate di bocca in bocca e che trasformano il nulla in tragedia: e se il ragazzino fosse vittima di un maleficio?
I malefici, le maledizioni..., si sa, sono opera del diavolo e dei suoi nefandi servitori, anzi, servitrici, quali sono appunto le streghe.
Forse la Beldam West e le sue amiche, pochi giorni prima, quando hanno litigato col ragazzino, gli hanno inviato proprio questo - una maledizione?
Non può essere una coincidenza, visto che prima di quel giorno il bambino scoppiava di salute; inoltre, altri tragici accadimenti si rilevano in alcune famiglie, il che mette in allarme tutti: il male è tra loro e va individuato e fermato assolutamente, prima che infetti tutto e tutti.
Messer Hopkins tira fuori dal suo mantello quel che è: un inquisitore, un cacciatore di streghe, di donne che hanno venduto l'anima al maligno e che seminano peccati, lussuria, lascivia e malvagità ovunque vadano, su chiunque posino lo sguardo malevolo, su qualunque cosa tocchino.
Non le riconosci mica subito perché sono subdole, danno l'impressione di essere donne comuni ma, se solo potessimo alzare loro la gonna, vedremmo i segni del peccato e il marchio del diavolo sulla loro carne.
Crescono e vivono insieme alla brava gente timorata di Dio e si sa, lo dice il Vangelo: la zizzania cresce col grano ma andrà estirpata, prima o poi.
E questa è "l'ora delle tenebre", il momento di Matthew Hopkins, nelle cui mani e sulle cui livide labbra fioriscono versetti biblici, coi quali pretende ti insegnare, redarguire, far riflettere.
Giudicare, condannare.
In capo a pochi giorni, Manningtree viene messa sotto accusa perché in mezzo ad essa avvengono cose indicibili: sabba, danze e atti osceni coi diavoli, incantesimi e malocchi mortali e ogni cristiano sincero lo sa: "Non lascerai vivere la strega"*.
A morte le streghe!
Chi sono queste maledette?
Un gruppetto di donne malandate e povere, tra cui un'anziana che a malapena si regge in piedi e la mamma di Rebecca.
Rebecca stessa, in seguito a una sua "leggerezza", viene coinvolta nell'accusa di stregoneria e, insieme alle altre disgraziate, condotta in una prigione maleodorante, sporca, dalla quale è difficile che escano.
O meglio, usciranno sì, ma per essere impiccate.
A meno che non confessino i propri innumerevoli peccati: ditelo che vi unite al diavolo, che avete i vostri spiritelli con cui fate del male alla povera gente, che seducete uomini probi e retti, che avete rinnegato la fede nel buon Dio.
Se confessaste. forse salvereste almeno la vostra anima, se non il corpo corrotto.
Ma come si fa a confessare ciò che non si è commesso? Come si fa ad enumerare peccati di cui non si è minimamente consapevoli?
Le accusate cercheranno di salvarsi la pellaccia e l'anima peccatrice confessando di essere davvero delle streghe?
O preferiranno la morte a un'autoaccusa assurda e assolutamente falsa?
E che ne sarà di Rebecca, che osserva la sua coriacea e sprezzante madre (che pure l'ama e desidera veder salva l'unica figlia) a volte con perplessità (non riesce a comprenderne fino in fondo la natura, pur sentendosi a lei affine in non pochi tratti) altre con ammirazione davanti al fatale e ingiusto destino che l'aspetta?
Rebecca che si fa domande, che ragiona con la propria testolina nonostante si dica che "Quando le donne pensano da sole, pensano il male"; Rebecca che è intelligente, che conosce quanto grande sia il potenziale di una donna che non si lascia sottomettere dalla prepotenza di certi uomini.
"Preferisco essere donna. Noi donne accettiamo la nostra degradazione dinanzi a Dio, poiché accettiamo la nostra degradazione dinanzi agli uomini, E ci prendiamo gioco di loro."
Le streghe di Manningtree è un esordio letterario di tutto rispetto; un romanzo storico che trascina con forza il lettore in un luogo e in un tempo per nulla facili, anzi cupi, miserevoli, pericolosi, in cui per distruggere una persona - considerata semplicemente un po' "diversa dalla massa", più ribelle, meno convenzionale...- bastava additarla come amante di satana, fattucchiera. Strega.
Un contesto storico molto ben delineato, capace di avvolgere il lettore in una morsa glaciale, stretta, nera, angosciante; l'Inghilterra di queste pagine è quella piagata dalla carestia, con troppi campi incolti, dilaniata dalla guerra civile, in cui la caccia al male e ai suoi emissari è "un diversivo per ricchi" e per coloro che non si fanno scrupoli a schiacciare schiene e cuori di donne sole, emarginate, inermi, cui è rimasta solo la dignità di chi sa la verità e non si piega alla menzogna per salvarsi; su di esse la moltitudine riversa terrore, orrore e ipocrisie pseudoreligiose.
La narrazione procede alternando il racconto in prima persona di Rebecca con la prospettiva esterna in terza persona.
Io l'ho apprezzato molto, per l'argomento, per l'ambientazione, per il finale che dà un filino di speranza, per il tratteggio delle donne accusate di stregoneria e anche per lo stile, che riesce ad essere abbastanza scorrevole nonostante sia impegnativo (non è una lettura da affrontare con poca concentrazione); un plauso alla traduttrice.
Consigliato a chi ama l'argomento "caccia alle streghe" e, in generale, i romanzi storici; la storia narrata si ispira a fatti realmente accaduti e alcuni personaggi sono davvero esistiti.
* Esodo 22:17