Miriam ha ventisette anni, è una ragazza brillante e un’appassionata lettrice.
Miriam però non è felice della sua vita, forse perché i suoi genitori, separati da anni, in fondo non l’hanno mai accettata, impegnati a costruirsi una vita in cui per lei non c’è mai stato posto, o forse perché non ha un lavoro né una casa che sia per lei un rifugio sicuro.
Prendere un treno e andare lontano le sembra l’unica via di salvezza e allora molla tutto e con gli ultimi soldi racimolati, parte senza neanche sapere la destinazione.
Senza volerlo Miriam si ritroverà in un luogo onirico e surreale dove gli abitanti dormono di giorno e vivono di notte: la comunità del popolo della luna.
Un luogo che le cambierà la vita, perché è qui che incontrerà Morgan e se ne innamorerà, anche se oltre al Malcolm, lei è l’unica che può vederlo.
Comincia così la nuova vita d Miriam, una vita che ha dell’incredibile, che la porterà a diventare donna e poi mamma attraverso un’avventura magica e surreale.
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il mio pensiero |
Il popolo della luna è un romanzo fantasy ambientato ai nostri giorni ma collocato in una dimensione fantastica, da sogno e surreale.
La protagonista è la giovane 27enne Miriam che, delusa e insoddisfatta della propria vita, cerca di darle una svolta saltando su un treno e fermandosi in un luogo a caso; scesa in stazione, inizia a girovagare ma qualcosa nel suo aspetto, evidentemente, mette a disagio la gente che le cammina attorno, che la scansa e la evita.. finchè non perde i sensi e si risveglia in un letto, con una giovane donna a prendersi cura di lei...
Da questo momento in poi, Miriam conoscerà una serie di persone molto strambe, tutte appartenenti al "popolo della luna", gente che dorme di giorno e vive di notte, rinchiusa tra le mura di un borgo, lontano dal chiasso e dalla modernità dei quartieri e della città attorno, che guarda a queste strane persone notturne con un misto di curiosità e paura.
Miriam consce il "gigante buono" Malcom, suo padre Mario (il sindaco) e soprattutto i suoi occhi riescono a vedere il "capo" e fondatore del borgo del Popolo della Luna: Morgan.
Morgan De Ville è un ragazzo (si fa per dire) che ha una caratteristica fondamentale: è invisibile praticamente a tutti gli esseri umani, tranne all'amico Malcom e anche alla stessa Miriam.
L'attrazione tra i due scatta immediatamente, nonostante l'invisibilità di Morgan e la legittima perplessità della giovane, che si ritrova di punto in bianco in una specie di villaggio fuori dal mondo (in cui le persone vivono senza godere dei vantaggi della modernità) e in cui ciò che la maggioranza giudica "anormale" è lì considerato "normale".
A cominciare, appunto, dallo stesso Morgan che, per catturare la fiducia della bella Miriam, decide di raccontarle la sua storia, il suo lungo passato (anagraficamente ha 90 anni!) e tutte le sofferenze cui è andato incontro: essere un bambino invisibile non è stato il massimo per lui, anzi, l'ha privato dell'affetto dei genitori, della vicinanza, dell'amicizia e del calore degli esseri umani, che trovavano repellente avere a che fare con un "mostro" non visibile ai loro occhi.
E così, il povero Morgan è cresciuto praticamente da solo, restando emotivamente bambino, non ricevendo alcun tipo di istruzione nè, tanto meno, alcun tipo di educazione morale (non riesce a comprendere la differenza tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, tra ciò che rispetta il prossimo e ciò che lo danneggia...) e affettiva (non ha alcun controllo delle proprie emozioni - soprattutto negative -, le vive e le manifesta così come le sente, senza filtrarle con la ragione, proprio come un bambino capriccioso), finchè non ha deciso di crearsi un "mondo tutto suo", di cui lui poteva essere il capo e prendersene cura: il popolo della luna appunto, che nasce con la bella motivazione di raccogliere tutte quelle persone che, proprio come Morgan ma per ragioni diverse, hanno sempre vissuto come degli emarginati, scacciati dalla società, reietti e ritenuti inutili.
La vita nel borgo notturno mette i propri abitanti, invece, in condizione di essere al sicuro e utili alla comunità: ognuno ha il suo ruolo e le sue capacità sono riconosciute, in modo da aiutarsi reciprocamente.
Miriam viene rapita da questa vita e soprattutto dai sentimenti che Morgan le suscita, così decide di restare accanto a lui.
Ma come spesso accade, non sempre il tentativo di chiudersi nel proprio mondo felice e fatto "a propria immagine e somiglianza" riesce, e ben presto Miriam dovrà fare i conti con tanti aspetti della sua nuova vita che si rivelano essere poco piacevoli.
Anzitutto, problemi "morali", legati alla condotta di Morgan, che non esita a rubare pur di rifornire di cibo il borgo; e poi c'è il suo passato, presenza "ingombrante" e dolorosa di cui Morgan non riesce a liberarsi del tutto.
A questi problemi si aggiungono l'ignoranza e la superstizione da parte dei cosiddetti "Diurni" (la gente che vive fuori dal borgo), che non ha mai veduto di buon occhio il popolo della luna, attribuendogli caratteristiche diaboliche...
Nel corso della lettura delle vicende di Morgan e Miriam, mi sono chiesta:
E' possibile sconfiggere il male, quando esso ha fatto radice dentro di noi, nella nostra mente, tanto da comandarla?
L'amore della famiglia può essere una "medicina" sufficiente a pulire e mandar via le ombre nere della vendetta e del rancore?
Il desiderio di creare un luogo da sogno, in cui la gente ignorata o scacciata possa essere felice, pur rinunciando al "luccichio falso ed illusorio" della mondanità, è possibile o cadrà in frantumi di fronte alla voglia di indipendenza di alcune persone del borgo, che pian piano matureranno il desiderio di vivere la modernità a tutti i costi, senza riflettere sulle conseguenze di questa scelta sulle loro vite?
Non dico altro sulla trama - che è abbastanza ricca di particolari, di eventi, di personaggi che subentrano man mano e dai quali si snodano altre piccole storie - e mi limito a fare considerazioni di altro genere.
Il romanzo si legge con molta scorrevolezza - nonostante in molti passaggi non sia accurato al 100% nel linguaggio e un po' "grossolano" nella costruzione dei dialoghi (fatta eccezione per i momenti "sgrammaticati" voluti di proposito dall'autrice e attribuiti a Morgan, per sottolinearne l'ignoranza culturale) - e devo dire che la maggior parte degli elementi narrativi li ho trovati davvero originali.
L'idea di base - il borgo come luogo di ritrovo e rifugio per le "persone inutili", che finalmente riescono a dare un indirizzo alla propria vita in quanto si vedono riconosciute come persone degne di rispetto - mi piace moltissimo e la trovo davvero bella; mi hanno toccato molto anche le tante considerazioni che l'Autrice mette sulla bocca di diversi personaggi e che ho trovato molto profonde: l'importanza dei legami familiari, il rispetto per il "diverso", il rispetto per le diverse forme di amore (anche se in certi momenti Miriam e Morgan fanno affermazioni PER ME discutibili sul senso della libertà nel rapporto di coppia e sul significato di un tradimento...), la gratitudine per chi ci ha fatto del bene, la capacità di guardarsi dentro, di accettare il proprio modo di essere, riconoscendo sia le potenzialità sia i limiti; l'importanza di avere il coraggio di guardare in faccia il passato, le sofferenze, e poterle esorcizzare, non illudendosi di cancellarle ma riponendole nel giusto angolino del nostro cuore e della nostra mente in modo che l'ombra del dolore non possa offuscare la luce di tutto il bello di cui ancora possiamo godere nel presente e nel futuro.
Ecco, quest'ultima riflessione è quella che ho amato di più: troppo spesso il dolore di esperienze pregresse è così forte che vorremmo cancellarlo, fare in modo che non sia mai esistito pensando che solo così potremmo essere felici, oggi e domani, senza più quel fardello sulle spalle.
Ma l'autrice mette sulla bocca di un personaggio non secondario del romanzo, una "soluzione" diversa e più saggia: non possiamo mandar via come con un colpo di spazzola lo "sporco" provocato dal male che abbiamo ricevuto e vissuto, però possiamo cercare di tenerlo in un cantuccio per fare spazio a sentimenti nuovi e più belli, imparando a convivere con ciò che siamo (e siamo stati..), senza negarlo, ma andando semplicemente oltre, costruendo sulle "macerie" e non precludendoci, per paura, la gioia di nuove esperienze, nuovi amori...
Il popolo della luna è, a mio parere, un libro con diverse cose positive; ripeto, a parte il discorso relativo al linguaggio e alla sintassi - in alcune parti poco curato - trovo che l'idea sia originale e valida; l'Autrice dà spazio alla psicologia dei personaggi, soprattutto dei due principali, guardando le cose dai loro punti di vista (la narrazione è sempre in prima persona, ma la prospettiva si sposta, nelle diverse sezioni del libro, dall'uno all'altro) e mettendone a nudo pensieri, paure, desideri.
Direi quindi che è molto introspettivo, ma anche dinamico, perchè ci sono svariate scene d'azione e il ritmo riesce ad essere incalzante; pur non essendoci una descrizione dettagliata e particolareggiata dell'ambientazione - che non è collocata in un posto preciso del mondo - si riesce comunque ad immaginarsi chiaramente il borgo e la vita al suo interno.
Ciò che resta impressa è l'atmosfera da sogno, resa più incisiva dall'abbondante presenza di elementi fantastici (poteri magici, streghe, vite ultra-longeve...) che dà a questo romanzo una sua personalità ben definita e apprezzabile.
Lo consiglio e faccio i miei in bocca al lupo all'autrice..., nonchè a tutti coloro che si son sempre sentiti dire di no ma che continuano ad avere dei sogni nel loro cuore, con la decisa speranza di realizzarli...!!