Altra recensione in cantiere, piuttosto lunga perchè il romanzo affronta tematiche complesse.
*******POSSIBILI SPOILER*******
L'ALTRA FAMIGLIA
di Jodi Picoult
Zoe e Max Baxter sono sposati da quasi dieci anni e desiderano tanto avere dei bambini…, che però tardano ad arrivare.
Entrambi infatti hanno problemi di sterilità e stanno cercando da qualche anno di avere di figli ricorrendo alla
fecondazione in vitro: dopo due aborti, finalmente Zoe è riuscita a restare incinta; è alla 28esima settimana e tutto sembra andare benissimo.
La donna ha 41 anni e lavora come
musicoterapeuta professionale, con soggetti aventi vari tipi di difficoltà cognitive-emotive-relazionali.
La sua vita professionale va alla grande e finalmente sembra che la famiglia formata da lei e il marito si stia allargando con un bimbo.
Ma purtroppo non sarà così, perché il bimbo morirà prima ancora di nascere.
Il doloroso stupore che travolge i due mancati genitori è qualcosa di troppo grande, che la coppia non saprà gestire. Infatti,
il dolore e la rabbia li allontanerà tanto da portare ad un divorzio; sarà Max a chiuderlo, non accettando l’idea di riprovare ancora, per l’ennesima volta, ad avere un figlio, che è ormai diventato l’ossessione della moglie.
Il divorzio arriva all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno per la povera e già provata Zoe, che si ritrova a dover gestire anche la perdita del marito e del suo matrimonio, oltre a quella del proprio bambino e della possibilità di diventare madre: possibilità che sembrano assottigliarsi sempre più, a fronte non solo degli anni che passano, ma ancor più di tutti i problemi di salute che le impediscono di condurre con successo una gravidanza.
Ma proprio quando Zoe crede di essere ormai sola e senza qualcuno d’amare, ecco che
il destino le mette davanti una persona speciale, un’amica che sembra comprenderla come nessuno ha fatto mai, che l’accetta per quella che è, che la fa ridere quando si sente giù.
Questa persona è
Vanessa, e le due si incontrano per motivi di lavoro; Vanessa lavora come
counselor in una scuola e chiede a Zoe di prendere in carico il caso di un’adolescente molto problematica, che manifesta sintomi depressivi e pensieri suicidi.
Le due donne sembrano trovare da subito un’affinità impensabile, che entrambe non avevano mai provato con altri.
E se Vanessa riesce a far luce sui propri sentimenti in modo chiaro, Zoe invece ne è confusa; la prima è dichiaratamente
lesbica, ha avuto sia relazioni con uomini che con donne, per poi capire di volerne solo di omosessuali. Ma Zoe non ha mai messo in conto l’ipotesi che potessero piacerle le donne, tanto più se pensa al fatto di aver sempre avuto relazioni eterosessuali, matrimonio etero compreso.
Ma allora cosa sono quelle farfalle nello stomaco che sente quando è con Vanessa? Quella voglia di passare tutto il tempo libero con lei? Di ascoltarla, di parlarle.., di baciarla?
Realizzare di provare un’attrazione fisica per una persona del suo stesso sesso sconvolge Zoe, colpendola come uno schiaffo in pieno viso che giunge inaspettato.
Eppure, non passa molto che una parte sempre più grande di lei sente che questo sentimento non è affatto sbagliato, anormale, riprovevole, in quanto la fa stare bene:
Vanessa ha risvegliato in lei quella voglia di vivere che i suoi guai personali le avevano tolto; le dà serenità, amore, comprensione… Zoe si innamora, ricambiata, di Vanessa, anche se inizialmente non sente il desiderio di sbandierare il proprio orientamento sessuale.
L'evolversi del loro rapporto però fa sì che esso non possa restare nascosto, in particolare quando Zoe realizza dentro di sè che il proprio essere lesbica non le ha affatto tolto il desiderio di essere madre, ma di esserlo non in modo diretto, bensì tramite la compagna di vita, Vanessa.
E se quei tre embrioni congelati concepiti da Zoe e Max durante il loro matrimonio fossero "utilizzati" e impiantati in Vanessa affinchè partorisca lei i figli di Zoe?
Il desiderio di genitorialità delle due donne si scontra contro il pensiero di Max, il quale nel frattempo ha conosciuto la fede in Dio in modo molto personale.
Max infatti ha accettato di frequentare la Glory Eternal Chruch, cioè la chiesa evangelica di cui sono membri suo fratello Reid e la moglie Liddy, i quali non riescono neppure essi ad avere figli..
Max si avvicina alla fede con molto slancio e con animo sincero, accettando tutti gli insegnamenti che il pastore Clive dà ai suoi parrocchiani sulla base della Bibbia.
Ma la conversione di Max - e il conseguente stile di vita, coerente con la conoscenza della Scrittura - si pone agli antipodi rispetto ai valori e al tipo di scelte fatte dall'ex moglie, Zoe.
Cosa farà Max quando Zoe gli chiederà di cedere a lei e al suo nuovo coniuge (Vanessa) i tre embrioni congelati?
La fede dell'uomo - influenzata anche dall'affetto per il fratello e dalle prediche convincenti del pastore Clive - si contrapporrà o andrà incontro alle richieste di questa "altra famiglia"?
Il dilemma se sia giusto o meno lasciare che le coppie omosessuali abbiano il diritto di crescere dei figli si impone nel corso della lettura, e il lettore - oltre a tutte le difficili tematiche già affrontate fino a quel momento - si ritroverà in mezzo a due opposti schieramenti:
la destra evangelica (Max) che si oppone al matrimonio omosessuale, e
i gay, come Zoe e Vanessa, che sentono di avere il medesimo diritto degli etero di amare, essere amati ed essere genitori.
Ciò che a mio avviso colpisce di questa battaglia ideologico-morale-religiosa - che è poi anche e soprattutto molto intima e personale - è la sensazione fin troppo forte che la Picoult sostenga in modo netto le famiglie gay.
E fin qui..., la cosa non mi stupisce e non mi dà fastidio, è un suo diritto.
Ma il fatto è che per farlo ha enfatizzato ed esagerato le caratteristiche della fazione opposta, che è quella dei cristiani evangelici, che vengono dipinti come dei folli omofobi, fanatici ed esaltati, privi di compassione comprensione verso il prossimo "diverso" (o quanto meno etichettato come tale).
Ora, io sono italiana e non statunitense, quindi non vivo da vicino ed in prima persona la realtà delle chiese evangeliche degli States, però ho comunque avvertito una sorta di volontà - e neanche troppo celata - da parte dell'Autrice di mettere in ridicolo quegli imbecilli ottusi che credono nella Bibbia e fanno di essa il proprio punto di riferimento, a vantaggio dei poveri e maltrattati gay.
Non voglio essere fraintesa, non sto negando che ai giorni nostri i gay subiscano discriminazione e pregiudizi da chi non condivide il loro stile di vita e che questo sia ASSOLUTAMENTE sbagliato..., ma ho trovato che Jodi abbia preso come sfondo un contesto evangelico fin troppo estremo, e che in fondo lo abbia fatto di proposito, nel senso che - se avesse voluto - avrebbe potuto parlare di frange del mondo evangelico meno estreme ed esagerate (e ci sono, lo dico per esperienza personale), ma non l'ha fatto...
E non ho molto apprezzato neanche che abbia fatto passare la Scrittura come un testo retrogrado e omofobo, attorno al quale si può disquisire e speculare in un'aula di tribunale.
Chiaramente quest'ultima considerazione la faccio da cristiana convinta, ma da semplice lettrice immagino che lo scopo dell'Autrice non fosse quello di far apparire gli evangelici come dei folli che odiano i gay(o si?), bensì di dar voce a certe problematiche e situazioni attuali ancora difficili da "gestire", e dal punto di vista dell'opinione pubblica (pregiudizi, discriminazioni, ingiustizie, umiliazioni, insulti e "persecuzioni") e dal punto di vista delle leggi.
Questo è stato il mio primo approccio a Jodi Picoult, e il giudizio complessivo è positivo.
Riesce ad affrontare temi controversi e delicati - il forte desiderio di maternità/paternità, la procreazione assistita, l'omosessualità, i diritti dei gay circa l'essere una famiglia ecc - e lo fa secondo me con una certa sensibilità, non priva però di un po' di retorica; per non parlare della "fretta" con cui lascia che i suoi personaggi cambino orientamento sessuale o atteggiamento verso la fede senza batter ciglio o sentire troppi turbamenti.
Ho apprezzato però il fatto di dare voce ai diversi protagonisti (la narrazione è affidata alternativamente a Vanessa, a Zoe, a Max), così da "entrare nella loro testa", vedendo le cose dal loro punto di vista.
Un'altra cosa che mi è piaciuta: i passaggi relativi alla musica e alla sua importanza sulla nostra vita emozionale, tanto da riuscire ad essere una via fondamentale per accedere ai pensieri, ai sentimenti e ai malesseri più intimi di una persona in difficoltà.
Per il resto, non l'ho trovato mai noioso, e in generale non posso dire che non mi piace come scrive la Picoult, che risulta perlopiù scorrevole; il finale potrebbe ritenersi un po' "scontato", buonista e semplicistico..., ma forse è coerente con gli obiettivi che l'Autrice si era posta con questo romanzo.
Lo consiglio a chi ama le storie drammatiche, che toccano argomenti controversi e attuali, come quelli proposti in questo libro.
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