giovedì 21 agosto 2025

Recensione || YARA GAMBIRASIO. UN CASO IRRISOLTO di Federico Liguori

 

Il 26 febbraio 2011 il corpo senza vita di una ragazzina viene ritrovato in un campo a Chignolo d'Isola: si tratta della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa dal novembre 2010, dopo essere uscita dal centro sportivo di Brembate di Sopra, da lei abitualmente frequentato.
L'omicidio della piccola Yara assume da subito una notevole rilevanza mediatica per diverse ragioni, tra cui quella riguardante la ricerca dell'assassino, individuato in Massimo Giuseppe Bossetti, sulla cui colpevolezza l'opinione pubblica si divise (e si divide ancora oggi), come spesso accade nei casi di cronaca particolarmente complessi, in frange innocentiste e colpevoliste.


YARA GAMBIRASIO. UN CASO IRRISOLTO 
di Federico Liguori


Giraldi Ed.
278 pp
18 euro
Il presente saggio documentaristico è ad opera di un giovane molto preparato che personalmente seguo su YouTube da quando ha aperto il canale >> QUI <<.

Federico Liguori mostra una sincera passione e un genuino interesse per l'omicidio di Yara, che lo hanno indotto a documentarsi con molta cura e serietà su questo doloroso e drammatico fatto di cronaca nera che, benché ufficialmente risolto, custodisce in realtà numerosi interrogativi e perplessità che tre sentenze di condanna non sono riusciti a placare in chi - se anche non volesse mettere in dubbio la colpevolezza di colui che sta scontando l'ergastolo per l'omicidio di Yara - trova che comunque le indagini siano state condotte in modo lacunoso e che forse la colpevolezza di Bossetti non sia stata provata oltre ogni ragionevole dubbio.

"Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli 
al di là di ogni ragionevole dubbio." 
(art. 533 del Codice di Procedura Penale)


Federico parte da un giusto e importante presupposto: quando si vuol parlare di delitti bisogna analizzare i fatti ed attenersi a ricostruzioni verificabili e plausibili.
Ed è ciò che egli, nel suo piccolo e con i mezzi e le capacità di cui dispone, ha provato a fare, partendo dalla lettura e dallo studio di tutto il materiale cui ha avuto accesso, per poi recarsi nei luoghi in cui si è consumata la tragedia, vedere con i propri occhi quei posti e collocare ipotesi e ricostruzioni nel loro contesto reale.

Liguori si fa domande, molte domande, e tutte legittime, ed esse prendono vita non da posizioni "complottiste" bensì da dubbi che nascono spontaneamente quando ci si accosta al caso senza pregiudizi ma con la sola voglia di capire se ci siano o meno dei punti rimasti oscuri nonostante i tre gradi di giudizio.

Partendo dall'inizio e contestualizzando fatti e persone, Federico riassume con cura e doviziosamente gli eventi che hanno preceduto e quelli che sono susseguiti alla scomparsa della povera Yara, a partire dalle piste investigative iniziali, e quindi il modo in cui i giornali italiani hanno scelto, da subito, di narrare di volta in volta i fatti e le novità che man mano emergevano, i tentativi per trovare la "pista giusta" e le "cantonate" prese dagli inquirenti, le speranze, i sospetti, il panico di chi viveva a Brembate e aveva ragione di credere che tra loro vi fosse un mostro che rapiva minorenni.

E poi c'è lui, il muratore di Mapello, l'uomo smilzo dagli occhi di un azzurro ghiaccio e la barbetta ossigenata, con tutto il carico di informazioni e congetture che su di lui (e sui famigliari maggiormente coinvolti: la moglie Marita, la madre Ester Arzuffi, il padre biologico Giuseppe Guerinoni...) è stato possibile tirar fuori, vero o falso che fosse.

Attraverso Federico, il lettore ripercorre ogni tappa delle indagini, ricordandoci dei cani molecolari che fiutarono qualcosa nel cantiere o del primissimo sospettato (Fikri): il terribile caso di cronaca esplose con prepotenza su tutte le prime pagine dei giornali per prendersi spazio su carta, in tv, ovunque sui media. 

Il ritrovamento del corpo della piccola è l'inizio di un mistero che durerà per ben otto anni, passando per l'arresto di Bossetti (avvenuto in modo quasi "cinematografico", a favor di telecamera) nel 2014 per arrivare al 12 ottobre 2018, quando la Corte di Cassazione condanna con sentenza definitiva l'uomo ritenuto colpevole del delitto.

Ergastolo. 

Bossetti: un uomo qualsiasi, un muratore incensurato dalla vita normale, un padre amorevole, sposato dal 1999 con la sua Marita, con la quale il matrimonio procedeva, seppur tra alti e bassi come in ogni coppia. 
Su Bossetti i media si fiondano come avvoltoi sui cadaveri, scavando nella vita sua e dei suoi cari, magari tirando fuori anche questioni che col processo in sé non avevano a che fare (vedi i tradimenti della moglie), ma tutto con lo scopo di sbattere il mostro in prima pagina, poi che importa se tante notizie date per certe e per assodate non fossero state neanche minimamente verificate!

Massimo Bossetti è stato giudicato per tre volte colpevole; contro di lui una serie di prove indiziarie ma una su tutte, per gli inquirenti, è quella che lo inchioderebbe con le spalle al muro e senza se e senza ma: la prova granitica della traccia di DNA ritrovata sugli indumenti intimi della tredicenne.

Ignoto 1.
Chi non ha sentito nominare, e non una volta sola, questo sconosciuto individuo ritenuto, senza ombra di dubbio, l'assassino?
Così come sicuramente tutti ricordiamo la straordinaria indagine che ha permesso, attraverso la raccolta di un numero notevole campioni di DNA nella zona e tra i frequentatori dei luoghi chiave, di arrivare al padre biologico di Ignoto 1, alla madre biologica dello stesso e, quindi, a lui: Massimo Giuseppe Bossetti.

I giudici non hanno avuto dubbi e il caso è stato chiuso, con Bossetti dietro le sbarre a vita.

Ma è davvero risolto questo terribile caso che ha travolto e cambiato per sempre la povera famiglia Gambirasio e scosso l'Italia intera?

Dopo tanti anni, questo libro si propone di ricapitolare, analizzare con estrema chiarezza e mettere in fila tutte le domande senza risposta, i punti oscuri che aleggiano su questa tragica vicenda: nessun movente, nessun testimone, nessuna arma del delitto, nessuna confessione. 

L'autore ha un approccio al caso umile, proprio di chi vuol davvero capire e trovare risposte, senza pretendere di avere delle verità in tasca, ma usando la logica e il buon senso per cercare di seguire il percorso fatto dagli inquirenti per arrivare alla certezza della colpevolezza, individuandone le lacune, le ambiguità, e soprattutto mettendosi al fianco della difesa di Bossetti, che tenacemente non ha mai smesso, neanche dopo la condanna in Cassazione, di combattere affinché al loro assistito fosse garantito davvero il diritto di difendersi attraverso l'analisi dei reperti e del materiale genetico (oggetti e vestiti di Yara, le tracce di DNA ritrovate e appartenenti a più soggetti mai individuati...).

Diciassette sono i ragionevoli dubbi che Liguori espone ragionando sulle dinamiche dell'omicidio, tenendo conto degli orari, di celle agganciate, di furgoni (veri o presunti) che girano attorno alla palestra, di quanto le strade "incriminate" fossero più o meno trafficate nell'ora interessata, di quanto fosse più o meno facilmente praticabile il campo in cui il corpo della giovanissima vittima è stato rinvenuto, della reale ed effettiva possibilità che esso sia stato lì per tre mesi oppure no, del tempo che avrebbe impiegato l'assassino per fare ciò che ha fatto, ed altri interrogativi fondamentali.

A fine lettura, il dilemma resta: in carcere c’è l’assassino o un innocente che è rimasto intrappolato in un meccanismo infernale? 

Per l'autore, il caso è ben lontano dall’essere risolto “oltre ogni ragionevole dubbio”, a fronte delle non poche o trascurabili mancanze e delle sospette superficialità da parte di chi ha indagato, del pauroso sciacallaggio mediatico ("questo caso mi ha mostrato il volto più squallido del giornalismo"), di tutte le assurde supposizioni e delle bugie...

Cerca di essere lucido, analitico ed imparziale, Federico Liguori, e io credo che ci riesca perché ho intravisto, tra queste pagine, il suo sincero sforzo di raccontare i fatti con ordine e razionalità, mettendo da parte pregiudizi o presunte certezze già acquisite, cercando di mettere nero su bianco  quello che è stato scritto e detto su Yara, Bossetti, DNA e tutto ciò che ruota attorno al caso che, non dobbiamo dimenticarlo, vede come vittima una ragazzina di tredici anni che, dietro quel sorriso e quegli occhi vivaci che tutti abbiamo imparato a conoscere e anche a voler bene - come se fossero di nostra figlia, cugina, nipote, amica... -, custodiva e coltivava dei sogni, che un criminale ha spezzato con sadismo e crudeltà.

Un'altra cosa che mi è piaciuta molto è l'empatia che Federico manifesta nell'accennare a Yara, come anche alla sua famiglia e a quella di Bossetti, anch'essa innocente e finita in un tritacarne mediatico aberrante.

E se anche Bossetti fosse da annoverare tra le vittime di questa triste vicenda?

"Questa è la storia di un lupo travestito da agnello o di un agnello a cui è stato cucito addosso il vestito di un lupo?  Questa è la storia di un'indagine straordinaria e senza pari nella storia italiana o di una serie di elementi dati per scontato e poi sommati fino a diventare una certezza che nessuno poteva più mettere in discussione? Ignoto 1 è davvero l'assassino della piccola Yara? Massimo Bossetti ha subito un giusto processo?".

Come dicevo, Federico si pone e guida anche il lettore a porsi un sacco di interrogativi, nessuno di essi fantasioso o campato in aria, anzi.
E l'assenza di risposte definitive potrebbe indurvi a chiedervi: "possiamo fidarci di questa giustizia? Possiamo fidarci dei media?"

Consigliato a chi è interessato a questo atroce fatto di cronaca italiana e a chi vuol avvicinarsi ad esso con l'atteggiamento aperto e curioso di chi non smette di farsi domande e di mettere in discussione ciò che crede di sapere con certezza.





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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz

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