domenica 25 ottobre 2015

Recensione film: IO CHE AMO SOLO TE di Marco Ponti



L'avevo già detto dalla prima volta che ne avevo letto notizia in web: nel momento in cui "Io che amo solo te" (RECENSIONE) fosse stato al cinema, io sarei andata di certo a vederlo, perchè non solo il libro mi era piaciuto, ma anche il cast mi attirava moltissimo.

Ed infatti ieri sera sono stata a vedere il film di Marco Ponti tratto dall'omonimo romanzo di Luca Bianchini:

IO CHE AMO SOLO TE


ATTUALMENTE
IN PROGRAMMAZIONE


Il film racconta la storia di Ninella, cinquant'anni e un grande amore, don Mimì, con cui non si è potuta sposare. Ma il destino le fa un regalo inaspettato: sua figlia Chiara si fidanza proprio con Damiano, il figlio dell'uomo che ha sempre sognato, e i due ragazzi decidono di convolare a nozze.
Il matrimonio di Chiara e Damiano si trasforma così in un vero e proprio evento per Polignano a Mare, paese bianco e arroccato di uno degli angoli più magici della Puglia. 
Gli occhi dei 287 invitati non saranno puntati solo sugli sposi, ma sui loro genitori, la cui antica passione è un vulcano solo temporaneamente spento. 
A sorvegliare la situazione ci sarà comunque la futura suocera di Chiara, incaricata di gestire una festa di matrimonio preparata da mesi.


Chi si è sposato, ed ha avuto la difficile (seppur bella) incombenza di organizzare un matrimonio, lo sa: c'è sempre qualche ospite indesiderato che si intrufola all'ultimo momento. E che sei costretto ad accettare immancabilmente.

Al matrimonio di Damiamo (Riccardo Scamarcio) e Chiara (Laura Chiatti), una bella coppia di Polignano a Mare, il primo ospite non voluto si presenta il giorno prima delle nozze, mandando in crisi l'agitata sposina: il maestrale.
E io che mi sono spostata in un giorno in cui tirava un vento che pareva stesse per passare Patricia, ve lo confermo: il vento è fastidioso, eh, soprattutto per le foto e se organizzi qualcosa all'aperto *.

Come se non bastasse, a complicare le cose ci si mette un prete malaticcio (Uccio De Santis) e una cantante che, a causa di un'improvvisa laringite, dà forfait.
Credete che le complicazioni siano finite per Chiara?
Macchè, un altro ospite imprevisto si presenta: zio Franco (il fratello di mamma Ninella), uscito recentemente di galera.
Franco.., che fu in un certo qual modo la causa dell'infelicità per la povera Ninella (Maria Pia Calzone).

Eh sì perchè Ninella ha avuto un solo grande amore nella sua vita: Domenico Scagliusi, meglio conosciuto come don Mimì (Michele Placido) e il loro è stato un amore non vissuto completamente, ma troncato proprio quando sarebbe stato giusto e bello viverlo.

Sono passati ormai degli anni, tanto don Mimì quanto Ninella si sono rifatti una vita: il primo con l'altera e tutta d'un pezzo Matilde, con cui ha avuto due figli, Damiano e Orlando; la seconda si è anche lei sposata (attualmente vedova) ed è la mamma di Chiara e Nancy.

La fiamma del sentimento era così forte e ardente che non s'è ancora spenta, nonostante il tempo sia passato lasciando dietro di sè delusione, amarezza, qualche pizzico di infelicità e nostalgia, che però don Mimì e Ninella devono tenere ben lontani ancor di più adesso che i loro figli stanno per unirsi in matrimonio.

Il giorno prima del matrimonio è sempre uno stress assicurato, che non di rado si accompagna a dubbi, paure, tensioni, nervosismi, e Damiano e Chiara li vivranno tutti, insieme alle loro rispettive famiglie, che per ovvie ragioni non hanno un rapporto idilliaco.

A dar problemi è principalmente la cara Matilde, soprannominata simpaticamente First Lady, perfettina e prepotente, che ha da ridire su tutto, abito da sposa compreso.
Ma forse Matilde è solo una donna tristemente consapevole di essere sempre stata all'ombra di un'altra donna, l'unica davvero amata dal marito.

Il film dà spazio non soltanto alle vicende divertenti e a volte anche commoventi di queste due coppie - l'una che non ha coronato il proprio sogno d'amore e l'altra che sta per farlo - e delle persone coinvolte (dal parrucchiere estroso e isterico alla zia un po' petulante venuta da Pinerolo, alla vicina di casa impicciona che sa tutto quel che succede in casa tua), ma soprattutto a come vivono il grande giorno i personaggi, con particolare attenzione ai quattro protagonisti.

Ninella sospira al pensiero di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato; don Mimì cerca di bruciare il passato senza riuscirci, anzi il rischio è che a bruciare sia lui (d'amore).

E mentre i genitori si lasciano andare ad una nostalgica malinconia, i promessi sposi vivono la vigilia con apprensione e in uno stato di "leggera" confusione.

Un po' fessacchiotto e molto insicuro, da tutti in paese considerato il classico figlio di papà (che si ritrova erede di una fortuna che non si è sudato), Damiano sembra non preoccuparsi degli aspetti pratici del matrimonio, quanto piuttosto di tutti quei pensieri che gli affollano la mente circa la necessità di sposarsi "per forza" (di "sistemarsi") con la fidanzata Chiara.

Chiara è più posata, tranquilla, sembrerebbe più convinta del fidanzato di convolare a nozze, eppure... anche lei vivrà il suo momento di insicurezza e dubbio.

Damiano e Chiara hanno più timori e perplessità di quanto non riescano a confessarsi, ed entrambi prenderanno degli scivoloni (più o meno "piccoli"...) che potrebbero rischiare di mandare all'aria tutto.
Ma tranquilli, il grande giorno arriva e tutti son pronti a partecipare al matrimonio dell'anno, al quale partecipano un  sacco di invitati, sindaco compreso.

Filerà tutto liscio e senza complicazioni?

Beh, proprio tutto liscio magari no, ma chissà che tutti i vari inconvenienti non siano più superabili di quanto sembrino...!

Tutta l'agitazione si concentra in questo giorno che dovrebbe essere meraviglioso per tutti, sposi in primis, e forse - nonostante qualche ballo romantico, strappalacrime e forse proprio per questo "audace", e qualche confessione compromettente - Damiano e Chiara prenderanno più consapevolezza dell'amore che li unisce e di quanto siano importanti l'uno per l'altra.

E don Mimì e Ninella? 
A questa domanda non rispondo, però vi dico che guardandoli, mi è balzata alla mente un passaggio della celebre e bella canzone di Antonello Venditti: "Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano, amori indivisibili, indissolubili, inseparabili".

Una commedia brillante, vivace, molto piacevole, improntata in special modo sull'ironia, sui momenti spassosi - frutto degli equivoci e delle vicende simpatiche che vedono coinvolti tanti personaggi, con i loro caratteri così ben tratteggiati (in alcuni casi, volutamente "esagerati", come nel caso del simpatico parrucchiere Pascal), dell'uso della cadenza e del dialetto pugliese ** - ma non priva di momenti più profondi, come ad es. quelli relativi al rapporto padre-figlio (Damiano-don Mimì-Orlando) o alla coraggiosa decisione di andare contro i pregiudizi di una piccola realtà meridionale pur di sentirsi liberi di essere se stessi.

La location è caratteristica e splendida (non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo ma, da pugliese, lo faccio ugualmente) e anche gli occhi vengono ripagati facendo un giro per le vie e sulle rive di una bellissima Polignano; credo non sia un mistero (e spero quindi di non incorrere nello spoiler ) la partecipazione di Alessandra Amoroso nelle sue vesti di cantante che interpreta, con l'intensità che le appartiene, la meravigliosa canzone di Sergio Endrigo "Io che amo solo te", la quale non solo dà il titolo al libro e al film, ma crea pathos ed emozione in quella che è la scena clou.

Un film, quello di Marco Ponti, che racconta l'amore, con una vena ironica e romantica insieme; la Chiatti sempre deliziosa, Maria Pia Calzone per me ha smesso di essere la tostissima donna Imma *** per diventare una donna sensuale e innamorata, e poi sempre bravissimi Placido e Scamarcio, con il loro essere assolutamente a proprio agio nei panni di pugliesi Doc quali sono.

Non so se si intuisce che ne consiglio la visione!!


* Chiara, hai la mia comprensione 
** grazie Placido per aver mantenuto la tua "foggianità" ("c t'agghia dic' "   )!!
*** per chi non lo sapesse: personaggio della serie Gomorra.  


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Recensione: L'ULTIMA SETTIMANA DI SETTEMBRE di Lorenzo Licalzi



Un romanzo che mi ha fatto sorridere e commuovere; un inno alla vita che vi conquisterà.


L'ULTIMA SETTIMANA DI SETTEMBRE
di Lorenzo Licalzi


Ed. Rizzoli
316 pp
18 euro
Agosto 2015
INFO
"Mi sono tirato su dal letto alle sette. Appena ho posato i piedi per terra il primo pensiero è stato: “Oggi è il giorno della mia morte”. È privilegio di pochi conoscerne la data, sarebbe stato meglio (o peggio) saperlo cinquant’anni fa, se non altro avrei saputo che mi restavano ancora cinquant’anni da vivere, ora è un po’ tardi. In ogni caso l’idea di morire l’ultima settimana di settembre mi piaceva, ha un non so che di nostalgico, direi quasi di letterario. E poi morire in autunno è troppo triste, in piena estate troppo caldo, in inverno troppo freddo, l’ideale sarebbe stata la primavera, ma sarebbe troppo faticoso arrivarci. È incredibile, ognivolta che facevo una cosa non potevo fare a meno di pensare: “È l’ultima volta che compio questo gesto”. È l’ultima volta che mi lavo i denti, la faccia, che mi faccio la barba (se si può, sempre farsi la barba prima di morire, è una questione di rispetto, e poi si evita che te la facciano da morto, che è una cosa tristissima, per chi la fa, ma anche per chi se la fa fare). Fare una cosa per l’ultima volta, sapendolo prima, ha un non so che di epico. Ogni gesto acquista un valore speciale."


E' così: l'ottantenne Pietro Rinaldi ha deciso di morire. Possibilmente prima che finisca il mese di settembre; del resto, cos'ha da aspettare ancora?

Pietro è uno scrittore ormai in pensione; i suoi romanzi - che rispecchiano appieno la sua personalità pessimista e un tantino asociale, il suo modo di parlare così caustico, senza filtri e spesso privo di sensibilità - hanno avuto un discreto successo, ma da tempo Pietro ha smesso di scrivere e ha mandato tutti a quel paese, molto gentilmente (fans, lettori, critici...).

E' un tipo molto intelligente, acuto, sarcastico, indisponente, scorbutico, insofferente a tutto e tutti, sboccato nell'esprimersi, poco socievole (anche con i familiari).
Ed è terribilmente solo.
Da quando è rimasto vedovo della sua amata Sara, i difetti caratteriali si sono accentuati; docile e mansueto non lo è mai stato, eh, e i suoi romanzi lo testimoniano: sempre così critico verso tutti, senza peli sulla lingua nel giudicare gli altri con pochi ma essenziali aggettivi, sempre pronto a mandare al paese di Pulcinella tutti quelli che gli "stanno sul..."  (e non sono mica pochi!): insomma, Pietro non si è mai distinto per la dolcezza di carattere e di parola, eppure sin dalle prime battute ci sentiamo terribilmente attratti da questo protagonista strambo, facilmente irritabile, capace di guardare e descrivere fatti e persone con uno humor "nero" irresistibile, con una tale onestà e lucidità, con una tale sicurezza nei giudizi (negativi e un po' pessimisti), da rendercelo simpatico.

Pietro, ma davvero vuoi farla finita?

Leonberger 
incrocio tra San Bernardo, Terranova 
e il Cane da Montagna dei Pirenei.
Il lettore legge col sorriso la disamina che l'aspirante suicida dà della propria vita attuale e, ancor di più, della difficile scelta del metodo giusto per andare ad incontrare il Creatore.
Beh, non che creda che esista un dio, ma dovesse esserci, minimo minimo lo manda all'inferno appena lo vede.

Pensa e ripensa a come morire, i giorni passano; vero è che, proprio quando si è deciso a optare per l'assunzione massiccia di una serie di pillole micidiali, in un mix che condurrebbe alla morte chiunque, ecco che suonano alla porta.
Sempre loro, i Testimoni di Geova, capaci di bussare alla porta nei momenti meno opportuni, pensa il nostro.
E invece no!! E' la sua cara ed unica figlia, Roberta, venuta dal padre per chiedergli un favore.

Roberta è una donna dolce, calma, paziente, bella, un'ottima moglie e madre, di certo anche una brava e premurosa figlia, che cerca come può di star dietro a quell'estroso e orso di padre che si ritrova, dal quale avrebbe forse desiderato più comprensione e meno disapprovazione (silenziosa, non espressa verbalmente ma... quanto contano e pesano gli sguardi, i silenzi, l'indifferenza!), ma così non è stato... e ormai è tardi per recriminare.

Però un favore glielo può fare, accidenti! Deve solo far compagnia al quasi sconosciuto nipotino 15enne, Diego, e badare al cane di famiglia, l'incrocio tra un terranova e un San Bernardo, Sid (il nome alla grossa belva glielo ha dato proprio Pietro, per scherzo, si capisce, perchè fosse per lui dovrebbero fare una legge in cui ai cani si deve mettere obbligatoriamente un unico nome: Fido), dall'aspetto e dalla taglia non proprio rassicuranti.

Per quanto tempo? Mah, pochi giorni, caro paparino. Pochi giorni in cui ti ritroverai finalmente a trascorrere un po' di tempo con tuo nipote, che non vedi da troppi anni, e col quale non hai mai scambiato delle illuminanti quattro chiacchiere.

Che dici, Pietro, si può fare?
Poco convinto ma rassegnato, il papà dice di sì, anche perchè Roberta e il marito Fabio devono per forza partire alla volta di Parigi per il funerale della mamma di lui.

Quando si ritrova dentro casa un adolescente taciturno e un po' smarrito, e un cagnone vivace e potenziale combinaguai, Pietro sente addosso un grande disagio ed imbarazzo nel gestire la situazione che di solito non appartiene a un tipo sveglio e pronto di parola come lui; per non parlare del fatto che ha dovuto rimandare il suicidio, il che proprio non gli va bene, ma ormai il danno è fatto.

Ma la sensazione di imbarazzo che prova non è davvero nulla in confronto al macigno di dolore che cadrà addosso a lui e Diego dopo poche ore.

Una telefonata... e il mondo crolla sulle spalle di un 80enne che in cuor suo aveva già smesso di vivere.
Ecco, forse il dolore costituisce la motivazione più efficace per tirare finalmente le cuoia.

Che fare? Roberta gli ha affidato Diego, non può certo abbandonarlo...

Il dolore che Pietro è costretto a vivere è di quelli per i quali la lingua umana non ha ancora neanche creato un termine per descriverne la condizione.

L'unica soluzione per dimostrare a se stesso di essere un vecchio ancora responsabile e in grado di prendersi cura del nipote è intraprendere con lui un viaggetto da Genova  fino a Roma, col quale sistemerà tutto il caos che s'è creato all'improvviso.

Ed è così, che "in groppa" alla Dea - una Citroën DS Pallas decapottabile su cui sembra di volare - i tre partono alla volta della capitale, dove Pietro potrà "risolvere" la situazione di Diego e Sid, e tornare alla propria non-vita, dove ad aspettarlo c'è sempre la mai abbandonata prospettiva del suicidio.

Ma il viaggio sulla Dea - la macchina della felicità, come la chiamava Sara - si rivelerà il più bello ed importante viaggio della vita di nonno e nipote. Beh, anche di Sid, già che c'è.

Un viaggio costellato da silenzi, qualche parole buttata giù ancora nell'imbarazzo di chi sta provando a conoscersi meglio; imbarazzo che adesso si è unito al peso di una sofferenza immensa, che li segnerà per sempre ma che potrebbe diventare anche l'occasione per unirli, dando loro l'opportunità di avvicinarsi, di apprezzarsi, di volersi bene e di dimostrarselo.

Diego è un adolescente intelligente come il nonno, ed ha la calma di Roberta, la capacità di vivere ed affrontare anche eventi terribili con una forza che il nonno non immaginava.
E dalla quale c'è solo da imparare.

Pietro non ha più voglia di vivere mentre Diego ha tutta una vita davanti; per entrambi nulla sarà più come prima perchè il dolore è entrato improvvisamente e con prepotenza nella loro vita, e c'è solo da decidere se girargli le spalle con rassegnazione e tristezza, o affrontarlo a muso duro.
Magari insieme, chè si è più forti. E poi c'è sempre Sid, pronto a saltarti addosso con pericoloso entusiasmo, e scusate se è poco.

Pietro, devi solo convincertene: da soli si muore.

Un'avventura on the road, di quelle capaci di cambiare la vita e la prospettiva ai propri protagonisti, ma in un certo senso anche al lettore, cui sembra di essere nella decappottabile insieme ai tre esilaranti viaggiatori, e insieme a lui si ritrova a vivere quest'esperienza indimenticabile, dalla quale i protagonisti usciranno "diversi", più consapevoli di cosa vogliono dalla vita.
Anche un 80enne può ancora scegliere cosa volere dai giorni che gli restano, e Pietro dovrà fare questa scelta, scoprendo la gioia di vivere grazie ad un nipote che sta attraversando il periodo peggiore della propria vita, in cui ha più bisogno di avere accanto chi gli vuol bene.

Un romanzo che diverte moltissimo per le tante gag presenti, a motivo del caratteraccio sfacciato e irritante di Pietro - il lupo perde il pelo ma non il vizio - e di quello più entusiasta ed educato di Diego, e anche a motivo delle marachelle di Sid; uno stile e un ritmo briosi, vivaci, una vena ironica e spassosa che prende il lettore, lo fa sorridere, ma non mancheranno i passaggi tristi e commoventi, in cui il carattere spigoloso e la lingua mordace del nostro vengono addolciti da un'onda di belle ed inaspettate emozioni, che potrebbero essere l'unico vero antidoto alla sua voglia di morire.

Davvero un bel libro, mi sono gustata la lettura pagina dopo pagina perchè l'autore riesce ad essere divertente e profondo, con momenti comici mescolati ad altri in cui si scava nel cuore di un personaggio che per temperamento ricorda Barney (quello della versione) ma che, rispetto a lui, onestamente io ho trovato di gran lunga più simpatico!

Lo consiglio assolutamente. Datevi l'opportunità di leggerlo, secondo me non ve ne pentirete!!!

sabato 24 ottobre 2015

Spazio Esordienti: Una scintilla nell'oscurità di Emanuela Riva



E anche oggi diamo spazio ad autori emergenti.

Una scintilla nell'oscurità
di Emanuela Riva


ISBN: 9788894068528
Genere: Urban Fantasy/ Romance
CASA EDITRICE: Trame Dei Sogni
DATA DI USCITA:
 16 SETTEMBRE 2015
COSTO: € 3,99
Sinossi

Emma Sullivan è una ragazza semplice, altruista e molto testarda, che vive con suo fratello maggiore a Baselga, un paesino nel Trentino. 
Insieme cercano di superare lo shock della perdita dei genitori, Amelia e Christopher, uccisi due anni prima da due rapinatori. 
In seguito alla loro morte, la ragazza inizia a fare incubi ricorrenti.
Un giorno Emma si reca al centro commerciale, insieme alle sue migliori amiche, e incontra Adam Cooper, un uomo arrogante e bellissimo, destinato a cambiarle per sempre la vita. 
Ma dietro quel volto bello e fiero si nasconde una creatura mitologica creata da Dio in epoche lontane. 
E ben presto per Emma le cose si metteranno male, soprattutto quando si imbatterà nel vescovo Francesco Doria e il suo aiutante don Carlos, finendo coinvolta nella più antica delle faide: la lotta tra il bene e il male

venerdì 23 ottobre 2015

"Calico Blues" di Michele Mingrone, un romanzo di svariati generi



Buongiorno e buon venerdì, amici!
Ogi desidero presentarvi un libri che raccoglie in sè elementi di diversi generi letterari: "Calico Blues" di Michele Mingrone, un romanzo tra comico, sentimentale, thriller, western... ispirato al mondo dei fumetti!


CALICO BLUES
di Michele Mingrone


Data di uscita
21 ottobre 2015 
Prezzo: 2.99€ 
Formato: ebook 
(epub, mobi, pdf)

Link per acquisto e altre info: QUI

Sinossi

Aldo, ragioniere per necessità ma fumettista per passione, pensa di aver trovato i personaggi che gli regaleranno la tanto bramata notorietà: Calico, una fascinosa cantante blues di facili costumi, e suo fratello Jack, un cowboy molto, ma molto poco raccomandabile. 
Ma le cose si complicano quando, Elena, la fidanzata di Aldo, trova nella sua camera un tanga arancione, identico a quello disegnato per Calico. 
Che il nostro ragioniere abbia suo malgrado scoperto un ponte tra un mondo reale e quello dell'immaginazione? 
E quali saranno le conseguenze? 

Con "Calico Blues", Michele Mingrone prende in prestito elementi da vari generi (fantastico, comico, erotico, western...) per tratteggiare una storia dal ritmo forsennato che trae spunto a piene mani dal mondo dei fumetti, in tutte le sue sfaccettature.

L'autore.
Michele Mingrone, quando è ubriaco sproloquia di musica, storia, fumetti e letteratura. Quando è sobrio cerca di rendere tutto questo una professione. “Calico Blues” il suo secondo romanzo dopo "L'ultima tournée di Sally O'Hara" (Ed.it 2013). Come autore su commissione ha scritto, tra l'altro, di videogiochi, turismo, gioielli, candele, rifiuti, auto d'epoca, gruppi rock e cosmetica. Questo lo rende una persona molto, molto confusa.

giovedì 22 ottobre 2015

Novità goWare: LA RAGAZZA DIPINTA di Matteo Corsi



Amanti del giallo, è già disponibile il nuovo romanzo di Matteo Corsi, La ragazza dipinta, edito da goWare all'interno della collana di narrativa Pesci rossi.

LA RAGAZZA DIPINTA
di Matteo Corsi


goWare
 pp. 230
€ 4,99 (ed. digit.)
 € 12,99 (cart.)
Disponibile da 19 ottobre 2015
L'omicidio di una ragazza scuote un paese della campagna toscana e ravviva le tensioni tra fascisti e comunisti.
Il giallo d'esordio di Matteo Corsi ci immerge nel ritmo e nel pathos di una storia ad alta tensione.

Trama

In una fredda mattina di novembre, la nebbia della campagna toscana inghiotte Arturo, figlio di contadini, che sta pedalando a più non posso.
Poco tempo dopo, una squadraccia di fascisti va a cercarlo a casa. Ciuccopino, il giovane matto del paese, ha ritrovato nel fiume il corpo di Francesca, una ragazza bellissima contesa tra Arturo e Attilio, il capo squadrista.

Chi ha ucciso Francesca? E perché Arturo stava scappando come chi ha qualcosa da nascondere?

La ragazza dipinta, il giallo d'esordio del poliedrico autore toscano Matteo Corsi edito da goWare, si sviluppa sullo sfondo di forti tensioni sociali e politiche e di un amore conteso in epoca fascista.
L’atmosfera realistica del passato, i valori, la campagna con i suoi ritmi, gli equilibri, il nucleo familiare, la semplicità e allo stesso tempo la ricchezza dei rapporti, la città caotica e raffinata si intrecciano al mistero della morte di Francesca.



L'AUTORE
Matteo Corsi è nato nel 1973 a Vinci. Vive tra la Versilia e le colline del Chianti con la moglie, i figli e alcuni gatti. Personaggio eclettico, è un musicista (con la sua band ha suonato anche in Germania) e disegnatore di robot dei cartoni animati. Ultimamente si è dedicato anche alla scrittura: La ragazza dipinta è il suo primo romanzo.

Frammenti di "L'ultima settimana di settembre" L. Licalzi



.
"Io credo che le cose vadano come vogliono andare, non perché devono farlo,
come fossero guidate da un disegno superiore,
ma a causa di una concatenazione accidentale di eventi che le porta inevitabilmente verso una determinata direzione,  e siamo noi, semmai, dopo che sono accadute, a volerle interpretare secondo una logica trascendente,
quindi, se da un lato siamo artefici del nostro futuro,  dall’altro quasi sempre non possiamo far altro che subire le bizze del caso..."

(da L'ultima settimana di settembre, L. Licalzi)


Pubblicazione Fratini Editore: TERRORE NERO E altri racconti.. di HENRY S. WHITEHEAD



Buongiorno carissimi!!

Inizio questo nuovo giorno col segnalarvi la nuova uscita di Fratini Editore: Terrore nero e altri racconti del ciclo di Gerald Canevin, di Henry Whitehead.


TERRORE NERO
E altri racconti del ciclo di Gerald Canevin
di HENRY S. WHITEHEAD

Genere: antologia di 
racconti horror e fantastici
Editore: Fratini Editore
Traduttore: R. Chiavini
Collana: Mellonta Tauta
Pagine: 333
Prezzo: 20 euro (cartaceo).
Uscito a ottobre 2015.
Disponibile per l’acquisto sul sito della casa editrice, sul portale Webster e presso la Libreria Fratini, in Via degli Alfani 4/r, Firenze, oltre che nelle librerie fiduciarie.

Link acquisto diretto:  QUI

Dalla Prefazione al libro di Walter Catalano:

“Non c’è in lui nulla dell’uomo di chiesa ammuffito: si veste in abiti sportivi, impreca come un duro all’occasione, ed è totalmente estraneo a bigottismi o perbenismi di qualsiasi tipo”. Con queste lapidarie parole H.P. Lovecraft descriveva, nel 1931 quando lo incontrò per la prima volta di persona, l’amico e collega scrittore, il reverendo Henry St. Clair Whitehead (5 Marzo 1882 - 23 Novembre 1932). Nato a Elizabeth, nel New Jersey, da antica famiglia scozzese, Whitehead si era laureato – compagno di corso di Franklin Delano Roosevelt – all’Università di Harvard nel 1904. Dopo una gioventù dedicata soprattutto al football e all’atletica, intrapresi gli studi di teologia alla Berkeley Divinity School, viene ordinato diacono della Chiesa Episcopaliana nel 1912. Fra il 1918 e il 1919 si occupa come pastore dei bambini della Chiesa di St. Mary a New York e dal 1921 al 1929 serve come arcidiacono nelle Isole Vergini. E’ proprio durante questa lunga esperienza sull’isola di St. Croix, in particolare, dove risiede, che raccoglie la maggior parte del materiale mitico e folklorico sul vudu e sui culti indigeni praticati dalle popolazioni nere dei Caraibi che utilizzerà nei suoi racconti soprannaturali.

Trama

Il Reverendo Henry S. Whitehead (1882-1932) fu corrispondente e amico personale di H.P. Lovecraft e con il Visionario di Providence e i suoi sodali, Robert Howard e Clark Ashton Smith, ha rappresentato una delle firme più interessanti di Weird Tales, il pulp dedicato all’horror che fin dal 1923 diffuse negli Usa il gusto per la narrativa del mistero, dell'insolito e del macabro. 
Ammirato da H.P. Lovecraft, del quale pubblichiamo in appendice i suoi apprezzamenti, Whitehead ha scritto oltre 40 racconti, di cui alcuni apparsi postumi. Escludendo i pochissimi di pura avventura e western, tutti gli altri appartengono al fantastico: per la maggior parte horror, e altri rientranti nel fantasy esotico o nelle più tradizionali storie di fantasmi. 
E delle oltre 35 storie fantastiche una buona metà hanno per protagonista una sorta di "investigatore dell'occulto", Gerald Canevin, che spesso si trova ad agire nelle Isole Vergini e affronta fenomeni vudu. 
Questo volume raccoglie tutti i racconti di Canevin ancora inediti in Italia, più un paio di particolare rilevanza già pubblicati molti anni fa e oggi introvabili.

Ambientati quasi sempre nei Caraibi, dove lo scrittore esercitò il suo ministero pastorale, i suoi racconti raffigurano il pittoresco mondo dei creoli, il loro folklore superstizioso e la religiosità vudù. Il personaggio di Gerald Canevin, bizzarro esempio di investigatore del sovrannaturale, è una sorta di alter ego letterario dello scrittore stesso e vive con nonchalance avventure straordinarie e terrorizzanti. Nella raccolta sono inclusi anche i suoi due racconti più agghiaccianti, che Lovecraft considerava i suoi preferiti: “Cassius” e “Tramonto di un dio”.

mercoledì 21 ottobre 2015

Spazio Esordienti: HEY MONDO, ESISTO ANCHE IO di Viviana Rizzo



Cari amici, questa sera desidero proporvi il libro di una giovanissima autrice, che si affaccia al mondo dell'editoria attraverso uno scritto breve ma che sembra davvero denso di riflessioni e pensieri profondi.
E in questi che stiamo vivendo, in cui tutto procede a velocità incredibile, spesso senza darci modo e tempo di fermarci per pensare, valutare..., credo che leggere come vedono il mondo e cosa pensano i giovani, non possa che arricchirci.

HEY MONDO, ESISTO ANCHE IO
di Viviana Rizzo



Eretica Edizioni
30 pp
13 euro
2015




Ama spesso 
Combatti, sempre 
Sii l’eroe della tua storia.


Viviana Rizzo vive ad Anzio con la sua famiglia e sin dai primi anni di vita ha una forte passione per la lettura, che poi negli anni riversa anche nella scrittura, nasce così la sua prima opera “Hey mondo, esisto anche io” dove tanti pensieri ed emozioni prendono forma.

Epigrafe ( "9 giorni" di Gilly Macmillan)



E' il giorno delle epigrafi! Questa volta tocca al thriller "9 giorni" di Gilly Macmillan (RECENSIONE).


Qualsiasi altra cosa sia incerta in questo puzzolente letamaio di un mondo, 
l’amore di una  madre non lo è.

James Joyce

In una notte dell’anima veramente oscura sono sempre 
le tre del mattino, giorno dopo giorno.

F. Scott Fitzgerald

Il significato del termine epigrafe al quale mi rifaccio è quello dato dalla Treccani.it
"Iscrizione in fronte a un libro o scritto qualsiasi, per dedica o ricordo; più particolarm.,
citazione di un passo d’autore o di opera illustre che si pone in testa
a uno scritto per confermare con parole autorevoli quanto si sta per dire"

Recensione film: SUBURRA di Stefano Sollima



Serata da cinema ieri sera con Suburra.

SUBURRA


TRAILER
Regia: Stefano Sollima
Sceneggiatura: Sandro PetragliaStefano Rulli

Cast: Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Giulia Elettra Gorietti, Greta Scarano.

Adattamento cinematografico dell'omonimo libro di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo. Un film su Roma e il Potere. Roma vive di tre poteri - politico, religioso, criminale - che coinvolgono e stritolano persone innocenti con risultati stupefacenti. Il film racconta sette giorni che precedono il crollo di un'era della Repubblica, alla vigilia di una legge da far approvare, ed è essenziale la figura del personaggio di Samurai, l'ultimo della banda della Magliana.

Le losche vicende narrate in Suburra coprono un arco di pochi giorni, dal 5 al 12 novembre, il giorno dell'Apocalisse (caduta del Governo).
Sono anche i giorni in cui il papa Ratzinger sta per dare le dimissioni.
Insomma, è un momento difficile per il Vaticano, ma lo è anche per il mondo politico e finanziario della Caput Mundi.
Un mondo governato da fili invisibili eppure fin troppo spessi, in grado di muovere a proprio piacimento la politica e tutto ciò che vi è annesso.
E così si incrociano diverse vite e storie: l'onorevole parlamentare Malgradi (P. Favino), che ha le mani in pasta dove non dovrebbe, il che fa di lui una persona "che conta" ma anche un soggetto facilmente ricattabile dai criminali con cui si mette in affari.

Certo, in qualche modo ha la protezione del boss per eccellenza, il Samurai (C. Amendola), ma quando ci si infila in certi brutti giri è davvero difficile uscirne totalmente illesi.
Tra i tanti, Malgradi ha un brutto vizio (del resto, non è il solo nel suo ambiente): gli piace trascorrere le serate con le escort, a suon di festini, sesso e droga.
Tutto va bene, la discrezione fa da padrone, la sua escort preferita - Sabrina (G.E. Gorietti) - lo soddisfa come vuole, finchè una notte non ci scappa il morto, anzi la morta: una minorenne, che muore proprio durante una di queste serate.

E poi c'è Sebastiano (E. Germano), nella cui villa avvengono feste notturne cui partecipano uomini importanti, e che si ritrova suo malgrado coinvolto in una brutta faccenda di debiti.
Debiti che devono essere pagati ai creditori - degli zingari, capeggiati dal criminale Manfredi (ben integrato a Roma e nei suoi "biechi ingranaggi"....), spietato e feroce, che non fa sconti a nessuno.

Storie che si intrecciano quindi, e che vedono protagonisti politici corrotti, i cui voti è facile comprare con promesse di un certo tipo; escort che si ritrovano in fattacci più grandi di loro; ambigui religiosi invischiati pur'essi in questioni davvero poco nobili e sante; giovanotti sciagurati ma neanche tanto cattivi che mai avrebbero creduto di essere coinvolti in crimini terribili; capi di clan malavitosi impegnati a mantenere alti gli affari e a metter pace, lì dove nascono baruffe serie e pericolose a causa dei colpi di testa di qualche delinquentello di quartiere che vuol fare il capo a tutti i costi...

Insomma, quella di Sollima in Suburra è una brutta e triste realtà, che però è la stessa che purtroppo... c'è davvero.
Fa una gran tristezza pensare che il quadro di una certa fetta di politici è fin troppo realistico; fa tristezza pensare che la ricerca senza regole e freni di guadagni facili e fama richieda un prezzo davvero tanto alto - in termini di moralità, di rispetto per se stessi, di libertà.... - e che alla fine renda più schiavi di quanto renda ricchi e potenti.

Lasciatemi la riflessione banale e forse patetica: che schiavitù essere delinquenti. C'è sempre da guardarsi le spalle perchè può succedere che a fot**** è proprio l'ultima persona da cui te lo saresti mai aspettato; del resto, in questo film tutti tradiscono tutti e con una buona minaccia viene fuori "il nome" del tizio di turno cui fare un bel "servizio".


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Recitato praticamente tutto in dialetto romano da attori romani Doc, veraci e "nella parte", Suburra ci dà un quadro realistico, crudo, drammatico, forte, senza peli sulla lingua e senza retorica, senza addolcire nulla... di quella che è una certa parte della Roma ricca ma anche "sporca", popolata da personaggi in giacca e cravatta, le cui mani sono apparentemente pulite perchè tanto a fare il lavoro disonesto è la criminalità organizzata.
Quella criminalità che fa "piccoli" favori per poi richiederti in cambio dieci volte tanto.

Omicidi efferati, ricatti, tradimenti, paura di essere fregati da un momento all'altro, la necessità di fare le scarpe al nemico prima che sia troppo tardi: il mondo di Suburra ti fagocita a colpi di pistola, urla, botte e non ti dà neanche l'ombra di un'àncora di salvezza, a differenza di Romanzo Criminale (in cui c'è l'ispettore che dà la caccia al cattivo) e più similmente a Gomorra, con cui ha in comune proprio l'assenza assoluta di una qualche forma di "bene", di giustizia, in più in Suburra a dominare è la corruzione in ambito istituzionale, lì dove ci aspetteremmo (?!?) di trovare i servitori dello Stato ed invece ci ritroviamo gente che, arrivata a certe vette, ormai si crede intoccabile e onnipotente.

Se vi piace il genere, ve lo consiglio, Sollima secondo me è sempre efficace e bravissimo a presentarci certe facce della nostra realtà contemporanea in modo nudo e crudo.



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