mercoledì 17 aprile 2019

Varie proposte editoriali di aprile



Carissimi lettori, vi presento alcune uscite di aprile: abbiamo un thriller soprannaturale, ideale per chi ha amato la raffinatezza narrativa dei film The Shining, The Others e Orphanage; un giallo con una forte connotazione psicologica che indaga le ragioni dell’amore e del tradimento e un altro in cui il protagonista, indagando sulla misteriosa morte di 'un'amica, diverrà consapevole di se stesso, e infine una raccolta di poesia.


Acqua Morta
di David Ballerini


Genere: Thriller soprannaturale
Casa Editrice: Self-publishing
Formato: Kindle, epub/Kobo 
o cartaceo
Pagine: 360 
Appollaiato tra le vette delle Dolomiti, “Acqua Morta” era stato un tempo un albergo lussuoso e uno stabilimento termale famoso in tutta Europa per le doti quasi miracolose delle sue acque. 
La fonte termale si era però improvvisamente e misteriosamente seccata sul finire della seconda guerra mondiale, riducendo l’albergo a un guscio vuoto e secco – oggi, un peso morto sulle spalle di Patrizia. 
Patrizia non sa dell’orrendo segreto che giace sepolto in giardino, non sa nulla del crimine terribile che proprio lì nelle terme è stato commesso il giorno in cui l’Acqua, raccapricciata, ha smesso di scorrere. 
Quando gli operai, scavando, riportano accidentalmente alla luce questo tremendo passato, il tempo si incanta come un disco rotto e tutti gli eventi di quel triste giorno di guerra di sessant’anni prima prendono a ripetersi tali e quali, ancora e ancora: ogni giorno inizia con l’arrivo di un misterioso ospite - alto, vecchio e secco, tutto vestito di nero - ogni giorno finisce con la strage di tutti gli ospiti dell’albergo ad opera di un Capitano tedesco impazzito dal dolore.
Fuggire da questo labirinto ostinato e crudele è impossibile - l’unica speranza di sopravvivenza per Patrizia e per i pochi cari che le sono rimasti è scoprire cosa successe e perché. Le ombre del passato hanno molto da raccontare e molto da nascondere, e nessuno è senza colpa - c’è sangue, tanto sangue, nell’acqua.


Noi che ci stiamo perdendo
di Manola Aramini


Genere: Giallo
Casa Editrice: Officina Milena
Pagine: 192
Prezzo: 13 euro
La scomparsa di Tatiana, la moglie di un noto pianista di origine portoghese, Arthur Cortes, avviene improvvisamente senza una ragione apparente. 
La vicenda si svolge a Fregene, nel litorale romano, dove Tatiana conduce una vita agiata e all’apparenza imperturbabile. Arthur Cortes sarà costretto a ripercorrere tutta la sua vita e ricorderà la sua storia d’amore con l’amante Alma, una giovane cantante di origine indiana, che vive ad Asti. 
Nel romanzo si susseguono personaggi ambigui, che metteranno a dura prova l’infallibile intuito del Commissario Fermi. Oltre all’apparenza di una normale vita borghese, inizieranno a comparire le ombre nella vita di Tatiana. 
Gli eventi ad un certo punto sconvolgeranno il Commissario che si troverà a lottare contro il tempo per salvare altre vittime, legate alla vita di Tatiana. 





L’ultimo sorriso
di Alfonso Pistilli


Casa Editrice: PubMe
Collana: Policromia
Pagine: 169
Tutti noi cerchiamo un sorriso in ogni angolo della vita, e talvolta lo troviamo laddove sembra impossibile. 
Alessandro Cocco, giovane venditore di vacanze a porta a porta, l’ha trovato in Halina, escort lituana con cui intreccia una profonda amicizia. 
Quando Alessandro apprende del suo suicidio, dopo un momento di smarrimento decide di dare retta al suo sesto senso, e di indagare sulla vita di Halina, scoprendo, pezzo dopo pezzo, i tasselli di un intricato puzzle di cui l’amica è solo un dettaglio. 
Tra partite di calcio, bevute con gli amici, uscite con la fidanzata e un antipatico ritornello che canta nella sua testa, Alessandro dissotterrerà a poco a poco una fitta rete di inganni e sotterfugi, ma imparerà anche ad avere più fiducia in sé stesso e a giocare un ruolo attivo al tavolo della sua vita.





Le cose che ho scritto di te
di Guido Paolo De Felice


Self-publishing 
Pagine: 224
Prezzo: 25 euro
Le cose che ho scritto di te (mentre ti aspettavo) è una raccolta di poesie e di brevi racconti, che ha come nucleo pulsante il sentimento bramato, bistrattato, celebrato e sottovalutato dell’amore. Guido Paolo De Felice presenta liriche che toccano l’anima, e che raccontano con semplicità di un sentimento universale, declinato nelle sue infinite manifestazioni. Semplicità che mai come in quest’opera non significa banalità, perché nella leggerezza apparente delle poesie è racchiuso un complesso mondo di sensazioni e di sentimenti, di immagini, odori e sapori. 
De Felice decide di raccontare l’amore senza filtri e simbolismi, andando dritto al punto; nella raccolta sono presenti poesie che trasudano romanticismo, e altre che con lucidità disarmante raccontano di nostalgia e di mancanza: “E invece noi fummo così bravi a perderci, per sempre”; un’opera coraggiosa in tempi in cui l’amore è spesso visto come un sentimento riservato ai deboli; una raccolta che ha riscosso notevole successo e che ha permesso all’autore di vincere il Premio Self Publishing (categoria Poesia) al concorso letterario nazionale “Il mio esordio”.





martedì 16 aprile 2019

Recensione: DOPO di Koethi Zan



Dieci anni dopo essere scappata dallo scantinato in cui è stata imprigionata per tre anni, Sarah è in realtà ancora schiava e prigioniera: dei propri incubi, delle proprie fobie e manie, dell'ossessione di essere ancora ed eternamente in pericolo. Ed infatti la sua peggiore paura rischia di ripresentarsi più terribile che mai....


DOPO
di Koethi Zan



Longanesi Ed.
trad. A.Biavasco,
V. Guani
365 pp
"Chi era stata più fortunata, fra noi due? Me l'ero chiesto tante volte. Jennifer almeno non soffriva più la solitudine. Io invece ero ancora chiusa nella mia cassa personale, sola e incapace di lasciarmi avvicinare dagli altri. Prigioniera di me stessa, delle mie paure, delle mie paranoie. Irreparabilmente segnata, in trappola".

Sarah Farber  è una giovane donna che vive da sola in un appartamento a Manhattan; dieci anni prima è stata vittima del folle rapimento di un essere che l'ha sottoposta a una serie di torture fisiche e psicologiche atroci, che hanno segnato la mente della ragazza, la quale, anche dopo la liberazione, vive rinchiusa tra le mura di casa, rifiutandosi di avere alcun tipo di relazioni sociali. Ogni contatto umano la terrorizza, la ripugna, le provoca dolore e brutti ricordi, ed è consapevole come lei, da quel maledetto scantinato, non se ne sia mai andata davvero e definitivamente.

Eppure, nonostante la solitudine, i giorni spesi tutti uguali nell'appartamento (non esce neppure per la spesa o per andare a lavorare, fa tutto da casa), l'ossessione di non sentirsi abbastanza al sicuro, Sarah - che si fa chiamare Caroline, proprio per tenere più lontano possibile il suo passato, la sua vera identità - a modo suo "galleggia", tra le psicoterapie con la dottoressa Simmons e gli aggiornamenti dell'agente dell'FBI McCordy.

E proprio lui, un giorno, la informa che Jack Derber, il mostro che l'ha tenuta prigioniera per più di mille giorni, attualmente accusato e in carcere per rapimento, sta per essere rilasciato. 

Sarah non può consentirlo, perché lei sa. 
Sa perfettamente di cosa Derber sia capace e di come egli non sia soltanto un rapitore. È un assassino. 
Sì perchè negli anni di prigionia, Sarah non è stata da sola: erano in tre tra quelle quattro spoglie mura, impaurite, affamate, e soprattutto sottoposte alle perversioni del loro carnefice, che metteva alla prova il loro corpo - già indebolito dalle pessime condizioni di vita, dalla scarsità di cibo, dalle torture... - e la loro mente, cercando di manipolarle, di controllarle, di sottometterle.
In realtà, all'inizio della prigionia erano in quattro: Christine e Tracy (che erano già lì da due anni), cui si aggiunsero Sarah e la sua amica Jennifer.
Sarah e Jennifer sono sempre state grandissime amiche, sin dall'infanzia, sono cresciute insieme e sempre insieme hanno stilato la loro Lista dei Mai, vale a dire di tutte quelle cose da evitare (o quelle precauzioni da prendere) per evitare di trovarsi nei guai, in balia di stupratori, malintenzionati, ed altre eventualità drammatiche; le due amiche hanno trascorso gli anni dell'adolescenza cercando di vivere più al sicuro possibile, non lasciando nessun particolare delle loro giornate al caso, ma anzi programmando tutto, ogni spostamento, ogni relazione e amicizia, ogni luogo in cui si trovavano, e tutto per sentirsi protette, cercando di prevedere ed evitare ogni possibile pericolo.

Ma è bastato andare all'università,  ritrovarsi tra tante persone, in un contesto vivo e stimolante, per allentare tutti quei limiti che fino a quel momento avevano ridotto la loro libertà; e addirittura una sera, in barba a tutti i mai immaginati e scritti nero su bianco, salgono - senza farsi domande on accertarsi di alcunchè - su un'auto che credono essere un taxi... ma che si rivelerà essere guidata dal loro rapitore, Jack Derber.

L'uomo le porta nella squallida cantina di casa sua, in un luogo solitario e lugubre, e là Sarah viene incatenata, ritrovandosi assieme delle sue "compagne" di prigionia, mentre per la povera Jennifer le cose si mettono peggio perchè morirà per mano di Derber, tra sofferenze inaudite. 
Ma il cadavere della sua amata amica non viene ritrovato quando le tre recluse vengono liberate, e in assenza di un cadavere l'imputato non può essere condannato per omicidio.

La sola speranza, per tenere Derber tra le sbarre, è ritrovare il corpo di Jennifer, e affinché questo accada c'è bisogno della testimonianza delle tre sopravvissute: Sarah, Christine e Tracy.

Le tre donne non sono rimaste in contatto, anzi si sono evitate come la peste; non solo, ma Sarah è consapevole di come le altre due - in particolare, Tracy - la detestino e non abbiano alcuna intenzione di ritrovarsela davanti.
Del resto, rivedersi aprirebbe ancora di più le ferite - in fondo, mai chiuse davvero - che le accomunano, riaprirebbe un vaso di Pandora doloroso che va assolutamente tenuto sigillato.

Ma il pensiero che Derber torni in libertà le scuote, così proprio la fobica per eccellenza, Sarah, trova la forza di riallacciare i contatti con le altre sopravvissute, nonostante l’odio che loro provano per lei e nonostante i segreti che le dividono. 

E' arrivato il momento fatidico di mettere a posto tutti i tasselli che compongono il tragico puzzle della loro prigionia, per dare al dopo un senso, per riprendere finalmente in mano le proprie esistenze e chiudere definitivamente quel capitolo della loro vita infelice e spaventoso.

Ma per costruire ciascuno un dopo, Sarah e le sue "amiche" devono avere il coraggio di tornare indietro, in quell'inferno che ha stravolto la loro vita, perchè solo lì c'è la verità: quella verità che può liberarle dai demoni che le opprimono e che può inchiodare una volta per tutte Derber alle sue responsabilità.

Sarah convince Tracy (Christine - l'unica, almeno in apparenza, ad essersi rifatta davvero una vita, ora è mamma e moglie e conduce un'esistenza dorata e soddisfacente - si aggiungerà solo più tardi) a indagare per conto proprio, per cercare di scoprire quante più cose sulla vita di Jack, il quale - fino a prima di essere arrestato - aveva condotto un'esistenza normale (di giorno), lavorando come professore di psicologia, stimato e venerato dalle sue studentesse, circondato da assistenti e collaboratori devoti, e conducendo, intanto, delle presunte "ricerche" pseudoscientifiche al limite della follia e della crudeltà...

Assieme alle due donne conosciamo un torbido mondo notturno e "sotterraneo" fatto di soprusi, violenze, atroci mostruosità perpetrate nei confronti di povere ragazze indifese da parte di persone che sembrano normali, perbene, ma che in realtà nascondono segreti vergognosi, alcuni dei quali celati da finti interessi scientifici.

Questo romanzo ci racconta sì la follia degli uomini, il livello più basso e meschino di malvagità al quale essi possono giungere, ma ancor di più la forza delle donne, decise a fare giustizia, e il coraggio di andare fino in fondo, mettendo in gioco tutto, anche quando si rischia di perdere quel po' di certezze duramente conquistate.

"Dopo" è un thriller psicologico che affronta un tema drammatico qual è quello delle persone scomparse perchè rapite da mostri di crudeltà, che le strappano alla loro vita per farne ciò che vogliono, per renderle schiave delle loro squallide voglie e intenzioni.
L'ho letto con slancio e interesse perchè la ricerca della verità, volta a sviscerare il passato di Derber, è fitta e densa di particolari e accadimenti intricati, che hanno catturato il mio interesse di capitolo in capitolo; leggere i supplizi cui il carnefice sottoponeva le sue vittime è stata dura emotivamente, perchè, anche se mi trovavo davanti a una storia romanzata, mi rendevo conto di come purtroppo di gente psicopatica che gode nel far del male agli altri ce ne sia davvero.
In queste pagine veniamo a conoscenza di un universo oscuro in cui le vittime sono soggette a controllo mentale e manipolazione da parte dei loro aguzzini, il che significa che esse possono arrivare a commettere azioni che, in casi normali, non farebbero.

Ho seguito anche con una certa angoscia le avventure di Tracy e Sarah, che si trovano più di una volta in pericolo, rischiando di ricadere nell'incubo da cui erano scappate anni prima, e l'Autrice è brava nel raccontare quei momenti tenendo alto il livello di tensione.

Certo, in alcuni momenti ho avuto la sensazione che certe situazioni fossero un po' troppo artificiose e poco realistiche, e onestamente non ho trovato l'utilità, di "sigillare" il capitolo finale, sfidando il lettore a proseguire nella lettura per capire se le proprie ipotesi, su come potrebbe finire la storia, trovino conferma o meno, volendo creare suspense, quando poi è scontato che si desideri arrivare all'ultima pagina e ottenere ogni risposta.
Comunque, a parte questo particolare della fine, "Dopo" mi è piaciuto, perchè mi ha coinvolta emotivamente e ho proseguito nella lettura con molta curiosità; interessanti i profili psicologici delle protagoniste e del rapitore.

"La prigionia ti cambia nel profondo, ti fa regredire allo stato animale. Faresti qualsiasi cosa pur di non morire, pur di soffrire un po' meno del giorno prima".


lunedì 15 aprile 2019

Anteprima Giunti Editore - LA STANZA DELLE FARFALLE di Lucinda Riley, dal 12 giugno in libreria


A  giugno arriva in libreria il nuovo romanzo di Lucinda Riley, con il suo mix di personaggi indimenticabili e segreti strabilianti, regalandoci una storia affascinante  che attraversa più generazioni.

LA STANZA DELLE FARFALLE



Giunti editore
608 pp
USCITA
12 GIUGNO 2019
Alla soglia dei 70 anni Posy Montague vive ancora a Admiral House, la splendida casa di famiglia ormai in rovina.
Quel grande giardino è diventato la sua ragione di vita da quando i figli l'hanno abbandonata per seguire la loro strada. 
Sam, il maggiore, è un padre disattento e dal pessimo fiuto per gli affari, Nick, il minore, è un ricco antiquario che vive da anni in Australia. 
Finché un giorno la ruota del destino torna a girare: Nick rientra in Inghilterra, Evie, una sua collega, prende casa in città, e Posy incontra per caso Freddie, il suo grande amore, l'uomo che avrebbe dovuto sposare cinquant'anni prima. 
E la scintilla è ancora accesa... 
Ma esistono segreti terribili, il cui potere non svanisce nel tempo. 
La stanza delle farfalle attende solo di essere riaperta.

venerdì 12 aprile 2019

Recensione: DIARIO DI UN DOLORE di C.S. Lewis




Perdere qualcuno che amiamo è un'esperienza oltremodo dolorosa, e non è facile parlare del dolore, non solo perchè trovare le parole giuste per esprimerlo è complicato, ma anche perchè è qualcosa di molto intimo, che preferiamo tenere per noi, fosse anche soltanto per evitare di apparire deboli o di suscitare compassione. L'autore di questo breve diario autobiografico prova a mettere nero su bianco i propri tristi pensieri, con onestà e precisione.


DIARIO DI UN DOLORE
di C.S. Lewis


Adelphi Ed.
trad. A. Ravano
85 pp
La morte è qualcosa di inevitabilmente legato alla vita, questo è un dato di fatto; ci capita di parlare di malattia, morte (e di altre "cose negative" di vario tipo) in riferimento agli altri e in quei momenti  ci appaiono come eventi lontani dal nostro vissuto, che non ci riguardano; ma quando succede anche a noi di fare l'esperienza di un lutto che ci segna profondamente, e beh... i termini del discorso cambiano radicalmente e ciò che prima era solo una questione teorica, purtroppo assume contorni fin troppo concreti.
E allora tutte le semplici e banali considerazioni fatte fino ad allora sulla vita e sulla morte... diventano una triste realtà su cui non riusciamo più ad essere lucidi e sereni.

Queste poche ma significative pagine riguardano da vicino chiunque abbia avuto nella sua vita un dolore.
A scriverle è stato Clive S. Lewis, sotto lo pseudonimo di N.W. Clerk; in esso, lo scrittore racconta la sua reazione alla morte della moglie, qui chiamata semplicemente H.
Dopo un periodo giovanile di raffreddamento verso la fede cristiana, Lewis decise di tornare al Cristianesimo; illustre medievalista e amatissimo romanziere, amico di Tolkien e come lui dedito alle incursioni nel fantastico, C.S. Lewis si è sempre dichiarato innanzitutto uno scrittore cristiano. 

E quale arma invincibile più e meglio della fede può venire in soccorso di chi soffre?

Sembrerebbe una domanda dalla risposta scontata, ma le prove della vita possono scoraggiare chiunque, anche chi si sente un credente fervente e convinto.
E Lewis sa di essere un cristiano convinto..., ma è anche un tipo "duro", nemico di ogni facile consolazione.

Il vedovo sente la mancanza della sua amata in maniera profonda, provandone un intenso dolore fisico, oltre che emotivo e psicologico; non fa che pensare a lei, a H. che l'ha lasciato solo e depresso, e non c'è nulla che possa dargli pace.
Non lo consola il pensiero che ella ora "riposi tra la amorevoli braccia di Dio", nè che ora non soffra più o che il loro distacco sia solo temporaneo perchè tanto ci si rivedrà "in un'altra vita".

Allo sconfortato narratore interessa il qui ed ora perchè è adesso che lui sta male, è adesso che avrebbe voluto continuare a vivere accanto alla sua H., invecchiare con lei, ascoltarne la voce, toccarla, amarla e godere del suo amore.

E tutto questo non è più possibile perchè il cancro se l'è portata via.

L'Autore è schietto, senza peli sulla lingua e diretto nel raccontare come l’urto della morte egli lo subisca in tutta la sua violenza, fino a scuotere la sua fede in Dio. 



"E intanto, dov’è Dio? Di tutti i sintomi, questo è uno dei più inquietanti. Quando sei felice, così felice che non avverti il bisogno di Lui, così felice che sei tentato di sentire le Sue richieste come un’interruzione, se ti riprendi e ti volgi a Lui per ringraziarlo e lodarlo, vieni accolto (questo almeno è ciò che si prova) a braccia aperte. Ma vai da Lui quando il tuo bisogno è disperato, quando ogni altro aiuto è vano, e che cosa trovi? Una porta sbattuta in faccia, e il rumore di un doppio chiavistello all’interno."

L'angoscia, la solitudine, l'impotenza e la disperazione sono talmente profonde da offuscare addirittura Dio, che gli appare incredibilmente lontano e sordo alle sue lacrime.

Ma è così davvero?

Lewis parla con lucidità di sè e della sofferenza che deriva dalla consapevolezza che di H. restano solo l'amore provato (ma che ora non ha modo di essere vissuto concretamente), i ricordi, ma a lungo andare, anche questi purtroppo diverranno sempre meno nitidi... e l'idea che l'immagine della sua meravigliosa moglie andrà via via scomparendo o deformandosi nella sua memoria, lo terrorizza.

Lewis non vuole apparire un debole che si autocompatisce e in effetti non è così che ci appare; nel registrare pensieri, sentimenti, sensazioni, i turbolenti e mutevoli moti dell’animo, il lettore può anzitutto riconoscere la capacità che comunque lo scrittore conserva di analizzarsi, farsi domande "scomode" e condividerle con il suo pubblico senza timore o vergogna, e inoltre ritrovarsi in quei diversi stati d'animo, nei dubbi, nelle mille domande, che in fondo appartengono a ciascuno di noi, anche quando spesso non vogliamo riconoscerli o non troviamo le parole per esprimerli in modo corretto.

L'esperienza atroce della perdita metterà seriamente a rischio la fiducia nel Signore?
Si può credere in Dio solo quando va tutto bene e "arrabbiarci" con Lui quando qualcosa sorgono problemi e sofferenze?

Lewis, da cristiano intelligente e dotato di senso critico qual è, scrive per sfogarsi, per autoesaminarsi, per provare a mettere ordine e senso tra i mille pensieri che si affacciano alla sua mente e al suo cuore provati; a quale conclusione giungerà?

Lascio a voi lettori la possibilità di scoprirlo leggendo questo breve e scorrevolissimo scritto significativo, intimo, privato e al contempo vicino a chiunque lo legga e si senta spinto a riflettere su argomenti esistenziali quali la vita, la morte, Dio, l'aldilà (al di là delle convinzioni personali di ciascuno).

"La lode è il modo dell’amore che ha sempre in sé un elemento di gioia. Lode nel giusto ordine: di Lui come donatore, di lei come dono."

giovedì 11 aprile 2019

Novità giallo/noir Fratelli Frilli Editore




Buongiorno cari lettori!!
Oggi voglio segnalarvi un paio di pubblicazioni Frilli Editore.


Il primo libro è il nuovo giallo-noir di Armando d'Amaro.


IL MARESCIALLO CORRADI E L'EVASO
di Armando d'Amaro



L’antivigilia di Natale un medico “guaritore” già radiato dall’Albo entra nel carcere di Marassi – deve scontare una condanna per omicidio colposo – ma la sua permanenza in cella dura pochi giorni: in occasione di una manifestazione sportiva che si svolge dentro e fuori le mura sparisce. 
Al maresciallo Corradi, che rientra in servizio più sereno dopo le festività passate con Luminița, vengono affidate le indagini “esterne”: inizia così una serrata caccia all’uomo, che potrebbe condurlo anche lontano da Genova.
Nel frattempo, all’interno della Casa Circondariale, la Polizia Penitenziaria cerca di capire come possa essere avvenuta l’evasione e quali le complicità tra i reclusi, ma i precari equilibri tra i gruppi di diverse provenienze geografico-culturali insieme alla diffusa omertà rendono l’impresa quasi impossibile: l’unica “crepa” che sembra aprirsi viene subito richiusa tramite un efferato omicidio. In una città fredda e raccolta in se stessa, nonostante le luminarie natalizie ancora annichilita dal crollo del ponte Morandi, l’investigatore dei Carabinieri, insieme al vicecomandante di Marassi, alla fine riuscirà a risolvere – dopo molti fallimenti  l’enigma, con un colpo di scena veramente inaspettato. In questo sesto capitolo – sempre fedele per atmosfera al noir italiano – che vede protagonista il maresciallo a cui ci siamo affezionati nonostante il suo carattere (o forse proprio per questo), viene anche sviscerato il vivere in un carcere sovraffollato, tra le innumerevoli problematiche che gravano sulle “guardie” e la narrazione delle esperienze di persone private della libertà personale, spesso ma non sempre perse: Gianni il parrucchiere, Carlo l’editore, Amadou il “negro” e Mario il salumiere – rinchiusi nella stessa cella – ci regalano lo stringersi di una amicizia destinata a durare.



Il secondo romanzo vede protagonista il commissario Cataldo che a vent'anni dalla prima indagine conferma l'autore modenese Luigi Guicciardi come tra i più attivi ed apprezzati scrittori italiani nel genere giallo-noir.



SPORCHI DELITTI
di Luigi Guicciardi


A Sestola, noto centro di villeggiatura dell'Appennino modenese, una donna della ricca borghesia viene orribilmente sgozzata.
Quando, pochi giorni dopo, un'altra donna viene uccisa a coltellate nel suo appartamento a Modena, delle indagini viene incaricato il commissario Giovanni Cataldo, al culmine della maturità professionale.
Coadiuvato dal sovrintendente De Pasquale e da un giovane agente di Sestola, Cataldo inizia un'inchiesta resa difficile dall'assenza di ogni rapporto tra le donne uccise, a parte l'essere entrambe separate da tempo dai propri mariti.
Finché, a forza di scavare, un legame emerge, rappresentato dalla clinica di chirurgia estetica del dottor Roversi, un rinomato professionista la cui moglie è inspiegabilmente scomparsa un anno prima.
Le indagini, protratte fra mille ostacoli, coinvolgono via via un noto politico, un fotografo di moda e un giornalista sportivo, ma senza risultati concreti, complicandosi anzi ancora di più dopo l'omicidio di una ricca cartomante, specialista nella lettura dei tarocchi. E se la chiave del mistero fosse nascosta in un piccolo villaggio trentino, dove il tempo si è fermato?
Affidandosi al proprio intuito e alla propria tenacia, Cataldo porterà alla luce un'agghiacciante storia di violenze, silenzi e vendetta, entrando nel cuore di esistenze quotidiane e scoprendo il peso di un passato doloroso che esige ancora il suo prezzo di sangue.

martedì 9 aprile 2019

Recensione: SC E LA MALEDIZIONE DEL TERZO OCCHIO di Emanuela Molaschi



Cari lettori, torno anche oggi con un’altra recensione!

Questa volta si tratta di un fantasy che prende spunto da Harry Potter, quindi credo che quanti conoscono bene la saga siano in grado di apprezzarlo al 100% e con maggiore immediatezza rispetto a chi, come me, è a digiuno circa questa serie fantastica.

SC E LA MALEDIZIONE DEL TERZO OCCHIO
di Emanuela Molaschi



Kimerik Editrice
444 pp
Il mondo magico creato dalla penna dell’autrice, Emanuela Molaschi, è fatti di personaggi magici e non magici, di ragazzi e ragazze che frequentano una scuola per maghi in Inghilterra, di genitori apprensivi, di esseri buoni e generosi ed altri decisamente meno. 

È una storia che nasce come una fan fiction potteriana ma che comprende molti elementi originali, frutto della fantasia di Emanuela.

La protagonista è Sc, una mental witch, cioè una strega con capacità molto particolari e potenti; questo tipo straordinario di strega ha il potere di vivere più vite, conservando quindi ricordi di vite precedenti, che a volte possono piombare all’improvviso - quando la situazione lo richiede - nella mente della strega e influenzarne le azioni nel presente. Solitamente una mental - che è la strega più potente al mondo - ha una missione da portare avanti, che consiste in pratica nel migliorare la vita di chi le è attorno; Sc ha anche un altro grave “fardello” a complicarle l’esistenza: il terzo occhio,

“un’entità a sé stante e allo stesso tempo costituiva una parte integrante della medesima persona, veniva dall’alto e aveva il compito di guidare la mental verso la sua missione, che lo volesse o no.”

Grazie al terzo occhio, Sc ha la capacità di prevedere eventi futuri, la sua mente riceve spesso - nel corso della narrazione - delle visioni premonitrici che l’avvisano in particolare di pericoli che avverranno in futuro, e che lei si impegnerà perché non accadano.

La ragazza, pur essendo tutto questo, vive anche momenti di “normalità”, prova sentimenti ed emozioni come qualunque persona, s’innamora, si infuria (e quando accade… si salvi chi può!), piange, si vendica, odia…, insomma Sc ha davvero un bel caratterino e nel corso delle avventurose vicende che la vedono coinvolta insieme ai suoi amici (e nemici) il lettore ha modo di conoscerla e di apprezzarne il coraggio, la determinazione, lo spirito di sacrificio, la tenacia nel sentimenti e anche l’evoluzione, le diverse consapevolezze che ella apprenderà su se stessa e sul proprio compito.

Frequenta la “Wishp”, è molto amica di Robert Hilpuff (suo capoclasse) ma desidera anche far parte di un gruppo chiamato “Buontemponi”, di cui è membro, tra gli altri, Gregory Potter Perks, di cui è segretamente innamorata.
Ma anche il suo migliore amico Robert è innamorato ma non si decide a dichiararsi… Di chi? Di Sc, ovviamente, che però scambia le premure di lui per affetto e amicizia.
Per buona parte del romanzo, assistiamo alla rivalità tra Gregory e Robert, anche se poi le cose andranno in un certo modo e Sc capirà chi dei due prenderà il posto nel suo cuore.

La vita all’interno della scuola è molto vivace e movimentata, tra scherzi magici, prove da superare, baruffe e piccole incomprensioni, ma in fondo a regnare tra tutti i diversi giovani personaggi è l’amicizia, e con alcuni Sc si sente tanto legata da portarli in vacanza a casa propria, dai suoi genitori, due tipi alquanto apprensivi, in special modo il padre Giovanni, il cui modo di essere un po’ buffo crea situazioni simpatiche e divertenti.

Per molto tempo Sc si convincerà di poter vivere come non magica senza sapere che in un altro luogo vivrà come maga; riuscirà ad avere la vita che desiderava, anche se questo accadrà dopo un episodio tanto drammatico quanto doloroso e che risale alla sua precedente esistenza da normale.
Dopo quel momento, le due parti che, in certo senso, coabitano in lei diverranno una sola, e i ricordi della vita non magica si cancelleranno per far spazio ad altri frammenti di vita passata, così ella diverrà ciò che è destinata ad essere: una custode.


Non sarà facile per Sc accettare tutto ciò che la concerne, perché se lei potesse scegliere, non vorrebbe il terzo occhio, ma al contempo intuisce di non potersene “liberare” perché è parte di lei:

“Lei si ribellava a esso e viceversa. Era una lotta interiore tra sé e sé. Il terzo occhio non poteva permettere che lei abbandonasse il mondo della magia. Doveva cercare di cambiare le cose.”

A un certo punto, verso la fine del libro, incontreremo un personaggio femminile di nome Miss Switch, un’insegnante della Wishp che avrà come alunno un tipetto molto difficile: verremo a conoscenza del perché e in che modo questa professoressa è legata a Sc.

Nel libro, a rendere l’atmosfera leggera e “giocosa” in diversi momenti della vita all’interno della scuola, contribuisce la scelta, da parte dell’Autrice, di inserire canzoni (ispirate a brani famosi) e numerosi riferimenti (dialettali, geografici, gastronomici…) all’Italia; abbondano espressioni e termini propri del mondo della magia, e gran parte dei nomi dei personaggi è frutto del “generatore di nomi” potteriano online.

Devo confessare che la lettura di questo libro - abbastanza corposo - non è stata facile, inizialmente, in quanto - come dicevo più su - non ho mai letto né guardato la saga di Harry Potter, essenzialmente perché di mio non prediligo il genere fantastico; leggo più volentieri altri sottogeneri (paranormal, urban…), ma quando si tratta di maghi, incantesimi ecc…, non mi scatta facilmente la curiosità; quindi per me è stato come entrare in una grande sala super affollata e ritrovarmi al cospetto di tanti personaggi particolari, le cui azioni, discorsi... mi risultavano incomprensibili.

Però a lungo andare e proseguendo con calma nella lettura, ho iniziato a raccapezzarmici e a provare quanto meno a individuare il senso che guida Sc, le sue scelte, i suoi rapporti con i suoi amici, e che si riassume in una domanda fondamentale: perché alcune persone sono degne di passare alla storia e di essere ricordate? Come è stata la loro vita, cos’hanno compiuto di speciale?

Ringrazio Emanuela Molaschi per avermi passato la copia del suo libro; anche se è un tipo di letture nel quale mi ritrovo poco e non è stato sempre agevole e scontato entrare in sintonia con la materia narrativa nel suo complesso, l’ho apprezzata perché vi ho scorto impegno, passione, creatività, la voglia di dar vita a un corpus di personaggi variegati, ciascuno con le sue specifiche caratteristiche, modi di parlare e capacità, e non ultimo, il voler comunicare dei concetti e valori importanti, primo fra tutti l’essere coscienti di chi si è, cosa si vuol diventare e cosa vorremmo che gli altri ricordassero di noi.

Non credo possa essere un libro adatto a qualsiasi tipo di lettore; se siete amanti di questo filone narrativo, se vi piacciono i maghetti con poteri soprannaturali…, bene, vi troverete a vostro agio tra queste pagine. Se, come me, non siete avvezzi al genere ma comunque volete provare, vi esorto ad avere pazienza, nel senso che all’inizio potreste sentirvi smarriti e confusi, ma poi quando avrete preso confidenza coi termini e tutto il contesto, la lettura ne risulterà agevolata.

lunedì 8 aprile 2019

Recensione: LE DISAVVENTURE DI MARGARET di Cathleen Schine




Una commedia al femminile dal taglio sofisticato che, in tono leggero, si sofferma su come la lettura di certi libri "particolari" possa influenzare la mente e i comportamenti di una giovane donna colta e un tantino... suggestionabile!


LE DISAVVENTURE DI MARGARET
di Cathleen Schine



Adelphi Ed.
trad. V. Guani, A. Biavasco
310 pp
Margaret Nathan è una giovane trentenne che vive a New York con suo marito Edward, docente universitario.
La donna è un tipetto svampito, dagli atteggiamenti un tantino  superficiali, è molto egocentrica e un po' snob, mal sopporta le varie cene, popolate da personaggi raffinati, appartenenti all'intelligencija newyorchese, alle quali partecipa malvolentieri, ben sapendo di sentirsi costantemente a disagio, non riuscendo a ricordarsi i nome dei tanti interlocutori e non essendo brava ad iniziare o proseguire una conversazione, tanto più quando si ritrova seduta accanto a perfetti sconosciuti.
Fortunatamente a levarla da ogni impaccio ci pensa il maritino, sempre presente, attento, consapevole del carisma che da lui emana, della cultura che sfoggia e che cattura l'attenzione di chiunque lo ascolti.
Beh, del resto la stessa Margaret s'è fatta irretire, al tempo, dal fascino solenne dell'erudito Edward, che quando apre bocca non può fare a meno di citare i suoi letterati preferiti, Walt Whitman in primis (cosa che irrita non poco la moglie).

La bella e frivola Margaret non è certo una sciocchina che ha bisogno del coniuge (più saggio ed esperto in tutto rispetto a lei) per stare in società, anzi: anch'ella è un'intellettuale nota e apprezzata, avendo scritto un saggio storico, anche se, ahilei!, in verità non saprebbe dire con esattezza cosa ha sostenuto in questo libro che l’ha resa quasi famosa! Non c'è nulla nella propria esistenza che non vada: scrive libri che vendono, ha una bella casa, un circolo di amicizie grossomodo simpatico, un marito intelligente e spiritoso che l'ama... eppure..., basta una miccia, apparentemente senza importanza, ad accendere in lei un fuoco che non sapeva neppure esistesse e a mettere in dubbio ogni certezza della sua vita matrimoniale.

La scoperta, in biblioteca, di un manoscritto del Settecento mai pubblicato,è destinato a far vacillare ogni suo equilibrio; sfogliandolo, riconosce che interi passaggi sono tratti da opere di filosofi come Diderot, Kant, Rousseau, Locke..., ma la cosa più eccitante è che quello che sembra essere un'opera filosofica, incentrata sull'importanza di accrescere il proprio sapere attraverso metodi empirici, è in realtà un'opera di ben altro tenore!

Il libro anonimo si intitola "La nipote di Rameau" ed è un'opera di seduzione!
Scritta sotto forma di dialoghi, narra del legame tra un uomo e una giovinetta, un legame che sembra quello tra un maestro e la sua allieva ma che cela tra le righe quella che è semplicemente una tresca amorosa, in cui a guidare tutto è la ricerca del piacere, di tutto ciò che può accendere i sensi, l'eros.

La lettura un po' troppo appassionata di queste pagine voluttuose e sensuali fa scattare un pericoloso campanellino in Margaret, che comincia a vedere suo marito con occhi diversi.
La donna comincia a farsi domande che finora aveva evitato di porsi e che la spingono a riconsiderare il proprio ruolo rispetto al coniuge.
Ad es., si rende conto di aver sempre guardato Edward come "da lontano", con lo stesso sguardo adorante e sciocco delle sue giovanissime studentesse che gli sbavano dietro (a proposito: ma non saranno sue amanti, tutte queste ragazze che accorrono numerose nel suo studio con la scusa di parlare di poesia??), di essere sempre dipesa da lui, dal suo amore, mentre egli è indipendente da lei, sicuro di sè e dei sentimenti della sua cara mogliettina devota.

E se Margaret a un certo punto si stancasse di lui e spiccasse il volo come una farfalla alla ricerca di altri fiori su cui posarsi? In fondo, è suo dovere conoscere il mondo, fare altre esperienze che la rendano consapevole di se stessa, di ciò di cui ha veramente bisogno..!
Non solo il libro, ma anche un viaggio a Praga (per una conferenza) diventa per lei una sorta di spartiacque che la cambierà, facendole maturare la bislacca convinzione che ha il diritto di ricercare il piacere, di ascoltare gli impulsi del proprio corpo giovane e voglioso di sensualità, anche se questo significa diventare un'adultera, tradendo il caro maritino, che dorme sugli allori convinto della fedeltà cieca della consorte.

Attraverso tutta una serie di bizzarre circostanze, Margaret cercherà disperatamente di seguire le orme della languida nipote di Rameau e di farsi un amante: uno sconosciuto incontrato per caso su un aereo e poi rivisto a New York; un affascinante e sexy dentista, l'amica del cuore - così naturalmente provocante... Qualunque corpo ben fatto le suscita pensieri spinti e voglie proibite..., il desiderio di sfogare la propria lussuria diviene una vera ossessione che la spingono ad avere comportamenti davvero sciocchi, che danno vita ad equivoci che fanno sorridere il lettore, anche perchè in fin dei conti la protagonista non riesce a fare di se stessa una fedifraga con molta facilità!
Sedurre qualcuno e farsi portare a letto è più complicato di quanto le sarebbe mai sembrato!

Suo marito non è uno sprovveduto o un cieco e si accorge che sua moglie sta cambiando sotto i suoi occhi, che lo tratta con ostentata indifferenza e scortesia: "Cosa ti ho fatto?" le chiede sconcertato, e lei si guarda bene dall'esporgli le sue colpe..., forse perchè non saprebbe dire con chiarezza quale esse siano.
Sa solo che è arrabbiata e delusa, arrivando a convincersi che se mai lo tradirà, sarà stata colpa di Edward, che non ha vigilato su di lei come avrebbe dovuto!

Cosa sta succedendo nella mente un po' troppo aperta ed "esposta" di Margaret? Non le basta più la sua vita borghese tranquilla e ordinaria?
Cosa finora le ha dato l'illusione di essere felice, di avere un'esistenza stabile? E' stato il matrimonio? L'amore rassicurante di Edward? Potrebbe farne a meno ed essere comunque una donna appagata?

Mai dare per scontato ciò che hai, cara Margaret, perchè potresti rischiare di perderlo.

"L'anima è come un occhio: quando si posa sopra qualcosa su cui splendono la verità e l'essere, l'anima percepisce e comprende e brilla d'intelligenza (...) Quando non si posa sulla verità ma su una sua mera copia, l'anima brancola, incerta fra un'opinione e l'altra, e sembra priva di qualsiasi intelligenza".

Margaret deve far chiarezza dentro di sè, sbattere il naso, come si suol dire, e farsi male, provare concretamente il terrore di veder vacillare quelle certezze che stava disprezzando, per arrivare a comprendere cosa davvero è importante per lei.

In linea generale questo libro l'ho trovato abbastanza piacevole in quanto sostenuto da una penna arguta, divertente, a tratti comica, che critica con leziosità la società borghese benpensante e snob, ma è altresì vero che questa protagonista così "stramba" un po' mi ha fatto simpatia e un po' mi ha irritata con la sua ossessiva ricerca di un sesso che non arriva e che la vede solo fare la stupidina con chiunque respiri.



domenica 7 aprile 2019

Recensione: CANTO DELLA PIANURA di Kent Haruf



In una piccola realtà rurale vicino Denver si intrecciano le vite di alcune persone comuni, alcune oneste e buone, altre meno; ne viene fuori il ritratto genuino e realistico di un'umanità varia e indimenticabile proprio per la sua "normalità".



CANTO DELLA PIANURA
di Kent Haruf

NN Edizioni
Fabio Cremonesi
Numero Pagine : 304
Prezzo : 18 €
Questo primo libro della Trilogia della pianura (gli altri due sono Crepuscolo e Benedizione) è un romanzo corale, a più voci; è scritto sempre in terza persona ma le vicende narrate hanno di volta in volta come protagonisti specifici personaggi.

Siamo a Holt, città immaginaria vicina a Denver, in Colorado, in cui vive Tom Guthrie, insegnante di storia al liceo, che da solo si occupa dei due figli piccoli, mentre la moglie passa le sue giornate al buio, chiusa in una stanza.
Tom è un brav'uomo, deluso e amareggiato da questo matrimonio naufragato che ha lasciato in lui sensi di colpa e rimpianti; ha un debole in particolare per la collega Maggie Jones ma è insicuro se sia un bene impelagarsi in una vera e propria relazione...

Una sua alunna, la sedicenne Victoria Roubideaux, ha una situazione famigliare piuttosto precaria e, quando scopre di aspettare un bambino, sua madre la caccia di casa.
Sola e impaurita, lasciata anche dal ragazzo che l'ha messa incinta, Victoria chiede aiuto all'unica persona che pensa possa accoglierla: la sua comprensiva insegnante Maggie, che dopo averle offerto un'iniziale ospitalità, si trova costretta a trovarle un'altra sistemazione.

E qui entrano in campo i vecchi fratelli Raymond e Harold McPheron, che da sempre vivono in solitudine nella loro fattoria, dedicandosi all’allevamento di mucche e giumente.
A loro, Maggie propone di prendere in casa Victoria, dandole un tetto e un luogo sicuro e tranquillo in cui trascorrere i mesi della gravidanza.
Inizialmente i due uomini sono perplessi e manifestano tutta la loro incertezza al pensiero di prendersi cura di una ragazza...: proprio loro, che le uniche femmine che conoscono sono le vacche in loro possesso, che allevano, mungono e aiutano a figliare?
Però, sotto la scorza ruvida e l'aria impolverata e scorbutica, si nascondono due cuori buoni e generosi, che decidono di provare questa singolare esperienza, accogliendo la ragazza in casa.

I capitoli in cui si racconta del rapporto tra Victoria e i McPheron sono simpatici e teneri al contempo, perchè si percepisce tutto l'imbarazzo che passa tra questi tre individui: la ragazza è timida, impaurita, a disagio, non sa come comportarsi con questi due estranei taciturni, per quanto apprezzi il gesto di averla accolta pur non conoscendola.
Dal canto loro, i due fratelli cercano in tutti i modi di far sentire l'ospite a proprio agio e, col passare dei giorni e delle settimane, si impegnano davvero come meglio possono per far capire a Victoria che loro sono davvero felici di averle dato una casa in cui stare.

Ma a un certo punto, il ragazzo con cui stava Victoria, torna e pretende di portarla con sè a Denver...
La giovane seguirà il suo giovane amore o preferirà rimanere nella placida campagna con i due anziani fattori?

Seguiamo inoltre anche le vicende dei figli di Tom, due bimbi di nove e dieci anni, che si ritrovano ad accettare l'assenza della mamma, a fare i conti con il bello e il brutto della vita e con la cattiveria e il desiderio di vendetta di alcune persone prepotenti, una in particolare, che proprio non ha gradito i rimproveri che il suo professore (Guthrie) gli ha rivolto e col quale nasceranno aspri malintesi.

In queste pagine, che ci passano davanti con un ritmo pacato, che mi ha ricordato un placido fiume che scorre sonnacchioso in una valle rassicurante, conosciamo dunque varie persone di diversa età, ognuna con un proprio vissuto: c'è l'uomo di mezza età che si sente ancora forte, desideroso di vivere nonostante le batoste della vita; c'è l'adolescente con una realtà famigliare desolante, che deve affrontare una prova più grande di lei, e necessita di aiuto; c'è il ragazzo strafottente, viziato, prepotente, vigliacco, che non sa cosa voglia dire il rispetto per il prossimo; ci sono due fratelli avanti negli anni che il duro lavoro pare aver reso ruvidi e solitari ma che, alla prima occasione, non mancano di mostrare una grande generosità; ci sono altri due fratelli, molto più giovani, che stanno crescendo e vanno protetti dalle insidie di un mondo non sempre giusto e buono.

Un'umanità ricca, variegata, contraddistinta da problemi comuni a tanti uomini, di ogni generazione e luogo, da rimpianti, paure, desideri, speranze, rabbia, impotenza, senso d'abbandono..., e tutto questo arriva a noi con un linguaggio semplice, delicato, rispettoso, che sa come farci sentire tutta la gamma dei sentimenti provati dai protagonisti, e all'interno di una location "rustica", di per sè fin troppo semplice, comune, fatta di animali al pascolo, storie di esistenze come ce ne sono tante, ma che l'autore ha saputo rendere speciali.

"Canto della pianura" l'ho ascoltato dalla voce di Marco Baliani e devo dire di aver apprezzato moltissimo la sua narrazione: intensa, coinvolgente, assolutamente adeguata ai personaggi cui dà voce e colore e ai vari momenti narrati; la scrittura onesta e precisa di Haruf, con le sue descrizioni dirette e prive di fronzoli, è stata valorizzata da una lettura ben interpretata e scorrevole che dà la giusta enfasi alle singole "scene", tanto più a quelle ad alto contenuto emotivo, dove mi sembrava di vivere tutto in prima persona, di immaginare con precisione quello che stavo ascoltando.

Si tratta di un romanzo tranquillo, che trasporta il lettore in una località rurale, campagnola, dove la vita sembra scorrere monotona, ma non è così se puntiamo i riflettori sulle singole persone e sulle loro vicissitudini.
E' stato come soggiornare in un posticino che, nella sua straordinaria ordinarietà, ti ha fatto sentire a casa.
E ovviamente al più presto tornerò a Holt!


Il termine inglese Plainsong, che dà il titolo a questo romanzo significa “canto piano” (forma di canto a cappella monodico – ossia privo di accompagnamento musicale ed eseguito all’unisono – diffuso nel Medioevo in ambito ecclesiastico; il canto gregoriano per esempio è un tipo di canto piano)…

sabato 6 aprile 2019

Recensione: UN PALLIDO ORIZZONTE DI COLLINE di Kazuo Ishiguro



Quando il proprio passato è costellato di esperienze negative e dolorose, voltarsi indietro per ripercorrerlo con la memoria non fa che aggiungere ulteriori sofferenze, eppure è proprio il racconto di sè, di quei giorni che sono stati e ora non sono più e che, a modo loro, ci hanno formato, a offrirci una via per far pace con noi stessi e con quei demoni che ci portiamo dietro.



UN PALLIDO ORIZZONTE DI COLLINE
di Kazuo Ishiguro



Ed. Einuadi
trad. G. Bona
178 pp

Credo sia patetico e nello stesso tempo nobile guardarsi dentro e vedere la vita che si è vissuta. Ci vuole un grande coraggio.

Etsuko è una vedova giapponese che vive in Inghilterra, sola in una casa di campagna; ha una figlia, Niki, la sua secondogenita, che vive a Londra e ogni tanto va a trovare sua madre.
Niki è figlia del secondo marito di Etsuko; la primogenita, Keiko, era figlia del primo, Jiro, l'uomo con cui ha vissuto quand'era in Giappone, a Nagasaki.

Era perchè adesso Keiko non c'è più: si è suicidata, senza un apparente e specifico motivo...
Da quel tragico momento la vita di Etsuko e di Niki non è più stata la stessa, e anche se le due donne sembrano proseguire con le proprie abitudini come se niente fosse, in realtà è come se la presenza della figlia/sorella suicida aleggiasse nelle stanze della casa materna, a mo' di spettro che turba sogni e pace.

Etsuko ripercorre il proprio passato e questi flashback sono interrotti dalla presenza di Niki nel presente: Niki è una ragazza emancipata, indipendente, riservata circa la propria vita privata, che non condivide neppure con l'unica parente rimastale - sua madre appunto - con la quale anzi parla pochissimo, non avendo mai avuto stretti e confidenziali rapporti; leggendo lo scambio di battute tra le due, i loro atteggiamenti nell'interagire, i tanti silenzi e gli sguardi più o meno inconsapevoli che si lanciano, capiamo che è soprattutto la morte di Keiko ad aver contribuito a rompere qualcosa che, nel tempo, non si è più risanato.
Inoltre, la visita di Niki alla madre risulta poco piacevole, non solo perchè la giovane è spesso cupa, scortese, sbrigativa e poco paziente verso la donna più anziana, ma anche perchè dichiara di non riuscire dormire quando è in quella casa, di sentirsi a disagio: è il pensiero della sorella morta a tenerla sveglia, ad inquietarla.
Etsuko, con la sua aria pacata e imperturbabile, con le poche parole che riesce ad esternare, cerca di tranquillizzarla e intanto leva lo sguardo dal presente doloroso e solitario per cercare in un altrove lontano un senso e una ragione a tutto ciò che ha vissuto.

I suoi vividi ricordi giungono dunque fino a Nagasaki, nel periodo immediatamente successivo al secondo conflitto mondiale, quando la città, in seguito al lancio della bomba atomica, ha dovuto affrontare un processo di ricostruzione su tutti i fronti - materiale e, soprattutto, culturale, umano.

Tra queste pagine, l'Autore accenna al dramma immane causato da quel terribile evento, e lo fa senza entrare nei particolari ma sempre restando su un filo vago eppure chiaro al contempo: la guerra ha innescato tutta una serie di capovolgimenti in Giappone, e in particolare l'ingerenza della potenza americana ha portato mutamenti in tanti ambiti, da quello politico a quello culturale, modificando pian piano il modo di pensare delle persone e, in special modo, della nuova generazione rispetto alla precedente, ritenuta "vecchia", antiquata, ormai superata nei valori, nei riti, nelle convinzioni.

Il racconto della protagonista comprende tanto la sua vita in famiglia, accanto al primo marito Jiro e in compagnia del suocero, quanto la sua amicizia con una donna singolare e la sua bambina tormentata.

Etsuko è stata una giovane moglie sottomessa, silenziosa, discreta, servizievole, accettando con remissività il proprio ruolo di donna, moglie, nuora all'interno della rigida e patriarcale società giapponese; il coniuge ci viene ritratto con un uomo duro, poco affabile, dedito totalmente alla carriera professionale; un marito che si aspetta che la moglie lo serva e lo accudisca senza che dalla sua bocca esca mai un grazie o una parola gentile; e anche nei confronti del padre, Ogata, è lo stesso: è superficiale, distratto, impaziente di terminare una conversazione quanto prima per non sentirsi dire sempre le solite paternali noiose e ormai note, che lo irritano e lo spingono a scappare al lavoro come se avesse il fuoco sotto i piedi.
La figura di questo suocero, Ogata, emerge in termini molto positivi, essendo un anziano dolce, comprensivo, sempre carino e premuroso verso la nuora, che - negli anni ricordati da lei stessa - era incinta della prima figlia (Keiko), tanto da guadagnarsi spontaneamente il suo affetto e la sua sincera stima.

Ma ho menzionato anche a un'amicizia: quella con una giovane donna vedova, Sachiko, e la sua figlioletta Mariko.
Sachiko vive in una casetta abbandonata tra le macerie e ha una relazione con un americano (solo citato, non ci viene presentato) che promette sempre di portarla negli Stati Uniti, ma non lo fa mai. La guerra le ha tolto il marito ma le è rimasta questa figlia di dieci anni, che però è un tipetto scontroso, con atteggiamenti ostili verso gli estranei; la bimba è solitaria, se ne sta sempre per i fatti suoi, mostra interesse solo per i gatti ed Etsuko scopre, con suo grande stupore, che Mariko spesso viene lasciata sola da sua madre, la quale non mostra alcuna preoccupazione in tal senso.

Sachiko ci appare, dai ricordi di Etsuko, come una donna leggera, frivola, poco attenta verso l'unica figlia, nonostante ella dichiari che Mariko è la sua priorità e ogni decisione che prende è per il suo bene; la donna aspetta il grande amore, che la porti via dalla tristezza di una vita senza stimoli e aspettative trascorsa a Nagasaki; ma questa partenza potrebbe non giungere mai e intanto sua figlia affonda nell’angoscia di ricordi troppo crudi, che rischiano di minare il suo precario equilibrio emotivo. 

L'amicizia tra le due è singolare perchè esse sono diversissime come caratteri: tanto apprensiva e tranquilla è Etsuko, quanto l'altra è vivace, ironica, divertita dall'ingenuità e semplicità dell'altra.

Eppure, intuiamo, mentre passato e presente si intersecano nonostante siano apparentemente slegati (come se la Etsuko giapponese e quella inglese fossero due persone differenti e lontane), che c'è qualcosa di profondo che lega le due amiche: entrambe nascondono, sotto diversi atteggiamenti, sensi di colpa verso la propria figlia problematica, tant'è che, similmente a Sachiko rispetto alla piccola Mariko,  rispetto a Keiko la stessa Etsuko, nel cui cuore resistono rimpianti, domande, dubbi, rimorsi..., sente di dover giustificare le proprie decisioni (l'andar via dal Giappone, anzitutto, per garantire un futuro migliore alla propria figlia), come a convincersi di non essere stata una cattiva madre e che ciò che è accaduto non è sua diretta responsabilità.

Etsuko proietta se stessa, i timori, le angosce, il dolore, su Sachiko, "servendosi" della storia di quest'ultima per parlare di sè e per affrontare i propri tormenti.

Questo breve romanzo del Premio Nobel Ishiguro mantiene, capitolo dopo capitolo, un'atmosfera enigmatica, misteriosa, di cose dette e non dette, di domande accennate alle quali non si darà mai una risposta; gli stessi personaggi hanno una parte che ci viene svelata e un'altra che resta celata e tanti particolari - che durante la narrazione creano suspense e accendono la curiosità del lettore - non ci vengono chiariti esplicitamente, ma piuttosto lasciati alla libera interpretazione del fruitore.

Ne viene fuori un racconto che riesce ad essere tanto poetico quanto disadorno, che suggerisce più di quanto sveli; tutto resta sospeso e irrisolto; lo stile di Ishiguro è preciso, lento, "silenzioso"; vi è un fascino quasi magico nella sua penna così lieve e profonda insieme che mi ha coinvolta e suscitato domande, trasmettendomi quell'inevitabile malinconia che quasi sempre provo quando leggo libri di autori dell'Est: ma non è mai una malinconia opprimente, bensì dolce, che colora le vicende di sfumature delicate, tenui, mai aggressive, malgrado si parli di morte, tragedie umani, collettive e personali.

Non posso non ammettere che il finale mi ha lasciata un po' disorientata; c'è in questo romanzo un che di volutamente imperfetto, incompleto, e la tensione che l'attraversa potrebbe non trovare, agli occhi del lettore, l'adeguata e agognata soluzione.

Per una come me amante di thriller, polizieschi, noir, in cui ogni tassello deve andare al suo posto e rivelare una logica razionale finale, un libro di tal genere un po' spiazza; ma forse il bello è anche questo.


Del resto, chi l'ha detto che un autore debba necessariamente risolvere ogni mistero, svelare ogni segreto, fugare ogni dubbio? 

Ishiguro dà di che riflettere anche dopo che si è giunti all'ultimo rigo, semplicemente raccontando di donne irrisolte, tormentate da fantasmi che altro non sono che malesseri interiori, intimi, in cui ognuno di noi può ritrovarsi.

Leggere libri come questi è come prendere una boccata d'aria fresca in un'alba che sta nascendo o in un tramonto pregno di nostalgia; è uno di quei romanzi somiglianti a un "rifugio" in cui non di rado sentiamo il bisogno di fermarci per restare accanto ad un vecchio amico, a volte chiacchierando e ascoltando placidamente le sue confidenze, altre restando anche solo così..., in silenzio.

venerdì 5 aprile 2019

Il fiore di loto, tra simbolismo e leggende




Buondì!! Il week end si avvicina... finalmente!!!
In attesa di pubblicare le recensioni degli ultimi due libri letti, oggi volevo parlarvi di un fiore dal bellissimo significato:

IL FIORE DI LOTO


Il Fiore di Loto è per gli orientali simbolo di bellezza, purezza e perfezione, simbolo del sole, del cielo, della terra, della creazione, del passato, del presente e del futuro; dunque rappresenta la vita stessa.
La particolarità di questo fiore è dovuta al fatto che cresce nel fango e nelle acque paludose, ma nonostante ciò si conserva puro  e profumato e non si lascia contaminare dall’ambiente che lo circonda, e per questo esso rappresenta anche la lotta della vita.
Nella mitologia egizia il fior di loto è un simbolo di sole, di creazione e di rinascita​.

L'alternativa cristiana al loto è il giglio bianco, che assume un significato di fertilità e purezza perchè è il simbolo di Maria. Tradizionalmente l'Arcangelo Gabriele porta il giglio dell'Annunciazione alla Vergine Maria. "Beati i puri di cuore", disse Gesù, "perchè vedranno Dio."

Quando si vuole esprimere ammirazione profonda nei confronti di qualcuno, il fiore da regalare è proprio il Loto.
Il Fiore di Loto, molto simile ad una Ninfea, fiorisce verso la metà dell’estate: i suoi grandi fiori, che hanno più di 20 petali, si aprono la mattina presto e si chiudono di sera. Il Loto emerge dall’acqua ed è un fiore profumatissimo.

C’è una leggenda tutta italiana che riguarda il Fiore di Loto.
Tantissimo tempo fa, alla foce del Po, in una grande e bellissima palude c’era una zona ricoperta di Fiori di Loto bianchi e rosa. Questi fiori proteggevano il regno delle Fate dell’acqua, ma nessun essere umano poteva vederlo.
Si narrava che era molto pericoloso cercare di vedere le Fate e il loro regno. Gli abitanti dei villaggi vicini avevano un grande rispetto per la palude.
C’era un ragazzo che però non temeva le Fate, anzi cercava di scorgerle tuffandosi proprio dove si pensava ci fosse la porta per il loro regno.
Un giorno riuscì a trovare il regno delle Fate e queste gli offrirono un dono: poteva scegliere tra un forziere colmo di monete d’oro o una splendida Fata, la creatura più belle che lui avesse mai visto.
Il ragazzo scelse il forziere, pensando di aiutare sua sorella, rimasta vedova con un bambino piccolo.
Le monete d’oro non finivano mai e finalmente la famiglia del giovane poteva vivere agiatamente, ma lui era ossessionato dal ricordo della bellissima Fata che avrebbe potuto scegliere.
Passava così le sue giornate in barca nella palude alla ricerca del regno delle Fate, senza mangiare, nè bere, nè dormire. Alla fine morì.
Le Fate decisero di punirlo per aver fatto la scelta sbagliata, per non aver voluto scegliere l’amore: tutti i primogeniti discendenti dalla sua famiglia erano condannati a non conoscere mai l’amore.


SIMBOLOGIA FEMMINILE

Come accade per altri fiori, anche il Loto viene associato a simbolismi femminili. Essendo un fiore legato all’immortalità, alla creazione ed alla rigenerazione, il loto viene inevitabilmente associato a un principio femminile, indicando grazia, fertilità e fecondità, tutte virtù tipiche del mondo femminile.
Questo simbolismo prende spunto dalla forma del fiore di loto, un calice che sembra raffigurare il ventre femminile da cui nasce la vita. Per questo simbolismo dai tratti molto potenti e suggestivi, il loto è stato utilizzato nelle leggende e nei racconti sulla nascita degli dei. Mte da un fiore che si è aperto al mattino.
IL LOTO E I SUOI COLORI
Anche il colore dei diversi fiori di loro viene associato a un particolare simbolismo.
Quelli bianchi indicano la purezza, intesa come stato dell’anima e della mente, ma anche la perfezione spirituale.
Il loto rosa è simbolo della divinità ed è quello maggiormente usato nelle cerimonie delle religioni orientali.
Il loto viola è considerato il fiore degli asceti e di tutti coloro che si dedicano alla meditazione ed al
Il loto blu simboleggia la vittoria dello spirito sulle passioni, ma ha anche il significato di saggezza ed intelligenza.
Il loto con fiori dorati rappresenta il raggiungimento dell’illuminazione.
raggiungimento della perfezione spirituale.

In tutti i diversi fiori di loto primeggia un significato comune, ovvero il predominio dello spirito e della coscienza su tutto ciò che è materiale e meschino.
Saggezza, perfezione, intelligenza, purezza e conoscenza di sé sono i principi su cui si fondano molte religioni e che il loto, con la sua rara bellezza, è in grado di interpretare al meglio.


(Post già pubblicato tempo fa sul mio blog L'ANGOLO DI ANGY)



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