Fannie Flagg ci invita, con la schiettezza e la dolce ironia che la contraddistinguono, a sederci al bancone di un caffè di una cittadina sconosciuta dell’Alabama, e, mentre ci concediamo (seppur soltanto col pensiero!) colazioni sostanziose e barbecue deliziosi, proviamo a chiudere gli occhi e lasciamoci trasportare nell’America degli Anni Trenta: conosceremo persone indimenticabili.
POMODORI VERDI FRITTI al Caffè di Whistle Stop
di Fannie Flagg
Nell’inverno 1985 la signora Evelyn Couch, in visita dalla suocera (ospite di una casa di riposo) conosce un’anziana, anch’ella ricoverata nel medesimo istituto: Virginia Threagoode, detta Ninny, 86enne vispa e allegra che, con la sua positività, la sua serena fede in Dio e i suoi racconti di fatti accaduti più di quarant’anni prima, cambierà la sua vita.
In meglio.
Sì perché Evelyn è una dolce e mite signora tra i 45 e i 50 anni che sta vivendo un periodo di frustrazione, depressione e tristezza; il suo cruccio maggiore è costituito dal peso: è decisamente in carne e questa consapevolezza la fa star male, la fa sentire brutta e inadeguata, ma allo stesso tempo non riesce a smettere di mangiare alimenti zuccherini e calorici.
Anzi, diciamo pure che sono il suo rifugio contro l’insoddisfazione e l’infelicità.
Quando fa conoscenza con Ninny, scopre che alla vecchina piace chiacchierare di tutto e di più e così, tra una chiacchiera e l’altra e tra un biscottino e una coca, le due donne imparano a conoscersi e a volersi bene.
Ninny ha una memoria di ferro (beh, giusto con qualche “svista” dovuta all’età) e quando si tratta di raccontare episodi che hanno coinvolto lei o le persone con le quali ha trascorso gran parte dell’esistenza, gli occhi le brillano e parte a parlare diIdgie Threagoode, di Ruth Jamison, del loro amato Caffè e di tutti quegli aneddoti che hanno fatto un po’ la storia di Whistle Stop.
E il lettore, insieme ad una stupita e interessata Evelyn, si siede anch’egli ad ascoltare questi racconti di un’America che sembra davvero tanto lontana, di questa località pacifica e conosciuta, a quel tempo, per lo scalo ferroviario, delle vicende dei Threagoode, del rapporto tra la comunità dei bianchi e quella dei neri, e della difficile integrazione di questi ultimi.
Contemporaneamente - e in sintonia - con la narrazione degli Anni ’80 ad opera di Virginia, seguiamo quella degli Anni ‘30 e oltre, attraverso i bollettini settimanali di Whistle Stop, con cui veniamo aggiornati dalla signora Weems di tutte le novità che accadono via via in paese, belle e brutte.
Il filone principale ruota attorno proprio alla famiglia Threagoode, in particolare attorno a Idgie, che sin da ragazzina ha mostrato un temperamento ribelle, un carattere deciso, mascolino, una personalità granitica dietro cui si nascondono un cuore di panna, una generosità spontanea e una capacità d’amare senza limiti.
È solo una ragazzetta secca e cocciuta quando si innamora di una sua coetanea, la bella e dolce Ruth, ma crescendo questo sentimento deve fare i conti con la realtà, e cioè che Ruth si fidanza con un certo Frank, e nonostante la ragazza ricambi l’amore di Idgie, sposa l’uomo e cerca in tutti i modi di essere una moglie buona e devota; eppure nel corso della lettura, ci rendiamo conto di come a un certo punto le due donne si siano ritrovate a vivere insieme, gestendo (a partire dal 1929) il famoso e frequentato Caffè di Whistle Stop.
Come mai Ruth è tornata da Idgie e le due vivono insieme? Cosa è accaduto al marito di Ruth, Frank, un giovanotto tanto bello quanto arrogante e dalla condotta non proprio integerrima?
Il Caffè di Idgie e Ruth è un posticino accogliente in cui si respirano odorini invitanti e si mangiano piatti ottimi per pochi spiccioli, è un punto di ritrovo per gli abitanti della cittadina, neri compresi.
Sono anni in cui la gente di colore non ha diritti, viene sfacciatamente trattata con disprezzo dalla maggior parte dei bianchi (soprattutto quelli benestanti) e non può liberamente frequentare i luoghi in cui ci sono loro; la stessa Idgie si ritrova a dover affrontare a muso duro alcuni uomini tracotanti e razzisti che pretendono che lei non dia cibo ai neri.
Ma ovviamente Idgie Threagoode non solo dà da mangiare a chi vuole, ma lo dona pure gratis a chi ne ha bisogno: ed infatti, per il Caffè passeranno, negli anni, persone di tutti i tipi, come il buon Smokey, e chiunque riceverà un piatto caldo dalle due proprietarie.
Attorno a questa coppia straordinaria e singolare ruotano altri personaggi, e di volta in volta la Flagg ci introduce con discrezione nelle loro vite, nei loro problemi quotidiani, così che incontriamo i tipi umani più diversi e improbabili: stravaganti sognatori, banditi dal cuore d’oro (che tolgono al Governo per dare ai poveri, in perfetto stile Robin Hood), pastori battisti pieni di ardore, vittime della Grande Depressione, ragazzini che riescono ad essere dei vincenti nonostante una disabilità, uomini di colore alle prese con le ingiustizie e gli insulti da parte di bianchi boriosi che si credono superiori.
E c’è anche un omicidio, che verrà “risolto” venticinque anni dopo in un modo bizzarro ma che soddisfa il lettore perché questo spiacevole episodio coinvolge le due donne, la temeraria e pratica Idgie e la riservata Ruth, e la tenacia che dimostrano in questo caso e, in generale, nello sconfiggere le avversità , ci colpiscono e ci spingono a fare il tifo per loro.
La stessa ascoltatrice Evelyn viene rapita dalle vicende della coppia, e questo le reca un gran bene: lei, una donna fragile, sensibile, che ha sempre vissuto nell’ombra, senza ambizioni e passioni, con una scarsa autostima (che con ben poco viene demolita del tutto), attraverso il racconto di tutte le traversie che hanno affrontato le due donne, unito alla preziosa amicizia con la sua ineguagliabile narratrice - Ninny - riesce, inaspettatamente, ad acquistare la fiducia e la forza necessarie per guardarsi dentro, per imparare ad amarsi e a superare, nel modo giusto, i propri limiti.
E anche questo romanzo di Fannie Flagg (come già IN PIEDI SULL’ARCOBALENO) mi ha conquistata, per le vicende umane in esso narrate, in cui emergono le mille e complicate sfaccettature proprie dell’animo umano, le pieghe più imprevedibili che può prendere la vita e che ci spingono di volta in volta ad attrezzarci per sostenerle (sovente, tra queste pagine, la fede in Dio è un’àncora imprescindibile per andare incontro alla tempesta); incontriamo personaggi memorabili, caratterizzati in maniera accattivante, e si arriva all’ultima pagina travolti da tante emozioni, ci si commuove e si prova una grande malinconia a dover lasciare Whistle Stop, a rimirarne ciò che ne resta, e quasi scappa un sospiro di nostalgia perché sarebbe stato bello essere lì, in quegli anni, a conoscere la straordinaria e testarda Idgie, la cara Ruth e tutti gli altri cittadini di questo paesino che riflette un’epoca che non c’è più, ma che è bella da ricordare e da immaginare.
Mi è piaciuta l’evoluzione del personaggio di Evelyn, che trae forza dai racconti di avvenimenti accaduti ad altre donne come lei, e da cui impara a vivere con maggiore serenità, autostima e forza interiore.
Ho apprezzato il senso dell’umorismo dell’Autrice, la sua spontaneità - riflessa nelle sue storie e nei suoi protagonisti -, anche nel trattare argomenti delicati e, relativamente ai tempi cui ci si riferisce, “scomodi”, che si tratti di omosessualità, della discriminazione razziale, del ruolo della donna nella società.
È un romanzo al femminile e, per certi versi, femminista, ma lo è senza forzature, senza accenni polemici, bensì attraverso ritratti di donne forti, comuni e straordinarie insieme, piene di amore da donare e pronte a combattere per la propria felicità.
Leggere questo romanzo è un tuffo nel passato, in grado di divertire, intenerire e intrattenerci amabilmente come se davvero fossimo seduti al tavolino di un bar con una simpatica amica, a parlare di persone che, pur non avendo conosciuto personalmente, dai racconti prendono vita, divenendo familiari.