venerdì 19 marzo 2021

Recensione: CORPO ESTRANEO di Stefania Sperandio

 

Manuela ha solo ventidue anni quando cade vittima di un'aggressione violenta sotto casa sua: un uomo la sequestra per un tempo in fondo breve ma sufficiente a stravolgerne l'esistenza. Dopo averle sparato un colpo di pistola dritto in fronte con l'obiettivo di ucciderla, Manuela miracolosamente sopravvive.
Ma nulla sarà più come prima e ricominciare a vivere sarà un'impresa non da poco, soprattutto quando realizzerà che la sua vita continua ad essere in pericolo.


CORPO ESTRANEO
di Stefania Sperandio


439 pp
"Dall’incidente in poi, mi ero sempre sentita un corpo estraneo".

Tornare a casa dopo una giornata costellata di impegni e poter finalmente rilassarsi: è una di quelle cose semplici, quotidiane, che facciamo naturalmente, senza darvi troppo peso ed importanza.
Ma come cambierebbe la percezione di un atto così tranquillo ed automatico se una sera, nel rincasare, nel momento prima di infilare le chiavi nel portone, qualcuno si avventasse su di noi da dietro e cominciasse a minacciarci di farci del male?

È la brutta esperienza che tocca fare a Manuela Guerra, una ventiduenne che lavora come stagista per una testata giornalistica: al suo rientro ad attenderla c'è un perfetto sconosciuto che in una manciata di minuti la strattona, le fa del male, la rapisce e la incatena al cancello dello stabile in cui è situata la redazione per cui lavora.

In quegli attimi terrificanti e concitati, Manuela prova a resistere e ad opporsi, inutilmente, ad un uomo troppo più forte di lei: cosa può volere quel malvivente da una ragazza senza soldi? 
Manuela lo supplica di non farle del male ma l'uomo è spietato e crudele, tanto più che le ripete "Andrà tutto bene se fai la brava".
Manuela ci prova, a far la brava, ma è costretta a fare i conti con la dura realtà: quel delinquente non è un ladro improvvisato, né uno stupratore o uno psicopatico irrazionale: tutt'altro, è lucido ed intenzionato a farla fuori. Perché? Chi è? chi l'ha mandato? Chi può volere la sua morte?
L'ultima cosa che i suoi occhi spaventati vedono è una pistola puntata in fronte, cui segue il rumore assordante dello sparo.

Quando la polizia - tra cui la sua coinquilina ed amica poliziotta, Anna - la trova, è in fin di vita..., ma comunque viva.
Contro ogni aspettativa Manuela sopravvive.
Contro ogni aspettativa, il sicario - che è un professionista bravo nel proprio iniquo mestiere - sbaglia e il proiettile si ferma nel cranio della vittima senza ammazzarla.

Manuela resta otto mesi in coma e quando ne esce - vegliata con costanza e amore dall'amica Daniela, da Anna e dal fratello di quest'ultima, Marco, che è anche il ragazzo di Manuela - è un'altra persona.

Del resto, è difficile che una tragedia del genere non ti cambi, nel corpo come nella psiche.
Manuela è una miracolata ma ciò non toglie che, ancora due anni dopo l'incidente, il suo corpo abbia subìto delle conseguenze irreversibili (le si è abbassato l'udito da un orecchio, ha forti emicranie che solo con farmaci specifici può tenere a bada...) e anche a livello mentale ed emotivo qualcosa è cambiato.

Il suo carattere già particolare, solitario, a volte scontroso, poco avvezzo a dimostrare affetto, peggiora visibilmente; per Manuela è davvero difficile, se non impossibile, fidarsi completamente di qualcuno, anche di coloro che le vogliono bene e che non hanno mai smesso di starle accanto e di dimostrarle concretamente sostegno e amicizia.

Manuela ha avuto un'adolescenza turbolenta a causa di problemi famigliari; con sua madre non ha attualmente un gran rapporto, sono molto distanti e la ragazza ne soffre, anche se mai lo ammetterebbe apertamente; con suo padre aveva invece un legame profondo, ma egli purtroppo è morto, e in vita ha avuto anche problemi con la giustizia.

Benché Manuela sia consapevole di essere per tutti la ragazza di via Bo, quella che s'è presa la pallottola in fronte, cerca comunque di continuare con la propria vita, ma l'incubo ritorna.
E ritorna dopo che la polizia le ha comunicato di aver preso il suo quasi-assassino; a inchiodarlo ci sono dei video di sorveglianza che mostrano un uomo coinvolto nel suo rapimento quella sera.
Eppure Manuela non riconosce in lui il suo assassino; la sua mente ha memorizzato fin troppo bene la faccia del sicario e l'idea che la polizia stia prendendo fischi per fiaschi la mette in allarme, perché significa che il colpevole è ancora in giro.
Ed infatti lui si fa vivo di nuovo, sempre con i suoi modi violenti, il suo tono di voce che oscilla tra il glaciale e il sarcastico: dice di chiamarsi Lucas Leone, che le persone per cui lui lavora vogliono Manuela morta e che lui porterà a termine l'atroce missione a tutti i costi. Però pretende che Manuela faccia qualcosa per lui, dei "favori" con i quali lei può proteggere i propri amici, che altrimenti lui non esiterebbe a far del male e ad uccidere.

Alla giovane stagista non par vero: l'incubo è tornato. L'uomo che ha cercato di farla fuori non s'è dimenticato di lei, vuole ancora ammazzarla ed è pronto a prendersela pure con le poche persone cui lei tiene (madre compresa, oltre a Marco, Anna e Daniela).

Ma per quale ragione, poi? Davvero il suo quasi omicidio è stato organizzato da boss locali "colpiti" da inchieste giornalistiche condotte da Daniela per il giornale per cui ambedue lavorano?
E se non è questa la reale motivazione, allora chi odia tanto Manuela Guerra da desiderare in tutti i modi di vederla sotto terra?

Manuela mette da parte l'iniziale abbattimento, la confusione, la paura, la preoccupazione per i propri cari, per tirar fuori le unghie: se proprio lì fuori c'è qualcuno che la vuole morta, lei vuole scoprire chi è e soprattutto proteggere chi ama. Anche a costo della propria vita.

La ragazza, invece di sfuggirgli, comincia a cercare lei stessa il "suo"  sicario, a provocarlo, a farlo arrabbiare, con la speranza di capirci qualcosa (perché l'uomo la sta coinvolgendo in una sorta di trappola in cui le ordina di fare delle cose discutibili per lui quando potrebbe semplicemente ammazzarla?), e quando Lucas inizia cinicamente a mantenere le promesse e a prendersela con una persona molto vicina a Manuela, quest'ultima capisce che non può e non deve stare ad aspettare che lui faccia ciò che vuole, come vuole e quando vuole, come se Manuela fosse meno che niente. Deve fare qualcosa.

Se è la guerra che vuole, Guerra avrà.

Ha inizio così una sorta di combattimento tra i due, una lotta letteralmente all'ultimo sangue e all'ultimo respiro, fatta di folli provocazioni, agghiaccianti minacce, inquietanti promesse di vendetta, tentativi disperati di liberarsi di quest'inferno in terra chiamato Lucas Leone.

Manuela è una brava ragazza, che ha sofferto già tanto nella sua vita, pur avendo solo ventiquattro anni. Tutto ciò che desidera è un'esistenza tranquilla, al limite dell'invisibile; vorrebbe tornare a quel giorno di due anni fa, prima che Lucas Leone stravolgesse la sua quotidianità normale, anonima, comune, ma serena; prima che diventasse un enorme corpo estraneo, un'aliena, un eterno pesce fuor d'acqua, la ragazza a cui hanno sparato in testa, la poveraccia che è sopravvissuta ma chissà se n'è uscita normale; prima che un corpo estraneo (la pallottola) le fosse piantato a vita nel cranio.

"Manuela si era sempre sentita un corpo estraneo nel mondo dei vivi, da quando si era risvegliata dal coma. Il corpo estraneo che aveva in testa l’aveva resa un corpo estraneo nell’universo degli altri."

Per tentare di uscire dall'incubo in cui è stata trascinata contro il suo volere, e per evitare soprattutto che il male possa colpire in modo irreversibile coloro che lei ama, Manuela è disposta ad andare oltre se stessa, oltre tutto ciò che mai avrebbe pensato di poter fare - di brutto, di deprecabile - nella vita.

Cosa saremmo disposti a fare per proteggere chi amiamo e per mettere fine ad una spirale di violenza feroce, che rischia di coinvolgere troppi innocenti?

In questo thriller - pieno di azione, di momenti di suspense, dove l'adrenalina scorre a fiumi - distinguere in modo netto tra buoni e cattivi non è automatico; attraverso le vicende incredibili, ricche di tensione emotiva, in cui è coinvolta Manuela, il lettore è spinto a chiedersi: possono i buoni diventare cattivi quando si sentono minacciati in maniera forte? 
I buoni muoiono giovani, si ripete Manu pensando alle parole che le diceva il padre: ma chi l'ha detto che dev'essere sempre così? Davvero i malvagi possono farla franca perchè i buoni non sanno (e non vogliono) reagire e a loro altro non resta che vestire i panni delle vittime?

Manuela è combattuta tra la legittima paura di affrontare il suo nemico (dietro il quale si cela un altro ben più pericoloso, che sta pagando Lucas perché finisca il lavoro con lei una volta per tutte, e la cui identità la ragazza non conosce) e la disperata voglia di guardarlo negli occhi, di sapere il motivo vero per cui la sta perseguitando ed è disposto a danneggiare anche altri innocenti pur di colpire lei in tutti i modi possibili.

"Corpo estraneo" mi ha tenuta incollata alle pagine dal primo all'ultimo momento, risucchiandomi nello stesso intricato vortice di ricatti, vendette, trappole, in cui si trova invischiata la giovane protagonista, che sa come cacciarsi nei guai ma, per sua fortuna, ha accanto degli amici sinceri e leali che non la molleranno neppure quando non sapranno cosa inventarsi per aiutarla.

Di Manuela ci viene data una caratterizzazione psicologica completa, esauriente e chiara e la vediamo anche evolvere e acquisire nuove consapevolezze man mano che è chiamata ad affrontare difficoltà più grandi di lei; non è perfetta, non è un'eroina sempre irreprensibile, ha le sue debolezze, mille contraddizioni, ma anche insospettabili risorse fisiche ed emotive di cui lei per prima si stupisce.
Anche l'antagonista - il sicario Lucas Leone - è un personaggio interessante, a suo modo coerente con ciò che ha scelto di essere nella vita.

Ringrazio Lucia di LCS - Ufficio Stampa e l'Autrice Stefania Sperandio per l'opportunità di leggere questo bellissimo thriller tutto made in Italy, che mi ha davvero catturata per i suoi intrecci dinamici, che si complicano ad ogni capitolo, la tenacia e, in generale, la complessità emotiva della protagonista (e non solo) e delle scelte da lei fatte, il ritmo progressivamente sempre più incalzante, l'epilogo che chiarisce ogni nodo.

Non posso che consigliarlo!

giovedì 18 marzo 2021

PROSSIMAMENTE IN LIBRERIA (dal 1° aprile 2021)

 

Diamo un'occhiata ad alcune delle prossime uscite?

Mi ha colpito questo libro, dalla mole non proprio ridotta e col quale Norman Mailer ha meritato il Pulitzer nel 1980: non racconta solamente la storia difficile e tragica di un uomo, ma scava nella solitudine e nella violenza dell'America profonda, e lo fa con precisione chirurgica e con una compassione priva di pietà.



IL CANTO DEL BOIA di Norman Mailer (La Nave di Teseo, 1092 pp, USCITA 1° APRILE)
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Dopo aver passato più di metà della sua vita in carcere per rapine e furti d'auto, Gary Gilmore esce di prigione grazie alla cugina Brenda, che ha garantito per lui e gli ha trovato un lavoro a Provo, nello Utah. Ma i demoni di Gary sono troppo forti e il tentativo di reinserimento nella vita civile, nonostante il supporto di Brenda e della sua famiglia, non va a buon fine. 
La sua parentesi di libertà ha un tragico epilogo. Nel 1976, pochi mesi dopo essere uscito di galera, commette due efferati omicidi a sangue freddo durante altrettante rapine. Immediatamente catturato, confessa i crimini e viene condannato a morte.
Sin da subito rifiuta di presentare ricorso e di chiedere la grazia. Gary Gilmore accetta la condanna e decide di morire. Nei mesi successivi lotta affinché la sentenza sia eseguita al più presto nonostante le pressioni della famiglia e di parte della società civile.
Il suo caso e la sua decisione hanno avuto grandissima risonanza, risvegliando i dubbi e la coscienza di molti americani.



Il successivo libro - esordio di Ellen Wood - ha visto la sua prima pubblicazione a Londra nel 1860 e questa è la prima traduzione italiana.
Il romanzo, che si inscrive nel genere sociale vittoriano, lungi dal presentare il modello vittoriano della "casa" come nucleo d'amore e della famiglia quale garanzia dell'ordine sociale, narra la storia di due generazioni, incrocia i destini di padroni, amici e servitori e fa dell'inarrestabile avanzata del vizio la forza trainante del racconto. 


CASA DANESBURY di Ellen Wood (Ed. Croce Libreria, trad. M. Costantini, 416 pp., USCITA 1° APRILE).

 Eastborough, sede dell'importante Ferriera Danesbury, ha l'apparenza di una tranquilla cittadina ma nasconde, appena dietro la facciata di borghese perbenismo, un intreccio di drammi relazionali, alcolismo e iniquità sociali. 
La realtà più oscura e problematica si annida proprio dietro l'angolo, negli attraenti ma ingannevoli gin palaces. Dopo la tragica scomparsa della prima moglie, John Danesbury convola a seconde nozze con Eliza St. George, convinto di perseguire il bene dei figli. 
La nuova Mrs Danesbury stravolge gli equilibri della casa, rendendola scenario di conflitti e scontri continui, in cui i rapporti familiari si complicano fino a deteriorarsi. 
I giovani eredi Danesbury vedono le loro relazioni intrecciarsi progressivamente alla piaga dell'alcolismo che ne affligge in qualche modo l'esistenza.




Un romanzo intenso e avvincente che alla sua pubblicazione, avvenuta nel 1882, fu giudicato immorale per gli argomenti trattati e insultante nei confronti della Chiesa. Un’audace analisi sul tema dell’amore tra personaggi di età diverse e appartenenti a differenti classi sociali.


DUE SULLA TORRE di Thomas Hardy (Fazi Ed., trad. C. Vatteroni, 336 pp, USCITA 1° APRILE).


Abbandonata dal marito, un ricco proprietario terriero, Viviette Constantine si innamora di Swithin St Cleve, di ben nove anni più giovane di lei, bellissimo, colto e gentile figlio di un curato di campagna. Swithin è un astronomo e lavora in cima a una torre dove trascorre tutto il suo tempo a studiare gli astri e i fenomeni celesti. 
Il romanzo – ambientato nella campagna dell’amato Dorset – narra la storia del loro amore, che si sviluppa in un intreccio intinto nelle forti passioni del genere “sensazionale”: morti presunte, adulterio, matrimoni segreti, angosciosi patemi riguardo alle convenienze sociali, gravidanze inopportune, nozze riparatrici e cuori spezzati da dolori cocenti e felicità improvvise. 
Al tempo della prima pubblicazione furono proprio questi elementi della trama, ritenuti peraltro poco congrui con la letteratura “seria”, ad attirare sul romanzo numerose critiche negative e accuse d’indecenza. In seguito, l’evolversi dei costumi ha permesso di apprezzare nuovamente il delicato equilibrio o il voluto contrasto tra il troppo umano delle vicende sentimentali dei protagonisti e la sublime freddezza dei corpi celesti studiati da Swithin con tanta passione, e di ascrivere questo romanzo, il nono, fra i migliori della produzione di Hardy.



Basato su fatti realmente accaduti, La nave sepolta è un romanzo in cui l'amore e la passione assumono aspetti tutt'altro che scontati e che, toccando il significato più profondo del matrimonio, del rapporto tra genitori e figli, della ricerca dell'identità personale, riesce a farci riflettere sul significato dell'essere umani e di condividere la Storia e, in ultima analisi, il dono stesso della vita.


LA NAVE SEPOLTA. THE DIG di John Preston (Salani, 250 pp, USCITA 1° APRILE).

 
Inghilterra, estate 1939. Quando Edith Pretty, affascinata dalle leggende locali che parlano di un tesoro vichingo sepolto nella sua terra, decide di contattare l'archeologo autodidatta Basil Brown, non sa che sta per dare inizio a una delle più straordinarie avventure archeologiche del Novecento. 
Presto gli scavi riveleranno il gigantesco scheletro di un'antichissima nave funeraria appartenuta a un sovrano anglosassone, che richiamerà l'interesse degli accademici più blasonati. 
Uniti dalla passione per l'archeologia e da un sentimento delicato e profondo che li lega l'uno all'altra, Basil e Edith lotteranno per proteggere la loro scoperta. Ma la Seconda guerra mondiale incombe e gli scavi si trasformeranno in una corsa contro il tempo, soprattutto quando dalla terra emerge qualcosa di ancor più stupefacente...


Trame prese da IBS.

mercoledì 17 marzo 2021

Milena Edizioni: le novità di marzo




Ed eccovi le ultime quattro nuove uscite del mese firmate Milena Edizioni, dalla narrativa umoristica alla poesia, senza dimenticare i racconti per l'infanzia.


LA STRANA DITA DI CARLOS MUŇOS di Benedetta Zema.

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Carlos è cileno ma vive a Roma, dove è giunto da ragazzo in fuga dalla sua terra d’origine. Ogni tanto  la sua mente gli gioca qualche scherzo e lo mette in situazioni scomode.

Un giorno tre individui lo ingaggiano per un lavoro da autista ben pagato, accetta ma non riesce a spiegarsi perché gli diano tutti quei soldi. 
Quando scoprirà il motivo e vorrà tirarsene fuori, si renderà conto di esserci dentro fino al collo. 
La sua ingenuità lo metterà in guai via via più grossi, che dovrà affrontare con coraggio.

Intanto non smette mai di cercare il suo amore perduto, Marina, che si è lasciato sfuggire suo malgrado.
Nonostante le sue stranezze, Carlos è di animo buono ed è sempre disposto ad aiutare il prossimo. Riuscirà a ritrovare il suo vero amore e a salvarsi le penne?


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SENZA VOCE di Alessandra Manara: l'autrice accompagna il lettore in punta d'anima nella sua prima raccolta, espressione del mondo sotterraneo e terricolo delle sue poesie, trasportandolo in una dimensione altra. 
Nel flusso dei versi senza titolo si annidano saldi ancoraggi razionali, scaturiti dalla vertigine emotiva del suo percorso esistenziale.
Con leggiadria e delicatezza crea un'impalpabile architettura poetica ispirata a Sylvia Plath, a cui dedica una lirica sofferta, colma d'amore e ammirazione.





PER SEMPRE di Sara Gazzilli (ill. Samira Parasole).

Esther e Camilla, due sorelle diverse tra loro che gli eventi della vita renderanno più unite.
Camilla, dolce e gentile, Esther, altezzosa e presuntuosa, saranno messe a dura prova dal Regno della natura e da una gentile ninfa dei boschi che valuterà la bontà del loro cuore.

Un viaggio in un mondo magico, un dono speciale, due regni contrapposti e una prova da superare.

Un'occasione per capire cosa conta davvero e cosa vivrà per sempre nella nostra vita.



LUNA E GLI AMICI DEL BOSCO di Elena Auricchio, Francesco Lopez Visicchio
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Luna Cagnolina e i suoi amici Ramy Randagio e Bea Coniglietta sono alle prese con una caccia al tesoro molto speciale nel bosco, quando vengono sorpresi dagli spari dei cacciatori. 
Luna spaventata conosce così Miss Talpa e Lulù la Volpe, che la rassicurano e le raccontano di quanto i cacciatori abbiano cambiato le vite di tutti gli abitanti del bosco. 
Luna, Ramy e Bea, assieme ai nuovi amici, decidono allora di dare una lezione ai cacciatori! 
Ne vedremo delle belle...










martedì 16 marzo 2021

SEGNALAZIONE ** "La percentuale dell'angelo" di Orazio Santagati || "Come lupi nella neve" di Marco Di Tillo



Buongiorno, carissimi lettori!

Oggi ho un paio di pubblicazioni da segnalarvi.


Parto dal romanzo di Orazio Santagati "La percentuale dell'angelo" edito da Algra editore; si tratta di un thriller ricco di azione e di contenuti riflessivi, collegati alla filosofia, al misticismo e alle possibilità più paradossali della scienza fisica.

Ambientato fra Londra, Roma, Sicilia (Catania e Aci Trezza), Svizzera e Thailandia, La percentuale  dell’angelo racconta di un misterioso libro che sconvolge l’esistenza di Gerico Mancini, un ex militare ritiratosi in Inghilterra per dedicarsi allo studio dell’astrofisica. Un libro che arriva dal futuro e che potrebbe consegnare il mondo a una tragedia.  
Algra Ed.
284 pp



Messo di fronte a un assurdo destino e a situazioni apparentemente inspiegabili, Gerico riflette su se stesso e sui propri sentimenti, sul passato e sul caso che determina le leggi del mondo. Si dedica alla stesura di un manoscritto che potrebbe trasformarsi in un pericoloso documento, ricercato e osteggiato da sinistri personaggi. Le sorprese non finiscono qui. 
Anzi… Isabel, la donna che ha suggerito a Gerico di scrivere un nuovo libro, afferma di essere capace di viaggiare nel tempo: già sa che cosa accadrà, e in che modo questo libro rivoluzionerà la vita degli esseri umani. 
Gerico Mancini capirà di dover mettere a rischio la propria esistenza e ogni sua certezza per buttarsi a capofitto nel paradosso.

Un ardito e coinvolgente romanzo di avventura, aperto a dinamiche da thriller e da racconto sci-fi e impreziosito da parti trattatistiche, profonde riflessioni morali, suggestioni, dubbi, paradossi, sfumature romantiche ed eroiche.


Biografia.
Orazio Santagati è un imprenditore siciliano che risiede e lavora a Palidoro, in provincia di Roma. Ha già pubblicato L’amico del Fuhrer per la Iris 4 Edizioni (testo votato come miglior romanzo storico al Premio Fiuggi Storia nel 2013), il romanzo distopico Ericlea edito da Castelvecchi e Petali di sabbia, una raccolta di aforismi patrocinata dalla Fondazione Astalli per raccogliere fondi a favore dei migranti.



Prossima pubblicazione: un giallo-noir Frilli Editori.

COME LUPI NELLA NEVE di Marco Di Tillo (240 pp, 14.90 euro, Fratelli Frilli Editori).

L'ispettore Marco Canepa di Genova decide di prendersi una breve pausa dal lavoro e accoglie l'invito di un amico di trascorrere una settimana nel paese molisano di Agnone.
La vacanza si rivelerà tutt'altro che rilassante. Una devastante quanto imprevedibile tormenta di neve li bloccherà ad Agnone tagliandoli completamente fuori dal mondo. 
Quella notte stessa un brutale omicidio sconvolge la vita di tutti gli abitanti. Franco Furino, un romano con seconda casa ad Agnone, viene trovato ucciso all’interno della chiesa di Sant’Emidio, mentre sua moglie Germana e la figlia Camilla, di nove anni, risultano scomparse. 
E mentre un vecchio professore di storia fa riecheggiare l’antica maledizione di una presunta strega risalente al 270 avanti Cristo, i morti assassinati aumentano e Canepa deve rinunciare alle agognate ferie per aiutare i carabinieri locali a risolvere i due omicidi che sembrano davvero inspiegabili. 

In questo noir i veri protagonisti, oltre all’azione stessa e alla dinamica degli eventi, sono i vari e curiosi personaggi del paese:il parroco, il sacrestano, la venditrice di formaggi, il geometra, il barista, il dottore nostalgico della Russia comunista. E poi c’è il passato che ritorna di continuo, in un incessante andirivieni temporale che va a mescolarsi ai tempi lenti della provincia italiana più sperduta e ai pensieri e ai ricordi di tutti, in un’atmosfera invernale malinconica e un po’ retrò.

L'autore.
Marco Di Tillo è laureato in Psicologia e ha scritto per più di vent’anni testi per programmi televisivi e radiofonici per la Rai. Per il cinema ha diretto la commedia Un anno in campagna e il giallo per bambini Operazione Pappagallo, scritto insieme a Piero Chiambretti. Per la narrativa per ragazzi ha scritto Il ladro di Picasso, Due ragazzi nella Firenze dei Medici, Il giovane cavaliere, Tre ragazzi ed il sultano e le favole illustrate per bambini Mamma Natale e Mamma Natale e i Pirati. È stato autore di testi originali per fumetti pubblicati da numerosi periodici e quotidiani italiani. Per Il Giornalino delle Edizioni Paoline ha ideato le serie I grandi del calcio, I grandi del jazz, I grandi del cinema. Ha vinto il Premio Paese Sera per una Nuova Striscia Italiana 1976 con la strip Piero ed è stato premiato al Salone di Lucca da Hugo Pratt. Ha pubblicato negli Stati Uniti i thriller storici The Other Eisenhower e The Dollfuss Directive. In Italia, ha scritto i gialli con protagonista l’ispettore laico-consacrato Marcello Sangermano. Della serie, sono già usciti Destini di sangue, Dodici giugno e Il palazzo del freddo. Ha scritto il romanzo La neve al mare che narra la disordinata estate di tre ragazzi di sedici anni. Nel gennaio 2020 è uscito invece Una santa per amica sulla sua amicizia giovanile con Madre Teresa di Calcutta. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato i gialli dell’ispettore genovese Marco Canepa, Tutte le strade portano a Genova e Omicidio all’Acquario di Genova


domenica 14 marzo 2021

Recensione: GRACE LO DICE FORTE di Emma Henderson



Grace è incastrata in un corpo "malato", "difettoso", brutto e sgradevole a vedersi, e pur pronunciando in modo incerto suoni inarticolati, la sua voce - prima di bambina, di ragazzina e poi di giovane donna - giunge forte e chiara al cuore del lettore, che la guarda crescere all'interno di un istituto per ragazzi con disabilità fisiche e psichiche gravi, assaporando insieme a lei e al suo giovane amore la voglia di vivere e il desiderio di libertà che gridano dentro di lei.



GRACE LO DICE FORTE
di Emma Henderson


La Tartaruga
trad. M. Premoli
307 pp
Conosciamo la protagonista, Grace Williams, quando ha solo pochi mesi (nel 1947) e la sua narrazione in prima persona di esperienze di vita quotidiana ci rapisce immediatamente e ci fa presagire che quella che ci attende è una  prospettiva franca e genuina, senza peli sulla lingua, tanto più vivace e comunicativa quanto più oggettive e gravi sono le barriere che le impediscono una "vita normale", fatta di relazioni interpersonali, di autonomia nel prendersi cura di sé, di sviluppo di capacità, sogni, desideri.

Grace è affetta da gravi handicap - è spastica, come viene chiamata da coloro che le girano attorno nel corso degli anni - di natura fisica (è anche poliomielitica, ha un braccio rinsecchito e inutilizzabile, la lingua le ciondola di lato, ha una brutta gobba alla schiena) e mentale (ha un grave ritardo, di quelli per cui i medici scuotono la testa decretando: "Non è educabile, è inguaribile, non migliorerà mai". Una sentenza di morte sociale, in pratica).

Trascorre i primi anni in famiglia, sostenuta soprattutto dalla madre, che fa di tutto perché sua figlia possa avere una vita il più  normale possibile. 

Ma la piccola va incontro a crisi sempre più violente, ingestibili, che mettono in difficoltà i genitori, i quali, a malincuore, si arrendono all'evidenza di questa figlia "handicappata" e decidono, quando lei ha undici anni, di affidarla a un istituto psichiatrico. 

Il Briar Mental Institute non è proprio un bel posto: lo capiamo dai primi momenti e ne riceveremo conferma nel corso della narrazione.

Quando i cancelli si chiudono alle sue spalle, per Grace è l'inizio dell'inferno; resterà quasi trent'anni tra quelle mura, dove creature "rotte" come lei, ragazzini senza speranza il cui corpo è tragicamente imperfetto e la cui mente è terribilmente lacunosa, sono costretti a sopportare metodi terapeutici e approcci relazionali da parte del personale assolutamente inadeguati, lesivi della dignità dei fragili ospiti: elettroshock, sofferenze, umiliazioni gratuite, situazioni incresciose di abusi, percosse, punizioni...

Ma inevitabilmente il Briar è anche un luogo che cela in sé una insospettabile vitalità, dove nascono  rapporti di amicizia, gesti di solidarietà e di complicità, scherzi e litigi. 

In particolare, a rendere l'esistenza difficile nell'istituto meno penosa è la presenza di Daniel, un ragazzino epilettico menomato nel fisico (non ha le braccia), che segnerà per Grace una svolta importante. 

Daniel è estroverso, chiacchierone, tenace e romantico, adora Grace ed è premuroso ed affettuoso con lei; diventerà tutto per la piccola Williams: l'amico, il compagno di giochi, il confidente, il primo amore. 

Daniel è un'àncora di salvezza per la protagonista e grazie al dono straordinario della fantasia, la porta via dall'opprimente istituto, in meravigliose città, e le dà una ragione per resistere, per prendersi cura di sé, per imparare ad accettarsi. 

In un luogo cupo, grigio, asettico, anaffettivo come il Briar - dove il personale scarseggia in gentilezza, in premure affettuose, in empatia . un legame sincero e bello come il loro è una stella che brilla nel cielo scuro.

Ed esso ci intenerisce tanto più ci rendiamo conto di quanto orrore possa nascondersi tra quelle mura, dove dovrebbero instaurarsi relazioni di cura, dove questi esserini fragili e malati dovrebbero essere trattati con amore, comprensione, e invece leggiamo scene di abusi e maltrattamenti che ci indignano, ci fanno arrabbiare.

Grace è una protagonista sorprendente attraverso i cui occhi ci scorrono davanti le giornate sue e degli ospiti di questa struttura, e lo è a maggior ragione se consideriamo che ella in realtà non è in grado di parlare fluentemente, anzi; la sua complessa e variegata vita interiore - sentimenti, aspettative, pensieri - cozza con quella da lei concretamente vissuta e percepita nel mondo esterno, dove dagli altri è vista semplicemente come una brutta anomalia vivente, una completa idiota con un corpo da mostro.
Nell'interagire con l'amico e amante, Daniel, è sempre lui che parla, inventa, racconta storie e immagina viaggi ed esperienze; non "sentiamo" la voce di Grace eppure avvertiamo che essa c'è, anche se purtroppo rimbalza contro il muro di un linguaggio che proprio non vuol saperne di uscire da quella sua bocca storta.

Ma, a dispetto di tutto e tutti - delle infermiere scorbutiche, delle insegnanti poco stimolanti, dei dottori irrispettosi e privi di umanità, della famiglia che va a trovarla sì ma, alla fine, sempre al Briar la lascia - Grace scruta, valuta, capisce: dietro quel corpo difettoso, ci sono pensieri eloquenti, osservazioni e ricordi precisi, che ci arrivano con intensità espressiva, coraggio e un'ironia arguta e brillante; non mancano, però, sfumature malinconiche, proprie di chi racconta il proprio vissuto in retrospettiva, com'è il caso di Grace.

Le vicende coprono un periodo di circa trent'anni e attorno a Grace satellitano altri personaggi, da Daniel agli altri ospiti, dalle infermiere ai famigliari.

L'autrice, con schiettezza e autenticità, traduce in parole i silenzi e i borbottii poco comprensibili di questa ragazza speciale, che sente, vede, soffre, ama, spera, e il racconto della sua esistenza ci appassiona perché non c'è vita che non abbia il diritto di essere narrata, anche quando essa viene di sovente, ed ingiustamente, offesa e sminuita.

La Henderson, attraverso la storia di Grace, ha dato voce alla propria sorella maggiore, anch'essa istituzionalizzata per più di trent'anni in quanto affetta da gravi disabilità. 

Un libro che, pur collocando le vicende in un istituto per malati fisici e mentali gravi e mostrandoci come essi spesso venissero (mal)trattati al suo interno, ci parla di vita, speranza, amore, tenerezza, voglia di gridare al mondo "io esisto, sono una persona con un proprio mondo interiore, con dei sentimenti, dei bisogni, non sono la mia malattia, ma molto di più".


venerdì 12 marzo 2021

Anteprima: "CUORI SCORDATI. Alla ricerca delle risonanze d’amore” di Sergio Roca e Paolo Quattrocchi

 

Buonasera, lettori!

Oggi vi segnalo a breve uscirà un romanzo che affronta il tema universale e sempiterno dell’amore, ma con un approccio nuovo, basato su una curiosa teoria e con un tocco di psicologia che non guasta mai.

"CUORI SCORDATI. Alla ricerca delle risonanze d’amore” di Sergio Roca e Paolo Quattrocchi ( Editrice LoGisma, 212 pp, 12,50 €, USCITA: 21 MARZO).

Il libro si può ordinare sul sito della casa

editrice, libroco.it, Amazon, IBS e altre librerie online.


Un amore ai tempi di internet? No, non
esattamente. È l’amore di sempre, ma capita di dover riscoprire quando si è spento, inaridito, frustrato o semplicemente dimenticato.
Anticipiamo i fatti, ma la teoria dei cuori scordati sarà tutta scoprire leggendo: Christine e Linda sono due ballerine appena scritturate per un importante musical, John insegna musicologia all’università.
Sono tutti e tre giovani, vivono a New York ma sono dei “cuori scordati”, cioè hanno perso la sintonia con i propri sentimenti e dimenticato come si fa ad amare sé stessi e gli altri. 

Le loro vite si incroceranno a una conferenza dove si parla di risonanze musicali e amorose.
Poi, durante un movimentato viaggio di lavoro i tre vivranno assieme una serie di incontri imprevisti, sorprese, passeggiate romantiche, balletti improvvisati, ma anche bugie, equivoci, liti furiose e attacchi di gelosia che li indurranno a riflettere e iniziare a “riaccordare” i loro cuori.
Un grave problema di salute però obbligherà i protagonisti a entrare nuovamente in conflitto tra loro fino al colpo di scena finale.


Gli Autori
Sergio Roca, romano, laureato in D.A.M.S. presso l’Università di Roma3, ha iniziato a scrivere già negli anni Ottanta per la radiodiffusione, su argomenti di telecomunicazioni, per la Deutschlandfunk, la B.B.C. e la Radiodiffusione Portoghese. Ha studiato recitazione e si è dedicato al teatro e all’improvvisazione teatrale, occupandosi anche di regia. Dal 2015 collabora, come critico teatrale, alla rivista online liminateatri.it. Nel 2017 ha pubblicato Salvatore Gambardella. Un musicista nella Belle Époque napoletana (LoGisma editore).

Paolo Quattrocchi, romano, laureato in Scienze Politiche, ha lavorato per anni all’estero per l’ICE, Istituto Nazionale per il Commercio Estero. È appassionato del Brasile e delle canzoni brasiliane. Ama il teatro, il cinema, la musica, la danza e l’amore. È autore di numerosi musical e commedie brillanti, vincitori di vari concorsi teatrali. Ha tenuto corsi di scrittura creativa.


mercoledì 10 marzo 2021

Recensione: EREDITÀ di Vigdis Hjorth


Un'eredità da spartire fra tre sorelle ed un fratello diventa l'occasione per lasciare emergere, con irruenza e con conseguenze irreversibili, un dramma famigliare dolorosissimo, su cui è regnato il silenzio per tanti, troppi anni, ma che adesso grida per essere riconosciuto e chiamato col suo nome.



EREDITÀ
di Vigdis Hjorth


Fazi Ed.
Trad. M. Podestà Heir
 374 pp
Non credo di sbagliare nel dire che in 4 famiglie su 5 può succedere che nascano litigi e problemi quando c'è da dividere l'eredità dei genitori tra i figli.
Anche la famiglia al centro di questo romanzo vive una situazione spiacevole, frutto di una decisione ingiusta presa dai genitori in merito ai beni da spartire tra i loro quattro figli.

La protagonista, nonché voce narrante, è Bergljot, cinquantreenne che lavora per una rivista di critica letteraria.
La donna non ha rapporti con la famiglia d'origine da ormai ventitrè anni, fatta eccezione per qualche sporadico contatto con una sorella, Astrid.

È costretta, però, a rivedere i famigliari quando gli anziani genitori fanno testamento: al momento di spartire l’eredità fra i quattro figli, essi decidono di lasciare le due case al mare alle due figlie minori (Astrid e Åsa), mentre Bård e Bergljot, il fratello e la sorella maggiori, vengono tagliati fuori. A loro verrà dato del denaro sulla base del valore degli immobili, che però inizialmente vengono quotati ad un prezzo ridicolo, cosa che fa arrabbiare Bård, che scatena un putiferio e minaccia di tagliare definitivamente i ponti con tutta la famiglia.
 
L'uomo, infatti, vive l'incomprensibile decisione dei genitori come un'iniquità, un’ingiustizia vera e propria, che si ripercuoterà anche sui figli: per quale ragioni le tradizionali case di famiglie non devono essere equamente divise tra i quattro eredi, così che un domani i nipoti possano goderne a loro volta senza alcun tipo di discriminazione?

Se Bård si fa il sangue amaro, Bergljot invece è indifferente a tutta la questione e, per quanto le riguarda, anzitutto non si aspettava nulla dai genitori e, in secondo luogo, mai si sarebbe sognata di pretendere le case al mare.
Come mai?
Questa sua indifferenza verso l'eredità ha a che fare con la decisione presa due decenni prima di troncare i rapporti con la famiglia?

Ovviamente sì..., e la ragione è da ricercare in qualcosa di estremamente doloroso per lei.

Non è un caso che proprio Bård e Bergljot siano stati esclusi dalla divisione delle case.
I due, infatti, non hanno avuto la stessa infanzia delle loro sorelle. 
Bård e Bergljot condividono il più terribile dei segreti.
Qualcosa che è accaduto quando ambedue erano piccoli e che ha stravolto i loro rapporti con i famigliari, in particolare con il padre e la madre.

È successo qualcosa tanti e tanti anni prima, quando Bergljot era solo una bambina; qualcosa di orribile, di indicibile: sono quei segreti sporchi e infamanti che si cerca di non far uscire dalle pareti di casa; pareti che, se potessero, parlerebbero e griderebbero quanto marcio ci può essere in una famiglia apparentemente normale di cui tutti hanno una buona considerazione.

Un marcio che per anni i membri della famiglia hanno rifiutato di sentire, o che hanno esplicitamente negato che sia mai avvenuto.

Immaginate quanto sia forte la sofferenza di una donna che ha fatto esperienza di come la famiglia non sia sempre e per tutti il posto più sicuro del mondo, un nido in cui sentirsi riparati dal male e circondati da amore, protezione, solidarietà..., e inoltre è costretta pure a scontrarsi con l'indifferenza di chi dovrebbe starle accanto, di chi avrebbe dovuto da sempre prendere le sue parti, difenderla, proteggerla, ma non l'ha fatto.

Bergljot non ha mai ricevuto solidarietà: l'indicibile che da bambina le è caduto addosso, condizionando ovviamente l'intera sua esistenza, rischia di essere relegato nel dimenticatoio ed etichettato come "menzogna".

Cosa importa a Bergljot dell'ingiustizia di non ricevere la casa al mare quando lei ne ha subita una ben più grave quando era una creatura indifesa, incapace di reagire in modo opportuno davanti a colui che, invece di cullarla, abbracciarla, amarla, è stato per lei l'orco, il suo peggior incubo?

Se solo le sorelle e la madre dicessero finalmente: "Ti crediamo, Bergljot: ciò che hai vissuto e subito tra le mura della nostra casa è qualcosa di atroce, di agghiacciante, la peggiore delle violenze... Perdonaci, perchè per tutti questi anni abbiamo fatto finta di niente, chiudendo le orecchie e il cuore, non ti abbiamo sostenuta nè abbracciata, non abbiamo asciugato le tue lacrime. Tu ti sei allontanata da noi perchè il solo vederci ti faceva star male, e noi ti abbiamo lasciata andare via, con crudele indifferenza. Perdonaci.".

Se solo loro avessero il coraggio di pronunciare parole come queste..., forse il cuore di Bergljot riceverebbe, seppur tardivamente, quel balsamo di amore e comprensione di cui negli anni avrebbe avuto bisogno per sentirsi meno sola a combattere contro i propri demoni, la propria infelicità. Contro quel trauma infantile che è stato relegato nell'inconscio per anni per poi uscir fuori nel corso di fondamentali sedute di psicoanalisi.

Il passato non può essere modificato, e così pure la sofferenza generata dall'abuso e dall'ossessivo ricordo dello stesso; ma il dolore non può che aumentare davanti alla consapevolezza che chi dovrebbe amarti ed essere dalla tua parte, non ti crede e ti dà della pazza per esserti inventata una brutta storia che, quasi sicuramente, è avvenuta nella tua testa e non nella realtà.

Ci sono libri difficili da mandare giù ed Eredità è uno di questi, ma non fraintendetemi: lo è  perché intriso di immensa sofferenza, di un dolore soffocato che pretende di essere urlato, di un'infelicità che non ha mai abbandonato la protagonista, anzi, come un serpente velenoso ha strisciato dentro di lei, lasciando una scia di ricordi orribili.

Questo è un libro sui traumi e sulla memoria; è un libro che mostra, con realismo, ferocia e in termini emotivamente forti, il senso di disperazione ed esasperazione, la rabbia profonda e impotente di chi si vede prevaricato e calpestato due volte: da colui che ha commesso l'indicibile (e verso cui inevitabilmente si provano sentimenti contrastanti: amore e odio, rivalsa e perdono, insensibilità e pietà) e dai famigliari increduli, che a loro volta si dividono in chi nega a gran voce e in chi "semplicemente" non sa e non se la sente di giudicare (!!).

È un libro che ci pone davanti alla sofferta solitudine di chi non ha mai avuto nessuno a difenderlo e che ha dovuto affrontare i propri mostri con le poche forze che aveva, anche se poi in realtà Bergljot s'è rivelata una donna resiliente e resistente (il che non toglie che il trauma vissuto abbia generato in lei determinati atteggiamenti e pensieri negativi e distruttivi).

L'Autrice ha scritto (pare ci siano elementi autobiografici) una storia ad alto impatto emotivo, che travolge letteralmente il lettore perché è come un grande sfogo che la narratrice si concede, riempiendolo di mille dubbi, interrogativi, sensi di colpa, sentimenti contraddittori, voglia di urlare, pianti, desidero di ricevere almeno delle scuse...
Arriveranno mai?

Vi lascio dicendovi che è un romanzo che lascia addosso dolore, rabbia, si empatizza con la protagonista e con la sua sofferenza, si provano tanti sentimenti non proprio nobili verso i famigliari e ci si sente imbrigliati dal suo fiume di parole ed emozioni, che non lasciano scampo.
Assolutamente consigliato, e aggiungo che probabilmente bisogna essere anche nelle condizioni emotive giuste per leggerlo.


ALCUNE CITAZIONI.


"È la strada dell’infanzia, ('..) a costituire la radice del mio essere . Mi ha infuso una serietà tanto profonda un giorno in cui mi sentivo profondamente abbandonata. Ha cosparso la mia anima di malinconia in una notte intrisa di pioggia. Mi ha scagliato una volta a terra per indurire il mio cuore, poi mi ha risollevato delicatamente asciugandomi le lacrime."


"È la strada dell’infanzia (...) quella che ti ha insegnato a odiare, che ti ha insegnato la durezza e la derisione, che ti ha fornito le armi più potenti. Devi saperle usare con dovizia."


"Non accarezzarsi la propria cicatrice, mettersi tutto alle spalle, uscire da quello stupido ruolo di vittima, non sarebbe stata una vera liberazione?"


"Mio padre era colpevole della mia infelicità, ma l’infelicità era diventata comune a tutti, e non era in mio potere cancellarla."

"È questa la vera, grande tragedia (...), perché quando non puoi dare un taglio netto, non puoi uscirne, non puoi scappare, sei condannato a rimanere e a essere fagocitato."

sabato 6 marzo 2021

Doppia segnalazione *** narrativa storica - thriller psicologico ***


Cari lettori, in questo sabato pomeriggio torno con voi per sottoporre alla vostra attenzione un paio di pubblicazioni, diverse per genere letterario ma a mio avviso interessanti.


Parto dalla prima: "Memoires" Olga I. Korostovetz (1895-1993) - Diario di un'epoca -  di Carlo Gastone.

Si tratta di racconti basati su fatti realmente accaduti, in particolare ruotano attorno alla vita avventurosa della figlia di un diplomatico tsarista di successo, Ivan J. Korostovetz (1862-1932), noto personaggio di una Russia Imperiale, Teocratica e Patriarcale. 
Olga descrive abitudini e usanze locali anche in presenza di personaggi conosciuti in Paesi, quali la Cina, il Giappone, la Mongolia e la Persia. 
Ritrae suggestivi affreschi di vita quotidiana in ambienti molto particolari. Per esempio riporta la descrizione dettagliata dell'udienza con lo Scià di Persia, o del viaggio sul proprio vagone della Transiberiana, appena finita di costruire, da San Pietroburgo a Pechino. 
Narra, inoltre, i cambiamenti epocali a cavallo del ventesimo secolo che vengono da lei vissuti in prima persona e che stanno già ad indicare la fine inevitabile di un periodo storico giunto al suo termine.

L'autore ha avuto l'idea di scrivere questo libro quando, dopo la morte della madre, ha ritrovato una vecchia valigia appartenuta alla nonna. Questo bagaglio conteneva documenti ed oggetti personali salvati dalla rivoluzione bolscevica nel 1917 quando Olga era venuta in Italia per sposarsi a Roma nel 1916 con un ufficiale della Marina Militare Italiana; tra i vari certificati, fotografie e manoscritti rinvenuti (appartenuti al bisnonno), figuravano alcuni quaderni che riportavano le sue memorie elaborate in francese. 

L'autore ha condotto diverse indagini, durate circa 3 anni (coinvolgendo 3 ricercatori universitari rispettivamente in: Mongolia, Russia e Israele e altri professori italiani di chiara fama oltre al noto slavista Piero Cazzola), sulla figura del suo bisnonno Ivan Jacovlevich Korostovetz (padre di Olga), e ha deciso di tradurre lui stesso il testo e di far pubblicare le memorie della nonna Olga.

Sinossi (da Pathos Edizioni):

Nel diario di Olga I. Korostovetz, figlia del diplomatico Ivan Jakovlevic Korostovetz, riportato alla luce dal nipote Carlo Gastone, scopriamo oltre ai successi già ottenuti nel 1905 col trattato di pace a Portsmouth nella guerra russo-giapponese, anche i protagonisti dell’evoluzione di Russia e Mongolia, attraverso la narrazione di una vita quotidiana colma di grandi eventi che hanno modificato l’assetto politico dei due paesi.
Ivan Jakovlevic Korostovetz (1862-1932), bisnonno di Carlo Gastone, fu un diplomatico russo, che ebbe l’Asia come oggetto di maggiore interesse del suo “cursus honorum”. Già negli anni 1890-94 lo troviamo in Cina con la funzione di secondo segretario della legazione russa a Pechino.
Dopo la rivoluzione di ottobre, nel 1917, quando era un membro provvisorio della Duma a Pietrogrado si rifiutò di collaborare con i bolscevichi.
Ha vissuto in esilio in Finlandia, Cina, Germania e Francia per poi morire a Parigi.
Dal matrimonio con Aleksandra V. Gordanov ebbe 3 figli, Flavius, Vadim, Olga.


L'autore.
Carlo Gastone nasce nell’agosto del 1950 a Johannesburg, Repubblica del Sud Africa.
Di origini italiane, proviene da una famiglia internazionale, sia per origine che per ambiente.
Le vicende della vita lo portano a viaggiare moltissimo ed a risiedere in differenti paesi e città: dall’Avana (Cuba) dove ha vissuto prima, durante e dopo la rivoluzione, a New York (Usa), a Lagos (Nigeria) e a Słupsk (Polonia) dove ha lavorato con diversi incarichi manageriali.
Oggi risiede a Torino e si dedica a sviluppare svariati interessi tra cui quello di ricostruire la storia e la genealogia della propria famiglia, andata dispersa a causa degli eventi bellici e rivoluzionari.
L’amore e la passione per sua nonna Olga lo hanno spinto a riportare alla luce le affascinanti “Memoires”, che includono importanti eventi storici a cavallo del 900.


******


La seconda segnalazione è un thriller con una storia intricata e personaggi dalle molte sfaccettature.

Corpo estraneo
di Stefania Sperandio

Autoprodotto
439 pp
Manuela Guerra ha ventidue anni e lavora come stagista per una testata giornalistica, quando al suo rientro a casa viene aggredita da un misterioso sicario che la sequestra e la finisce con una pistolettata alla testa. Nel piano dell’omicida c’è solo un imprevisto: Manuela sopravvive. 
Otto mesi più tardi la ragazza è ancora viva, ma l’incubo di quella notte non è terminato.

Stefania Sperandio offre ai lettori un thriller tutto italiano, capace di incatenare alle pagine e tenere alta la suspense fino all’ultimo capitolo. Un romanzo in cui il confine tra il bene e il male, a volte, è solo una questione di prospettiva.


Estratto:

Manuela sentì le gambe tremare più violentemente a quell’aggressione e ricacciò il pianto che le faceva saltellare il respiro.
«Fai la brava e andrà tutto bene.»
«Prendi i soldi, la borsa, non sono ricca, non ho tanto, prendi quello che vuoi.»
«Non voglio soldi.»
Non voglio soldi.
Non voglio soldi.
Quella risposta terrificante, che escludeva l’opzione forse più rassicurante – è solo una rapina – le rimbalzò in testa come una sentenza.
«Non farmi male» fece, con un filo di voce, chiudendo gli occhi. «Per favore, non farmi male.»
«Stai zitta» si infastidì lui. «Adesso vieni con me.»
Manuela rimase incerta, immobile, le mani alzate premute contro la porta, il braccio sinistro di lui, piegato, che premeva tra la nuca e la testa per tenerla ferma.
«Se urli ti ammazzo» le ricordò, «devi stare zitta.»
La ragazza non osò fiatare e strinse gli occhi più forte che poteva, iniziando a temere di non essere stata troppo pessimista. Per un attimo, le sembrò di sentire Marco dirle una cosa che, invece, non era proprio da lui: te l’avevo detto, io, di non rientrare da sola di notte.



L’autrice.
Stefania Sperandio nasce in Sardegna nel 1989. Ha conseguito la Laurea in Scienze della Comunicazione presso l'Università degli Studi di Cagliari e la Laurea Magistrale in Televisione, Cinema e New Media presso l'Università IULM di Milano. Ha sempre coltivato l'amore per i libri e per la narrativa, esordendo da giovanissima con una trilogia di thriller psicologici. Oggi è caporedattrice di uno dei maggiori siti dedicati allo studio dell'intrattenimento elettronico e continua a scrivere romanzi per lasciare che i suoi personaggi le insegnino qualcosa.

CONTATTI

giovedì 4 marzo 2021

Recensione. "Manuale di Sopravvivenza. Come liberarsi dalla trappola del narcisista, quando l’arma sono i figli" di Ambra Sansolini




Quando una donna (e madre) decide di mettere la parola fine ad una relazione con un compagno violento (sotto diversi punti di vista), non di rado, purtroppo, accade che questa decisione coraggiosa venga presa male dal partner, che si vede messo all'angolo, cosa che non può assolutamente sopportare.
È frequente, in questi casi, che egli - da narcisista patologico qual è - metta in atto una forma subdola di violenza sull'ex, facendo leva in particolare sui figli. 
Come salvarsi da una morsa cosi stretta e terrificante? 
Questo piccolo manuale offre consigli pratici su come affrontare la comunicazione tossica col carnefice per sfuggire alle sue innumerevoli trappole, volte sempre a terrorizzare e colpevolizzare la donna.


Manuale di Sopravvivenza.
Come liberarsi dalla trappola del narcisista, quando l’arma sono i figli
di Ambra Sansolini



100 pp
Il presente volume è stato scritto da Ambra Sansolini, giornalista e amministratrice del sito www.violenzadonne.com, dedicato al fenomeno della violenza sulle donne sotto ogni punto di vista: psicologico, sociale, giuridico e culturale.

Attraverso questo manuale, l'Autrice si propone di fornire alle sue lettrici, che si ritrovano a vivere situazioni complesse e difficili con un ex dalla personalità narcisista patologica, un valido aiuto per individuare i meccanismi perversi attuati dall'ex e che potrebbero continuare a condizionarla e a renderla infelice e vittima.
È difficile affrancarsi da un ex perverso o psicopatico, ma - assicura la scrittrice - è un processo non soltanto necessario ma catartico, che permetterà alla donna di non essere più una preda ma di acquisire nuove consapevolezze su se stessa, sui propri limiti e fragilità, ma ancor più sui propri punti di forza, che nessun ex marito malvagio e sadico deve permettersi di calpestare e umiliare.

È un manuale di agevole lettura, davvero molto interessante, che chiarisce il modus operandi da tenere per neutralizzare i colpi dell'ex partner carnefice, che non sopporta l'idea che colei che egli considerava una sua proprietà possa rifarsi una vita senza di lui ed avere un'indipendenza sociale ed economica.

Un essere così cosa farà se non usare i figli in comune per far del male alla donna?
 
La Sansolini riporta diversi esempi pratici di dialoghi scritti tra la preda e l'offender, analizzandoli e ponendo in evidenza le sottigliezze, i messaggi nascosti e sempre manipolatori e umilianti che si celano dietro le parole infide e false di lui.

Purtroppo non è affatto infrequente che, quando una donna lascia il proprio partner psicopatico e avvezzo a violenze fisiche, psicologiche e verbali, questi pretenda sfacciatamente di vedersi garantiti i propri diritti di padre presente per i figli, anche se in realtà non è mai stato davvero attento e premuroso ma utilizzi meschinamente gli stessi per ricattare l'ex.

L'Autrice, nel dare consigli, porta esempi realistici (frutto di episodi a lei noti) analizzando eventuali errori di comunicazione della donna e soprattutto gli atteggiamenti infami e crudeli dell'uomo, come il voler sminuire la ex, facendola passare per pazza, o il sottolineare come lui abbia una buona reputazione in società e che lei sia la frustrata che si inventa cattiverie subite che non esistono.

Il testo fornisce indicazioni molto concrete e pratiche su come reagire e su come rispondere nelle varie situazioni in cui emerge la natura sadica e manipolatrice dell'offender.

Uno dei consigli è, ad es., quello di evitare troppe comunicazioni col carnefice, un manipolatore ambiguo che cerca solo di tenere soggiogata l'ex compagna/moglie, sottolineando come lei non sia in grado di prendersi cura dei figli in modo idoneo.

Ci si sofferma anche sulle pecche della legge italiana in materia di affido condiviso e di come, pur di non penalizzare nessuno dei due genitori, alla fine lo si faccia eccome..., e non solo: a pagare di più è quasi sempre il genitore vittima, la donna, che può ritrovarsi sola davanti a una legge che sembra remarle contro.

Ancora, vi sono suggerimenti su come gestire i colloqui in presenza degli assistenti sociali, per cercare in tutti i modi di non apparire la parte conflittuale, il genitore cattivo che vuol negare al povero padre il suo diritto di esercitare il proprio ruolo e dimostrare amore e cura per la prole.
È bene, tra le altre cose, che quando si è costrette ad interagire col padre dei propri figli, gli si diano risposte il meno emotive possibili, usando magari il sarcasmo o fingendo di assecondare le richieste (assurde e irrazionali), insomma evitando di rispondere con foga, istintivamente, con rabbia, perché l'offender questo vuole e di questo gode: provocare sentimenti e reazioni di ira nell'ex, così che possa tirar fuori condotte e parole "negative" di cui lui possa lagnarsi davanti a Servizi Sociali o in Tribunale.

La giornalista ha scritto un testo che, a mio modesto avviso, contiene "istruzioni" davvero molto concrete e valide, adatte ad incoraggiare le donne che si trovano in questa situazione complessa e frustrante, affinchè riconoscano con chi hanno a che fare, quali armi perverse vengono utilizzate contro di lei, quali tipi di ricatti emotivi, psicologici, economici ecc..., e come fare per non soccombere, ma anzi per rinascere più consapevoli e più forti. Per il proprio bene e anche per quello delle povere ed innocenti creature coinvolte in questa conflittualità.

Ho apprezzato molto il voler mettere l'accento sul fatto che anche se il percorso verso la libertà,  intrapreso da una donna che - vittima di un uomo maltrattante e patologico - decida giustamente di tranciare questa relazione tossica e di riappropriarsi della propria vita, sia costellato da lacrime, delusioni, paure, ansietà..., esso meriti di essere portato avanti perché c'è la possibilità di uscire fuori dal tunnel; saranno necessari coraggio, forza di volontà, determinazione..., ma ne varrà la pena, perché “sopravvivere a un uomo simile fa sicuramente, di noi, donne più forti e sicure."

Ringrazio di cuore l'autrice Ambra Sansolini per avermi dato modo di conoscere questo suo breviario col quale dire alle donne che hanno avuto la sfortuna di imbattersi in soggetti narcisisti: non siete sole e il vostro destino non è quello di essere vittime, bensì di rinascere, più forti e più luminose.


martedì 2 marzo 2021

Recensione: VOLER BENE IN SEGRETO di Domenico J. Esposito

 

Il protagonista di questo breve romanzo è un giovane uomo che sta vivendo un periodo della propria vita piuttosto triste, in cui a predominare sono sentimenti di solitudine, insoddisfazione, inutilità, che rischiano di gettarlo in uno stato di apatia e frustrazione dal quale deve trovare la forza di venir fuori per tornare a sorridere.



VOLER BENE IN SEGRETO
di Domenico J. Esposito

Eretica Ed.
107 pp
14 euro
Efrem Lettieri ha perso il lavoro e l'avere più tempo a disposizione lo porta a dedicarsi alla grande passione della sua vita: la musica.
Fa parte, infatti, di una band, assieme agli amici di sempre - Franco, Agostino e la cantante Stella.

Ma nonostante faccia ciò che più ama, il presente di Efrem è pesante perché a renderlo tale è quella cappa di malinconia e di solitudine che non lo molla un attimo e dalla quale rischia seriamente di farsi schiacciare.

Efrem è un ragazzo che tende a chiudersi in se stesso, a rimuginare su errori propri o su eventi, fatti e persone del passato che gli hanno procurato amarezze, dolori e delusioni; è facile che, quando si sente nervoso, incompreso e solo, afferri una birra e provi a dimenticare la propria infelicità e il proprio "mal di vivere" alzando il gomito, ma, si sa, i risvegli - dopo una sbornia - non solo sono spiacevoli, ma lasciano ancora di più addosso la sensazione di inadeguatezza e di fallimento.

Efrem sa di avere non pochi amici attorno a sé, eppure avverte un'inquietudine e un malessere che lo fanno star male sino alle lacrime, sente di aver perso l'amore della propria vita - Dorena -, e adesso che il passato bussa alla porta del presente, egli si ritrova in balia di ricordi dolorosi, che rischiano di isolarlo, di renderlo pieno di livore e di privarlo della serenità.

Un giorno, infatti, sul suo cammino si trova nuovamente di fronte ad una persona che in passato gli ha fatto perdere le staffe: Crescenzo, un giovane conosciuto anni prima, quand'era giaà un assistente universitario e a causa del quale Efrem fu cacciato dall’università.

E con chi è fidanzato attualmente Crescenzo? Con la dolce Stella, una ragazza sensibile  cui Efrem è molto legato  e per la quale non solo prova un affetto sincero, ma desidera proteggerla.

Sì, perché egli è convinto che Crescenzo, così sicuro di sé, arrogante, sarcastico e strafottente, stia solo prendendo in giro Stella e che si stia in realtà vendicando di Efrem stesso.

Tra i due, in effetti, in passato c'è stata un po' di maretta e tutto per una donna, Dorena, di cui Efrem è stato innamorato. 
Tra i due è finita, però, a causa dei comportamenti instabili di lei, che hanno fatto soffrire non poco Efrem, il quale infatti si porta dietro un carico di paranoie ed insicurezze che non gli fanno bene, anzi!

I personaggi di questo breve romanzo incarnano, in un modo o nell'altro, il concetto espresso dal titolo: non sanno esprimere il bene che provano, lo tengono sigillato dentro di sé e questo rischia di togliere loro la gioia di condividere sentimenti, paure, desideri, ambizioni. La mancanza di condivisione non può che far sentire soli!

" voleva bene a tutti, ma non lo avrebbe mai detto a nessuno, alcune persone non lo dicono, lo dimostrano con i gesti; certe persone, le più profonde, sanno soltanto voler bene In segreto".

Attorno al protagonista ruotano i suoi amici, anch'essi con le proprie problematiche, ma del resto... è la vita stessa ad essere così, costellata ora di gioie e soddisfazioni, ora di dolore e delusioni.
Tra essi spicca lo scrittore Donato, un uomo scoraggiato (non riesce a farsi pubblicare ciò che scrive), che prova anch'egli una grande solitudine e stanchezza mentale, ma la passione per la scrittura - come quella per la musica per Efrem - potrebbe essere la sua vera àncora di salvezza. Ci si aggrapperà?

Efrem deve scrollarsi di dosso fragilità, pensieri negativi, ricordi che lo fanno star male e lo tengono ingabbiato in una pericolosa spirale di autocommiserazione, e deve imparare ad accogliere il bello che la vita offre, aprendo gli occhi (del cuore) per rendersi conto di una realtà semplice ma per nulla scontata: non è solo! Nonostante la sua convinzione di non essere capito e amato come vorrebbe, i suoi amici sono - pur con i loro difetti e bizzarrie - lì, accanto a lui, pronti a dimostrargli che in realtà egli non è mai stato solo: piuttosto, è lui, Efrem, che deve riscoprire il valore della compagnia e della fiducia negli esseri umani e in se stesso.

Ma perché questa consapevolezza giunga, deve definitivamente buttarsi una volta per tutte il passato alle spalle e andare finalmente avanti per la sua strada.

Il libro di Domenico Esposito ci presenta una storia che, scritta con un linguaggio semplice ed immediato, rispecchia, in modo verace, i malesseri e le inquietudini di uomini e donne giovani tutt'altro che perfetti, anzi, molto insicuri e pieni di problemi e, proprio per questo, realistici. Gente comune, che non ha nulla di eroico in sé, che deve affrontare difficoltà quotidiane, come mancanza di lavoro, problemi mentali, scoraggiamenti che frenano sogni e speranze, errori che ancora si fanno sentire attraverso i sensi di colpa.

È una storia di amicizia, amori tormentati, fragilità emotive, rimpianti, paura di esprimere sentimenti, vendetta, perdono (da dare agli altri ma anche a se stessi), talenti da coltivare e sogni da inseguire perchè diventino realtà. Si arriva al finale con un sorriso di fiducia e ottimismo e con la sensazione che, per quanto ci si possa sentire sbagliati, inadeguati, impreparati davanti alla vita, essa è in grado di sorprenderci sempre e di regalarci gli amici giusti perché possiamo crescere ed essere persone migliori.

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