Il protagonista di questo "romanzo nel romanzo" è Donato, un giovane scrittore che prova in tutti i modi a inseguire il proprio sogno: vivere del proprio talento di scrittore. Riflessivo, solitario, taciturno, dalla personalità complessa, il romanziere deve fare i conti con la propria scrittura e con gli effetti che quest'arte ha sulla propria esistenza e, paradossalmente, anche su quella di chi gli è attorno.
IL ROMANZIERE
di Domenico J. Esposito
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Eretica Edizioni 163 pp |
Scrivere dei libri e rendersi conto che poi le cose immaginate accadono realmente alle persone: il sogno proibito di ogni scrittore?
Forse... o forse no, se quello che viene messo su carta non è sempre lieto!
Donato Bratti (chi, come me, ha letto
"Voler bene in segreto" ha già avuto modo di conoscerlo un pochino) è un giovane scrittore in crisi.
Egli sente di avere un gran talento come romanziere, prende spunto dalla realtà in cui vive (un paese nel beneventano) per buttare già su carta storie di gente comune, come lui.
Eppure... il successo tarda ad arrivare e la consapevolezza che i suoi libri stiano avendo uno scarso seguito lo fa sentire un fallito, privandolo della gioia e della serenità per affrontare il quotidiano.
Anche se le presentazioni dell'ultimo libro non mancano - certo, a volte in libreria interviene pochissima gente, altre volte ce n'è un po' di più -, Donato è insoddisfatto, depresso, a pezzi emotivamente; a ciò si aggiunge che non si sente capito da nessuno, soprattutto quando è costretto a rispondere sempre alle solite, banalissime e superficiali domande, del tipo "Ma riesci a campare di scrittura? Non sarà il caso che ti cerchi un lavoro vero?", "Stai scrivendo un nuovo libro? Quando esce?", "Nei tuoi libri il protagonista è basato su di te, vero?".
Insomma, il povero Donato è un eterno pesce fuor d'acqua in una società che egli giudica superficiale, egoista, individualista, e a un tipo come lui - che ama guardarsi dentro, osservare le persone per capirne intenti, pensieri, che non si accontenta delle chiacchiere vuote e sciocche, delle domande fatte per pura educazione ma prive di un reale interesse umano per l'altro, che detesta essere giudicato ed etichettato come un asociale dalla vita noiosa, con la testa tra le nuvole e alienato dal mondo - non resta che continuare a credere nonostante tutto nel proprio sogno di poter un giorno davvero sfondare con i propri libri, avendo così la sua personale rivincita contro chi non crede nelle sue capacità e lo giudica uno sfigato solitario.
Donato è ben consapevole di essere davvero un tipo particolare, che ad es. non esita a mostrare insofferenza quando è in compagnia di un interlocutore che blatera sciocchezze per una serata intera, o che ha enormi difficoltà a socializzare con persone che non conosce.
In special modo, sa di non avere il coraggio di avvicinare né tanto meno corteggiare una donna che gli piace.
Non ha chissà quante care amiche, ma quelle che ha (l'intelligente e perspicace Isabella o l'allegra Ramona) gli bastano e dal rapporto con loro - seppur non costante - prende il buono che un'amicizia disinteressata sa dare; quando, però, il suo sguardo incrocia per caso quello della bella Gloria, lo scrittore sente nascere dentro di sé la voglia di conoscerla.
Ma gli manca il coraggio di presentarsi e quando vede la ragazza per strada o al bar, l'ansia sale e lo frena dall'agire.
Sarebbe bello se nella realtà accadesse come nei suoi libri, dove gli basta scrivere una frase, immaginare una scena... ed essa ovviamente viene vissuta dal protagonista senza alcun problema.
Ma la vita non è né un un romanzo né un film, e non basta mettere su carta una frase bella perché essa si verifichi nella vita reale.
O forse sì?
A un certo punto, a Donato sorge un sospetto assurdo: possibile che egli abbia dei poteri soprannaturali?
Eh già, perché alcuni avvenimenti narrati nei suoi romanzi prendono veramente forma e purtroppo anche in senso negativo...
Quando si verifica un evento spiacevole a una persona che neppure conosce, Donato sente di esserne il responsabile in quanto egli l'aveva scritto precedente nei suoi racconti, per quanto con qualche dettaglio differente.
Quindi la disgrazia è colpa sua?
E se provasse a metter mano al racconto incriminato e a modificarlo per "salvare" il malcapitato?
Il presunto potere sembra avere effetti positivi nella vita reale della persona coinvolta, e questo getta lo scrittore nella più totale confusione: ma è lui che sta impazzendo nel credere che veramente quel che scrive possa verificarsi o possiede sul serio questa capacità paranormale?
E se provasse ad utilizzare tale dono incredibile per scopi più personali, dando una mano ad una sorte a volte capricciosa?
Non è facile per il romanziere accettare una tale sorprendente (e inquietante!) scoperta, perché egli si considera uno scettico, una persona estremamente razionale, poco incline a credere a superstizioni o in qualsivoglia divinità superiore che controlla le vite degli esseri umani; eppure, gli strani avvenimenti sembrano smentire le sue convinzioni, il che rischia di confonderlo e avvicinarlo pericolosamente sull'orlo della follia.
Saprà Donato Bratti sfruttare a proprio vantaggio quelle che potrebbero essere solo delle sinistre coincidenze, per ritrovare una nuova linfa vitale per la sua attività di scrittore e, cosa più importante, lasciarsi andare alla vita senza avere più paura di fare un passo verso gli altri?
"Il romanziere" è un metaromanzo che ruota attorno alle innumerevoli difficoltà incontrare da uno scrittore che quotidianamente insegue i suoi sogni nonostante non sempre quest'affascinante talento sembri ripagare di tutti i sacrifici.
È anche un romanzo psicologico perché in larga parte segue il flusso di coscienza del giovane scrittore, il quale ha un ricco mondo interiore che egli riversa nei suoi mille pensieri, nelle notti insonni, nelle lacrime di frustrazione o paura, nel suo balbettare o chiudersi davanti ad una donna, nel sopportare le solite ovvietà trite e ritrite pronunciate con leggerezza da amici e conoscenti, che proprio non riescono a cogliere la sua vena artistica, nel suo perdersi in ragionamenti, domande, timori, che fanno di Donato Bratti un personaggio molto sfaccettato e complesso, pieno di fragilità ma altresì di risorse.
Come Efrem nell'altro (e succitato) libro dell'Autore, anche Donato deve sforzarsi di non soccombere davanti allo scoraggiamento, al malessere che prova nel sentirsi incompreso e non accettato per quello che è, e capire che non ci vogliono i super poteri per vivere ed avere successo nella vita: gli basta nutrire un pizzico di fiducia in se stesso, sorridere, godere delle piccole cose che capitano giorno per giorno e rendere la propria vita un romanzo tutto da scrivere... vivendola appieno.
L'Autore ci presenta il variegato e complicato universo interiore di un giovane uomo che deve imparare il difficile mestiere di vivere, prima ancora di quello di romanziere, e lo fa con una scrittura diretta ed immediata, che affianca dialoghi semplici e realistici al vortice di pensieri e riflessioni del protagonista, rendendo così la lettura scorrevole e profonda insieme,