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Per la RC del mese di gennaio devo scegliere, come leggete nell'immagine, un libro tra:
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Inauguriamo il mese di gennaio con delle poesie a tema gennaio, inverno, freddo, neve.
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Carissimi lettori, un nuovo anno è entrato da poche ore; tutti ci auguriamo che ciò che sarà o potrebbe essere sia meglio di ciò che è stato.
Ma a prescindere dai buoni propositi dichiarati, pensati, sperati, sospirati..., la verità è che possiamo programmare ben poco e che il fattore imprevedibilità, le incertezze, i problemi, le sorprese belle e brutte..., possono essere dietro l'angolo e prevederle non sempre è possibile.
Possiamo solo predisporci per affrontare ogni cosa che ci capiterà con serenità, impegno, tenacia, coraggio, pazienza, fede, speranza, insomma con tutte le virtù utili e necessarie a vivere giorno per giorno ("a ciascun giorno il suo affanno", dice Gesù) in modo da trarne gioia, amore, più libertà, più giustizia, più altruismo, più onestà... Ognuno sa cosa dà senso alla propria vita e per cosa valga la pena resistere, insistere, combattere, piangere, pregare. Vivere, in una parola.
Non sono brava a far discorsi, per cui concludo semplicemente augurando a chiunque passi di qui un sereno anno nuovo, che per innumerevoli aspetti sarà uguale al precedente, in altri forse diverso, ma in ogni caso vi auguro sia migliore.
Questo post è per tirare le somme del mio 2022: quali sono le letture più belle che mi hanno accompagnata nel corso dell'anno che stiamo per lasciarci alle spalle?
In QUESTO POST avevo decretato i libri più belli della prima metà dell'anno; vediamo com'è proseguita la seconda metà!
Alessia Gazzola
Flannery O'Connor
Mahmud Darwish
Fabio Bacà
Sally Rooney
Ed. Garzanti 192 pp 16.40 euro |
"...il punto è che io le idee chiare ce le ho, alla fine. Io voglio una vita piena di piccole cose belle".
"Ecco io sono quella conoscente ... che si adatta a tutto (...) Non mi chiedo cosa ne sarà di me, non mi importa costruirmi mattone su mattone una stanza tutta per me che alla fine si rivelerà una cella. Io sono una mina vagante, rifiuto l'ordine come stile di vita e le imprimo una direzione seguendo la scia di un dolce profumo."
"...penso che poi non serva molto altro per essere felici... Qualunque difficoltà si ridimensiona se si ha al proprio fianco qualcuno simile a noi".
"C'è chi trova la pace nelle discipline orientali, io la trovo nel laborioso e sfiancante procedimento di impasto dei cornetti".
Erickson Ed 64 PP 13€ |
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"Lo siamo tutti. Ci sono momenti che rendono assassini tutti noi.
Non siamo mostri in gabbie che vanno osservati, giudicati, raccontati come se fossimo un'altra specie: siamo l'uomo comune in una brutta giornata.
Si possono aprire voragini nelle vite più ordinarie e inghiottire chiunque.
Nessuno è al sicuro della sue azioni peggiori."
Davvero una serie bella, che tiene incollati fino alla fine. La consiglio e spero ci sia la seconda stagione!
«Ti chiamavano sognatore perché hai sempre fabbricato ali, invisibili agli occhi degli adulti, per le parole.».
Poeta tra i migliori del Novecento e, senza dubbio, colui che ha dato voce al popolo palestinese, che ha fatto della scrittura un mezzo per parlare delle sofferenze sue e dei suoi connazionali, Mahmud Darwish è stato "testimone eloquente dell'esilio e dell'appartenenza" (Naomi Shihab Nye).
Nato nel 1941 nel villaggio di al-Birwa, che fu distrutto dalle forze israeliane nel 1948 quando fu formato lo Stato di Israele, Darwish fu testimone dei massacri che costrinsero la sua famiglia a fuggire in Libano; quando un anno dopo essi ritornarono da clandestini in patria, furono considerati dei «‘presenti assenti’ perché non avevamo diritto a nulla.»
«Eccoci di nuovo in Palestina. Dunque era, quello, il ritorno. Non potevamo sapere che da profughi in Libano ci saremmo trasformati in profughi in patria. Non potevamo sapere che la nostra presenza fisica in patria sarebbe diventata assenza nella legge imposta dagli invasori in tutta fretta. (...) Che cos’è più doloroso: essere profugo in un’altra terra o nella tua?»
Ed. Feltrinelli E. Bartuli (a cura) trad. R. Ciucani, E. Bartuli 4167 pp 12 euro |
Nei suoi scritti (in versi e no) vediamo formarsi l'immagine del palestinese non più e non solo come eroe e vittima, ma ancor prima come essere umano che desidera e ha diritto, come ogni uomo, ad una vita normale, semplice, ordinaria.
"Abbiamo nostalgia di esercitare la nostra umanità in un posto che sia nostro.(...) La differenza tra paradiso perduto nel senso assoluto del termine e paradiso perduto nel senso palestinese risiede nel fatto che la nostalgia e l’appartenenza psicologica e giuridica nel primo sono privi della dimensione conflittuale del secondo. Finché dura la battaglia, il paradiso non è perduto, anzi è occupato e riconquistabile."
Ritorna di sovente sul concetto di patria: patria è la tua identità, è la tua vita; è il desiderio di morire per recuperare terra e diritto.
"Non gli è bastato impadronirsi di tutto. Vogliono impadronirsi anche del tuo senso di appartenenza per diventare la realtà tra te e la patria."
La patria non è solamente un luogo geografico, ma anche uno stato interiore ("Né gli alberi sono solamente alberi, ma costole d’infanzia e pianto colato dalle punte delle dita"), è custodire la memoria, quella memoria palestinese che i sionisti si sono prefissi di combattere e seppellire per sostituirla con la memoria ebraica, israeliana, basata sulla rivendicazione del diritto della terra di Palestina ed incapace di riconoscere il diritto altrui e di apprezzarne il senso della memoria.
"Gli israeliani rifiutano di convivere con la memoria palestinese, rifiutano di riconoscerla".
Darwish scrive che alimentare la memoria israeliana ha avuto da subito un intento politico ben preciso, dopo la seconda guerra mondiale e la tragedia immane dell'Olocausto: convincere gli israeliani che la minaccia dello sterminio non era un ricordo, anzi era ancora presente, per cui per evitare altre persecuzioni e poter vivere in sicurezza, era necessario tornare e rifugiarsi in “terra d’Israele”; in pratica, sostiene il poeta, ai palestinesi e a qualsiasi altro arabo è stato "imposto "di pagare il prezzo di crimini che non hanno commesso, come una sorta di "risarcimento dell’Olocausto".
Ma in realtà svuotare di arabi la Palestina, lungi dall'essere frutto di una misura d’emergenza dettata dalle circostanze, è stata una precisa strategia sionista già da prima della creazione dello stato di Israele.
Darwish parla anche di resistenza e lotta: la patria stessa è lotta e non puoi non combattere per ciò cui appartieni e che ti appartiene.
Ripercorrendo la storia di come è sorto lo stato d'Israele e della conseguente Nakba per i palestinesi, il poeta rammenta episodi drammatici come il massacro Sabra e Shatila o quello di Kafr Qasim: "gli abitanti di questo villaggio, calpestato e ignorato, non hanno mai fatto niente per suscitare la rabbia di qualcuno (...) sono morti per accrescere il nostro odio contro l’oppressione e l’usurpazione, per accrescere la nostra devozione alla terra. (...). Per cosa sono morti dunque? Non per noi, ma per gli assassini. Per far sentire i sionisti capaci d’interpretare nella storia un ruolo diverso da quello di vittima. Per dimostrare loro che possono provare piacere a uccidere. “O sei l’assassino o sei la vittima.” Questa è la scelta obbligata che si sono trovati davanti."
Darwish denuncia, quindi, i crimini commessi da Israele contro i civili arabi, azioni che costituiscono la prassi della peggiore tradizione sionista.
Eppure, di massacro in massacro, il suo popolo va comunque avanti, si moltiplica in mezzo alle macerie, alza il braccio nel segno della vittoria, aggrappandosi alla patria con le unghie e con i denti.
La poesia è stata per Darwish un mezzo per dire la verità, per rispondere agli invasori, per nutrire e tener vivo l'amor patrio.
E se è vero che la lingua costituisce un elemento fondamentale dell'identità di ogni persona, allora lui non può che servirsi della propria lingua - quella parlata in Palestina -, l'arabo, per mantenere la propria identità nazionale: la lingua come una "casa" non solo per i palestinesi, ma anche per tutte quelle persone nel mondo che sono esiliate, sfollate o alienate.
L'esperienza personale dello scrittore si identifica con quella del suo intero popolo, raggiungendo però anche una valenza universale.
È un libro intenso e denso, pieno di metafore (legate agli elementi naturali) e immagini poetiche che si rifanno all'Antico e dal Nuovo Testamento, alla letteratura araba classica; c'è una continua interazione tra narrativa e discorso lirico; l'autore utilizza ampiamente la forma del dialogo e di immaginarie conversazioni, il che contribuisce a coinvolgere a livello empatico il lettore; le parole sono il veicolo privilegiato per esprimere sentimenti e pensieri, e attraverso la raccolta di memorie autobiografiche di questo straordinario scrittore e poeta ci arriva il grido di ribellione di un intero popolo, la sua resistenza contro l'oppressione, le continue frustrazioni di un'esistenza costantemente sotto assedio e sotto occupazione, il racconto della perdita e di un dolore intensi e strazianti.
Una lettura impegnativa ma necessaria, che vi consiglio.
« La Palestina resta la tua patria. È una carta geografica, un massacro, una terra, un’idea. È la tua patria. Nessun pugnale riuscirà a convincerti che è loro.»
«Nessuno riuscirà a nasconderti il dolore, che si vede, si tocca, si sente come il sonoro infrangersi del luogo. Eccoti qui con noi a guardare il dolore che, in un colpo solo, ci saccheggia di tutto e si sfila sadico da noi come la lama di un coltello, poi si siede sulla sponda opposta del fiume, barriera divenuta parola pietrificata. Il dolore trascorre le notti assieme a noi, ululando da lontano come le sirene: “Venite da me, venite”. Noi non andiamo né torniamo. In questo giorno maciullato dai cingoli del carro armato, non abbiamo più bisogno di miti: quel che accadeva in essi, ora, accade a noi. Chi racconterà la nostra storia? Di noi che camminiamo sopra questa notte scacciati dal luogo...»
Qual è il tasso di disoccupazione femminile in Italia?
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Nel nostro Paese solamente 1 donna su 3 ha un lavoro regolarmente retribuito e, secondo le statistiche del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, nel 2021 l’occupazione era pari al 49%. Il tasso di occupazione degli uomini invece è molto più alto.
La pandemia non ha fatto che peggiorare questa condizione, portando moltissime donne a perdere il proprio posto di lavoro; tuttavia la causa principale è che ancora oggi alla donna viene attribuito il ruolo di madre e casalinga.
Quant’è il divario di genere fra uomo e donna nel lavoro?
Il Global Gender Gap Report del 2022, nell'analizzare il divario di genere fra uomo e donna nel mondo, ha preso in considerazione 4 fattori:
1. Partecipazione economica e opportunità
2. Istruzione
3. Salute
4. Politica
Tra i 146 Paesi inclusi in questo studio, l’Italia si posiziona 63esima, con un peggioramento rispetto all’anno precedente.
Se invece consideriamo solamente i fattori economici e le opportunità presenti per le donne nel mondo del lavoro, allora il nostro Paese scende ulteriormente di moltissime posizioni, classificandosi nientemeno che al 110° posto.
Per prima cosa si è notato che all’aumentare del numero di figli aumenta anche il tasso di disoccupazione, e questo non dipende solamente dalla decisione, da parte di numerose donne, di interrompere la propria carriera lavorativa per dedicarsi totalmente alla cura dei figli, ma anche dal fatto che purtroppo portare avanti una gravidanza se si è dipendenti non è semplice. Non sono pochi, infatti, i datori di lavoro che decidono di assumere uomini per evitare di gestire in futuro questa eventualità.
Con la pubblicazione di questo post desidero dare spazio sul blog all'associazione "Fondazione Idea" e condividerne le tematiche attraverso una serie di articoli che si soffermino sull'universo femminile e raccontino storie di donne che hanno fatto la differenza.
Fondazione Idea è un progetto creato da donne per le donne, in cui si celebrano i successi di tantissime figure femminili che sono riuscite a realizzarsi in diversi campi, nonostante i tantissimi ostacoli.
Giunti Ed. trad. A.Tissoni 304 pp 16.90 euro USCITA 4 GENNAIO 2023 |
Marsilio Editore 304 pp 15 euro USCITA 10 GENNAIO 2023 |
Ed. Mondadori 180 pp 19 euro USCITA 17 GENNAIO 2023 |