Segui le tracce di sangue, Teresa, scendi giù nell'orrido aspro e selvaggio, tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo: c'è una mano assassina da fermare e tu ti sei sempre fidata delle tue intuizioni, della tua abilità di immaginare come pensa e agisce un serial killer.
FIORI SOPRA L'INFERNO di Ilaria Tuti
Longanesi Ed. 366 pp |
Il cadavere di un uomo viene rinvenuto lungo un sentiero che conduce a un paesino del nord Italia, chiamato Travenì *; è nudo e il suo volto è stato oggetto di una brutale aggressione.
La vittima era un ingegnere, un padre di famiglia, e si chiamava Roberto Valent.
Ad occuparsi del caso è il commissario Teresa Battaglia, supportata dagli agenti della sua squadra e da una new entry, ossia un giovane ispettore di nome Massimo Marini, la cui palese inesperienza sul campo diventa immediatamente un bersaglio da parte della ruvida Teresa, che non perde occasione per pungolarlo, provocarlo e fargli notare errori grossolani e non poche ingenuità.
Teresa è esperta nel tracciare i profili psicologici dei criminali di cui si mette alla ricerca e gode della stima di tutti, dal questore ai sottoposti; ogni pista ipotizzata, ogni indizio su cui lei pone attenzione, ogni ragionamento...vengono presi in considerazione con il massimo rispetto e Teresa sente su di sé tutta la responsabilità dei casi su cui lavora, come questo: c'è un assassino a piede libero che ha commesso un omicidio dalle caratteristiche particolari, specifiche, che sicuramente vogliono dire qualcosa, e Battaglia sa che deve cominciare a mettere insieme i pezzi di un puzzle che però, almeno all'inizio, è fumoso e incerto.
Parallelamente alle indagini, al lettore vengono presentati altri personaggi importanti.
Mathias, Diego (figlio di Valent), Lucia e Oliver sono quattro amichetti della stessa età che stanno sempre insieme; tra loro c'è un legame d'amicizia vero, fatto di lealtà assoluta e aiuto reciproco; essi vivono, all'interno delle proprie famiglie, una situazione che li fa soffrire, in cui patiscono la mancanza di cure e attenzioni affettuose da parte dei genitori.
Essi sono consapevoli che c'è qualcosa o qualcuno, di oscuro, che li spia nel buio; essi non lo vedono ma ne percepiscono fortemente l'ingombrante e costante presenza, come se fosse un occhio sempre vigile che li guarda da lontano.
Questa ombra si aggira per i boschi, nella valle, quando è ormai scesa la sera, ponendo trappole per le sue prede; è bravo a nascondersi, a non farsi vedere dagli abitanti del paese, eppure sa che i bambini "lo sentono".
Quando cominciano le indagini, Teresa entra nelle case di questi "cuccioli" un po' tristi, che però celano una forza e una maturità interiore che, troppo spesso, i loro stessi genitori non posseggono o non dimostrano. Interrogando tanto i piccoli quanto i grandi, la donna alza un velo su ciò che accade tra le mura di quelle case di montagna e comprende immediatamente che, dietro quelle esistenze apparentemente serene, quei visi di gente perbene, composta, riservata ma educata, molti sono i piccoli segreti, le ipocrisie, le mancanze, i silenzi.
Soprattutto, Teresa deve fare i conti con il muro di diffidenza innalzato dalla gente del posto, restia a fidarsi degli "stranieri", polizia compresa; questo atteggiamento - presente anche nella polizia del posto - non aiuta affatto il corso delle ricerche, tutt'altro, rischia di rallentarle, se non deviarle.
Grazie alla propria testarda determinazione, al proprio carattere duro e deciso, di chi non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e sa fin dove può spingersi in virtù del proprio ruolo e capacità, Teresa Battaglia non esita a bacchettare chiunque non le sia di aiuto, che sia l'agente Knaus (originario di Travenì, ed avente verso il suo paese un atteggiamento eccessivamente "protettivo") o l'ispettore Marini, che sarà pure impacciato e poco esperto ma - Teresa glielo riconosce - sopporta le battutacce del commissario pur di dare il proprio contributo a quell'indagine che di giorno in giorno si fa più complessa.
Al primo omicidio, infatti, si aggiungono altri atti criminali e se il colpevole è sempre lo stesso - come pare, dal modus operandi - allora vuol dire che sono alla presenza di un assassino seriale, che però non è facile da etichettare, da far rientrare in categorie note così da inquadrarlo in modo preciso: l'assassino di Travenì è diverso da altri suoi "colleghi" descritti nei manuali di criminologia, agisce mosso da una "lucida follia" e - cosa davvero singolare - non è preoccupato di lasciare tracce del proprio DNA sulla scena del crimine.
Il racconto del presente è interrotto, di tanto in tanto, da quello del passato; in particolare, il lettore viene condotto nel 1978, in Austria, all'interno di un ospedale chiamato "La Scuola"; Agnes Braun è un'infermiera che lavora proprio lì.
La donna è ligia ai propri doveri, rigida nell'osservanza delle regole e sa che chiunque varchi la soglia dell'istituto deve tenerne presente il motto: vedi, osserva, dimentica.
Cosa bisogna dimenticare? Cosa accade tra quelle mura in cui non vola una mosca e a malapena si avverte la presenza dei piccoli ed innocenti pazienti ricoverati?
In quei corridoi semibui e labirintici, avvengono cose segrete, che per nessuna ragione devono trapelare al di fuori...
Teresa è una protagonista particolare, che desta le simpatie del lettore per diverse ragioni.
È una sessantenne dal fisico non proprio in forma, poco curata esteticamente, con il suo inconfondibile caschetto di capelli rossi; ultimamente, poi, si è appesantita, il suo corpo è messo alla prova da più patologie e questo la manda nel pallone perché sa di non potersi permettere alcuna debolezza, né fisica né tanto meno psicologica, mentale: la sua mente, le sue capacità di ragionamento, sono fondamentali e imprescindibili per il suo lavoro!
Cosa ne sarebbe del commissario Battaglia se venisse fuori che non è più quella di un tempo?
Il progressivo disfacimento delle sue forze fisiche è affiancato da tormenti di natura emotiva: Teresa è sola, si sente sola, bisognosa di qualcuno che l'accarezzi, che la faccia sentire amata.
Sincera, schietta, brusca e diretta, energica quando è al lavoro, è nei momenti in cui nessuno la vede che vediamo come sotto quella superficie di marmo convivano un grande dolore e una grande solitudine.
Ma la caratteristica principale di questo commissario burbero e scostante è l'empatia: per lei l'assassino cui dare la caccia non è un mostro, ma è prima di tutto una persona; nel caso specifico che sta seguendo, lei comprende, con l'avanzare dell'indagine, che quell'uomo, per diventare ciò che è, ha avuto un'infanzia traumatica, ha vissuto e attraversato il proprio personale inferno.
È stato un bambino anche lui e, per qualche incomprensibile ragione - che Teresa è intenzionata a scoprire - c'è qualcosa nei bambini - la loro innocenza, la loro genuina curiosità... - che lo attrae come una calamita.
È vero, il killer sembra agire spinto dal sadismo eppure, nel suo agire, egli sembra proteggere qualcuno. Ma chi e perché?
La scrittura della La Tuti è coinvolgente, sa come catturare per tutto il libro l'attenzione del lettore, guidandolo affinché faccia caso ai dettagli, a quelli più inquietanti - capaci di aumentare il livello di tensione -, e a quelli che lo spingono ad andare oltre le apparenze e che puntano la luce sul mondo emotivo dei personaggi, compresi quelli "cattivi".
Mi sono piaciuti molto: l'ambientazione - il paesino di montagna, una comunità chiusa che non sopporta ingerenze esterne e che, al suo interno, ha non pochi segreti; il ruolo giocato dai ragazzini, capaci di vedere ciò che invece i razionali adulti non colgono; le vicende del passato avvenute nell'ospedale, per le quali ci sono riferimento storici reali, e che creano attese e molta curiosità nel lettore; la protagonista, così umanamente fragile dietro quell'armatura che indossa ogni giorno quando veste i panni del rude commissario.
Avevo già avuto modo di leggere un romanzo di Ilaria Tuti (FIORE DI ROCCIA), che mi aveva coinvolta tanto (oltre che avermi offerto un prezioso spunto per conoscere episodi della prima guerra mondiale che ignoravo) per storia, personaggi, contesto storico, e non posso che confermare la bravura di questa scrittrice anche in questo primo libro della serie su Teresa Battaglia.
Sono moooolto curiosa di guardare la serie tv con Elena Sofia Ricci nei panni della nostra burbera Teresa! E voi? 🙂
* nome fittizio
Alcune citazioni
"La solitudine era una coinquilina discreta, che non invadeva mai gli spazi e lasciava tutto com'era, Non aveva odore, né colore. Era un assenza, un'entità che si definiva per contrapposizione, come il vuoto, ma esisteva (...). La solitudine avvolgeva Teresa come un abito troppo stretto (...), aveva imparato a curarla come faceva un antidoto con il veleno: la assorbiva a piccole dosi, ogni giorno".
"Vedono l'inferno che abbiamo sotto i piedi, mentre noi contempliamo i fiori che crescono sul terreno".
"Pensò alle paure che l'avevano angosciata negli ultimi giorni e d'un tratto non le apparvero così insuperabili. Poteva scegliere come vivere la vita che le si stava prospettando davanti e c'erano due modi per farlo: spegnendosi un poco alla volta o affrontandola con coraggio."