Poche settimane fa ho letto il romanzo di Timur Vermes "Lui è tornato" (RECENSIONE), una parodia umoristica e godibile che risponde a modo suo ad una "semplice" (e provocatoria?) domanda: cosa accadrebbe in Germania se tornasse, all'improvviso, Adolf Hitler? Come si comporterebbe l'ex-Fuhrer? Continuerebbe ad avere sempre i suoi programmi politici nazionalistici, fanatici e aggressivi? Quanto e che genere di seguito troverebbe?
E a queste domande tenta di dare una possibile e surreale (?) risposta l'omonimo film di David Wnendt, con Oliver Masucci (nei panni di Hitler), Fabian Busch, Christoph Maria Herbst, Katja Riemann.
Siamo nel 2014 e in un giorno d'estate, in zona residenziale di Berlino, Adolf Hitler si sveglia improvvisamente proprio lì dove un tempo si trovava il suo bunker, che è anche il luogo della sua morte suicida.
Sono passati 69 anni da quel 30 novembre 1945, i cieli tedeschi non sono attraversati da aerei nemici, la guerra è finita, il suo partito non c'è più e ad essere cambiata è la Germania stessa, il suo popolo, che non lo riconosce più.
I bambini lo guardano con derisione, il giornalaio che lo soccorre non fa che guardarlo e scoppiare a ridere; la gente (turisti soprattutto) lo ferma divertita e curiosa per farsi foto e selfie con lui.
Ma che sta succedendo ai suoi amati tedeschi?
Seppur confuso, Adolf si riprende subito e, grazie all'incontro con un giovanotto appena licenziato dall'emittente myTv - Fabian Sawatzki -, si ritrova in poco tempo al centro di un interesse mediatico sorprendente.
Quest'uomo col baffetto corto, gli occhi allucinati, lo sguardo da folle, la divisa nazista di "quei tempi", quel modo di parlare e gesticolare furiosi, "a scatti", nervosi...., accende la curiosità (morbosa?) di molta gente: non solo di Sawatzki, che vede in questo commediante che insiste a farsi chiamare Hitler, la sua possibilità di riscatto professionale, ma anche di chi dirige la stessa myTv, che propone programmi trash, che faranno pure ridere ma che in realtà sono di scarsissima qualità.
Ad Adolf viene quindi dato un suo spazio in tv e lui non si lascia scappare l'occasione di criticare tutte le bassezze e gli errori che vede nella società odierna, dichiarando come solo lui potrebbe di nuovo portare il giusto ordine in Germania.
Ovviamente la maggioranza ride di lui, non gli dà credito, però fatto sta che... se ne parla; Hitler - o meglio, il folle che dice di essere lui - è tornato e in tanti (troppi) gli danno ascolto; si parla di lui sui giornali, in tv, su You Tube; c'è che lo critica e lo trova di cattivo gusto, e chi invece non si dimostra contrario alle sue idee, volte soprattutto a denunciare "l'invasione" della Germania ad opera degli stranieri.
Come si evolverà il successo di questo Fuhrer redivivo, che non ha smesso di essere convinto sostenitore delle stesse estreme idee di 70 anni prima?
Il film punta proprio, come dicevo all'inizio, su questo aspetto cruciale: sarebbe possibile - ragionando per assurdo - ad un fantomatico Hitler riprendere "il discorso" da dove lo aveva lasciato? Troverebbe un seguito? Quanto la massiccia presenza dei media favorirebbe il consenso di quest'uomo e la diffusione delle sue idee?
Siamo in presenza di una commedia fatta bene, con intelligenza, con un umorismo che fa sorridere ma, similmente al romanzo, permette anche di trarne delle considerazioni serie; Oliver Masucci mi piace molto nei panni del resuscitato Hitler, per l'espressività facciale soprattutto.
Accenno giusto a qualche differenza con il libro: la storia è spostata nel 2014, mentre nel libro siamo nel 2011.
Nel film è molto accentuata la rivalità tra due importanti personaggi che lavorano per myTv, cioè Katja Bellini e Sensenbrink; non ho apprezzato moltissimo la scelta finale (relativa a Sawatzki), che chiaramente non dirò ma che è diversa rispetto al romanzo; trovo che il messaggio del film - in merito al pericolo che un tipo "come Hitler" possa trovare fin troppo riscontro tra giovani e non solo, anche in virtù dei concreti problemi socio-economici in cui versa il Paese (e non solo, l'Europa in generale) e del malcontento che serpeggia tra una grossa fetta della popolazione - sia più forte e maggiormente sottolineato che nel libro.
Lo stesso Adolf mi è apparso più cinico nel film rispetto a come appare nel romanzo, dove conserva ancora sprazzi di bontà.
In un certo senso, la piega finale data al film ha un che di inquietante, cosa che non ho avvertito tra le pagine del libro.
Ne consiglio la visione, è un film interessante e originale.
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz