Una storia d'amore piena di passione e dolcezza nasce tra le macerie di una violenza inaudita; per superarla e tornare a vivere è necessario dimenticare totalmente il passato e tutto il dolore che vi è dentro o andare avanti nonostante esso?
99 GIORNI
di K.A. Tucker
Ed. Newton Compton LINK |
È sera ed un giovane uomo si sta dirigendo con la propria auto in una solitaria zona boschiva, pregando dentro sé di non trovare ciò che purtroppo teme; la sua è una corsa disperata contro il tempo, che si interrompe drammaticamente alla vista di un corpo steso nell’erba, ricoperto di sangue, il viso stravolto e irriconoscibile…
Ma il ragazzo riconoscerebbe quel corpo amato, quel cappottino rosa, quei capelli biondi…, quel volto - benché tumefatto - ovunque: è il suo amore, la donna da lui amata alla follia, riversa in una pozza di sangue: è morta?, si chiede straziato dal dolore e dal senso di colpa.
Grazie al cielo, no! Ma è in fin di vita, bisogna portarla di fretta in ospedale dove viene ricoverata ed operata d’urgenza, affidata alla professionalità indiscussa della brava e dolce dottoressa Alwood, che è la moglie di Gabe Welles, lo sceriffo.
Al suo risveglio, la ragazza - salvata dalla morte per miracolo - ha una brutta sorpresa: non solo apprende di essere in ospedale e di esservi giunta in condizioni orribili, tanto da ritenersi una sopravvissuta, ma… non ricorda nulla di sé: perché è lì? Chi ha cercato di ucciderla a suon di percosse e tagli crudeli sul suo giovane corpo? Cosa ci fa in Oregon? Ma soprattutto…: come si chiama? Chi è lei?
La paziente viene momentaneamente “battezzata” col nome generico - e da subito detestato dalla stessa - di Jane Doe; la dottoressa Meredith Alwood e tutto il personale ospedaliero si prendono cura di lei per ben tre mesi, aiutando il suo corpo a riprendersi; pian piano, Jane riacquista un minimo di stabilità e serenità, sempre adombrate però dall’insistente e legittima domanda: chi sono io? E perché nessuno mi cerca?
La ragazza apprende, inoltre, con molto dolore, di essere stata non soltanto picchiata a sangue, ma anche stuprata e di aver perso un bimbo (era incinta di dieci settimane). Chi e perché le ha fatto tanto male?
Lo sceriffo, un uomo tutto d’un pezzo, comprensivo ma dall’aria burbera e poco socievole, le garantisce di proseguire nelle indagini, ma intanto per Jane si avvicina il giorno delle dimissioni: dove potrebbe andare, lei che non sa né la propria identità né se e dove si trovi la propria famiglia (sempre che ne abbia davvero una)?
Meredith le propone di accettare l’ospitalità di una loro vicina di casa, Ginny Fitzgerald: un’anziana scontrosa, solitaria, che odia apertamente tutto il genere maschile ed è pronta a suonare in testa la propria scopa a qualunque esponente del sesso forte (tranne Gabe) oltrepassi la soglia del proprio grandissimo ranch, che non lascia da oltre vent’anni, neppure per fare la spesa (gliela fanno i Welles).
Nonostante Ginny non sia l’emblema della gentilezza, accoglie di buon grado Jane, che per prima cosa si disfà del nome provvisorio, dandosene uno che le piace di più: Acqua.
Perché proprio quello? La ragazza ha notato di avere un tatuaggio sul ventre, simbolo dell’acqua, anche se chiaramente non ricorda quando e perché se lo sia fatto.
I giorni passano e lei non rammenta proprio nulla, però per aiutarsi continua le sedute dalla psicologa e tiene un diario in cui scrive delle parole e le associazioni che spontaneamente le sovvengono.
I Welles hanno due figli: la simpatica e vivace Amber (infermiera, che Acqua ha conosciuto durante il ricovero) e Jesse, il bel ragazzo dai capelli corti biondi, il fisico statuario e gli occhi neri profondi, che non abita con i genitori ma ogni tanto va a trovarli.
Ai due basta uno sguardo per sentirsi attratti l’una dall’altro.
Acqua guarda Jesse (da cui Ginny le raccomanda di stare alla larga, perché è un “dannato ragazzo” scapestrato sempre alla ricerca di guai e rogne) e sente qualcosa muoversi dentro, e quando gli è accanto e lui la guarda negli occhi o la sfiora.., lei si sente inspiegabilmente a casa, come se lo conoscesse.
Forse è così? È possibile che Jesse abbia fatto parte della sua “vita precedente”, la stessa di cui Acqua non ha un solo ricordo?
Certo, a volte la notte ha degli incubi, in cui delle figure (uomini?) incombono su di lei con la loro presenza, e una in particolare la terrorizza, ma ad esse Acqua non riesce a dare né un nome né un volto…
Non sapere chi si è dev’essere un’esperienza davvero traumatica, e Acqua si sente sola, senza radici, senza un passato, senza ricordi - belli o brutti che siano - che le dicano chi e cosa è stata prima dell’incidente.
Era una ragazza di 22 anni felice? Sposata? Chi era il padre del bimbo che ha perso?
Una certezza si infila giorno per giorno nella sua testolina, però: ora ha l’opportunità di ricominciare daccapo.
Se la sua mente non vuole ricordare, forse è per proteggerla da verità che è meglio restino sepolte, perché se venissero a galla la farebbero piombare in un baratro di terrore, solitudine e dolore che magari lei non riuscirebbe a sopportare.
Al pari di una fenice, Acqua è risorta dalle proprie ceneri; qualcuno la voleva morta, ma così non è stato: la vita le sta offrendo una nuova possibilità per costruire la propria felicità ricominciando da zero, quindi perché ostinarsi a voler tornare in quel passato che invece non le ha lasciato nulla di buono?
Ma è davvero così? Nulla e nessuno di quel passato merita di essere ripreso e vissuto?
La narrazione, sin dalle prime pagine, si alterna tra passato e presente: il presente è affidato alla voce di Acqua, con la quale ci immedesimiamo, conoscendone i timori, il senso di impotenza, la solitudine, le sofferenze fisiche ed emotive, i tanti dubbi e le domande che l’assillano e che pare non debbano ottenere risposta.
Il passato è affidato a Jesse, il che ci lascia capire che qualcosa di importante lo lega ad Acqua.
Lui forse sa chi è lei? Sa il suo nome, dove viveva, cosa faceva, se era sposata…? E se così fosse…, perché non glielo dice? Perché Jesse (solo lui…? O qualcun altro conosce la verità?) tace, si comporta come se non l’avesse mai veduta prima, lasciando che tra loro nasca un sentimento che dà ad Acqua la sensazione di rivivere qualcosa di familiare?
Jesse sa solo una cosa e quella vuol perseguire: Acqua ha il diritto di tornare a vivere, di essere felice, al sicuro, circondata da persone che la amano e si prendono cura di lei, e se questo significa tacere su ciò che sa…, ebbene lui starà zitto.
Ma “la verità è come l’acqua: non importa quanti sforzi tu faccia per sotterrarla; troverà sempre qualche via per ritornare in superficie. È volitiva”.
E anche Acqua lo è: è una giovane donna ferita dalla vita; le ferite profonde che hanno solcato il suo corpo ne hanno lasciato altrettante nel cuore, nella mente. Ma guarire è possibile ed Acqua, nonostante le proprie fragilità, è proprio come l’acqua: troverà la propria strada per tornare in superficie?
A darle una mano in questo processo di rinascita c’è Ginny, l’anziana coinquilina che parla a stento (per vent’anni è vissuta sola, in compagnia unicamente del cane) e quando apre bocca è per borbottare, lamentarsi, dire frasi poco carine; eppure, c’è qualcosa che le accomuna: entrambe hanno un passato doloroso, dei tormenti causati da qualcuno che ha recato loro molto male; entrambe hanno bisogno di rinascere, come un albero che sembra ormai secco e che pare non possa dar più germogli.
Forse quell’albero ha soltanto bisogno di acqua per rinnovarsi, per ritrovare la linfa vitale…
“99 giorni” (titolo che condivido poco e che si può solo intuire/immaginare a cosa faccia riferimento; quell’originale è inevitabilmente più azzeccato, “Burying water”) è un romanzo davvero bello, che sa emozionare e coinvolgere il lettore perché narra sì di una storia d’amore sincera, viscerale, ma la colloca in un contesto drammatico, direi tragico; tra queste pagine c’è amore, passione, ma anche dolore, malvagità, un senso di possesso malato verso la donna che toglie a quest’ultima ogni dignità, ogni valore.
Quella di Acqua è la storia di una ragazza semplicemente in cerca di un amore vero, quello delle favole, in cui la fanciulla povera viene salvata da un cavaliere dall’armatura lucente; ma spesso, l’inesperienza abbaglia gli occhi e il cavaliere può rivelarsi un orco cattivo. Arriverà mai il vero cavaliere, magari non in sella a un cavallo bianco (forse su un auto d’epoca dal motore rombante?), pronto a salvarla dall’orco dai crudeli occhi di ghiaccio e a farle vivere quell’Amore puro che merita?
Quella di Jesse è la storia di un ragazzo non privo di problemi, tutt’altro che perfetto, che svolge con passione un lavoro semplice (meccanico, ed è bravissimo nel proprio lavoro), non s’è mai innamorato… prima di incontrare una sconosciuta sul ciglio della strada, rimasta a secco con la benzina, che gli dà un timido e dolce bacio senza neppure conoscerlo. Una ragazza sola, desiderosa di amore, protezione, di carezze e non di pugni, e che invece la vita sta ingiustamente umiliando.
I due protagonisti sono giovani, è vero, si innamorano (e non una volta sola…) e non mancano un paio di scene sensuali, ma questo romanzo della Tucker è ben più che un semplice young adult, perché affronta tematiche attuali, crude, tristi ma lo fa non lasciando il lettore nell’angoscia, bensì rimarcando un messaggio fondamentale: non c’è dolore, per quanto grande, non c’è ferita, per quanto profonda, non ci sono ricordi, per quanto angosciosi, che possano seppellire né il bisogno di verità né quello di voler tornare a vivere e di provare a cercare la meritata felicità.
Io credevo che mi sarei ritrovata a leggere un libro sentimentale, ricco di stereotipi e magari banale, ma non è così: i sentimenti ci sono ma “99 giorni” è un romanzo sicuramente intenso, capace di smuovere diverse emozioni nel lettore, di commuoverlo, in una parola… non lo lascia indifferente.
Consigliato, soprattutto se vi piace questo mix tra amore e drammi umani ^_-
Burying water è il primo libro dell’omonima serie, composta da altri tre libri: Becoming Rain (La ragazza che amava la pioggia), Chasing River (La cosa più bella che ho), Surviving Ice.
Per tutta la lettura mi sono lasciata accompagnare dalla musica e dal testo di una canzone di Ermal Meta, che secondo me è proprio azzeccata alla storia d'amore tra Jesse ed Acqua:
Ma il ragazzo riconoscerebbe quel corpo amato, quel cappottino rosa, quei capelli biondi…, quel volto - benché tumefatto - ovunque: è il suo amore, la donna da lui amata alla follia, riversa in una pozza di sangue: è morta?, si chiede straziato dal dolore e dal senso di colpa.
Grazie al cielo, no! Ma è in fin di vita, bisogna portarla di fretta in ospedale dove viene ricoverata ed operata d’urgenza, affidata alla professionalità indiscussa della brava e dolce dottoressa Alwood, che è la moglie di Gabe Welles, lo sceriffo.
Al suo risveglio, la ragazza - salvata dalla morte per miracolo - ha una brutta sorpresa: non solo apprende di essere in ospedale e di esservi giunta in condizioni orribili, tanto da ritenersi una sopravvissuta, ma… non ricorda nulla di sé: perché è lì? Chi ha cercato di ucciderla a suon di percosse e tagli crudeli sul suo giovane corpo? Cosa ci fa in Oregon? Ma soprattutto…: come si chiama? Chi è lei?
La paziente viene momentaneamente “battezzata” col nome generico - e da subito detestato dalla stessa - di Jane Doe; la dottoressa Meredith Alwood e tutto il personale ospedaliero si prendono cura di lei per ben tre mesi, aiutando il suo corpo a riprendersi; pian piano, Jane riacquista un minimo di stabilità e serenità, sempre adombrate però dall’insistente e legittima domanda: chi sono io? E perché nessuno mi cerca?
La ragazza apprende, inoltre, con molto dolore, di essere stata non soltanto picchiata a sangue, ma anche stuprata e di aver perso un bimbo (era incinta di dieci settimane). Chi e perché le ha fatto tanto male?
Lo sceriffo, un uomo tutto d’un pezzo, comprensivo ma dall’aria burbera e poco socievole, le garantisce di proseguire nelle indagini, ma intanto per Jane si avvicina il giorno delle dimissioni: dove potrebbe andare, lei che non sa né la propria identità né se e dove si trovi la propria famiglia (sempre che ne abbia davvero una)?
Meredith le propone di accettare l’ospitalità di una loro vicina di casa, Ginny Fitzgerald: un’anziana scontrosa, solitaria, che odia apertamente tutto il genere maschile ed è pronta a suonare in testa la propria scopa a qualunque esponente del sesso forte (tranne Gabe) oltrepassi la soglia del proprio grandissimo ranch, che non lascia da oltre vent’anni, neppure per fare la spesa (gliela fanno i Welles).
Nonostante Ginny non sia l’emblema della gentilezza, accoglie di buon grado Jane, che per prima cosa si disfà del nome provvisorio, dandosene uno che le piace di più: Acqua.
Perché proprio quello? La ragazza ha notato di avere un tatuaggio sul ventre, simbolo dell’acqua, anche se chiaramente non ricorda quando e perché se lo sia fatto.
I giorni passano e lei non rammenta proprio nulla, però per aiutarsi continua le sedute dalla psicologa e tiene un diario in cui scrive delle parole e le associazioni che spontaneamente le sovvengono.
I Welles hanno due figli: la simpatica e vivace Amber (infermiera, che Acqua ha conosciuto durante il ricovero) e Jesse, il bel ragazzo dai capelli corti biondi, il fisico statuario e gli occhi neri profondi, che non abita con i genitori ma ogni tanto va a trovarli.
Ai due basta uno sguardo per sentirsi attratti l’una dall’altro.
Acqua guarda Jesse (da cui Ginny le raccomanda di stare alla larga, perché è un “dannato ragazzo” scapestrato sempre alla ricerca di guai e rogne) e sente qualcosa muoversi dentro, e quando gli è accanto e lui la guarda negli occhi o la sfiora.., lei si sente inspiegabilmente a casa, come se lo conoscesse.
Forse è così? È possibile che Jesse abbia fatto parte della sua “vita precedente”, la stessa di cui Acqua non ha un solo ricordo?
Certo, a volte la notte ha degli incubi, in cui delle figure (uomini?) incombono su di lei con la loro presenza, e una in particolare la terrorizza, ma ad esse Acqua non riesce a dare né un nome né un volto…
Non sapere chi si è dev’essere un’esperienza davvero traumatica, e Acqua si sente sola, senza radici, senza un passato, senza ricordi - belli o brutti che siano - che le dicano chi e cosa è stata prima dell’incidente.
Era una ragazza di 22 anni felice? Sposata? Chi era il padre del bimbo che ha perso?
Una certezza si infila giorno per giorno nella sua testolina, però: ora ha l’opportunità di ricominciare daccapo.
Se la sua mente non vuole ricordare, forse è per proteggerla da verità che è meglio restino sepolte, perché se venissero a galla la farebbero piombare in un baratro di terrore, solitudine e dolore che magari lei non riuscirebbe a sopportare.
Al pari di una fenice, Acqua è risorta dalle proprie ceneri; qualcuno la voleva morta, ma così non è stato: la vita le sta offrendo una nuova possibilità per costruire la propria felicità ricominciando da zero, quindi perché ostinarsi a voler tornare in quel passato che invece non le ha lasciato nulla di buono?
Ma è davvero così? Nulla e nessuno di quel passato merita di essere ripreso e vissuto?
La narrazione, sin dalle prime pagine, si alterna tra passato e presente: il presente è affidato alla voce di Acqua, con la quale ci immedesimiamo, conoscendone i timori, il senso di impotenza, la solitudine, le sofferenze fisiche ed emotive, i tanti dubbi e le domande che l’assillano e che pare non debbano ottenere risposta.
Il passato è affidato a Jesse, il che ci lascia capire che qualcosa di importante lo lega ad Acqua.
Lui forse sa chi è lei? Sa il suo nome, dove viveva, cosa faceva, se era sposata…? E se così fosse…, perché non glielo dice? Perché Jesse (solo lui…? O qualcun altro conosce la verità?) tace, si comporta come se non l’avesse mai veduta prima, lasciando che tra loro nasca un sentimento che dà ad Acqua la sensazione di rivivere qualcosa di familiare?
Jesse sa solo una cosa e quella vuol perseguire: Acqua ha il diritto di tornare a vivere, di essere felice, al sicuro, circondata da persone che la amano e si prendono cura di lei, e se questo significa tacere su ciò che sa…, ebbene lui starà zitto.
Ma “la verità è come l’acqua: non importa quanti sforzi tu faccia per sotterrarla; troverà sempre qualche via per ritornare in superficie. È volitiva”.
E anche Acqua lo è: è una giovane donna ferita dalla vita; le ferite profonde che hanno solcato il suo corpo ne hanno lasciato altrettante nel cuore, nella mente. Ma guarire è possibile ed Acqua, nonostante le proprie fragilità, è proprio come l’acqua: troverà la propria strada per tornare in superficie?
A darle una mano in questo processo di rinascita c’è Ginny, l’anziana coinquilina che parla a stento (per vent’anni è vissuta sola, in compagnia unicamente del cane) e quando apre bocca è per borbottare, lamentarsi, dire frasi poco carine; eppure, c’è qualcosa che le accomuna: entrambe hanno un passato doloroso, dei tormenti causati da qualcuno che ha recato loro molto male; entrambe hanno bisogno di rinascere, come un albero che sembra ormai secco e che pare non possa dar più germogli.
Forse quell’albero ha soltanto bisogno di acqua per rinnovarsi, per ritrovare la linfa vitale…
“99 giorni” (titolo che condivido poco e che si può solo intuire/immaginare a cosa faccia riferimento; quell’originale è inevitabilmente più azzeccato, “Burying water”) è un romanzo davvero bello, che sa emozionare e coinvolgere il lettore perché narra sì di una storia d’amore sincera, viscerale, ma la colloca in un contesto drammatico, direi tragico; tra queste pagine c’è amore, passione, ma anche dolore, malvagità, un senso di possesso malato verso la donna che toglie a quest’ultima ogni dignità, ogni valore.
Quella di Acqua è la storia di una ragazza semplicemente in cerca di un amore vero, quello delle favole, in cui la fanciulla povera viene salvata da un cavaliere dall’armatura lucente; ma spesso, l’inesperienza abbaglia gli occhi e il cavaliere può rivelarsi un orco cattivo. Arriverà mai il vero cavaliere, magari non in sella a un cavallo bianco (forse su un auto d’epoca dal motore rombante?), pronto a salvarla dall’orco dai crudeli occhi di ghiaccio e a farle vivere quell’Amore puro che merita?
Quella di Jesse è la storia di un ragazzo non privo di problemi, tutt’altro che perfetto, che svolge con passione un lavoro semplice (meccanico, ed è bravissimo nel proprio lavoro), non s’è mai innamorato… prima di incontrare una sconosciuta sul ciglio della strada, rimasta a secco con la benzina, che gli dà un timido e dolce bacio senza neppure conoscerlo. Una ragazza sola, desiderosa di amore, protezione, di carezze e non di pugni, e che invece la vita sta ingiustamente umiliando.
La narrazione resta molto fluida, chiara ed avvincente pur essendo alternata, anzi i punti di vista di Jesse ed Acqua non confondono la comprensione degli eventi né rallentano il ritmo, tutt’altro, il racconto dell’allora e dell’ora si susseguono e si incastrano armoniosamente, così che i flashback veloci e frequenti (raccontati solo da Jesse) sono assolutamente necessari per capire ogni cosa a poco a poco, un po’ come la memoria di Acqua, che ha bisogno dei suoi tempi per riemergere.
I due protagonisti sono giovani, è vero, si innamorano (e non una volta sola…) e non mancano un paio di scene sensuali, ma questo romanzo della Tucker è ben più che un semplice young adult, perché affronta tematiche attuali, crude, tristi ma lo fa non lasciando il lettore nell’angoscia, bensì rimarcando un messaggio fondamentale: non c’è dolore, per quanto grande, non c’è ferita, per quanto profonda, non ci sono ricordi, per quanto angosciosi, che possano seppellire né il bisogno di verità né quello di voler tornare a vivere e di provare a cercare la meritata felicità.
Io credevo che mi sarei ritrovata a leggere un libro sentimentale, ricco di stereotipi e magari banale, ma non è così: i sentimenti ci sono ma “99 giorni” è un romanzo sicuramente intenso, capace di smuovere diverse emozioni nel lettore, di commuoverlo, in una parola… non lo lascia indifferente.
Consigliato, soprattutto se vi piace questo mix tra amore e drammi umani ^_-
Burying water è il primo libro dell’omonima serie, composta da altri tre libri: Becoming Rain (La ragazza che amava la pioggia), Chasing River (La cosa più bella che ho), Surviving Ice.
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obiettivo n. 11.
Un libro scelto a caso dalla pila sul comodino
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Per tutta la lettura mi sono lasciata accompagnare dalla musica e dal testo di una canzone di Ermal Meta, che secondo me è proprio azzeccata alla storia d'amore tra Jesse ed Acqua:
Piccola anima
Che fuggi come se
Fossi un passero
Spaventato a morte
Qualcuno è qui per te
Se guardi bene ce l'hai di fronte
Fugge anche lui per non dover scappare Se guardi bene ti sto di fronte
Se parli piano, ti sento forte
Quello che voglio io da te
Non sarà facile spiegare
Non so nemmeno dove e perché hai perso le parole
Ma se tu vai via, porti i miei occhi con te
Piccola anima
La luce dei lampioni ti accompagna a casa
Innamorata e sola
Quell'uomo infame non ti ha mai capita
Sai che a respirare non si fa fatica
È l'amore che ti tiene in vita
(...)
Camminare fa passare ogni tristezza
Ti va di passeggiare insieme?
Meriti del mondo ogni sua bellezza
Dicono che non c'è niente di più fragile di una promessa
Ed io non te ne farò nemmeno una
Quello che voglio io da te
Non lo so spiegare
Ma se tu vai via, porti i miei sogni con te
Piccola anima
Tu non sei per niente piccola
Ciao Angela, anche a me è piaciuto tantissimo questo romanzo ed è stato piacevole ricordarlo attraverso la tua bella recensione :-)
RispondiEliminaRicordo che la tua recensione mi aveva fatto aumentare la voglia di leggerlo :-D
EliminaMi pare di capire che questo romanzo sia un bel mix di emozioni forti a cui non si può rimanere indifferenti. Prendo nota :)
RispondiEliminaEsatto, Aquila, dà molte emozioni :-)
EliminaCiao! Sono felice che questo libro ti sia piaciuto, anche io ne sono rimasta quantomai sorpresa e l'ho divorato! I due libri successivi, invece, non mi sono piaciuti proprio. Sono curiosa di leggere il quarto libro, che non è ancora però stato tradotto.
RispondiEliminaSi, questo l'ho trovato molto bello. Quindi gli altri perdono un po'...? Peccato! :-(
EliminaMagari, più in là, proverò comunque a leggerli :)
Grazie :))